L’ultima volta, prima di oggi ad Ancona, fu il 15 gennaio del 2012 a Solbiate Olona: da allora Fabio Aru, diventato nel frattempo professionista, non era più sceso in una gara di cross. Il cittì azzurro Scotti ce lo aveva sussurrato a ottobre, incontrando qualche scetticismo che non abbiamo problemi ad ammettere. Ci disse che avremmo rivisto il sardo correre nel fango come ai vecchi tempi, così quando ieri è arrivata la conferma della sua presenza nel Cross di Ancona-Trofeo Le Velò, la prima cosa è stata chiamarli entrambi.
Fabio si stava dirigendo a Malpensa, dove si sarebbe incontrato con un suo ex compagno di squadra, Maurizio Anzalone, che ora fa il meccanico di bici a Lugano. Avrebbero noleggiato un van, caricato bici e idropulitrici, e assieme sarebbero scesi nelle Marche. Scotti invece era a casa, per il primo Santo Stefano senza cross della sua vita, pronto a partire a sua volta per Ancona.
«Mamma mia – dice Fabio, ritratto in apertura nella foto di Lanfranco Passarini – nel fuoristrada si fa fatica. Dura un’ora, ma quell’ora… Se vi dico i battiti medi che ho tenuto, non mi credete. Un fango mai visto. Poche volte ho corso con così tanta melma. Fino a ieri ha piovuto, oggi no. Per terra c’era argilla, buona per fare i mattoni. Ma mi sono divertito. L’accoglienza è stata super».
Numero uno
Lo hanno fatto partire con il numero uno: la gente del cross riconosce quelli con lo stesso sangue, anche se nel frattempo si sono allontanati. Al via c’erano corridori di peso, tanto che alla fine la vittoria è andata a Gioele Bertolini su Luca Pescarmona, suo compagno al Team Bramati, e su Stefano Capponi, a lungo nel mirino proprio di Aru, che ha dovuto accontentarsi del quarto posto. Risultato se vogliamo sbalorditivo, considerando che Fabio ha ricevuto le bici una settimana fa e le ha usate due volte. E che non ha fatto alcuna preparazione specifica, se non lunghe camminate nei boschi, percorsi con le ciaspole e uscite sulla gravel.
Come è andata?
Sono partito davanti – sorride – ma avendo tutto materiale nuovo, ho sbagliato ad agganciare il pedale e mi sono ritrovato subito in 15ª posizione. Il percorso era abbastanza tecnico per il rientro, però all’arrivo stavo quasi riprendendo il terzo. Mi sono divertito, è andata meglio del previsto. Alla fine, dopo tanti anni, pensavo peggio.
Cambiava qualcosa senza il fango?
Sarebbe stato sicuramente meglio. Vedremo martedì a San Fior. Non conta il percorso, ma il tempo. Pare ci sarà nevischio. Oggi cambiavo bici due volte a giro. Per Anzalone era la prima volta da meccanico in una gara di cross, anche se da corridore qualcuna l’ha fatta anche lui.
Anzalone, varesino classe 1985, entra nella stanza per fare il punto sulle bici, mentre Fabio ha le gambe infilate nei due grossi tubi neri del pressomassaggio con cui cerca di recuperare.
«E’ stata dura anche per me – dice Anzalone – non ero abituato. Meglio correrlo il cross. Ho il fango fino ai capelli».
Tutti per lui
Il programma prevede che restino insieme fino alla gara di San Fior. Per stasera dormiranno ad Ancona. E visto che domani qua il tempo mette bello, usciranno insieme in bici prima di fare rotta sul Veneto.
«C’erano tutti i miei mentori – sorride – c’era Cevenini da cui ho vissuto i primi tempi a Bologna. C’era Fausto Scotti e c’era pure Billo (Luigi Bielli, braccio destro di Scotti ed ex pistard azzurro, ndr). E’ venuto anche Olivano Locatelli». Quando gli diciamo che mancava soltanto Martinelli, aggiunge che in realtà Martino gli ha mandato un messaggio su Instagram. Attorno a questo ragazzo, ormai padre di famiglia, si respira tanto affetto.
Correrai altri cross?
Di sicuro San Fior e poi forse il Città di Cremona, il 2 gennaio. E’ vicino casa, vado in giornata. E poi a fine gennaio ci sarà il ritiro con la squadra, per cui magari ci sarà il tempo per altre gare. Avrei voluto iniziare il 20, ma non c’è stato il tempo. Mi è mancato qualcosa in fase di organizzazione e per avere il via libera dalle due squadre.
La Uae sarà stata contenta di vederti con quella maglia, che era sparita dal ritiro del Tour…
Non lo so, ma mi scocciava finire il mio percorso in squadra con quel Tour, l’ho fatto anche per questo.
Soddisfatto di come è andata?
E’ una bella disciplina. Tutta la stagione sarebbe troppo in vista della strada, ma 6-7 gare sarebbero utili. Per come mi sono divertito oggi, ne farei ancora. Se così non fosse, non sarei andato via da casa, lasciando Valentina e Ginevra. Mi serviva qualcosa di diverso per ripartire. La routine è noiosa. Sono andato sulle ciaspole fino a pochi giorni fa, mi sono anche allenato su strada. Se oggi fosse stato troppo duro, non continuerei. Ho sempre avuto un’importante capacità di stare a tutta. E’ quella la fase in cui si fa la differenza. Queste gare sono importanti anche per certi fuorigiri.