Enrico Pengo

Enrico Pengo, un meccanico da 20 Tour de France

29.12.2020
4 min
Salva

Non è facile trovare nel mondo del ciclismo dei meccanici che hanno affrontato 20 Tour de France. E’ il caso di Enrico Pengo, il meccanico vicentino è una vera istituzione nel gruppo, anche se adesso è fermo per una scelta personale legata alla salute di suo padre. Abbiamo parlato con lui per farci raccontare come sono cambiate le biciclette e di conseguenza il lavoro dei meccanici.

Una volta era come una famiglia

L’esperienza di Enrico Pengo inizia nei primi anni 90 con la Zg Mobili, per continuare con la Gewiss nel 96, la Batik nel 97, la Ballan nel 98-99, la Lampre dal 2000 al 2016 fino alla Bahrain-Merida con Vincenzo Nibali.
«Ogni epoca ha i suoi corridori e campioni – inizia così Enrico Pengo – e anche le squadre erano strutturate in maniera diversa. Negli anni 90 le squadre erano più a gestione famigliare, mentre oggi sono come delle aziende. Una volta c’era più rapporto umano con il corridore e con il direttore sportivo e si facevano le scelte tecniche insieme. Questo approccio ti faceva sentire più partecipe del risultato che il corridore otteneva».

Enrico Pengo nazionale italiana
Da sinistra vediamo Enrico Pengo con Fausto Oppici e Giuseppe Archetti
Enrico Pengo nazionale italiana
Da sinistra vediamo Enrico Pengo con Fausto Oppici, Giuseppe Archetti, Franco Vita e Andrea Nieri

Biciclette diverse

Oltre all’aspetto più famigliare delle squadre, a cambiare è stato anche il materiale tecnico. Le biciclette degli anni 90 fino ai primi 2000 erano diverse da oggi e si poteva intervenire in vari modi.

«Una volta si facevano delle operazioni per limare grammi da ogni parte – ci spiega Pengo – con Simoni puntavamo alla massima leggerezza, tanto che montavamo il nastro manubrio con il phone per tirarlo al massimo, così ne risparmiavamo un bel pezzo ed era tutto materiale che Gilberto non doveva portarsi in salita. Un’altra operazione che facevamo era quella di cambiare il perno quadro del movimento centrale, che una volta era in acciaio. Noi lo mettevamo in titanio e la differenza era tanta».

Enrico Pengo Lampre
Enrico Pengo in azione negli anni della Lampre
Enrico Pengo Lampre
Enrico Pengo mentre prepara le biciclette negli anni in cui era il meccanico della Lampre

Si modificavano i pezzi

Il lavoro del meccanico era molto importante e poteva cambiare la configurazione di una bicicletta e far perdere o vincere una tappa o addirittura un grande giro.
«Simoni per essere più leggero aveva deciso di montare il manettino del cambio sul telaio – continua Pengo – allora io per non fargli cambiare l’appoggio lo presi e lo svuotai, era il primo 10 velocità. In quel modo avevamo dato a Simoni due leve con due appoggi per le mani uguali».

Ma oggi la tecnica è andata avanti e molte lavorazioni sulle biciclette non vengono più fatte.

«Oggi tante cose sono di serie e per un meccanico è difficile fare dei cambiamenti. E’ difficile apportare delle migliorie. I materiali sono gli stessi che si trovano in commercio e il livello è diventato altissimo». Anche i budget delle squadre sono cambiati e come ci ha detto Pengo c’è una grande quantità di materiali con una scelta molto ampia.

Pengo premiazione Tour de France
La premiazione per aver raggiunto la partecipazione a 20 Tour de France
Pengo Premiazione tour de France
La premiazione per aver raggiunto la partecipazione a 20 Tour de France da meccanico

Nibali il più preparato

Abbiamo chiesto a Pengo quali sono stati i corridori che erano più puntigliosi nella messa a punto meccanica della bicicletta.

«Simoni era un ingegnere, ogni cosa che diceva aveva una logica e spesso mi è toccato dargli ragione. Nibali è il numero uno sulla meccanica e devi stare attento perché a volte lui ne sa più di te. Con uno come lui sono cresciuto tantissimo, è difficile starci dietro ma ti dà tante soddisfazioni. E poi mi piace ricordare lo stile in bicicletta di Berzin. Con lui ho avuto anche la soddisfazione di vedere un corridore che seguivo in maglia gialla al Tour de France».
A proposito di Tour de France Enrico Pengo è stato premiato dall’organizzazione per aver raggiunto il traguardo delle 20 partecipazioni. «E’ stato un momento bellissimo – racconta Pengo – per festeggiare questo traguardo l’organizzazione del Tour de France ti fa scegliere una tappa in cui sali sul podio e ti consegnano un premio. Io avevo chiesto nell’edizione del 2018 di salire sul podio nella tappa del pavé il 14 luglio, festa nazionale francese. E’ stato il coronamento di un sogno»

Gazebo nazionale ciclocross

Nazionale ciclocross, come si prepara una trasferta

24.12.2020
4 min
Salva

Il ciclocross è una disciplina che si corre su terreni fangosi che mettono a dura prova la meccanica delle biciclette. Per capire come si prepara una gara di Coppa del Mondo abbiamo parlato con Roberto Loreti, uno dei meccanici della nazionale italiana di ciclocross.

Biciclette già in ordine

Il lavoro dei meccanici spesso si nota poco, ma in realtà è fondamentale ai fini delle prestazioni dei corridori.
«Se la gara si svolge la domenica io parto giovedì da Roma con un furgone in direzione di Bergamo dove c’è il punto di incontro con le altre persone dello staff – esordisce Roberto Loreti – carico sul furgone i cavaletti, l’idropulitrice, il compressore, i miei attrezzi per le eventuali riparazioni e tutto il necessario per attrezzare l’area esterna durante la gara».

Cambio bici ciclocross
Un cambio bici durante una gara di ciclocross
Cambio bici ciclocross
Un cambio bici durante una gara di ciclocross

Ma quali e quanti pezzi di ricambio vegono caricati? «In realtà non parto con i pezzi di ricambio. Purtroppo il ciclocross non è disciplina olimpica e quindi non ha molti fondi. Per questo motivo la federazione non ha un budget per la dotazione dei ricambi».

La domanda seguente ci è venuta spontanea, ma se si rompe qualcosa come si fa? «Ogni corridore deve presentarsi con la bicicletta in ordine ben funzionante e avere anche i pezzi di ricambio che gli fornisce la propria squadra. Anche perché stiamo parlando di 22 o 25 biciclette e ognuna ha delle caratteristiche meccaniche diverse».

La scelta di fare portare i ricambi dai singoli corridori, oltre che essere una questione di budget limitato, è anche una questione funzionale.

Si scaricano le bici

C’è un componente molto importante che però non manca.
«Grazie a Vittoria – continua Roberto Loreti – che è sponsor della nazionale, abbiamo un grande numero di pneumatici, che nel ciclocross sono molto importanti visto il terreno su cui si corre».

Il viaggio di Roberto continua: «Lungo la strada cerchiamo di raccogliere le biciclette degli atleti fino a Bergamo. Lì finiamo di raccogliere quelle che mancano e poi continuiamo. Di solito facciamo una tappa a metà del viaggio in modo da arrivare a destinazione il venerdì tardo pomeriggio o sera».

Ma non c’è tempo di riposarsi perché i pericoli sono sempre in agguato: «La prima cosa che facciamo quando arriviamo è scaricare le biciclette e le mettiamo al sicuro, perché in passato è successo che ci siano stati dei furti».

Roberto Loreti a lavoro gazebo nazionale ciclocross
Roberto Loreti a lavoro nel gazebo della nazionale
Roberto Loreti  a lavoro gazebo nazionale ciclocross
Roberto Loreti a lavoro nel gazebo della nazionale

Pronti per la ricognizione

Sabato mattina sveglia presto, e in attesa che arrivino i corridori con l’aereo i meccanici sono già all’opera.
«Quando arrivano i ragazzi, le biciclette devono già essere in condizione di essere usate in modo che possano fare la ricognizione sul percorso. Oltre a controllarle tutte andiamo a montare il gazebo per la gara di domenica. Intorno alle ore 14 i ragazzi fanno la ricognizione. Una volta terminata la ricognizione rilaviamo tutte le biciclette e le ricontrolliamo. La sera c’è la riunione tecnica a cui partecipiamo anche noi meccanici».

Gara e subito via

Si arriva al giorno della gara con la sveglia che suona alle 5,30 per la colazione ed essere pronti a partire molto presto. «Alle 8 i ragazzi juniores rifanno un giro di prova sul circuito – ci spiega Loreti – finito il giro rilaviamo le bici e le ricontrolliamo. Tenete presente che qualcuno vuole cambiare le gomme, perché magari sono cambiate le condizioni del terreno. Dopo gli juniores tocca agli under e poi agli elite e per ogni categoria si fa lo stesso procedimento. Finita l’ultima gara si ricarica tutto e si parte immediatamente verso casa».

Gazebo nazionale
Il lavoro dei meccanici è senza sosta durante le trasferte della nazionale
Gazebo nazionale
Il lavoro dei meccanici è senza sosta durante le trasferte della nazionale

Forcellini e gomme

Abbiamo chiesto a Roberto Loreti quali sono gli interventi meccanici che deve fare più frequentemente durante una gara: «Gli interventi più frequenti sono il cambio delle ruote causa forature e siccome nel ciclocross si cade spesso, capita che si rompono i forcellini e bisogna rimetterli a posto. Per fortuna siamo meccanici preparati e sappiamo subito come intervenire».

Giuseppe Archetti al Giro 2019

Meccanici cosa si ricompra per la nuova stagione?

26.11.2020
4 min
Salva

Durante la stagione i meccanici cambiano una miriade di componenti soddisfacendo le richieste dei corridori. Ci siamo chiesti se ci sono degli attrezzi o dei materiali che all’inizio di quella nuova non devono proprio mancare. Così abbiamo sentito alcuni meccanici di alcune squadre per farci raccontare le loro esigenze.

Il calibro non deve mancare

Iniziamo da Giuseppe Archetti, responsabile dei meccanici dell’UAE Team Emirates e anche meccanico della nazionale italiana.
«Direi che attrezzi da lavoro tipo chiavi esagonali, forbici, pinze varie, non li cambiamo spesso, almeno che non si siano rotte – esordisce così Archetti – ma è difficile, di solito durano qualche anno».

Il discorso cambia un po’ se cambia il marchio dei gruppi in dotazione alla squadra. «Nel caso in cui si cambia l’azienda che fornisce i gruppi allora bisogna cambiare alcune chiavi particolari per i serraggi, perché ogni marchio ha la sua».

Ma c’è un attrezzo che proprio non deve mancare: «E’ il calibro per il forcellino del cambio posteriore, perché con gli spazi stretti dei cambi moderni se non hai questo attrezzo, che ti permette di tenere la catena in linea con la ruota posteriore, allora sono guai».

E poi c’è la chiave dinamometrica: «A forza di prendere una botta di qua e una di la ogni tanto la cambiamo perché si sballa un po’, ed è importante averla per i serraggi corretti».

chiave dinamometrica
La chiave dinamometrica è tra gli strumenti più controllati
Chiave dinamometrica
La chiave dinamometrica è una delle più controllate e tenuta con maggiore cura

Il camion deve essere funzionante

Matteo Cornacchione è uno dei meccanici del Team Ineos Grenadiers e anche lui ci fornisce particolari interessanti.

«Diciamo che noi siamo ben messi con Unior – dice – che è l’azienda che ci rifornisce di attrezzatura. Non ci sono chissà quali chiavi da sostituire, perché di solito durano qualche anno. Ti dico che le uniche che cambiamo ogni anno sono le brugole da 2, 3 e 4 millimetri, perché sono quelle che usiamo maggiormente per i serraggi dei manubri e selle. Quelle un po’ si rovinano e allora le cambiamo a inizio anno per stare sicuri».

Ma c’è un grande lavoro che i meccanici della Ineos fanno ogni anno prima della stagione ed è quella di controllare che tutto funzioni sul camion.

«A dicembre, la settimana prima del raduno con i corridori – spiega – controlliamo che tutto funzioni sul camion officina. Controlliamo l’idropulitrice, perché se non funziona quella sono guai. Guardiamo se il frigorifero, la lavatrice, le scalette interne e i cassetti sono tutti funzionanti. Una volta fatto questo, il camion va a fare il tagliando e poi lo riforniamo con il materiale che ci può servire per almeno un mese di gare».

Cavaletto Bicisupport
Anche i cavaletti più rovinati vengono sostituiti
Cavaletto Bicisupport
Anche i cavaletti più rovinati vengono sostituiti a inzio stagione

Occhio alla dinamometrica

Passando in casa Trek Segafredo, Mauro Adobati è più o meno sulla stessa linea.

«Non cambiamo molte chiavi – spiega – le uniche che si usurano durante la stagione e preferiamo avere nuove ogni anno sono le torx e le brugole da 4 e 5 millimetri, che sono quelle che usiamo per stringere i manubri, le pinze dei freni a disco e il reggisella».

Anche per Adobati la dinamometrica è un attrezzo da tenere in ordine.
«La dinamometrica non la cambiamo tutti gli anni – dice – però cambiamo l’innesto alla chiave per non rischiare. Sai, a forza di stringere, gli innesti si arrotondano e si rovinano. Poi cambiamo i cavalletti più rovinati, ma più per una questione estetica a cui gli sponsor tengono molto, giustamente».

Mauro Adobati ci fa notare che: «cambiando le bici tutti gli anni, abbiamo tutto nuovo e quindi non c’è una grande usura degli attrezzi. E poi veniamo riforniti di molto materiale ogni anno quindi abbiamo tutto in abbondanza».

Le chiavi a brugola e le Torx sono fra le più sostituite
Le chiavi a brugola e le Torx sono fra le più sostituite
Le chiavi a brugola e le Torx sono fra le più sostituite
Le chiavi a brugola e le Torx sono fra le più sostituite all’inizio di ogni stagione

Se cambia il gruppo, allora…

Uno dei meccanici più esperti del gruppo è Nazareno Berto che ora è in forze alla Bardiani CSF.
«A inizio anno – dice – cambiamo qualche chiave torx e le brugole da 2, 3, 4 e 5 millimetri, per il resto abbiamo i nostri attrezzi che usiamo finché non si rompono, ma è difficile».

Berto ci conferma quanto detto da Archetti: «C’è bisogno di attrezzi nuovi solo quando si cambia il marchio del gruppo, se passi da Shimano a Campagnolo o Sram. In quel caso ti servono attrezzi specifici per ogni marchio, soprattutto per l’impianto idraulico dei freni a disco, perché ogni azienda ha il suo sistema, le sue pastiglie, le guaine, le siringhe per l’olio, le pinze freni diverse. In quel caso allora bisogna rifornirsi di nuovo e non deve mancare nulla»

Geoghegan Hart

E Matteo ci svela la Dogma di Tao

03.11.2020
4 min
Salva

Il Giro d’Italia si è concluso domenica 25 ottobre con un vincitore a sorpresa: il britannico Tao Geoghegan Hart. Il corridore del Team Ineos Grenadiers, partito in appoggio di Geraint Thomas, ha pedalato sulla sua Pinarello Dogma F12 fino alla conquista della maglia rosa. Noi di bici.PRO abbiamo parlato con uno dei meccanici del team, Matteo Cornacchione per farci raccontare le scelte tecniche di Geoghegan Hart.

«Il telaio è una taglia 56 ed è uguale a quello che si trova in commercio – esordisce così Matteo Cornacchione – mentre per quanto riguarda le pedivelle Tao usa quelle da 172,5 millimetri, ed è meglio lasciargli quelle, perché non so se hai notato, lui va già abbastanza duro di suo, se montasse le 175 millimetri andrebbe ancora più duro». Infatti, Geoghegan Hart non è basso, la sua altezza è di 1,83 metri e in linea teorica potrebbe montare anche pedivelle più lunghe.

Ruote Shimano nelle tappe veloci
am Ineos Grenadiers ha utilizzato le ruote Shimano nelle tappe più veloci

Ma la tendenza degli ultimi tempi è quella di accorciarle, così come c’è la tendenza a stringere i manubri «In effetti alcune squadre stanno usando manubri più stretti – ci conferma Cornacchione – e anche alcuni corridori seguono questa linea, fra questi Geoghegan Hart e Thomas. Lo fanno per avere un vantaggio aerodinamico. Tao usa il Most Talon con misura esterna di 42 centimetri, che equivale a un 40 centro-centro. Come attacco manubrio usa un 120 millimetri».

Argo, solo per lui

Cornacchione ci svela che c’è un componente sul quale il giovane inglese si distingue da tutti i suoi compagni di squadra «E’ l’unico che ha scelto di pedalare sulla Fizik Argo larga 140 millimetri. Gli altri ragazzi utilizzano l’Antares e l’Arione. Anche per le cronometro usa una sella che è più da triathlon, la Fizik Tritone. Lui si trova molto bene così, è anche vero che quando fanno le cronometro utilizzano solo pochi centimetri della sella, in quanto sono fissi in posizione a spingere».

Ruote… libere

Una scelta molto interessante fatta dal Team Ineos Grenadiers è stata quella delle ruote. Come è noto la squadra è rifornita da Shimano ma può usare anche altri brand.

«Nelle tappe intermedie e in quelle con tanta salita i corridori usavano le Lightweight che sono più leggere, mentre nelle tappe più pianeggianti montavano le Shimano, soprattutto le C60, che sono molto veloci».

Ineos Lightweight
Nelle tappe di montagna, ruote Lightweight
Ineos Lightweight
Nella tappe con le salite sono state usate ruote più leggere Lightweight

Abbiamo chiesto a Cornacchione perché la squadra montasse in blocco l’una o l’altra ruota e la risposta è stata: «In caso di foratura era importante che ci potesse essere un compagno di squadra pronto a passare la ruota. Pensa se Tao avesse forato sullo Stelvio. Ci sarebbe stato Dennis con la ruota pronta, infatti in certi momenti l’ammiraglia era distante. E bisognava che tutti montassero le stesse ruote, perché il canale delle Lightweight è diverso da quello delle Shimano, quindi ci sarebbero stati problemi con la regolazione dei freni».

Abbiamo chiesto quale tipo di pneumatici montava Geoghegan Hart, se tubolari o tubeless «Per ora tutta la squadra usa i tubolari Continental da 25 millimetri gonfiati a 7,5 atmosfere all’anteriore e 8,0 atmosfere al posteriore. Però con le Lightweight le teniamo leggermente più sgonfie in quanto sono più rigide».

Rapporti standard

A questo punto abbiamo chiesto quali rapporti abbia usato l’inglese durante il Giro d’Italia.
«Per la maggior parte delle tappe ha usato il 36-53 come rapporti anteriori con un pacco pignoni 11-30, però quando per le tappe veloci o se c’è aria di ventagli per via del vento, tipo la tappa di Brindisi, usa il 39-54. Anche Swift usa questi rapporti, è un po’ un’abitudine che hanno i corridori anglosassoni».

E nelle cronometro? «Tao ha usato sempre il 58 come corona grande, con il 39 a Valdobbiadene e con il 36 a Milano, ma non lo ha mai usato. Pensa che la prima cronometro a Palermo l’ha corsa risparmiandosi e senza correre rischi».

Poi Cornacchione ci fa notare un dettaglio: «A differenza di altri, Tao ha il manubrio da cronometro con le appendici che finiscono a 90 gradi. Ovviamente non ha ancora un manubrio fatto su misura con la tecnologia 3D come Ganna o Thomas. Gli abbiamo dovuto montare i pulsanti del cambio in cima alle protesi. Inoltre, puoi vedere che usa dei poggiagomiti particolari, che ha trovato lui. In pratica hanno un ampio appoggio sui lati esterni, evidentemente lui spinge molto le braccia verso l’esterno».

Le appendici a 90 gradi della bici da crono con sella Tritone
Le appendici del manubrio da cronometro sono a 90 gradi. La sella è la Tritone di Fizik

E’ un tranquillone

Per finire Matteo ci ha descritto un Tao Geoghegan Hart molto tranquillo, che guarda i dati del misuratore di potenza ma non ne fa un’ossessione. Secondo Cornacchione, il campione inglese ancora non si è reso conto di aver vinto il Giro d’Italia.

Archetti: «La fissa di Tadej? La leggerezza»

29.10.2020
4 min
Salva

Leggerezza. A quanto pare è questa la parola d’ordine di Tadej Pogacar per la sua bici. Ce lo confessa il meccanico della UAE Team Emirates, Giuseppe Archetti. Avevamo già parlato della Colnago V3Rs dello sloveno. Stavolta torniamo sull’argomento, approfondendo un po’ più i gusti e le scelte del corridore.

Il meccanico bresciano ne ha avuti di campioni tra le mani o, meglio, le loro bici. E come spesso accade chi va molto forte come lo sloveno è poco esigente. Per la serie poche fisse e pedalare.

Ruote alte e freni a disco: Pogacar in una tappa di “pianura”
Ruote alte e freni a disco: Pogacar in una tappa di “pianura”

Quella sera alla Vuelta

«L’unica fissa di Tadej – racconta Archetti – se così possiamo dire è la leggerezza. Quando la sua bici è a 6,830 chili e gliela fai vedere sulla bilancia, lui è contento. E non è che lo controlla sempre, lo fa soprattutto nelle tappe importanti, quelle in salita. Quel peso infatti è legato alle ruote. Quando la strada sale usa quasi sempre le Campagnolo Bora con profilo da 35, può capitare che utilizzi anche quelle da 50, ma è più raro. Mentre in pianura monta quelle con profilo da 60, che chiaramente pesano un po’ di più. 

«Questa cosa del peso è nata l’anno scorso alla Vuelta. Deve averne parlato in gruppo. Una sera è venuto e mi ha chiesto: quanto pesa la mia bici? Gliel’ho fatta vedere e una volta assicuratosi che stava sui 6,8 chili si è tranquillizzato».

La Colnago VR3Rs è già di suo una bici molto leggera. E quando Pogacar utilizza il set di ruote per la salita, Archetti dice che la belva va zavorrata. Vengono inseriti dei piccoli pesi nella zona bassa del movimento centrale.

Quando la sua bici è a 6,830 chili e gliela fai vedere sulla bilancia, lui è contento

Giuseppe Archetti, meccanico UAE

«Li mettiamo lì perché la bici ha meno scompensi – riprende Archetti – e la guida ne risente di meno. Peso di 6,830 chili con il Garmin. Senza Garmin, saremmo stati, come dire, molto al limite! Il nostro addetto stampa nei post tappa aveva sempre con un computerino nella tasca, pronto a montarlo sulla bici nel caso qualcuno l’avesse voluta pesare».

Tubolare se piove

Un altro elemento a cui Tadej presta attenzione sono le gomme. Il suo range di pressioni oscilla tra le 6 e le 6,8 bar, a seconda che sia asciutto o bagnato, se ci sono strade rovinate o buone, se opta per i tubolari o tubeless. Il loro fornitore è Vittoria. Di solito nelle tappe più dure o quando piove Tadej preferisce i tubolari, in quanto gli danno più sicurezza.

«Il tubeless per me è il futuro – dice Archetti – soprattutto al di fuori delle competizioni. Dopo 35 anni in questo settore resto dell’idea che un buon tubolare non sia inferiore. L’anno scorso Pogacar mi chiedeva qualche consiglio, ma alla fine, come ripeto, si è regolato con il tubeless nelle tappe più facili e il tubolare in quelle di salita».

Pedivelle da 172,5 millimetri su strada e da 170 a crono
Pedivelle da 172,5 millimetri su strada e da 170 a crono

Pedivelle variabili

Non è un maniaco della bici quindi Pogacar, ma gli piace testare i materiali. Vuol sapere che cosa sta usando.

«E’ molto attento – continua Archetti – alla scelta delle pedivelle. A cronometro utilizza quelle da 170 millimetri, mentre nelle tappe normali quelle da 172,5.

«Lo trovate strano? Ormai ci sono numeri e strumenti che certificano il rendimento dell’atleta. Lo dicono i test effettuati in pista. Pensate che Brandon McNulty che è alto 1,87 metri al Giro d’Italia a crono utilizzava pedivelle proprio da 170 millimetri.

«Le uniche cose sulle quali Tadej ci ha messo un po’ a decidere sono stati la sella e il manubrio, ma una volta fatta la scelta non ha più toccato nulla. Per quanto riguarda la sella è passato alla Prologo Scratch M5. Quando è arrivata se l’è portata a casa, ci si è allenato e poi sentendola più comoda l’ha scelta definitivamente. Sul manubrio invece c’è stato qualche “cambio”. Aveva la piega Deda Sl (Superleggera, ndr), ma quando ha visto l’Alanera l’ha voluta provare. Dopo però è tornato all’Sl per poi optare definitivamente per l’Alanera, che è una piega integrata».

Chissà, forse un po’ avrà inciso anche l’impatto estetico, che in effetti è notevole con quella piega.

Ultima chicca (e che chicca) è la corsa dei freni. «Pogacar ama una corsa breve, sia all’anteriore che al posteriore. E anche una leva vicino alla piega. Tuttavia il comando Campagnolo (Super Record 12V, ndr) non consente questa regolazione. Ho fatto io un lavoro artigianale, di fresatura, e gliel’ho avvicinata. La stessa regolazione che mi chiedeva Gilberto Simoni».

Look 785 Huez RS Roubaix

Come nasce una bici per la Parigi-Roubaix?

26.10.2020
4 min
Salva

Look insieme al Team Nippo Delko One Provence hanno intrapreso, alcuni mesi fa, un percorso per scegliere il modello di bicicletta e le soluzioni tecniche migliori per affrontare l’Inferno del Nord. Purtroppo quest’anno la gara è stata annullata ma tutto il lavoro fatto da Look e dal team sarà utilizzato per la prossima edizione.

La sfida più dura

Tutto nasce da una domanda che si sono fatti in Look: «Quale è stata la gara più dura affrontata da una nostra bicicletta?». La risposta di tutti è stata la Parigi-Roubaix. Da qui nasce la sfida di supportare al meglio il Team Nippo Delko One Provence proprio sul pavé della Roubaix.
L’inizio di questo percorso è iniziato da una visita agli stabilimenti Look a Nevers, dove sono progettate, sviluppate, prototipate e assemblate tutte le biciclette del marchio francese. In questo modo i corridori hanno scoperto quanto lavoro si cela dietro i mezzi che li aiutano a vincere. Ma non è tutto, perché la visita è stata anche un’occasione per confrontarsi con i progettisti, gli ingegneri e i tecnici sui punti chiave. Sono molti i fattori chiave su cui confrontarsi, dal periodo in cui si corre ai gusti e alle caratteristiche dei singoli atleti. Tutti fattori non sempre facili da individuare e da soddisfare

Fumiyuki Beppu con il direttore sportivo Giraud in visita negli stabilimenti Look a Nevers
Fumiyuki Beppu con il ds Giraud

Due Look da usare

Durante l’anno i ragazzi del Team Nippo Delko One Provence hanno usato sia la 795 Blade RS e sia la 785 Huez RS. La sfida è stata capire quale di questi due modelli permetterà ai corridori di affrontare meglio la Roubaix. La discussione ha ruotato intorno al design delle biciclette, alla loro composizione, ai diversi tipi di fibra di carbonio utilizzati, ai processi di assemblaggio e a tutte le diverse variabili che possono intervenire il giorno della gara. Bisognava scegliere fra l’aerodinamica e rigida 795 Blade RS oppure la più dolce e manovrabile 785 Huez RS. La scelta finale è ricaduta proprio su quest’ultima, che grazie alle geometrie orientate alla salita e il tubo sterzo più lungo offre un comfort e una flessibilità maggiore sulle strade sconnesse. E’ stato un po’ come equiparare la fatica di una tappa alpina con quella che si fa nei 260 chilometri della Roubaix.

https://youtu.be/xUKdLX6Jmwk

Quali freni?

Altra scelta che si è posta di fronte ai tecnici Look e ai corridori del team è stata quale tipo di freni usare, dischi o tradizionali? I dischi forniscono indubbi vantaggi con la pioggia, mentre i caliper sono più leggeri. Visto le caratteristiche del percorso e la frequenza di condizioni meteo avverse in quelle zone, si è optato per i dischi. Con questa scelta si è delineata la bici per la Parigi-Roubaix: la 785 Huez RS Disc con ruote Corima.

La ricognizione ha evidenziato le difficili condizioni meteo con freddo e pioggia
Condizioni meteo difficili durante la ricognizione

Si va sulla strada

Dopo il primo rinvio della gara, causa Covid-19, che prevedeva il recupero a fine ottobre, il Team Nippo Delko One Provence va in ricognizione sul tracciato della gara. E non si provano solo le biciclette, ma siccome era cambiato anche il periodo di svolgimento, i corridori hanno testato anche gli indumenti più caldi. Il direttore sportivo Benjamin Giraud mette i test dell’attrezzatura in cima alla lista delle sue preoccupazioni:
«L’attrezzatura sarà ancora più importante quest’anno perché il tempo in autunno sarà peggiore rispetto ad aprile. Ci sarà più fango e il pavé sarà più scivoloso. Ecco perché è fondamentale testare tutto».

Rémy Hoffman all’opera durante la ricognizione della Parigi-Roubaix
Rémy Hoffman all’opera durante la ricognizione della Parigi-Roubaix

Dura anche per i meccanici

La ricognizione sul tracciato è anche una prova per i meccanici. “C’è sempre molta pressione durante tutto l’anno, ma ancora di più in occasione della Roubaix, per noi è una grande sfida tecnica” afferma il meccanico Rémy Hoffman. In questo caso la responsabilità sui meccanici è ancora maggiore in virtù delle scelte fatte mesi prima a Nevers. Hoffman spiega che: «La Parigi-Roubaix è molto faticosa. Ci sono molti cambiamenti, stiamo passando ai freni a disco, rivedendo le pressioni, cambiando i tubolari, e cambiando anche i telai!».

Appuntamento al 2021

Tutto era pronto per la gara, poi è arrivato l’annullamento. Mesi di lavoro e di preparazione sono stati spazzati via in un attimo. Ma per concludere questa avventura bisognerà solo aspettare qualche mese.

Nibali Giro 2020

Nibali: l’evoluzione della nuova bici

21.10.2020
5 min
Salva

Sono arrivate le grandi montagne al Giro d’Italia, quelle che piacciono molto a Vincenzo Nibali. Quest’anno lo Squalo dello Stretto è passato dalla Merida Scultura con freni tradizionali e cambio meccanico alla nuova Trek Emonda con freni a disco e cambio Sram Red eTap AXS famoso per il suo funzionamento wireless. Non a caso il messinese dichiarava sui freni a disco: «Ho visto che in pianura la bicicletta risulta più rigida col perno passante, tant’è che spesso i velocisti li usano e ci vincono pure. In salita, anche a parità di peso delle ruote, preferisco ancora i freni tradizionali».

La parola ad Adobati

Ma come hanno fatto in Trek a convincere un campione del calibro di Nibali a cambiare così rapidamente le sue preferenze tecniche? A questa domanda hanno risposto sia il meccanico del team Mauro Adobati che il responsabile marketing di Trek Italia Rudy Pesenti.

Il primo ci ha detto che «non abbiamo dovuto convincere Vincenzo, in realtà è stato facilissimo, lui si è adattato subito e ora è contentissimo della sua bicicletta”.

Rudy Pesenti ci ha svelato qualcosa in più dicendoci che qualche preoccupazione iniziale Nibali l’aveva. Il timore non era nelle prestazioni in salita, ma nel cambio dello stile di guida in discesa, infatti la sua nuova Emonda fa segnare un peso complessivo di 6,9 chilogrammi in linea con il minimo consentito dal regolamento di 6,8 chilogrammi. L’aspetto che ci ha un po’ sorpreso è che il campione siciliano avrebbe detto che con i freni tradizionali era abituato a frenare all’ultimo momento, mentre con i dischi avrebbe rimodulato in maniera più progressiva la frenata.

Un altro aspetto interessante che Mauro Adobati ci ha raccontato è che all’inizio lo Squalo montava una guarnitura anteriore con corone da 39-52, ma con il passare della stagione starebbe usando sempre di più corone da 37-50, usate sia al Lombardia che al Giro dell’Emilia.

Emonda, in salita si vola

Questo cambiamento darebbe notevoli vantaggi soprattutto sulle salite pedalabili in cui il 50 si rivelerebbe un ottimo rapporto, soprattutto se associato a un pacco pignoni posteriore con rapporti 10-33. Adobati ci ha rivelato che in gara i corridori usano addirittura il 50 anteriore con il 33 posteriore. Un incrocio che in teoria sarebbe molto sconsigliato, ma che il gruppo Sram riesce a sopportare senza problemi. Ovviamente stiamo parlando di momenti di gara in cui la ricerca della prestazione va oltre ogni teoria sul buon uso dei componenti.

Andrea Nieri, il meccanico di ieri

Che Nibali ami tenere dei rapporti agili è un fatto che ci ha confermato anche il suo storico meccanico dai tempi della Mastromarco fino alla Bahrain-Merida, Andrea Nieri.

Oltre a confermarci che Nibali è molto meticoloso a livello tecnico e che è anche un ottimo meccanico, ha spiegato che: “a Vincenzo piaceva avere come rapporti anteriore un 38-53 associato a un pacco pignoni 11-30, che voleva anche nelle tappe pianeggianti, in quanto preferiva avere la possibilità di salvare la gamba nel caso ci fosse stato da passare una piccola asperità.

Nibali è un tester di alto livello

Sta di fatto che Nieri ci ha confermato, che anche negli anni con Merida, lo Squalo si è adattato al materiale di cui la squadra era dotata e che non ha mai chiesto modifiche particolari al telaio, ma ha sempre usato le biciclette uguali a quelle che possiamo trovare nei negozi. Nieri ci ha svelato che l’unica eccezione è stata quando Merida stava per lanciare la nuova Reacto nel 2017. Gli appassionati dotati di buona memoria ricorderanno che durante il Giro d’Italia di quell’anno, Nibali usò nella tappa numero 12 una Reacto con una colorazione particolare. Proprio quella bici era figlia dei consigli del campione siciliano, che poi furono adottati di serie sui modelli che ancora oggi troviamo in commercio.

Questo aneddoto ci conferma quanto sia importante per le aziende avere corridori sensibili nella guida delle biciclette, che possono fornire dei riscontri importanti e indicare anche eventuali soluzioni tecniche migliorative.

Discesa record dal Sormano

A conferma della grande sensibilità di guida di Nibali e del fatto che si trova molto bene con la sua nuova Emonda, basta vedere il record che ha fatto segnare all’ultimo Lombardia nella discesa dal Sormano. L’App Strava ha assegnato al campione siciliano il record di velocità con un tempo di 5 minuti e 30 secondi per percorrere i 5,6 chilometri della discesa. La velocità di punta è stata di 85 chilometri orari e quella media di 61,3 chilometri orari. Davvero niente male!

Tadej Pogacar

Vasile ci spiega la Colnago di Pogacar

23.09.2020
3 min
Salva

Nella recente vittoria di Tadej Pogacar al Tour de France è stato dato molto risalto alla sua Colnago V3Rs tutta gialla. Noi di bici.PRO abbiamo fatto però un passo indietro e approfondito le scelte tecniche del giovane campione sloveno con il meccanico Vasile Morari, che lo ha seguito nella cavalcata che lo ha portato in giallo ai Campi Elisi.

Tadej Pogacar
Con Hilario Coelho, altro meccanico della Uae
Tadej Pogacar
Alla partenza verso il Col de la Loze, con Hilario Coelho, altro meccanico della Uae

Anche Pogacar con i dischi

Per iniziare diciamo che per tutta la durata del Tour, Pogacar ha pedalato sulla stessa bici. La taglia è un 50 di Colnago che corrisponde circa ad un 54. Un fattore che invece è cambiato durante la corsa francese è la scelta del tipo di freni, come ci ha confermato Vasile Morari. 

«In alcune tappe più pianeggianti – ci ha detto – Pogacar ha optato per la versione con i freni a disco, mentre per le tappe con salita ha utilizzato la V3Rs con i caliper». 

Assetti diversi

Un aspetto molto interessante che è emerso parlando con il meccanico della Uae Team Emirates è che Pogacar non ha particolari richieste, ma utilizza il materiale più leggero nelle tappe di salita e più aerodinamico in quelle pianeggianti.

«Durante il Tour de France – ha spiegato Vasile – ha scelto di usare le ruote Bora Ultra con i tubolari nelle tappe con le salite, mentre ha utilizzato le Bora WTO con i tubeless nelle tappe più veloci. Solitamente – ha aggiunto –utilizza le Bora Ultra con due profili differenti all’anteriore la ruota da 35 millimetri e al posteriore da 50 millimetri. Questa scelta gli conferisce più rigidità al posteriore e non c’è una grande differenza di peso rispetto ad avere la coppia da 35 millimetri».

Mentre la scelta di montare il profilo più basso anche al posteriore «è stata fatta solo quando si dovevano affrontare salite molto lunghe». 

Anche per quanto riguarda i rapporti le opzioni sono state due.
«Nelle tappe pianeggianti – ci ha spiegato il meccanico della Uae – Pogacar montava un 39-53 all’anteriore con un pacco pignoni 11-29, mentre nelle frazioni montuose preferiva avere un 36-53 con un pacco pignoni 11-32».

Questi ultimi rapporti sono stati gli stessi che ha usato anche nella scalata alla Planche des Belles Filles. La parte pianeggiante della cronometro «l’ha affrontata con un 58 all’anteriore con un pacco pignoni 11-29». 

Tadej Pogacar
Pogacar con le Bora WTO per una tappa veloce
Tadej Pogacar
In partenza per la tappa di Lione con le Bora WTO: una scelta all’insegna della velocità

Manubrio e sella sempre uguali

Per quanto riguarda il manubrio e la sella il campione sloveno ha utilizzato sempre gli stessi materiali.
«Come manubrio utilizza l’AlaNera di Deda Elementi che gli piace molto in quanto è rigido e leggero allo stesso tempo – continua Morari – mentre la sella è la Scratch M5 di Prologo».

In definitiva Morari ci ha confermato che Pogacar non ha pretese particolari. Ma cambia l’assetto della bicicletta in base al percorso e alle condizioni meteo della giornata.