«Sempre con noi». Il ricordo di Benedetta per la sua amica Sara

25.01.2025
4 min
Salva

Non ci abitueremo mai a certe notizie. Non ci abitueremo mai a certe notizie, specialmente quando parlano di tragedie che potevano essere tranquillamente evitate. Morire in bici mentre ti stai allenando, facendo il tuo lavoro, sta diventando una routine nazionalpopolare che mette i brividi. Mentre era fuori in allenamento col fratello Christian, la diciannovenne Sara Piffer ieri è stata travolta e uccisa da un automobilista in sorpasso che arrivava in senso opposto. Basta solo questo per far capire l’assurdità di questa ennesima morte.

Ieri tutto il mondo del ciclismo e non solo – letteralmente visto che la notizia è rimbalzata in ogni sito anche estero – si è stretto attorno alla famiglia di Sara e della Mendelspeck, la sua formazione. Ogni persona che ha conosciuto Sara si è sentita devastata. Ogni persona che ama il ciclismo si è sentita tirata in causa, insicura e impaurita. Per chi come noi scrive di ciclismo o lo vive profondamente in ogni sua declinazione, sta diventando un esercizio assai complicato parlare di fatti simili. Nello specifico, la lista dei ragazzi morti investiti in allenamento si sta allungando in maniera incontrollabile.

Sara Piffer a maggio 2024 vince a Corridonia e dedica la vittoria allo juniores Lorenzi morto in allenamento (foto Ciclomarche)
Sara Piffer a maggio 2024 vince a Corridonia e dedica la vittoria allo juniores Lorenzi morto in allenamento (foto Ciclomarche)

Lo choc di Benedetta

La Mendelspeck di Renato Pirrone è sempre stata una grande famiglia fin da quando era una formazione giovanile prima di diventare un team continental. Non appena è circolata la notizia della morte di Sara Piffer, sono partiti i primi messaggi di commozione e condoglianze. Difficile trovare qualcosa da dire in più. Il giorno dopo ti concede di affrontare la situazione con una parvenza di maggiore lucidità. Benedetta Della Corte, compagna di squadra di Sara, è ancora comprensibilmente scossa.

«Non ho dormito – ci racconta con la voce calma – ho pianto tutta la notte pensando a lei che era la nostra luce. Ieri ero fuori in allenamento quando ho ricevuto la telefonata di mio padre (Antonello è un dirigente della squadra, ndr). Mi sono bloccata sul momento e non riuscivo più a pedalare. E’ stato un choc fortissimo. Mi sono dovuta far venire a prendere perché non sono stata in grado di ripartire in bici.

«Quello che è successo a Sara – prosegue Benedetta – poteva capitare a me o chiunque altro ragazzo. E non è giusto che si continui a morire in bici. Noi occupiamo lo spazio di uno scooter anche se andiamo più piano, bastano davvero pochissimi secondi per superarci. Pochi secondi tra la vita e la morte. Non ho ancora metabolizzato la sua scomparsa perché proprio pochi giorni fa ci eravamo date appuntamento per oggi e domani per fare distanza assieme. E’ incredibile».

Benedetta Della Corte e Sara Piffer (a sinistra) sono diventate grandissime amiche fin dal primo giorno assieme alla Mendespeck
Benedetta Della Corte e Sara Piffer (a sinistra) sono diventate grandissime amiche fin dal primo giorno assieme alla Mendespeck

Correre per Sara

Il sentimento di papà Antonello è quello di ogni padre che ha un figlio o figlia che corre in bici. Sapendo Benedetta fuori in allenamento per 3-4 ore, lui si tranquillizza solo quando gli arriva un messaggio sul cellulare dal suo computerino della sessione finita. Vivere con questa tensione non è giusto, però la spinta arriva proprio da lei.

«Oggi avevo in programma quella famosa distanza con Sara – riprende Benedetta – e non so se la farò. Per fortuna oggi uscirà con me una ragazza di un’altra squadra che però deve fare solo due ore e mezza. Probabilmente farò anch’io così perché al momento ho paura a restare da sola in strada. Tuttavia voglio pedalare nel ricordo di Sara, perché lei avrebbe voluto così. E perché lei aveva fatto così lo scorso maggio quando era morto investito in allenamento Matteo Lorenzi, lo juniores del Montecorona che aveva corso con suo fratello. Pochissimi giorni dopo avevamo corso a Corridonia e lei voleva vincere per dedicargli la vittoria. Ed è stato così, aveva vinto lei. Il primo successo della Mendelspeck. Che gioia quel giorno».

Sara Piffer era nata il 7 ottobre 2005. Da juniores aveva corso il mondiale di Glasgow e altre gare con la nazionale
Sara Piffer era nata il 7 ottobre 2005. Da juniores aveva corso il mondiale di Glasgow e altre gare con la nazionale

Tra paura e futuro

«Sara ed io – chiude Benedetta trattenendo a stento le lacrime – avevamo legato subito fin dal primo giorno di ritiro un anno fa. Eravamo entrambe celiache ed è stato un ulteriore motivo del nostro forte rapporto di amicizia. Ci aiutavamo portando il nostro cibo alle gare. Sara era sempre sorridente e con una grande passione per il ciclismo. Mi spronava sempre. Era forte, motivata, attenta ai dettagli e ho sempre pensato che sarebbe andata in squadre di categoria superiore nel giro di qualche anno.

«In passato ho continuato a pedalare nel ricordo di un amico morto in bici che non faceva questo sport. Da ieri lo farò pensando anche a Sara, sperando di onorarla con buone gare. Adesso noi ragazze della Mendelspeck dobbiamo diventare il riferimento l’una dell’altra, sapendo che Sara è sempre con noi».

Non ci abitueremo mai a queste notizie e a dover sentire parole del genere. Qualcosa deve cambiare in fretta e radicalmente. La morte di Sara e di tanti altri come lei non può e non deve restare vana.

Continental italiane: «Rimandare i ProTeam femminili»

30.11.2023
6 min
Salva

La decisione dell’UCI di introdurre i ProTeam femminili dal 2025, in Italia sta già allineando il pensiero di tutte le continental. Nessun loro dirigente è favorevole, quantomeno per la poca chiarezza di un argomento particolarmente delicato ad un solo anno dall’entrata in vigore della riforma.

Al malumore e scetticismo suscitati ieri al nostro primo giro di opinioni, oggi fanno eco le parole di Massimo Ruffilli della GB Junior Team, Renato Pirrone della Mendelspeck e Matteo Ferrari dell’Aromitalia Basso Bikes Vaiano, gli altri tecnici che abbiamo interpellato. Requisiti economici minimi garantiti, fidejussioni bancarie, sponsor, calendario, atlete e organizzazioni sono alcune degli aspetti che toccheranno da vicino sia le nuove formazioni professional che le già esistenti continental (in apertura foto Spalletta). Andiamo a vedere il loro punto di vista.

L’UCI pensa alla nascita dei ProTeam femminili, ma nel WT si è appena concretizzata la fusione tra Jayco Alula e Liv Racing
L’UCI pensa alla nascita dei ProTeam femminili, ma nel WT si è appena concretizzata la fusione tra Jayco Alula e Liv Racing

Il pensiero della GB Junior Team

Esattamente un anno fa la GB Junior Team prendeva la licenza UCI per ampliare la propria visibilità attraverso la partecipazione al Giro Donne e tutto il resto del calendario nazionale. Uno sforzo oneroso non indifferente per la realtà di Massimo Ruffilli, che tuttavia ora rischia di non bastare più.

«Ve lo dico sinceramente – attacca il team manager lombardo – ma vedo brutta la situazione. Adesso tutto ruota attorno alle cifre obbligatorie pretese dall’UCI, che tendono a salire a fronte di un numero sempre uguale di sponsor. Stiamo facendo piccoli “grandi” passi per fare crescere le nostre ragazze. Quest’anno per la prima volta faremo un lungo ritiro in Spagna ad inizio 2024 perché ci hanno invitati nelle tre gare di Mallorca (nuove per il calendario femminile, ndr) e vogliamo farci trovare pronte. E’ una spesa che sosteniamo volentieri perché ci crediamo e perché per le nostre squadre la missione è quella di correre il Giro. Come il Tour per le francesi. Se però con la nuova riforma togli loro quella possibilità, allora per le continental ci sarà poco da fare».

Il Gb Junior Women ha preso la licenza UCI nel 2023, ma la nuova riforma dei ProTeam rischia di limitarne l’attività
Il Gb Junior Women ha preso la licenza UCI nel 2023, ma la nuova riforma dei ProTeam rischia di limitarne l’attività

«Al momento quella dell’UCI – conclude Ruffilli – sembra più una mossa politica che sportiva a favore dei piccoli team, ma credo che prima dovrebbero sistemare la nostra categoria. Anziché tassarci di ogni cosa, mi piacerebbe che l’UCI creasse un calendario ed un mercato per le continental ben regolamentati, anche in termini economici. O che magari potesse suggerire connubi tra professional maschili e continental femminili dello stesso Paese, benché sappia che è pura utopia. In ogni caso dovremo fare certe valutazioni, se si andrà verso una determinata direzione. Potrei anche pensare ad una fusione con un’altra continental, però il rovescio della medaglia sarebbe che delle atlete resterebbero a piedi. E quest’anno hanno smesso circa 40 ragazze, non si può continuare un trend simile».

Parola al Team Mendelspeck

Rispetto al GB Junior Team, la Mendelspeck ha acquisito la licenza UCI con un anno di anticipo, ad inizio 2021. Il team manager Renato Pirrone è nel ciclismo da tanti anni e si dimostra molto diplomatico nel valutare la possibile riforma che andrebbe a condizionare il suo lavoro.

«Anch’io sono in linea con i colleghi – analizza il dirigente di Laives – e penso che gli aspetti fondamentali saranno due: calendario e requisiti economici. Le continental continueranno a vivere solo se potranno fare un certo tipo di gare. Ad oggi le WorldTour possono correre sempre e ovunque, come al Liberazione che è una 1.2 (lo status più basso, ndr), anche se inizialmente la norma non doveva essere così. Un organizzatore per far alzare sempre di più il livello della propria corsa vuole sempre i top team, però non può e non potrà essere sempre così. In questi due anni non abbiamo fatto troppe polemiche per evitare di “giocarci” un invito per l’anno dopo, ma abbiamo dovuto accettare dei compromessi per partecipare ad alcune gare, anche di prestigio. Non è giusto nei confronti delle continental, specie se piccole o non ricche come le nostre».

Francesca Tommasi è appena passata dalla Mendelspeck alla BePink. Per il futuro qualcuno auspica un mercato regolamentato meglio (foto Ph Rosa)
Francesca Tommasi è appena passata dalla Mendelspeck alla BePink. Per il futuro qualcuno auspica un mercato regolamentato meglio (foto Ph Rosa)

«L’UCI è sempre molto veloce e solerte nel mandarti le sanzioni via email – chiude Pirrone – ma per questo caso non si sono preoccupati di avvisarci. Associazioni come l’ACCPI potrebbero intermediare con l’UCI per cose come queste. Tuttavia le ultime voci dicono che questa riforma la vogliano posticipare ad inizio 2027. Sarebbe la decisione più saggia, a patto che pongano certi parametri anche per le continental, per evitare che valga tutto a livello contrattuale come è stato finora. Nel frattempo noi avremmo la possibilità di fare certi piani con i nostri sponsor per progettare meglio il futuro».

Tutto libero. Attualmente le WorldTour partecipano anche alle gare di classe 2. Originariamente la regola era un’altra (foto Guillaume DirectVelo)
Tutto libero. Attualmente le WorldTour partecipano alle gare di classe 2, ma la regola era un’altra (foto Guillaume DirectVelo)

Il Vaiano in controtendenza

Una delle formazioni storiche del movimento italiano è l’Aromitalia Basso Bikes Vaiano che vuole essere preparata alla eventuale novità. Il diesse Matteo Ferrari, braccio destro del team manager Paolo Baldi, ha ben chiara la situazione che potrebbe delinearsi, tanto da essere l’unico un po’ più fiducioso di tutti malgrado tutto.

«Quando abbiamo saputo della notizia – spiega – abbiamo fatto un sondaggio generale tra i nostri sponsor, pur non avendo alcuna linea guida dall’UCI. Stiamo lavorando con l’idea di poter diventare ProTeam iniziando a fidelizzarci ancora di più con i nostri partner e fornitori, compreso quello delle bici che sarà nuovo e che potrebbe darci più stabilità economica. Comunque ci sarà da vedere la sostenibilità di questa riforma. Nel WorldTour abbiamo appena assistito alla fusione tra Jayco Alula e Liv Racing. Insomma, non proprio un bel segnale per volere un altro cambiamento, alla luce anche della chiusura o forte ridimensionamento in Spagna di Massì-Tactic, Sopela e Bizkaia (quest’ultima ha disputato gli ultimi 6 Giri Donne, ndr). Per me ritarderanno l’arrivo dei ProTeam sulla base di quante continental resteranno a fine 2024».

La leader della Aromitalia Vaiano è la lituana Rasa Leleivyte, che garantisce sempre un buon numero di punti UCI
La leader della Aromitalia Vaiano è la lituana Rasa Leleivyte, che garantisce sempre un buon numero di punti UCI

Fra le tante questioni ci sarebbe da riformulare un calendario puro per le continental, magari per la stagione che sta per iniziare ed in previsione della riforma. Nel 2023 tra le gare di classe 1 e 2, in Belgio ci sono state 22 gare, in Francia 16 mentre in Italia solo 5.

«Infatti – finisce Ferrari – io lascerei le corse con lo status minore alle continental e agli eventuali ProTeam, che a loro volta parteciperebbero alle gare WT e di classe Pro assieme alle WorldTour. Se poi resteranno posti liberi nelle corse WT, allora sarebbe discrezione degli organizzatori chiamare le continental che preferisce, auspicando che in Italia chiamino le italiane. Intanto però proprio in Italia quest’anno abbiamo affrontato un altro problema. Ci siamo già dovuti adeguare alla riforma dello sport per le società. Questo inciderà molto sui budget visto che ci saranno esborsi che prima non c’erano. Ora dobbiamo solo aspettare che l’UCI si faccia viva con noi, anche se è già in ritardo».

Tommasi, ex mezzofondista: «Mi riscatto col ciclismo»

19.08.2023
7 min
Salva

Stamattina sono scattati a Budapest i campionati del mondo di atletica e c’è una ciclista che non solo li guarderà con un occhio particolarmente attento, ma che li avrebbe potuti disputare. Francesca Tommasi fino allo scorso dicembre era una mezzofondista dell’Esercito, tutt’altro che anonima poi varie vicissitudini fisiche l’hanno portata a correre in bicicletta (in apertura foto Ossola).

Nella sua prima vita agonistica, la 25enne veronese di Palazzolo di Sona è stata una promessa dell’atletica per merito di diversi titoli italiani ed una serie di bei risultati ottenuti con la nazionale. Adesso la sua attuale vita è con la Mendelspeck e la sua determinazione va oltre a quella che potrebbe sembrare una scommessa. Col team di Renato Pirrone ha partecipato all’ultimo Giro Donne dove ha allungato la lista di ragazze provenienti da altri sport. Sotto quell’aspetto, alla corsa rosa Tommasi era in buona compagnia. Giusto per citare gli esempi più emblematici, la statunitense Ewers (quarta nella generale) arriva dal calcio mentre la tedesca Niedermaier (vincitrice della quinta tappa a Ceres) dallo sci di fondo. E così, al termine di un allenamento attorno a casa, abbiamo voluto conoscere meglio Francesca che grazie agli studi in medicina ha anche un altro punto in comune con diverse atlete del gruppo.

Iniziamo dalle gare dell’ultimo periodo. Come sono andate?

Direi abbastanza bene. Domenica scorsa a Vittorio Veneto ha vinto Tonetti e sono arrivata ottava nel gruppetto delle sue inseguitrici. Peccato perché quando è partita la fuga decisiva non sono stata pronta ad andarci dentro anch’io. Invece a fine luglio a Tarzo ho conquistato il mio primo podio nelle gare open. Ho chiuso seconda da sola dietro Vigilia. La condizione con cui sono uscita dal Giro Donne sta dando qualche frutto.

Al Giro Donne che esperienza è stata?

Innanzitutto mai avrei pensato di poterlo correre se penso dov’ero e cosa facevo fino a pochi mesi prima. Tutto nuovo, tutto bello e stimolante. Pensate che l’anno scorso ero andata a Padova per vedere l’ultima tappa ed avevo fatto un selfie con Mavi Garcia. Quest’anno in uno dei primi giorni di gara, sono andata da lei mostrandole quella foto e facendone un’altra come ricordo del mio cambiamento. Mavi arriva dal duathlon e parlandone assieme anche lei capiva il mio stato d’animo dell’essere in una gara così importante. Il livello era decisamente alto. Mi ha fatto un certo effetto stare gomito a gomito con atlete che vedevo solo in televisione. Così come è stata una grossa emozione la settima tappa, quella di Alassio.

In effetti lì ti sei fatta vedere. Raccontaci pure…

Si arrivava in cima al santuario di Alassio ed era forse la frazione più temuta da tutte, quella che ha deciso il podio finale. Sono stata col gruppo della maglia rosa fin dalla prima salita malgrado avessi avuto un problema alla catena all’inizio. Ho dovuto fare un bello sforzo per rientrare e restare lì. Mi sono staccata sul penultimo gpm quando le big di classifica hanno alzato il ritmo. A quel punto ho iniziato la salita finale del mio passo ritrovando un buon ritmo. E’ vero, ho chiuso ventitreesima ma sono soddisfatta ugualmente se guardo chi mi ha preceduto e chi è arrivata dietro. Tolta la belga (Ghekiere, ndr) della AG Insurance-Soudal QuickStep, che è quasi una squadra WorldTour, in pratica sono stata la prima di un team continental, soprattutto piccolo come il nostro. Anche Renato (il team manager Pirrone, ndr) era molto contento della mia prova.

Francesca Tommasi è stata tesserata dalla Mendelspeck dopo il Ponente in Rosa disputato col Canturino (foto Ossola)
Francesca Tommasi è stata tesserata dalla Mendelspeck dopo il Ponente in Rosa disputato col Canturino (foto Ossola)
Chi era Francesca Tommasi prima di diventare ciclista?

Facevo atletica, mezzofondo nello specifico. Prima ancora, da piccola, ho fatto basket e volley ma amavo muovermi di più. La parte che mi piaceva di più della pallavolo era il riscaldamento perché si facevano diversi giri di palestra (ride, ndr). A scuola durante la ricreazione o le ore di educazione fisica mi piaceva correre contro i maschi e vedere chi ci metteva meno tempo a girare intorno al cortile. Sia io che i miei genitori e professori hanno capito che dovevo provare con l’atletica. Ho iniziato a Bussolengo quando ero in prima media e già a quattordici anni ho vinto il campionato italiano cadetti. Il primo di otto tricolori tra corsa campestre e in pista fino alla categoria U23. Tra le mie compagne c’era Nadia Battocletti e tra i maschi Yemen Crippa, due ragazzi che sono ancora azzurri.

Come si è sviluppata la tua crescita nel mezzofondo?

Bene anche se fin dai primi titoli ho iniziato ad avere piccoli infortuni ossei. Nonostante tutto sono riuscita a partecipare a manifestazioni importanti con la nazionale. Gli EYOF in Olanda nel 2013 (il Festival olimpico della gioventù europea, ndr), gli europei di cross e i mondiali di cross in Uganda nel 2017. Alla fine di quell’anno sono stata tesserata nell’Esercito tra le juniores. Nel 2019 a Venaria Reale ho vinto il tricolore assoluto del cross, oltre a quello U23. In quella stagione ho poi raccolto due quinti posti nei 5000 metri agli europei U23 in Svezia e in Coppa Europa in Polonia dove con l’Italia siamo arrivati quarti per solo mezzo punto dal bronzo.

Nella gara open di Tarzo, Tommasi è seconda dietro Vigilia e davanti a Venturelli, prima junior (foto Ph Rosa)
Nella gara open di Tarzo, Tommasi è seconda dietro Vigilia e davanti a Venturelli, prima junior (foto Ph Rosa)
Perché il passaggio al ciclismo?

Essenzialmente per salvaguardare le mie articolazioni. La corsa è molto traumatica per gli arti inferiori. Negli ultimi anni stavo accumulando troppe fratture da stress che mi hanno privato di traguardi importanti. Prima quella ad un calcagno durante le qualificazioni per Tokyo 2020 ed infine quella al femore l’anno scorso mentre stavo preparando gli europei di cross. Fortunatamente nell’estate del 2022 avevo preso la mia prima bici da corsa con la quale facevo già qualche giro per riprendermi. Ad inizio stagione mi sono congedata dall’Esercito e dallo scorso dicembre non ho più corso a piedi. Sono ancora scottata da quegli infortuni, ho paura di farmi male ancora e compromettere l’attività ciclistica.

Cosa stai apprezzando di questa tua seconda vita da atleta?

Intanto devo dire che mi piace molto correre in bici. Sento il beneficio di una muscolatura più potente e non dover più convivere con i problemi fisici di prima. Mi piace anche l’aver potuto conoscere ragazze che ammiravo per alcune cose che abbiamo in comune. Ad esempio Chabbey, che è stata a lungo in fuga al mondiale, e Magnaldi sono dottoresse in medicina e chirurgia come sarò io a breve. Ad ottobre mi laureerò e poi farò la specialistica. Durante il volo che ci ha portato in Sardegna per ultime tappe del Giro Donne, sono andata a sedermi di fianco ad Erica (Magnaldi, ndr) e abbiamo parlato di questo, di come poter fare conciliare tutto o cosa privilegiare. E’ stata una chiacchierata interessante e piena di spunti. La mia idea sarebbe quella di specializzarmi in medicina dello sport. Prima vedremo come andrà col ciclismo.

Tommasi è una scalatrice dotata di un buon recupero. Sta imparando tutti gli aspetti tecnico-tattici del ciclismo (foto Pascal Cln)
Tommasi è una scalatrice dotata di un buon recupero. Sta imparando tutti gli aspetti tecnico-tattici del ciclismo (foto Pascal Cln)
Nel frattempo che obiettivi hai ora correndo in bicicletta?

Ho iniziato la stagione con il Club Corridonia che poi mi ha prestato al Canturino per il Trofeo Ponente in Rosa. Sono stata notata dalla Mendelspeck che mi ha tesserato. Quindi, vedendo questa escalation, l’intento è quella di continuare a crescere e imparare tanto, tutto. Sto migliorando a stare in gruppo e ad impostare meglio le traiettorie in curva in discesa. Sto cercando di velocizzare le operazione quando vado all’ammiraglia a prendere la borraccia. Sto attenta quando devo mangiare e bere in corsa. Sto imparando anche le tattiche e a leggere la corsa. Una mia risorsa invece è la capacità di recuperare gli sforzi, il mezzofondo mi ha aiutato molto. Tanta gente mi domanda sempre se non mi manchi l’atletica e quello che potevo fare. Io rispondo che il mio riscatto lo sto trovando nel ciclismo e non ne sono assolutamente pentita.

La Mendelspeck ed Elena. Papà Pirrone ci dice la sua

08.07.2023
6 min
Salva

Come nel 2022, ma con un anno in più di esperienza, il Team Mendelspeck si trova a suo agio all’interno del Giro Donne. Mancano le due tappe in Sardegna dove l’anno scorso le ragazze della squadra altoatesina si erano fatta conoscere andando subito in fuga.

Il ciclismo femminile in gare come il Giro mette a confronto realtà distanti, molto di più di quanto succeda nel maschile. Non è facile per un team continental confrontarsi in una corsa dove dall’altra parte ci sono i team WorldTour e le continental più ricche che hanno i requisiti per il salto di categoria. La Mendelspeck compensa il divario economico con una buona organizzazione di squadra. Ne abbiamo parlato con il team manager Renato Pirrone e la nostra chiacchierata non poteva non finire a parlare anche di sua figlia Elena, in evidente fase di ripresa.

Attualmente al Giro Donne il Team Mendelspeck è secondo nella classifica dei team continental e primo italiano
Attualmente al Giro Donne il Team Mendelspeck è secondo nella classifica dei team continental e primo italiano
Renato rispetto all’anno scorso noti differenze?

Nel 2022 eravamo all’esordio nel circuito UCI. Era il nostro primo Giro ed era una sorpresa, una novità anche per le ragazze. Quest’anno siamo partiti con quella maturità in più nel bagaglio e siamo in linea con i risultati di un anno fa. Al momento abbiamo tutte e sette le atlete in corsa. Abbiamo Francesca Tommasi che si sta difendendo bene col gruppo di testa. Nelle ultime tappe è arrivata abbastanza davanti ed un buonissimo risultato per una ragazza che fino a pochi mesi fa era una mezzofondista dell’Esercito con tempi molto validi.

Non è una cosa da poco essere ancora al completo in un Giro Donne come questo.

No, anzi, sono molto contento. Anche le altre ragazze si stanno ben comportando. Pensate, nella classifica a squadre siamo il secondo team continental dietro alla AG Insurance-Soudal QuickStep, che ha una struttura quasi da WT, e primo team italiano. E’ una bella soddisfazione per noi della Mendelspeck. Siamo qua per farci vedere nelle tappe anche se sono un po’ impegnative. Lo abbiamo fatto nella tappa di Marradi che era la più accessibile ma è difficile mettersi in evidenza perché il livello è alto e si parte forte da subito. Speriamo nelle tappe sarde di fare bene.

Pozzobon in fuga nella tappa di Marradi. Per il Team Mendelspeck un buon modo per avere visibilità
Pozzobon in fuga nella tappa di Marradi. Per il Team Mendelspeck un buon modo per avere visibilità
In generale come sta andando la stagione?

Sta andando decisamente meglio. Siamo riusciti ad avere qualche invito in più. Il calendario WT si è allargato tanto, di conseguenza nella gare minori c’è un po’ più spazio per le formazioni continental come le nostre. Siamo stati a correre in Croazia, in Belgio, in Repubblica Ceca e in Francia. Ripeto, per un team come il nostro significa tanto. C’è un lato negativo però…

Quale?

Ovvero che i costi di tutto ciò si sono incrementati. Ovviamente con queste trasferte il budget ne risente ma noi stiamo già lavorando per l’anno prossimo per dare continuità al nostro lavoro, magari cercando di migliorare un’annata come questa. Sto guardando la fattibilità finanziaria. Aspetto la fine del Giro Donne e ci metteremo al tavolo con i nostri sponsor. Loro ci seguono tanto e non ci danno alcun tipo di pressione. Ci stanno aiutando a crescere con calma.

Il Team Mendelspeck è piccolo, ma ben organizzato. Al Giro Donne si è presentato con cinque mezzi
Il Team Mendelspeck è piccolo, ma ben organizzato. Al Giro Donne si è presentato con cinque mezzi
La Mendelspeck ha mai pensato di poter diventare una squadra Devo Team nei prossimi anni?

La strada migliore da seguire sarebbe quella, diventare una società satellite di qualche squadra estera, pur mantenendo un po’ di autonomia gestionale. Avere il supporto di formazioni più attrezzate come le WT, con accordi scritti, potrebbe essere un buon modo di proseguire a lavorare. Perché non dimentichiamoci che noi come obiettivo abbiamo quello di far crescere le giovani preparandole ad un salto maggiore. Oppure rilanciare quelle atlete che arrivano da stagioni difficili. Dico la verità che sto sondando a molto largo raggio ma senza aver parlato con nessuno in particolare. Magari qualcuno legge questo articolo e si possono aprire dei discorsi. Chissà (sorride, ndr).

Nel frattempo vi dovreste preparare a questa evenienza.

Sì certo. Attualmente noi dobbiamo migliorare diversi aspetti. La parte in lingua inglese, ad esempio, per eventuali arrivi di straniere. Poi anche la parte logistica. Al momento abbiamo tutte ragazze che abitano vicino alla nostra sede, però è anche vero che siamo in una zona turistica dove i costi degli affitti sono elevatissimi. Pertanto chi ha appartamenti li affitta a settimana che guadagna molto di più rispetto a contratti annuali. Stiamo pensando a trovare una soluzione anche in quel senso.

Francesca Tommasi viene dal mezzofondo. Per lei buonissimi piazzamenti nelle tappe dure al Giro Donne (Zollo Photo)
Francesca Tommasi viene dal mezzofondo. Per lei buonissimi piazzamenti nelle tappe dure al Giro Donne (Zollo Photo)
Al Giro Donne c’è in gara anche Elena, reduce da bei risultati. Che impressioni hai?

Ho letto la vostra intervista a lei. Sta tornando sui livelli che aveva da junior. Per la verità già nelle prime due annate da elite aveva fatto bei piazzamenti, fra cui spicca un buon quarto posto alla Freccia del Brabante nel 2019. Senza dimenticare due bronzi europei a crono nel 2019 e nel 2021. Purtroppo tra problemi fisici e sfortuna ha passato un periodo altalenante, accentuato dalla stagione del covid. Quest’anno i primi segnali della “vecchia” Elena li ho visti al Navarra Women’s Elite Classic. Sesto posto finale dopo quasi cento chilometri di fuga. Poi ha confermato di stare bene al Tour de Suisse e ai campionati italiani, specie nella prova in linea. Come lei anche sue vecchie compagne…

A chi ti riferisci?

A Vigilia e Paternoster. Sono tutte ragazze del ’99 e tutte della stessa regione. Hanno trovato tutte e tre un rilancio. La loro annata purtroppo è caduta dentro quel periodo di formazione proprio nel 2020 col covid. Questo le ha rallentate, credo che tutte e tre abbiano vissuto gli stessi problemi. Ma adesso mi fa piacere che stiano dando bei segnali.

Elena Pirrone “avversaria” di papà Renato. La classe ’99 ha ritrovato condizione e morale
Elena Pirrone “avversaria” di papà Renato. La classe ’99 ha ritrovato condizione e morale
Papà Renato Pirrone cosa si aspetta dalla figlia Elena?

Ha corso tanto in primavera e credo che dopo il Giro si prenderà un periodo di riposo. Naturalmente mi piacerebbe arrivasse una vittoria, perché penso che ora sia alla sua portata. Adesso è in una formazione (la Israel Premier Tech Roland, ndr) dove ha abbastanza spazio, spererei che avesse continuità nelle prestazioni. Nella seconda parte di stagione lei va sempre meglio. Vediamo in questo periodo lontana dalle gare come tiene la condizione e come tornerà in corsa. Ha tanti obiettivi, tra cui la nazionale. Il discorso è aperto per la cronometro mondiale ma magari potrebbe tornare comodo anche per la prova in linea. All’italiano ha dimostrato di sapere restare tanto tempo all’aria e poi lavorare ancora per la Cavalli, che era la sua capitana. Vedere quelle immagini mi viene in mente l’Elena del passato, quella che conosco io. L’importante che lei abbia ritrovato anche il morale, che sappiamo che fa tanto in una atleta.

Tante fughe e piazzamenti. E’ la Mendelspeck di papà Pirrone

11.08.2022
6 min
Salva

Fuga, visibilità e crescita. Tre sostantivi che in corsa rappresentano il mantra del Team Mendelspeck, approdato quest’anno nel mondo delle continental UCI dopo tanti anni nel settore giovanile con grandi risultati.

Al Giro d’Italia Donne abbiamo conosciuto meglio la formazione altoatesina, che si è contraddistinta per andare sempre all’attacco nelle tappe in cui le è stato possibile. Ma non si è limitata solo alla corsa rosa. Già si erano fatte vedere al campionato italiano e poi hanno proseguito con questo trend recentemente anche al Tour Féminin International des Pyrénées, dove hanno raccolto buoni piazzamenti nelle quattro frazioni.

Con il loro team manager e diesse Renato Pirrone – padre di Elena, cresciuta nella Mendelspeck con cui ha vinto titoli nazionali, europei e mondiali – abbiamo voluto fare un bilancio di metà stagione, in previsione del finale e della prossima.

Renato com’è andata finora?

Per essere al primo anno con licenza UCI direi che siamo molto contenti. Per me non è stata una novità. Avevo avuto una breve esperienza con l’Astana Womens nel 2019 quando c’era Elena prima che passasse alla Valcar a metà anno. Tornando a noi, abbiamo dovuto prenderci le misure all’inizio, capire come si correva specie nelle gare internazionali. Nel frattempo abbiamo fatto esperienza e in tante corse ci siamo state dentro bene. Abbiamo fatto tre corse a tappe. Oltre al Giro e sui Pirenei, abbiamo corso in Repubblica Ceca al Gracia Orlovà. Siamo stati in altre corse in Francia, oltre a quelle in Italia, tra internazionali ed open.

Come hai ritrovato il ciclismo femminile da dirigente a distanza di qualche anno?

Totalmente cambiato. E’ cresciuto in modo esponenziale. All’epoca non esisteva ancora il WorldTour seppur se ne stesse già parlando con insistenza. Prima anche i team più rinomati cercavano ragazze in ogni angolo del mondo per avere punti e ricevere inviti per correre. Ora invece molte formazioni sanno già di partecipare di diritto alle corse. C’è un calendario raddoppiato e secondo me crescerà ancora nel 2023. L’asticella si è alzata tanto, ma non potrà farlo all’infinito. Fino a quando il WorldTour potrà permetterselo?

Spiegaci pure…

Intendo dire che non tutte le formazioni della massima serie possono avere una struttura adeguata al calendario. Ora con una quindicina di atlete, e relativi staff, talvolta fanno fatica a fare doppia attività. Figuratevi una continental come la nostra. L’anno prossimo si aggiungeranno altre squadre nel WT e se vogliono ampliare i roster, prendendo anche quelle che passano junior, per noi non resta tanto da fare nel giro di pochi anni. Bisogna pensare a qualcosa di più graduale.

Tornando al Giro Donne, com’è stato?

Lo abbiamo fatto al di sopra delle nostre aspettative. L’obiettivo era quello di arrivare a Padova e lo abbiamo fatto chiudendo con tutte e sei le nostre atlete. Ci siamo fatte vedere andando in fuga. Nella classifica delle giovani abbiamo ottenuto un soddisfacente settimo posto con Angela Oro, mentre nella speciale classifica delle italiane (la maglia azzurra, ndr) è arrivata nona Eva Maria Gatscher sulle quaranta che partecipavano. Al momento sono questi i risultati che dobbiamo guardare. Devono essere dei punti di partenza.

Che tipo di squadra è la vostra?

Abbiamo solo nove atlete. Siamo piuttosto piccolini e giovani. Prediligiamo le gare mosse e non abbiamo velociste pure. Il nostro team è pensato per fare maturare le ragazze e poi magari un domani mandarle in team più forti ed attrezzati. Vorremmo diventare una formazione di sviluppo, cercando di raccogliere risultati col passare del tempo ma soprattutto far scoprire agli altri i nostri talenti.

Prima hai fatto il nome di due ragazze ma anche altre si sono distinte.

Oro è una scalatrice di vent’anni alla prima vera stagione da elite che sta migliorando. Gatscher arriva dal motocross e pertanto a livello tattico deve imparare tutto, però va molto forte. Lo ha dimostrato al Giro e ancor più sui Pirenei nell’arrivo in cima al Col du Soulor con tanta salita e il giorno dopo a Lourdes. Pisciali la mando sempre in fuga anche contro la sua volontà, perché adesso è meglio farsi vedere per cinquanta chilometri che fare ventesima in volata. Anche Missiaggia al Giro è andata sempre all’attacco. Prima o poi una fuga può andare in porto. Canvelli deve capire se continuare più seriamente o meno, potenzialità ed esperienza ce le ha per farlo. Però lei è importante perché sa fare gruppo con tutte le altre compagne. Le unisce. Ed è un aspetto che serve tanto in una squadra.

Avete fatto un salto importante rispetto al passato. Come mai?

Facevamo già le elite l’anno scorso, ma qualcuno ci chiedeva perché non prendessimo la licenza continental. Un po’ di nostre ragazze erano pronte per fare un passo in avanti, altre le abbiamo prese ed altre ancora le prenderemo per il 2023, in cui vorrei avere più scelta tra le atlete. Alla fine abbiamo ricevuto buoni feedback da addetti ai lavori ed altre squadre. Ci riconoscono la professionalità. Noi cerchiamo di fare il nostro meglio in base alle nostre possibilità economiche. Gli stessi sponsor sono contenti anche della copertura che abbiamo con i social o nelle dirette delle tappe al Giro. Abbiamo ricevuto richieste di atlete da Australia e USA per venire a correre da noi per scoprire la gare europee. Significa che qualcosa si è mosso e saremmo ben contenti di poter avere straniere in squadra.

Prossimi obiettivi?

Per il 2023 aumentare un po’ il budget, far crescere ulteriormente le ragazze che resteranno con noi e prendere una sprinter. Per quest’anno invece mi accontenterei di una vittoria in una gara open, assoluta o di categoria che sia. L’abbiamo solo sfiorata con Oro (terza elite ad Arcade, ndr). Diciamo che vorrei che diventassimo più continue finalizzando quando ci è possibile. Sono fiducioso per il prossimo futuro.