EDITORIALE / Cosa va a fare Pidcock alla Q36.5?

09.12.2024
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MIRALBONS (Spagna) – Un punto imprecisato lungo la AP-7 che corre lungo il sud della Spagna. Una sosta per scrivere questo editoriale, sulla strada verso Calpe e dei primi ritiri di stagione. Come ha scritto Emiliano Neri nel nostro gruppo ristretto (del team è parte preziosa anche Luciano Crestani), con questo viaggio inizia il nuovo anno. Mancano 30 chilometri al traguardo, ma è meglio fermarsi per tempo e finire il lavoro con calma. Il titolo ci frulla da qualche chilometro per la testa: cosa va a fare Pidcock alla Q36.5?

Uscendo da Valencia, poco dopo l’aeroporto, un immenso cumulo di auto infangate ci ricorda quello che è accaduto da queste parti poco più di un mese fa. Nei media non se ne parla da tempo, come del terremoto del Centro Italia, ma questo non significa che le ferite siano sanate e dimenticate. Proprio no.

Dalla Sardegna arrivano i messaggi di Filippo Lorenzon, che ieri avrebbe dovuto raccontarci una gara di cross e si è trovato invece nel bel mezzo della bufera di vento che ha portato all’annullamento della gara. Oggi è al lavoro per bici.STYLE, l’ultimo nato, poi tornerà a casa. Qui si comincia invece nel pomeriggio con la Jayco-AlUla, in attesa dell’incontro con Pogacar programmato per domani.

Usciti dall’aeroporto di Valencia, cumuli di terra e una montagna di auto ricordano la Dana
Usciti dall’aeroporto di Valencia, cumuli di terra e una montagna di auto ricordano la Dana

Il cross e Pidcock alla Q36.5

Ci sono due pensieri che si accavallano nella mente mentre si guida verso Calpe. Uno è il sincero dispiacere per il danno subito dall’amico Luca Massa, che per organizzare la Coppa del mondo di cross a Is Arutas ha messo in secondo piano ogni altro aspetto della sua vita e ora è lì a contare le perdite.

Un altro è il passaggio di Pidcock alla Q36.5 Pro Cycling, che ci ha dato tanto da ragionare. Sono due aspetti slegati, distanti fra loro anni luce, per cui forse il solo link potrebbe essere il fatto che il britannico corre anche nel cross. Eppure, sotto questo sole accecante, con le curve che si infilano fra le montagne e il mare sulla sinistra, i puntini si uniscono e compongono un quadro.

Nino Schurter, un’Olimpiade e 10 mondiali, è da sempre un atleta Scott: Pidcock userà invece bici Pinarello
Nino Schurter, un’Olimpiade e 10 mondiali, è da sempre un atleta Scott: Pidcock userà invece bici Pinarello

Schurter non c’entra

La notizia che Pidcock sarebbe andato alla Q36.5 girava da mesi. Era convinzione comune che il ritiro di Nino Schurter dalla mountain bike avesse spinto Scott ad accaparrarsi l’astro nascente, l’unico in grado di tenere testa nel palmares al gigante svizzero. Con due Olimpiadi e tre mondiali, l’associazione veniva facile. Quando poi Schurter ci ha ripensato, la pista svizzera sembrava essersi raffreddata, fino all’annuncio di pochi giorni fa e quello odierno di Pinarello da cui si è capito che il motore dell’operazione non è Scott.

Si dice infatti che Pidcock sarebbe da tempo il pallino di Ivan Glasenberg, proprietario di Pinarello come pure azionista di Q36.5 e alla fine avrebbe garantito lui per il contratto milionario (si parla di 8 milioni all’anno) del campione. Tom era il corridore più pagato della Ineos, bravo lui e bravo il suo procuratore, per cui forse di là non avranno lottato troppo per trattenerlo. A questo punto però, l’uomo del bar che c’è in ciascuno di noi, è portato a chiedersi: cosa troverà Pidcock nella nuova squadra che non poteva avere alla Ineos Grenadiers?

Ivan Glasenberg, classe 1957, è un magnate sudafricano, super appassionato di ciclismo (foto Bloomberg)
Ivan Glasenberg, classe 1957, è un magnate sudafricano, super appassionato di ciclismo (foto Bloomberg)

Il mercato delle bici

Andiamo al contrario: partiamo da quello che non troverà. Di certo l’ossessione del Tour, che gli si è cucita addosso da quando vinse il Giro d’Italia U23 del 2021 e si decise che sarebbe stato l’erede di Froome. A Pidcock le corse a tappe di tre settimane non piacciono, non le regge e forse trova noioso anche prepararle. Alla Q36.5, che da quando è nata non è stata ancora invitata in un Grande Giro, il problema probabilmente almeno nell’immediato non si porrà.

Sfortunatamente per lui però non potrà dare per scontati neppure gli inviti per le classiche del Nord che più gli piacciono. Si può sperare che gli organizzatori belgi avranno un occhio di riguardo, allo steso modo in cui l’arrivo di Alaphilippe potrebbe aprire alla Tudor le porte del Tour, ma non ci sono certezze.

E in che modo la Q36.5 si sta attrezzando per sostenerlo? Nelle sue dichiarazioni, Tom appare molto contento per l’opportunità di lavorare con dei nuovi materiali, anche se in un comunicato appena uscito, Pinarello fa sapere che il britannico continuerà a usare le sue bici per il fuoristrada.

Anche il mercato delle bici infatti è in subbuglio. Si sussurra, ma è da confermare, che Scott avrebbe rinunciato al Team DSM Firmenich per concentrarsi sulla Q36.5 e al suo posto in Olanda già dal 2025 potrebbe sbarcare Lapierre, uscita dalla FDJ Suez in cui Specialized ha seguito Demi Vollering.

Il vento ha provocato l’annullamento della Coppa del mondo di cross in Sardegna: i danni sono ingenti
Il vento ha provocato l’annullamento della Coppa del mondo di cross in Sardegna: i danni sono ingenti

I diritti dei più piccoli

E’ tutto un ribollire di soldi, del resto si chiama mercato e così deve essere. Tuttavia, pensando a Luca Massa e alla sua Crazy Wheels che ha organizzato il cross in Sardegna (avendo alle spalle Flanders Classics e PPEvents), viene da chiedersi se in questo mondo così assetato di euro ci sia ancora posto per i piccoli. E’ un discorso che si estende ai team giovanili e sale fino ai vertici del movimento, coinvolgendo chiaramente anche gli organizzatori. E’ notizia delle ultime settimane che la Zalf Fior non ripartirà, che la Hopplà corra lo stesso rischio, così come rischierebbe lo stop la Work Service fra gli juniores (speriamo di no).

Nelle scorse settimane, Luca Guercilena aveva posto una domanda cui cercheremo presto di dare una risposta. Se si parla di salary o budget cap per le squadre, perché non fare lo stesso con gli organizzatori? Perché non immaginare una lega in cui si condividano gli utili, in modo che i piccoli abbiano altre (provvidenziali) entrate? Perché ASO ed RCS possono drenare risorse dal territorio nel nome della loro storia? E perché invece i piccoli organizzatori come quello sardo, la stessa PPEvents e la SC Alfredo Binda della Tre Valli Varesine, rischiano di non ripartire per gli effetti di una calamità naturale? Perché i giganti non dovrebbero versare parte dei diritti televisivi o degli sponsor che rastrellano in virtù della loro forza, dato che lo stesso viene chiesto ai team WorldTour?

Cominciamo fra poco il nostro tour con De Marchi, qui alla Vuelta con la moglie Anna e i due figli
Cominciamo fra poco il nostro tour con De Marchi, qui alla Vuelta con la moglie Anna e i due figli

Destinazione Calpe

Sono i pensieri di un giorno di sole in questo primo viaggio che lancia il 2025. Chi governa il ciclismo sta lasciando correre da troppi anni e, come la tempesta di Valencia e quella che ieri ha fermato il cross in Sardegna, la marea rischia di spazzare via quel che trova sulla sua strada. Se non si mette mano al sistema, il ciclismo agonistico rischia di subire danni incalcolabili. La scomparsa delle società giovanili fa calare la probabilità che nascano campioni: è un semplice dato numerico, niente di misterioso.

Chissà che non sia il gigante Red Bull, nel momento in cui capirà l’andazzo, a portare la sua esperienza di altri settori e suggerire un cambiamento di rotta. Ad andare avanti come si è sempre fatto, la storia insegna, non si va più da nessuna parte. Perciò adesso pubblichiamo questo articolo e poi ci rimettiamo sulla strada. Nonostante tutto, l’incontro con i corridori resta uno dei momenti più magici del mestiere.

Parisini, primi segnali di crescita alla corte di Nizzolo

20.08.2024
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Alla recente Vuelta a Burgos, prova introduttiva alla Vuelta Espana si è rivisto ad alti livelli Nicolò Parisini. Il portacolori della Q36.5 ha colto la piazza d’onore nell’ultima tappa per poi spostarsi in Danimarca e conquistare un’altra Top 10, a dimostrazione di una condizione fisica finalmente acquisita. Il che si traduce in uno spirito alto, nella voglia di spaccare il mondo, cosa che gli era un po’ mancata da inizio stagione.

In fin dei conti parliamo di un corridore ancora giovane, appena 24 anni, che il suo posto nel ciclismo che conta se lo è guadagnato e che nel team ha un ruolo importante, a metà fra l’ultimo uomo per Giacomo Nizzolo e il finalizzatore, almeno in certi tipi di arrivi.

Per il vogherese quest’anno 53 giorni di gara con 4 Top 10, tutte ottenute in agosto

«In Spagna ho iniziato a sentire le gambe proprio come volevo – afferma mentre è ancora in giro per l’Europa – già nella seconda tappa avrei potuto dire la mia, ma non ero ancora nella condizione giusta, eppure ho colto la decima piazza il che significava che cominciavo a funzionare. Nell’ultima tappa eravamo d’accordo che avrei tirato per Giacomo, ma sull’ultimo strappo si è staccato così ho preparato lo sprint e Bittner mi ha battuto di poco».

Come ti trovi a lavorare con Nizzolo?

Benissimo, siamo anche in camera insieme nelle trasferte che condividiamo proprio per trovare un sempre più stretto feeling. Parliamo molto, mi dà consigli, gli stimoli giusti. Il suo insegnamento principale è che in questo mondo non c’è nulla di facile, devi guadagnarti ogni cosa con il sudore della fronte facendo piccoli passi. Sto imparando molto da lui.

Tappa finale alla Vuelta a Burgos con Bittner che beffa Parisini, decisamente amareggiato
Tappa finale alla Vuelta a Burgos con Bittner che beffa Parisini, decisamente amareggiato
Giacomo ha avuto per te parole molto lusinghiere, quasi da suo erede…

Lo apprezzo molto, spero sia proprio per quel feeling che si è instaurato anche fuori dalle corse. Mi accorgo che in gara gli chiedo tanto, nella gestione delle corse e lui è sempre disponibile. D’altronde si vede che ha un occhio diverso, coglie momenti che a me sfuggono ancora. La squadra ha puntato molto su di noi, non è un caso se i nostri calendari per la maggior parte coincidono.

Tu nella maggior parte dei casi hai detto di essere il suo pesce pilota. Come ti trovi in questo ruolo?

E’ una vera e propria scuola, è un compito importante per svolgere il quale serve innanzitutto una grande fiducia reciproca. Non s’inventa, serve tempo anche per sincronizzare i movimenti. Io d’altro canto sono uno sprinter diverso da lui, sono veloce ma non abbastanza per le volate a gruppo compatto, mentre Nizzolo è un velocista puro che ha sempre uno straordinario colpo di pedale. Io ho già svolto questo compito al servizio di Moschetti, ora con Nizzolo continuo a crescere. Poi, quando capita l’occasione non mi tiro certo indietro…

Parisini insieme a Nizzolo. Un connubio in tante corse e volate costruite insieme
Parisini insieme a Nizzolo. Un connubio in tante corse e volate costruite insieme
Sei soddisfatto finora di come sta andando la stagione?

Non tantissimo. Sono stato piuttosto sfortunato perché lo scorso anno avevo colto la mia prima vittoria al Cro Race e contavo di ricominciare sulla stessa linea, ma alla quinta tappa della prima corsa, la Volta a la Comunitat Valenciana sono caduto e da allora ho sempre inseguito la condizione migliore. Pensavo di averla trovata alla Tirreno-Adriatico e infatti ero carico a mille per le classiche, ma alla Gand-Wevelgem altra caduta con rottura della clavicola e due mesi di stop. Non ho fatto altro che inseguire la forma migliore, spero di essere ormai sul punto di trovarla.

Come ti trovi nel team?

C’è un solo termine per definirlo: perfetto. E’ una professional al livello più alto, segue un calendario molto qualificato pur dovendo fare i conti con un budget che non può essere all’altezza di quello del WorldTour. L’unica cosa che manca è la partecipazione a un grande giro, ma credo proprio che il prossimo anno anche questa lacuna verrà colmata.

Il lombardo all’E3 Saxo Classic finita al 29° posto. Per Parisini il sogno è vincere in Belgio
Il lombardo all’E3 Saxo Classic finita al 29° posto. Per Parisini il sogno è vincere in Belgio
Ora che la forma sta arrivando, che cosa desideri?

Io mi aspetto di ripetere il 2023 e quindi di vincere almeno una gara. In Danimarca ho lavorato per Giacomo, che ha colto due buoni piazzamenti in un contesto di primo piano. Dopo ci saranno molte classiche di un giorno, alcune hanno percorsi che sono davvero alla mia portata, vorrei piazzare la mia zampata e se fosse all’estero, magari nel nord Europa sarebbe ancora più bello. Il mio sogno? Mettere la firma su una corsa belga, perché la patria del ciclismo vero è lì.

Fancellu: «Il talento di Evenepoel non è mai stato un segreto»

01.08.2024
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Il recente exploit di Remco Evenepoel, che ha conquistato il terzo posto al Tour de France e l’oro olimpico a cronometro pochi giorni dopo, merita di essere celebrato ancor più di quanto è stato fatto. Il campione belga ci ha abituato bene, ma queste prestazioni vanno oltre quanto fatto vedere fino ad ora e lo consacrano tra i grandi. Il nome di Evenepoel gira da tempo nel ciclismo ed è salito alla ribalta quando era uno junior. Di fatto è stato lui l’atleta che ha aperto la caccia ai giovani, una ricerca forsennata che ne ha portati alla luce molti, ma ne ha offuscati altrettanti. E Alessandro Fancellu lo sa bene.

I due hanno avuto un percorso simile fino alla fine del 2018, ultimo anno da juniores (in apertura la foto del podio al mondiale di Innsbruck di quell’anno). Poi da lì in poi le strade si sono divise. Ora Fancellu ha ritrovato continuità grazie al Q36.5 Pro Cycling Team dopo anni difficili pieni di stop e problemi fisici. Il giovane lombardo si prepara ad un finale di stagione ricco di impegni per ritagliarsi lo spazio che vuole e può meritarsi

La corsa all’oro

Fancellu, da junior, si è scontrato spesso con il belga e nel 2018 i confronti sono stati ripetuti e tirati, dal Giro della Lunigiana in cui Evenepoel vinse tutte le tappe tranne una e poi agli europei e ai mondiali. Che cosa ricorda di Evenepoel lo scalatore di Como?

«Quello che sta facendo ora Evenepoel – dice Fancellu, il quale ora è in ritiro a Sestriere per preparare il finale di stagione – non è una sorpresa. Già da juniores, quando veniva alle gare, si vedeva che faceva un altro sport rispetto a noi. Ricordo che al campionato europeo era scattato dopo pochi chilometri ed era arrivato da solo al traguardo. Il ritardo del secondo? Quasi dieci minuti. (9’44” sullo svizzero Balmer, ndr). E’ partito da solo e lo hanno rivisto solamente all’arrivo, un numero incredibile. L’azione più bella che gli ho visto fare dal vivo è stato quello del mondiale di Innsbruck. Era caduto e aveva due minuti di svantaggio, ci ha ripresi e ce ne ha dati altri due».

Sguardo affamato

Il volto di Evenepoel, magro e sempre più delineato, nasconde negli occhi una fame di vittoria incredibile e impareggiabile. Ha dentro di sé un fuoco che lo spinge sempre a fare un passo in avanti, a cercare la vittoria e lo spettacolo. Non importa quanto lontano sia il traguardo. 

«Questo tratto distintivo – spiega Fancellu – lo ha sempre avuto. Ricordo che al Giro della Lunigiana del 2018 aveva perso la cronoscalata nella seconda semitappa. Aveva pagato un secondo a Karel Vacek. Il giorno dopo si è presentato al via della tappa con gli occhi in fiamme. A 50 chilometri dall’arrivo è partito e non lo abbiamo visto più, eppure dietro spingevamo parecchio per chiudere. Le stesse azioni che ha riproposto alla Liegi, in entrambe le vittorie ottenute e alla Clasica San Sebastian. Non gli interessa quanto manca, lui attacca e si toglie tutti di ruota. Alla Liegi dello scorso anno Pidcock era rimasto con lui inizialmente, ma poi aveva pagato dazio. Seguirlo è impossibile. E’ capace di fare 50, 60 o 70 chilometri da solo a velocità impossibili, una caratteristica che lo porta ad essere un cronoman eccezionale».

Alcuni gesti hanno portato il pubblico ad assegnargli il titolo di “spaccone”
Alcuni gesti hanno portato il pubblico ad assegnargli il titolo di “spaccone”

Gesti estremi

Evenepoel lo abbiamo conosciuto da acerbo forse, quando ogni vittoria era seguita da una celebrazione evidente. Quasi fastidiosa per chi al ciclismo associa una maggiore timidezza e umiltà.

«A volte passa da arrogante, anche in passato è stato così – continua Fancellu – ma questa idea non corrisponde alla realtà. Non gli piace perdere e questo lo abbiamo capito fin da subito. Al Tour sarà stato felice del podio, ma non crediate che si accontenti. Il suo passare da arrogante in corsa non è mai andato di pari passo con la persona. Ci ho parlato e non mi ha dato questa impressione. Io userei il termine esuberante, d’altronde quando hai uno strapotere così evidente ti viene da fare tutto». 

In vista del Tour Evenpoel ha limato molto il peso, avvicinandosi a quello degli scalatori puri
In vista del Tour Evenpoel ha limato molto il peso, avvicinandosi a quello degli scalatori puri

Cambiamenti fisici

Fisicamente l’ex campione del mondo di Wollongong sembra non essere mai cambiato. La sua più grande trasformazione è arrivata con la partecipazione al recente Tour de France, prima del quale ha limato molto il peso

«Quando era junior – ricorda ancora Fancellu – aveva un fisico molto più formato. Arrivava dal calcio e muscolarmente era impostato diversamente, le forme erano ben pronunciate. Con il passare degli anni il suo fisico ha subito delle modifiche che lo hanno portato ad essere quello che è ora. Al Lunigiana lo guardavo e vedevo due gambe grosse, enormi. Infatti era forte, ma negli strappi brevi era ancora giocabile. Nel falsopiano invece, con un po’ di vento contro, non lo prendevi mai. E per fortuna che all’epoca (nel 2018, ndr) gli juniores avevano ancora il blocco dei rapporti. Altrimenti avrebbe dominato ancora di più le gare. In pianura a 50 all’ora era costretto a fermarsi, più forte di così non poteva andare. Con i rapporti liberi avrebbe messo il 54×11 e lo avremmo rivisto solamente una volta tagliato il traguardo. Evenepoel le stigmate del campione le ha sempre avute, così come la mentalità».

Il calvario è finito, Nizzolo riassapora la vittoria

20.07.2024
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Quella ottenuta a Sibiu è stata per Giacomo Nizzolo la prima vittoria del 2024 e chi conosce la carriera dell’ex campione europeo non può non stupirsi di un simile ritardo. Soprattutto considerando il ricco palmarés diluito negli anni del corridore milanese, approdato quest’anno alla Q36.5. Il suo inverno era stato traumatico, un incidente in allenamento il 23 dicembre gli era costato la frattura della tibia della gamba destra, il che ha enormemente rallentato la sua preparazione tanto che è tornato a correre solo a fine aprile.

La volata vittoriosa a Sibiu, battendo di un nulla il forte canadese Pickrell
La volata vittoriosa a Sibiu, battendo di un nulla il forte canadese Pickrell

«Questo ha reso la mia stagione complessa – spiega Nizzolo al suo ritorno in Italia – sono partito tardi e con qualche dubbio su quanto sarei riuscito a recuperare, considerando i miei 35 anni. Sapevo però che con l’applicazione sarei tornato a buoni livelli. La vittoria in Romania è stata una bella soddisfazione che mi ha dato morale, ma so che c’è ancora tanto da fare per tornare il “vero” Nizzolo».

Quanto è stato importante l’apporto del team nel tuo ritorno alla vittoria?

Tantissimo, innanzitutto prima, lungo tutto il cammino di ripresa. Non è un team nuovo per me, tanti dello staff sono gli stessi con cui lavoravo ai tempi della Qhubeka, è come una famiglia. In squadra i meccanismi cominciano a funzionare ed è normale perché finora ho collezionato appena 18 giorni di gara. Già nella seconda semitappa del primo giorno avevamo lavorato bene, ma allo sprint ero stato beffato dal canadese Pickrell. Nella tappa finale ci siamo presi la responsabilità della corsa sin dalle prime battute perché volevo fortemente la vittoria.

Nizzolo sul gradino più alto del podio, dal quale mancava dal Tro.Bro Leon del maggio 2023
Nizzolo sul gradino più alto del podio, dal quale mancava dal Tro.Bro Leon del maggio 2023
Com’era il percorso, adatto a te?

Era abbastanza particolare, c’era un piccolo strappo a 600 metri dal traguardo, con 200 metri in pavé, bisognava arrivarci nella posizione giusta e la squadra ha lavorato duramente per questo. In questo modo mi sono preso la rivincita sul canadese dell’Israel, è stato davvero un buon gioco di squadra.

State quindi facendo adesso quel processo di amalgama che solitamente si fa a inizio stagione.

Giocoforza è così. Bisogna conoscersi, entrare in sintonia, muoversi in pieno accordo. Abbiamo potuto gareggiare troppo poco insieme perché questo potesse avvenire, inoltre serviva anche che raggiungessi un certo livello di condizione. Quelle del Sibiu Tour sono state le prime vere volate a cui ho potuto partecipare e per questo il bilancio può essere considerato molto positivo.

Due anni di contratto per il milanese, che svolge anche un ruolo di maestro per i più giovani
Due anni di contratto per il milanese, che svolge anche un ruolo di maestro per i più giovani
Quando sei arrivato alla Q36.5 la dirigenza aveva parlato di te come uomo che doveva portare punti alla squadra (e quindi vittorie) ma anche come maestro per i più giovani. Come ti trovi in questo ruolo?

E’ stato una delle ragioni che mi ha spinto ad accettare la proposta. Io in generale cerco di dare sempre supporto ai più giovani, anche come esperto di dinamiche in gruppo, anche se quelli che passano oggi non sono come eravamo noi alla loro età. Ormai arrivano che sono già pronti, conoscono molto di come funziona questo mondo, sanno che cosa fare ma cerco comunque di essere utile e questo mi dà soddisfazione perché riesco a farmi ascoltare.

Nel team c’è qualcuno che ti ricorda Nizzolo?

Bella domanda alla quale vorrei dare una risposta compiuta più avanti nel corso della mia stagione, perché lavoriamo da troppo poco tempo insieme. Posso dire che un ragazzo c’è, nel quale mi rivedo, ma sono tante le cose da valutare e soprattutto le esperienze da condividere per dare un giudizio.

Nizzolo ha iniziato a correre solo a fine aprile, ora vuole rimpinguare il suo numero di giorni di gara
Nizzolo ha iniziato a correre solo a fine aprile, ora vuole rimpinguare il suo numero di giorni di gara
Dove ti vedremo prossimamente?

Il mio calendario ora si va infittendo: sarò alla Vuelta Castilla y Leon, a Villafranca, al Giro di Danimarca, poi si vedrà ma credo che gareggerò anche ad Amburgo. Sono tutte corse che si adattano alle mie caratteristiche, le prove ideali per continuare a salite di condizione. D’altronde ho bisogno di un calendario così ricco e ne ha bisogno anche la squadra, visto che per forza di cose sono uno dei corridori più freschi attualmente nel team.

Fancellu al Delfinato: la sua prima corsa a tappe WorldTour

10.06.2024
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Il Giro del Delfinato concluso ieri è stata la prima corsa a tappe di categoria WorldTour per Alessandro Fancellu. Il corridore della Q36.5 Pro Cycling ha vissuto questa sua prima esperienza come un modo per crescere, imparare e per confrontarsi con i migliori corridori al mondo. Nella breve corsa a tappe francese, infatti, erano presenti molti dei protagonisti del prossimo Tour de France. A partire dal vincitore Primoz Roglic.

«E’ andata come da previsioni – dice da casa il comasco – è la corsa di più alto livello dopo il Tour de France. Lo ha dimostrato giorno dopo giorno, far risultato o semplicemente mettersi in mostra è impegnativo. Ma se riesci a fare qualcosa è perché te lo sei meritato e lo hai conquistato lottando

Eccolo a colloquio con Fortunato: il corridore dell’Astana, uscito dal Giro d’Italia, ha provato a tenere duro
Eccolo a colloquio con Fortunato: il corridore dell’Astana, uscito dal Giro d’Italia, ha provato a tenere duro
Da cosa si era capito che sarebbe stato complicato?

Direi fin da subito, dal primo arrivo in salita nella seconda tappa. Sono rimasto con i migliori e forse c’è un po’ di rammarico per non essere riuscito a fare la volata. Ma all’ultimo chilometro ero davvero senza gambe.

Ritmo elevato?

La salita l’abbiamo affrontata a ritmi folli (per percorrere i dieci chilometri finali del Col de la Loge il gruppo ha impiegato 18 minuti, velocità media 36 chilometri orari, ndr). La solidità dei corridori la si capisce dal fatto che in quella tappa con un arrivo in salita, anche se non estremamente impegnativo, siamo arrivati in 50

Fancellu nella sesta tappa ha visto muoversi corridori di primo piano e si è unito alla fuga
Fancellu nella sesta tappa ha visto muoversi corridori di primo piano e si è unito alla fuga
Non si staccava nessuno…

Peggio! Rimanevano attaccati anche i velocisti, quella tappa l’ha vinta Magnus Cort e Pedersen è rimasto con noi fino all’ultimo. 

Una bella misura per capire il tuo livello rispetto ai più forti al mondo.

L’idea era quella di capire quanto realmente vanno forte, è importante confrontarsi con i corridori di massimo livello. Il Delfinato e il Giro di Svizzera per la nostra squadra sono le corse più importanti in calendario. Partecipare è una bella esperienza e un onore, bisogna cercare di mettersi in mostra. Per far capire che l’invito è meritato.

Tu ci hai provato.

Entrare in una fuga è difficilissimo, ci va solamente gente con tante gambe e una super condizione. Io nelle prime quattro tappe non ci ho provato, sapevo che il terreno giusto sarebbe arrivato alla fine della corsa. Così dopo la frazione della maxi caduta ho provato ad andare in fuga. 

Ancora la sesta tappa, dopo essere stato ripreso ha provato a tenere duro ma ha pagato 13 minuti
Ancora la sesta tappa, dopo essere stato ripreso ha provato a tenere duro ma ha pagato 13 minuti
A proposito, vista da dentro com’è stata quella caduta?

Abbastanza terribile, fortunatamente sono riuscito a evitarla. Ne ho viste un po’ di cadute così: velocità alta, in discesa e appena tocchi i freni voli. Io non ho frenato e sono rimasto in piedi, facendo un po’ di slalom tra corridori a terra e bici. 

Difficile arrivare al traguardo contro corridori così?

La fuga non è mai arrivata alla fine. Segno di quanto si andasse forte e di come fossero pronti e preparati i migliori. 

In salita hai anche provato a tenere.

In tutte le tappe, era una prova per me stesso, per capire il livello. Il giorno in cui sono andato in fuga stavo bene e una volta ripreso ho provato a restare con i primi. La tappa dopo la condizione era ancora buona e sono rimasto con con i migliori staccandomi quando eravamo rimasti in 20. Non era tanto per un’ambizione di classifica ma proprio per capirmi, conoscermi. Sono rimasto soddisfatto, i primi 7-8 sono ingiocabili ma gli altri sono lì.

Nel 2024 il comasco ha corso anche per la prima volta al Nord, un’esperienza unica
Nel 2024 il comasco ha corso anche per la prima volta al Nord, un’esperienza unica
Questa è una stagione che ti sta dando anche tanta continuità…

Sì e ne sono molto felice. Sto facendo tante corse e alcune importanti, come le Classiche delle Ardenne. E’ stato il mio esordio in quel mondo e mi è piaciuto molto. Ho avuto un bel blocco di gare in primavera e questo mi ha permesso di essere più costante rispetto al passato. 

Appuntamenti così di alto livello ti servono per poter essere competitivo in altri appuntamenti?

Sicuramente. Ora farò un po’ di riposo e andrò direttamente al campionato italiano. Sono lista per il Giro di Slovacchia e a luglio correrò al Sazka Tour.

La Q36.5 fuori dai Giri: la frustrazione dello sponsor

20.05.2024
5 min
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Luigi Bergamo, il signor Q36.5, probabilmente domani si affaccerà al Giro che raggiunge la Val Gardena e la provincia della sua Bolzano. La squadra che porta il nome della sua azienda di abbigliamento ne è rimasta fuori per il secondo anno consecutivo, allo stesso modo in cui la continental ad essa collegata non prenderà parte al Giro Next Gen. Il discorso potrebbe essere spinoso. Se è vero che il Giro d’Italia è la vetrina che dà un senso alle squadre di matrice italiana, è chiaro che non farne parte sia un disagio da gestire. A ciò si aggiunga il fatto che un buon aggancio col Giro, Vincenzo Nibali, da agosto dovrebbe interrompere la sua collaborazione come consulente con la squadra diretta da Ryder Douglas.

«E’ un po’ la situazione – dice Bergamo – non do colpe a nessuno. Sono i problemi legati alle squadre professional. Se non hai certi punti o comunque certi corridori, principalmente i punti, fai fatica ad accedere alle gare. Noi siamo stati fortunati nella prima parte della stagione, perché abbiamo avuto accesso a tutte le gare di RCS. Abbiamo parlato. Già l’anno scorso avevamo chiesto se fosse possibile partecipare al Giro. Però logicamente, avendo solo tre wild card, è legittimo che due siano andate alla VF Group-Bardiani e alla Polti, che sono due squadre italiane. Saremmo parzialmente italiani anche noi, ma l’entrata della Tudor come sponsor ha cambiato le cose. Poteva esserci una minima speranza se qualche squadra WorldTour, come in passato la Lotto, avesse rinunciato, ma così non è stato».

Luigi Bergamo è fondatore e CEO del marchio Q36.5 (foto Jim Merithew)
Luigi Bergamo è fondatore e CEO del marchio Q36.5 (foto Jim Merithew)
Che cosa significa per uno sponsor italiano non essere al Giro?

Non essere al Giro e poi ovviamente nemmeno al Tour è una bella frustrazione. Abbiamo avuto visibilità nella prima parte della stagione, ma nella seconda sparisci. Certo, faremo il Giro di Svizzera, magari il Delfinato, però tre settimane di Giro sono un’altra cosa. Ora ho visto anche della development team, però non so cosa sia successo.

Cosa ne pensa?

Anche quello è un peccato, perché di fatto è una squadra italiana. Non conosco le cause, è una cosa ancora fresca.

Pensa che il suo gruppo possa avere qualche problema con Rcs Sport?

No, direi di no. Tutti coloro con cui ho parlato anche lo scorso anno li ho trovati disponibili. Però è vero che l’asticella si alza e ogni anno si pretende sempre di più. Siamo stati sfortunati con diversi corridori che si sono fatti male oppure hanno avuto problemi e questo di certo ha tolto visibilità e risultati.

L’aspetto sportivo è un po’ al di sotto delle attese?

Parlerei di sfortuna. Nizzolo ha cominciato a correre praticamente ieri a Veenendaal per l’infortunio (foto di apertura). Il canadese Zukowski si è rotto la clavicola ed è fuori anche lo spagnolo Azparren. Si puntava sull’esperienza del belga Frison per le classiche, ma è stato fuori a lungo ed è appena rientrato. Insomma, un po’ di acciacchi e altri che l’anno scorso erano andati bene e quest’anno non vanno. La squadra ha performato meno rispetto a quello che era stato l’anno scorso. L’avvio era stato più che positivo, speravamo che si continuasse anche con qualche giovane che l’anno scorso era andato benino e invece fa ancora fatica.

In compenso, si può dire che avere una squadra sia utile per un’azienda che produce abbigliamento sportivo?

Almeno quello ci dà soddisfazione, è un bel banco di prova, anche per valutare quello che a volte chiamo l’abuso del prodotto. Quello di strapazzare i capi che forniamo è il vero test, anche per trovare nuove soluzioni. Essendo votati per scelta e per passione all’innovazione dell’abbigliamento, una squadra che metta tutto alla prova è sicuramente un buono strumento e una fonte di ispirazione.

I corridori sono buoni tester?

Non tutti sono attenti o ti danno degli input appropriati, però ce ne sono alcuni che per passione sono un po’ più attenti e vicini al prodotto. Cercano sempre il limite, sia con la bici che con i capi che indossano. Oltre al nome del brand o del marchio, che ha il punto di forza nella termoregolazione, la sfida è legata alle velocità sempre più alte, che richiedono una performance superiore da parte dell’abbigliamento. C’è sempre maggiore attenzione nel portare concetti di aerodinamica che una volta erano legati solo alla cronometro, mentre adesso si sono spostati anche alle corse su strada.

Nel 2024 tanti piazzamenti per Moschetti, che indossa un body anche su strada
Nel 2024 tanti piazzamenti per Moschetti, che indossa un body anche su strada
Ormai si corre sempre più col body: pensa che diventerà una tendenza anche per il mercato?

L’amatore vuole maglietta e salopette. Anche se lo abbiamo proposto, vedo che il pezzo singolo funziona molto poco, anche perché è più difficile da abbinare. Tante volte hai bisogno del pantalone di taglia M e la maglia S e non possiamo fare lavorazioni su misura per ogni cliente. La persona normale, al di là di quelli che corrono e fanno delle vere competizioni, è più comoda con i due pezzi separati. Diciamo che per l’azienda le cose legate alla squadra procedono bene. Per il resto, si tratta di aspettare. Ci vediamo a Santa Cristina Valgardena, un salto dovrei farlo di sicuro.

Strade Bianche: nuovo percorso. L’analisi con Brambilla

01.03.2024
5 min
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SIENA – «Cosa ricordo di quel 2016? Che saltellavo troppo sui quei sampietrini dentro Siena»! E’ Gianluca Brambilla a parlare. Il veneto, ora in forza al Q36.5 Pro Cycling Team, ricorda appunto la Strade Bianche 2016, l’edizione che stava per vincere. Gli mancarono 300 metri. Cancellara e Stybar lo divorarono nel finale. Ma lui fu autore di un attacco memorabile da lontano. Fu ripreso da quei due, appunto, e da Sagan, ma scattò ancora.

Ieri, dopo una lunga giornata di ricognizione, Brambilla, nel resort sperso sulle colline toscane, ci spiega bene l’edizione che invece sta per arrivare. Un’edizione più che rinnovata nel percorso. Quasi 34 chilometri in più. Più sterrato e più dislivello.

Gianluca Brambilla è uno dei corridori più esperti del gruppo. Ha affrontato la Strade Bianche già otto volte, solo Salvatore Puccio, tra coloro che saranno in gara domani, ne ha fatte più: nove. Con lo sterrato, viste anche le sue ottime doti da biker, Gianluca ha un grande feeling. Lo ricordiamo anche al Giro d’Italia dello stesso anno, protagonista e vincitore della tappa di Arezzo, che prevedeva sterrato. Pochi, dunque meglio di Brambilla, sanno dirci delle condizioni del percorso.

Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca, quanto è cambiata la Strade Bianche in generale rispetto a quel 2016?

Quello che soprattutto è cambiato credo sia il modo di affrontarla da parte dei corridori. Una volta l’inizio era più tranquillo, adesso si va a spron battuto sin da subito. Si è visto anche l’anno scorso. La fuga è durata il tempo del rifornimento, penso 15 chilometri, sul Sante Marie erano già ripresi tutti. Ma questo vale per molte altre corse. Magari proprio quest’anno col fatto che è più lunga assisteremo ad una tattica più simile al passato.

Ora è più lunga e non di poco: 34 chilometri quasi…

Era già una corsa durissima. Si arrivava uno per cantone, quest’anno ancora di più. Il quindicesimo potrebbe già avere 10′. La Strade Bianche è famosa anche perché nel finale gli atleti arrivavano stremati. Insomma, Van Aert cadde sul muro finale!

L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
Oggi ti abbiamo visto impegnato durante la ricognizione: avevi un buon passo, mentre molti altri corridori erano meno concentrati. Perché?

Cerco di fare i tratti di sterrato con un certo impegno e una buona velocità per trovare il feeling con i materiali, soprattutto le gomme. Per capire il comportamento della bici e come guidare. E poi perché ogni anno comunque lo sterrato cambia un po’. 

E come lo hai trovato quest’anno?

L’ho trovato migliore: abbastanza battuto, compatto e con poco ghiaione sopra la base. Quindi era anche poco scivoloso e piuttosto veloce. E c’erano anche poche buche.

Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Veniamo proprio al nuovo percorso: quanto cambia? Cosa ci dici di questo anello di 31 chilometri nel finale: quanto incide nell’economia della corsa?

Tecnicamente, non è durissimo. E’ veloce, le strade sono belle larghe, i tratti di sterrato sono stati rimessi a nuovo. Per me forse è più impegnativa la parte in asfalto, visto che la strada sale per gran parte del tempo. Per quanto riguarda l’economia della corsa in generale, secondo me cambierà il modo di affrontare soprattutto lo sterrato di Monte Sante Marie.

Cioè?

Prima li si muovevano i big, magari adesso aspetteranno un po’. Prima questo segmento era a 50-55 chilometri dall’arrivo, ora sono 78. Ed è lunga a quel punto per andare all’arrivo. Dunque secondo me si muoveranno più tardi, magari sulle Tolfe, al primo passaggio. Anche se è un tipo di salita e di settore differente.

Spiegaci meglio…

Sante Marie dura 15′-20′, Le Tolfe sono uno sforzo più breve. Farà più differenza la fatica accumulata sin lì che non l’attacco. Immagino più una selezione da dietro, per sfinimento.

Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Prima, Gianluca, hai parlato di materiali. Oggi non abbiamo notato coperture al di sotto dei 30 millimetri, sia per uomini che per donne. Tu cosa scegli?

Vittoria ci ha consigliato la loro copertura tubeless da 32 millimetri, con l’inserto antiforatura all’interno e la pressione di 3.3 bar, almeno per me che sono 58 chili. Le ruote sono in carbonio, a basso profilo rinforzate.

Basso profilo e rinforzate: cosa intendi di preciso?

Profilo da 33 millimetri. Rinforzate, dato che con Zipp utilizziamo la versione per le classiche. Insomma non sono le Firecrest. Poi ricordiamoci che nonostante tutto la Strade Bianche è una corsa veloce. E la nostra bici (Scott Foil Rc, ndr) con il suo profilo aero è ottimale… Anche perché ci entrano le coperture da 32! Ma credo siamo proprio al limite.

Ormai, Gianluca, siete quasi dei computer voi corridori attuali, domani avrete 40′-45 in più di corsa: quanto cambia l’alimentazione?

In corsa non molto, anche perché oltre i 100-110 grammi di carboidrati l’ora non puoi andare. Cambia invece un po’ l’approccio il giorno prima. Di solito si fa un “carbo loading” solo dalla sera. Invece con il nostro nutrizionista abbiamo deciso d’iniziare già dal pranzo. Quindi più carbo anche a mezzogiorno.

In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
Il maltempo inciderà sulle scelte tecniche? Per esempio, con coperture troppo larghe, non c’è il rischio che lo sporco si scarichi con più difficoltà con spazi tanto al limite tra coperture e telaio?

Non credo che il meteo inciderà sulle scelte tecniche visto il terreno. Non è comunque uno sporco fangoso tipo mtb che si attacca. Questa polvere, questa ghiaia, si dovrebbero scaricare bene anche se dovesse piovere. 

I favoriti per Brambilla?

I soliti. Diciamo Pogacar?

Anche se Tadej è alla prima corsa?

Ma ormai conta poco. Soprattutto questi campioni, riescono ad arrivare super preparati anche senza corse. E’ fresco muscolarmente e in una corsa così non è poco. Poi anche la Visma-Lease a Bike corre sempre molto bene. Stanno in testa, spendono meno e hanno gente forte come Laporte.

Missaglia e il piano per Fancellu: «Al top in sei mesi»

17.02.2024
4 min
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La prima gara del 2024 di Alessandro Fancellu, con indosso i nuovi colori del team Q36.5 Pro Cycling, ha lasciato intravedere un lieve raggio di sole. Al Tour of Antalya, che ha parlato tanto italiano, c’è stato spazio anche per il comasco. Un terzo posto di tappa, nell’ultima frazione, e il decimo posto finale sono una base buona dalla quale ripartire dopo anni difficili. Il suo diesse nella professional svizzera, Gabriele Missaglia, lo sa bene. A lui, lombardo come Fancellu, è stato riservato il compito di far tornare il ragazzo suoi suoi livelli

«Fancellu – racconta dalla Vuelta a Andalucia – è stata l’ultima firma per il team del 2024. Lui era nei nostri pensieri durante gli ultimi sei mesi del 2023, poi con un susseguirsi di cose si sono liberati dei posti ed è arrivato da noi. E’ una scommessa, dobbiamo e vogliamo riportare Fancellu sui suoi livelli, ci crediamo. Soprattutto noi della parte italiana del team».

La volata dell’ultima tappa all’Antalya e il terzo posto alle spalle di De Vries e van Den Bossche
La volata dell’ultima tappa all’Antalya e il terzo posto alle spalle di De Vries e van Den Bossche
Il suo 2024 è iniziato bene, almeno in gara…

Sì, per essere il risultato della sua prima gara con noi siamo soddisfatti. Ha avuto degli intoppi durante l’inverno, qualche influenza che lo ha fermato un po’. Considerando gli stop subiti nella fase di preparazione alle corse questa top 10 ci soddisfa. Era da tanto che non vedeva dei risultati del genere in una tappa e nella classifica generale. 

Gli ultimi risultati paragonabili a questi sono arrivati al Tour de l’Avenir del 2022.

Un corridore che fa dei risultati del genere all’Avenir (quattro piazzamenti in nove tappe e il sesto posto nella generale, ndr) non può fermarsi così. Purtroppo, concedetemi di dire che le nuove generazioni sono un po’ deboli di testa. Molti ragazzi si fanno influenzare tanto dai dati, ma alla base deve esserci l’attitudine al mestiere del ciclista. La grande differenza tra chi ce la fa e chi no arriva in corsa, quando bisogna superare il famoso momento critico. Se si passa quel livello allora si è tra i primi, altrimenti no.

Sulle rampe di Tahtali Fancellu ha pagato 1’06” dal vincitore Piganzoli
Sulle rampe di Tahtali Fancellu ha pagato 1’06” dal vincitore Piganzoli
Che idea ti sei fatto su Fancellu?

E’ sulla buona strada, lo vedo con il giusto atteggiamento, si pone in modo positivo. Sta lavorando con Luca Quinti come preparatore, sono contento e fiducioso. Alessandro è un ragazzo che mi piace: è intelligente e ha trovato un ambiente e dei compagni giusti. Di lui ho parlato anche con Basso, prima di prenderlo.

Cosa vi siete detti?

Ivan ha creduto tanto in lui quando Fancellu era alla Eolo. Si augura che da noi possa tornare il corridore che era e raggiungere il suo massimo. 

Avete un percorso in testa?

Sono due anni che non riesce a esprimersi, per un motivo o per l’altro. Mi aspetto che ci possa far vedere il suo meglio in sei mesi. Non gli abbiamo messo un calendario troppo impegnativo, alla Valenciana e alla Vuelta a Andalucia non è stato portato. Il Tour of Antalya era una corsa sulla carta più semplice, poi ho guardato i dati e sono notevoli, quasi da WorldTour. 

Vi siete sentiti dopo la corsa in Turchia?

Ci sentiremo più seriamente nei prossimi giorni, ma ho avuto modo di fargli i complimenti via messaggio. Mi è piaciuta tanto la sua risposta: mi ha detto che ha provato a fare il colpaccio (il riferimento è all’attacco nell’ultima tappa, ndr). Sono dell’idea che se un corridore dà il 110 per cento in gara, va a letto soddisfatto, altrimenti la notte fatica a prendere sonno. Lo vedo concentrato.

Da cosa lo capisci?

Dalle sue parole e dall’atteggiamento. Per esempio, dopo il ritiro a Calpe, Fancellu è rimasto in Spagna, a Sierra Nevada, per preparare le gare. Da lì è andato direttamente in Turchia, quindi ci sta che fosse un po’ “imballato”. Vedrete che dai prossimi impegni andrà ancora meglio. Non vedo l’ora di seguirlo dall’ammiraglia.

Domani a Jaen le strade bianche di Spagna. E Calzoni racconta

11.02.2024
5 min
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Walter Calzoni ha iniziato, al Tour of Antalya, la sua seconda stagione tra i professionisti con la Q36.5. Un primo banco di prova per controllare lo stato di salute delle sue gambe e l’avanzamento della condizione. Su di lui si è acceso più di qualche faro dopo un bel 2023, anche se non è arrivata la vittoria. Brambilla, suo esperto compagno di squadra e mentore, crede molto in lui, così abbiamo voluto sentirlo per vedere con quale spirito affronterà questo 2024

«Per il momento sto bene – ci racconta il bresciano alla fine della seconda tappa – le gambe ci sono e girano. Anche se il vero punto sulla condizione lo faremo nelle prossime gare. Quest’anno proverò a correre al Nord: farò Brabante, Amstel e Freccia. In quel periodo avrò il primo picco di condizione. Mi piacerebbe stare bene già alla Strade Bianche, che si corre a inizio marzo, vorrei provare a mettermi in mostra».

Le strade bianche in Spagna

Nel 2023 Calzoni ha corso La Clasica Jaén, che si correrà giusto domani: quella che si può definire la “strade bianche di Spagna”,  giunta quest’anno alla sua terza edizione. Una corsa che si snoda nella regione dell’Andalusia, e nell’omonima provincia, dalla quale la corsa prende il nome. Il territorio è arido, polveroso e dal colorito giallastro, tipico della regione andalusa. Per fare della corsa un veicolo turistico, l’amministrazione locale e gli organizzatori hanno attaccato al nome Clasica Jaen quello di Paraiso Interior, per richiamare i silenzi e il fascino della zona, che non ha il richiamo mare e punta sul verde, sulla storia e i grandi silenzi.

La corsa si arrampica sulle strade che circondano Baeza, sede di partenza, e Ubeda, dove è situato l’arrivo. Un insieme di sali e scendi, circondati dal verde della macchia mediterranea. Arbusti bassi e ulivi a fare da cornice alla corsa, che in solo due edizioni ha raccolto già tanto successo. Nel 2022 l’ha vinta Lutsenko, mentre lo scorso anno a trionfare è stato Tadej Pogacar. Il corridore della Q36.5, alla sua prima stagione da professionista, aveva ottenuto, su quelle strade, un ottimo undicesimo posto. Insieme a lui ripercorriamo e scopriamo quella seconda edizione.

«E’ stata una gara abbastanza dura – ricorda Calzoni – con tanto sterrato e strappi davvero ripidi. Il giorno prima della gara avevamo fatto una ricognizione del percorso ed ero rimasto piacevolmente colpito dal contesto. Alla fine di uno strappo in sterrato si entrava nella città di Obeda, per iniziare il circuito finale, la cosa particolare era che lo sterrato finiva praticamente all’interno del paesino».

L’arrivo 2023 di Calzoni, nel centro abitato di Obeda, 11″ a 1’33” da Pogacar
L’arrivo 2023 di Calzoni, nel centro abitato di Obeda, 11″ a 1’33” da Pogacar

Corta ma esplosiva

I chilometri della Clasica Jaén sono contenuti, nel 2023 erano poco meno di 180, mentre nel 2024 sono stati ridotti a 162. Ma non fatevi ingannare, i valori vengono fuori, tanto che nell’edizione passata i corridori sono arrivati alla spicciolata. La differenza di chilometraggio, fino al 2023, non era così grande rispetto alla Strade Bianche. Quest’anno, invece, la corsa tra gli sterrati toscani supera i 200 chilometri. 

«La più grande differenza – racconta Calzoni – rispetto alla Strade Bianche, che ho corso poco più di un mese dopo rispetto alla Clasica Jaén, è negli sterrati. In Toscana le strade bianche sono varie e si trovano tanti tratti anche in discesa, dove serve saper guidare molto bene la bici. Mentre in Spagna gli sterrati sono prevalentemente in salita, con strappi duri. A livello tecnico risulta meno impegnativa, ma la pedalata deve comunque essere efficace. E’ uno sterrato più grosso, quindi il rischio di forature è maggiore. La cosa che ricordo del percorso, che mi ha colpito, è il dislivello totale. In poco meno di 180 chilometri abbiamo fatto 3.000 metri di dislivello. Tutti senza mai affrontare una grande salita, ma con continui su e giù».

Calzoni ha incontrato lo sterrato anche alla Coppi e Bartali, nella terza tappa
Calzoni ha incontrato lo sterrato anche alla Coppi e Bartali, nella terza tappa

Lo sterrato come amico

Calzoni poi ci ha preso gusto nel pedalare sullo sterrato. Questa “passione” si può dire che sia nata sulle strade della Clasica Jaén. E’ arrivata così la partecipazione alla Strade Bianche e anche alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Nella terza tappa, nella polvere di Monte Cavallo, il giovane bresciano si era messo in mostra. 

«Vero che sullo sterrato mi trovo bene – conferma Calzoni – soprattutto se questi sono accoppiati a percorsi duri, con continui strappi. Ne ho avuto la conferma alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Nella terza tappa, nel velodromo di Forlì sono arrivato sesto, dopo essermi messo in mostra proprio sullo sterrato di Pian del Cavallo. Quest’anno è uno dei primi obiettivi di stagione, tornerò lì perché voglio migliorarmi rispetto al 2023. Prima tornerò anche alla Strade Bianche, prima di lanciarmi verso le corse del Nord».