La ricetta di Quaranta: poche gare e tanto allenamento

21.02.2025
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Neanche il tempo di disfare le valigie che Ivan Quaranta si è messo subito al lavoro, c’erano gli juniores chiamati alle loro sedute settimanali a Montichiari. Il suo lavoro è questo, senza sosta e non c’è neanche il tempo di assaporare le mille emozioni di Zolder, di un europeo che ha visto il settore velocità protagonista al di là dell’oro di Bianchi nel chilometro da fermo (con lui in apertura).

Per Ivan Quaranta, qui con Miriam Vece, sono stati europei positivi ma con un bilancio in deficit
Per Ivan Quaranta, qui con Miriam Vece, sono stati europei positivi ma con un bilancio in deficit

In quasi ogni torneo, in quasi ogni disciplina la formazione italiana è stata protagonista, anzi alla fine, per quanto fatto vedere, il piatto piange e su questo Quaranta mette l’accento.

«Lo ammetto, i piazzamenti finali mi bruciano, soprattutto il 4° posto di Stefano Moro nel keirin e anche il quinto della Vece. Che aveva solo bisogno di un po’ di fortuna: alla partenza avevamo battezzato la ruota della russa come quella che poteva portarla sul podio, invece la scelta non ha pagato. A proposito dei maschi, bisogna considerare che in gara c’era un certo Lavreysen: ormai quello è un extraterrestre, bisognerebbe vietargli di correre (dice ridendo, ndr)».

Per Stefano Moro medaglia sfuggita di un nonnulla nel keirin
Per Stefano Moro medaglia sfuggita di un nonnulla nel keirin
Una compattezza simile in un torneo titolato non si vedeva però da tanti anni…

E’ vero, anzi solo un paio d’anni fa gare del genere le ammiravamo dalla tribuna, ora invece ci siamo anche noi e con velleità. I ragazzi hanno confermato il loro valore, abbiamo una base sulla quale lavorare per progredire e i margini sono ampi, considerando l’età anagrafica e quella di pratica a questi livelli.

Alla vigilia si parlava tanto della scorrevolezza del nuovissimo impianto belga, eppure non ci sono stati progressi a livello cronometrico, secondo te perché?

I risultati vanno letti. Nello sprint a squadre siamo rimasti un decimo sopra il nostro primato il che significa che eravamo sui nostri limiti, poi clima e umidità possono fare la differenza in bene o in male. L’unico primato mondiale è venuto dall’inseguimento individuale femminile, ma quella è una specialità ancora relativamente nuova, dove ci sono margini. Anche Bianchi è comunque sceso sotto il minuto, i riscontri cronometrici secondo me sono positivi.

Per Bianchi secondo oro continentale nel chilometro. Ormai scendere sotto il minuto è un’abitudine…
Per Bianchi secondo oro continentale nel chilometro. Ormai scendere sotto il minuto è un’abitudine…
Proprio parlando con Bianchi si diceva che i mostri sacri come il suddetto Lavreysen sono davanti, ma la distanza si è un po’ ridotta…

E’ vero, ma l’impressione che ho avuto è che l’olandese sia arrivato a Zolder non proprio al massimo della forma, eppure è un tale fuoriclasse che vince anche così. Quindi siamo noi che siamo progrediti o era lui che era regredito? Io non ho interesse a trovare una risposta, dobbiamo imparare a guardare quel che facciamo in casa nostra, sapendo che prima o poi la ruota girerà e dovremo farci trovare pronti. Il concetto di Bianchi è comunque giusto: un medagliato come Yakovlev è finito dietro, il polacco Rudyk lo avevamo quasi battuto. I segnali ci sono.

Nello sprint la batteria di Predomo contro l’olimpionico è piaciuta molto…

Mattia l’ha onorata al meglio, contro gli altri Lavreysen ha vinto con molto più distacco. Tra l’altro c’è un aneddoto in proposito: quando è finita la loro sfida, mi sono avvicinato ad Harrie per fargli i complimenti e lui mi ha detto: «Mi sono dovuto impegnare per batterlo, per questo alla fine mi sono complimentato con lui». E’ un bell’attestato di stima.

Lavreysen batte Predomo, ma dopo l’arrivo si complimenta con l’azzurro per la sua prova
Lavreysen batte Predomo, ma dopo l’arrivo si complimenta con l’azzurro per la sua prova
Nelle foto la loro differenza fisica è evidente…

Mattia continua a pagare dazio nei 200 metri di qualificazione e questo lo penalizza negli accoppiamenti, ma quello dipende dalla sua stazza fisica, ci sono almeno 15 chili di muscoli di differenza… Quando poi si gareggia uno contro uno, lanciandosi dalla balaustra, lì Predomo diventa pericolosissimo. Sta però crescendo, anche contro il tempo si è attestato su 9”9 basso e questa è una bella base. Quando avrà messo su qualche altro chilo, il discorso cambierà.

Il calendario così scarno vi penalizza?

Io direi di no – risponde Quaranta – e spiego il perché: i nostri sono tutti Under 23, quindi il campionato europeo sarà primario per noi sulla strada dei mondiali di ottobre. In Nations Cup in Turchia vedremo chi portare, potremmo anche scegliere una rappresentativa ridotta. Poi avremo qualche gara S1 e S2, ma neanche troppe perché ho altre idee in testa.

Uno scalpo illustre per la Vece nello sprint: l’olandese Van de Wouw campionessa europea nel chilometro
Uno scalpo illustre per la Vece nello sprint: l’olandese Van de Wouw campionessa europea nel chilometro
Quali?

Noi dobbiamo approfittare di questa stagione così avara di impegni per lavorare tanto in palestra e in pista. Per noi l’allenamento è basilare e lo scorso anno, inseguendo il sogno della qualificazione olimpica mancata per un solo posto, abbiamo trascurato questo aspetto che invece, per i ragazzi, è oggi fondamentale.

Non si rischia la noia?

Sta a me saper variare e tenere sulla corda i ragazzi, farli divertire e saperli motivare. Serve lavorare sul fisico, sulla tecnica, anche sulla mentalità, inculcare in loro un pensiero vincente. Per questo dico che gli europei di categoria saranno importantissimi, perché vincendo s’impara a vincere e si può salire man mano di categoria. In fin dei conti nel quadriennio abbiamo raccolto qualcosa come 15 titoli europei e 3 mondiali, serve solo pazienza per trasformarli a livello superiore perché il materiale c’è…

Moro e il keirin: «E’ tutta questione d’istinto»

26.01.2024
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Delle 6 medaglie conquistate dall’Italia agli europei su pista di Apeldoorn, quella di Stefano Moro nel keirin è stata la più sorprendente e quella dal più alto significato storico. Mai l’Italia era infatti salita sul podio continentale nella specialità, considerata ancora relativamente nuova anche se è ormai da più edizioni nel programma olimpico. Il suo bronzo è un altro passo verso la rinascita del settore velocità, ma soprattutto è l’esplosione di un talento arrivato alla sua maturità dopo aver trovato tardi la disciplina più adatta per esprimersi.

Moro ammette che il primo a essere rimasto sorpreso è stato proprio lui: «Ero partito nel torneo, che si disputa nell’arco della stessa giornata – dice – con l’obiettivo di raggiungere le semifinali. Mai avrei pensato di cogliere addirittura il bronzo. E’ stato un crescendo, l’andamento della semifinale mi ha gasato, mi ha fatto partire in finale con la voglia quantomeno di provarci ed è andata come meglio non poteva».

Per Moro quella del keirin è stata la prima medaglia da quando è passato alla velocità
Per Moro quella del keirin è stata la prima medaglia da quando è passato alla velocità
Vedendo il tuo torneo, la sensazione è stata che con il passare delle prove tu abbia trovato la strategia giusta, come una sorta di combinazione utile per emergere…

Un po’ è vero, nel senso che in semifinale ho visto che quando è partito il polacco Rudyk, riuscivo a tenerlo. Così ho pensato che se in finale prendevo la sua ruota, potevo arrivare davanti perché è uno che va davvero forte, ma è ancora “fra gli umani”.

E Lavreysen?

Ecco, questa è la differenza, l’olandese non lo tieni, è talmente potente che quando parte ti lascia sul posto. Seguirlo sarebbe stato un suicidio. Ho battezzato la ruota giusta…

Che impressione ti ha fatto gareggiare con questi atleti con una posta così importante in palio?

Non mi sono posto troppi pensieri alla partenza, sarebbe stato controproducente. Al via siamo tutti uguali, partiamo dalla stessa linea, poi ci sono le differenze, ma ci si lavora. Voglio dire che chiaramente l’olandese in questo momento è ingiocabile, ma io credo che in futuro potremo lottare ad armi pari. Serve però tanto lavoro, tanto…

Il momento decisivo della sua finale, quando ha seguito l’attacco del polacco Rudyk, poi argento
Il momento decisivo della sua finale, quando ha seguito l’attacco del polacco Rudyk, poi argento
Quanto influisce il fisico?

E’ una componente. Chiaramente se si guarda noi della nazionale e gli olandesi, la differenza balza all’occhio. Ma noi abbiamo dalla nostra l’età, parlo soprattutto dei miei compagni del settore. Chi ha atleti dello stesso livello così giovani?

Il keirin è la specialità che più ti si addice fra quelle della velocità?

Direi proprio di sì, è più nelle mie corde. Ho iniziato ad affrontarla seriamente solo da pochissimi mesi, ma vedo che si adatta bene alle mie caratteristiche, si lavora sul lanciato. Nello sprint ci vogliono qualità da scattista che io, venendo dall’endurance, non ho. Il keirin è soprattutto istinto, se cominci a pensare a che cosa devi fare ti freghi da solo. Devi aspettarti di tutto, è come la roulette…

Quindi come lo si affronta?

Concentrandoti su te stesso, su quel che devi fare. E’ importante come ti muovi tu piuttosto che quello che fanno gli altri. Questo risultato mi ha fatto capire che la mia scelta era stata giusta e che devo continuare a interpretarlo così, acquisendo sempre più consapevolezza dei miei mezzi.

Nel 2020 Moro aveva colto l’argento nel quartetto e il bronzo nella madison con Lamon
Nel 2020 Moro aveva colto l’argento nel quartetto e il bronzo nella madison con Lamon
A livello strettamente matematico, con questo bronzo saresti ancora in corsa per un posto a Parigi…

Sì, ma è oltremodo complicato, anche perché non ho abbastanza punti. Ho fatto una sola gara di Nations Cup e sono caduto. La prossima tappa in Australia dovrò saltarla, spero di gareggiare nelle altre. E’ chiaro che finché la matematica non mi condanna, io ci proverò. Realisticamente però i miei obiettivi sono più lontani, intanto vorrei avere abbastanza punti per qualificarmi per i mondiali. Quello è un target più alla mia portata.

E Los Angeles 2028?

Certamente è più fattibile, ci sono 4 anni per continuare a migliorare. So che con il duro lavoro arriveranno i miglioramenti e quindi potrò anche arrivarci. Io però sono abituato a pormi obiettivi a breve termine, fare un passo alla volta. Per questo ora voglio pensare a entrare nei 24 che faranno i mondiali.

Tu fai parte del progetto Arvedi, ma il tuo manager Rabbaglio ha specificato come per te non siano previsti impegni su strada.

No, la mia attività è concentrata sulla pista. Su strada vado solo per allenamenti, ma la parte principale della preparazione si divide fra la palestra e la pista stessa. Oltretutto non c’è solo il keirin, i tecnici vogliono che continui a migliorare soprattutto nella partenza e nelle fasi di lancio per poter essere utile anche in ottica velocità a squadre. D’altronde come detto faccio quest’attività da ancora troppo poco tempo.

Per Moro decisiva è la spinta di Quaranta, che lo ha convinto a cambiare specialità
Per Moro decisiva è la spinta di Quaranta, che lo ha convinto a cambiare specialità
Come fai con gli allenamenti su pista? Montichiari non basterà…

Infatti mi alleno molto al velodromo di Dalmine che è davvero a pochissimi chilometri da casa, poi da poco è stato inaugurato anche l’impianto di Crema, quindi le possibilità non mancano.

Allargando il discorso, tu fai parte di un settore rilanciato da Quaranta solo un paio d’anni fa e lavori con ragazzi ancora più giovani di te. Come vedi il futuro?

Io sono molto ottimista. Dobbiamo dire grazie alla Federazione che ha investito su questo settore facendolo ripartire da zero, con un tecnico come Quaranta e la supervisione di Villa. Ma il mio bronzo ha tanti padri: vorrei ricordare le Fiamme Azzurre che mi permettono di fare quest’attività, con l’appoggio di Onori, Masotti e Buttarelli. Poi la famiglia e la mia fidanzata Martina, che mi sostengono e sacrificano tempo per me. Infine il mio preparatore atletico Nicola Nasatti. E’ una medaglia di gruppo, anche se a salire sul podio sono stato solo io…

Il tuo ottimismo su che cosa si basa?

Su un semplice ragionamento legato al mio excursus. Quando mi affacciai in nazionale, nel 2014, il quartetto dell’inseguimento era lontanissimo dai vertici e guardate che cosa ha ottenuto. Con gente come Predomo, Bianchi, Napolitano, Tugnolo e Minuta abbiamo un gruppo che può fare lo stesso percorso. Dateci solo qualche anno.

Dal quartetto agli sprint: la metamorfosi di Moro

24.11.2022
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Stefano Moro in mezzo ai velocisti è una novità così fresca, che anche lui a volte si guarda intorno e si chiede dove siano i compagni di prima. Quelli del gruppo endurance, di cui ha fatto parte fino ai mondiali, quattro settimane fa. Stefano ha 25 anni e nel 2019 si era portato a casa anche qualche bella corsa su strada, come il Trofeo Lampre, Sant’Urbano e il Circuito del Termen, poi la pista ha prevalso.

Quando Ivan Quaranta ha detto di essere in cerca di velocisti in ogni dove, suonando ai campanelli e reclutandoli nelle palestre, ha omesso di dire (forse era superfluo) che per prima cosa ha cercato in casa. E così si è accorto che il corridore delle Fiamme Azzurre, in forza come inseguitore al gruppo di Villa e su strada alla Arvedi Cycling, da allievo e da junior aveva fatto esperienza nelle discipline veloci, vincendo titoli italiani nel chilometro e nella velocità olimpica. Non gli serviva altro.

«Me l’ha proposto al mondiale – racconta fra lo stupito e il divertito (nella foto di apertura, Moro sta provando una partenza proprio con Quaranta) – io ero là come riserva. Mi ha offerto di intraprendere una strada nuova: diventare un velocista. Io subito ho parlato con Villa e Masotti (tecnico delle Fiamme Azzurre, ndr). Mi sono confrontato con loro e ho ascoltato i consigli, poi ho rimandato per due settimane. Nel frattempo, finita la stagione, sono andato in vacanza e ho continuato a pensarci. Finché sono tornato, ho sentito nuovamente Villa e Masotti e abbiamo preso la decisione di provarci».

Nessun rimpianto

Che il gruppo degli inseguitori inizi ad avere problemi di abbondanza è ormai cosa nota. Per cui probabilmente il ragionamento di Villa è stato quello di lasciar andare una delle sue riserve (agli europei di Plovdiv, Moro ha fatto parte del quartetto d’argento, ndr) per consegnare a Quaranta un elemento di esperienza in vista delle qualificazioni olimpiche per la velocità a squadre. 

«Le mie perplessità – spiega – erano dovute all’aver seguito un percorso per le discipline di endurance sin da quando ero junior. Sempre grazie all’endurance, sono riuscito a entrare nelle Fiamme Azzurre. Anche se ero nell’ombra di grandi campioni, ero un po’ titubante a intraprendere una strada nuova, perché voleva dire cambiare completamente vita a 25 anni. Però poi ho cominciato a pensare che, comunque vada, non vorrei ritrovarmi quando sarò molto più grande, a dire: “Cavolo però, pensa se ci avessi provato…”. Insomma, può andare bene o male, però non volevo avere dubbi. Ci proviamo e basta. E dico grazie alle Fiamme Azzurre e ad Arvedi Cycling per essermi stati accanto anche davanti a questa scelta».

Moro e Fidanza: coppia bergamasca in nazionale, sia pure (da pochissimo) in settori diversi
Moro e Fidanza: coppia bergamasca in nazionale, sia pure (da pochissimo) in settori diversi

Tricolore keirin

Non è un salto nel buio, ma anche per Moro il terreno da recuperare è parecchio. Aver fatto il velocista sette anni fa non rende scontato che il passaggio sarà agevole. Sarebbe potuto restare nel gruppo endurance, vincere i suoi campionati italiani e restare forse nell’ombra nei grandi appuntamenti: così invece il bergamasco si gioca un posto alle Olimpiadi. Questa è la fase della scoperta, che un po’ intriga e un po’ rende nervosi.

«Il mio primo titolo italiano – ricorda – l’ho vinto da allievo nella velocità. Quest’anno sempre agli italiani, Quaranta così per scherzo mi ha proposto di correre il Keirin. Io non volevo, ma alla fine sono partito e l’ho vinto. E da lì è nata l’idea. Così ho lasciato il gruppo degli inseguitori, ma nessuno ha fatto battute. Finora ho incontrato solo Lamon, ci scherziamo su e io gli dico che adesso diventerò grosso…». 

Lavori sulla forza

In palestra lo abbiamo osservato a lungo, mentre faceva esercizi con il bilanciere sulle spalle, controllando i movimenti del ginocchio e costruendo una forza che altrimenti non sarebbe necessaria. Bragato, osservandolo con noi, faceva notare che Moro dovrà soprattutto dare maggior consistenza alla parte superiore del corpo, mentre le sue di velocità verranno fuori quasi da sé. 

«Generalmente andavo in palestra una volta a settimana – sorride Moro – invece da quando sono arrivato in ritiro ho iniziato la prima settimana con tre sedute, mentre in questa ne abbiamo in programma quattro. E’ tutto un altro modo di allenarsi, devo imparare da loro che sono molto più giovani. Quanto agli obiettivi, adesso inizio ad allenarmi e a capire come va, dopo vedremo. Punto solo a migliorare e diventare competitivo, per partecipare ai keirin, alla velocità e così via…».

Moro: «Le Fiamme Azzurre mi hanno dato un futuro»

26.02.2022
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Nei giorni scorsi le Fiamme Azzurre hanno comunicato i nuovi ingressi nel Corpo da parte di tre ciclisti, come avvenuto anche per altre discipline sportive. Oltre a Chiara Consonni e Davide Boscaro, entra a far parte del gruppo sportivo della Polizia Penitenziaria anche Stefano Moro, azzurro della pista per il quale questa rappresenta una vera svolta per la sua carriera.

Il corridore di Fontanella rappresenta uno dei nuovi punti fermi della nazionale di Villa. Curiosamente aveva iniziato con le gare veloci, laureandosi campione italiano junior nel chilometro da fermo nel 2014 per poi bissare l’anno successivo aggiungendo però velocità a squadre e inseguimento a squadre. Poi è passato alle discipline endurance, entrando a far parte del gruppo del quartetto con cui ha vinto l’argento agli European Games 2019 e agli Europei 2020, quando ha anche vinto il bronzo nella madison con Francesco Lamon. Bronzo anche lo scorso anno agli Europei, ma questa volta nell’inseguimento individuale.

Nel farci raccontare come è arrivato a questa possibilità e che cosa rappresenta, il bergamasco non nasconde mai la sua gioia né la profonda gratitudine che prova per Augusto Onori, Ispettore Superiore al quale è affidata la guida del Gruppo Sportivo e per il diesse Fabio Masotti: «E’ stato proprio lui in nazionale a dirmi che presto sarebbe uscito il bando di concorso. L’ho sostenuto ad agosto e a dicembre ho fatto le visite, così eccomi qua».

Boscaro Moro 2022
Simone Boscaro e Stefano Moro, che con la Consonni vanno a rafforzare le Fiamme Azzurre
Boscaro Moro 2022
Simone Boscaro e Stefano Moro, che con la Consonni vanno a rafforzare le Fiamme Azzurre
Tanto entusiasmo fa capire quanto questa possibilità significhi per te e per la tua via futura.

E’ una vera svolta. Per chi come me privilegia la pista, è quasi uno specialista significa poter affrontare la propria attività con più tranquillità e concentrazione sugli allenamenti e sulla ricerca delle prestazioni. Devo però dire che alla Biesse Arvedi, la squadra nella quale ho militato, mi hanno dato un grande sostegno per coltivare la passione per la pista. Ora gli sponsor si sono scissi, ma sono grato a entrambi, io comunque resto all’Arvedi Cycling per l’attività su strada.

Quanto conta per un corridore come te entrare in un gruppo sportivo militare?

E’ fondamentale, ma non si deve pensare che lo dica solamente per un discorso economico, per la tranquillità dello stipendio riscosso ogni mese. No, è qualcosa che va molto oltre, è l’onore di vestire quella maglia, gareggiare per quei colori. Devo poi dire che sono stato accolto benissimo.

Senza questa eventualità che cosa avresti fatto?

Difficile a dirsi, io ero molto motivato, era il mio grande obiettivo dello scorso anno. Ora mi sento più responsabile e questo mi porta a impegnarmi ancora di più, il 100 per cento non basta e non deve bastare per me.

Moro strada 2020
Stefano Moro è nato a Treviglio (BG) il 22 giugno 1997. Su strada vanta due successi al GP d’Autunno U23 (foto F2)
Moro strada 2020
Stefano Moro è nato a Treviglio (BG) il 22 giugno 1997. Su strada vanta due successi al GP d’Autunno U23 (foto F2)
Com’è iniziata questa tua passione per la pista?

Io ho iniziato giovanissimo a calcarla. Seguivo mio fratello nell’impianto di Crema, lui è più grande e poi si è dedicato alla strada, io invece ho continuato, iniziando a gareggiare da esordiente e visto che i risultati arrivavano, ci ho preso sempre più gusto.

Della pista sappiamo quasi tutto, ma tu gareggi anche su strada…

Sì, sono un velocista, il mio anno migliore è stato il 2019 quando ho conquistato 5 gare tra cui il Circuito di Sant’Urbano all’87esima edizione e il 70° Circuito del Termen. In più ho ottenuto molti piazzamenti, ma tutto ciò non è stato sufficiente per trovare un posto in qualche squadra di professionisti. Ho continuato, ma mi sono dedicato più alla pista, la strada era propedeutica per questa.

Moro Lamon 2020
Moro in coppia con Lamon, per loro il bronzo europeo nel 2020
Moro Lamon 2020
Moro in coppia con Lamon, per loro il bronzo europeo nel 2020
Su pista quali sono le specialità dove ti trovi più a tuo agio?

Mi piacciono tutte le gare endurance, anche se nella madison riesco meglio perché mi diverto da matti, posso davvero esprimermi. Anche lo scratch mi piace molto perché è un po’ come spostare le ultime battute delle gare su strada sulla pista, controllare gli avversari in vista della volata facendo attenzione che non parta qualcuno per beffare tutti.

Dì la verità, quando hai visto che non riuscivi a spuntare un contratto da pro’ hai avuto paura?

Un po’ sì, diciamo che mi sono trovato di fronte all’eventualità che dovessi lasciare da parte il ciclismo e cercarmi un lavoro diverso, ma ero abbastanza sicuro di poter entrare in un gruppo militare. Ora posso fare della pista il mio lavoro…

Che obiettivi hai per questo 2022?

Dipende dalle scelte del cittì Villa. Sono nel gruppo della Nations Cup e quindi saranno queste prove il mio target, con particolare riferimento all’inseguimento a squadre.

Moro Scratch 2021
Scratch ed eliminazione sono le sue gare preferite, dove sfrutta il suo spunto veloce
Moro Scratch 2021
Scratch ed eliminazione sono le sue gare preferite, dove sfrutta il suo spunto veloce
A tal proposito, che ruolo hai nel quartetto?

Dipende molto dal momento. Nel 2021 sono sempre partito come secondo, raccogliendo il testimone di chi era chiamato a lanciare la velocità del quartetto. Ma il ruolo può cambiare in base alla disponibilità degli uomini e allo stato di forma.

E su strada?

Si comincia nel weekend e sono sincero, punto a qualche buon risultato nelle gare che mi si addicono, quelle dov’è possibile riuscire a arrivare in una volata di gruppo. L’inverno è stato utile per prepararmi e credo di essere già in buona forma per poi essere pronto per la pista. Diciamo che ora le due specialità sono una complementare all’altra.

A giugno compirai 25 anni. A un contratto da professionista sotto sotto ci pensi ancora?

Ora mi sento professionista a tutti gli effetti…

Moro: «La pista è passione, la madison adrenalina»

16.04.2021
4 min
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Tra i ragazzi di Villa che stanno lavorando per le Olimpiadi c’è anche Stefano Moro. Non ci sono solo i “titolari” del quartetto. Per puntare ai grandi obiettivi serve un gruppo di lavoro allargato, specie per la pista italiana i cui interpreti fanno la spola con la strada. 

E perché il lavoro sia all’altezza servono elementi che assicurino ottime prestazioni, che siano affidabili e che vadano forte… in allenamento e anche in gara.

Per Stefano Moro, classe 1997, primi assaggi di azzurro già da junior
Per Stefano Moro, classe 1997, primi assaggi di azzurro già da junior

Un gruppo fortissimo

A questo preambolo risponde appieno Moro, appunto.

«Per fare parte del gruppo olimpico e stare al passo di quei campioni devo migliorare continuamente – spiega il lombardo – altrimenti rischio di essere fuori. Però è bello perché stare a contatto con loro significa imparare e crescere sia fisicamente che mentalmente, nel senso che non si può lasciare nulla al caso, che devi sbagliare il meno possibile. E non è facile farlo con costanza».

Stefano vive a Fontanella, in provincia di Bergamo. Ormai fa la spola tra casa sua e Montichiari, dove si reca non meno di una volta a settimana.

«O anche tre volte – riprende – quando Villa decide di fare i ritiri. Quello del cittì è un grande gruppo ed è bello farne parte. Non sarò a Tokyo, ma tifo per loro con tutto me stesso affinché possano vincere una medaglia. Ho partecipato alla qualificazione olimpica prendendo parte ad alcune gare di Coppa del mondo e so quanto hanno dato, quanto se la sono sudata e quanto hanno sofferto che le Olimpiadi siano slittate di un anno. Dopo quel tempo stellare che hanno fatto al mondiale, non è stato facile rimandare tutto. E’ grazie a loro se la pista è tornata di moda».

Moro in azione agli europei di Plovdiv
Moro in azione agli europei di Plovdiv

Obiettivo: corpo militare

In apertura dicevamo forte in allenamento e in gara. Moro lo scorso autunno si è ritrovato catapultato agli europei. Nazionale decimata dal Covid e all’improvviso eccolo sfrecciare in gara a Plovdiv. Essere sempre pronti significa questo. E infatti in Bulgaria il portacolori della Biesse Arvedi si è ben comportato, tanto da riuscire a conquistare due medaglie: l’argento nell’inseguimento a squadre e il bronzo nella madison con Francesco Lamon. Un risultato inaspettato per Stefano che però, come dice lui stesso, gli ha dato grande fiducia.

«So che posso avere un futuro su pista. Ormai ho deciso: è questo il mio obiettivo principale. L’ho detto a me stesso nel 2019, al quarto anno da under. Non che la strada non mi piaccia, ma per caratteristiche fisiche e per passione, preferisco la pista. Inoltre spero di poter entrare in un corpo militare, ma per farlo servono medaglie e convocazioni in eventi internazionali».

Come detto Moro non fa parte delle primissime schiere, ma essendo un classe 1997 può pensare anche a Parigi 2024. «Le Olimpiadi sono il sogno di ogni atleta, specie per uno che corre in pista. Io voglio concentrami sul mio futuro sul parquet».

Stefano ha scelto la pista per passione, ma anche su strada era vincente…
Stefano ha scelto la pista per passione, ma anche su strada era vincente…

Madison, cuore e adrenalina

Passione vera quindi per Moro quella della pista. Tutto nasce quando da bambino salì in bici ed iniziò girando in una pista vicino Crema. Voleva imitare il fratello. 

«La passione ce l’ha trasmessa mio papà, Primo, che adesso purtroppo non c’è più. Lui era un amatore», racconta Moro.

Da esordiente Stefano calca le sponde del velodromo di Dalmine e da allievo ecco i primi risultati (un titolo italiano). Quando diventa juniores, Villa lo inserisce nel suo gruppo, dal quale di fatto non è più uscito.

«Alla fine contano i risultati dice Moro – Su pista ne ho ottenuti di più. Su strada ho anche vinto qualche gara, ma un po’ d’infortuni e caratteristiche fisiche più adatte al parquet mi hanno indotto verso la pista. La disciplina che preferisco è la Madison. Non so perché. Ma dal momento che parti vai a “cento all’ora” col pieno di energie e di adrenalina, solo sul finire quando senti le gambe che fanno “crack” la stessa adrenalina scema un po’. Ho corso spesso con Plebani e Giordani e agli Europei con Lamon».

«Il momento del cambio è delicato, per farlo bene devi provarlo e riprovarlo, come nel basket il gesto del polso, e non sarà mai perfetto. Agli Europei in Bulgaria, Lamon (con lui nella foto di apertura, ndr) all’ultimo cambio mi ha urlato perché ho cambiato a 100 metri dall’arrivo, cosa che non si fa. Quegli urli sono gli unici momenti in cui si “parla”, altrimenti ci si capisce al volo. Se si parla è perché si è commesso un errore. Anche questo è il bello di questa disciplina».