Alé Cycling e Uae Tour: fatto l’accordo! La bellissima notizia è stata comunicata dal brand italiano specializzato nella produzione di abbigliamento per il ciclismo e già sponsor di team WorldTour del calibro di Movistar, Groupama FDJ e Alè BTC Ljubljana MCipollini.
Parata di stelle
La realtà coordinata da Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG, la società cui appunto fa capo Alé, ha difatti siglato con RCS Sport un accordo esclusivo. La partnership vede il marchio veronese quale fornitore ufficiale delle maglie di leader del prossimo UAE Tour: la gara a tappe (6 complessive) in programma dal 21 al 27 febbraio, cui prenderanno parte alcuni dei più grandi nomi del ciclismo mondiale, come Tadej Pogacar, Adam Yates, Chris Froome, Filippo Ganna e Mathieu Van der Poel.
Comprensibile la soddisfazione di Alessia Piccolo per l’accordo raggiunto con Uae TourComprensibile la soddisfazione di Alessia Piccolo
Le quattro maglie
Partner di grandi team WorldTour, di eventi di spicco come i Campionati UEC e di federazioni di altissimo profilo come la Francia del campione del mondo Julian Alaphilippe, Alé metterà a disposizione del UAE Tour l’importante esperienza accumulata negli anni al lato delle corse professionistiche. Ad essa si somma la propria e avanzatissima ingegneria tessile, caratterizzata da una raffinata ed inconfondibile ricerca grafica. Le maglie di leader dello UAE Tour saranno complessivamente quattro. La Maglia Rossa verrà indossata dal leader della classifica generale. Quindi la Maglia Verde per la classifica a punti. Poi la Maglia Bianca dedicata al miglior giovane (nato dopo il primo gennaio 1995). Infine la Maglia Nera per la classifica dei traguardi volanti, indossata dal corridore che ha guadagnato più punti negli sprint intermedi.
La maglia verde per il leader della classifica a punti
La maglia bianche al miglior giovane
La maglia nera per la classifica dei traguardi volanti
La maglia verde per il leader della classifica a punti
La maglia bianche al miglior giovane
La maglia nera per la classifica dei traguardi volanti
Emozione Piccolo
«E’ una grande emozione vedere il logo Alé sulle maglie dello UAE Tour, la prova WorldTour che aprirà ufficialmente questa stagione ciclistica – ha commentato la stessa Alessia Piccolo – e questa importante partnership rappresenta un’altra bella soddisfazione per il nostro brand. Auguro a tutti gli atleti in partenza ed a tutti i team partecipanti una bellissima corsa. Sarà un vero onore per noi vestire i corridori che indosseranno le maglie di leader».
Parata di campioni allo Uae Tour. Nell’immagine c’è Dumoulin, che purtroppo nel frattempo si è fermato…Parata di campioni allo Uae Tour. Nell’immagine c’è ancora Dumoulin…
La collezione Alè PR-R
Vale la pena ricordare che le maglie Alé disegnate e realizzate per lo UAE Tour fanno parte della collezione PR-R, ovvero quella super top di gamma che il brand dedica ai professionisti e ai team amatoriali più esigenti. Leggerezza, traspirabilità, ergonomia “fit race” abbinata a tecnologie innovative – come il J Stability System – sono solo alcune delle caratteristiche che la contraddistinguono. A tutto ciò, si aggiunge una grande attenzione ai dettagli, come i transfer puntinati rifrangenti per garantire una migliore visibilità su strada, una zip lunga completamente nascosta e tre capienti tasche posteriori di cui una “zippata”.
Si conclude il Tour degli Emirati, con la volata di Caleb Ewan e di Pogacar nella classifica finale. Settimana ad alta intensità e ventagli sino alla fine
«I soldi in giro ci sono – dice Basso parlando della nuova Eolo – solo che in Italia si continuano a rincorrere sempre gli stessi sponsor, che vedi passare di anno in anno da una squadra all’altra. E’ proprio brutto. Nel mio territorio ci sono aziende che non sono mai state coinvolte nel ciclismo. Devi andare da chi non sei mai andato. Ci vuole più tempo. Devi far conoscere il ciclismo, perché il ciclismo ha dei valori da raccontare».
Basso è un abile raccontatore, ma questa volta è più ispirato del solito. Il suo sogno e quello di Contador è realtà. Dalla Kometa-Xstra continental nascerà la Eolo–Kometa professional e non è stato un viaggio breve.
Ci provò subito Ivan, incontrando sulla sua strada qualche furbacchione e tanti rifiuti. Una sorta di Piccolo Principe, con la sua rosa da difendere. Solo che in questo caso, perdonate il gioco di parole, le rose erano quattro, più due maglie gialle del Tour e tre rosse della Vuelta. E se due campioni come Basso e Contador si mettono in testa di raggiungere un obiettivo, dati i loro palmares, hanno quel che serve per arrivarci. Si trattava solo di capire dove agganciare i piedi e poi rimettersi a pedalare.
Aurum Magma, progetto Contador: la bici del team Eolo-KometaAurum Magma, progetto Contador
E’ tutto pronto, Ivan?
Direi di sì, ormai. Siamo arrivati abbastanza lunghi a causa del lockdown, ma allo stesso tempo proprio in quel periodo abbiamo avuto le ultime certezze. I corridori buoni nel frattempo avevano già firmato. Avrei preso volentieri Aleotti, per fare un esempio. Ma abbiamo comunque una bella rosa di 20 uomini.
Perché quest’anno è andata in porto?
Probabilmente è stato premiato il lavoro a lungo termine. Abbiamo iniziato tre anni fa con Kometa che voleva crescere, ma da sola non bastava. Il progetto è sempre lo stesso, non abbiamo cambiato la linea in base a quello che avevamo di fronte. E l’idea prevede un vivaio, un centro di allenamento e una sede come per le squadre di calcio.
Quando è arrivato Eolo?
Un paio di anni fa. La sede è a 3 chilometri da casa mia. Conobbi Luca Spada tramite amici comuni alla Gran Fondo Tre Valli Varesine. Non conosceva il ciclismo e io non gli parlai della squadra, anche se lui sapeva chi fossi e cosa facessi. C’era voglia prima di creare un rapporto che prescindesse dalle convenienze.
Ed è nato?
Decisamente sì. Da parte mia ho provato a trasmettere i valori del ciclismo. Il primo punto secondo me è proprio questo: raccontare e far vivere lo sport. In un secondo tempo devi capire se per quell’azienda il ciclismo sia interessante. Non può essere solo un fatto di passione, deve esserci un ritorno per entrambi.
E funziona?
Lo abbiamo scoperto con Kometa. Aver investito non ha giovato solo alle vendite, ma ha fatto crescere l’azienda e favorito la nascita di relazioni. Alla fine di questo percorso, devi aspettare che la persona si convinca. Non devi andare a chiedere soldi, ma far nascere il desiderio.
Paolo Zani, manager di Liquigas, con Elia Viviani nel 2012Paolo Zani, manager Liquigas, con Viviani
Quale filosofia c’è dietro la squadra?
La Eolo-Kometa rispecchierà i valori migliori delle squadre in cui sono stato. Ricordate lo Slogan della Liquigas che portava il gas dove gli altri non arrivavano? Curiosamente è lo stesso di Eolo, che porta internet dove gli altri non arrivano. Un messaggio semplice per la gente. Parlo quotidianamente con Pedranzini (titolare di Kometa, ndr) e Spada, come Amadio parlava con Zani. Sanno tutti come viene impiegato il budget, saremo parte delle loro aziende.
Un progetto che si espanderà?
Esatto, non è già finito, vogliamo crescere. Volevamo una casa per il team e ne avremo una in Valtellina e anche un quartier generale super innovativo dentro la sede di Eolo. E’ fondamentale per costruire cose importanti. Un luogo in cui nascano idee e progetti.
Un team italiano?
Sì, ma con un’unica anima. Il progetto della Fundacion ne fa parte, con Fran Contador in un ruolo chiave, ma io e Alberto facciamo fatica a definirci italiano o spagnolo. Abbiamo la bandiera comune del ciclismo. La maggioranza dei corridori sarà italiana ed è un bel segnale in un anno in cui tanti vanno indietro.
Quale è stato il criterio di scelta dei corridori?
Ho puntato sui ragazzi attratti dal progetto. Non quelli che sono venuti con una richiesta di soldi, ma quelli che piuttosto chiedevano informazioni su struttura e programmi. Ho trovato giovani fantastici che si sono messi a disposizione. Ho Andriotto che ci farà da talent scout. Vorrei essere come la Liquigas, ricordi?
La squadra di Basso e Sagan, Oss e Sabatini, Viviani e Nibali, Caruso e Capecchi…
Era un team stellare. Ho preso da Ferretti la serietà nel fare le cose e da Riis la programmazione tecnica, da tutti si deve imparare.
Quale sarà il tuo ruolo?
Sarò Basso e Alberto sarà Contador. Scherzi a parte, lui è più concentrato sull’aspetto tecnico-tattico. Io sono più sulle relazioni e i colloqui con gli sponsor e i dirigenti delle aziende.
Biciclette Aurum?
Esatto, Aurum, il nuovo marchio sviluppato da Alberto.
Quindi si chiudono i rapporti con Trek?
Resta un’ottima relazione. E’ stata una scelta che ha fatto Contador e che io ho seguito. Alberto è un cavallo di razza e ha voglia di gestire le sfide in cui si impegna.
Contador e Basso con Mauro Vegni al Giro di Sicilia del 2019Contador e Basso con Vegni: Giro di Sicilia 2019
Quali saranno i prossimi passi?
A novembre ci sarà una serie di annunci e diremo quali sono i corridori. Ci sarà un ritiro di tre, quattro giorni a Varese, che però è legato alla situazione attuale. E poi abbiamo programmato due ritiri di 10-12 giorni a Oliva (in Spagna) che è la nostra base invernale.
Obiettivo Giro d’Italia?
Non voglio entrare nel terreno minato delle wild card. I criteri di selezione ci sono e ognuno deve pensare a fare bene il proprio dovere. Facciamo da tre anni una continental con risultati onorevoli. Siamo una squadra italiana. Abbiamo un contratto di tre anni con tre aziende sulla maglia, tre anni di progetto. Metteremo il numero sulla schiena dal primo gennaio per correre il più possibile, però mi tolgo da certi discorsi. Uno non deve pretendere niente, sono cose che ti devono essere date. Se hai i requisiti, vai avanti. Non abbiamo ancora dimostrato niente in questa categoria, dobbiamo andare forte in bicicletta.
Tre nomi soltanto, un’eccezione.
Ne sono orgoglioso. Fare una professional. Mantenere 15 corridori under 23. Aiutare il vivaio della Bustese in Italia che fa junior, esordienti e allievi. Quindi creare due scuole di ciclismo, una in Spagna e una in Italia. Mantenere tutta la struttura e fare il passo avanti è motivo di orgoglio. Ora c’è da lavorare sodo e con serietà per fare bene.
Manuel Oioli, talento piemontese, debutta fra gli U23 con la Fundacion Contador (vivaio Eolo-Kometa). E sui rapporti limitati fra gli juniores dice che...
Racconta Diciatteo che la rogna più grossa l’hanno avuta nel primo riposo in Abruzzo.
«All’improvviso – racconta il capo ufficio stampa di Rcs Sport – iniziano a venire fuori notizie non chiare. Pare che sia partito tutto dal Facebook della città in cui era ospitata la carovana del Giro E, il Giro elettrico. Scrivono della positività di 17 poliziotti della Scorta del Giro d’Italia. La riprendono tutti. Siti e quotidiani. Nessuno che verifichi. De Gendt legge e scrive di sentirsi insicuro. Il giorno dopo abbiamo tutti i corridori di traverso. Per cui, tra rintracciare la prima notizia e capire che in effetti si trattava di 17 poliziotti del Giro E, abbiamo passato qualche ora concitata. Alla fine per fortuna è arrivato il comunicato del Ministero dell’Interno, dalla stessa Polizia, e noi lo abbiamo rilanciato. De Gendt ha rettificato. Credo che quello sia stato un giorno ben peggiore dello sciopero di Morbegno…».
Stefano Diciatteo: per lui quest’anno il Giro d’Italia numero 27Stefano Diciatteo, 27° Giro d’Italia
Ai primi di luglio, quando è stato chiaro che il ciclismo sarebbe ripartito, Stefano Diciatteo e tutti i collaboratori dell’ufficio stampa di Rcs Sport, si sono messi a pensare a come far lavorare giornalisti, fotografi, cameramen e uffici stampa delle squadre senza infrangere i protocolli di sicurezza. Quella che segue è una chiacchierata fra due… giovincelli che hanno visto passare più di qualche maglia rosa e che di colpo, ciascuno nel suo ruolo, hanno visto cambiare il mondo.
«I primi passi – racconta Diciatteo, per tutti “Zio”, a quota 27 Giri d’Italia – li abbiamo fatti con la Strade Bianche e le altre classiche. Erano le prima gare WorldTour e ci rendevamo conto che ogni soluzione valida sarebbe stata veicolata al Giro d’Italia».
E’ il primo agosto quando Van Aert si porta a casa la corsa di Siena e dopo una settimana si ripete alla Sanremo. Per vedere Fuglsang al Lombardia si aspetta Ferragosto e poi si fa rotta sulla Tirreno-Adriatico che scatterà il 7 settembre.
Che cosa c’era da cambiare?
La prima cosa è stato stimare la limitazione degli accrediti. Abbiamo valutato la capienza media delle sale stampa, concludendo che avremmo potuto ospitare poco più della metà dei giornalisti. Stessa cosa per i fotografi sul traguardo. Abbiamo dato via libera a 12-15 agenzie, senza accreditare i locali. Agli altri abbiamo detto di no. E sarebbe stato davvero facile se tutti avessero accettato senza protestare…
Al traguardo, soltanto staff e corridori: qui il dottor Magni, Conci e la fotografa del teamAl traguardo solo staff e atleti: lui è Conci
Un taglio netto.
Abbiamo fatto anche un grosso lavoro con i comitati di tappa, che sono nostri partner e ci accolgono a casa loro. Per andargli incontro, di volta in volta concedevamo 4-5 giornalisti, 2 tivù locali cui si aggiungeva la Rai regionale e anche un paio di fotografi che poi condividessero le foto con gli altri. In ogni caso, nei comunicati mettevamo anche un’ampia copertura di immagini.
I risultati si sono visti?
Direi di sì. La sala stampa è stata sempre ordinata e senza assembramenti. E lo stesso agli arrivi.
Arrivi da cui i giornalisti sono stati tenuti alla larga.
La logistica ha studiato la bolla e gli unici media inclusi erano i fotografi dei team. L’idea era non consentire ai giornalisti l’accesso alla strada, tanto che l’ingresso nella loro area avveniva da dietro. Gli altri fotografi avevano la loro postazione e non potevano muoversi, soprattutto per seguire il corridore dopo il traguardo.
E le immagini di abbracci e fatica che abbiamo visto?
Sono state fatte da due fotografi, uno nostro e uno di BettiniPhoto, che poi le condividevano. Credo che il sistema abbia retto bene, se pensiamo ai 4 corridori positivi e qualcuno del personale, a fronte di oltre 5.000 tamponi in un mese.
Ci sono stati aggiustamenti in corsa? Penso alla zona mista…
Esatto. Alla Tirreno-Adriatico l’avevamo collocata alla partenza: una porzione di spazio con doppie transenne in cui i giornalisti potessero fare domande agli atleti, rimanendo a distanza. Qualcuno però ha chiesto di parlarci dopo l’arrivo. I bus erano spesso lontani dal traguardo e andando, non sarebbe stato possibile seguire la conferenza stampa di vincitore e leader. Così mi sono accordato con gli uffici stampa che, prima di andar via, portassero i corridori nella zona del box stampa (nella foto di apertura Fausto Masnada con Phil Lowe, l’addetto stampa della Deceuninck-Quick Step).
Tra le novità del Giro, c’è stata anche la videoconferenza stampa, che al Tour c’è da anni.
Una delle novità che probabilmente resteranno anche dopo. Alla Tirreno c’era una tenda, ma era d’estate e il Covid sembrava alle spalle. Altre volte al Giro nelle tappe complicate ci eravamo attrezzati in qualche hotel, altrimenti leader e vincitore venivano caricati in auto e portati alla sala stampa. La situazione ci ha agevolato…
Quanto tempo abbiamo risparmiato?
Un’ora, a volte un’ora e mezza. Per i giornalisti, i corridori e noi di Rcs. In più, per essere più rapidi, facevo un passaggio all’antidoping. Quest’anno c’erano sei sorteggiati, più vincitore e leader. E allora chiedevo agli addetti stampa se, piuttosto che tenerli in attesa per un’ora, venivano prima alla conferenza. Devo dire che ha funzionato bene.
Interviste schermate e microfoni a distanzaMascherine e microfoni a distanza
Quindi rispetto ai timori della partenza è andato tutto bene?
Direi di sì. Chi non è riuscito a venire ha avuto un’ampia copertura e i nostri comunicati sono stati sempre ripresi e rilanciati.
In quanti avete lavorato al Giro come ufficio stampa?
Oltre a me, c’era l’agenzia Shift con Dario Esposito e Jeff Quenet come freelance. In più c’erano Elena FiumeedEmilio Gilettiche completano la squadra alle corse e prima per gli accrediti.
E adesso che cosa vi aspetta?
Si stacca, ma non troppo. A gennaio dovrebbe esserci la presentazione del Giro 2021, che va preparata. Non sarà a fine mese, quindi prima di tutto ci sarà da capire come evolverà la pandemia. Poi bisognerà sentire Mauro Vegni. Ha dichiarato alla Gazzetta dello Sport di avere già il percorso pronto, con l’incognita della partenza. Andare all’estero potrebbe essere complicato. Staremo a vedere. Rimettiamo tutto in ordine. E poi ripartiamo…
Andrea Vendrame se ne è andato dal Giro d’Italia con il quinto posto nella tappa di Sestriere, che nell’ambito dei piazzamenti più belli, si è aggiunto al quarto di Villafranca Tirrena e il sesto di Matera. Ma il veneto della Ag2R La Mondiale si è lasciato andare anche a dichiarazioni piuttosto pessimistiche sulla sicurezza del Giro d’Italia. Perciò parlarci per raccontare la corsa e la sua sicurezza ci è sembrato un passaggio necessario. Soprattutto per come lo conosciamo da anni. E la voglia di chiarire tutto, scopriremo alla fine, era anche la sua.
Che Giro è stato? Che anno è stato?
Stavo contando proprio poco fa. Siamo quasi a novembre e ho fatto 55 giorni di corsa, con tre mesi di chiusura. L’anno scorso ne ho fatti una ventina in più, al primo anno da pro’ ero arrivato a 64. Ma parliamo di stagioni piene.
Tanti piazzamenti in questo Giro, soddisfatto?
Ho provato in diverse occasioni e la più limpida è stata quella di San Daniele, dove abbiamo sbagliato come squadra essendo in quattro nella fuga che è arrivata. A Sestriere l’Astana ha tirato per vincere la tappa e non abbiamo avuto tropo margine, ma stavo bene. Anche se sullo Stelvio ho pensato di mollare.
Perché?
Dopo San Daniele sono stato poco bene, non riuscivo a mangiare e sulla seconda salita, il Castrin, mi sono ritrovato fra le ammiraglie e fuori dal gruppetto. Ho voluto finirla perché è il mio lavoro, ma rientrare è stato duro.
Andrea Vendrame, animatore di parecchie fughe del GiroAndre Vendrame, un Giro spesso in fuga
Nelle prime tappe sei stato protagonista delle volate.
Lo voleva la squadra, pur sapendo che contro Demare, Sagan e gli altri non avrei mai vinto. Volevano i piazzamenti, ma intanto la condizione è cresciuta e ho provato nelle tappe più nervose.
La mattina di Rivolto, hai sganciato la bomba: secondo te il Giro non era al sicuro dal Covid. Confermi?
Ho detto la verità, per come la stavo vivendo. Si parlava di bolla, ma lungo le strade c’era gente senza mascherina che ci urlava i suoi incitamenti. Se erano positivi, ci contagiavano. Negli hotel c’era altra gente, anche negli ascensori. Poi ho capito che Rcs su queste cose non poteva avere controllo e a questo punto della storia dobbiamo tutti dargli atto, io per primo, che sono stati bravi a organizzare e portare a casa un Giro in questo anno. Complimenti a Vegni e Papini, di cuore.
A Monselice, nel tratto dall’arrivo ai pullman, abbiamo visto corridori fermarsi a parlare con mogli, genitori e amici. Cosa poteva farci Rcs?
Hai ragione, per questo ho cambiato subito registro. Dopo tanto tempo fuori casa e magari avendo fatto anche il Tour, qualcuno non ha resistito. E ha sbagliato mettendo a rischio tutti gli altri. So bene che non era sempre possibile parcheggiare i pullman attaccati agli arrivi, stava anche a noi avere i comportamenti giusti.
Stare in una squadra francese può aver influito?
Siamo arrivati a Milano e sono contento, ma tanti dalla seconda settimana hanno cominciato a dire che ci saremmo fermati. Per questo abbiamo preferito vivere alla giornata, come se ogni giorno fosse l’ultimo.
Che voto dai alla tua stagione?
Non ho vinto, ma ho fatto 17-18 piazzamenti nei dieci, per cui mi do un 8. Ho fatto vedere di essere migliorato e di avere margini. Per questo alla vigilia del Giro abbiamo rinnovato in contratto fino al 2023.
Quindi non sei stato tu l’anima della rivolta di Morbegno?
Vorrei davvero stringere la mano a Mauro Vegni. Quel giorno ero alla partenza con i ragazzi della Androni e della Bardiani. Stavo mangiando un panino in attesa di partire e a un certo punto ho chiesto a quelli con me dove fossero gli altri. Solo dopo un po’ è arrivata via radio notizia di quel che stava succedendo. Mi hanno messo nella chat del Cpa a mezzogiorno di quello stesso giorno, mentre eravamo nei pullman. Perciò, per favore, che su questo si sappia la verità.
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