Cadere in bici non è mai bello. Cadere durante una corsa a tappe oltre che non bello complica notevolmente le cose. Non solo bisogna cercare di portare a termine la frazione (e se si è uomini di classifica bisogna farlo anche stando davanti) ma bisogna farsi trovare pronti. Ed è questo uno dei ruoli di Daniele Zaccaria, medico della Bahrain Victorious.
Partendo dallo spunto della caduta di Mikel Landa la scorsa domenica nella Isernia-Blockhaus, con Zaccaria cerchiamo di capire come si rimette “in piedi” un corridore in poche ore.
Daniele Zaccaria è il medico della Bahrain Victorious in questo GiroDaniele Zaccaria è il medico della Bahrain Victorious in questo Giro
Dottor Zaccaria, cade un suo corridore: cosa fa? Com’è la procedura?
Quando cade un corridore, tanto più se è un capitano, è sempre un bel problema. La prima cosa da fare è sincerarsi che non ci siano fratture o danni permanenti. Danni che possono impedire o mettere a rischio il proseguire della della corsa. Una prima valutazione pertanto viene fatta subito all’arrivo. Nel giorno del Blockhaus, pensando a Landa, dopo il podio e anche dopo il controllo antidoping. E qui comincia il lavoro.
Che consiste in…?
Una volta accertato che non ci siano fratture, si analizzano le ferite. Ci si prende cura delle abrasioni perché il nostro compito è quello di rimetterli in bici il prima possibile, in questo caso il giorno successivo, altrimenti non si ripartirebbe nelle condizioni migliori. Dobbiamo accelerare la guarigione di queste abrasioni o, restando nel caso di Landa, di contusioni. Vista la botta sapevo che il giorno dopo ne avrebbe avute diverse.
Prima, dottore, ha detto che vengono fatte delle valutazioni per verificare la presenza o meno di fratture, intende delle radiografie?
Le valutazioni le faccio io. Sono io dottore che dico se c’è bisogno o meno della radiografia. Nel caso ce ne fosse bisogno, il Giro d’Italia offre la possibilità di farle direttamente sulla finish line. C’è un “camion” apposito messo a disposizione dell’organizzazione. E questo avviene solamente al Giro d’Italia e al Tour de France. Ed è ottimo perché facilita molto il processo diagnostico in caso di fratture anche non visibili, non valutabili in prima istanza.
I detergenti Betadine che usano i corridori del team. In blu quello vaginale, ancora più delicato per le ferite più profondeI detergenti Betadine che usano i corridori del team. In blu quello vaginale, ancora più delicato per le ferite più profonde
E può succedere che non si vedano subito?
E’ quel che è accaduto proprio al nostro Tratnik con la frattura dello scafoide. Frattura che difficilmente si vede anche con la radiografia semplice. Serve una Tac. Fare una diagnosi corretta è fondamentale per permettergli di proseguire la corsa.
Quindi dicevamo della cura delle ferite: come funziona?
Il medico passa alla pulizia delle ferite: disinfezione e pulizia… sono la prima cosa. Tra l’altro anche i ragazzi sono istruiti in tal senso. Nella doccia del bus, in caso di abrasione, hanno a disposizione dei detergenti specifici per fare una bella pulizia. Tante volte, infatti, rimangono tracce di asfalto, di erba, di sporcizia… Una buona pulizia agevola il recupero.
Il passo successivo?
Vengono messi i classici medicamenti, garze, cerotti (che però Zaccaria non vuol svelare del tutto. Anche qui ci sono piccoli segreti, ndr). Nel caso di Landa abbiamo avuto la fortuna di avere il giorno di riposo dopo la caduta. E questo ci ha permesso di gestire al meglio tutte queste procedure.
Landa verso il Blockhaus con i segni sulla spalla. Mikel è caduto due volte. Per Zaccaria è stato bravo anche sul piano psicologicoLanda verso il Blockhaus con i segni sulla spalla. Mikel è caduto due volte. Per Zaccaria è stato bravo anche sul piano psicologico
E poi immaginiamo subentri anche l’osteopata o il fisioterapista…
Certo, la squadra è ben organizzate anche sotto questo punto di vista. L’osteopata pensa più a rimettere in sesto “l’assetto” dell’atleta, cioè tutti quei piccoli scompensi che vengono fuori dopo una caduta. Poi c’è anche il massaggiatore che tratta l’atleta dopo ogni tappa, ma in questo caso ha più un ruolo fisioterapico. In realtà dal giorno di riposo, ne abbiamo addirittura uno in più di massaggiatore. Comunque non è una cosa semplice. Stiamo parlando di “macchine di Formula 1”, ragazzi per i quali un piccolo dettaglio può fare la differenza.
Si dice che spesso il problema più grande dopo una caduta sia il riuscire a dormire bene… Ci sono dei “segreti”, degli accorgimenti per ovviare a questo problema?
Diciamo che dopo una caduta c’è anche la parte psicologica da curare. Il corridore va rassicurato e rasserenato prima di dormire. E non è solo dopo una caduta… Riposare durante una corsa tappe non è così scontato: c’è la stanchezza, si deve cambiare l’hotel ogni volta. Ogni notte un materasso e un cuscino diversi. E poi non sempre gli alberghi, sono in location protette dal punto di vista dei rumori: magari si è vicini a zone con del traffico, c’è un evento nello stesso hotel, un bar appena sotto le stanze… Un Giro è una lunga challenge e noi dobbiamo tentare di salvaguardare l’habitat degli atleti il più possibile, renderlo sereno.
Seste al mondo nella loro prima Olimpiade. Un gruppo giovane e affiatato, che nel mirino ha già Parigi 2024, ma che ieri al velodromo di Izu ha cominciato a prendere le misure col podio a cinque cerchi per farsi trovare preparato tra tre anni, proprio come avevano fatto i colleghi uomini, quinti nel 2016 a Rio e fra poche ore in pista per inseguire un sogno tutto d’oro.
Letizia Paternoster, Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini e Rachele Barbieri hanno migliorato di più di un secondo il record italiano (4’10”063) nella sfida che valeva la finale, ma la Germania (poi medaglia d’oro) era inarrivabile e l’ha dimostrato anche nell’atto conclusivo in cui ha realizzato il secondo record del mondo in meno di due ore: 4’04”242 il nuovo limite planetario.
Salvoldi sapeva bene da subito che Tokyo sarebbe stato una tappa verso Parigi 2024Salvoldi sapeva bene da subito che Tokyo sarebbe stato una tappa verso Parigi 2024
Obiettivo Parigi
Così Letizia Paternoster: «Un po’ di rammarico c’è, però siamo serene per la nostra prestazione e di quello che abbiamo dato, perché ci siamo migliorate di più di un secondo dal precedente primato e avremmo battuto il record del mondo di Rio 2016. Solo quello era impensabile per noi, per cui siamo felici. Più di così non potevamo fare, le gambe che abbiamo sono queste».
Le fa eco Elisa Balsamo: «Sono contenta, ho tirato più lungo di ieri e anche più forte. Forse dobbiamo ancora migliorare per restare ancor più compatte nelle prime fasi di gara, per cui lavoreremo su questo».
Paternoster, Balsamo, Guazzini: ultime pedalate del quartetto alle Olimpiadi di TokyoPaternoster, Balsamo, Guazzini: ultime pedalate del quartetto alle Olimpiadi di Tokyo
Tutto possibile
Nella finalina per il 5° posto poi, L’Italia si è arresa all’Australia, chiudendo in 4’11”108. Il ct Dino Salvoldi ha schierato Martina Alzini al posto di Rachele Barbieri. Le ragazze scendono dalla sella e prende la parola Elisa Balsamo. «Penso di parlare a nome di tutte – spiega – nel dire che non ce l’aspettavamo di fare questo tempo. Alla fine, abbiamo confermato che 4’10” o 4’11” ormai è nelle nostre gambe perché l’abbiamo fatto ben tre volte. Poi, ovviamente, abbiamo perso questa finalina e c’è un po’ delusione. Il livello è altissimo e nelle altre gare, che sono più di situazione, può succedere di tutto».
Prima esperienza anche per Rachele Barbieri, la new entry del quartettoPrima esperienza anche per Rachele Barbieri, la new entry del quartetto
Battesimo di fuoco
Racconta così la sua prova Rachele Barbieri, la ragazza delle Fiamme Oro arrivata a Tokyo scalando la piramide a suon di risultati.
«Era da diverso tempo che non correvo un quartetto – dice – e farlo alle Olimpiadi é stato qualcosa di speciale. Ho lavorato davvero duro per farmi trovare pronta per salire in pista e dare il 110 per cento e così è stato. Purtroppo sarebbe servita un po’ più di gamba nella seconda tirata per fare un ottimo lavoro (da parte mia). Sono partita molto forte, le ho lasciate molto veloci, nel primo quartetto sono riuscita a tirare un giro e mezzo e sono stata molto contenta, un po’ in calo l’ultima parte ma é uno sforzo duro e ho dato il massimo. Contro la Germania sono partita più forte, abbiamo girato a tempi che non avevamo mai visto prima e quando mi sono ritrovata davanti a tirare è stata dura, ma ho dato tutto quello che avevo. Vittoria ed Elisa (Guazzini e Balsamo, ndr) sono state fenomenali. Spero di rimanere a questo livello e accumulare più esperienza possibile nei quartetti per arrivare ai prossimi importanti appuntamenti».
Prima dell’ultimo quartetto, confronto fra Balzamo, Guazzini e Alzini
Nella finale per il quinto e sesto posto, entra in gara anche Martina Alzini, la prima
Prima dell’ultimo quartetto, confronto fra Balzamo, Guazzini e Alzini
Nella finale per il quinto e sesto posto, entra in gara anche Martina Alzini, la prima
Al parco giochi
Sorride Martina Alzini, all’esordio a cinque cerchi: «Sono molto contenta perché con questo gruppo non sono mesi, ma anni che lavoriamo insieme e possiamo dire che quest’Olimpiade è stata come una cosa costruita mattone per mattone, partita dagli Europei di Glasgow che è stata la prima qualifica, fino ad arrivare a oggi. Guardando la finale, leggevo le età delle nostre avversarie e dico che non abbiamo nulla da invidiare perché abbiamo tanti anni per migliorare noi stesse. Essendo la prima esperienza per me, come per tutte le altre, mi sentivo come al parco giochi perché nulla può competere con la magia dell’Olimpiade. Parigi è fra tre anni e speriamo di arrivare dove vogliamo».
Per alcune le Olimpiadi continuano: Salvoldi deciderà oggi quali ragazze schierarePer alcune le Olimpiadi continuano: Salvoldi deciderà oggi quali ragazze schierare
Tokyo continua
Per le altre, invece, le gare non sono ancora finite e Letizia non vede l’ora di tornare in pista: «Sono super carica, non vedo l’ora di affrontare i prossimi impegni, perché le sensazioni stanno migliorando dopo un anno brutto e crudele. La testa è già lì, anche se non sappiamo ancora chi correrà». Al cittì Salvoldi l’ardua scelta, fra poco ne sapremo di più e ve ne daremo conto.
Koen Pelgrim è il preparatore di Remco Evenepoel e lo sta seguendo dall'inizio della Vuelta. Gli abbiamo chiesto dei miglioramenti in salita e della crono
La prossima settimana parte la Vuelta. E come in passato abbiamo chiesto ai meccanici cosa mettano nella cassetta degli attrezzi e ai massaggiatori cosa portino nella borsa delle creme, questa volta ci siamo concentrati sul medico. E ci siamo intrattenuti con Luca Pollastri, 37 anni di Castello di Brianza (Lecco), medico del Team Bike Exchange, per sapere come sia fatta e cosa contenga la valigia del medico che a sua volta parte per un grande Giro. Pollastri è già in Spagna. Ha seguito la squadra a San Sebastian e ora alla Vuelta Burgos. Poi sarà tempo di Vuelta España.
«Abbiamo una valigia che contiene le medicazioni – spiega – e che rimane normalmente sul mezzo anche durante la competizione e una valigia, che la sera portiamo in camera, in cui ci sono i farmaci per gli interventi più comuni.Poi c’è una piccola quantità di farmaci che segue sempre il medico. Sono quelli che usiamo per le urgenze e alcuni sono all’interno della lista Wada, per cui non li lasciamo mai incustoditi. Quindi diciamo che teniamo separate le medicazioni che sono sempre sul bus e possono essere anche disposizione di altro personale che magari può dare una mano se non siamo presenti».
Luca Pollastri alla Vuelta Burgos con Damien HowsonLuca Pollastri alla Vuelta Burgos con Damien Howson
Quali sono gli interventi ordinari che si fanno in corsa?
Dobbiamo distinguere fra quelli traumatici, quindi causati da cadute, e poi quelli possiamo definire medici. Quando si cade, si passa dalle abrasioni superficiali alle ferite più profonde che magari necessitano anche un passaggio ospedaliero, quando addirittura non intervengono fratture. Se parliamo di abrasioni, anche dopo il passaggio in ospedale, dobbiamo garantire che non vi sia nessuna infezione nonostante i ragazzi prendano acqua e polvere.
Si dice che i corridori abbiano la soglia del dolore molto alta, per cui ripartirebbero in qualunque condizione.
Uno dei passaggi più importanti e spinosi è proprio quello di capire quando un atleta può tornare a gareggiare o no. Se può riprendere la corsa, che in caso di caduta è responsabilità del medico di gara. Però quando la scelta si sposta al termine la competizione, sta a noi decidere se ci sono le condizioni fisiche adeguate per andare avanti. A volte le opinioni possono essere diverse, per quelle che sono le aspettative dell’atleta che a volte superano la buona logica e la buona pratica medica. Quando racconto ad amici come alcuni siano riusciti a terminare alcune gare per svolgere sino in fondo il proprio compito, che magari semplicemente era aiutare il capitano, quasi non ci credono.
Al Catalunya di quest’anno, Rui Costa completamente “pelato” riparte stringendo i dentiAl Catalunya di quest’anno, Rui Costa completamente “pelato” riparte stringendo i denti
Quali sono le altre problematiche?
Problemi intestinali e infezioni delle alte vie respiratorie sono le più frequenti. Poi ci sono gli sfregamenti nella regione perineale a contatto con la sella, che subisce uno stress molto importante e merita un’attenzione particolare, perché sono problemi che potrebbero impedire di performare bene. Per il resto, pensiamo a ogni cosa possa accadere a una persona che fa attività sportiva. Nella nostra valigia abbiamo anche degli antibiotici perché possono verificarsi infezioni. Abbiamo prodotti specifici per l’asma. Di solito però cerchiamo di lavorare in modo preventivo, anche per problemi apparentemente banali come una micosi alle dita dei piedi, che potrebbe rendere abbastanza difficile stare per 5 ore con gli scarpini stretti. E poi ci sono terapie per le urgenze, come gli antistaminici per eventuali allergie, fino al defibrillatore che teniamo sul pullman.
Hai parlato di problemi intestinali, cosa si fa se arrivano?
Si agisce con il supporto del nutrizionista e dello chef, cerchiamo delle strategie alternative di nutrizione perché mangino quel minimo che serve per andare avanti. Si ragiona molto sulle ore di corsa, si gestisce in funzione di esse ad esempio anche la dissenteria. La flora batterica cambia durante le tre settimane e cambia anche la loro dieta che diventa prevalentemente a base di carboidrati. Quindi può capitare che avvertano gonfiore o anche solo una pesantezza che riduce la voglia di ingerire qualsiasi cosa, che però va evitato assolutamente. Per cui si ricorda loro di mangiare durante la corsa: una cosa che fanno soprattutto i direttori sportivi che lo hanno capito bene. E spesso via radio, soprattutto a fronte di giornate particolarmente impegnative o calde, gli impediscono di svuotarsi. Come dicevo, è un lavoro di prevenzione.
Come si fa?
Dobbiamo fare in modo che non sorgano questi problemi. Si parte dalla ricerca quasi maniacale di igiene nel cibo, anche se non tutto si può evitare. Quando piove o ci sono giornate molto polverose, i ragazzi sono i primi che vengono a dirti a fine tappa di aver mangiato un sacco di schifezze…
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Quanto è importante la comunicazione con l’atleta? Di fatto è lui che deve accorgersi del sintomo…
Avendo cambiato squadra quest’anno (fino al 2020 il dottor Pollastri era al Team Bahrain, ndr) una delle difficoltà più importante è proprio capire e riconoscere queste piccole sfaccettature. Ci sono atleti che segnalano la minima problematica, quindi c’è tutto il tempo per intervenire tempestivamente. E altri che si lamentano solo quando non ne possono più, quando è tardi. Non amo questa modalità, però ognuno è fatto a modo suo. Una volta che li conosciamo bene, sappiamo che quando la sera facciamo il nostro giro delle camere, dobbiamo stimolarne alcuni maggiormente per tirargli fuori se c’è qualche problemino. E’ una delle parti più belle, nel conoscerli e lavorarci in sintonia.
Quanti contatti ravvicinati si hanno nella giornata durante un Giro?
Il giro delle stanze serale si fa tutti i giorni. Poi li vediamo la mattina, prima o dopo colazione. Prima della corsa e nell’immediato post gara una volta sul bus. Almeno questi 4-5 appuntamenti sono fissi.
Con la conoscenza aumenta la capacità di riconoscere il disagio?
Si coglie dalle diverse modalità con cui si rivolgono agli altri membri dello staff, ai compagni e a noi medici. Sono sfumature, si vedono, ma anche noi dobbiamo essere bravi a trovare la giusta empatia perché non tutti i momenti sono uguali.
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Il corridore parte per la Vuelta portando con sé i farmaci di cui ha bisogno?
No, per regolamento sanitario interno, non possono portare farmaci, se non quelli autorizzati e prescritti per una terapia cronica che hanno già in corso e che quindi fanno anche a casa. Tutto il resto viene fornito dal medico. E questo è il nostro compito, avere come dicevo prima tutto ciò che può servire, sia dal punto di vista dei medicinali sia dell’integrazione. Forniamo tutto noi, attingendo dalla famosa valigia, anche per la semplice aspirina.
Ci sono rapporti tra il medico della squadra e il medico di gara?
C’è uno scambio di dati. Diciamo che se le cose vanno bene, non c’è grandissima interazione. Se invece c’è un problema, soprattutto se ci servono altre informazioni che non abbiamo potuto valutare perché non eravamo presenti, a quel punto ci mettiamo in contatto e cerchiamo le informazioni necessarie. Adesso si parla tanto della concussione cerebrale e a volte conoscere l’esatta modalità con cui è avvenuto un incidente o comunque come il collega è intervenuto, può servire per decidere se e come continuare.
In Spagna andrete incontro a giornate molto calde, cosa si fa?
Si cerca assolutamente di operare preventivamente, nel senso che si cerca di attuare delle pratiche che possono portare una preparazione adeguata. La stessa Vuelta a Burgos che stiamo facendo ha lo scopo di far abituare al grande caldo i corridori che poi faranno la Vuelta, per ottenere un adattamento a queste temperature. Poi ci sono da valutare le problematiche cutanee legate all’esposizione solare, ma è qualcosa su cui non devo spingere troppo in questa squadra. Perché gli australiani sono molto attenti e difficilmente si scottano. In più ci sono i massaggiatori che ci danno una mano. Per la tappa di oggi avevamo chiesto in hotel di avere un sacco con 25 chili di ghiaccio per tenere in freddo le bevande e anche per metterlo in piccoli sacchetti che al rifornimento si passano ai corridori perché possano metterli sotto la maglia sul collo.
L’intervento leggero del medico di gara viene riferito in squadra dal corridoreL’intervento leggero del medico di gara viene riferito in squadra dal corridore
Si fa ancora la pesata mattutina per valutare la disidratazione?
Sempre. La mattina valutiamo il peso specifico delle urine e confrontiamo il peso pre e post gara, quindi raccogliamo una serie di informazioni che ci permettono di agire di concerto con i nutrizionisti e i massaggiatori. Non potremmo fare tutto da soli. E soprattutto è proprio bello lavorare con massaggiatori che hanno un’esperienza importante di anni e conoscono anche qualche trucchino da suggerirci, qualche modalità per sfuggire dal caldo.
C’è differenza fra squadre italiane e straniere, oppure ormai nel WorldTour anche il lavoro medico è allineato?
C’è grande omogeneità. Forse l’ambiente più anglosassone richiede protocolli un po’ più definiti, ma le modalità di lavoro non cambiano molto. Lo scorso anno con il Bahrain e l’arrivo di Ellingworth si era messo tutto un po’ più per iscritto. Senza poi in realtà sconvolgere le modalità di lavoro, ma per avere un riferimento nero su bianco a cui tutti potessero attingere nel momento in cui ci fossero dubbi: questa è forse la più grande differenza. Poi dal punto di vista operativo non posso dire che ci siano grosse differenze perché ormai ogni squadra a livello internazionale si è allineata agli stessi standard.
Tutto pronto per la Vuelta?
Sono in Spagna già da una settimana, ho dovuto preparare una valigia davvero grande. Ma per fortuna a metà Vuelta mi daranno il cambio. Un mesetto fuori però non me lo toglie nessuno…
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