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Grosu riparte dalla Polonia tra sfortune e brutte storie

22.01.2023
6 min
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Nella tempesta che ha travolto e ha fatto chiudere la Drone Hopper di Gianni Savio, si è ritrovato anche Eduard Grosu. Il corridore rumeno, che ha corso in Italia per molti anni, ha perso tutto ad un tratto le certezze delle quali era circondato. La sua storia degli ultimi due anni è una spirale che lo ha portato sempre più giù, ma lui corridore dall’animo tenace, non si è fatto abbattere ed è ripartito. Con la speranza di rovesciare, a colpi di pedale ben assestati, questo trend negativo

Eduard si era ritrovato senza squadra anche nel 2021 con la chiusura della Delko
Eduard si era ritrovato senza squadra anche nel 2021 con la chiusura della Delko

Le speranze truffate

A sentire Grosu raccontare degli ultimi mesi si fa fatica a credergli, la cosa triste è che ciò che stiamo per scrivere è davvero accaduto…

«Sto bene – racconta da casa sua in Romania – per il 2023 sono riuscito a trovare la squadra, alla fine. Si tratta della Mazowsze Serce Polski, una continental polacca. Ho dovuto aspettare l’anno nuovo perché durante gli ultimi mesi del 2022 avevo firmato un contratto con una continental irlandese, la EvoPro Racing. Avevo firmato con loro perché doveva entrare un grande sponsor rumeno e la squadra avrebbe preso l’affiliazione nel mio Paese. Ero stato coinvolto in tutte le trattative e si era già arrivati a fasi estremamente avanzate. Il manager della EvoPro, Morgan Fox, era venuto in Romania ed aveva già il contratto per la fornitura delle bici.

«Ad un certo punto – continua a raccontare Grosu – quando l’UCI ha chiesto le garanzie allo sponsor rumeno, questo è sparito e non ha più risposto a mail o telefonate. La cosa peggiore è che, siccome si passava ad un’affiliazione rumena, io avevo contattato dei ragazzi del mio Paese per farli venire a correre in questa nuova squadra. Una volta che lo sponsor è sparito siamo rimasti tutti a piedi, dai ragazzi rumeni fino alla EvoPro, che ha dovuto chiudere il team».

Nel 2022 è ripartito con la Drone Hopper, una prima parte di stagione sfortunata ed un finale in crescendo
Nel 2022 è ripartito con la Drone Hopper, una prima parte di stagione sfortunata ed un finale in crescendo

Di nuovo a piedi

Nel 2022 aveva chiuso la Drone Hopper e con lo sfortunato episodio della EvoPro le cose si erano fatte nere per Grosu. La Mazowsze Serce Polski ha rimesso un po’ le cose in ordine e per il 2023 si prova a ricostruire qualcosa, con la speranza di far girare la fortuna dalla parte giusta. 

«La Drone Hopper – spiega il velocista rumeno – doveva rimanere aperta, almeno per quanto mi avevano detto i miei procuratori, i Carera, dopo il Giro di Romania (era ancora la prima metà di settembre, ndr). Nel frattempo ero entrato in contatto con un po’ di professional straniere ma con la situazione che si è venuta a creata con la EvoPro quelle piste si sono poi raffreddate. Il calendario che mi offre la Mazowsze Serce Polski è buono: faremo il Giro di Ungheria e quello di Danimarca più qualche corsa in Belgio e Francia.

«La cosa importante è avere le occasioni, penso che se saprò sfruttarle riuscirò a tornare in una professional. Non sono uno che si dà per vinto, non mi faccio abbattere, prendo le cose come vengono e cerco di trarne sempre il massimo. Se le offerte arriveranno, bene, altrimenti vorrà dire che non ho mercato e farò altro».

Con Savio si è cercato in ogni modo di salvare la squadra ma non ci si è riusciti
Con Savio si è cercato in ogni modo di salvare la squadra ma non ci si è riusciti

La situazione Drone Hopper

Vi avevamo raccontato degli umori dei corridori italiani della Drone Hopper qualche mese fa. Anche per Grosu il periodo non è stato semplice ma il suo per cercare di salvare la situazione lo ha fatto

«I miei ex compagni li sento ancora – dice – sono rimasto in buoni contatti con loro. Nel momento più difficile ho provato anche io in prima persona a muovermi per salvare la situazione, cercando qualche sponsor. Conosco molto bene il Ministro dello Sport rumeno: Edward Novak, ex atleta paralimpico, ma non siamo riusciti a trovare una soluzione. Sono rimasto comunque in contatto con Gianni Savio, è un uomo davvero buono, con il quale mi sono trovato molto bene e gli auguro il meglio».

Grosu con Giuliani in ammiraglia ai tempi della Vini Fantini, fu lui a portare il velocista rumeno in Italia
Grosu con Giuliani in ammiraglia ai tempi della Vini Fantini, fu lui a portare il velocista rumeno in Italia

Il deja vu con Giuliani

Ripartendo da una continental Grosu ritrova una situazione che gli pare simile al passato, come un deja vu. L’ultima volta che il velocista ha corso in una continental era il 2014 e si trovava alla Vini Fantini Nippo. Il suo diesse era Stefano Giuliani. Viste le parole di Dalla Valle a proposito del rapporto con quest’ultimo chiediamo a Grosu che ricordi ha lui, invece. E cerchiamo di capire come faccia Stefano a creare quell’armonia che aiuta i suoi corridori a ritrovare slancio. 

«La prima volta che ci siamo incontrati – racconta fermandosi un attimo per ricordare meglio – era il 2013. Eravamo al Giro di Romania, nel mese di luglio, e gli avevo chiesto se nella sua squadra ci fosse un posto libero perché volevo passare. Dopo un po’ di tempo, sarà stato dicembre, mi chiama per dirmi che avrebbe fatto la continental ed io sarei stato parte del team. Giuliani è una grande persona, dal cuore enorme che mi è stata sempre vicina. Per due anni ho vissuto a casa sua, ti donerebbe l’anima se potesse. E’ sempre riuscito a tirare fuori il meglio dai suoi corridori, per non fargli mancare nulla fa i salti mortali, penso sia questo il suo segreto, ti fa vedere lui in prima persona quanto ci tiene».

La Romania è cresciuta molto a livello ciclistico negli ultimi anni (foto Sibiu Tour, Tiberiu Hila)
La Romania è cresciuta molto a livello ciclistico negli ultimi anni (foto Sibiu Tour, Tiberiu Hila)

Il ciclismo in Romania

Grosu parla volentieri e risponde gentilmente alle domande, e così si finisce anche a parlare del ciclismo in Romania. Terra nella quale è nato e dove, come ci racconta lui, è tornato a vivere dal 2019. 

«Sono tornato a vivere qui da quando ho smesso di correre alla Nippo Vini Fantini (dice, ndr). A Zarnesti, a tre chilometri dal Castello di Dracula, mi piace stare qui e ci sto molto bene. Il ciclismo in Romania è in grande ascesa, se penso a cinque anni fa ricordo che avevamo solamente il Sibiu Tour. Ora i giorni di corsa UCI sul nostro territorio sono 17: tra Sibiu Tour, Tour Szeklerland, Giro di Romania e qualche gara di un giorno. Il merito è anche di Vlad Dascalu che corre in Mtb nel team Trek e nel 2019 è stato campione del mondo under 23. Quando un atleta raggiunge un traguardo del genere crea interesse nella disciplina, qualunque essa sia».

Dalla Valle tra i pro’: merito di Giuliani e della Giotti Victoria

16.01.2023
5 min
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Il 2023 vede un bel rientro nel gruppo dei professionisti, si tratta di Nicolas Dalla Valle. Nella stagione scorsa il veneto aveva fatto quel passo indietro, ritornando tra le continental. Il 2021 era finito con la mancata riconferma alla Bardiani. La squadra da cui ripartire, invece, aveva il nome di Giotti Victoria. Quando succede una cosa del genere, è difficile reagire e riallacciare il filo che si era interrotto. Ma Dalla Valle, dopo appena una stagione, torna in una squadra professional: la Corratec.

Dalla Valle Bardiani 2021
Dalla Valle, qui con Roberto Reverberi, era passato professionista con la Bardiani nel 2020, per lui un biennio sfortunato
Dalla Valle Bardiani 2021
Dalla Valle, qui con Roberto Reverberi, era passato con la Bardiani nel 2020
Immaginiamo tu sia contento di essere tornato tra i professionisti…

Sì, e lo sono ancor di più perché correrò in una squadra che ambisce ad un determinato calendario. Me ne sono accorto la scorsa stagione di quanto sia fondamentale fare delle corse di buon livello per continuare a crescere. 

Come è iniziato questo 2023?

Bene, il tempo è clemente e pedalare diventa meno faticoso. Ripartirò a correre il 30 gennaio al Saudi Tour, quindi manca ancora poco e si ricomincia.

Alla Giotti hai avuto come diesse Stefano Giuliani, come ti sei trovato con lui?

In realtà lo conosco da sempre, sia per nome che per fama. E’ stato anche diesse di mio padre Gabriele alla Mobilvetta tra il 1998 ed il 1999. Giuliani è una figura molto carismatica e con tanta voglia di fare, quando ci siamo parlati mi ha dato subito fiducia e mi ha promesso anche un buon calendario. E così è stato, per una continental non è mai semplice ma Stefano ha avuto il merito di mantenere la promessa fatta. Nel 2022 ho fatto 55 giorni di corsa. 

Dalla Valle Romania 2022
Dalla Valle ha avuto tanta costanza nel 2022: quattordici top ten per lui ed una grande crescita (foto Instagram)
Dalla Valle Romania 2022
Dalla Valle ha avuto tanta costanza nel 2022: quattordici top ten per lui ed una grande crescita (foto Instagram)
Come trasmette il proprio carisma alla squadra?

Lui è una persona molto seria e professionale, il suo lavoro lo fa sempre al massimo. Punta ad essere una figura di riferimento per tutti i suoi ragazzi. Una cosa che mi ha sempre colpito è che nelle sue squadre siano passati tanti corridori come me in cerca di riscatto e che molti sono riusciti a ricostruirsi. Sapete, quando ce la fa uno o due magari non ci si fa molto caso, ma quando iniziano ad essere di più vuol dire che del merito c’è.

In che modo secondo te riesce a “ricostruire” i corridori?

Giuliani è molto esigente, pretende sempre il massimo impegno, però non è mai esagerato, è in grado anche di premiare i ragazzi trovando sempre il momento giusto. Vi faccio un esempio: al Sibiu Tour, dopo la prima tappa, lunga 210 chilometri e corsa sotto la pioggia, dove ero arrivato secondo, al posto della pasta, a cena, ci ha fatto trovare una pizza. E’ un modo per premiare gli sforzi che fa bene al morale di un corridore.

Nel biennio alla Bardiani non hai avuto così tanta continuità.

Sono state due stagioni sfortunate (il 2020 ed il 2021, ndr), nelle quali non ho trovato la possibilità di mettermi in mostra. La prima annata con i Reverberi ho messo insieme 29 giorni di corsa, la seconda 32. La continuità aiuta a crescere e migliorare corsa dopo corsa.

Come si affronta il ritorno nella categoria continental?

Lo si vive sempre come una sconfitta, Giuliani in questo è stato bravo insegnandomi che non lo è affatto. La prima cosa da fare è ricostruirsi, analizzarsi ed accettare i propri sbagli. Si tira una bella linea sul passato e si inizia da zero. 

Tour of Szeklerland 2022, Nicolas Dalla Valle vincitore di due tappe e della classifica a punti
Tour of Szeklerland 2022, Nicolas Dalla Valle vincitore di due tappe e della classifica a punti
A 24 anni, una volta tornato in una continental c’è il pensiero che possa essere l’ultima spiaggia?

Certo, questo pensiero deve esserci perché la realtà va affrontata. Ma non bisogna farsi abbattere, bensì trarne motivazione e spinta. La prima vittoria mi ha dato una grande mano per ritrovare la fiducia, anche se devo essere sincero: sentivo che qualcosa si stesse sbloccando anche prima. 

Come è arrivata la possibilità Corratec?

Il mercato del ciclismo è sempre difficile e c’erano tanti fattori da considerare: l’età ed il fatto che ci sia una crisi tra le squadre e molte chiudono. A 25 anni sei considerato vecchio e questo non aiuta, però i buoni risultati ottenuti (quattordici top 10, due vittorie, tre secondi posti e due terzi posti, ndr) mi hanno permesso di guadagnarmi il mio spazio. Giuliani mi ha dato una mano anche in questo visto che grazie a lui, nel mese di settembre, sono riuscito ad entrare in contatto con Fondriest ed Alberati.

Da quanto abbiamo capito il calendario ed i risultati sono stati i fattori che ti hanno permesso di emergere.

Sì, è innegabile. Correre il Tour of Hellas, il Giro di Ungheria e tutte le corse a tappe in Romania, più quelle italiane mi ha dato un qualcosa in più. La fiducia di cui parlavamo anche prima passa dal fare corse di alto livello.

Per Dalla Valle 55 giorni di corsa con la Giotti Victoria e con molte gare internazionali (foto Instagram)
Per Dalla Valle 55 giorni di corsa con la Giotti Victoria e con molte gare internazionali (foto Instagram)
Qualcuno potrebbe storcere il naso sentendo definire quelle gare come di “alto livello”.

La realtà è che lo sono, nel tempo sono sempre migliorate. Al Giro di Ungheria c’erano velocisti di primo livello: Kooij, Viviani, Groenewegen, Jakobsen… Al Sibiu Tour erano presenti ben sei squadre WorldTour, mentre in Grecia le WorldTour erano due ma c’erano tante professional: come la Drone-Hopper, la Bingoal, Caja Rural e Novo Nordisk.

Ritornare tra le professional lo consideri un arrivo?

No. E’ una possibilità che la Corratec mi sta dando, un’altra ripartenza, diversa da quella che ho fatto l’anno scorso con la Giotti, ma sempre di una ripartenza si tratta. 

E’ stata più difficile la ripartenza dell’anno scorso o lo sarà più quella di quest’anno?

Sono due cose molto diverse. Da un lato c’era la sconfitta per non essere riuscito a rimanere tra i professionisti. Questa la considero una ripartenza vittoriosa, l’obiettivo era quello di tornare nel ciclismo dei grandi e ci sono riuscito, ora devo dimostrare di poterci rimanere. 

Guarda chi c’è! Stacchiotti di nuovo alla corte di Giuliani

22.08.2022
5 min
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Era un po’ che non sentivamo Riccardo Stacchiotti. Il bravo corridore marchigiano, complice lo stop della Vini Zabù era improvvisamente rimasto senza squadra. La ricerca, vana, poi eccolo di nuovo in pista vicino a Stefano Giuliani, il diesse che lo aveva diretto per tanti anni ai tempi della Nippo e poi nel 2018 e 2019 nella Giotti Victoria Palomar.

Riccardo aveva la divisa, ma non quella del corridore. Il saggio tecnico abruzzese lo ha inserito nello staff della Giotti Victoria Savini Due, la continental che dirige con passione. Con che ruolo? Scopriamolo insieme…

“Stacchio” con i ragazzi prima della corsa: consigli e qualche risata per ammorbidire la tensione
“Stacchio” con i ragazzi prima della corsa: consigli e qualche risata per ammorbidire la tensione
Riccardo, un piacere rivederti nella mischia! 

Con Stefano Giuliani ho un bellissimo rapporto, ci conosciamo da anni, sin da quando correvo con lui e c’è grande stima reciproca. Quando ha visto che ormai ero fuori dai giochi ha deciso di ributtarmi dentro. Io c’ero rimasto male.

Come è andata questa avventura con la Giotti?

Mi ha proposto di andare con loro in Romania per il Tour of Szeklerland, una piccola corsa a tappe. E ci sono andato senza avere un ruolo preciso. Non sono un direttore sportivo, non sono un massaggiatore, non guido il bus… ma mi ha detto: «Vieni, dai una mano ai ragazzi». E devo dire che mi sono trovato benissimo.

Che significa “dare una mano”?

Ho fatto il meccanico, aiutavo nei preparativi e sono stato vicino a Valerio Tebaldi, il direttore sportivo. Con lui ho studiato le tattiche. Alla fine io ho corso fino ad un anno fa. Ho vissuto il ciclismo moderno e qualche dritta giusta gliel’ho data!

La Giotti Victoria ha disputato un’ottima gara allo Szeklerland. Per Dalla Valle due successi di tappa
La Giotti Victoria ha disputato un’ottima gara allo Szeklerland. Per Dalla Valle due tappe
Beh, direi di sì: visto che avete vinto! E ben due tappe con Dalla Valle…

Due tappe, tre secondi posti, secondi nella generale e ci siamo portati a casa la maglia della classifica a punti e se non fosse stato per un piccolo inconveniente nella tappa “di salita” avremmo vinto anche la generale.

Che ambiente c’è in squadra?

Giuliani sta portando avanti questo progetto tra mille difficoltà, ci mette l’anima. Nonostante tutto sapevo che mi sarei trovato bene, che non mi sarebbe mancato nulla, così come nulla fa mancare ai corridori. Sappiamo come prenderci l’uno con l’altro e con i corridori.

Questa avventura che sbocchi potrà avere?

Vediamo. Per il momento Stefano mi ha chiesto di tornare con loro nella prossima gara: il Turul Romaniei, sempre in Romania a settembre. Ci andrò e avrò sempre lo stesso ruolo. Io ho la tessera da direttore sportivo di primo livello, ma in autunno prenderò il secondo e poi il terzo e così, magari, potrò fare il direttore sportivo a tutti gli effetti, cosa che mi piacerebbe. Nel frattempo porto avanti questa esperienza che mi dà soddisfazione. I ragazzi stessi sanno che sono stato corridore fino alla scorso anno e quindi riesco ad impersonificare le loro esigenze, so ciò di cui hanno bisogno.

Facci un esempio…

Per esempio, dopo l’arrivo so cosa vorrebbero. Magari questo integratore piuttosto che un altro. Ho fatto in modo di soddisfarli e loro mi hanno ringraziato.

Parlate la stessa lingua insomma… Quando una tua dritta si è rivelata esatta?

Partiamo dal presupposto che comunque si trattava di una corsa facile: su cinque tappe c’erano quattro volate, almeno su carta. In queste situazioni gli abbuoni diventano importanti. La seconda tappa però è uscita un po’ più impegnativa del previsto e davanti anziché Dalla Valle che era leader, in quanto aveva vinto la prima frazione, c’era Dima. A quel punto visto il finale piatto ma nervoso e sapendo le sue caratteristiche ho suggerito di provarci ai meno tre chilometri.

E come è andata?

Ha fatto secondo e oltre all’abbuono ha guadagnato 5” che è poco, ma in una corsa facile come quella lo hanno proiettato nelle prime posizioni. Poi purtroppo nel giorno dell’arrivo in salita ci è sfuggito un corridore altrimenti avremmo vinto la generale grazie a quell’azione. Certo, so bene che si trattava di una corsa piccola, già al Romaniei il livello sarà diverso: ci saranno molte professional e anche un paio di WorldTour.

L’ultima corsa di Stacchiotti da pro’ è stata la Veneto Classic lo scorso ottobre
L’ultima corsa di Stacchiotti da pro’ è stata la Veneto Classic lo scorso ottobre
Riccardo, parli con passione, hai corso fino a poco tempo fa, purtroppo non hai smesso per una tua decisione e hai solo 30 anni: ci pensi mai?

Il pallino resta, come chiunque abbia corso. E soprattutto, per come ho dovuto smettere, la voglia di correre rimane. I primi due o tre mesi sono stati molto duri, poi piano piano ci si abitua. Quando ero in Romania e vedevo gli arrivi o uno dei nostri ragazzi che vinceva quella volata era come se la facessi io. In tante occasioni pensi e ripensi a quel che poteva essere.

Se dovessi avere l’occasione rientreresti?

Nel ciclismo di oggi se perdi un anno non è così facile riprendere. Io comunque continuo ad allenarmi o meglio a pedalare. Con il fatto che seguo una squadra di allievi a Recanati e una ragazza più grande, alla fine esco cinque volte a settimana. Nulla di che, faccio un paio d’ore…

Però sei magro da quel che vediamo dai social…

Quello sì! E infatti più di qualcuno mi dice: Riccardo sei più magro adesso che quando correvi!

Si sblocca Dalla Valle: doppietta e fiducia ritrovata

15.08.2022
4 min
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«Se incontrassi il Dalla Valle che correva alla Bardiani – dice sorridendo – gli direi di non mollare e di insistere. Che si può arrivare dove si vuole».

Nicolas Dalla Valle, 24 anni da Cittadella, vincitore di due tappe al Tour of Szeklerland. La prima e l’ultima. Lo Szeklerland è una regione nel cuore della Romania e i suoi abitanti, gli Szekler, hanno origini ungheresi, al punto che si è spesso dibattuto sulla loro origine. Alcuni riscontri storici e leggende popolari dicono che siano discendenti diretti di Attila. Si dice che il principe Csaba fosse figlio di Attila, re degli Unni.

Dopo la vittoria nella prima tappa, per Dalla Valle è arrivata anche la maglia di leader
Dopo la vittoria nella prima tappa, per Dalla Valle è arrivata anche la maglia di leader

Voglia di riscatto

Ci eravamo lasciati con l’intervista di metà luglio, quando dopo il Sibiu Tour, assieme alla condizione erano venuti il morale e la sensazione che la vittoria fosse in arrivo. Mancava da anni, da quando, lasciata la Colpack e fatto uno stage con la UAE Emirates, Nicolas si era accasato al Tyrol KTM Cycling Team. Era stato un anno positivo, al punto che per il 2020 aveva firmato il contratto con la Bardiani, senza sapere del Covid in arrivo e di andare incontro a due anni di poche corse e magre soddisfazioni.

«Vincere due tappe non è da tutti i giorni – racconta – già a Sibiu era andata bene. Sapevo che si trattava di restare concentrati e di lavorare bene. Vincere dà qualcosa in più, sono stimoli importanti. La condizione sale. Vengo da due anni in cui non sono riuscito a dimostrare chi sono. Ora vedo la possibilità di riscatto. Sono nella squadra giusta, un ambiente familiare in cui si può parlare di tutto».

Nel 2019 correva ancora con il Tyrol Cycling Team e ha corso la Adriatica Ionica Race con la nazionale
Nel 2019 correva ancora con il Tyrol Cycling Team e ha corso la Adriatica Ionica Race con la nazionale
La Giotti Victoria-Savini è una squadra che punta al rilancio dei suoi corridori, qual è la tua speranza oggi?

Quella di salire un altro gradino. Non ho un procuratore, ma Stefano (Giuliani, ndr) mi sta dando una mano a trovare una squadra più grande. I risultati sono arrivati.

Raccontaci qualcosa in più della corsa…

Ho trovato percorsi quasi tutti alla mia portata, a parte il quarto giorno che c’era l’arrivo in salita. La prima tappa l’ho vinta in volata. Il secondo giorno sono rimasto tagliato fuori per un problema meccanico. Ma l’ultimo giorno, visto che avevo più fiducia, anziché aspettare la volata sono partito all’inizio dell’ultimo giro. Il gruppo non mi ha lasciato spazio, ma ho vinto lo stesso.

La tua squadra ha matrice rumena, come sono state accolte le vittorie?

E’ stata una bella vetrina, gli sponsor sono di lì, quindi la vittoria in casa vale doppio.

Per la GIotti Victoria-Savini, squadra rumena, due vittoria in casa valgono doppio
Per la GIotti Victoria-Savini, squadra rumena, due vittoria in casa valgono doppio
Quali differenze ci sono fra Dalla Valle di oggi e quello degli ultimi due anni?

Sicuramente anno dopo anno c’è stata una crescita. Vengo da due anni in cui ho corso poco (63 giorni fra 2020 e 2021, 44 finora nel 2022, ndr) ed è difficile essere competitivi al massimo senza gareggiare. Sicuramente queste corse sono la base da cui ripartire. I vantaggi di un anno ben fatto li trovi soprattutto nella stagione successiva.

A luglio dicesti che il grande obiettivo saranno le classiche in Veneto di fine stagione, confermi?

Sicuramente sì. Infatti entro un paio di giorni salirò a Livigno per fare 12-13 giorni di preparazione ben fatti. Voglio lavorare bene per il finale di stagione.

Come avete festeggiato dopo la seconda vittoria?

In modo sobrio, anche perché nel pomeriggio ha cominciato a piovere. Però una pizza ce la siamo concessa.

Prima tappa a Debrecen, Dalla Valle batte Daniel Skerl, del CT Friuli
Prima tappa a Debrecen, Dalla Valle batte Daniel Skerl, del CT Friuli

Rimettersi in gioco

La chiosa spetta a Stefano Giuliani, comandante di lungo corso, capace di leggere in fondo agli occhi dei suoi corridori e tirare fuori quello che altrove è passato inosservato.

«Nicolas è un ragazzo in possesso di ottime qualità tecniche – spiega – bisogna avere la costanza per arrivare al massimo risultato. La speranza è che qualche squadra professional possa notare le sue performance. La nostra filosofia è quella di far salire nelle categorie superiori chi merita e nel nostro piccolo queste vittorie danno morale non solo all’atleta ma alla squadra e allo staff. Abbiamo la costanza di non mollare e questo ci fa ben sperare per il finale di stagione. L’appetito vien mangiando!».

Dalla Valle e Monaco: alla Giotti Victoria per ritrovarsi

14.01.2022
4 min
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«Io sono un Bastian contrario nel ciclismo, ho le mie idee e nessuno me le toglie». A parlare è Stefano Giuliani, diesse e non solo della Giotti Victoria. Il suo è un team continental “atipico”, così lo definisce. La personalità non gli manca, chi lo conosce bene lo sa.

«Ho un mio modo di vedere e di intendere il ciclismo, non piace a tutti, ma a me sì. Anche con i corridori ho un rapporto diverso. Sulla bici non ci sono alibi o scusanti, anche io sono stato corridore, è una categoria che tende a nascondersi dietro a tante scuse…»

Il Team Giotti Victoria al via del Trofeo Laigueglia del 2020 (foto Scanferla)
Team Giotti Victoria al via del Trofeo Laigueglia 2020 (foto Scanferla)
Partiamo dal principio, come mai vi ritenete un team atipico?

Puntiamo su un calendario di corse internazionali legate alla categoria elite. Non disputiamo gare under 23, è una cosa che non ci interessa.

Come mai?

Io arrivo da tanti anni di esperienza nel professionismo, sono sempre stato abituato a lavorare in un certo ambiente, non riuscirei a rendere allo stesso modo. Mi piace lavorare con i corridori che hanno qualcosa da dimostrare, che vogliono rilanciarsi, con gente che ha fame.

E’ nata con questo intento la squadra?

Le situazioni che hanno contribuito alla nascita di questa squadra sono tante e delle più disparate. Volevo fare un team mio dove applicare i metodi che ritengo più giusti. Abbiamo sempre avuto corridori più grandi o maturi, ma con una caratteristica di base: la voglia di rivincita.

Stefano Giuliani ha sempre avuto una personalità esuberante
Stefano Giuliani ha sempre avuto una personalità esuberante
Come Dalla Valle e Monaco?

C’è da fare una premessa importante: noi non cerchiamo nessuno, sono i corridori a chiedermi di venire qui. Sono uno che parla apertamente e non si nasconde dietro false promesse per accaparrarsi il giovane di turno.

Come si allestisce la squadra?

Prima cosa conosco i corridori, ci parlo e faccio subito capire come si lavora qui. Io non obbligo nessuno a restare o a fare le cose, sono molto aperto, faccio correre i ragazzi come meglio credono. Devono essere loro a capire che l’unione fa la forza e che a volte è meglio aiutare un compagno che cercare un risultato. Siamo una squadra piccola che lotta con le grandi, bisogna remare tutti dalla stessa parte e chi non lo fa può scendere dalla barca, questo i miei corridori lo sanno.

Perché andare a lottare con i più grandi?

Come detto prima: a me piace recuperare i corridori che si sono “persi” o che vogliono dimostrare al mondo che valgono. Sono uno che ama le sfide, a volte mi fermo e penso ma chi me lo fa fare. La risposta è un po’ di sana follia e tanta, anzi, tantissima passione. Il ciclismo oggi è un po’ impazzito, non è possibile che a 23 anni un corridore smetta, e qui rispondo alla domanda di prima: perché Monaco e Dalla Valle.

Ritiene quindi che si stia esagerando nella ricerca dei talenti?

I corridori giovani quando vincono da junior o under 23 si sentono tutti dei fenomeni, poi ti scontri con la realtà e fa male. Da me i corridori non vengono trattati come campioni, ma come degli esseri umani… A volte sono rigido ma cerco di essere sempre un buon diesse, una figura paterna quando serve.

Quindi loro due, Monaco e Della Valle, li ritiene validi?

Sì, altrimenti non sarebbero qui. Dalla Valle ha fatto uno stage con una WorldTour (UAE Emirates, ndr) e poi due anni con una professional (Bardiani, ndr). Fa strano pensare non abbia trovato una squadra… Monaco, invece, ha corso poco nel 2020, poi ha preso il covid la scorsa stagione, ma alla Adriatica Ionica Race era andato forte e così dopo due giorni di colloquio qui a Pescara ho capito che avrebbe fatto al caso nostro.

Stefano Giuliani prima di fondare il team Giotti Victoria è stato diesse della Nippo Vini Fantini, qui al Giro d’Italia 2015
Giuliani prima di fondare il team Giotti Victoria è stato diesse della Nippo
Un calendario ampio ed internazionale come si costruisce?

E’ sempre più complicato, la cancellazione delle corse ha obbligato le squadre WorldTour a ripiegare su altre gare e per le professional o le continental c’è sempre meno spazio. Trovare gli sponsor è, anche questo, un lavoro difficile. Le aziende hanno altri problemi, poi le squadre WorldTour hanno alzato ancor di più l’asticella.

Più investimenti per loro vuol dire farne di più anche per gli altri per rimanere al passo.

E’ evidente, prima le squadre continental o professional se la cavavano con un budget più ristretto. La forbice si sta allargando, è come nel calcio, le prime 6-7 squadre hanno un budget e fanno un certo tipo di lavoro, le altre si arrangiano.

Tamponi ancora più salati se la squadra è piccola

16.11.2021
4 min
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Il Covid non molla ancora del tutto la sua presa, anzi… e in qualche modo non intralcia solo la vita dei normali cittadini, ma anche quella delle squadre. A cominciare dalla gestione delle trasferte, del personale e dei tamponi soprattutto.

E più la squadra è piccola e più tutto ciò incide, specie sui costi, non solo sulla logistica. Lo sa bene Stefano Giuliani direttore sportivo e team manager della Giotti Victoria- Savini Due, squadra continental composta da nove atleti e (mediamente) cinque persone dello staff. Mediamente perché il numero variava a seconda delle corse. Se si schieravano sei o sette atleti cambiava il numero di diesse e staff al seguito.

Stefano Giuliani, è manager e diesse della Giotti Victoria – Savini Due
Stefano Giuliani, è manager e diesse della Giotti Victoria – Savini Due

Tamponi salati…

Se per alcune WorldTour, che però hanno uno staff molto grande, si sono superati importi a sei cifre, per la Giotti la spesa, seppur inferiore, è anche più salata.

«In effetti – dice Giuliani – per noi è già una fatica andare avanti in situazioni normali, visto il budget ridotto, figuriamoci con i tamponi da fare. Questa è stata una spesa che ha inciso moltissimo. Parliamo di quasi 40.000 euro e oltre un migliaio di tamponi effettuati nel corso della stagione. Per molte gare di fatto servivano tre tamponi ad atleta: quello fatto 72 ore prima di arrivare alla gara o per il viaggio, quello a ridosso del via e quello per rientrare.

«E questo ha inciso ancora di più in considerazione del fatto, lo ammetto, che uno sponsor per esempio proprio a causa del Covid ad inizio stagione si è tirato indietro».

Mediamente un tampone rapido costa (adesso) 15 euro, un Pcr anche 70 euro. E spesso ai team era richiesto quest’ultimo
Mediamente un tampone rapido costa (adesso) 15 euro, un Pcr anche 70 euro. E spesso ai team era richiesto quest’ultimo

La macchina Covid

Il tecnico pescarese ha sempre cercato, riuscendoci, di far correre la sua squadra nelle gare più importanti possibili e alla portata del suo team. Pertanto si è trovato spesso a viaggiare per l’Europa: Turchia, Slovenia, Bulgaria, Ungheria, Portogallo… Ma anche in Italia, chiaramente.

«Una cosa stressante per esempio è che si faceva il tampone (il molecolare, ndr) e ci si metteva in viaggio verso la località dove gareggiare, non conoscendo le risposte chiaramente, ma avendo delle tempistiche da rispettare. Tu quindi affrontavi delle spese, programmavi tutto, poi magari quando eri arrivato ecco che ti chiamavano per dirti che c’era un positivo.

«E questo è quel che è successo al Trofeo Laigueglia – spiega Giuliani – Dall’Abruzzo alla Liguria. Siamo arrivati, abbiamo preso possesso dell’hotel, i ragazzi hanno fatto la sgambata, io avevo fatto la punzonatura e alle 18 mi è arrivata la telefonata: un corridore era risultato positivo.

«A quel punto abbiamo fatto una “macchina Covid” e siamo tornati a casa… alle tre di notte. Due ragazzi sono rimasti per due settimane a casa mia: uno al piano di sopra e uno al piano di sotto in attesa di tornare negativi. E anche al Giro di Ungheria abbiamo avuto il nostro bel da fare. In quel caso fu Gergely Szarka a prendere il virus».

Emil Dima ha vinto la terza frazione del Sibiu Tour
Emil Dima ha vinto la terza frazione del Sibiu Tour

Compartimenti stagni

Giuliani parla di un’organizzazione spesso ideata a “compartimenti stagni” tra personale e atleti. Niente ritiri, allenamenti separati… in questo modo se ci fosse stato un positivo non avrebbero fermato tutta la squadra.

«Noi abbiamo un laboratorio di riferimento, ma spesso i ragazzi facevano i tamponi per conto proprio a casa loro, anche per esigenze di tempistiche da rispettare in base a gare, aerei… Bisogna pensarle tutte, anche perché quando siamo stati fermi è stata una bella botta morale».

«Però tutto sommato – conclude Giuliani – siamo riusciti a portare a casa una buona stagione: quattro vittorie e potevano essere il doppio con qualche piccola attenzione in più. Quattro vittorie che per un team come il nostro non sono poche. Siamo sessantesimi nella classifica Uci, se penso che ci sono 19 WorldTour e più di 20 professional che hanno budget decine e decine di volte superiore al nostro… non è neanche male».

Guardini dice basta, restano i ricordi e le giuste osservazioni

14.11.2021
7 min
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Questa volta basta davvero, la malinconia è stemperata dalla rassegnazione. Già lo scorso anno Andrea Guardini era stato a un soffio dal dire basta e se non fosse stato per le due vittorie al Giro di Romania a fine 2020, lo avrebbe probabilmente fatto. Quelle due fiammate invece gli fecero cambiare idea, come ci aveva già raccontato all’inizio di questa stagione. Ma adesso, con il Covid che ha tolto di mezzo l’attività orientale di cui era il re incontrastato, trovare un motivo per andare avanti è diventato più duro delle salite di cui sono zeppe le corse europee. Per il veronese, che per costituzione fisica e natura delle fibre è uno degli ultimi velocisti puri in circolazione, questo ciclismo è diventato impraticabile.

«Ho cercato squadra fra le professional – dice – speravo che quello fra le continental fosse stato solo un passaggio, ma dopo il Covid hanno tutte mantenuto gli organici che avevano. Dopo quelle due vittorie non potevo smettere e devo dire grazie a Stefano Giuliani per avermi aperto ancora una volta le porte. Abbiamo fatto i salti mortali per avere un buon calendario, abbiamo chiuso al Giro di Sicilia. Voi non avete idea quanto pesi sulle squadre più piccole il costo dei continui tamponi…».

Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012
Giro d’Italia 2012, tappa di Vedelago: Guardini vince e Cavendish s’infuria
Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012
Giro d’Italia 2012, tappa di Vedelago: Guardini vince e Cavendish s’infuria

Scinto, amore e odio

La favola di Guardini era iniziata in pista: velocista come Bianchi e come quegli specialisti estinti che si sta cercando di ricostruire in vista delle Olimpiadi. Solo che al tempo la cultura della pista era ai minimi termini e negli anni in cui Guardini era under 23 sotto la guida di Gaetano Zanetti (2008-2010), il velodromo di Montichiari era stato appena terminato. Il richiamo della strada fu più forte, la pista non garantiva assegni a fine mese e così Andrea passò professionista con Scinto. Era velocissimo, ma sulle salite faceva troppa fatica. Un modo per passarle però Scinto lo trovava sempre, in gruppo se ne rideva, e alla fine ci scappò anche una tappa al Giro d’Italia davanti a Mark Cavendish, che non la prese proprio bene.

«Lui si arrabbiò – dice – più con se stesso. Per tenere la maglia rossa della classifica a punti, aveva voluto fare un traguardo volante che non era proprio piatto. Riuscì a vincerlo, ma spese troppo e in finale vinsi io. Un ragazzino. Quel giorno non mi ero staccato e non ero dovuto rientrare. Ma se quel Giro lo avessi finito, la maglia nera non me l’avrebbe tolta nessuno. Dio solo sa quanti chilometri feci da solo nelle retrovie. Con Scinto avevo un rapporto di amore e odio. Tante volte lo odiavo, perché mi diceva le cose in faccia. Con Luca ho formato il mio carattere…».

Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
In Oman nel 2015 vince la prima tappa e poi combatte con le salite
Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
In Oman nel 2015 vince la prima tappa e poi combatte con le salite

L’Astana e Zanini

Convinti di poterci lavorare, lo presero all’Astana, affidandolo alle cure di Zanini e inaugurando un periodo molto positivo in termini di vittorie. Furono 18 in quattro stagioni: parecchie al Tour de Langkawi, ma anche all’Eneco Tour e al Giro di Danimarca. Finché gli organizzatori disegnavano le tappe di volata pensando alla velocità, Guardini trovata pane per i suoi denti. Quando si iniziò a pensare che 2.500 metri di dislivello fosse il minimo sindacale, per lui e quelli con le sue caratteristiche, l’unico approdo felice rimasero le corse dell’Asia, fra la Malesia e la Cina. Dalla Astana passò per un anno alla UAE Team Emirates senza vincere, di lì alla Bardiani per due anni e 5 successi.

«Ormai il ciclismo è come la Formula Uno – dice – ci sono squadroni con budget enormi, per cui è praticamente impossibile combattere ad armi pari per le professional, figurarsi per le continental. L’altro giorno commentando un vostro articolo su Facebook, ho proposto il budget-cap, il tetto al budget, che hanno imposto proprio in Formula Uno, che forse sarebbe opportuno anche qua. Altrimenti la forbice è destinata ad ampliarsi ulteriormente. Se corri in una continental, non hai uno stipendio che ti permetta di pagarti i ritiri. E se devi fare le cose al 70 per cento, non ne vale più la pena. Non vinci, impossibile. E io adesso mi sento pronto per dire basta».

Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Guardini si lascia alle spalle Daniele Bennati e Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Guardini si lascia alle spalle Daniele Bennati e Tom Boonen

L’anima dilaniata

Questa volta c’è lucidità, l’anno scorso c’era la paura. Ma tutto sommato, con una bimba di due anni e mezzo che ormai capisce tutto, una casa pagata in Valpolicella e con i risparmi giusti per guardarsi intorno senza paura del futuro, in un giorno di fine stagione Andrea si è guardato allo specchio e ha preso la decisione.

«Prima o poi si deve scendere di sella – dice – e imparare un mestiere. Ho smesso con tanta voglia di stare in bici e continuare a farne il mio lavoro. Voglio prendere la tessera da guida cicloturistica. Un pizzico di rammarico c’è, ma non mi sono dilaniato l’anima come l’anno scorso, quando non riuscivo a concepire di non trovare una sistemazione adatta al caso mio. Ora smetto con serenità. Mi hanno chiuso l’Asia, circa il 60 per cento del mio calendario con almeno 30 volate l’anno adatte a me. Qui rimane Cavendish, ma anche lui si era perso e c’è voluta la Deceuninck-Quick Step per ridargli smalto. Stando così le cose, ho perso il mio potere contrattuale, non cercano più il velocista puro, ma uno che sia resistente. Uno come Grosu, che merita di andare avanti perché è più completo di me, anche se probabilmente meno veloce. Non è una decisione presa a cuor leggero…».

Mister Langkawi

L’Oriente gli mancherà, ne parla come di una seconda patria e solo chi è stato a correre laggiù o c’è andato per raccontarne le gare può capire la passione della gente su quelle strade umide e caldissime.

«Ho vinto cinque volte la tappa di Kuala Lumpur al Malesia – dice – come cinque volte Parigi al Tour, facendo le ovvie proporzioni. Smetto con un piccolo record di 24 tappe vite al Tour de Langkawi. La cosa bella di laggiù è che quando passi, vedi intere scolaresche a bordo strada, ti rendi conto della passione di un’intera Nazione. Mi dispiace non esserci più tornato dal 2019, se avessi potuto scegliere una corsa in cui dire addio, avrei scelto quella. Mi sono divertito tantissimo. Quando arrivavo al foglio firma, mi chiamavano “Mister Langkawi”».

Ormai i percorsi sono diventati molto duri e arrivare in volata era improbabile
Ormai i percorsi sono diventati molto duri e arrivare in volata è sempre più difficile

La Roubaix e la galera

Nel raccontare aneddoti, salta fuori quella volta con la Uae in cui si ritirò durante la Roubaix, ma siccome non c’era posto sull’ammiraglia dei massaggiatori, gli fu detto di andare al traguardo in bici. Sfinito com’era e volendosi risparmiare i tratti in pavé, impostò la destinazione sul Garmin e si mise a pedalare. Le auto gli suonavano all’impazzata. Finché arrivò un furgone della Gendarmerie, che lo fermò.

«Va bene eroe dell’Inferno del Nord – gli disse il gendarme – ma lei sta pedalando in autostrada».

Lo caricarono a bordo. Lo portarono al commissariato. Ma Andrea non aveva documenti e neppure il cellulare: era tutto sul pullman a Roubaix. Perché lo rilasciassero, serviva qualcuno che venisse a garantire per lui. Per fortuna ricordò a memoria il numero di sua moglie e riuscì a chiamarla. E lei, contattando su Facebook le mogli di altri corridori della squadra, alla fine trovò il riferimento di un massaggiatore e quello andò a liberare il malcapitato corridore arrestato in autostrada. Cui l’indomani Het Nieuwsblad dedicò un’intera pagina.

Per costruire il futuro, Andrea riparte dalla famiglia e dalla casa in Valpolicella (foto Instagram)
Per costruire il futuro, Andrea riparte dalla famiglia e dalla casa in Valpolicella (foto Instagram)

Sono schegge che il tempo metterà in ordine, perché possa raccontarle a sua figlia e agli amici. Cala il sipario, restano nella memoria i primi articoli a casa sua. La cameretta con le coppe dei primi successi. Sua madre. I suoi occhi buoni che in volata diventavano quelli del peggior felino. E i tanti chilometri in cerca di fortuna, fino a diventare come Marco Polo, l’uomo dell’Oriente. In qualche modo anche “Guardia” ha fatto un pizzico di storia di questo sport. Se un giorno passeremo dalle sue parti in Valpolicella, davanti a un bicchiere di vino, siamo certi che altri aneddoti da raccontare salteranno ugualmente fuori. Per ora, buona fortuna Andrea. E buona strada.

Giuliani ci presenta Grosu: «Un vero duro»

22.02.2021
5 min
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Eduard-Michael Grosu è uno di quei corridori alla “carta vetrata”, un vero duro, uno che non molla un metro. Il rumeno quest’anno si è già fatto vedere al Tour de la Provence, quando è stato spesso all’attacco nelle tappe di pioggia e vento. Classe 1992, è una vecchia conoscenza del ciclismo italiano. A scoprirlo è stato Stefano Giuliani, oggi diesse della Giotti Victoria Savini Due. 

Raggiungiamo Giuliani al telefono mentre è in Turchia con i suoi ragazzi. Stanno facendo delle gare, andando a caccia delle volate.

«Abbiamo il treno più forte, ma non riusciamo a concretizzare (Guardini aveva fatto quarto, ndr). Siamo in quattro e se facessero la volata da soli arriverebbero tutti tra i primi cinque. E allora mi chiedo, e gli chiedo: possibile che non si riesca a fare un treno da veri professionisti? Gli ho dato una strigliata l’altro giorno… però poi la sera gli ho portato una birra. Il ciclismo, il mio almeno, deve essere anche divertimento. Il gruppo deve essere una famiglia».

Grosu con Giuliani in ammiraglia
Grosu con Giuliani in ammiraglia

Orso e cicloamatore

Con Giuliani, si passa a parlare di Grosu. Il tecnico racconta. E ascoltarlo è un piacere.

«Lo conobbi – racconta Giuliani – in una corsa di otto o nove anni fa (in realtà era il 2013, ndr). Non chiedetemi quale anno di preciso perché per me con le gare sono tutti uguali! Stavamo sistemando le bici, i materiali in questa pensioncina al Giro di Romania, quando da dietro mi sento chiamare: “buonasera signor Giuliani”, in un buon italiano. Mi volto e vedo questo ragazzo che sembrava un cicloamatore. Avete presente un orso? Gamboni grossi così, muscoli lunghi, bacino largo, barba scura. E anche qualche chilo di troppo a dire il vero. Io indaffarato com’ero non gli diedi troppa attenzione. Però mi fece subito una buona impressione. In quel giro vinse una tappa e si piazzò in altre. Lo tenni d’occhio».

Grosu conquista la quinta tappa al Giro di Croazia 2019
Grosu conquista la quinta tappa al Giro di Croazia 2019

Una grappa per guarire

Giuliani è fatto così: è diretto e le persone le sa leggere. Atteggiamenti, linguaggi del corpo, sguardi: Giuliani li capisce così i suoi atleti. E spesso ci azzecca.

«Il giorno di quell’incontro – dice il tecnico abruzzese – eravamo tra gli U23. L’anno dopo facemmo la continental con la Nippo Fantini e mi battei per prenderlo. Grosu si mostrò subito ambizioso e anche in gruppo era un “avvocato”, anche perché spesso doveva sfidare i pregiudizi degli altri atleti. In generale non ci stava a perdere.

«Una volta al Tour of Hainan cadde, ma cadde di brutto perché lui non si tira mai indietro quando c’è da lottare. A fine tappa gli mancavano i pezzi di carne. Io ero convinto che non sarebbe ripartito il giorno dopo. Stavo per cercargli un antidolorifico, quando mi fa: puoi trovarmi della grappa? E dove la trovo io la grappa in Cina? Fatto sta che alla fine la rimedio e gliela dò. Ne bevve qualche sorso come anestetico e poi se la buttò sulle ferite. Il giorno dopo ripartì e fece sesto. Capii che avevo di fronte un animale, nel senso buono del termine».

Giuliani poi racconta dell’amicizia e della rivalità con Grega Bole, dello smacco di aver perso la tappa al Giro d’Italia 2016 quando gli mancavano solo 400 metri dal traguardo. Della lotta per finire quel Giro nelle ultime frazioni, cosa che avvenne anche grazie all’aiuto di Stacchiotti… Insomma la storia di un “bello ma dannato”.

Con il tempo Grosu in Italia diventava sempre più corridore, grazie anche a Giuliani stesso. Si fece vedere e quando arrivarono i procuratori lo stesso Stefano lo segnalò ad Alex e Johnny Carera. Che poi lo fecero approdare alla Delko quando la Nippo Fantini chiuse i battenti.

Eduard Grosu vince il Turul Romaniei 2020
Eduard Grosu vince il Turul Romaniei 2020

Grosu da Roubaix

Grosu è un corridore completo secondo Giuliani. Di certo non è uno scalatore aggiungiamo noi.

«Ma se sta in giornata fai fatica a staccarlo anche in salita. Va molto forte con il freddo. Non si lascia intimorire dalle condizioni avverse come pioggia e vento, anzi… Non va male a crono (ha vinto due titoli nazionali, ndr). Io lo vedo come un corridore da Roubaix senza contare che è anche velocissimo.

«Per me – dice Giuliani – Grosu deve ancora scoprire realmente tutto il suo potenziale. Sono convinto che ne sentiremo parlare però deve anche smussare il carattere. Eduard è un po’ impulsivo, mentre di testa è un vincente e un leader. Se un giorno vorrà approdare in qualche WorldTour dovrà rivedere questo aspetto. Anche il fatto della barba, degli orecchini… sono cose che in qualche modo contano in quel mondo. E anzi che è migliorato sotto l’aspetto alimentare. E’ dimagrito e infatti va meglio. Credo che questa sua maturazione sia dovuta anche dal fatto che si sia sposato ed abbia avuto una bambina. Tra i tanti corridori che ho avuto lui lo sento mio. Anche se, devo ammetterlo, negli ultimi periodi non ci siamo più sentiti molto.

«Accadde un fatto in una corsa nella sua Romania, quando era già alla Delko. Anche in virtù della nostra tattica lui perse molti minuti e uscì di classifica. A fine gara mi disse che lo avevamo fatto perdere noi. In realtà noi facemmo solo la nostra corsa».

Per la cronaca, quella stessa competizione, il Turul Romaniei, Eduard Grosu la vinse l’anno dopo, nel 2020. Si portò a casa due tappe e la generale. Capito che caratterino?

La sfida di Giuliani: corridori alla riscossa

08.01.2021
4 min
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Stefano Giuliani è certamente un personaggio del ciclismo italiano. Ex corridore, direttore sportivo ed ora manager. Istrionico, simpatico, deciso, ma soprattutto competente. Lui il ciclismo lo mastica per davvero. Spesso è stato criticato per i suoi metodi “alternativi” o per avuto troppo feeling con i ragazzi. Ma chi lo conosce lo sa: Giuliani (foto in apertura) è così: pane al pane, vino al vino. 

L’abruzzese si è rimesso in gioco con la Giotti Victoria Savini Due, una Continental costruita con criteri quantomeno alternativi: non è la squadra dei giovani dilettanti e neanche quella dei “vecchi”, ma come dice Giuliani stesso: «E’ la squadra di chi ha ancora fame e voglia di riscattarsi».

Emil Dima è stato tra i più attivi. Ha preso parte anche agli europei
Emil Dima è stato tra i più attivi. Ha preso parte anche agli europei

Una vita nel ciclismo

Da corridore Giuliani era un attaccante nato. Ci provava sempre. «Mi emozionavo ad emozionare – racconta con passione – non esisteva una corsa non adatta a me e forse per questo avrei potuto vincere di più. Mi sono rimesso in discussione con la Mtb e con il ciclocross. E quando stavo per smettere mi richiamò persino Tony Rominger, ma io ormai ero felice così e non ritornai».

Questo carattere mai domo Giuliani lo vuol passare ai suoi corridori. Negli anni ne ha tirati e ritirati su in tanti: Ivan Quaranta, Ongarato, Nocentini e più recentemente Stacchiotti, Filosi. Gli ultimi della lista sono Guardini e Simion.

«Ma è successo anche con Grosu o Bole. Grosu non lo volevano, ma lui è un leader, un corridore vero. Bole è ritornato addirittura nel WorldTour. Io cerco di capire chi ha ancora voglia, chi ha fame, e soprattutto carattere. Cerco di conoscere i ragazzi prima di prenderli. E li responsabilizzo. Vuoi la pizza? Okay, basta che poi vai forte. Se ti serve per la testa è giusto che la mangi, che problema c’è?».

Guardini ha vinto due tappe all’ultimo Turul Romaniel
Guardini ha vinto due tappe all’ultimo Turul Romaniel

Ultimo stadio? Anche no

Giuliani è parte attiva poi del Trofeo Matteotti, è motore dell’organizzazione. In tal senso è un vulcano. Il primo bike park in Italia fu lui a crearlo e le idee non gli sono mai mancate. E la sfida con la Giotti è solo l’ultima in ordine cronologico delle tante della sua vita.

«Non nego – riprende Giuliani – che si faccia molta fatica ad andare avanti. I budget sono ridotti e ai miei ragazzi ho parlato chiaro. Sanno bene cosa posso e non posso dare loro. Non vado a prendere i giovani o i dilettanti, altrimenti mi faccio ridere dietro. Se è bravo me lo portano via in un attimo e farei poi fatica ad andare avanti. E se non va, mi dicono che è… un bravo ragazzo. Ma neanche voglio corridori all’ultimo stadio, come si pensa. Se così fosse avrei una squadra numerosa. Non immaginate quanti corridori, anche di livello, mi abbiano cercato».

Non c’è l’ufficialità ma il Laigueglia, Larciano e la Coppi e Bartali dovrebbero farle e chiaramente saranno presenti al Matteotti.

«Abbiamo un settore medico che ci segue per quel riguarda il passaporto biologico, così da poter prendere parte alle Pro-Series (le corse in cui partecipano anche le Professional, ndr) e per questo abbiamo fatto richiesta all’Uci.

Un giovane Simion impegnato in pista
Un giovane Simion impegnato in pista

Guardini e Simion: le punte

La Giotti Victoria-Savini Due conta otto corridori, le cui stelle sono Andrea Guardini e Paolo Simion, c’è anche un altro italiano: Adriano Brogi. 

«Guardini e Simion stanno riflettendo anche sugli errori fatti in passato. Guardini è fin troppo professionale. Lui è quello che quando siamo fuori dice: dobbiamo andare a dormire che è tardi! Con lui già in passato c’era stato feeling. Vinse con me le sua prima corsa da pro’, tra l’altro la prima in assoluto. Raccolse molte vittorie in Asia. Cercava una professional. Io gli ho detto: guardati anche intorno. Ma in tutto l’anno scorso ha fatto sei volate ed è un peccato perché Andrea ha parecchio bisogno di correre per entrare in condizione.

«Simion, invece, me lo ha proposto proprio Guardini. E a me questo ragazzo è piaciuto subito. L’anno scorso si è buttato nella sfida della squadra cinese, non si è arreso, ha fatto quel viaggio sull’Everest: mi piacciono questi caratteri talentuosi che amano rimettersi in gioco. Vorrei avere più tempo per conoscerlo. E poi mi piace il fatto della pista. Condivido la multidisciplinarietà. Proprio ieri mi ha scritto che aveva ricevuto ulteriori convocazioni e che per questo non sarebbe potuto essere con noi. Gli ho risposto che era una cosa bellissima».