Casasola, il cross e le scelte necessarie: smettere o continuare?

13.11.2024
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In Belgio ci sono dieci gradi, come in Friuli. Ogni tanto piove e questo ha portato fango sui sentieri. Domenica a Niel ne hanno preso tanto, sorride Sara Casasola, arrivata quarta nel Superprestige vinto da Ceylin Alvarado (foto Instagram in apertura). Siamo di nuovo alla sua porta, avendo già parlato con lei pochi giorni fa della nuova squadra, per cercare di capire l’approccio degli atleti italiani al cross. Quando bici.PRO andò per la prima volta online era d’autunno nell’anno del Covid e il cross fu una delle prime specialità che seguimmo assiduamente. E proprio il gruppo delle ragazze era popolato da nomi che imparammo a conoscere. Francesca Baroni, Gaia Realini, Sara Casasola e Silvia Persico.

A distanza di quattro anni, Gaia Realini è passata in pianta stabile su strada. Francesca Baroni fece l’esperimento, andando anche bene, poi si è trasferita a sua volta in Belgio correndo quasi esclusivamente nel cross. Silvia Persico è stata dirottata su strada già dallo scorso inverno. Mentre Sara Casasola resiste nel cross, passando però nel frattempo nel gruppone Alpecin, che le consentirà di correre anche su strada. Il suo compagno Davide Toneatti, fresco di firma con l’Astana e fino agli U23 ottimo azzurro nel cross, ha appeso quella bici al chiodo.

Francesca Baroni, Sara Casasola, Lecce 2021
Campionati italiani di Lecce, gennaio 2021: vince Baroni, seconda Realini, terza Casasola che qui si congratula
Francesca Baroni, Sara Casasola, Lecce 2021
Campionati italiani di Lecce, gennaio 2021: vince Baroni, seconda Realini, terza Casasola che qui si congratula
Perché in Italia arrivi al punto che il cross devi lasciarlo? A un certo punto va fatta una scelta tecnica?

Diciamo che adesso dipende tanto dalle squadre. Io ho la fortuna di averne trovata una che mi fa fare entrambe le discipline, quindi ovviamente ho più libertà. Nella Lidl-Trek di Gaia (Realini, ndr) c’è chi continua a fare cross, però lì forse sta all’atleta decidere dove va meglio. Lei ha fatto delle stagioni su strada veramente impressionanti e penso che a quei livelli fare anche il cross sarebbe una limitazione. E’ andata forte nelle classiche, è andata forte nei Grandi Giri, è andata forte a fine stagione quindi non si può pretendere altro. Mentre nel caso di Silvia (Persico, ndr), probabilmente la decisione è stata dettata dalla squadra e anche dai risultati che ha fatto su strada. Parliamo di atlete che hanno fatto risultati a livello WorldTour. Nel mio caso, la squadra punta molto sul cross, essendo nel gruppo delle squadre migliori. Però mi lasceranno anche fare una bella attività su strada e questo è fra i motivi che mi hanno spinto a venire qui.

Puntando tanto sul cross sanno gestire meglio gli atleti?

La strada fa bene ed è anche bello farla ad alto livello, magari non per tutta la stagione. Non è facile conciliare entrambe le stagioni e può capitare che l’atleta sia costretto a fare delle scelte, come Gaia e Silvia. Non puoi arrivare dappertutto, altrimenti fai due anni forte su strada e nel cross e poi il terzo ti spegni e ti raccolgono con un cucchiaino. Purtroppo con il livello che c’è adesso, vai a tutta l’inverno, a tutta l’estate e non hai più una fase di riposo: non sono da biasimare gli atleti che preferiscono una disciplina all’altra. Ognuno ha le sue dinamiche, ognuno conosce le sue caratteristiche e dove può rendere meglio. Detto questo, è brutto veder smettere atleti che andavano forte nel cross. Ne parlavo dopo l’europeo, avere avuto anche Silvia davanti sarebbe stato bello. Sarebbero entrate in gioco dinamiche di squadra e sarebbe stato meglio essere in due a battagliare, piuttosto che da sola.

Hai mai avuto la tentazione di fare un anno solo su strada, mollando il cross?

Diciamo che finora non ho mai ottenuto su strada dei risultati che mi consentano di fare questo ragionamento. Però il prossimo anno farò gare differenti e vediamo come andrà con una squadra migliore a livello tecnico e di gestione. Per come sto andando ora nel cross, non è mia intenzione abbandonarlo.

Gennaio 2023, Casasola conquista il tricolore donne elite a Cremona. Ad applaudirla c’è Davide Toneatti
Gennaio 2023, Casasola conquista il tricolore donne elite a Cremona. Ad applaudirla c’è Davide Toneatti
Perché Davide Toneatti ha scelto di mollarlo?

Si è dispiaciuto per la scelta, perché nell’ultimo anno U23 è andato molto bene. Però è entrato in una squadra come l’Astana e, in quel caso, se non prendi la palla al balzo, non passi professionista. Nei maschi conciliare le due attività è ancora più difficile. Lui poi come caratteristiche fisiche è un po’ un diesel, quindi magari esce fuori meglio nelle gare lunghe, dure, logoranti. Nel cross andava forte, perché l’ultima volta ha quasi fatto il podio all’europeo, però sono valutazioni personali. E’ stata una scelta giusta, poi vedremo come andrà in questi anni, ma deve provare. Ha dovuto prendere una decisione immediata e in certi casi devi essere sveglio e buttarti. Se poi non andasse, ha sempre il tempo di tornare indietro e fare nuovamente il cross. E’ brutto da dire, sembra quasi che il cross sia lì e puoi farlo quando vuoi, però il livello su strada è alto e c’è tanta concorrenza.

Per gli uomini è più difficile?

Per noi è più semplice. Dopo il mondiale l’anno scorso c’è stato l’interesse di più di qualche squadra, che comunque mi avrebbero aiutato a conciliare entrambe le discipline. Nei maschi invece c’è Alpecin e poi quali altre squadre WorldTour fanno la doppia attività? Forse la Trek con un paio di atleti e la Visma con Van Aert e Van Empel. Adesso hanno preso qualche altra ragazza giovane, ma sempre di ragazze si tratta. Più che altro il problema negli uomini è che quelli che fanno attività WorldTour adesso stanno già preparando la strada e devono pedalare. Nelle donne c’è ancora lo spazio per fare il cross, staccare un attimo, rientrare e andare comunque forte. Penso alla Pieterse e la stessa Persico quando facevano ancora cross. Negli uomini ci sono più numeri, quindi se salti un mese perché hai fatto il cross, magari perdi il posto perché c’è un altro che va più forte di te. Mentre nelle donne, se una va forte nel cross, vuol dire che il motore ce l’ha e viene tenuta da conto anche su strada.

Il risultato è che appena i migliori U23 italiani passano professionisti, lasciano il cross e presto non avremo più atleti elite per europei e mondiali?

E’ una dinamica un po’ particolare. Agli europei abbiamo visto che i giovani italiani vanno forte, poi sta tutto alle società e nell’avere attorno le persone giuste. Trovare le squadre che ti fanno fare la multidisciplina. La mentalità si sta aprendo, però ci sono tante dinamiche ed è molto personale. Entrano in gioco anche i soldi. Uno potrebbe chiedersi: perché devo fare la fame a correre nel cross, quando a vent’anni posso prendere anche centomila euro nel WorldTour? E’ quello che ingolosisce i ragazzi e lo capisco pienamente.

La strada e la pista si svolgono nella stessa stagione, il cross d’inverno. Qui Venturelli, che li fa tutti e tre
La strada e la pista si svolgono nella stessa stagione, il cross d’inverno. Qui Venturelli, che li fa tutti e tre
Forse c’è un po’ più di elasticità nei confronti della pista.

Non so niente di pista a livello tecnico, ma forse è più facile da conciliare con la strada. Le gare sono sparpagliate durante la stagione e magari il corridore in condizione fa qualche richiamo specifico e può ugualmente vincere. Invece il cross ti porta via quattro mesi in cui sei focalizzato su quello e devi guardare a quello. Perdi volume, non stacchi perché noi corriamo nel periodo in cui gli altri staccano. E’ proprio il periodo della stagione che non ti aiuta a conciliare bene le due cose. Devi valutarla bene e per questo sono contenta di essere entrata in questo gruppo. Adesso si fa il cross. Poi si valuta come recuperare e quando entrare al meglio su strada. Non cercano di finirti, perché sanno che è impossibile fare due stagioni ad alto livello nello stesso anno. 

Essendo venuta in Belgio, hai cambiato qualcosa nella preparazione?

Più che gli allenamenti, ho cambiato coach. Me ne è stato assegnato uno della squadra, ma non ci sono grosse differenze da quello che facevo prima. Forse un po’ più di intensità, ma soprattutto nell’allenamento specifico di cross. Quando sono in Belgio, il mercoledì abbiamo sempre un allenamento di cross da un’ora e mezza, due ore. Fai solo quello, ti alleni in gruppo quindi anche l’intensità è più alta. E hai dei coach appositi che ti dicono cosa fare e come, che ti correggono. Anche quello secondo me aiuta tanto. Magari su strada fai più o meno gli stessi lavori, però l’allenamento di gruppo fa la differenza. Anche volendo, quando ero a casa facevo il mio allenamento di cross con ritmo gara, ma un conto è farlo da sola e un altro con le stesse ragazze con cui correrò la domenica.

Il terzo posto di Overijse, dietro Brand e Van Empel, è uno dei quattro podi già ottenuti da Casasola
Il terzo posto di Overijse, dietro Brand e Van Empel, è uno dei quattro podi già ottenuti da Casasola
Cambia tanto?

Già solo guardandole si impara qualcosa, ma è comunque un metodo che ti sprona ad andare di più, quindi migliori. E poi ci sono i coach che ti correggono e ti danno delle dritte. Ci si allena proprio tutti assieme, allenamenti con dieci maschi e dieci femmine. Per forza poi alzi l’asticella. Se trovi una che va più forte, magari provo a tenerle la ruota e a copiare le traiettorie. Se sei da solo, la tecnica di guida resta la stessa e non vedi i passaggi in cui puoi migliorare.

Prossime gare?

Sarà un inverno abbastanza impegnativo. Sto qua fino alla Coppa di Anversa, poi andiamo in training camp fino al 7 dicembre e da lì voliamo in Sardegna e facciamo la Coppa a Oristano. A quel punto finalmente torno a casa qualche giorno. Ma non mi lamento, sto facendo quello per cui sono venuta in Belgio e mi sta andando davvero bene.

EDITORIALE / La multidisciplina sta sparendo?

11.11.2024
4 min
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Davide Toneatti sarà promosso nella Astana Qazaqstan Team nel WorldTour. La vittoria di aprile e i piazzamenti di tutto l’anno hanno persuaso Vinokourov a dare fiducia al friulano, figlio della multidisciplina, che a 23 anni metterà il naso nel ciclismo dei grandissimi. La notizia è sicuramente positiva perché porta un altro azzurro di talento a giocare la sua carta in una squadra che dal 2025 sarà la più italiana di tutte, con corridori come Ulissi, Bettiol, Conci, Scaroni, Masnada, Fortunato, Malucelli, Ballerini, Velasco, Romele e Kajamini.

Quello che si può notare è che Toneatti taglierà definitivamente i ponti con il ciclocross, come già accaduto nel recente passato (al momento di salire di livello) con De Pretto, Olivo e Masciarelli. Non è detto che questo per lui sia una privazione: magari ne aveva le tasche piene e non vede l’ora di concentrarsi soltanto sulla strada. La stessa cosa tuttavia si è verificata con Silvia Persico e in parte con Federica Venturelli, frenata peraltro anche dal recupero da un infortunio. La multidisciplina è passata di moda? Oppure va bene finché l’atleta è giovane e poi bisogna scegliere? Oppure, ancora, la seconda specialità è una sorta di gabbia da cui il corridore non riesce a liberarsi se non quando diventa grande?

Fra le vittorie nel cross di Toneatti spiccano un tricolore e il mondiale nella staffetta
Fra le vittorie nel cross di Toneatti spiccano un tricolore e il mondiale nella staffetta

Strada e pista

Ha retto finora l’abbinamento fra strada e pista. Abbiamo letto nell’intervista a Luca Guercilena che, al momento di firmare con la Lidl-Trek, Milan ha inserito la clausola pista, peraltro ben accetta da parte del team. Un discorso simile ha funzionato alla Ineos Grenadiers con Ganna e Viviani, ma è stata evidente la disparità di trattamento fra i due. Il piemontese ha potuto seguire un bel calendario su strada, mentre Elia si è dovuto accontentare di quel che capitava.

E’ stato però chiaro che tutti, dal giorno dopo Olimpiadi e mondiali, sono stati richiamati in servizio. Soprattutto all’indomani di Parigi, questa necessità ha reso difficile la vita agli atleti che avrebbero avuto bisogno di recuperare e invece si sono ritrovati subito in gruppo.

Milan, Consonni e Ganna: tre stradisti… concessi dal WorldTour alla pista
Milan, Consonni e Ganna: tre stradisti… concessi dal WorldTour alla pista

Programmi e sponsor

Ciò che risulta evidente dalle dichiarazioni di Patrick Lefevere e in qualche misura dello stesso Guercilena è che la multidisciplina non abbia interessi commerciali per le squadre che pagano gli atleti. Nel cross se non altro possono correre con la bici e i materiali del team, con l’eccezione dell’abbigliamento che sarà quello della nazionale. Su pista invece, anche la bici è federale e piuttosto che celebrare la vittoria di un competitor, non si celebra il campione. Il prossimo azzurro che dovrà gestire la doppia attività sarà Stefano Viezzi, che da gennaio sarà al devo team della Alpecin-Deceuninck.

Va lassù e ce lo aveva fatto capire sin dalla Coppa del mondo di Benidorm dello scorso gennaio perché affascinato dalle imprese di Mathieu Van der Poel cui in parte somiglia. Forse in Belgio gli lasceranno spazio per il ciclocross: finché si è nei team di sviluppo non ha senso costringerli a scegliere. Poi, se e quando verrà il momento di passare professionista, si vedrà il livello raggiunto e si faranno valutazioni insieme, senza preclusioni a priori.

Cross e strada: multidisciplina che funziona. A gennaio Viezzi ha vinto il mondiale juniores a Tabor. Dal 2025 passa alla Alpecin
Cross e strada: multidisciplina che funziona. A gennaio Viezzi ha vinto il mondiale juniores a Tabor. Dal 2025 passa alla Alpecin

Il ruolo della Federazione

Come fa un ragazzo a inserire qualsiasi clausola se il suo potere contrattuale è ancora esiguo? Non deve essere lui a farlo, ma probabilmente il suo procuratore o la Federazione per cui è un elemento di grande interesse, soprattutto nella prospettiva dell’ingresso del cross nel programma olimpico. E’ vero che alla fine comanda la volontà dell’atleta, ma se in alcuni casi la rinuncia è un’imposizione, allora forse l’intervento federale potrebbe aiutare parecchio. Qui si parla di medaglie olimpiche, mondiali ed europee, non di sfide regionali.

L’alternativa è che la multidisciplina, in questo caso il cross, in Italia diventi una prerogativa giovanile, che ci vedrà brillare sempre meno nelle categorie elite. Bisognerà solo abituarsi al prurito di veder sparire i talenti su cui si potrebbe costruire tanto e che invece, per scelta o necessità, prenderanno strade diverse.

Persico a cuore aperto, per mettere il sigillo al 2024

18.10.2024
6 min
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Con l’argento conquistato domenica ad Asiago agli europei gravel, Silvia Persico ha potuto mettere da parte la sua stagione 2024 riuscendo finalmente a trovare un accenno di sorriso. Neanche il tempo di rimettere la maglia azzurra in valigia che la ciclista di Alzano Lombardo si è messa alle spalle tutto e già alla sera era partita per le vacanze, destinazione Isole Canarie.

Davanti al fantastico tramonto delle isole iberiche, la portacolori dell’Uae Team Adq ha accettato di ripercorrere i temi di un’annata che sicuramente non è stata come se l’aspettava, almeno non all’altezza di quelle precedenti. Con l’aggravante che era una stagione particolare: quella olimpica.

Una stagione stressante e senza i risultati che voleva. La Persico guarda già al 2025
Una stagione stressante e senza i risultati che voleva. La Persico guarda già al 2025

«Almeno ho potuto chiudere ritrovando quei risultati che mi sono consoni, prima la piazza d’onore alla Tre Valli Varesine, poi l’argento continentale nel gravel. Sono piccole cose, ma che mi danno molta fiducia per la prossima stagione».

La forma, anche se tardi è arrivata. Avevi preparato la gara continentale?

Non nello specifico, ma nella seconda parte di stagione avevo lavorato molto per i mondiali, poi non essere convocata mi aveva un po’ spiazzato i programmi. Sono stata una settimana senza bici, ma poi avevo ancora voglia di dimostrare qualcosa e sono arrivati questi risultati. Forse l’europeo è andato bene perché correvo senza assilli, per divertimento.

Al Tour la lombarda è sempre rimasta lontana dai vertici, limitandosi a compiti di gregariato
Al Tour la lombarda è sempre rimasta lontana dai vertici, limitandosi a compiti di gregariato
Aver mancato l’appuntamento mondiale è stata l’amarezza estrema di questa annata così diversa dalle tue aspettative?

Sicuramente. Nelle ultime due edizioni ero andata una volta sul podio e l’altra vicina alla top 10, avevo lavorato duramente per raggiungere la miglior condizione per la gara di Zurigo e penso che avrei potuto essere utile. Poi il compito delle scelte spettava a Sangalli, mi aveva detto di tenermi pronta anche per il Team Relay ma se ha valutato di lasciarmi a casa non posso biasimarlo, avrà avuto le sue ragioni valutando l’andamento della stagione nel suo complesso.

E’ innegabile che le premesse a inizio anno erano ben diverse, considerando il tuo valore…

Io posso dire di aver sempre dato il massimo, di essermi impegnata come sempre senza mai risparmiarmi. L’inizio era stato anche abbastanza buono, a Mallorca con un 5° posto nella prima uscita, poi è emerso un problema a un ginocchio e da lì è stata una sequela di ostacoli fisici. Dal punto di vista della condizione di salute è stato sempre un su e giù che mi ha sconcertato, ma se guardo ai wattaggi toccati quest’anno, sono superiori a quelli del passato.

Le Olimpiadi dell’azzurra si sono chiuse con un 55° posto non all’altezza delle aspettative su quel percorso
Le Olimpiadi dell’azzurra si sono chiuse con un 55° posto non all’altezza delle aspettative su quel percorso
E allora come ti spieghi questa carenza di risultati?

Quando la salute non ti sostiene appieno, è difficile competere in un ciclismo femminile dove anno dopo anno il livello generale cresce. Se guardiamo a com’è stata questa stagione, è evidente che si è andati generalmente più forte anche del 2023. Ma io sono passata dal problema al ginocchio al Covid preso a giugno e dal quale riprendersi non è stato facile. Avevo lavorato tanto per le Olimpiadi e stavo anche bene, ma il giorno di gara no, non ero io. Poi mi ero ripresa, ma non è bastato per meritarmi la maglia azzurra.

Hai sentito maggiore pressione su di te, proprio per il fatto che questa era un’annata particolare, quella olimpica?

Sì, indubbiamente, ma non solo dall’esterno. Ero io stessa che mi mettevo pressione, che tenevo particolarmente agli eventi di quest’anno e non volevo farmi trovare impreparata. Ho fatto tanta altura in questa stagione proprio perché tanti erano gli eventi importanti. Poi, vedendo che le cose non andavano come volevo, che fisicamente non stavo bene, è chiaro che è intervenuto anche un po’ di scoramento. Stagioni del genere possono esserci nell’arco di una carriera, peccato che sia stata nell’anno più importante.

A Parigi, Silvia non stava bene e non ha potuto dare l’apporto al team che ci si aspettava
A Parigi, Silvia non stava bene e non ha potuto dare l’apporto al team che ci si aspettava
Molti hanno imputato questo tuo calo alla mancanza del ciclocross…

Lo so e mi aspettavo che alla fine saremmo arrivati a parlare di questo… Io volevo un inverno più tranquillo, avevo bisogno di staccare dopo anni praticamente senza interruzioni, perché abbinare ciclocross e strada con i calendari che hanno è sempre più difficile. La preparazione invernale era stata ottima, quella che volevamo, considerando anche il fatto che nel frattempo avevo cambiato preparatore. Volevo concentrami sulla strada, chiaramente quando abbiamo iniziato mi sono accorta che mancavo un po’ di quell’intensità che ti arriva dall’attività invernale.

Pensi di ovviare alla cosa inserendo qualche gara in quest’inverno, anche senza seguire tutta la stagione?

Stiamo valutando, qualche gara nella seconda parte della stagione vorrei anche farla, anche se bisogna mettere a punto almeno due bici e tanto materiale tecnico sui quali dover fare dei test di adattamento. Nelle prossime settimane faremo una valutazione con il team e capiremo se ci sono delle possibilità, sempre nell’ottica però dell’attività su strada.

Un bronzo mondiale e due titoli italiani nel ciclocross. Il proposito è quello di tornarci
Un bronzo mondiale e due titoli italiani nel ciclocross. Il proposito è quello di tornarci
Parlavi della Uae: la sensazione è che man mano tu abbia trovato sempre meno spazi per emergere, che tu sia stata utilizzata sia al Giro che al Tour come supporto, che quasi ti abbiano tarpato le ali…

Non è proprio così. La squadra mi ha sempre dato fiducia, ma poi i problemi fisici hanno cambiato le carte in tavola. Al Giro partivo con delle responsabilità, ma il Covid aveva limitato di molto le mie possibilità. Questo ha un po’ spinto i tecnici a puntare su altre, così anche al Tour non ero capitana e anche nella seconda parte dell’anno ho dovuto anche un po’ recuperare energie correndo quindi meno. Certe scelte vanno fatte nell’interesse del team e io quest’anno non sempre sono stata al top per via dei già citati problemi fisici e di salute.

Ora sei in vacanza, con che spirito sei pronta a ripartire?

Ho tanta voglia di rifarmi, di riguadagnarmi la fiducia non solo del team o degli altri, ma la mia. Valuteremo bene il calendario: nel 2024 ho fatto 42 giorni di gara che non sono neanche tanti, ma alcuni appuntamenti avrei forse dovuto saltarli. Non è stato possibile perché nel ciclismo attuale a un calendario straricco corrispondono organici ancora ristretti e quindi bisogna rispondere presente a ogni chiamata. Io comunque sono convinta di una cosa: se sto bene sono ancora quella degli anni scorsi. Domenica l’ho dimostrato.

Mondiali di gravel, ad Halle Pontoni punta in alto

04.10.2024
4 min
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Un clima tipicamente autunnale ha accolto la nazionale italiana ad Halle dove domenica si correrà il mondiale gravel. Il gruppo di Daniele Pontoni è arrivato in Belgio mercoledì e nella giornata di ieri ha preso contatto con il percorso, facendo subito i conti con il clima e le caratteristiche del tracciato.

«Al nostro arrivo abbiamo trovato tempo ancora piovigginoso, ma in occasione della nostra uscita, affrontando i primi 80 chilometri abbiamo notato che il tracciato si stava già asciugando e questo fa ben sperare per domenica. Nella parte finale, il circuito probabilmente decisivo, ci sono ancora dei tratti fangosi. Però se il tempo regge e soprattutto il vento continuerà a tirare, credo che sabato, quando gareggeranno le donne, sarà già tutto asciutto».

Gli azzurri ieri sul percorso iridato, 134 chilometri per le donne, 181 per gli uomini
Gli azzurri ieri sul percorso iridato, 134 chilometri per le donne, 181 per gli uomini
Che percorso avete trovato?

E’ stato parzialmente rivisto rispetto all’europeo gravel dello scorso anno. E’ disegnato prevalentemente su piste ciclabili e strade battute, quindi io credo che si svilupperanno alte velocità, con 2-3 single track dove sarà utile la capacità di guida, ma nel complesso sono tutte traiettorie veloci dove non ci sono particolari difficoltà di guida. Certamente serve attenzione, soprattutto nei tratti dove si procede in fila indiana per sapere dove mettere le ruote, considerando che stando alle spalle non si vedono subito le buche. Preservare i copertoni sarà un aspetto importante.

Secondo te è quindi un percorso che privilegia gli stradisti?

Sicuramente, è un percorso come detto da grandi velocità, tecnicamente abbordabile e il fatto che siano quasi 300 i concorrenti che si schierano al via lo dimostra. Io credo che la gara si svilupperà attraverso gruppetti, anzi non è escluso che soprattutto la prova femminile si possa chiudere con uno sprint a ranghi ristretti.

Il podio dello scorso anno con Silvia Persico che ci sarà anche stavolta, punta delle azzurre
Il podio dello scorso anno con Silvia Persico che ci sarà anche stavolta, punta delle azzurre
Veniamo alle tue convocazioni: stupisce il fatto che a fronte di una nazionale femminile abbastanza ampia, con 7 effettive al suo interno, ci siano solamente 4 uomini convocati. Perché questa differenza?

Ho semplicemente dovuto prendere atto della situazione, della concomitanza con un calendario ancora ingolfato. A molti team ho chiesto di poter mettere a disposizione uomini, ma con Emilia, Bernocchi, Agostoni non ho avuto risposte positive. Ho quindi potuto scegliere Oss e De Marchi che sono specialisti puri del gravel, poi c’è Matteo Zurlo campione d’Italia lo scorso anno e che questo percorso lo conosce bene per averlo affrontato lo scorso anno, infine c’è Filippo Agostinacchio che ha una condizione ottima.

Questa differenza numerica ti porterà a fare scelte tattiche differenti?

Sì, andranno impostate due corse completamente diverse ma questo non dipende solamente dai numeri. Bisogna guardare al materiale a disposizione, alla concorrenza, alla lunghezza del percorso. Valuteremo le scelte più adatte al caso.

Matej Mohoric in trionfo nel 2023. A sfidarlo grandi nomi come Van der Poel e Merlier
Matej Mohoric in trionfo nel 2023. A sfidarlo grandi nomi come Van der Poel e Merlier
Sono le stesse nazionali che vedremo la settimana dopo all’europeo?

Non del tutto, infatti mi sono riservato di effettuare le convocazioni fra lunedì e martedì. Al femminile sarà una nazionale che ricalcherà per la maggior parte quella presente qui in Belgio, ma al maschile avrò più uomini a disposizione. Anche perché rientrerà gente dalla trasferta di Coppa del Mondo di mtb. Quello di Asiago – percorso che voglio comunque rivedere – è molto diverso dal percorso belga, più impegnativo sia tecnicamente che altimetricamente e dove la capacità di guida avrà un peso molto superiore. Per questo penso che ci sarà maggiore equiparazione fra specialisti della strada e della mountain bike.

Saranno molti i reduci dal mondiale su strada di Zurigo della scorsa settimana, pensi che la fatica di allora influirà?

No, ormai a questo punto della stagione influiscono più altri fattori, prima di tutto quello mentale e della volontà di emergere. Non sono, quelle di gravel, gare di attesa, si va subito a tutta e come abbiamo visto anche su strada ormai ci si sta avvicinando sempre più a questo principio che fino a pochi anni fa era patrimonio di specialità dallo sviluppo temporale più breve come il ciclocross.

La polacca Niewiadoma difende il suo titolo, ma percorso e condizione non sembrano dalla sua parte
La polacca Niewiadoma difende il suo titolo, ma percorso e condizione non sembrano dalla sua parte
Ti sei fatto un’idea su chi saranno i favoriti?

Sabato fra le donne sarà quasi una rivincita di Zurigo considerando che mancheranno solo Vollering e Longo Borghini, ma ci saranno Kopecki, Wiebes, l’olimpionica di mtb Ferrand Prevot, la Niewiadoma che comunque su questo tracciato gravel non vedo favorita e direi di tenere sotto controllo l’australiana Cromwell. In campo maschile ci sono Van der Poel, il campione uscente Mohoric, Merlier, ma sono in tanti a poter dire la loro. Io spero che fra questi ci saremo anche noi, abbiamo squadre e nomi in grado di far bene su questo tracciato.

Nazionale per Zurigo: gruppo in condizione al servizio della Longo

19.09.2024
6 min
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C’è stato un verbo nel racconto della squadra di Parigi che a Paolo Sangalli non è andato giù. Lo dice subito, ridendo a denti stretti. E’ il verbo scricchiolare, che avevamo usato per descrivere il suo ragionamento sulla presenza di alcune atlete piuttosto di altre nella nazionale delle Olimpiadi. E ora che si va verso il mondiale e che le scelte sono state fatte in modo più netto, la differenza salta subito agli occhi. Alle atlete non si può dire nulla, il loro impegno è stato per tutto l’anno sotto gli occhi di tutti. Sul modo in cui vengono gestite invece si potrebbe aprire lo stesso file da anni sul tavolo parlando degli uomini. Nelle squadre straniere non sempre le italiane vengono tenute nella considerazione che ci aspetteremmo. E quest’anno in qualche caso tutto ciò è parso ancora più evidente.

«E’ il motivo per cui non ci sono under 23 nel gruppo – spiega il cittì delle donne – perché non hanno dimostrato di essere all’altezza. Al Tour de l’Avenir avrebbero potuto dimostrarlo, parlo di Francesca Barale ad esempio. Però ci sono state scelte diverse, che ho rispettato come adesso lei rispetta la mia scelta e me lo ha anche detto. Andare a tirare al Tour de France è sempre un lavoro pesante e lo capisco. Però a quell’età, quando hai un’opportunità di confrontarti con le pari età, dovresti coglierla. Anche perché chi ha vinto il Tour de l’Avenir (Marion Bunel, ndr) aveva fatto anche il Tour de France, arrivando molto avanti e dimostrando di aver trovato una grande condizione».

Nazionale per la Longo

Andremo in Svizzera con una nazionale per certi versi inedita e votata alla causa di Elisa Longo Borghini, che dopo il lungo periodo di riposo post olimpico è tornata in gruppo giusto ieri con il secondo posto al Grand Prix de Wallonie.

Il cittì ammette che gli sarebbe piaciuto avere anche altri nomi. Marta Cavalli, ad esempio. Oppure Bertizzolo o Persico al top. Ma visto che la prima non corre da tempo e le altre due non hanno la condizione sperata, si è scelto di lasciare spazio alle altre. Quindi, in rigoroso ordine alfabetico: Arzuffi, Balsamo, Longo Borghini, Malcotti, Magnaldi, Paladin e Realini.

Percorso e squadra per Longo Borghini, ti aspetti che si possa arrivare da soli oppure siamo aperti a tutto?

C’è uno zampellotto nel finale che può anche fare la differenza, dipende anche dalla situazione di gara. Logico che con una squadra così, andremo a fare una gara dura. Per le caratteristiche delle ragazze, non abbiamo alternative: tenteremo di arrivare alla fine con il minor numero di corridori. Mi preoccupano Kopecky e Vollering, oltre a Niewiadoma e magari anche Ludwig, anche se ultimamente non ha brillato. Però nella gara di un giorno può essere pericolosa…

Giusto per non usare più la parola scricchiolare, ti ha colpito che alcuni nomi molto attesi alla fine non siano venuti fuori?

Alcune ragazze hanno avuto stagioni storte. Prendiamo Silvia Persico. Lei resta disponibilissima, si era anche pensato che potesse fare il team relay, però dopo il Tour non è più stata al livello che speravamo. Tour che dal mio punto di vista poteva benissimo non fare, arrivando meglio magari al Romandia e ritrovandosi oggi nelle sette della nazionale per Zurigo. Ha avuto un anno no, dovrà resettarsi e ripartire. Stessa storia per Bertizzolo, che avrei voluto sia alle Olimpiade che qua, ma si è infortunata. Lei è uno di quei corridori che ti dice: «Guarda, non sono in condizione. Non vengo in nazionale solo per mettere la maglia e partire». Quindi è un’atleta onesta, come poi lo sono tutte.

Che mondiale ti aspetti?

Lo vedo più come una Liegi che come una tappa alpina. Andiamo con le armi che abbiamo ed è giusto che sia stato selezionato chi ha dimostrato di essere in condizione. Alice Arzuffi, ad esempio, mancava da tanto dal giro azzurro, però è stata determinante al Tour. Ha lavorato tantissimo anche al Giro, quindi va assolutamente premiata. Ha fatto un un percorso per arrivare bene sino a qui, quindi sono davvero contento per lei e sono sicuro che darà il suo contributo. Stesso discorso che vale per Barbara Malcotti e anche per Elisa Balsamo, che per una volta correrà solo in appoggio dell’altra Elisa.

Il 2024 di Persico è nato sotto una cattiva stella. Non fare il cross è stato un guaio
Il 2024 di Persico è nato sotto una cattiva stella. Non fare il cross è stato un guaio
Forse dalla lista manca Eleonora Gasparrini, terza agli europei e prima a Stoccarda…

Dal mio punto di vista il percorso è duro per lei. Ha trovato la condizione, preparando l’europeo. E’ stata brava, a Zurigo avrebbe potuto fare il lavoro che secondo me farà Elisa Balsamo. Però visto il livello delle under 23, il percorso per la “Gaspa” sarebbe troppo duro.

Longo Borghini era uscita a pezzi da Parigi, come la senti?

Tanto motivata, ha voglia di riscatto. Prima di Parigi arrivava da un Giro logorante. Ieri ha fatto seconda al Wallonie, quindi ha già dato un segnale. Da qui in avanti recupererà e il 25 settembre farà il team relay, che tra l’altro si corre sul circuito finale, quindi è adattissima a lei. Farà una prova generale. Arriverà su il 23, io parto stasera con le ragazze della nazionale crono. Ormai ci siamo, fra poco si comincia.

La dura stagione di Silvia Persico: l’analisi con il suo coach Zenti

14.08.2024
6 min
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Silvia Persico è una delle nostre più grandi cicliste e sta vivendo una stagione tormentata da malanni e infortuni ed è stato un dispiacere non poterla vedere al top come ci aveva abituato in queste ultime annate.  Spesso si è discusso su di lei e nel calderone e tra i vari punti in esame si è parlato anche del cambio di preparazione della portacolori dell’UAE Team Adq .

E’ innegabile che sia cambiato qualcosa e che qualche problema ci sia stato. Lei stessa nel ritiro di dicembre ci disse che si apprestava ad un inverno senza ciclocross, da sempre colonna portante dei suoi allenamenti. Per fare chiarezza a 360° attorno a Persico abbiamo parlato direttamente con il suo coach, Luca Zenti.

Il preparatore Zenti con Silvia Persico (foto da Facebook)
Il preparatore Zenti con Silvia Persico (foto da Facebook)
Luca, dicevamo di un anno difficile per Silvia. Tanti cambiamenti e nel calderone è finita anche la preparazione. Partiamo da un quadro generale che ci dica di questo suo 2024.

Direi che è stata in effetti una stagione complicata. Anche in virtù di precise direttive di squadra, dichiarate apertamente ad inizio stagione, si è deciso di non fare il cross e certamente questo ha inciso. Non è facile adattarsi per chi, per 9 anni, ha impostato un certo tipo di preparazione. Non è stato un cambio banale.

Quindi è vero che l’assenza del cross ha inciso?

Certo, ma non c’è stato solo quello, bisogna dirla tutta. Silvia è incappata in moltissime sfortune, molti malanni. A gennaio, dopo una buona preparazione, poco prima dell’inizio della stagione, ha avuto un problema con un ginocchio e si è fermata per due settimane. Non era brillantissima, e nonostante tutto, proprio perché aveva lavorato bene, non è andata malissimo all’UAE Tour Women.

Lei ci disse che in quell’occasione aveva fatto il suo personal best sui 30’.

Esatto, proprio perché come ho detto in quel mese e mezzo avevamo lavorato bene. Alla Strade Bianche, dopo l’UAE Tour non era stata brillante, successivamente aveva preso un filo di continuità e nelle classiche del Nord non era andata male. Poi però ha avuto un problema familiare, la perdita della nonna, a cui era legatissima, e alle Ardenne di nuovo non era super. Passano queste gare ed ecco la mononucleosi. Quindi siamo andati avanti senza poter fare carichi di lavoro. Ad inizio maggio è andata a Burgos e lì Silvia era forse al 50 per cento.

Sul Jebel Hafeet all’UAE Tour ad inizio stagione una buona prestazione che dava fiducia…
Sul Jebel Hafeet all’UAE Tour ad inizio stagione una buona prestazione che dava fiducia…
A quel punto cosa avete fatto?

Ne è seguita una settimana di stop per poter recuperare un po’ e successivamente abbiamo ripreso con un blocco di lavoro ripartendo quasi da zero. Da lì siamo andati anche sul San Pellegrino in altura. Per questa fase ho deciso di impostare un lavoro polarizzato: parecchio volume, inserendo poi anche degli stimoli a soglia e di Vo2 Max, quindi stimoli di una certa intensità. Successivamente è andata all’italiano ma era in una fase di pieno carico in vista del Giro Women.

Come è andata la corsa rosa? Anche lì non possiamo negare che Persico abbia avuto le sue difficoltà.

Vero, così come è vero che eravamo andati lì con l’idea di non fare classifica. E infatti sul primo arrivo in salita Silvia si è volutamente staccata proprio per uscire di classifica e avere più spazio per le fughe. Poi però per ordini di scuderia è dovuta restare al fianco delle migliori e dulcis in fundo ecco il Covid.

Un calvario insomma…

In vista di Parigi pertanto non si è potuta allenare bene e infatti Silvia è partita per le Olimpiadi con il morale a terra. Sì, tra Giro e Giochi abbiamo fatto qualche piccolo lavoro di richiamo, ma neanche troppo intenso visto lo stato infiammatorio che porta il Covid. E poi tra cadute e tutto il resto non è stata una prova a cinque cerchi fortunata. E’ facile comprendere che in mezzo a tutte queste sfortune non è facile impostare un lavoro, trovare la continuità necessaria per le gambe e anche per la testa. Non abbiamo avuto il tempo per poter lavorare sull’intensità.

Stando al tuo racconto, giusto in inverno siete riusciti a lavorare bene.

Esatto e infatti, come detto, all’UAE Tour Silvia ha espresso buoni valori. Anche in quel caso è mancata solo la parte anaerobica perché guarda caso si era dovuta fermare quelle due settimane per il problema al ginocchio.

Indirettamente Persico al Giro non è stata faorita da alcune scelte tattiche del team
Indirettamente Persico al Giro non è stata faorita da alcune scelte tattiche del team
Tante sfortune vero, ma poi immaginiamo che, Luca, tu abbia dovuto fare i conti appunto con la mancanza del cross. Come hai sostituito quella parte? Quella parte della preparazione che dà lo spunto forse per lottare con le più grandi…

La prima cosa è stato un approccio differente: come essere performante dopo i 2.000-2.500 chilojoule? Abbiamo provato con un approccio polarizzato: quindi tanta Z2 ma al tempo stesso anche parecchi stimoli lattacidi. In generale è aumentato il suo volume di lavoro. Silvia ha fatto molte più ore a settimana che in passato, ma questo tutto sommato sarebbe successo comunque senza il cross che, correndo almeno una volta a settimana, ti porta a ridurre i carichi di lavoro complessivi. E sempre in sostituzione del cross quest’inverno 2-3 volte a settimana facevamo degli stimoli lattacidi.

Quindi i fuorigiri non sono mancati?

No, poi è chiaro che fatti i vari test a fine febbraio la sua tolleranza al lattato difettava un pochino rispetto agli altri anni. Quell’intensità complessiva che ti dà il cross, con il solo allenamento non riesci a replicarla. Però almeno fin lì Silvia non stava male.

Lei prima della Strade Bianche ci disse anche di un buon lavoro in palestra…

Anche questo è sempre stato legato al discorso della forza e dell’intensità. Abbiamo lavorato molto con il bilanciere, facendo anche parecchia forza massima che a ridosso delle gare diventava forza esplosiva. Alla fine anche a secco abbiamo cercato di simulare il cross, mettiamola così.

Persico, in seconda ruota, al Tour Femmes dove la UAE Adq ha presentato una maglia nuova
La lombarda, in seconda ruota, al Tour Femmes dove la UAE Adq ha presentato una maglia nuova
E’ vero che avete fatto meno SFR?

Qualcosina in meno è vero. In generale c’è stato un approccio diverso alla forza. Abbiamo aumentato un po’ il lavoro a secco e neuromuscolare. In bici Silvia ha fatto partenze da ferma, volate e, fedele al lavoro polarizzato, anche Vo2Max e lavori molto intensi di 2′-3′. Ma il problema, credetemi, non è stato la forza, il cross o chissà cosa… il problema è che a parte il mese e mezzo iniziale non siamo mai riusciti a lavorare con continuità a causa di tutti i problemi fisici e di salute che l’hanno tormentata quest’anno.

E ora cosa farai? Tu come preparatore come potrai recuperare la tua atleta anche mentalmente?

Conosco Silvia da molto tempo e so che potenziale abbia. Io sono convinto che un mese e mezzo ben fatto, senza stop, le consentirebbe di fare un buon finale di stagione. Lei non ha bisogno di molti mesi per entrare in forma. Mentalmente: la prima cosa è ritrovare il piacere di correre, che poi va di pari passo con la condizione e in generale con un ambiente favorevole. Il tutto innescherebbe un circolo virtuoso.

In questi giorni Silvia Persico è impegnata al Tour de France Femmes, speriamo vivamente che il lavoro in Francia possa esserle utile per il recupero delle motivazioni e della condizione fisica in vista del finale di stagione… che può ancora offrile molto.

Sangalli su Parigi, viaggio in una squadra nata in salita

08.08.2024
5 min
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Tornato da Parigi con il nono posto di Elisa Longo Borghini nella gara su strada delle donne, Paolo Sangalli sta preparando valigia e appunti per il Tour de l’Avenir delle U23. Poi da lì sarà la volta di un ritiro in altura con le ragazze del mondiale, il campionato europeo e appunto la trasferta a Zurigo di fine settembre che chiuderà la stagione azzurra. Eppure c’è rimasta qualcosa in testa su Parigi. Non tanto per la prova della “Longo”, che ha fatto quel che ha potuto e alla fine s’è presa tutto sulle spalle, scusandosi per il risultato opaco. Quanto piuttosto per la scelta delle altre azzurre, che avrebbe avuto a nostro avviso un senso durante l’ultimo inverno, ma che i risultati della stagione avrebbero potuto mettere in discussione. Si sono portati i nomi o le migliori atlete a disposizione?

«A Parigi – dice il cittì azzurro – abbiamo fatto quello che ci eravamo proposti, a prescindere dalla giornata storta di Elisa. Avevamo impostato la gara perché prendesse meno aria possibile nei primi 110 chilometri e di fatto non ha mai messo fuori la testa. Pensavo che Silvia Persico (foto di apertura, ndr) tenesse di più, ma è rimasta attardata nella stessa caduta a 50 chilometri dall’arrivo che ha bloccato la Wiebes. Su quel circuito anche 20 secondi erano impossibili da recuperare. Volevamo fare come la Faulkner, ma non sempre le cose vanno bene. Parlando con loro ci siamo detti che abbiamo fatto il percorso ideale di avvicinamento e forse aver chiuso il Giro d’Italia all’ultimo metro dell’ultima tappa ha contribuito al fatto che Elisa sia arrivata a Parigi più stanca di quel che si pensava».

Nelle corse dure, Longo Borghini è la più solida. A Parigi un giorno nero
Nelle corse dure, Longo Borghini è la più solida. A Parigi un giorno nero
Non si può dare la croce addosso a lei, infatti. Corre troppo. Classiche, Vuelta, Giro di Svizzera, Giro d’Italia, Olimpiadi, adesso il Tour e Plouay e poi il mondiale…

Questo è il ciclismo femminile su strada di adesso. Anche la Kopecky è arrivata tirata, perché se fosse stata quella che conosciamo, l’oro lo avrebbe vinto lei. Non le scappava nessuno. La Vos è un’atleta che conosciamo benissimo, è arrivata dopo un mese e mezzo che non correva e ha preso l’argento. Le olandesi forse avrebbero dovuto correre tutte per la Wiebes, ma la caduta ha cambiato tutto.

Quanto è stato difficile fare questa squadra? Hai mai pensato di cambiare le tue scelte?

Ma no, perché a quel punto il cambiamento era possibile solo con un certificato medico. Avrei potuto farlo in caso di caduta o di Covid. Ma l’Olimpiade è anche una sintesi degli ultimi anni. E se andate a vedere, tre su quattro delle azzurre venivano da risultati a livello mondiale e io voglio in squadra gente che è capace di arrivarci.

Balsamo ha amato il percorso di Parigi al primo sguardo, ma le sue condizioni erano lontane dal meglio
Balsamo ha amato il percorso di Parigi al primo sguardo, ma le sue condizioni erano lontane dal meglio
Non dovrebbero avere però anche la condizione con cui sono arrivate a quei risultati? Persico da un po’ non è quella del bronzo di Wollongong e forse Elisa Balsamo dopo il ritiro al Giro non era una carta da rischiare…

Con la Persico abbiamo fatto un percorso per arrivare a Parigi nella massima condizione. Poi dopo il Giro, ha avuto il Covid. Una con cui sostituirla poteva essere la Bertizzolo, ma era out anche lei per la stessa caduta della Balsamo. Chi avrei dovuto portare?

Forse Soraya Paladin avrebbe garantito una base di lavoro di alto livello?

Credo che avrebbe potuto fare quello che ha fatto la Persico, magari qualcosa in più. E’ logico che con il senno di poi si può dire qualsiasi cosa, ma negli ultimi anni i risultati hanno parlato chiaramente. Persico avrebbe dovuto fare il Giro in progressione, poi invece è stata male. Aveva investito su quella corsa gli ultimi quattro mesi e siamo andati avanti. I segnali erano buoni e se non fosse rimasta intruppata in quella caduta, ci sarebbe stata un giro per dare una mano alla Longo. Perché su questo siamo d’accordo: in una gara così, l’unica che poteva arrivare davanti era la Longo.

Soraya Paladin, già azzurra a Tokyo, avrebbe rinforzato il team azzurro?
Soraya Paladin, già azzurra a Tokyo, avrebbe rinforzato il team azzurro?
Oppure una Balsamo al 100 per cento….

Che avrebbe fatto come la Wiebes, anche lei penalizzata dalla caduta. Alla fine lei puntava proprio alla vittoria. Balsamo ha fatto il massimo per la situazione che aveva. E comunque io sono uno molto deciso nelle cose e purtroppo non ho avuto neanche la scelta di Sofia Bertizzolo perché quella maledetta caduta in Spagna ha coinvolto sia lei sia Elisa Balsamo. Quanto alla Paladin, è una ragazza che considero molto ed è infatti già nei piani per il mondiale.

Si volta pagina?

Si volta pagina, lo sport è così. Siamo andati via da Parigi con un nono posto, dopo che Elisa veniva da due medaglie. Ma ugualmente, il primo bronzo venne per la caduta di Van Vleuten in discesa, sono cose che capitano. Le corse vanno così, ma non tolgono nulla allo spessore di Longo Borghini che per le grandi classiche è il corridore italiano di riferimento. Lei non ci sarà per gli europei, perché la lascio recuperare, ma per i mondiali conto di averla nuovamente al massimo.

Elena Cecchini è entrata nella fuga di giornata, come lo scorso anno ai mondiali di Glasgow
Elena Cecchini è entrata nella fuga di giornata, come lo scorso anno ai mondiali di Glasgow

Ci sono punti che scricchiolano, ma la posizione è condivisibile. Le Olimpiadi possono essere la sintesi dei risultati del triennio (in questo caso) precedente, ma a patto che gli atleti coinvolti abbiano lo stesso livello e forse il 2024 ha detto cose differenti. Almeno per i mondiali dovremmo averle tutte al meglio, sperando nel frattempo che Silvia Persico ritrovi lo smalto che a Wollongong nel 2022 la portò a tanto così dal vincere il mondiale.

Gara donne, ci siamo. Regia affidata a Cecchini e Persico

04.08.2024
4 min
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VERSAILLES (Francia) – Tre volte campionessa italiana, più di 20 medaglie internazionali. Elena Cecchini arriva alla prova olimpica senza ansie particolari.

«Gli ultimi mesi sono andati lisci – racconta – ho corso il Giro ed è stata una tappa importante in questa tappa di avvicinamento. Poi abbiamo fatto qualche giorno di ritiro in Val di Fassa (foto Instagram di apertura, ndr) con Silvia Persico. Ci ha raggiunti anche Elisa per qualche giorno. In questi giorni abbiamo rivisto il percorso in linea, che avevamo già visto a maggio e abbiamo rinfrescato la memoria. Penso che faremo una bella gara come squadra. Poi le gare secche possono andare in mille modi, ma l’obiettivo è fare il meglio possibile».

Il sopralluogo a maggio delle azzurre sul percorso di Parigi è stato il primo passo
Il sopralluogo a maggio delle azzurre sul percorso di Parigi è stato il primo passo
Ti aspetti alleanze trasversali, legate alle squadre per le quali si corre durante l’anno?

Il legame con le squadre è imprescindibile. Ieri abbiamo fatto la ricognizione, eravamo tutte insieme, è normale che ti cerchi con le compagne di squadra con cui corri tutto l’anno. Io sono stata con le mie compagne, Longo Borghini con le sue, ma da qui ad accordarci il passo è lunghissimo. La verità è che un’Olimpiade del genere potrebbe essere facile per Longo Borghini e dura per Balsamo. Altre Nazioni hanno una leader che potrebbe vincere. Noi siamo outsider, ma ho capito che per alcune delle avversarie questo è un grande obiettivo.

Quale sarà ilì ruolo in gara di Elena Cecchini?

Il mio ruolo potrebbe essere quello di dover leggere la gara, come è stato l’anno scorso a Glasgow, dove senza la Longo Borghini abbiamo provato a fare bella figura. E’ un bel ruolo, ma mi sentirei un po’ sprecata a fare questo. Per me e Silvia vedo più un ruolo dedicato a entrare nelle fughe. Certo, sono gare difficili da interpretare. Le squadre non sono mai così piccole. Ci sono molte ragazze che sarebbero adatte a questo tipo di percorso, ma non hanno la squadra. Bisognerà essere per 160 chilometri con la testa lì. Oltre che con le gambe, naturalmente.

Lo scorso anno ai mondiali di Glasgow, Elena Cecchini in fuga: un copione che rivedremo?
Lo scorso anno ai mondiali di Glasgow, Elena Cecchini in fuga: un copione che rivedremo?
Ti piace gareggiare in un contesto diverso dal solito?

Mi piace. Ci sono almeno 40 ragazze che possono aspirare al podio. E questo è bello. A Rio sapevamo già con che ruolo partivamo, per esempio. Così sarà più aperta, più tattica.

Percepisci il clima olimpico?

Siamo stati in una bolla ultimamente. Ci troviamo bene, abbiamo il cuoco italiano, stiamo tranquilli. Del Villaggio Olimpico ho bellissimi ricordi a Rio, ma sono certa che per la prestazione sia meglio stare qui in hotel, dove appena usciamo abbiamo strade per poterci allenare.

Ti sei mai immaginata con una medaglia olimpica al collo?

Più che immaginare, ho sognato. Questa gara è bella perché tutto può succedere. Ho lavorato tanto, al Giro ho avuto in alcune tappe le risposte che volevo, in altre ho sofferto. So comunque che potrò contribuire e sognare non costa nulla.

Persico ha preso il Covid dopo il Giro d’Italia, ma ora è in ottima condizione
Persico ha preso il Covid dopo il Giro d’Italia, ma ora è in ottima condizione

Emozione Persico

Accanto a lei c’è Silvia Persico, abituata a indossare la maglia azzurra anche nel ciclocross e pronta per l’avventura a cinque cerchi, nonostante un imprevisto.

«Dopo il Giro ho preso il Covid – spiega – e non sono stata bene. Per 8 giorni sono stata positiva. Ora però sento di avere una buona gamba. Sono molto felice di essere qui e partecipare alle Olimpiadi. Siamo una squadra forte e possiamo giocarci le nostre carte».

Come ti trovi in gare del genere, spesso totalmente diverse da quelle cui siete abituate?

Sono contenta di partecipare a una gara del genere. Sarà dura nella prima parte e molto veloce nella seconda, in città, con il circuito. Siamo al massimo in 4 per ogni Nazione, quindi in poche, sarà una bella battaglia e sono molto contenta di esserci.

Il bronzo di Wollongong 2022 dietro Van Vleuten e Kopecky fa capire che una Persico in forma può lasciare il segno
Il bronzo di Wollongong 2022 dietro Van Vleuten e Kopecky fa capire che una Persico in forma può lasciare il segno
Cosa ti aspetti da te stessa?

Sia io sia Elena Cecchini dovremo coprire gli attacchi delle avversarie ed essere di supporto alle due Elise.

Che emozione senti?

La maglia azzurra mi emoziona ogni volta. Indossarla per le Olimpiadi è speciale. L’ho indossata anche nel ciclocross e dal 2022 sono nella Nazionale di strada. Di sicuro mi regala una grande carica. 

Dal Giro Women alle Olimpiadi, quali indicazioni per il cittì Sangalli?

18.07.2024
6 min
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Che il Giro d’Italia Women regalasse spettacolo ed incertezza fino agli ultimissimi metri di gara forse non era stato preventivato da nessuno. Che potesse invece fornire utili indicazioni in vista delle Olimpiadi era piuttosto assodato da tempo. Ed in questo senso cosa si è segnato il cittì Paolo Sangalli sul suo taccuino?

A parte qualche assenza dovuta a diverse scelte di programmazione, al Giro Women erano presenti tante ragazze che saranno protagoniste a Parigi. Dalle atlete che si sobbarcheranno il lavoro oscuro alle cosiddette seconde linee – quanto meno per ciò che riguarda il borsino delle favorite – fino alle big che puntano dritto alle medaglie. Il primo appuntamento a cinque cerchi sarà la crono del 27 luglio poi si farà rotta verso la prova in linea del 4 agosto, dove c’è condensata la maggior parte dell’attesa. Prima di allora le azzurre di Sangalli – Balsamo, Cecchini, Longo Borghini e Persico – svolgeranno un raduno in altura per rifinire condizione e tattiche, seppur con qualche differenza. Andiamo a scoprire quindi quali sono gli ultimi appunti del cittì (in apertura con Balsamo, foto Il Ciclista Fotografo).

Dopo il testa a testa al Giro Women, anche a Parigi si rinnoverà la sfida Longo Borghini-Kopecky?
Dopo il testa a testa al Giro Women, anche a Parigi si rinnoverà la sfida Longo Borghini-Kopecky?
Paolo, partiamo naturalmente da Longo Borghini, splendida vincitrice del Giro Women.

Elisa l’avevo vista in grande forma durante il ritiro sul Passo San Pellegrino, dove avevamo sviluppato un bel blocco di lavoro con tutte le altre ragazze. Devo dire che non mi ha sorpreso la sua vittoria al Giro, o meglio, è andata oltre le mie previsioni. Ad esempio non ha avuto quel famoso giorno di crisi che aveva sempre avuto gli altri anni. La sua prestazione complessiva mi ha trasmesso tanta tranquillità. E so che porterà questa condizione fino a Parigi.

Lei farà anche la prova contro il tempo olimpica. Seguirà un programma diverso?

Sì, Elisa salirà a Parigi col gruppo crono il 23 luglio, mentre noi della strada andremo a Soraga in Val di Fassa dal 25 al 30 luglio assieme alla nazionale maschile di Bennati, per poi partire in aereo per la Francia il giorno successivo. Già nella crono di Brescia al Giro Women, Elisa è andata molto forte. Una prova solida. E per quella olimpica sono molto fiducioso. Il podio è ampiamente alla sua portata. Anzi, ritengo che sia un bene che corra la crono, così avrà già scaldato il motore.

Cosa possiamo dire delle altre azzurre?

Balsamo non è stata fortunata, ma non sono preoccupato. Ha preso la tonsillite e avevo messo in preventivo che potessero saltare fuori questi virus visto il grande caldo e i relativi sbalzi termici per raffreddarsi. Elisa ha fatto solo quattro tappe, nelle quali ha lavorato bene. Sono molto contento per il suo terzo posto di Volta Mantovana perché si è buttata nuovamente in volata, in un finale tutt’altro che semplice e con avversarie di altissimo livello. Arriverà pronta anche lei per Parigi.

Da Cecchini e Persico ti aspettavi qualcosa in particolare?

Hanno avuto compiti diversi al Giro Women, facendo tuttavia ciò che avevo chiesto. Elena si è confermata la “solita” atleta fidata che dà garanzie ed equilibrio. Ha lavorato tantissimo per Kopecky sia in volata che negli ultimi due giorni, che erano durissimi. Ha dimostrato di stare bene. Silvia invece è partita con l’obiettivo Parigi in testa, forse più delle altre. Ha lavorato su sforzi da 5/6 minuti come troverà sul percorso olimpico. Aveva messo nel mirino alcune tappe, ma ha dovuto giustamente adattarsi alle tattiche della sua formazione. A Chieti poteva fare qualcosa in più, ma aveva Magnaldi in fuga e non si è mossa. E’ comunque uscita in crescita dal Giro.

L’hai nominata prima. La Kopecky vista al Giro Women sarà l’avversaria numero uno oppure pensi che abbia consumato troppo?

Magari fosse solo lei quella da tenere d’occhio (sorride, ndr). Kopecky era partita per puntare alle tappe e rifinire la condizione. Si è trovata poi a giocarsi la generale e sappiamo che atleta sia quando è in lizza per una vittoria, specie se di quella portata. Non ha recuperato dallo sforzo del Blockhaus e all’ultima tappa ha pagato, anche se per me Elisa avrebbe vinto ugualmente perché era più forte. In ogni caso Kopecky sarà la principale nemica per le Olimpiadi.

Chi saranno le altre rivali per l’Italia?

Beh, prima facevo riferimento a chi non abbiamo visto al Giro Women, ovvero Vollering, Vos e Wiebes. Quest’ultima sta correndo al Baloise Tour (fino al 21 luglio, vincendo ieri il prologo d’apertura, ndr) e vedremo come sta. Prevedo una sfida a tre tra noi, Olanda e Kopecky, perché penso proprio che il Belgio sarà tutto per lei. Poi bisognerà fare attenzione alle outsider, ammesso che si possano definire così…

A chi fai riferimento?

Ci sono tanti nomi da tenere sotto osservazione. Niewiadoma non va mai sottovalutata perché lei c’è sempre. Però attenzione a quelle che hanno finito il Giro Women in crescendo. Grace Brown ha fatto una grande crono a Brescia (seconda per un solo secondo dietro Longo Borghini, ndr) e ci ha provato in diverse occasioni. Ludwig è stata protagonista nelle frazioni mosse e nella generale. Lippert ha vinto la tappa di Chieti, la più lunga del Giro, e mi è piaciuta tantissimo. Mi limito a loro, ma lista può essere più lunga.

In sostanza che gara si aspetta il cittì Paolo Sangalli?

Sicuramente sarà dura, fin dai primi chilometri. Il 2 agosto faremo una ricognizione collettiva sul circuito di Parigi quasi chiuso al traffico, anche se lo conosciamo bene perché ci eravamo stati nei mesi scorsi. E’ una gara che si presta a tante soluzioni, tipo il mondiale di Wollongong nel 2022. Difficile dire se si arriverà con un gruppetto di venti atlete o in solitaria, una ad una. Dall’ultimo scollinamento di Montmartre al traguardo ci sono ancora nove chilometri e quindi il tempo di recuperare. Di sicuro sarà un finale imprevedibile, soprattutto dal punto di vista mentale. Però io sotto quell’aspetto sono sereno. So di essere ben coperto dalle mie ragazze, pronte ad ogni evenienza.