Tutti parlano della UAE Emirates, capace nella scorsa settimana di fare en plein di vittorie parziali nello stesso giorno nelle tre principali corse a tappe e di sfiorare il filotto nelle classifiche finali, scongiurato solo da Vingegaard nella Volta ao Algarve. La squadra degli Emirati domina la classifica parziale del ranking Uci per questa stagione, ma la cosa che stupisce è che alle sue spalle c’è l’XDS Astana, capace di un inizio di stagione col botto non solo grazie alle imprese di Christian Scaroni, ma anche di Nicola Conci (i due insieme in apertura).
Una sfrenata caccia ai punti Uci
La formazione kazaka è alla forte ricerca di punti per evitare la retrocessione dal WorldTour e tutti si sentono parte in causa in questo ambizioso progetto. Nel quale si è subito immerso Conci, arrivato dall’Alpecin per trovare una nuova dimensione. E i risultati premiano anche lui, che domenica al Tour des Alpes Maritimes è tornato ad assaporare il podio.
«La stagione è iniziata bene, team nuovo, nuove motivazioni, un inverno trascorso lavorando senza intoppi – racconta il 28enne trentino mentre si sottopone a una seduta sui rulli – ma se devo essere sincero non mi sento ancora al punto che vorrei, perché in corsa continuo a far fatica, a non sentire che mi viene tutto facile. Significa che devo lavorare ancora e che c’è margine e considerando il risultato di Vence è un bel segnale».
In Francia però sei stato protagonista non solo come spalla di Christian…
Paradossalmente la cosa che mi è piaciuta di più non è tanto il podio della seconda giornata, quanto il lavoro fatto nella prima per posizionarlo davanti all’imbocco della salita. Era fondamentale per permettergli di giocarsi la vittoria, come poi è stato. Io ho tenuto fino a 400 metri dall’arrivo, poi le gambe erano diventate di piombo… Il giorno dopo, quando abbiamo messo al sicuro la vittoria in classifica, Scaroni ci ha lasciati liberi di giocarci le carte in volata, a me e Champoussin e infatti abbiamo fatto 3° e 4°.
E’ quel che ti aspettavi cambiando squadra?
Diciamo che ho trovato un team in piena ricostruzione, teniamo conto che sono stati cambiati più della metà dei corridori. E’ chiaro che questo significa una piena ristrutturazione anche nell’impostazione del gruppo, delle corse. Noi abbiamo portato uno spirito nuovo, forse anche inconsapevolmente. Tutti sappiamo che l’obiettivo in ogni corsa è fare più punti possibile, quindi cambiano completamente le strategie. Ognuno è chiamato a tener duro fino alla fine, a conquistare anche quel piazzamento nelle retrovie che però ti garantisce un gruzzoletto di punti sempre utile alla causa. E’ un bel gruppo, che si sta cementando intorno alla causa.
Questo però significa anche strategie completamente diverse da quelle alle quali eri abituato, con un team (l’Alpecin Deceuninck) che aveva un leader dichiarato prima del via…
Qui non è che tutti partono per vincere, sia chiaro. Le tattiche le costruiamo in corso d’opera. In Francia ad esempio avevamo tre giovani che lavoravano per gli altri nelle prime fasi di corsa, permettendoci di arrivare più freschi alla fase cruciale. Di base i capitani erano Scaroni e Champoussin che erano gli uomini più in forma. In Australia, dove avevo corso prima, avevamo invece Higuita come leader, che però all’inizio aveva avuto problemi, quindi siamo anche in grado di cambiare in corso d’opera. Infatti abbiamo lavorato per Gate che ha avuto ottimi riscontri. Domenica eravamo davanti io, il francese e Fortunato, almeno uno doveva fare risultato, alla fine l’abbiamo fatto in due… Comunque, per tornare alla domanda, qui la prospettiva è diversa, ci sono sempre almeno 2 o 3 punte.
Quanto influisce questo su di te?
Basterebbe pubblicare i dati per capire a che livello siamo. Domenica era una corsa 2.1, ma i riscontri sono da WorldTour. Noi comunque non guardiamo al livello delle corse perché sono tutte di valore, sappiamo che dobbiamo arrivare davanti e fare di tutto per riuscirci. La sera di sabato, ad esempio, ero in camera con Scaroni e mi ha preannunciato che, se avesse difeso la maglia, nel finale avrebbe dato libertà a noi per fare risultato. Essere coinvolti tutti dà morale, ognuno gioisce per il risultato dell’altro, è questo lo spirito di cui parlavo prima e probabilmente il nostro attuale livello nella “classifica” scaturisce da questo.
E ora che cosa ti aspetta?
Sono ancora in Francia per la Faun Ardeche e la Drone Classic, non dovevo farle ma alcune defezioni mi hanno chiamato in causa e mi fa piacere perché sono corse che mi piacciono molto. Poi avrò il blocco delle corse italiane: nella Strade Bianche per ora sono riserva nel team, invece so che andrò a Laigueglia, Tirreno-Adriatico e Milano-Torino. Poi una pausa prima delle classiche ardennesi, quando a correre sarà il gruppo che attualmente si sta caricando in altura al Teide.
Sei tornato sul podio dopo 3 anni, alla vittoria ci pensi?
Come si fa a non farlo? Io sono passato pro’ dopo soli due anni da dilettante, tutti si aspettavano molto, ma la vittoria non è ancora arrivata. Ora so che è però nelle mie corde e devo dire che ho anche un grande mezzo a mia disposizione. Me ne sono accorto sin da quando sono arrivato, per me la bici del brand cinese è all’altezza delle migliori del WorldTour. Ho tutto a disposizione per centrare l’obiettivo, devo solo trovare l’occasione giusta.