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Primo novembre, la grande sfida del Koppenberg

01.11.2022
6 min
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E’ il primo novembre e alle 15,30 si corre in Belgio, nella zona di Oudenaarde, il Koppenbergcross: una delle classiche più importanti, relativamente giovane dato che il debutto è datato 1988, che si svolge intorno al muro più ostico del Fiandre. Il mitico Koppenberg, appunto. E’ l’apertura belga del cross, più o meno come l’Omloop Het Nieuwsblad inaugura la stagione delle classiche del pavé su strada. A seguirla nei panni di manager della Baloise-Trek ci sarà anche quest’anno Sven Nys, che quella gara l’ha vinta per 9 volte. E che ha raccontato alla stampa le sue sensazioni di tecnico e di padre alla vigilia della corsa. In gara ci sarà infatti anche suo figlio Thibau, fresco acquisto della Trek-Segafredo.

«Per me – racconta – è sempre stata una delle gare più importanti dell’anno. Dovevi scalare l’intero Koppenberg. Poi c’era la lunga discesa in cui dovevi resistere e si arrivava in pianura. Per vincere, l’attacco doveva essere tempestivo e dovevi anche essere tecnicamente il migliore in discesa. Quella era la cosa più spettacolare del Koppenberg. Ora è completamente diverso perché l’arrivo è in cima alla salita. Tatticamente è completamente diverso e mi dispiace. Penso che a tanti corridori e al pubblico piacesse il vecchio percorso, ma capisco che quel prato non si può più usare. Ora lo spettacolo è vedere i corridori in salita. E anche questo ha il suo fascino».

Oggi Nys gestisce la sua Academy di ciclocross ed è team manager della Baloise-Trek (foto Facebook)
Oggi Nys gestisce la sua Academy di ciclocross ed è team manager della Baloise-Trek (foto Facebook)

Arrivo in salita

Cambia il profilo del vincitore, secondo un orientamento che fa molto discutere nel cross europeo, che si sta spostando verso gare più veloci e meno tecniche, con meno ostacoli, avvicinando il profilo del crossista a quello del corridore su strada.

«Oggi per vincere – conferma – serve avere un grande motore. Questo è il primo requisito, ma devi anche essere tecnicamente bravo e saper pedalare sul pavé con la giusta pressione delle gomme. Non è così ovvio. Soprattutto se è piovuto, cosa che oggi non accadrà. La sfida quindi è tenere la maggior velocità possibile con la minor pressione delle gomme. Su quelle pietre spesso si ha la sensazione che il tubolare arrivi a battere sul cerchio e il limite è proprio quello di non forare, anche se una volta sono arrivato al traguardo con una gomma a terra e ho vinto lo stesso. Quando c’è fango, corri sempre con le gomme a bassa pressione per avere trazione e insieme abbastanza aderenza in curva e comfort. E’ un percorso super complicato. Devi mettere insieme esplosività, forza e resistenza».

Un certo Van Aert

Le ultime tre edizioni le ha vinte Iserbyt e prima di lui si segnala la tripletta di Van Aert (2014-2016). Lo score di Nys è impressionante, dato che sette delle sue nove vittorie le ha ottenute consecutivamente (2004-2010).

«Il Koppenberg per me – dice – era la prima classica dell’anno. Sapevano tutti dove avrei attaccato, cioè nell’ultima parte della salita. Quando poi questo ha smesso di essere un mistero e tutti se lo aspettavano, per me è cominciata la pressione, ma sono stato in grado di gestirla bene, soprattutto nell’ultima parte della mia carriera. E’ una sensazione fantastica essere fra i migliori in gara e poter decidere dove attaccare. Su quel percorso ho sfidato tutte le generazioni: da Groenendaal a Wellens, Stybar, Lars Boom e nel 2014 ho dovuto lottare anche con Van Aert, che mi ha battuto allo sprint.

«La prima volta che mi sono confrontato davvero con lui, ho subito avuto la sensazione che non fosse uno qualunque. In cima alla salita avevo attaccato come al solito, ma lui non si è staccato! Fu il primo a seguirmi lì e poi è arrivato lo sprint. Abbiamo svoltato sulla strada verso il traguardo e all’improvviso si è trovato in mezzo Jan Denuwelaere, che era doppiato. Non sono riuscito a sprintare, ma non avrei vinto lo stesso».

Test per Namur

Sull’importanza di Koppenberg per il resto della stagione, il discorso è molto semplice. Il pubblico del cross aspetta i suoi corridori da tutta l’estate. In base a quanto pubblico ci sarà sul muro, si capirà l’andamento della stagione. Anche se ormai i grossi calibri stanno alla larga e scenderanno in gara da dicembre. La sfida di Oudenaarde sarà anche un bel test in vista degli europei di Namur.

«Il Koppenberg sono pietre e un prato – conferma – Namur invece è piena di pietre. Quando il Koppenberg è bagnato, si affonda fino alle caviglie. Il resto dell’anno ci sono mucche su quel prato. A Namur anche se è bagnato, hai una superficie dura su cui sviluppare velocità. Ma la possibilità di forare è molto superiore. Quest’anno si aggiunge il problema del caldo, che non rende facile Koppenberg. Non è un percorso scorrevole, ma davvero un prato non curato. Quindi la bici oscilla da sinistra a destra. I corridori preferirebbero un prato più paludoso per avere una guida più stabile».

Nys ha vinto il Koppenbergcross per 9 volte: 7 consecutive (2004-2010) e poi nel 2012, nella foto
Nys ha vinto il Koppenbergcross per 9 volte: 7 consecutive (2004-2010) e poi nel 2012, nella foto

Il Koppenbergcross sarà trasmesso in diretta da Eurosport 1 con il commento di Ilenia Lazzaro e Fabio Panchetti, a partire dalle 13,40. Dopo le prove del mattino dedicate agli juniores e gli under 23, il programma prevede la gara delle donne elite alle 13,45 e quella degli uomini elite alle 15.

La Trek ha investito su Nys. Scopriamo il perché

12.06.2022
5 min
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Thibau Nys è tornato e in una veste nuova, da specialista delle corse a tappe. Sinceramente ben pochi si attendevano una sua simile evoluzione, invece in Olanda il corridore della Baloise-Trek Lyons ha dominato la Flèche du Sud regolando di appena 2” il francese Thomas Bonnet (Vendée U) dopo 5 giorni di gara. Cinque giorni che resteranno scolpiti nella sua memoria, perché sono anche coincisi con la firma del nuovo contratto per la prossima stagione, ossia la “promozione” alla squadra maggiore della Trek Segafredo.

Nys è stato inseguito e controllato a lungo. E’ anche curioso il fatto che alla Trek il belga (in apertura nella foto di Jarne Castermans) ritroverà quel Filippo Baroncini con cui ha condiviso le luci della ribalta lo scorso anno nelle gare titolate, battendo l’azzurro agli europei di Trento, ma capitolando quando si trattò di correre in casa, a Leuven, con un 6° posto amarissimo mentre il corridore di Massa Lombarda andava a vestire l’iride. Sfide che non erano sfuggite all’occhio attento di Luca Guercilena, che voleva fortemente mettere insieme i due talenti pensando soprattutto alle classiche d’un giorno.

Nys Fleche 2022
1° nella terza tappa, Nys ha conquistato la Fleche du Sud (foto Hugo Barthelemy/DirectVelo)
Nys Fleche 2022
1° nella terza tappa, Nys ha conquistato la Fleche du Sud (foto Hugo Barthelemy/DirectVelo)

Una squadra al suo servizio

Il belga però è andato oltre. «Alla Flèche sentivo che la forma stava arrivando – ha raccontato entusiasta dopo la conclusione della lunga fatica – e mi ha dato molta fiducia, ma gli obiettivi sono altri. E’ stata un’esperienza nuova, anche perché la classifica si è presto messa in maniera favorevole ma questo ha anche significato tanta responsabilità. La squadra dipendeva da me, i compagni correvano per me, non ero abituato a gestire tanta pressione e per questo il successo finale rappresenta qualcosa d’importante».

Una caratteristica di Thibau è saper guardare verso la sua attività con la massima obiettività: «C’è un fattore tecnico che mi ha favorito: la Flèche du Sud non prevedeva cronometro, erano tutte tappe in linea e sicuramente ciò mi ha agevolato. Le crono non sono il mio pane, è un aspetto sul quale dovrò lavorare. Io mi aspetto molto dal Tour de l’Avenir, ma so che lì perderò molto dai rivali di classifica nella tappa contro il tempo e nella mia evoluzione è un problema da affrontare».

Nys Baroncini 2021
Il belga con Baroncini, rivali lo scorso anno a Trento e Leuven, ora compagni di squadra
Nys Baroncini 2021
Il belga con Baroncini, rivali lo scorso anno a Trento e Leuven, ora compagni di squadra

Mai lascerò il ciclocross!

La firma per la Trek ha destato rumore, rappresentando quasi una sorta di investitura. Fino a dodici mesi fa neanche ci avrebbe pensato: «Prima per me la strada non era un’opzione, ero concentrato sulla mia attività invernale nel ciclocross, la sentivo lontana, ma poi le cose hanno preso una piega diversa, prima con il titolo europeo Under 23, poi con i risultati di questa stagione. Quel che è certo comunque è che il ciclocross non lo lascio…».

Su questo tema Nys ha le idee molto chiare e d’altronde quel cognome che in altri casi sarebbe potuto sembrare un macigno (Sven Nys è a detta di tutti uno dei più grandi interpreti della storia della specialità) per Thibau è solo uno stimolo a proseguire: «Magari fra un paio d’anni, diventando pro’ a tutti gli effetti, mi gestirò in maniera diversa, gareggerò solo in un dato periodo e in alcune gare selezionate come fanno i Van Aert o i Van Der Poel della situazione. Nella prossima stagione però ci sarò al 100 per cento, ho un conto da regolare».

Nys Thibau Sven
Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 2005 e 2013
Nys Thibau Sven
Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 2005 e 2013

Papà impara da me…

Di che si tratta? In fin dei conti l’inverno di Nys era stato positivo, con 3 vittorie nel circuito X2O Badkamers Trophy e i bronzi europeo e mondiale, ma per il belga è stato troppo poco: «Mi sono rotto la clavicola a inizio stagione e non sono mai stato nel pieno della forma, non mi sono mai sentito pienamente a mio agio, sempre a inseguire. Voglio riprendermi le sensazioni che prediligo, la consapevolezza che posso emergere su ogni percorso».

Come detto, sulla sua evoluzione pesa la presenza del padre Sven, che pure non può essere considerato uno di quei genitori pressanti, anzi nel parlarne Thibau racconta anche un fatto simpatico: «Ragionando sull’attività ci siamo accorti che alla fine insegno più cose io a lui che il contrario. Il fatto è che in 10 anni il nostro sport è profondamente cambiato. Inoltre lui ha seguito altre strade, non ha mai amato molto il ciclismo su strada e prediligeva l’attività in mtb».

Nys Ciclocross 2022
Thibau affranto dopo il 3° posto mondiale: la stagione di ciclocross non lo ha soddisfatto
Nys Ciclocross 2022
Thibau affranto dopo il 3° posto mondiale: la stagione di ciclocross non lo ha soddisfatto

Per emergere su strada e soprattutto per onorare le tante aspettative che ci sono su di lui, Nys sa di dover lavorare ancora molto: «Dal punto di vista tecnico sto cambiando e devo farlo. Nasco come velocista ma è evidente come sia troppo leggero ormai per esserlo a tutti gli effetti, in una volata di gruppo c’è gente con molta più potenza di me. D’altro canto però sto migliorando sempre più in salita, su quelle brevi tengo gene e posso anche emergere grazie al mio spunto. Chissà dove potrò arrivare, è una strada tutta da percorrere».

Thibau Nys 2021

Thibau Nys, quanto pesa essere “figlio d’arte”…

20.09.2021
5 min
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Nel ciclismo i figli d’arte hanno sempre trovato molte strade sbarrate, troppo pesante l’eredità lasciata, a meno che non cerchi vie nuove ed è quello che sta cercando di fare Thibau Nys, il nuovo campione europeo Under 23 che punta a sorprendere anche in casa, a Leuven, aggiungendo un’altra maglia a quella fresca con le stellette. Quando hai un cognome simile il fardello è pesante, perché parliamo di Sven Nys, uno dei più grandi ciclocrossisti della storia, due volte iridato e per ben 25 volte vincitore di una grande challenge, fra cui 3 Coppe del Mondo, ma soprattutto capace di attirarsi grandi simpatie da parte dei tifosi.

Quando Thibau ha iniziato nel ciclocross, i dubbi erano tanti: «Ecco, un altro che vuole imitare il padre». In Belgio il fardello dell’eredità di un campione è pesante, ne sa qualcosa Axel Merckx, che dopo aver cercato gloria su altre strade (il calcio), non resistette alla voglia di mettersi in gioco, vivendo una carriera lunga ben 14 anni e contraddistinta da 14 successi tra cui un titolo nazionale su strada, ma lontana anni luce dai fasti del padre, anche se vinse quel che a Eddy non riuscì: una medaglia olimpica (bronzo ad Atene 2004 dopo una coraggiosa quanto vana caccia a Bettini).

Nys volata trento 2021
La volata vincente di Nys a Trento, battendo l’azzurro Baroncini e lo spagnolo Ayuso
Nys volata trento 2021
La volata vincente di Nys a Trento, battendo l’azzurro Baroncini e lo spagnolo Ayuso

Il vantaggio di chiamarsi Nys

Questo peso Thibau lo ha sempre sentito: «Dipende da come lo si guarda – ha affermato dopo aver vinto nel 2020 il titolo mondiale junior di ciclocross – in fin dei conti quando ti chiami Nys, gli sponsor vengono a cercarti e questo è un vantaggio, dall’altra parte però c’è una tale pressione addosso che non ti lascia mai e so che dovrò farci i conti per sempre».

Questo concetto lo ha fatto suo anche chi lo segue giorno dopo giorno, il suo allenatore Sven Van Den Bosch, tecnico di lunga esperienza che seguendo il ragazzo ha capito che era necessario trovare nuovi sbocchi, diversi da quelli del padre per tagliare una volta per tutte quel cordone che li lega: «Le aspettative pesano non poco su di lui, perché Nys è un cognome che in Belgio è sinonimo di vittoria, ma qui parliamo di un’altra persona e questo andrebbe sempre tenuto nel dovuto conto».

Van den Bosch 2020
Sven Van Den Bosch, il preparatore di Thibau Nys, che ha fortemente spinto per un suo futuro su strada
Van den Bosch 2020
Sven Van Den Bosch, il preparatore di Thibau Nys, che ha fortemente spinto per un suo futuro su strada

Il padre in Mtb, il figlio su strada

Il ciclismo su strada può, anzi dovrà essere il mondo di Nys proprio perché lì quel cognome non pesa come nel fuoristrada. Suo padre ha corso su strada, ma quello non fu mai il suo mondo, tanto che pensò invece di dedicarsi alla Mtb, riuscendo per due volte a qualificarsi per le Olimpiadi ma non andando al di là del 9° posto a Pechino 2008. Ecco perché proprio la strada potrebbe essere il suo futuro.

L’Europeo di Trento ne è stato la perfetta dimostrazione: «Forse le nazionali più forti, Italia in testa, mi hanno sottovalutato, ma ora sapranno con chi hanno a che fare – ha dichiarato dopo la vittoria – Per me era lo scenario perfetto, quando ho visto che ero riuscito a resistere nel gruppo dei migliori ho capito che potevo farcela».

Nys Trento 2021
Thibau Nys, nato il 12 novembre 2002, vanta un titolo europeo e mondiale junior nel ciclocross oltre a quello di Trento
Nys Trento 2021
Thibau Nys, nato il 12 novembre 2002, vanta un titolo europeo e mondiale junior nel ciclocross oltre a quello di Trento

Un velocista adatto ad alcune classiche

Che tipo di corridore può essere Nys nel ciclismo su strada? Van Den Bosch ha le idee abbastanza chiare in proposito: «Lo vedo come un velocista capace di emergere anche in classiche con pendenze brevi. Non uno sprinter puro, alla Caleb Ewan per esempio, ma sicuramente in grado di dire la sua in volate di gruppo nei grandi giri, ma anche di puntare ad alcuni appuntamenti dove la selezione è più stringente».

«La forza di Thybau – riprende il tecnico – è che ha grandi valori di potenza, se facciamo il rapporto tra wattaggio e chilogrammi. Valori che si esprimono sia sul breve, nell’arco di 30 secondi, quanto sul lungo periodo, anche 20 minuti e questo potrebbe portarlo anche a progredire nelle cronometro. Sicuramente andrà avanti sia su strada che nel ciclocross, perché una specialità beneficia dell’altra, ma per carità non facciamo paragoni con i 3 Tenori, ha già un peso importante sulle spalle…».

Nys Thibau Sven
Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 2005 e 2013
Nys Thibau Sven
Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 2005 e 2013

Non essere solo il “figlio di Sven”

Già, sempre quel peso. Anche quando ha vinto a Trento, tutti lo hanno etichettato come il “figlio di Sven” più che come Thibau. La sua parabola è solo agli inizi, ha già promesso che il prossimo anno lo vedremo di più su strada e magari un giorno verrà nel quale, vedendolo insieme a suo padre (oggi dirigente sportivo alla Baloise Trek Lions) qualcuno dirà: «Scusa, chi è quello con Thibau Nys?»…

Sven Nys (foto Bruce Buckley)

Nys un gigante e anche due azzurri piccoli e tosti

28.11.2020
3 min
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La Coppa del Mondo di ciclocross, che scatterà domenica a Tabor (CZE), è dall’ormai lontano 1993 quella collana che collega tutta la stagione sui prati. Fino alla scorsa edizione aveva anche un’appendice estiva americana, alla quale si è rinunciato considerando le grandi difficoltà che comportano gli spostamenti nell’era pandemica. Ora invece il circuito è ridotto a 5 tappe, di cui solo quella ceka esce dall’epicentro belga.

Bis azzurro

Nella sua storia la Coppa ha sempre avuto nel Belgio la nazione dominante, sia dal punto di vista organizzativo che agonistico. Non per niente ben 17 delle 26 edizioni disputate sono state vinte da corridori fiamminghi. L’Italia però ha spesso recitato un ruolo importante, con Daniele Pontoni vincitore nel 1995 e Luca Bramati che fu il suo successore. Pontoni fu anche terzo nel 1998 e secondo l’anno successivo, appena davanti a quello Sven Nys destinato a conquistare il trofeo di cristallo per ben 6 volte fra il 2000 e il 2009.

Marianne Vos, Coppa del mondo ciclocross, Namur 2019
Marianne Vos, qui a Namur nel 2019, ha vinto 24 prove di Coppa
Marianne Vos, Coppa del mondo ciclocross, Namur 2019
Marianne Vos ha vinto 24 prove di Coppa

Modello Nys

Proprio Nys (nella foto in apertura di Bruce Buckley) è stato il primo che ha provato a realizzare il Grande Slam. Che cos’è? Semplicemente la conquista di tutti i trofei nel corso dell’anno: Coppa del Mondo, Superprestige, il terzo circuito belga-olandese oggi chiamato X2O Baadkamers Trofee senza naturalmente dimenticare europei e mondiali. La caccia alle varie challenge lo ha spesso portato a correre i mondiali con le pile scariche, con conseguenti sconfitte (ma ne vinse comunque 2 edizioni da U23 e 2 da elite). Wout Van Aert, conscio dell’esperienza dell’illustre connazionale, ha preferito concentrarsi su Coppa e mondiale. Mentre Mathieu Van Der Poel, vicinissimo all’impresa nel 2018, crollò proprio nella prova iridata finendo con un terzo posto amarissimo.

Nys naturalmente è il primatista anche in fatto di successi di tappa: ben 50. VdP è lontanissimo: al secondo posto con 26. Van Aert, che pure vanta due Coppe contro l’unica del rivale olandese, ha vinto solamente 9 gare individuali. Per l’Italia 7 successi per Pontoni e 3 per Bramati.

Vos da record

In campo femminile la Coppa è iniziata più tardi, nella stagione 2002-2003. Il primato di successi assoluti è condiviso fra l’olandese Daphne Van Der Brand e la belga Sanne Cant con 3, ma quest’ultima può allungare. L’azzurra Eva Lechner, sesta ai recenti europei, vanta un secondo posto generale nel 2016 e un terzo nel 2018, conditi da 2 vittorie di tappa, ben lontana da Marianne Vos (Ned) e Katherine Compton (Usa) prime con 24.

DAvide Malacarne, Pinerolo, Giro d'Italia 2016
Davide Malacarne vinse la Coppa juniores del 2005, ma alla fine scelse la strada
DAvide Malacarne, Pinerolo, Giro d'Italia 2016
Malacarne vinse la Coppa juniores 2005

Anche il “Mala”

Organizzativamente, l’Italia compare nella storia della Coppa per 15 volte, attraverso 6 città. Bergamo (presente nell’edizione inaugurale), Fiuggi, Milano, Monopoli, Treviso e Torino. L’ultima volta che una tappa si è svolta in Italia è stata però nell’edizione 2016-17, un tempo ormai lontano. Agonisticamente, c’è poi un italiano che può vantare nella sua mensola un trofeo di cristallo. E’ Davide Malacarne, vincitore della prima edizione assoluta dedicate agli junior, nel 2005. Un successo che lasciava presagire un futuro luminoso sui prati, ma il bellunese scelse di dedicarsi anima e corpo al ciclismo su strada.