Nizzolo fermo ai box, ma già pensa a un grande ritorno

22.01.2024
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Non sono state feste davvero fortunate per Giacomo Nizzolo. Neanche il tempo di stappare lo spumante che il lombardo si è ritrovato a terra, vittima di una caduta in allenamento a Chur, in Svizzera, che di fatto ha interrotto sul nascere la sua stagione, la prima nella Q36.5.

Passato qualche giorno, l’ex campione europeo sta reagendo innanzitutto nello spirito, primo passo verso la completa ripresa: «Il 12 febbraio – racconta – farò la lastra per vedere se e come si è formato il callo osseo. In base ai risultati si stabiliranno i necessari tempi di ripresa. Intanto vado avanti con la fisioterapia e cerco di affrontare tutto con il sorriso perché sono i rischi del mestiere».

Nizzolo resta tra i più riconosciuti e amati dal pubblico. Alla Q36.5 è come tornare a casa, ha corso in quel gruppo 3 anni
Nizzolo resta tra i più riconosciuti e amati dal pubblico. Alla Q36.5 è come tornare a casa, ha corso in quel gruppo 3 anni
Come è successo?

Non potrei neanche raccontare nulla di speciale. La cosa che più mi dispiace è che è stata una caduta stupida, da solo, di quelle che ne capitano tante nel corso di una carriera. Ma stavolta ha avuto danni davvero pesanti. Proprio non ci voleva.

Il milanese ha chiuso il biennio all’Israel – Premier Tech con due vittorie all’attivo
Il milanese ha chiuso il biennio all’Israel – Premier Tech con due vittorie all’attivo
Oltretutto è arrivata in un periodo delicato, quello del cambio di squadra…

Una caduta simile non è mai piacevole, a maggior ragione quando capita prima del ritiro prestagionale. Avevo avuto occasione di conoscere i miei compagni, lo staff devo dire lo conosco già bene, dai tempi della Ntt e della Qhubeka. Ero contento perché era come se fossi tornato a casa, poi è bastato un attimo di disattenzione per stravolgere tutto.

Cerchiamo di mettere da parte la disavventura e pensare al futuro. Per te approdare alla Q36.5 è, come hai detto giustamente, un po’ ritrovare la strada di casa…

La cosa che più mi ha colpito è che ho rivisto lo stesso entusiasmo di allora, di prima che tutti i problemi portassero alla cancellazione della squadra WorldTour. C’è una gran voglia di crescere e un gruppo affiatato, fra l’altro sin dai primi momenti non mi hanno mai fatto mancare il loro sostegno e il responsabile sanitario Lorenz Emmert segue la mia guarigione con attenzione pressoché costante. L’impressione è stata davvero entusiasmante.

La vittoria più importante in carriera, il titolo europeo conquistato nel 2020 a Plouay
La vittoria più importante in carriera, il titolo europeo conquistato nel 2020 a Plouay
Quando hai chiuso la stagione ti sentivi abbattuto per com’era andato il biennio all’Israel Premier Tech e soprattutto per la tua stagione?

Abbattuto no, perché ho combattuto fino alla fine: non posso rimproverarmi davvero nulla. Certamente però mi aspettavo risultati migliori: ho chiuso la stagione con una sola vittoria in Francia e non è da me. Ma cambiando aria, ho recuperato entusiasmo, sin dalle prime pedalate avevo voglia di ritornare il Nizzolo che tutti conoscono.

Oltretutto tu sei abituato a partire sempre forte, molti tuoi risultati di spessore sono arrivati proprio nella primissima parte dell’annata agonistica…

E’ vero, mi è stato tolto un pezzo importante, ma questo non mi turba. Vorrà dire che troverò la forma un po’ più tardi e per me saranno comunque le prime settimane, dove poter ottenere risultati, solo che saranno altre gare. Il problema è che dovrò ripartire da zero, quanto ho fatto prima è stato pressoché annullato da questo maledetto infortunio. La cosa importante sarà comunque non avere fretta, seguire tutti gli step secondo i tempi giusti. In questo la squadra mi dà sicurezza. Il primo passo sarà recuperare il tono muscolare.

Nonostante il brutto infortunio, Nizzolo guarda con ottimismo al futuro, puntando alla seconda parte dell’anno
Nonostante il brutto infortunio, Nizzolo guarda con ottimismo al futuro, puntando alla seconda parte dell’anno
Entri in una squadra molto composita, con giovani e anziani in egual misura. Dal tuo punto di vista, lavorerai in un team che imposterà le corse in maniera diversa dall’Israel? Quale supporto avrai per le volate?

E’ certamente presto per dirlo, ma io credo che ci siano tanti buoni corridori, ci sia un bellissimo potenziale per costruire un treno di qualità che possa pilotarmi verso il finale nella maniera migliore, possa permettermi di giocare le mie carte al cospetto di chiunque. Poi dipenderà dalla forma che avrò io e quella che avranno gli altri, ma sono ottimista. Ora devo solo aspettare e fare quello che serve, poi verrà il mio momento.

Brambilla lancia la seconda (ambiziosa) stagione della Q36.5

20.01.2024
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La Q36.5 Pro Cycling Team si affaccia al suo secondo anno di vita. Il team svizzero, nato dalle ceneri della Qhubeka ha messo alle spalle la sua prima stagione da professional. Un anno zero, condito da qualche successo e da una crescita continua. In questa squadra c’è una buona rappresentanza italiana, guidata da Gianluca Brambilla (in apertura foto SprintCycling).

Il corridore vicentino inizierà, a 36 anni, la sua quindicesima stagione da professionista. La sua figura nella Q36.5 Pro Cycling Team è fondamentale e di grande rilievo, un mentore e un consulente, sempre pronto a dare supporto. Senza rinunciare, tuttavia a qualche ambizione personale. 

Brambilla e la Q36.5 stanno preparando l’esordio stagionale allenandosi sulle strade di Calpe (foto Luis Eder)
Brambilla sta preparando l’esordio stagionale pedalando sulle strade di Calpe (foto Luis Eder)

Dalla Spagna al deserto

Brambilla, insieme ai suoi compagni, si trova a Calpe a preparare i primi appuntamenti del 2024. La scorsa stagione ha visto il brutto infortunio alla clavicola, rientrato per tempo e prontamente messo alle spalle.

«Sto bene – ci racconta Brambilla – ho passato un buon inverno. Quest’anno la stagione inizierà dall’AlUla Tour (ex Saudi Tour), mi sento a buon punto. L’inverno per me è un periodo fondamentale, soprattutto a 36 anni. Per il momento non ho avuto intoppi, a differenza dello scorso anno e questo mi fa stare sereno».

Brambilla nel 2023 è passato alla Q36.5 dopo cinque anni alla Trek
Brambilla nel 2023 è passato alla Q36.5 dopo cinque anni alla Trek
La squadra come sta?

Rispetto al 2023 sento che siamo tutti più avanti, test e dati dicono questo. La passata stagione abbiamo iniziato in ritardo e ci siamo trovati a rincorrere. Il primo ritiro lo avevamo fatto a gennaio e come bici e materiale eravamo un po’ in svantaggio. E’ normale sia così, quando nasce una squadra da zero c’è da fare tutto e non è facile. Anche i tecnici si sono trovati a mettere insieme 20 corridori nuovi. 

Che bilancio trai dal 2023?

E’ stato un anno zero, ma che ci ha fatto fare tanta esperienza. I tecnici hanno imparato a conoscerci e anche tra corridori siamo diventati sempre più gruppo. Ora i diesse sanno che tipologia di corridori hanno a disposizione ed è stato importante per costruire bene questo inverno. 

E Brambilla che cosa ha imparato?

A dare più aiuto e un maggior supporto. Mi sono accorto che la mia esperienza può essere fondamentale. Nel 2023 non ero il più vecchio, mentre quest’anno lo sono. Ho cercato di essere di supporto a tecnici e compagni. La cosa che mi ha fatto maggiormente piacere è aver visto come la mia opinione venga presa in considerazione. Scelte, idee, confronto e tanto aiuto ai giovani, soprattutto agli italiani. 

La Q36.5 nel 2024 conterà 27 corridori di 14 nazionalità differenti
La Q36.5 nel 2024 conterà 27 corridori di 14 nazionalità differenti
Che cosa ti pare dei giovani?

Questa squadra mi piace perché i ragazzi ascoltano maggiormente rispetto ad altri team dove sono stato in passato. L’organico è ampio, ci sono 27 corridori. Sembrano tanti, ma con doppia e a volte tripla attività, ci si trova contati.

La tua è stata una stagione senza grandi Giri come è andata?

Non ho sentito una grande differenza, ho corso tanto e con un calendario di buona qualità. Anche per il 2024 non abbiamo ancora la certezza di fare grandi Giri, ma questo non mi spaventa. Notizia di questi giorni, saremo al Giro del Delfinato e al Giro di Svizzera. Nel mese di giugno avremo tre attività: due WorldTour (Delfinato e Svizzera, ndr) e Giro di Slovenia. E poi c’è da dire una cosa.

Quale?

Che nel 2023 siamo stati al via delle cinque Classiche Monumento, cosa importantissima. E nel 2024 dovremmo aggiungere al programma le corse nelle Ardenne, alle quali dovrei partecipare. Non ci manca un grande Giro per fare una bella figura. 

Siete stati una delle migliori professional del 2023, ed era solo il vostro primo anno di vita…

Eravamo quinti nel ranking, dietro a Lotto Dstny, Israel, Uno-X e Total Energies. Siamo nel pieno della lotta per essere tra le migliori professional e per conquistare la licenza WorldTour. 

Che ci dici dei giovani italiani?

Spero che per Calzoni possa essere l’anno della prima vittoria. So quanto è importante e mi auguro che arrivi subito, sarebbe un bel modo per far scattare la molla e sentirsi più sicuro. Ha imparato dagli errori, come al Tour of Norway dove ha attaccato controvento e si è piantato. Io lì ero a casa ma gliel’ho detto: «Ma dove vai?». Se si fosse fermato a respirare un attimo avrebbe vinto. 

E dei nuovi?

Ho avuto come compagno di stanza Fancellu. Lui deve ritrovarsi, ho visto che una stagione (il 2021, ndr) è stata difficile. Una nuova squadra può dargli una nuova motivazione e chissà che ritrovi la brillantezza dei giorni migliori.

Per Brambilla che 2024 vedi?

L’obiettivo è essere nella mischia e fare da supporto ai compagni di squadra. Non avrò paura di tirare per loro, ma sono sicuro che troverò le mie occasioni. Si parte dall’AlUla Tour, l’ambizione è arrivare alla primavera più pronto rispetto al 2023.

Ecco il nuovo kit del Q36.5 Pro Cycling Team

16.01.2024
4 min
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I primi giorni del 2024 hanno rappresentato per molti team professionistici l’occasione per presentare la propria divisa da gara per la nuova stagione. Non ha fatto eccezione il Q36.5 Pro Cycling Team, pronto a buttarsi con grande entusiasmo nella sua seconda stagione nel mondo del professionismo. Nei giorni scorsi Q36.5, primo sponsor e fornitore dell’abbigliamento tecnico della formazione elvetica, ha presentato ufficialmente il nuovo kit con il quale i ragazzi guidati dal Direttore Generale Douglas Ryder saranno chiamati a migliorare il bottino di 7 vittorie raccolto lo scorso anno al loro debutto fra i professionisti.

Rispetto al 2023 la nuova divisa si caratterizza per un colore leggermente più scuro. Ad accumunare simbolicamente tutti i capi che compongono il kit 2024 è la mission #RacingTheFuture, presente sul retro della maglia.

Luigi Bergamo CEO di Q36.5
Luigi Bergamo CEO di Q36.5

Il top di Q36.5

Il kit ufficiale si compone degli innovativi capi Gregarius Pro. La maglia e i pantaloncini sono due punti fermi della linea tecnica di Q36.5. Sono capi tecnici avanzati e sostenibili che aiutano gli atleti ad affrontare i percorsi più difficili e impegnativi e a mantenere la temperatura corporea ideale di 36,5°C in ogni momento di gara e allenamento. 

La maglia Gregarius Pro Team di Q36.5 è estremamente leggera pesando solo 110 grammi. E’ traspirante e ad asciugatura rapidissima. Combina 4 tessuti proprietari, prodotti al 70% con filati riciclati e 11 pannelli, tutti posizionati strategicamente per consentire la massima aerodinamica e termoregolazione.

I pantaloncini Gregarius Pro Team di Q36.5 sono altrettanto leggeri, soli 175 grammi. Incorporano il fondello proprietario Qlab Air e si caratterizzano per un sistema di bretelle elastiche ed una finitura con taglio al vivo sul girogamba, tutti sviluppati dal team di ricerca e sviluppo interno di Q36.5 per ottimizzare il comfort ed il trasferimento di potenza. Realizzati con filati riciclati al 100% e, come l’intera linea di Q36.5, sono prodotti a mano nel raggio di 350 km dalla sede centrale di Bolzano.

L’intero kit si caratterizza per elementi grafici che riprendono l’analisi della termoregolazione corporea e gli “accents” in colore neon, assicurano la massima visibilità in tutte le situazioni di gara.

A sinistra il direttore generale del team Q36.5 Pro Cycling Team, con Vincenzo Nibali
A sinistra il direttore generale del team Q36.5 Pro Cycling Team, con Vincenzo Nibali

Le nuove scarpe Q36.5

Rispetto alla scorsa stagione, nel 2024 la squadra correrà sia con le scarpe Unique che con le nuove Dottore Clima, un’altra novità rivoluzionaria del Q36.5 LAB. Le nuove scarpe che saranno presentate a febbraio. Ciò si ricollega allo studio di Q36.5 sul sistema dei “3 Punti di Contatto”, che ottimizza i tre punti di contatto del ciclista con la bicicletta attraverso le scarpe, i pantaloncini ed i guanti, ottenendo guadagni marginali grazie a un trasferimento ottimale della potenza e al massimo comfort. 

Parola ai protagonisti

Luigi Bergamo, CEO e Responsabile Ricerca e Sviluppo Q36.5, ha così commentato il nuovo kit e la collaborazione con il team.

«Ispirato dai nostri studi sul Body Mapping e basato sui nostri principi fondamentali di progresso e innovazione – ha detto – il kit gara del Q36.5 Pro Cycling Team per questa seconda stagione è stato sviluppato per aiutare i nostri atleti a spingersi al limite ed oltre. Siamo estremamente orgogliosi di vedere i corridori della squadra beneficiare dei nostri prodotti e portare il ciclismo di performance ad un livello superiore. Insieme stiamo costruendo il futuro del ciclismo #RacingTheFuture».

La divisa del 2024 ha dei dettagli in colore neon, che assicurano la massima visibilità in strada
La divisa del 2024 ha dei dettagli in colore neon, che assicurano la massima visibilità in strada

Parla Ryder Douglas

Dal canto suo, Douglas Ryder, Direttore Generale Q36.5 Pro Cycling Team, ha manifestato con queste parole la soddisfazione della squadra per la nuova divisa.

«Il nostro team – ha spiegato – ha davvero apprezzato nella prima stagione l’abbigliamento tecnico di Q36.5 che ha supportato gli atleti nelle condizioni più difficili e nei 200 giorni di gara. Il fatto che i corridori abbiano trovato comfort e funzionalità tecnica nell’abbigliamento Q36.5  la dice lunga sulla qualità e l’affidabilità del marchio. Resistere alle diverse condizioni atmosferiche e agli ambienti ciclistici più ostili ha garantito il comfort fondamentale per ottenere prestazioni ottimali: Q36.5 ha dato il meglio di sé su tutti i fronti. Il nuovo kit per la stagione 2024 si contraddistingue per l’incredibile design, dando maggior visibilità ai nostri partner e una maggiore consapevolezza visiva per i nostri corridori grazie agli “accents“ al neon che consentiranno loro di essere riconoscibili mentre combattono da vicino nel gruppo».

Q36.5

Conca riparte dopo due mesi senza bici (come Masnada)

22.10.2023
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CALDARO – Siamo in Trentino per il training camp di Q36.5 pronti a partire per un itinerario gravel, propensi a testare il materiale tecnico del marchio bolzanino. Ivan Santaromita (ex campione italiano, nonché tester e consulente R&D per Q36.5) ci sta parlando delle innovazioni tecniche che il brand sta progettando per il prossimo futuro. Vediamo arrivare un ragazzo alto, vestito con l’abbigliamento da riposo del Q36.5 Pro Cycling Team. «Oggi non pedalo con voi – dice sorridendo amaramente Filippo Conca – anzi a dir la verità non pedalo da inizio settembre». 

Proprio così, vi avevamo raccontato dell’infortunio di Fausto Masnada un mese fa e oggi troviamo con lo stesso medesimo problema al soprasella Filippo Conca. Un’infezione che lo ha costretto a riporre la bici in garage per due mesi senza altre possibilità. Per lui un anno complicato, ricco di aspettative, ridimensionate a seguito di tanti intoppi susseguitisi uno dopo l’altro inesorabilmente. 

Conca ha scelto il Q36.5 Pro Cycling Team dopo due anni in Lotto Dsnty
Conca ha scelto il Q36.5 Pro Cycling Team dopo due anni in Lotto Dsnty
Com’è andato questo tuo anno?

Un quarto di anno. Squadra nuova, tutto partiva da zero anche per loro. Le ambizioni erano comunque alte, sia come team sia per me stesso. L’anno scorso, a fine stagione, finalmente ero riuscito a trovare continuità, due o tre mesi senza problemi e stavo raccogliendo bene alla Vuelta. Alla diciassettesima tappa ho ripreso il Covid, quindi la stagione è finita anche lì in modo brusco. Dopo un bell’inverno ho iniziato bene, avevo buone sensazioni già a gennaio e febbraio alla Valenciana. Dopodiché al Tour of Rwanda sono stato male per colpa di un virus intestinale dopo solo un giorno di gara. Alla Strade Bianche comunque, non sono andato forte, ma col livello che c’era, neanche pianissimo, cioè mi sono staccato sul Monte Sante Marie da 50 corridori.

Poi?

A quel punto, sono andato alla Tirreno-Adriatico. I primi due o tre giorni stavo bene, poi tutto d’un colpo, da un giorno all’altro ero morto, mi staccavo prima dei velocisti e non si capiva il perché. Avevo un mal di schiena forte, non riuscivo a dormire, però non avendo né tosse né raffreddore, non abbiamo pensato neanche di fare un tampone Covid. Così ho fatto un mese completamente senza forze, fino a quando ho iniziato avere problemi respiratori. Tutte le volte che ho avuto il Covid ho sempre avuto problemi analoghi. Per 20-30 giorni, era difficile sia camminare che andare a 30 all’ora. Quindi molto probabilmente avevo passato il Covid senza essermene accorto.

Qui Conca all’italiano di Comano Terme con alla sua ruota Simone Velasco
Qui Conca all’italiano di Comano Terme con alla sua ruota Simone Velasco
Questo ha complicato la tua stagione?

Sì perché continuavo ad allenarmi, ma andavo sempre più piano, fino a quando poi abbiamo deciso di fermarci a inizio aprile. La squadra mi ha fatto un test VO2 Max e abbiamo visto  che avevo perso 12 punti di VO2 Max e 80 watt in soglia nonostante non avessi mai interrotto gli allenamenti fino a quel giorno. Da lì ho dovuto ricostruire tutto da capo, altura a Livigno e quant’altro, a fine aprile ho ripreso con le corse. Gare diciamo non adattissime, però facevo il mio, cercavo di aiutare la squadra, giustamente perché ero stato fuori la prima parte di stagione.

Quando hai rivisto la luce?

Finalmente sono riuscito a raggiungere un buono stato di forma all’italiano e ho fatto ottavo. Una piccola dimostrazione che mi ha dato fiducia per proseguire a testa bassa. In quelle situazioni ti aggrappi anche a risultati così. Alla sera dell’italiano sono partito e sono stato a Livigno 26 giorni, poi sono sceso e ho corso subito in Spagna dove ho ritrovato una buona gamba.

Poi cos’è successo?

Mi sono allenato ancora a casa e dopo 20 giorni sono andato a Burgos, dove è successo il misfatto perché ho fatto le prime tre tappe forte. Alla terza sentivo di stare bene, mi sono risparmiato per tutto il tempo, quando poi è arrivata la salita l’ho presa a tutta e sono rimasto subito da solo. Dopo tre, quattro minuti, tutto d’un tratto, sono esploso come se di colpo mi fossi surriscaldato. E’ una cosa di cui non avevo mai sofferto ed è suonato un campanello d’allarme. Con il dottore ci siamo accorti dell’infiammazione al soprasella, ma non abbiamo collegato le due cose. Nell’ultima tappa, sono stato malissimo, ho sofferto tutto il giorno e poi dopo l’arrivo febbre, vomito, mal di testa e l’ascesso tutto insieme. Da lì si è fermata la mia stagione…

Il Covid e l’infezione hanno alterato la stagione e la condizione fisica di Conca
Il Covid e l’infezione hanno alterato la stagione e la condizione fisica di Conca
E adesso?

Ho fatto l’operazione come ha fatto Masnada. Si rimuove l’ascesso e si riparte da zero. Infatti l’intervento è stato fatto dallo stesso chirurgo che ha operato Fausto.

Riprenderai la bici a novembre dopo 50 giorni. Ti aspetta un inverno anomalo?

Più o meno partirò nello stesso periodo, forse un po’ più tardi degli altri anni, perché di solito parto a inizio novembre. Anche se gli altri anni stavo fermo 20 giorni, dipendeva dall’annata, adesso però ripartirò da zero. 

Come ti sei tenuto in forma in questi due mesi senza bici?

In realtà ho provato a prenderla qualche volta quando l’infiammazione si sgonfiava, ma ogni volta facevo un danno più grosso. Così in accordo con i preparatori sto facendo camminate e molta palestra. Sono anche curioso di vedere come andrà, perché comunque non ho mai lavorato così tanto sulla forza. Pensavo di mettere molti più chili con la palestra. Proverò a far tutto l’inverno, tenendo gli allenamenti in palestra due volte a settimana.

La cronometro quest’anno gli ha regalato la terza top 10 stagionale
La cronometro quest’anno gli ha regalato la terza top 10 stagionale
Per quanto riguarda il team come ti sei trovato quest’anno in Q36.5?

Mi sono trovato bene. Comunque l’ambizione della squadra è alta, gli sponsor sono molto buoni, quindi c’è anche budget per lavorare bene. Il primo anno non è mai semplice, però credo sia stata un’annata positiva per la squadra.

Senti di aver trovato il tuo giusto spazio, sai che lo troverai anche anno prossimo?

Sì, a dir la verità, ho scelto di venire qua per questo. Sono professionista da tre anni e nelle poche occasioni in cui sono riuscito a trovare anche solo due mesi di costanza, che è pochissimo nel nostro sport, ho trovato un ottimo livello di performance. Con continuità potrei arrivare a livelli importanti anche di risultato. La possibilità di rinnovare in Lotto-Dstny ce l’avevo, però ho preferito cambiare aria. Il ruolo di gregario non lo disdegno, certo preferirei farlo in una squadra WorldTour italiana. Però qui sento che posso giocare le mie carte e mettermi a disposizione quando serve. Il tutto dimostrando di essere all’altezza anno dopo anno. 

Il tuo “quarto di anno” si è concluso. Ora obiettivi e ambizioni sono tutti spostati al 2024. Si parla di Giro d’Italia per Q36.5. Se così fosse?

Voglio esserci. Dovevo farlo nel 2022, ma il Covid me lo ha tolto due giorni prima del via. 

Brambilla, fiducia già in estate: la Q36.5 se lo tiene stretto

21.10.2023
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Gianluca Brambilla non si ferma, rilancia e va avanti. Il veneto ha trovato nella Q36.5 nuova linfa e forse anche piena fiducia. A 36 anni suonati, il “Brambi” poteva anche dire basta. Una buona carriera, qualche vittoria di peso, team importanti nei quali ha anche lavorato per capitani importanti. Non doveva nulla a nessuno. 

Il livello poi oggi è siderale, si sa, e non è facile. I corridori nati negli anni ’80 sono sempre meno e pochissimi sono riusciti ad adattarsi al nuovo ciclismo. Per farlo serve una grande disponibilità, ma anche una certa intelligenza. 

Gianluca Brambilla (classe 1987) ai nostri “microfoni”
Gianluca Brambilla (classe 1987) ai nostri “microfoni”

Un anno in più

Invece succede che la firma per il rinnovo arriva prima di quanto ci si potesse attendere. 

«E’ stata una stagione positiva – ci spiega Gianluca – nonostante sia stata segnata da due momenti delicati: uno a dicembre scorso, quando sono stato operato di appendicite, e uno in piena estate al Giro di Svizzera.

«Nel primo, ho passato una settimana all’ospedale quando ero nel bel mezzo della preparazione. Perdere una settimana in quel modo, poi di questi tempi, non è stato facile. E infatti questo intoppo ha segnato il mio inizio di stagione».

Nel mezzo Brambilla fa delle buone corse e trova un certa continuità che non guasta mai, tanto più se si è un corridore non giovanissimo.
«Poi allo Svizzera, sul quale era incentrata la stagione, ho avuto sfortuna. Nelle prime tappe mi sono subito rotto la clavicola. Altro stop che mi ha tenuto fuori due mesi. Poi però comunque sono rientrato. Ho fatto subito qualche buon piazzamento. E sono andato anche vicino alla vittoria a Burgos».

Brambilla si appresta ad affrontare la 15ª stagione da pro’. Nel suo palmares sei vittorie tra cui una tappa al Giro 2016
Brambilla si appresta ad affrontare la 15ª stagione da pro’. Nel suo palmares sei vittorie tra cui una tappa al Giro 2016

Grinta…

La grinta non manca a Gianluca e questo è stato ancora una volta il suo punto di forza.
«Io – va avanti Brambilla – non mi accontento mai. Anzi, sono sempre un po’ troppo cattivo con me stesso. Però penso che per avere una mentalità vincente, devi essere un po’ così e alla fine credo sia una cosa positiva per me». 

Corridori così sono sempre meno. Jolly un po’ su tutti i terreni, disponibili per il team e all’occorrenza in grado di prendersi le proprie responsabilità. È facile capire dunque perché Douglas Ryder, patron della Q36.5, abbia deciso di tenerlo ancora un altro anno, almeno…

«Riguardo alla firma del contratto la situazione era più positiva dell’anno scorso – spiega con un certo orgoglio Gianluca – loro volevano farmi rinnovare e io che sono agli ultimi anni di carriera ho accettato di buon grado. Anche perché con la squadra mi trovo bene. Sono contento del supporto che riesco a dare con la mia esperienza».

Gianluca è un riferimento per i compagni. Eccolo con Damien Howson dopo che l’australiano aveva vinto nelle Asturie
Gianluca è un riferimento per i compagni. Eccolo con Damien Howson dopo che l’australiano aveva vinto nelle Asturie

Ed esperienza

E la parola esperienza in questo caso non è vaga come altre volte. La Q36.5 è davvero una squadra giovane e un Brambilla ci stava, e ci sta, bene.

«All’inizio della stagione ci siamo ritrovati un po’ ad inseguire le gare. Avevamo tante corse in calendario, volevamo arrivare dappertutto, però la squadra era fatta solo di 20 corridori. Ci sono stati momenti in cui facevamo tripla attività. E non era facile essere competitivi dappertutto. Poi però quando abbiamo preso il ritmo abbiamo colto qualche bel risultato e ci siamo tolti anche qualche soddisfazione».

Il discorso vira poi inevitabilmente sui giovani. Se Brambilla è un riferimento in gruppo, figuriamoci per i ragazzi della sua squadra. Già sapevamo del buon feeling con Walter Calzoni. E lui stesso lo conferma.

«Di giovani ne abbiamo tanti – dice Gianluca – e i nostri mi sembrano giovani che hanno più voglia di molti altri. Vogliono emergere. Penso a Walter per esempio. Lui mi sta vicino, mi chiede, è motivato… Per me è un ottimo corridore, ha un grande motore e deve cercare di sfruttarlo al meglio.

«Discorso simile per lo spagnolo Camprubi, forte e curioso».

Novità e ambizioni in casa Q36.5 nelle parole di Bergamo e Nibali

18.10.2023
6 min
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BOLZANO – Abbiamo imparato a conoscere Q36.5 per la continua ricerca dell’innovazione in campo tessile. Nel 2023 il brand bolzanino si è messo in gioco anche dal punto di vista agonistico con il team professional. La scorsa settimana abbiamo partecipato al training camp di Q36.5 al Lago di Caldaro, dove ci siamo immersi nel dietro le quinte del team e del marchio tricolore. Ne abbiamo approfittato per intervistare Luigi Bergamo, Amministratore Delegato e Responsabile R&D di Q36.5 e Vincenzo Nibali, brand ambassador e consulente per la squadra. 

Per quanto riguarda il lato sportivo, nel breve periodo l’ambizione è quella di partecipare al Giro d’Italia e in tre o quattro anni c’è la volontà di fare il salto nel WorldTour. Lato prodotto invece, abbiamo avuto la conferma che negli uffici di Bolzano la parola innovazione sia un dogma che coinvolge tutti e tre i punti di contatto della bici, tra fondelli, guanti e scarpe in continua evoluzione.

Saper testare

La mission di Q36.5 è quella di creare prodotti che si adattino ad ogni esigenza del ciclista con standard di comfort e performance al top. Il mantra è scritto nel nome del brand, creare tecnologie che mantengano la temperatura del corpo ideale e costante in ogni situazione. Il team professionistico in questo ha un ruolo fondamentale, cioè quello di essere il banco di prova per eccellenza.

«E’ sempre un po’ difficile – spiega Luigi Bergamo – all’interno di un team, trovare le persone che hanno quella sensibilità, perché tanti, dicono “sì, va bene” oppure “no, non va bene”. Però il problema è capire che cosa devi correggere. La fortuna nostra interna è che siamo tutti un po’ ciclisti e anche grazie a chi lavora con noi e ha praticato ciclismo a livello professionistico, come Ivan Santaromita o Mario Kummer, riusciamo anche in fase di sviluppo, a correggere e capire come sviluppare al meglio i prodotti. Abbiamo alcuni ragazzi del Pro Team che ci hanno dato un po’ di feedback per migliorarli. Ma soprattutto ci è servito anche per verificarli con lo stress test per eccellenza: cioè l’utilizzo professionistico.

«L’altro aspetto importante – afferma Bergamo – è che ci teniamo a capire la durata di vita del prodotto, quindi nel senso della durevolezza, se nel materiale c’è qualcosa da correggere. Non so, magari la posizione della cucitura da spostare che può dare fastidio. Piuttosto che appunto la qualità dei materiali in termini di usura».

Innovazione continua

Vincenzo Nibali in questi giorni, esattamente un anno fa, chiudeva la sua carriera professionistica. Oggi è un riferimento per Q36.5 come brand ambassador e tester dei prodotti. 

«Partendo dal marchio – dice Nibali, che negli stessi giorni è diventato papà per la seconda volta – sono stato introdotto praticamente quasi da subito, quindi da novembre dello scorso anno fino a oggi. Posso dire di aver provato almeno una ventina di capi d’abbigliamento. Solitamente ogni brand magari ha tre o quattro linee massimo da farti testare, ma avere così tanti prodotti da utilizzare e sviluppare costantemente non mi era mai capitato prima.

«Questo è anche il bello di Q36.5, che non si sofferma soltanto a un singolo capo, bensì ha l’obiettivo di sviluppare sempre e continuamente nuovi prodotti per ogni tipo di di settore, dalla mountain bike al gravel, dalla strada alla crono e infine il triathlon. Magliette più leggere, più areo con diversi capi magari più invernali, primaverili, autunnali e via dicendo. C’è una grandissima cura del prodotto. Luigi (Bergamo, ndr), quando crea o studia qualcosa, la segue dall’inizio alla fine. Sta alzando l’asticella su molti aspetti. Se non conoscessi il brand ed entrassi in un negozio, difficilmente ne uscirei a mani vuote».

The Shark è la collezione esclusiva che Q36.5 ha realizzato in collaborazione con Nibali
The Shark è la collezione esclusiva che Q36.5 ha realizzato in collaborazione con Nibali

Gli obiettivi di Bergamo

Nemmeno un anno di vita e il Q36.5 Pro Cycling Team ha posizionato l’asticella degli obiettivi già ad un livello impensabile anche solo pochi mesi fa. 

«Non siamo WorldTour – afferma Bergamo – ma professional. Abbiamo la fortuna di avere dei partner come UBS o Breitling che ci danno il supporto economico per poter competere. Il team è partito all’ultimo momento come un’idea, se vogliamo un po’ pazza. Basti pensare che si è iniziato a lavorare nella costruzione della squadra da luglio 2022 in poi, diciamo con tempi molto ristretti. Però, nonostante tutto si è riusciti, a mio avviso, a creare un bel team. Possiamo vedere anche dei ragazzi giovani del Continental Team che hanno performato bene. E’ sempre difficile scontrarsi con i giganti WT, soprattutto, appunto, al primo anno. Nonostante non abbiamo partecipato ai Grandi Giri, i nostri atleti hanno avuto modo di farsi vedere e soprattutto i ragazzi di fare una buona esperienza. 

«L’obiettivo per il 2024 – argomenta Bergamo – è di continuare a crescere. Sono stati aggiunti adesso cinque nuovi inserimenti e l’obiettivo è un po’ quello di scalare la classifica e fare questi mitici punti per poter magari nel 2025 o 2026 ambire al grande salto nel WorldTour. Il Giro d’Italia può essere un primo traguardo. Faremo il possibile per esserci, come brand italiano, come squadra con una forte presenza tricolore, da Moschetti e Conca, fino a Brambilla e l’arrivo di Nizzolo.

«Insomma, ci sono tanti italiani di valore, anche promettenti. In questo periodo diciamo dove il circuito italiano magari è un po’, come dire, alla ricerca di talenti noi abbiamo interpreti come Calzoni, ragazzo giovanissimo che promette molto bene. La nostra presenza alla corsa rosa sarebbe anche un riconoscimento e un giusto banco di prova. Sarebbe importante per il team anche per la visibilità perché poter essere lì per tre settimane, sarebbe insomma l’obiettivo massimo».

Vincenzo NIbali si è connesso da remoto per stare vicino alla nuova arrivata Miriam Nibali
Vincenzo NIbali si è connesso da remoto per stare vicino alla nuova arrivata Miriam Nibali

Il bilancio di Nibali

Gli atleti in maglia Q36.5 quest’anno hanno alzato le mani sul traguardo sette volte, chiudendo un anno positivo, ma con ampi margini di miglioramento. Luigi Bergamo e gli sponsor hanno ambizioni importanti. Vincenzo Nibali dall’alto dei suoi 17 anni di professionismo ha il compito di capire cosa c’è da correggere.

«Credo che il bilancio sia ottimo – conclude Nibali – perché la squadra è partita quest’anno con delle ambizioni molto forti. Abbiamo subito raccolto una grandissima vittoria allo sprint con Moschetti e poi successivamente sono arrivati anche tanti altri successi. Chiaramente non dobbiamo fermarci qua, il team deve crescere ancora. C’è ancora da lavorare tanto, ma la partenza è più che buona. Ci siamo posizionati nella categoria professional, ma abbiamo ottenuto già dei risultati molto buoni. Fare uno step successivo sicuramente non è semplice, ma c’è lo spazio per poterlo fare».

L’urlo di fine stagione. Oioli riparte da qui

12.10.2023
5 min
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C’è tanto dietro la vittoria di Manuel Oioli domenica al Gran Premio Del Rosso, una delle ultime classiche della stagione under 23. Un successo davanti a sei compagni di fuga, tutti di team di categoria mentre il corridore di Borgomanero è del Team Development Q36.5 e già questo è un motivo di ragionamento. Poi perché il successo diciamo che mette a posto un po’ di cose, dopo un’annata nella quale il corridore era spesso stato in evidenza, portando a casa tanti piazzamenti tra cui la piazza d’onore alla Piccola Sanremo, ma era sempre mancata la vittoria.

Un successo che rinsalda anche le convinzioni di Oioli (nella foto di apertura Pettinari Communications), alle porte di una stagione delicata, quella che dovrà sancire il suo passaggio al professionismo al termine di un percorso nella categoria coperto per intero, con convinzione, ma anche con tante ambizioni ancora da realizzare e per certi versi guadagnarsi.

«A dir la verità questa vittoria l’aspettavo da due anni – esordisce Oioli – praticamente è dal Lunigiana 2021 che attendevo, non ero mai riuscito a trovare la zampata giusta, pur portando a casa molti buoni risultati. E quando manca la vittoria è come se ti venisse un blocco mentale, pensi sempre di sbagliare tutto. Per me questo successo è stato una liberazione che vale tantissimo».

Il successo nella volata ristretta del GP Del Rosso, su Garavaglia e Bortoluzzi (foto Pagni)
Il successo nella volata ristretta del GP Del Rosso, su Garavaglia e Bortoluzzi (foto Pagni)
Che gara è stata?

Non tanto dura e non propriamente adatta alle mie caratteristiche, con la salita di Vico che era uno strappo di 3,5 chilometri da coprire otto volte, ma che non faceva così tanta selezione. Io però sentivo di stare bene e la corsa si è messa nella maniera migliore con un gruppetto in fuga. So che in quelle situazioni sono sufficientemente veloce per giocare le mie carte. Sapevo che era un’occasione da non farsi sfuggire.

Tu hai svolto un calendario abbastanza articolato, fra gare italiane ed estere. Che idea ti sei fatto?

Con il team abbiamo disputato quasi tutto il calendario delle gare internazionali in Italia, poi alcune gare all’estero che ho affrontato anche con la nazionale. Ho avuto l’opportunità di gareggiare anche contro i professionisti, come a Fourmies. Mi sono accorto che tra le gare internazionali di categoria, soprattutto all’estero e quelle contro i “grandi” non c’è poi questa grande differenza di ritmo e conseguentemente di livello. Mi sono anche dato una risposta: è merito proprio dei team Devo come il mio, dove si acquisisce l’abitudine a un certo tipo di ciclismo.

Quest’anno il piemontese ha assaggiato anche le sfide con i pro’, in Francia e Germania
Quest’anno il piemontese ha assaggiato anche le sfide con i pro’, in Francia e Germania
Trovi quindi differenza, a parità di età e valore, tra il gareggiare per una formazione di categoria e un team Devo?

Sì, senza alcun dubbio. E’ un vantaggio perché non devi sbatterti oltremisura per trovare un passaggio fra i pro’, è come se la tua strada fosse tracciata. Certo, bisogna andar forte, bisogna meritarselo, ma non devi star lì sempre a dimostrare qualcosa, sei più libero di testa. A me ad esempio, la mancanza di vittorie stava pesando, ma il team non ha mai smesso di credere in me.

Durante la stagione ti è mai venuto qualche dubbio sulla tua scelta di passare alla Q36.5 lasciando la Fundacion Contador?

Sinceramente no, è stata una scelta pienamente consapevole e che continuo a reputare giusta. Mi trovavo bene nel team, ma correvo poco e in un calendario, basato soprattutto sulle gare spagnole, che non era adatto alle mie caratteristiche. Nieri (Daniele Nieri, diesse del team, ndr) mi ha cercato molto lo scorso anno, il team mi è stato vicino anche in momenti difficili. Come detto c’è un clima di fiducia che aiuta a crescere.

Manuel Oioli è nato il 12 maggio 2003 a Borgomanero. Quest’anno ha colto 12 top 10 e una vittoria (foto Instagram)
Manuel Oioli è nato il 12 maggio 2003 a Borgomanero. Quest’anno ha colto 12 top 10 e una vittoria (foto Instagram)
Che voto daresti alla tua stagione?

Mi merito un 7,5 soprattutto per quest’ultima parte dell’anno. Avevo iniziato anche bene, ero anche salito sul podio nel prologo del Giro d’Algeria, ma a fine marzo, dopo che sentivo che qualcosa non andava, mi hanno diagnosticato la mononucleosi. Ho continuato a gareggiare, ma gli effetti mi hanno accompagnato per molte settimane. Sentivo di non andare come volevo, al ritiro estivo di Livigno sono addirittura svenuto in allenamento e i dirigenti temevano avessi qualche problema al cuore. Per fortuna è tutto passato e nel finale ho ricominciato a sentirmi come volevo io.

Che atmosfera c’è nel team development?

Molto serena, non c’è quell’ansia di risultato che per forza di cose un po’ si respira nella prima squadra, dove c’è bisogno di punti Uci anche per dare risposte agli sponsor che investono. Qui si pensa a crescere. La mia ad esempio è stata la prima vittoria in assoluto del team, ma non per questo le cose sono andate male, sappiamo tutti di lavorare per un progetto più grande.

Oioli nel 2021 era stato 5° agli europei e 7° ai mondiali. Ora vuole un’altra chance
Oioli nel 2021 era stato 5° agli europei e 7° ai mondiali. Ora vuole un’altra chance
La tua stagione è quindi finita al meglio…

Sì, le gare sono terminate, ora farò ancora qualche uscita di… decantazione in bici e poi un paio di settimane di totale stop per andare in vacanza. Non di più, poi riprenderò gradatamente con palestra e mtb per ritrovare un po’ di brillantezza in vista della preparazione invernale.

Che obiettivi ti poni per il 2024?

Uno solo e non è una gara specifica. Voglio passare professionista a fine anno, guadagnarmi la mia chance fra i grandi. La scelta di fare tutto il triennio di categoria la reputo indovinata, obiettivamente a oggi quel salto ancora non è nelle mie corde. Vorrei un 2024 più brillante, magari tornare in nazionale ma non come quest’anno, dove non potevo fare altro che aiutare i compagni. Vorrei farlo da protagonista, ancor meglio se all’europeo o al mondiale.

Parisini, la prima in Croazia mettendo nel sacco Mohoric

01.10.2023
6 min
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«La prima cosa che ho fatto dopo l’arrivo – dice Parisini raccontando la sua vittoria alla CRO Race – è stata guardarmi intorno. E poi mi sono chiesto: non è che c’è da fare un altro giro? Proprio non mi rendevo conto. Poi quando ho visto la moto che si è fermata a riprendermi ho detto: ho vinto davvero. Ed è stato bellissimo».

Dopo l’arrivo è rimasto incredulo sul marciapede. La prima vittoria non si scorda mai
Dopo l’arrivo è rimasto incredulo sul marciapede. La prima vittoria non si scorda mai

Freddezza da cecchino

Tutto sommato il corridore di Voghera ha impiegato anche poco per prendere le misure al professionismo, che ha scoperto quest’anno con la maglia della Q36,5. Avevamo ancora nelle orecchie le parole di Moschetti sul suo conto, quando dalla Croazia è arrivata la notizia della sua vittoria sul traguardo di Opatija, a capo di una tappa magari breve, ma dura da morire, con due giri di un circuito parecchio duro nel finale. Alle spalle di Parisini sono finiti Andresen e Mohoric, a significare che il livello fosse davvero alto.

«Il tipo di tappe che mi piacciono – risponde compiaciuto e contento – infatti c’erano da fare questi due giri con uno strappo di 600 metri al 14 per cento e io ho scollinato terzo. Negli ultimi 10 chilometri non sono mai uscito dalle prime cinque posizioni, perché sapevo che il circuito era nervoso e dovevo restare davanti. La cosa che mi piace è che l’ho vinta come se avessi già vinto altre gare tra professionisti.

«Ho fatto passare Mohoric, perché sapevo che era rischioso essere secondo a 500 metri dall’arrivo. Mi ha aiutato essere passato la prima volta sotto il traguardo e aver visto che c’era vento in faccia. Perciò, quando ho visto Mohoric che mi passava, ho subito tirato i freni e l’ho fatto passare. Sapevo che uscendo terzo ai 250 metri dall’arrivo sarei stato perfetto. E oggi (ieri, ndr) in gara Matej è venuto a parlarmi. Mi ha detto bravo, mi ha fatto i complimenti. Che poi riceverli da lui, che ha vinto la Sanremo in quel modo…».

Al Tour of Britain i primi lampi d condizione. Parisini è pro’ da quest’anno, è alto 1,83, pesa 65 chili
Al Tour of Britain i primi lampi d condizione. Parisini è pro’ da quest’anno, è alto 1,83, pesa 65 chili
Un certo tipo di lucidità ce l’hai oppure no…

Credo anche io. Penso sia una roba che devi avere addosso, che non tutti hanno. Adesso non voglio dire che sono un vincente, però quando nell’ultimo chilometro arriva il momento di avere la freddezza giusta che ti fa vincere, riesco a non farmi prendere dall’euforia. A molti invece capita di emozionarsi e di partire troppo presto. Invece ho aspettato il momento giusto e sono felice più che per la vittoria, per come è stata costruita.

C’è chi ha aspettato anni per vincere, tu ci sei riuscito al primo.

La cosa più bella è che vado al riposo con una vittoria e tanto morale. E neanche si può dire che il fine stagione sia il mio periodo. Di solito ci arrivo sempre stanco, però quest’anno ne parlavo proprio con Moschetti. Siccome a luglio, dopo il ritiro in altura in cui mi ero preparato benissimo, ho fatto una settimana con la febbre a 39 e ho perso praticamente tutto, mi sono detto che quest’anno avrei tenuto duro fino all’ultima gara, che sarà la Parigi-Tours di settimana prossima. Voglio vedere se riesco arrivare nel finale di stagione e riuscire a fare qualcosa di buono. E così è successo.

Che rapporto c’è fra te e Moschetti? Lui parla di te un gran bene, dice che lo aiuti nelle volate. Si è creato un bel rapporto?

Diciamo che è dal ritiro di Calpe a gennaio che siamo in stanza insieme. Per me è proprio un punto di riferimento, è una persona d’oro, mi dà un sacco di consigli. E io lo ammiro molto per la sua dedizione e per la persona che è anche al di fuori della bici. Quest’anno mi stanno facendo provare nel ruolo di leadout per lui. L’ultima volata che gli ho tirato (al Gp Isbergues, con vittoria di Moschetti, ndr), è venuta proprio bene e sono contento che lui sia riuscito a finalizzarla al meglio.

Dall’inizio dell’anno Parisini ha legato molto con Moschetti, facendo spesso il suo ultimo uomo
Dall’inizio dell’anno Parisini ha legato molto con Moschetti, facendo spesso il suo ultimo uomo
Aiuti e fai la tua corsa: il giusto compromesso?

Mi stanno dando esattamente questa opportunità. E’ una giusta via di mezzo che mi sta aiutando molto a crescere. Se dovessi sempre lavorare per qualcuno, magari perderei il feeling con il provare a essere davanti nel finale. 

Quest’anno hai fatto dei bei piazzamenti nelle prime classiche del Belgio, poi però al Fiandre e all’Amstel ti sei ritirato. Come mai?

Sono andato forte al Gp Criquielion e al Monseré (11° e 14°, ndr). A quel punto la squadra ha visto che mi so muovere bene in Belgio e mi hanno proposto di fare il Fiandre, l’Amstel e tutte le altre classiche. Il problema è stato che alla Nokere Koerse eravanmo rimasti in 11 e agli 800 metri ero davanti, quando all’ultima curva sono caduto insieme a Hackermann e Thijssen, quello della Wanty. Mi sono fatto parecchio male, infatti il giorno dopo ho provato a ripartire, ma mi sono fermato. In più tre giorni prima del Fiandre mi ha preso un virus intestinale e così sono partito, perché ormai ero in Belgio. Ho fatto la ricognizione dei muri, però poi mi sono fermato.

E ti sei ritirato anche allo ZLM Tour, come mai?

Sono caduto nella prima tappa e l’ho finita. Poi sono andato al pronto soccorso perché non stavo bene e non mi hanno fatto partire il giorno dopo per il protocollo sulla commozione cerebrale. Si cade, ma non dipende da me. Soprattutto nelle corse in Belgio, nessuno tira i freni. Ragazzi, davvero non frena più nessuno e quindi nei finali in cui ti stai giocando una corsa, è una lotteria.

Parisini aveva corso il Tour of Britain anche lo scorso anno, quando correva con la Qhubeka U23
Parisini aveva corso il Tour of Britain anche lo scorso anno, quando correva con la Qhubeka U23
Nel frattempo hai capito che tipo di corridore potresti diventare?

Sicuramente sono molto esplosivo, il Belgio mi piace. Mi piacciono i percorsi nervosi che non ti danno recupero, in cui si arriva stanchi nel finale. Non posso competere nelle volate di gruppo, quelle dopo corse piatte, però quando si arriva stanchi nel finale dopo qualche salita, mi difendo. Riesco a rimanere davanti con 30-40 corridori. Mi piacciono le corse con dislivello.

Come avete festeggiato la sera dopo la vittoria?

Un bel brindisi con lo spumante, ci voleva. Mi è toccato anche fare il discorso. Li ho ringraziati tutti, perché non ci fanno mancare nulla. Credo che la Q36.5 sia una squadra all’altezza di entrare nel WorldTour. Ho detto grazie soprattutto perché mi hanno dato la fiducia nel provare a fare la mia corsa e poterli ricambiare così, è stato un bel segnale. Non è facile quando ti danno in mano la squadra, soprattutto al primo anno. Chiudo la stagione con una vittoria e sono convinto di fare un inverno migliore rispetto all’anno passato, quando ho finito rompendomi la clavicola (ride, fa giustamente gli scongiuri, ndr).

Battuto Pedersen, a Isbergues si rivede un grande Moschetti

18.09.2023
5 min
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A Fourmies si era rivisto ai vertici Matteo Moschetti, terzo nella classica francese vinta da Merlier. Non una gara qualsiasi, considerando la storia della corsa che un tempo era anche nella Coppa del Mondo e ora è categorizzata 1.Pro, direttamente al di sotto di quelle WorldTour. Una settimana dopo, ieri, è arrivato il successo pieno, sempre in Francia, nel GP d’Isbergues, ma quella vittoria è figlia di quanto avvenuto prima.

«Sono davvero felice di aver ottenuto questa vittoria – ha detto a caldo – abbiamo fatto una grande gara come squadra, con Tom (Devriendt, ndr) in testa, mentre il resto di noi ha potuto rimanere coperto nel gruppo. Molte squadre hanno sprecato energie nell’inseguimento, noi invece eravamo semplicemente seduti lì ad aspettare. Abbiamo raggiunto Tom molto vicino al traguardo e i ragazzi sono stati davvero bravi a mettere me e Parisini in una buona posizione, a due chilometri dall’arrivo».

A Isbergues, Moschetti ha battuto Pedersen e Demare: verdetto al fotofinish
A Isbergues, Moschetti ha battuto Pedersen e Demare: verdetto al fotofinish
La vittoria era nell’aria? Nella volata di Fourmies si era visto qualche lampo di un grande Moschetti…

Ho sofferto tanto in quella domenica, non lo nascondo. Avevo un caldo terribile, neanche il ghiaccio mi dava sollievo. All’inizio ho sentito subito che non avevo buonissime sensazioni, così quando mancavano una quarantina di chilometri ho detto ai compagni di non contare su di me. Poi pian piano ho sentito che riprendevo vigore e ho trovato qualche buon treno per risalire. Ai meno 1,5 chilometri ho trovato un varco per posizionarmi davanti e a quel punto ho fatto la volata, cogliendo un podio del tutto inaspettato.

Come sei arrivato alla vittoria di ieri?

E’ un periodo che sto abbastanza bene, la condizione c’è, ma anni di esperienza mi hanno insegnato che spesso la forma non basta, se non c’è anche la giusta reazione psicologica per ottenere qualcosa. Domenica a Fourmies quel terzo posto è venuto tutto dalla testa… I frutti si sono visti proprio ieri, quando la squadra ha lavorato nella maniera giusta. Una volta arrivati nel finale, Parisini è stato strepitoso nel portami ai 200 metri all’altezza di Démare e Pedersen, poi è stata battaglia, vinta al fotofinish.

La volata di Fourmies con Merlier 1° e Moschetti sul podio, pronto a graffiare (foto Getty Images)
La volata di Fourmies con Merlier 1° e Moschetti sul podio, pronto a graffiare (foto Getty Images)
Ryder Douglas a inizio anno parlava molto di te come di uno di quelli chiamato a portare più punti alla causa del team e il tuo l’hai fatto, con ben 13 Top 10 nella stagione, ma di vittorie solo una, alla Clasica de Almeria a febbraio…

Capisco il punto di vista di Ryder che deve giustamente guardare agli interessi del team, per lui contano i punti, ma io guardo ai risultati, alle vittorie. E’ stata finora una stagione nella quale sono stato costante nel rendimento, ma finora non ero mai stato al 100 per cento, quello stato per cui qualche piazzamento si può trasformare in una vittoria. Mi era sempre mancato il colpo finale, d’altronde per vincere serve che tutto vada nella maniera giusta come è successo a Isbergues.

Questo era il tuo primo anno nella Q36.5, un team che ha radici profonde e grandi ambizioni.

Quando un team nasce quasi dal nulla serve tempo, oltretutto è una squadra che è stata costruita pressoché dal nulla e in pochissimo tempo. Trovare il giusto feeling fra tutte le sue componenti non è facile. Il nostro è ancora un work in progress, spero che da qui a fine stagione ci sia ancora modo e occasione per fare ancora meglio e magari cogliere altri successi. Io comunque non pensavo che dopo meno di una stagione si arrivasse già a questo punto, c’è di che essere soddisfatti perché il livello delle prestazioni è già molto alto e sono convinto che il prossimo anno tutti potremo fare molto meglio con un anno di esperienze e di amalgama in più.

Moschetti con Puppio e Parisini: il gruppo si sta creando, il 2024 potrebbe vedere una crescita generale
Moschetti con Puppio: il gruppo si sta creando, il 2024 potrebbe vedere una crescita generale
Come funziona il tuo treno in volata?

Non ho un treno definito, dipende molto da chi è chiamato a correre con me. Nel tempo ho acquisito però una certa affinità con Nicolò Parisini: è un giovane forse poco conosciuto, ma ha tanto potenziale. Come caratteristiche per me sarebbe stato ideale lavorare con Devriendt, ma quest’anno ha potuto correre pochissimo.

Parisini è forte in salita, ma anche veloce: gli stai insegnando il mestiere di sprinter?

Abbiamo caratteristiche molto diverse. Nicolò è un corridore molto giovane, un millennial, rispetto a me è meno veloce ma più resistente, può emergere in quelle corse piuttosto aspre, con dislivelli. Io credo che si può ritagliare i suoi spazi, soprattutto in quelle volate a ranghi ridotti dove emerge chi ha conservato più energie.

L’unico successo del lombardo nel 2023 fino a Isbergues era stata la Clasica de Almeria a febbraio
L’unico successo del lombardo nel 2023 fino a Isbergues era stata la Clasica de Almeria a febbraio
Come vedi la prossima stagione?

Come detto siamo già a un grande livello di competitività, ma so che l’asticella si alzerà. Spero che saremo invitati a un grande Giro, quello rappresenterebbe un ulteriore salto di qualità, ma già ora il nostro calendario è davvero qualificato, visto che ad esempio saremo al Lombardia. Le occasioni per emergere ci sono e ci saranno, è chiaro che gli inviti dobbiamo anche saperceli guadagnare…

La necessità di vincere mette pressione?

Le responsabilità fanno parte del nostro lavoro. Di pressione me ne metto già abbastanza io perché voglio sempre il meglio possibile. Ci tengo a far bene, so che il team ha tante aspettative, ma sono io il primo ad averle e per questo sono più affamato che mai.