Lo scorso 3 dicembre abbiamo avuto l’opportunità di partecipare alla premiazione dei Beat Yesterday Awards, i riconoscimenti voluti da Garmin Italia per celebrare storie straordinarie di persone comuni. L’evento ci ha offerto l’occasione per entrare nella nuova “casa” della filiale italiana di Garmin, inaugurata solo poche settimane fa a Milano. A chi non è pratico del capoluogo meneghino forniamo subito qualche coordinata geografica. La nuova sede si trova al numero 12 di Viale Ghisallo, nella zona nord ovest di Milano.
Nel nuovo concetto della sede di Garmin si è pensato anche ad un’architettura ecosostenibile Nel nuovo concetto della sede di Garmin si è pensato anche ad un’architettura ecosostenibile
Tra modernità e innovazione
Il nuovo polo italiano di Garmin coniuga modernità e innovazione tecnologica, distinguendosi per linee essenziali e salubrità dello spazio. L’edificio è ai più alti livelli di architettura ecosostenibile, riscontrabili nelle scelte progettistiche, nei materiali, nell’elevata attenzione per il verde e per il benessere di chi vi trascorre le proprie giornate lavorative. L’immobile nasce con le più elevate prestazioni energetico ambientali in un’ottica di ottimizzazione dei consumi e per sostenere un ambiente di lavoro sano. La salubrità dell’aria è garantita dall’uso di materiali a bassa tossicità e da sistemi di filtrazione a carboni attivi. L’impianto fotovoltaico posizionato sul tetto fornisce una porzione dell’energia dell’edificio.
A confermare tutto ciò è Stefano Viganò, Amministratore Delegato di Garmin Italia. Ecco le sue parole: «Per la nuova sede di Garmin Italia abbiamo scelto un edificio all’avanguardia in termini di sostenibilità e benessere aziendale. Un impegno per noi prioritario, che ci siamo presi con senso di responsabilità nei confronti di tutte le persone che rendono grande il brand nel nostro Paese e che desideriamo costantemente ispirate, produttive ed entusiaste della vita in azienda. Il segnale che vogliamo dare è chiaro: Garmin è all’avanguardia nei mercati che serve e crediamo che la sua presenza sul territorio debba andare di pari passo. Sono orgoglioso di inaugurare questa sede, che ci rende ancora di più leader di mercato proiettati al futuro».
La palestra consente ai dipendenti di avere una zona dove tenersi in formaLa palestra consente ai dipendenti di avere una zona dove tenersi in forma
Doppia certificazione
Grazie alle innovative soluzioni architettoniche e impiantistiche, la nuova sede di Garmin Italia è un edificio registrato con l’obiettivo di certificazione LEED(Leadership in Energy and Environmental Design), focalizzata su ambiente ed energia, e WELL(Well building standard), attenta al benessere di chi occupa gli edifici.
Due certificazioni distinte che però operano in armonia e hanno permesso di progettare un edificio altamente performante per quanto concerne l’aspetto energetico e ambientale. Un edificio che garantisce nello stesso tempo il benessere delle persone che usufruiranno degli spazi.
Sono state progettate aree per condividere anche i vari momenti liberi della giornataSono state progettate aree per condividere anche i vari momenti liberi della giornata
Al centro i dipendenti
In occasione dei recenti Beat Yesterday Awards, l’Amministratore Delegato di Garmin Italia, Stefano Viganò, ha sottolineato come sia importante prendersi cura del benessere delle persone che lavorano quotidianamente nella filiale italiana di Garmin. A confermarlo è Alessandra Torriani, HR Manager & Executive Assistant di Garmin Italia.
«Abbiamo fortemente voluto una sede innovativa – ha dichiarato la stessa Torriani – capace di ospitare spazi che i dipendenti di Garmin siano entusiasti di vivere. Per questo abbiamo scelto un ambiente capace di coniugare una forte vocazione green e un’attenzione estrema al benessere dei collaboratori, che da oggi avranno a disposizione aree dove trovare equilibrio tra business e momenti conviviali. Questo consentirà di vivere l’azienda non solo come luogo di lavoro, ma anche come stimolo e completamento di uno stile di vita sano, utile a promuovere il lavoro di squadra e la condivisione tra le persone».
Nell’edificio i dipendenti Garmin potranno dedicarsi al benessere fisico in una palestra attrezzata Technogym, aperta e presidiata 24 ore su 24 e accessibile anche durante i week end.
L’attenzione al well-being è per Garmin un impegno costante da portare avanti con workshop e speech di personalità di spicco che da oggi avranno la possibilità di alternarsi nell’ambito del nuovissimo spazio digitale di Garmin Italia, destinato a diventare un vero e proprio hub in cui convergeranno expertise interne ed esterne, eventi dell’azienda e momenti di formazione.
Non manca un cenno alla storia di Garmin e alle imprese dei suoi atletiNon manca un cenno alla storia di Garmin e alle imprese dei suoi atleti
L’importanza della sostenibilità
Tra i cinque pilastri su cui si fonda il successo del brand Garmin, come più volte detto, spicca la sostenibilità: Garmin investe continuamente in persone, strutture e attrezzature per una strategia di successo a lungo termine.
Nel 2023, Garmin ha ridotto le emissioni di CO2 attraverso l’uso di energia rinnovabile, accompagnato da investimenti in tecnologie efficienti dal punto di vista energetico all’interno delle proprie strutture e da pratiche di riciclaggio continue, in cui i dipendenti svolgono un ruolo fondamentale. Nel corso del 2023, il marchio ha raccolto e riciclato circa 5.000 tonnellate di materiali, tra cui carta, cartone, plastica e rifiuti elettronici dalle sue strutture.
MILANO – Il palazzo del CONI di via Piranesi ospita la conferenza stampa della Lega Ciclismo Professionistico, che in un pomeriggio grigio di dicembre inizia un nuovo corso. L’obiettivo è rilanciare lo sport, per farlo tornare competitivo ad alti livelli. Senza dimenticarci però di chi sta sotto e costituisce la base di questa piramide. Le preoccupazioni ci sono, visto il susseguirsi di voci che vedono le squadre giovanili sempre più in crisi. Alcune chiudono, altre vanno avanti a fatica e alcune ancora non sanno se riusciranno a continuare a navigare, e procedono a vista.
Da destra: Gianni Bugno, Roberto Pella, Vincenzo Nibali, Fabio Roscioli e Giusy VirelliLe commissioni sono composte da ex atleti ed esperti del settore, da dx: Vincenzo Nibali, Fabio Roscioli e Giusy Virelli
La passione c’è
Il presidente della Lega Ciclismo Professionistico, Roberto Pella, sindaco del comune di Valdengo e deputato, ha il suo bel da fare. Ha preso l’incarico qualche mese fa e ora inizia ad agire, anzi qualcosa ha già fatto. A lui chiediamo, in questo momento difficile, cosa ha trovato all’interno della Lega e come ha intenzione di muoversi.
«Io non sono mai abituato a guardare il passato – dice il presidente Pella – ma al presente e al futuro. Cerco di costruire un grande gioco di squadra per portare avanti la valorizzazione di uno degli sport più belli e partecipati da parte di tutta la popolazione: il ciclismo. Da un lato in Italia il numero dei corridori professionisti è limitato, questo è vero. Ma d’altro canto, sono circa due milioni le persone abituate ad andare in bicicletta. Il numero sale a 13 milioni se consideriamo anche i cittadini che utilizzano la bici nella vita di tutti i giorni. In particolar modo, sono almeno 2 italiani su 3 quelli innamorati del ciclismo. I quali lo seguono attraverso la televisione o partecipando lungo le strade ai grandi avvenimenti che l’Italia propone a livello ciclistico. Non dimentichiamo che abbiamo, e sono tutte associate alla Lega Ciclismo Professionistico, le più grandi corse ciclistiche al mondo. C’è anche il Giro d’Italia che rappresenta l’evento sportivo più importante a livello mondiale insieme al Tour de France».
Il ciclismo italiano per ripartire deve aggrapparsi ai suoi campioniIl ciclismo italiano per ripartire deve aggrapparsi ai suoi campioni
I campioni
L’Italia è sempre stato il Paese dei grandi campioni e delle imprese fatte a colpi di pedale. Persone e personaggi che hanno legato le proprie imprese alla storia di questo sport, appassionando gli spettatori. Da qualche anno l’Italia fatica a trovare il corridore che appassiona, che lega con il pubblico. Da una parte manca l’atleta che è capace di grandi imprese, dall’altra c’è la difficoltà di riversare la stessa passione su discipline che non siano la strada.
«Abbiamo avuto -dice ancora Pella – abbiamo e sicuramente avremo anche in futuro i grandi campioni. Corridori in grado di accompagnarci in sfide, com’è stato in passato. Personalmente ho trovato una Lega che sta cercando di farsi conoscere. Che vuole far comprendere alle istituzioni, in modo particolare alle istituzioni politiche, quanto essa possa rappresentare un punto di svolta, di valore. In primo luogo perché il ciclismo professionistico può fare da volano per il dilettantismo. Perché nei professionisti i giovani trovano il mito, l’ideale, la persona di riferimento. Ma anche lo stimolo per diventare a loro volta dei campioni».
L’Italia ha tanti giovani sui quali affidare il proprio movimento, uno di questi è Giulio PellizzariL’Italia ha tanti giovani sui quali affidare il proprio movimento, uno di questi è Giulio Pellizzari
A cascata
Il pensiero sullo stato di salute del ciclismo italiano si divide in due parti, chi pensa che si debba ricostruire dal basso e chi, invece, dall’alto. I primi pensano sia importante strutturare un’attività in grado di avvicinare i giovani e stimolarli ad andare in bici. Gli altri, al contrario, sono convinti che serva un campione in grado di calamitare l’attenzione. Un “effetto Sinner” se vogliamo trovare dei paragoni extra ciclistici.
«Investire sul professionismo – analizza Pella – significa rilanciare il settore giovanile e la crescita del nostro tessuto sociale, in modo particolare anche per le nostre società sportive. Dobbiamo riportare l’Italia a sostenere quelle poche realtà che sono rimaste, anzi a stimolare la crescita di nuove. Dobbiamo spingere perché le istituzioni promuovano una squadra WorldTour italiana, nella quale possiamo far correre i nostri migliori corridori evitando di farli andare all’estero. L’obiettivo è preservare i talenti e farli crescere in modo che possano essere i protagonisti di domani».
Il lavoro di Pella è rivolto ad allacciare rapporti con le diverse istituzioni politicheIl lavoro di Pella è rivolto ad allacciare rapporti con le diverse istituzioni politiche
Le istituzioni
A livello politico il lavoro di Roberto Pella è volto a coinvolgere le istituzioni, avvicinandole al ciclismo in modo tale che possano vederne i valori e condividerli.
«Sto lavorando con i vari dicasteri – continua il presidente della Lega Ciclismo Professionistico – e voglio ringraziare il ministro Abodi per il sostegno, e l’aiuto che da sempre mi ha voluto dare. Non manca il supporto al ciclismo femminile, grazie al ministro Roccella, così come c’è una continua promozione e valorizzazione del territorio e del Giro d’Italia. La bicicletta si lega molto al turismo, lo sappiamo, e il lavoro fatto insieme al ministro Santanché rappresenta un punto importante e fondamentale. Sono tanti i ministeri che sto cercando di sensibilizzare uno a uno per lavorare con questo grande spirito di squadra.
«Abbiamo messo a punto queste commissioni – il riferimento è alle nuove commissioni presentate il 9 dicembre – nelle quali, come potete vedere, sono coinvolti tra i più grandi professionisti di ogni settore: corridori, ex ciclisti o uomini della società civile. I quali potranno aiutare e sostenere il direttivo in quello che è un grosso lavoro di squadra».
Per promuovere la crescita delle squadre sarà importante il lavoro di Jacopo Tognon, presidente della commissione “progettazione, marketing e fondi europei”Per promuovere la crescita delle squadre sarà importante il lavoro di Jacopo Tognon, presidente della commissione “progettazione, marketing e fondi europei”
Le squadre
Il presidente Roberto Pella ha sottolineato quella che è l’importanza di una squadra WorldTour per favorire la crescita del movimento. Il fatto è che in questo momento la squadra non c’è e all’interno delle sette commissioni presentate manca una con riferimento alle realtà sportive. Come si può far crescere il movimento professionistico se poi manca la base?
«Diciamo – replica Pella – che la commissione delle squadre rientra nella promozione del territorio e del marketing (commissione presieduta dall’avvocato Jacopo Tognon, ndr). Per arrivare a delle squadre dobbiamo fare un grosso lavoro di promozione territoriale e individuare grossi gruppi nazionali e internazionali, ma anche aziende di Stato, che in qualche modo possano investire nello sport. Una volta trovate queste risorse è chiaro che si spingerà anche nel promuovere le realtà sportive. Dobbiamo innanzitutto aiutare le squadre esistenti e far sì che l’Italia non ne perda ancora. Ma anche sostenere quelle che abbiamo, anche a livello dilettantistico, sul territorio. Perché il professionismo è la punta dell’iceberg ma noi dobbiamo stimolare quello che è il ciclismo in tutte le sue forme».
Le grandi corse, come Giro d’Italia, rappresentano uno spot per il ciclismo a livello territoriale e localeLe grandi corse, come Giro d’Italia, rappresentano uno spot per il ciclismo a livello territoriale e locale
Il territorio
Coinvolgere il territorio e le istituzioni diventa un passaggio fondamentale affinché il ciclismo possa trovare la sua rotta e ripartire. Unire i cittadini nella passione e nel senso di comunità, mostrando loro quanto sia unico e coinvolgente questo sport.
«Tra i tanti compiti ricopro anche quello di sindaco a Valdengo – conclude Pella – e sono vicepresidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani con la delega allo sport. Quando un evento o una corsa passa da un Comune, non c’è solo un riconoscimento nel vedere il proprio paese passare nella televisione nazionale o mondiale, ma soprattutto l’evento è sempre un preparativo di tanto altro. Ad esempiola gente si ritrova per accogliere al meglio il passaggio dell’evento. Il ciclismo rappresenta un denominatore comune di italianità, per questa ragione il supporto delle istituzioni deve essere prioritario. La bicicletta può rappresentare il più valido strumento di abbattimento dei costi sanitari attraverso la lotta alle malattie non trasmissibili: obesità e il diabete di tipo 2. Dobbiamo promuovere l’attività fisica al fine di migliorare il nostro stile di vita, poi attraverso la costruzione di un movimento si arriva ad avere un riscontro positivo anche nel professionismo. Fare in modo che la cultura della bici sia radicata in noi è il primo passo».
Tonelli e rivi in fuga da Milano al Poggio di Sanremo. Una giornata lunghissima in favore di vento e telecamere. Le loro storie intrecciate verso la Liguria
MILANO – Martedì 3 dicembre Garmin ha celebrato la nona edizione dei suoi Beat Yesterday Awards, un’iniziativa nata nel 2016 per premiare storie e progetti straordinari compiuti da persone comuni. L’edizione di quest’anno merita di essere raccontata, non solo per le storie speciali che abbiamo avuto la fortuna di ascoltare, ma per la location che ha ospitato l’evento. Per l’edizione 2024 dei suoi Beat Yesterday Awards, Garmin ha dato appuntamento presso la sua nuova “casa” di Viale Ghisallo a Milano. Una “casa” che, come ha tenuto a sottolineare Stefano Viganò, Amministratore Delegato di Garmin Italia, è un concentrato di tecnologia e sostenibilità, e dove al centro di tutto c’è il benessere dei dipendenti, la vera forza dell’azienda.
Ogni sala della nuova sede è stata dedicata ad un’impresa sportiva realizzata anche grazie al supporto della tecnologia Garmin. Quella che ha ospitato la premiazione di quest’anno è stata dedicata alla prima ascesa invernale del Nanga Parbat, compiuta da Simone Moro nel 2016.
Giovanna Micol e Maria Vittoria Marchesini con Ruggero Tita e Caterina BantiMaria Vittoria Marchesini, Giovanna Micol con Ruggero Tita
Con qualche novità
L’edizione di quest’anno dei Beat Yesterday Awards è tornata alla sua formula originale con la serata dedicata esclusivamente al racconto delle storie premiate. Rispetto al passato, per l’edizione di quest’anno Garmin ha però optato per un mix di storie che hanno visto come protagonisti persone comuni e sportivi famosi.
E’ stato così premiato il team femminile di Luna Rossa che ha conquistato il titolo della Puig Women’s America’s Cup. Una vittoria che ha messo in evidenza l’eccellenza tecnica e tattica del gruppo. La squadra era rappresentata per l’occasione da Maria Vittoria Marchesini e Giovanna Micol.
Federica Gasperi con Mara Navarria e Dalia DamenoFederica Gasperi con Mara Navarria e Dalia Dameno
Viaggi e Olimpiadi
La seconda storia è stata quella di Roberto Ragazzi, libero professionista che ha affrontato un viaggio di 160 chilometri in Islanda, camminando e trainando delle slitte con gli sci, le tende artiche e tutto l’occorrente per sopravvivere in mezzo al ghiaccio, con condizioni meteo davvero proibitive. Roberto ha affrontato tutto questo per sensibilizzare l’opinione pubblica sullo scioglimento dei ghiacciai e raccogliere fondi per realizzare un acquedotto utile a portare acqua corrente in un villaggio di 1700 persone in Burundi.
La terza storia premiata è stata quella di Francesca Gasperi, che ha attraversato in moto dodici Stati da Imperia a Jedda, in Madagascar, evitando le rotte inaccessibili a causa delle guerre. La meta del suo viaggio è stata raggiungere una zona segnata da grandi difficoltà. Ad accoglierla un missionario davvero speciale, Padre Floriano. Obiettivo del viaggio quello di raccogliere fondi attraverso i social per costruire una strada in grado collegare il villaggio di Padre Floriano con l’ospedale più vicino, distante 80 chilometri.
Dopo Francesca Gasperi ecco Claudio Pellizzeni che, da dipendente di banca, si è riscoperto viaggiatore solitario. Lasciato il posto in banca ha viaggiato 3 anni senza mai prendere aerei e con un budget di 15 euro al giorno. Suo compagno di viaggio il diabete di tipo 1. Per lui il viaggio è stato rinascita e terapia. Oggi Pellizzeni ha un tour operator che vuol far vivere alle persone le stesse emozioni da lui provate nei suoi tanti viaggi in solitaria in giro per il mondo.
La storia che ha chiuso la serata è stata quella di Diego Pettorossi, salito alla ribalta alle recenti Olimpiadi di Parigi. Pettorossi ha 27 anni, è di Bologna e prima delle Olimpiadi lavorava per un’azienda software di San Antonio, in Texas. Qualificato a Parigi 2024, unico atleta non professionista della nazionale Italiana, ha preso due mesi di aspettativa dal suo lavoro proprio per essere presente alle Olimpiadi. Ha mancato la finale per pochi centesimi ma il suo sguardo oggi è già proiettato alle Olimpiadi di Los Angeles 2028.
Claudio Pelizzeni con Alice Bellandi e Nicola SavinoClaudio Pelizzeni con Nicola Savino
Premiano le medaglie di Parigi
La storia di Diego Pettorossi ci porta direttamente a parlare di chi quest’anno ha avuto l’onore di consegnare i Beat Yesterday Awards. Per premiare le imprese straordinarie compite da persone comuni, Garmin ha chiamato alcune tra le medaglie più belle che hanno infiammato l’estate italiana nella storica cornice olimpica di Parigi 2024: Nicolò Martinenghi, medaglia d’oro nei 100 metri a rana, Gabriel Soares, medaglia d’argento nel canottaggio nel doppio pesi leggeri, Ruggero Tita e Caterina Banti, medaglia d’oro con i Nacra 17, Daila Dameno, medaglia di bronzo nell’arco composto alle Paralimpiadi, Alice Bellandi medaglia d’oro nel judo e Mara Navarria medaglia d’oro nella prova a squadre femminile della spada.
Roberto Ragazzi con Lino Zani, conduttore di Linea Bianca
Parola a Garmin
Lasciamo la chiusura al “padrone” della nuova casa di Garmin Italia, Stefano Viganò.
«Ci piace pensare che i riflettori sul palco del Beat Yesterday non si spengano mai – dice Viganò – che le storie continuino a essere raccontate e che i protagonisti le portino avanti giorno dopo giorno, anche una volta finita la festa. Nove anni di Beat Yesterday non sono solo un traguardo incredibile, rappresentano anche l’impegno che l’azienda mette in campo da nove anni per celebrare lo Sport in ogni sua forma. Ciò che ci accomuna non sono i risultati, le performance, le grandi vittorie o quelle sconfitte che hanno sempre una storia da insegnare».
«Ciò che ci accomuna – conclude – sono i valori che lo sport sa trasmettere: la dedizione, l’impegno, il coraggio, la sfida con sé stessi e con gli altri, la passione e la capacità di non arrendersi mai. Vedere tutto ciò rappresentato sul nostro palco, quest’anno addirittura a Casa nostra, è stata la più bella conclusione di un anno che ha regalato grandi gioie sportive».
Durante la serata di martedì Stefano Viganò ha dichiarato che quella di quest’anno potrebbe essere l’ultima edizione dei Beat Yesterday. Una simpatica “minaccia” che si ripete ogni anno. Nel 2025 c’è però un traguardo da festeggiare, quello delle dieci edizioni. Un traguardo che non può essere mancato. Appuntamento quindi al prossimo anno con altre storie straordinarie realizzate da persone comuni.
Lo scorso 20 novembre Colnago ha festeggiato i suoi “primi” 70 anni con una festa che ha chiamato a raccolta a Milano tanti amici di un brand oggi conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Per l’occasione l’azienda di Cambiago ha presentato una Colnago speciale in acciaio chiamata Steelnovo, completamente realizzata in Italia e prodotta in soli 70 esemplari. La Steelnovo è stata una delle tante attrazioni della serata milanese, ma non è stata l’unica novità che Colnago ha voluto realizzare per celebrare al meglio i 70 anni dalla sua nascita.
La capsule collection per celebrare i 70 anni di Colnago, coniugando moda e stileLa capsule collection per celebrare i 70 anni di Colnago, coniugando moda e stile
Colnago incontra la moda
Chi ha avuto la fortuna di essere presente alla festa di Milano avrà sicuramente potuto notare la presenza di alcuni modelli che, come in una vera sfilata di moda, indossavano dei capi di abbigliamento firmati Colnago. Incuriositi e per saperne qualcosa di più abbiamo contattato direttamente l’azienda.
«Per celebrare i settant’anni del marchio – ci hanno raccontato da Colnago – abbiamo deciso di regalarci una capsule collection di abbigliamento high-end. Colnago è un marchio ricco di storia, che è diventato iconico nel mondo della bici. Per i settant’anni volevamo regalarci qualcosa di diverso, e abbiamo pensato ad una capsule di abbigliamento, anche per avere una nuova modalità tramite cui raccontare il mondo Colnago, un mondo basato su valori come il Made in Italy, l’artigianato e l’esclusività. Si tratta di valori universali, che abbiamo cercato di raccontare tramite pochi capi di altissima qualità, realizzati a mano in Italia e disponibili in numero limitato».
Una serie di capi d’abbigliamento high-endUna serie di capi d’abbigliamento high-end
Scopriamo la collezione
La capsule collection firmata Colnago ha un design elegante e minimal, ed composta da dieci capi dallo stile timeless. Si tratta in particolare di capi d’abbigliamento classici e versatili, adatti tanto a look più eleganti quanto alla vita quotidiana. Eccoli nel dettaglio:
Tre capispalla realizzati con tessuti Loro Piana: un trench, una field jacket e una varsity jacket, realizzati in 70 esemplari. All’interno della fodera è presente un’etichetta con il Manifesto di Colnago e il numero del capo (es. 4/70).
Un gilet reversibile, con una facciata in lana e una in nylon, adatto come extra layer o come strato più esterno nelle mezze stagioni.
Due polo in cashmere (70% cashmere, 30% seta), morbidissime e dal fit estremamente comodo, una a manica lunga e una a manica corta, realizzate sempre in 70 esemplari.
Una felpa con cappuccio.
Una felpa girocollo.
Una t-shirt, disponibile in tre varianti colore.
Una polo in cotone piquet, disponibile in tre varianti colore.
«Come brand – raccontano ancora da Colnago – tutto il lavoro degli ultimi anni è stato volto a consolidare il marchio e i suoi valori, per diventare il brand più desiderato nel mondo delle bici, e per parlare a tutti quelle audience che sono “esclusive”. Questa capsule si inserisce indubbiamente in questo disegno a lungo termine, ma nasce anche come volontà di celebrare, in maniera originale, i nostri settant’anni. L’importanza della manualità nel nostro processo produttivo, la figura dell’artigiano, l’italianità, l’attenzione alle materie prime, il fatto che anche il carbonio, materiale alla base della nostra produzione, sia, prima di esser impregnato di resina, nient’altro che un tessuto, ha fatto sì che ci venisse naturale pensare all’abbigliamento».
Solo online
Tutti i capi sono disponibili esclusivamente online sul sito Colnago alla seguente pagina.
Chiudiamo con le parole della stessa azienda: «Nonostante di recente il marchio abbia fatto diverse operazioni nel mondo dell’abbigliamento, Colnago resta un brand di biciclette, un “bike manufacturer“. La nostra ambizione è quella di essere il brand più desiderabile nel segmento delle biciclette dell’alto e altissimo di gamma drop bar. La scelta di regalarci anche dei capi di abbigliamento lifestyle l’abbiamo fatta, da una parte, per dare la possibilità di vivere Colnago in un modo nuovo e originale ai tanti appassionati del marchio, ma anche per raccontare Colnago, un marchio comunque ricco di storia, a un pubblico nuovo, più affine al mondo dell’esclusività».
Che sia un vezzo o una risposta al mercato, Colnago lancia la C68 nella versione Rim Brake, con freni tradizionali. La gamma dei telai veloci si amplia
Con Contador, parlando della sua Fondazione, della generosità richiesta agli ex campioni, della Polti-Kometa e di questo ciclismo che gli piace così tanto
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
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Il 29 novembre, venerdì prossimo, presso il Palazzo del Coni di Milano si svolgerà il consueto incontro organizzato dall’ACCPI per i neoprofessionisti. Una giornata di immersione totale nel mondo che li attende, per il quale sono pronti forse con le gambe, senza tuttavia immaginarne la vastità. I più fortunati hanno trascorso la stagione in un devo team e hanno respirato l’aria dello squadrone, ma ci sono dinamiche che anche loro dovranno scoprire.
Per questo il programma prevede un saluto da parte di Paolo Bettini, che nella veste di campione farà l’introduzione. Un’ora sarà dedicata all’UCI che spiegherà le norme dell’Adams e gli adempimenti giornalieri. Il presidente ACCPI Cristian Salvato parlerà dei diritti e i doveri dei corridori. Elisabetta Borgia, psicologa, illustrerà le sfide dei giovani atleti. Poi sarà la volta della Lega che parlerà di contratti e strutture del professionismo. Marco Velo parlerà dei dispositivi di sicurezza. Infine Giulia De Maio e Pietro Illarietti parleranno di rapporto con i media e gestione dei social media. Originariamente si svolgeva tutto in due giorni, dopo il Covid si è ritenuto che fosse troppo e per questo la giornata si annuncia piuttosto intensa.
Un momento dal corso del 2023, con De Pretto e Biagini (foto archivio ACCPI)Un momento dal corso del 2023, con De Pretto e Biagini (foto archivio ACCPI)
L’idea di Salvato
Noi ci siamo rivolti direttamente a Salvato (in apertura durante l’edizione 2023) per farci raccontare come è andata finora e cosa si aspetta dalla prossima infornata di neopro’, che sono sempre più giovani, al punto che alcuni vanno ancora a scuola. Quali sono le loro priorità? Che cosa chiedono? Quanto sanno di ciò che li attende? E da quanto tempo il sindacato organizza questo incontro? Salvato si mette comodo e racconta.
«Ricordo che il corso nacque dopo che lessi un’intervista a Gallinari sull’NBA – dice – in cui raccontava che tutti gli anni si faceva un corso di una settimana, in cui spiegavano ogni dettaglio. Dalla circonferenza del pallone alle regole di gioco, passando per i contratti e il discorso finanziario. Rimasi affascinato da questo articolo e alla fine, parlandone fra noi, nacque l’idea del corso. Devo dire che da quando abbiamo iniziato, anche altre associazioni hanno preso ispirazione, soprattutto quella francese che è la più attiva. E anche I.T.A. ha iniziato a fare i suoi corsi sull’antidoping. Vengono direttamente loro e un legale dell’UCI per spiegare tutti i dettagli dell’antidoping ed evitare che per qualche sciocchezza qualcuno si rovini la carriera.
La spiegazione del convoglio della gara per molti ragazzi che arrivano dagli juniores è una novità assoluta (foto archivio ACCPI)La spiegazione del convoglio della gara per molti ragazzi che arrivano dagli juniores è una novità assoluta (foto archivio ACCPI)
Quanto sono cambiati i neoprofessionisti in questi anni?
Sono molto più giovani, questo è certo. Ci sono in mezzo anche ragazzi che arrivano dagli juniores. Anni fa c’era stato anche un problema con la Federazione, perché non venivano accettati per un discorso legato al regolamento. Tanto che alcuni presero la residenza in altri Paesi confinanti. Io però li accolgo tutti, perché difendo i diritti dei corridori. Se uno ha 18 anni e va alla Corte Europea, vince a mani basse perché ha il suo diritto di lavorare. Bisogna sicuramente aggiornarsi anche se secondo me bisogna avere anche un attimo di pazienza. Avevamo fatto un’intervista su Pinarello, passato direttamente dagli juniores. Gli auguro che diventi fra i più forti corridori di tutti i tempi, però questo saltare la categoria U23 provoca la chiusura di squadre anche importanti. La Zalf è un esempio, anche se le cause in quel caso sono anche altre.
Che atteggiamento riscontri nei ragazzi?
Tanti dicono che ritornano a scuola, mentre alcuni ci vanno ancora. Sono molto educati, attenti, fanno domande, poi dipende dalle persone e dalle generazioni. Una delle cose che consigliamo è che imparino l’inglese. Ebbene circa 6-7 anni fa, non ricordo il nome, arriva un corridore che non sapeva neanche una parola. Gli avevano detto che nel momento in cui aveva firmato il contratto gli era arrivata di certo la mail di I.T.A. per l’inclusione nell’Adams. Lui diceva di no e così la persona che spiegava gli disse che era una mail in inglese. E lui con grande naturalezza disse che le mail in inglese neanche le apriva. Ricordo che gli raccomandai di cambiare registro, perché l’inglese ormai fa parte della quotidianità. E devo dire che riguardo a questo, sono sempre più preparati. Quasi tutti lo parlano e così diventa tutto molto più semplice.
Trentin è vicepresidente dell’ACCPI e nel 2023 intervenne in video. Quest’anno parlerà di sicurezzaTrentin è vicepresidente dell’ACCPI e nel 2023 intervenne in video. Quest’anno parlerà di sicurezza
Ci saranno anche le donne?
Sì, anche se per loro non è obbligatorio. Con il discorso del WorldTour e anche se in Italia per la Legge 91 non possono essere professioniste, hanno contratti uguali a quelli degli uomini. Il contratto della Longo Borghini e quello di Ganna a Aigle, nella sede dell’UCI, sono uguali. Anche in questo l’Italia è un’anomalia. Ma vorrei aggiungere un’ultima cosa…
Prego.
Una cosa che ribadisco è che noi italiani siamo stati i primi a fare questo corso. Anche quelli dell’antidoping hanno pensato bene di organizzarne uno sul nostro modello. E’ importante far capire ai neoprofessionisti il discorso della reperibilità, per cui hanno fatto anche un corso online. Si è scelta un’informazione diretta piuttosto che fidarsi che l’informazione arrivasse dal compagno di squadra più esperto. Un passaggio necessario.
MILANO – L’appuntamento è al Dots, che significa puntini e stasera qui a Milano i puntini sono gli occhi sgranati degli invitati davanti alle ultime bellezze di Colnago. Si festeggiano i 70 anni dell’azienda di Cambiago, ricordati con foto, schede tecniche, la C35 e la nuovissima Steelnovo esposta all’ingresso della sala. In mezzo, fra il brusio di un chiacchierare spensierato e composto, riconosciamo alcuni dei nomi più belli e importanti del ciclismo.
Corridori e imprenditori, manager e giornalisti. C’è tutto il mondo che vuole bene a Colnago e che si è sobbarcato centinaia di chilometri per esserci. Al punto che quando nella sala entra Ernesto, 92 anni portati ottimamente, è come se fosse arrivato il Papa. Abbracci. Strette di mano. E una foto dietro l’altra con il simbolo di un Made in Italy che non si dimentica e non è possibile superare. Al punto che l’ultima nata è una bici in acciaio. Perché il carbonio è performante e veloce, ma forse le vecchie leghe hanno più cuore.
«E’ una grande soddisfazione – dice Nicola Rosin, amministratore delegato – per un brand che ha una storia molto importante, seconda a nessuno, che però adesso è un’azienda proiettata nel futuro con degli oggetti meravigliosi che oggi sono qui in esposizione. Dal punto di vista dell’azienda siamo diventati manageriali come serve, dal punto di vista del prodotto abbiamo lavorato molto sulla desiderabilità ed è un motivo d’orgoglio, perché effettivamente è un valore che oggi ci viene riconosciuto dal nostro pubblico. Siamo molto emozionati.
Nicola Rosin e Antonio Colombo: l’amministratore delegato Colnago e il fondatore di tubi ColumbusNel corso della serata, dei telaisti Colnago mostravano l’assembraggio delle bicicletteNicola Rosin e Antonio Colombo: l’amministratore delegato Colnago e il fondatore di tubi ColumbusNel corso della serata, dei telaisti Colnago mostravano l’assembraggio delle biciclette
«Fare oggi una bici in acciaio è anche un momento di rottura. Perché grazie alle vittorie dei campioni, si parla di Colnago in tema di performance, di carbonio e leggerezza. Invece l’acciaio è un materiale straordinario che ci permette di proprio raccontare anche la storia dell’azienda».
La Colnago di Tafi
In fondo alla sala dei modelli indossano la nuova linea di abbigliamento e posano su rialzi identici a quelli riservati alle biciclette. I calici di prosecco iniziano a girare, accompagnati da piccole suggestioni super gustose. Gli invitati si ritrovano in capannelli in cui si racconta di tutto. Andrea Tafi è qui con la moglie Gloria, brindano e lei fa foto in giro. Il toscano su bici Colnago ha centrato le vittorie più belle della sua carriera e non dimentica di ricordarlo.
«La Colnago – sorride – è stata il mio primo grande ciclistico. Mi ha permesso di centrare i miei traguardi più belli e di consacrarmi nell’Olimpo dei campioni. Devo tanto a Ernesto e alla Colnago, che rimarrà sempre nel mio cuore. Penso alla C40, importantissima per la mia carriera. Con la C40 abbiamo vinto tutti, grazie all’inventiva di Ernesto che ha messo su una bicicletta veramente eccezionale. Sbaragliando, come diceva lui, tutti gli altri e andando a vincere sui traguardi più prestigiosi. Davvero, una Colnago è per sempre».
Su bici Colnago, Tafi ha vinto il Fiandre, la Roubaix, il Lombardia e anche il tricoloreAssieme alla Steelnovo, 70 esemplari anche per la Capsule Collection di abbigliamentoSu bici Colnago, Tafi ha vinto il Fiandre, la Roubaix, il Lombardia e anche il tricoloreAssieme alla Steelnovo, 70 esemplari anche per la Capsule Collection di abbigliamento
La Colnago di Saronni
Beppe Saronni è stato per anni sinonimo di Colnago. Su queste bici ha vinto e il suo rapporto con il fondatore dell’azienda è stato più volte paragonato a quello di un figlio con suo padre. Ha iniziato vincendo sull’acciaio, ha finito col carbonio, in una storia di vittorie e sfide memorabili. I Giri. Il mondiale. La Sanremo. Il Lombardia. I tricolori. Beppe non ha avuto altre bici all’infuori di queste.
«Io ho avuto la fortuna di avere sempre usato una bici Colnago – sorride – a parte quando da ragazzino comprai la prima usata, che era di una marca sconosciuta. Ho avuto anche la fortuna di vivere il processo di innovazione e lo sviluppo dell’azienda. Ho corso con i telai in acciaio, ma nonostante fossero uguali per tutti, i Master di Ernesto Colnago avevano qualcosa in più.
«Poi sono arrivati l’alluminio e soprattutto il carbonio. Anche lì Ernesto è stato uno dei primi a crederci. Ho vinta la mia ultima corsa, Il Giro di Reggio Calabria nel chilometro più bello d’Italia, con una C35. Una monoscocca in carbonio.
Colnago e i suoi campioni: Motta e SaronniLa Steelnovo ha attirato l’attenzione: il fregio sul tubo di sterzo calamitava l’attenzioneLa nuova Colnago Steelnovo, lanciata oggi per i 70 anni del marchioPer costruire la Steelnovo si è fatto ricorso a tubazioni in acciaio di ColumbusColnago e i suoi campioni: Motta e SaronniLa Steelnovo ha attirato l’attenzione: il fregio sul tubo di sterzo calamitava l’attenzioneLa nuova Colnago Steelnovo, lanciata oggi per i 70 anni del marchioPer costruire la Steelnovo si è fatto ricorso a tubazioni in acciaio di Columbus
«Ogni tanto ci sentiamo – chiude Saronni – e come al solito sono più le novità che ti dà lui su quelle che gli do io. Lui è così. E io credo che Ernesto sarà sempre il personaggio più importante della Colnago, nonostante ora ci siano dei personaggi e delle persone capaci e qualificate che stanno portando avanti bene il marchio. Non trovo strano che sia cambiata la conduzione dell’azienda, però quel tipo di storia l’ha fatta lui e io credo che tutti dobbiamo dirgli grazie e anche bravo».
Le Colnago del Ghisallo
Antonio Molteni ci racconta le meraviglie del Museo del Ghisallo. C’è passione in ogni sua parola e ci sarebbe da dirgli grazie per la passione con cui tiene viva la sua creatura. Lassù nei giorni scorsi è salita una troupe che ha girato immagini con la nuova bici Colnago e lui ce le mostra nel cellulare, proprio mentre passa a salutarlo Giancarlo Brocci, l’ideatore de L’Eroica. All’angolo c’è anche Cassani, tirato come al solito.
Gianetti e Saronni, il presente e le origini della UAE EmiratesGianetti e Saronni, il presente e le origini della UAE Emirates
La Colnago di Cassani
«Da ragazzino – ricorda Cassani – mi comprai una Colnago Messico, solo per averla lì. E sempre a causa di una Colnago, ebbi una disputa piuttosto accesa con Giancarlo Ferretti. Successe che nella Sanremo del 1993, quella vinta da Fondriest, noi avevamo ancora i telai Master in acciaio, mentre Maurizio che correva con la Lampre vinse usando la Carbitubo, arrivata da poco.
«Quando arrivai in albergo, vidi Ferretti e gli dissi: “Vedi Ferron, ci chiedi di farci un mazzo così e di essere magri, e poi ci dai una bicicletta che è due chili in più di quella che ha vinto?”. Ferretti se la prese, era furibondo. Disse che sapevamo solo lamentarci, però dopo venti giorni anche a noi arrivò la Carbitubo. Era fantastica, sentivi la differenza».
Ernesto Colnago ha 92 anni: nella baraonda della serata si è intrattenuto con tutti e ha posato per decine di fotoAntonio Molteni, anima del Museo del Ghisallo, in attesa di ricevere le bici di PogacarPiccoli cimeli impagabili: la scheda della Colnago di Freddy MaertensQuesta invece è la sceda della bici con cui Eddy Merckx fece il record dell’OraErnesto Colnago ha 92 anni: nella baraonda della serata si è intrattenuto con tutti e ha posato per decine di fotoAntonio Molteni, anima del Museo del Ghisallo, in attesa di ricevere le bici di PogacarPiccoli cimeli impagabili: la scheda della Colnago di Freddy MaertensQuesta invece è la sceda della bici con cui Eddy Merckx fece il record dell’Ora
Il genio dell’Ernesto
Si potrebbe andare avanti per tutta la notte, perché qua chiunque ha un ricordo legato ai primi 70 anni della Colnago. Gli occhi continuano a scrutare fra le mille facce presenti e ne riconoscono ogni volta una diversa. C’è pure Paolo Bellino e verrebbe da chiedergli cosa ne sarà del Giro d’Italia, ma questa è la festa della Colnago e allora prima di andare via, preferiamo dare un altro abbraccio a Ernesto.
«Gli anni passano», dice con un filo di voce nell’orecchio. E poi è tutto uno stare in fila per farsi con lui la foto. In mezzo allo scintillare del nuovo corso, ricordare quando Ernesto regalò una bici a Torriani immergendo il telaio nell’oro o quando fece un accordo con la Ferrari perché gli azzurri potessero volare nella 100 Chilometri alle Olimpiadi di Barcellona, fa tornare ad anni ancora caldi sotto la cenere. Adesso però si va a casa: è stata davvero la degna festa per una sì grande storia. Esserci era un atto dovuto.
Attribuito a Serge Parsani il Timone d'Oro 2020. Il Covid ha impedito il convegno di Adispro, ma il premio al diesse bergamasco è stato comunque consegnato
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MILANO BICOCCA – Una grande foto all’ingresso della Fondazione Pirelli ritrae migliaia di lavoratori all’uscita dal primo stabilimento di via Ponte Seveso a Milano, dove nel 1960 fu costruito il grattacielo Pirelli. La fabbrica fu distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Lo scatto fu realizzato da Luca Comerio perché fosse esposto all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906. Le donne e gli uomini fissano l’obiettivo e i loro sguardi raccontano il lavoro in fabbrica e un tempo lontano della nostra storia.
Dopo la visita allo stabilimento di Bollate, l’ultima tappa del viaggio in Pirelli è un ritorno al quartier generale, per andare a curiosare nella palazzina che ne ospita la Fondazione. Dentro ci sono preziosi colpi d’occhio e ancora più prezioso l’archivio della vita industriale dell’azienda. Il resoconto di ogni passaggio, che ha permesso di ricostruire la storia economica di questa importante fetta d’Italia.
Questo lo scatto di Luca Comerio datato 1906, l’uscita dal lavoro dallo stabilimento di via Ponte SevesoEsposta nella Fondazione, la ruota della Pechino-Parigi del 1907, vinta con gomme PirelliL’archivio dei documenti è una banca dati preziosissima, attraverso cui ricostruire la storia dell’aziendaQuesto lo scatto di Luca Comerio datato 1906, l’uscita dal lavoro dallo stabilimento di via Ponte SevesoEsposta nella Fondazione, la ruota della Pechino-Parigi del 1907, vinta con gomme PirelliL’archivio dei documenti è una banca dati preziosissima, attraverso cui ricostruire la storia dell’azienda
La storia di Pirelli
Basta guardarsi intorno e seguire i video esplicativi nell’ingresso della palazzina che la ospita, che fu un tempo la stazione dei pompieri. Essendo stata la prima azienda italiana a lavorare la gomma, si capisce facilmente come mai inizialmente il catalogo prevedesse anche produzioni differenziate: dagli articoli per il pare come gommoni e pinne, ai cavi elettrici, le scarpe e ovviamente le gomme. Ci sono oggetti che rimandano indietro nella memoria, come le celebri scarpe rosse con il tacco a spillo indossate da Carl Lewis in una campagna pubblicitaria di trent’anni fa (in apertura la celebre foto, Fondazione Pirelli). Cassetti e raccoglitori di documenti, fotografie, bozzetti e materiali pubblicitari: un patrimonio che dal 1972 è tutelato dalla Sovraintendenza dei Beni Culturali.
L’idea di mettere mano agli archivi dell’azienda arriva nel 1942, quando l’azienda compie 70 anni. Siamo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e a Mario Luzzatto, dirigente dalla lunga storia in Pirelli, viene affidato il compito di redigere la storia della fabbrica. Per questo porta via tutti i documenti aziendali – verbali del consiglio direttivo, brevetti, disegni tecnici, formule – per catalogarli e renderli fruibili, sottraendoli alla distruzione dei bombardamenti. Il suo lavoro dura per dieci anni ed è oggi un archivio prezioso, cui attingono ogni anno per la scrittura di tesi studenti da tutto il mondo.
Schedari, cassetti, scaffali, archivi digitali: la storia Pirelli è tutta qui dentroProve di logo: negli anni Pirelli ha cambiato spesso il proprio volto graficoEcco invece spuntare la P lunga: si va verso il logo attualeLe produzioni differenziate incoudevano anche le gomme per cancellare, come pure complementi di abbigliamentoBrevetto per un progetto di fabbrica di un pneumatico per ruote di bicicletta, 1903 (Fondazione Pirelli)Schedari, cassetti, scaffali, archivi digitali: la storia Pirelli è tutta qui dentroProve di logo: negli anni Pirelli ha cambiato spesso il proprio volto graficoEcco invece spuntare la P lunga: si va verso il logo attualeLe produzioni differenziate incoudevano anche le gomme per cancellare, come pure complementi di abbigliamentoBrevetto per un progetto di fabbrica di un pneumatico per ruote di bicicletta, 1903 (Fondazione Pirelli)
Cimeli dal passato
Chi fosse appassionato di grafica potrebbe perdere la testa al primo piano. Nei cassettoni sono infatti conservate le locandine di ogni campagna promozionale, dalle origini ai giorni nostri. E nell’evoluzione del gusto grafico e dei temi, nel passare dall’esaltazione della velocità a un’eleganza quasi glamour, si racconta il cambiamento del Paese e della sua cultura. Basta guardare le foto delle prime auto con le gomme gialle, dato che non si utilizzava ancora il nerofumo nella mescola, e delle prime biciclette con copertoni rigidi e difficili da spingere. Foto di accessori di abbigliamento, come gli impermeabili o il copriscarpe per calzature da donna. Come pure una ruota originale della Pechino-Parigi del 1907 con cui l’Itala del principe Scipione Borghese conquistò di fatto il primo rally.
Affascinante è anche la sezione dedicata allo sviluppo del logo Pirelli, che nei primi anni ha cambiato spesso forma e obiettivi. Fino al giorno in cui compare per la prima volta su un foglio la P lunga che è diventata il marchio di fabbrica dell’azienda.
Aleandro Terzi, pubblicità pneumatici Pirelli per il Giro d’Italia, 1909 (Fondazione Pirelli)Fausto Coppi e Gino Bartali sulla copertina della Rivista Pirelli, 1949 (Fondazione PIrelli)Una cartolina promozionale con Fausto Coppi come soggetto (Fondazione PIrelli)Bozzetto pubblicitario di Renzo Bassi per pneumatici di bicicletta, 1933 (Fondazione Pirelli)S. C. Ballie, pubblicità per pneumatici per biciclette Pirelli, 1913 (Fondazione PIrelli)Aleandro Terzi, pubblicità pneumatici Pirelli per il Giro d’Italia, 1909 (Fondazione Pirelli)Fausto Coppi e Gino Bartali sulla copertina della Rivista Pirelli, 1949 (Fondazione PIrelli)Una cartolina promozionale con Fausto Coppi come soggetto (Fondazione PIrelli)Bozzetto pubblicitario di Renzo Bassi per pneumatici di bicicletta, 1933 (Fondazione Pirelli)S. C. Ballie, pubblicità per pneumatici per biciclette Pirelli, 1913 (Fondazione PIrelli)
Anche Coppi e Bartali
E poi c’è lo sport, tipico degli anni in cui l’azienda promuoveva la pratica sportiva fra i dipendenti. Adolfo Consolini, medaglia d’oro a Londra 1948 nel lancio del disco, fu dipendente Pirelli. Negli anni 20 il gruppo sportivo aziendale aveva circa 18 sezioni, mentre la galleria delle immagini propone una vetrina clamorosa di campioni che hanno vissuto la loro carriera su gomme Pirelli. Galetti, Ganna e Pavesi nel primo Tour de France. Costante Girardengo. Coppi e Bartali. E oggi Jonathan Milan e Mads Pedersen.
Il ciclismo è uscito dai radar di Pirelli negli anni 90, ma è tornato nel 2017 ed è come se il filo dell’antica storia si fosse allacciato con i tempi moderni per non staccarsi più. Lo testimonia una delle ultime opere editoriali promosse dalla Fondazione Pirelli, dal titolo “L’Officina dello Sport”. E la sensazione, al termine di questo viaggio lungo tre articoli nel mondo e nei segreti di Pirelli, è che con il ritorno del mondo ciclo, il catalogo sia finalmente completo. Come se effettivamente, al netto del fatturato, ne sentissero davvero la mancanza.
MILANO BICOCCA – Il quartier generale di Pirelli è una città nella città. All’esterno ci sono l’Università e l’ospedale Niguarda, ma quando varchi l’ingresso dell’azienda che produce le gomme per la Formula Uno e vieni dotato del tuo badge, capisci di essere in una dimensione a parte. Qui lavorano 1.200 persone, in un ambiente che ti fa quasi venire voglia di farne parte. Dopo la pandemia e la diffusione dello smart working difficilmente li trovi tutti insieme, ma nei vialetti del giardino all’ora di pranzo c’è un vivace andirivieni per la mensa. Siamo qui per osservare, conoscere e capire. Oltre alle gomme per le monoposto più veloci e le auto di lusso, qui si studiano anche le coperture per le bici di alta gamma: strada, gravel e mountain bike. Ed è curioso capire in che modo le due tecnologie possano convivere.
Inizia un viaggio di tre puntate nel mondo Pirelli. In questo primo articolo vi diremo del quartier generale di Bicocca. Poi ci sposteremo nello stabilimento di Bollate, dove le gomme vengono prodotte. Infine, facendo un ideale passo indietro, vi racconteremo della Fondazione Pirelli: luogo di storia, memoria e cultura.
Gli edifici portano il nome di storici pneumatici: questo è il Cinturato (foto Pirelli)All’interno del quartier generale rimane la Bicocca degli Arcimboldi, villino del XV secolo, ora sede di rappresentanza (foto Pirelli)Una sosta in mensa al termine del giro e poi si farà rotta verso la fabbrica di Bollate (foto Pirelli)Gli edifici portano il nome di storici pneumatici: questo è il Cinturato (foto Pirelli)All’interno del quartier generale rimane la Bicocca degli Arcimboldi, villino del XV secolo, ora sede di rappresentanza (foto Pirelli)Una sosta in mensa al termine del giro e poi si farà rotta verso la fabbrica di Bollate (foto Pirelli)
Il quartier generale
A Bicocca ci sono gli uffici e i laboratori: questo è il cuore dell’azienda. Tutti i reparti sono trasversali e coordinati da specifiche sezioni di ricerca e sviluppo. Messa da parte la Formula Uno, che per forza di cose è una nicchia sia pure molto importante, il cuore della produzione è occupato dalle gomme per auto di lusso. Te ne rendi conto quando entri nell’area dei laboratori, dove è vietato fare foto e semmai ce le darà l’ufficio stampa. Si possono fare domande, ma dato l’alto tasso di… interesse fra aziende concorrenti, la macchina fotografica resta nello zaino. Ci fa da guida Samuele Bressan, una storia da designer che, dopo un’immersione nel mondo del ciclo e sue aziende, è entrato in Pirelli nel mondo tyre ed è Head of Global Marketing della divisione ciclismo.
Qui si opera per lo sviluppo della materia prima, con produzione minima di provini di mescole per eseguire i test necessari. Si provano le proprietà chimiche, innanzitutto, per controllare che si rispettino gli indicatori di prestazione e le proprietà. Come in tutte le aziende di settore, si lavora anche con il cosiddetto reverse engineering. Si studiano cioè le gomme dei concorrenti, con macchine che eseguono scansioni per evidenziarne le proprietà. E mentre al piano in cui ci troviamo vengono eseguite le prove statiche, al meno 2 si svolgono i test dinamici.
Il laser riscontra le temperature e le deformazioni del pneumatico durante il test (foto Pirelli)Per i test si usano dei cerchi “sala macchine”, pesanti e indeformabili (foto Pirelli)A Bicocca si studiano e testano anche gomme per Mtb e gravel (foto Pirelli)Il laser riscontra le temperature e le deformazioni del pneumatico durante il test (foto Pirelli)Per i test si usano dei cerchi “sala macchine”, pesanti e indeformabili (foto Pirelli)A Bicocca si studiano e testano anche gomme per Mtb e gravel (foto Pirelli)
Hookless, perché no
I macchinari per le prime hanno funzionamento intuitivo e permettono già di intuire il comportamento della gomma e l’effettiva bontà della sua realizzazione.
Il profilometro ha un laser che gira attorno alla gomma e offre il profilo in gonfiata per studiare la pressione in base alla tipologia del cerchio. Nel caso di gomme per la Mtb uno degli aspetti che si valutano è l’inclinazione del tassello laterale. Per farlo si utilizzano cerchi in commercio, ma ancora di più quelli da laboratorio (detti da “sala macchine”) che sono ben più pesanti e non hanno deformazioni.
La macchina per lo studio del tallone ha elementi che spingono concentricamente verso l’esterno. Espandono la gomma e generano il grafico della deformazione del materiale, utile sia come collaudo che come messa a punto. In questo caso si riesce ad esempio a lavorare sulla pressione di scoppio. Il tallone che si dilata sale lungo il profilo interno del cerchio e più sale e più spinge verso l’esterno. La deformazione della spalla è una voce importante proprio nel ciclismo, dato che il montaggio a mano amplia la dilatazione. In teoria, questo studio renderebbe possibile la produzione della gomma perfetta per ciascun cerchio, ma vista poi la difficoltà di venderli in accoppiamento esclusivo, il discorso diventa utopico prima ancora di essere affrontato. Ed è il motivo per cui l’utilizzo generalizzato di cerchi hookless resta inaffidabile, non potendo contare sull’accoppiamento perfetto.
La superficie di contatto della gomma da bici è così esigua che la pressione su ciascun punto è molto alta (foto Pirelli)Il test al banco ottico permette di valutare l’impronta a terra dello pneumatico (foto Pirelli)La superficie di contatto della gomma da bici è così esigua che la pressione su ciascun punto è molto alta (foto Pirelli)Il test al banco ottico permette di valutare l’impronta a terra dello pneumatico (foto Pirelli)
Pressioni da moto
Grazie al banco ottico si ricava l’impronta della gomma a terra: con la possibilità di valutare il passo fra gli intagli del battistrada. L’immagine ha colori diversi in base alla pressione del singolo punto. Il giallo denota la pressione maggiore e da questa mappa cromatica si evidenzia quanto sia mediamente elevata la pressione su una gomma da bici rispetto a quella di un’auto. L’impronta della bici è tutta gialla, mentre l’auto ha anche dei punti azzurri, quindi più… scarichi. Questo fa capire che nel realizzare la mescola per un copertoncino da corsa sia necessario avere una grande resistenza meccanica, al pari di quanto avviene per costruire la gomma anteriore di una moto.
Lo strumento che misura le rigidezze, con la gomma montata su un mandrino e il banco che si muove e genera pressione, produce il grafico della resistenza della gomma: la sua risposta alla sollecitazione. Questo permette a chi fa le mescole di avere i paramenti da confrontare con l’esito dei test outdoor che si svolgono nella pista di Giarre, ai piedi dell’Etna. Ne abbiamo parlato a proposito dello sviluppo dei P ZERO Race, ricodate? Qui infatti si incontrano le condizioni ambientali più disparate eppure ripetibili affinché il test, su bici strumentate e grazie alla sensibilità di chi le usa, siano confrontabili con quelli di laboratorio.
Sulla destra, dietro la rete, c’è il rullo: la gomma gira nel test di endurance (foto Pirelli)Sulla destra, dietro la rete, c’è il rullo: la gomma gira nel test di endurance (foto Pirelli)
Gli stessi standard
Al piano di sotto, le gomme lavorano sul serio. Senza entrare troppo nel mondo della fisica, affinché un test sia credibile occorre che si svolga in un ambiente isolato, che non risenta cioè della presenza degli elementi circostanti. Per questo tutte le stazioni di test poggiano su una base di elastomeri che si trova al piano inferiore e permette alla stazione stessa di non risentire ad esempio della rigidità del pavimento. Qui si prova veramente di tutto.
Si passa da una sala insonorizzata – semi anecoica, perché il pavimento non è privo di eco – in cui si misura il rumore del rotolamento della gomma a terra. La valutazione viene effettuata sulla singola gomma, ma anche sul veicolo intero, registrando la rumorosità al suo interno. Per questo, dentro le gomme per auto di alta gamma, vengono montate delle spugne insonorizzanti con la tecnologia del PNCSTM Pirelli Noise Cancelling System, che dimezza la rumorosità dell’auto.
Nella stazione di endurance, la gomma gira con un rullo che le impone la velocità. Sono test di integrità, che evidenziano la tenuta della struttura. Può capitare che alla fine dei cicli impostati, la gomma esternamente risulti integra, ma la carcassa sia eccessivamente stressata. Il dettaglio che colpisce è che qualsiasi gomma Pirelli deve sottostare agli stessi standard, che sia per auto di lusso come pure per la bicicletta da corsa.
Ai test sul banco faranno seguito quelli sul campo (foto Pirelli)Ai test sul banco faranno seguito quelli sul campo (foto Pirelli)
Simulatore per bici
Una delle stazioni che meno ha a che fare con la bici (anche se si sta lavorando per costruirne una su misura) è il simulatore, in cui la gomma gira su un nastro che sterza, si inclina, slitta e mette a punto i dati che la Formula Uno utilizzerà per il simulatore di guida in 3D e poi nei test effettivi. Non potendo più effettuarne in numero illimitato, si cerca di riprodurre tutte le variabili in laboratorio e gli scarti con il mondo reale sono davvero minimi, permettendo di fare meno prove in fase di progettazione. Presto una stazione così ci sarà anche per le biciclette.
Nell’ultima stazione, un laser misura la temperatura di alcuni punti della gomma durante il rotolamento. Lo studio delle temperature permette di lavorare sull’impatto del rotolamento sull’ambiente.
La torre di raffreddamento è memoria della storia industriale di Milano (foto Pirelli)E’ collegata agli uffici da ponti ed entrate aperte nei punti idonei alla perforazioneLa torre di raffreddamento è memoria della storia industriale di Milano (foto Pirelli)E’ collegata agli uffici da ponti ed entrate aperte nei punti idonei alla perforazione
Memorie del passato
Qui si costruivano le gomme. E le gomme dopo essere stata lavorate dovevano raffreddarsi, per cui a partire dal 1950 venne realizzata la torre di raffreddamento in cui si recuperava il vapore necessario alla produzione degli pneumatici. Oggi la torre c’è ancora, ma è diventata auditorium, sala riunioni e spazio per eventi. E’ stata rinchiusa in un cubo di cristallo e cemento che la rende visibile da lontano e ne mantiene vivo il ricordo. Fa tutto parte della riqualificazione dell’area, che fa di questo posto anche un luogo di cultura.
Della produzione parleremo nel prossimo articolo, visitando lo stabilimento di Bollate. Per ora ci aspetta il pranzo in mensa, che ha due livelli e ti fa venir voglia di prenotare e portarci la famiglia.
Con Contador, parlando della sua Fondazione, della generosità richiesta agli ex campioni, della Polti-Kometa e di questo ciclismo che gli piace così tanto
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IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
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Il marchio milanese Guerciotti ha deciso di rinnovare e migliorare ulteriormente il progetto della Eclipse S 2025. Una bici dedicata totalmente alla ricerca della migliore prestazione con un’anima totalmente competitiva. La versione nuova del top di gamma di casa Guerciotti è già disponibile, ma dal 2025 il suo assortimento sarà totale. Eclipse S risponde alle esigenze di chi la bicicletta e il ciclismo li vive con lo scopo della competizione e della ricerca della massima performance.
Le novità apportate al progetto riguardano tutte le parti: dal carbonio con il quale viene realizzato il telaio, alla struttura stessa, fino ad arrivare anche alle grafiche: sempre più accattivanti e varie. Ogni ciclista potrà trovare così la versione che più gli appartiene, sia per tecnica che per spirito.
Il telaio della versione 2025 della Eclipse S pesa 50 grammi in meno rispetto alla precedenteUna delle novità tecniche è il forcellino UDHL’offset offre tre sedute differenti con arretramento di 0, -25 e -35 millimetriIl passaggio dei cavi è totalmente integratoIl telaio della versione 2025 della Eclipse S pesa 50 grammi in meno rispetto alla precedenteUna delle novità tecniche è il forcellino UDHL’offset offre tre sedute differenti con arretramento di 0, -25 e -35 millimetriIl passaggio dei cavi è totalmente integrato
Più leggera e non solo
«Il telaio – ci spiega Micaela Guerciotti, Marketing Director dell’azienda – è realizzato con il solito stampo, quello che cambia è il carbonio. Insieme al nostro fornitore abbiamo optato per utilizzare il Mitsubishi T65, una fibra leggera e molto resistente. Il guadagno di peso rispetto alla versione precedente è di 50 grammi. Si passa dai 780 della Eclipse S ai 730 grammi della Eclipse S 2025. Il carico di rottura per millimetro quadro passa da un valore di 850 Newton a 1350 Newton. Questo vuol dire che nonostante il peso sia diminuito è aumentata la resistenza del telaio. Si ha quindi una bicicletta più leggera ma allo stesso tempo maggiormente robusta».
«Essendo questa una bici dedicata ai team agonistici che supportiamo – racconta ancora – vogliamo fornire il prodotto migliore. Oltre al carbonio è presente un nuovo forcellino con sistema UDH che dona ancora più resistenza in un punto delicato del telaio. Infine, abbiamo lavorato a tre sedute diverse lavorando sull’offset, ci sono quindi tre sedute differenti con arretramento da 0 millimetri, -25 millimetri e -35 millimetri».
Questa è una delle versioni della gamma “Inspired by Milano”Qui invece il modello Fleur direttamente dalla collezione “Ride the Art”Questa è una delle versioni della gamma “Inspired by Milano”Qui invece il modello Fleur direttamente dalla collezione “Ride the Art”
Design accattivante
Non cambiano solo alcuni concetti tecnici, i quali portano ai miglioramenti appena evidenziati. Guerciotti ha deciso di incrementare anche l’offerta delle varie colorazioni, oltre alle quattro standard ce ne sono disponibili tante altre. Si parte con la gamma “Inspired by Milano” per poi passare alla “Ride the Art”.
«Due gamme di colorazioni – dice Micaela Guerciotti – diverse tra di loro. La prima è nata da un’indagine di mercato nella quale abbiamo analizzato i diversi trend del momento. Il tema grafico nella serie “Inspired by Milano” ha due livelli: quello superiore con tonalità luminose e cromatiche accattivanti. La parte inferiore ha un effetto più brillante. Sempre nella serie “Inspired by Milano” abbiamo voluto dare ad ogni telaio una colorazione unica, questo perché si arrivano ad utilizzare anche otto vernici differenti. A seconda della mano dell’addetto alla verniciatura nel mischiare i colori ogni modello ha un design unico, con effetti sempre diversi. Nelle sette colorazioni che presentiamo due di queste vanno anche sulla variante Madame. Si tratta della versione al femminile della Eclipse S, che arriviamo a produrre anche in taglia XXS».
Guerciotti, Eclipse S 2025 Madame, con taglia XXS, ideale per il pubblico femminileGuerciotti, Eclipse S 2025 Madame, con taglia XXS, ideale per il pubblico femminile
«Ride The Art è il nome della nuova collezione Guerciotti – conclude – che rappresenta il connubio perfetto tra arte e performance. I modelli saranno tre: Fleur, Barcellona e Skull. In questo caso utilizziamo una speciale tecnica di lavorazione che permette di trasportare la stampa direttamente sul telaio rendendo le grafiche un vero capolavoro».