Bici dei pro’, dove nascono le De Rosa della VF Group

14.12.2024
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Il montaggio delle biciclette per un team professionistico è sempre un momento emozionante e ricco di aspettative. Per la VF Group-Bardiani questi giorni segnano l’arrivo delle nuove De Rosa, perla del Made in Italy. E’ quasi un rito, un processo che coinvolge non solo i meccanici, ma anche il cuore pulsante del ciclismo agonistico: i telai, le ruote, i cartoni, i fili, i gruppi, gli attrezzi sul banco…

Di questo particolare momento abbiamo parlato con Nicolas Coppolino, giovane meccanico del team emiliano. Proprio in questi giorni infatti si stanno ultimando i primi montaggi delle bici che la VF Group-Bardiani userà per tutta la stagione. Alcune bici gli atleti le stanno usando in Spagna, altre sono e resteranno in magazzino.

Nicolas Coppolino durante il primo montaggio delle De Rosa 70 del team. Cavi manubrio e serie sterzo integrata i passaggi più delicati
Nicolas Coppolino durante il primo montaggio delle De Rosa 70 del team. Cavi manubrio e serie sterzo integrata i passaggi più delicati
Quante bici vi sono arrivate?

La prima parte è stata per le bici da allenamento: ne abbiamo ricevute 23, una per ogni corridore. Sono poi arrivate le 23 bici da gara e la prossima settimana monteremo altre 23 bici di scorta. Le bici da gara sono già in Spagna, pronte per il ritiro.

Che differenza c’è tra una bici da allenamento e una da corsa?

Sul fronte delle caratteristiche tecniche nessuna: le bici da allenamento sono identiche a quelle da gara. L’unica differenza è che le prime rimangono a casa del corridore, mentre quelle da gara viaggiano con noi meccanici del team insieme alle bici di scorta.

Quanto materiale vi arriva per il montaggio?

Per il primo montaggio ci arrivano tutti i componenti necessari: 23 gruppi e 23 telai, più altro materiale di scorta. In generale, abbiamo sempre 2-3 telai di scorta per ogni misura e almeno 3-5 gruppi di scorta, più quelli che vengono caricati sul camion in base alla durata e complessità delle trasferte. Se sono gare di un giorno per esempio il materiale supplementare è poco, ma se il camion sta fuori un mese, per esempio, ce n’è parecchio.

Le prime 23 bici montate qualche giorno fa sono in ritiro in Spagna
Le prime 23 bici montate qualche giorno fa sono in ritiro in Spagna
Dove montate le bici?

Le bici vengono montate direttamente da De Rosa a Cusano Milanino. Questa officina semplifica il nostro lavoro perché lì arrivano telai, gruppi e ruote. De Rosa ha una nuova officina ben attrezzata che permette di lavorare con maggiore comodità rispetto al nostro magazzino a Reggio Emilia. Usciamo da qui con la bici montata e stop!

Insomma è comoda l’officina De Rosa

Molto! La nuova officina di De Rosa è grande e modulare, con banchi che permettono a 6-7 meccanici di lavorare contemporaneamente. Rispetto al nostro magazzino, che è più piccolo, questo è un valore aggiunto.

Quanti meccanici lavorano al montaggio?

Per il primo montaggio eravamo in sei. Quando completeremo le bici di scorta, saremo in tre, perché gli altri meccanici sono in Spagna in ritiro con il team.

Che sensazione si prova a vedere tutte queste bici nuove? Tu, tra l’altro Nicolas, sei anche un passionato praticante…

Per un appassionato è davvero impressionante: hai sotto mano bici che costano 13-14.000 euro, tutte nuove, bellissime, pronte per essere montate, bici che correranno gare importanti. All’inizio è un grande impatto, poi, lavorandoci ogni giorno, diventa quasi routine, ma resta un bel momento.

Ed eccola la bici finita: De Rosa 70 che da quest’anno passa dal bianco al total black
Ed eccola la bici finita: De Rosa 70 che da quest’anno passa dal bianco al total black
Quante bici riesci a montare ogni giorno?

Mediamente cinque bici al giorno. Per ogni bici, partendo da zero, ci vuole circa un’ora e mezza. Con i modelli di ultima generazione, in cui i gruppi sono wireless, il montaggio è più veloce rispetto alle bici di qualche anno fa.

Quali sono le parti più complesse da montare?

Le fasi più delicate sono l’inserimento dei cavi freno all’interno del manubrio integrato e il montaggio della forcella tenendo in considerazione la serie sterzo. Per il resto, è tutto piuttosto lineare.

Il modello di quest’anno è uguale a quello dell’anno scorso, giusto?

Sì, utilizziamo sempre le De Rosa 70, con gruppi Campagnolo Super Record Wireless e ruote Bora WTO da 45 e 60 millimetri e, per le tappe di salita, abbiamo le ruote Hyperon Ultra, quelle a basso profilo.

I ragazzi della VF Group – Bardiani ad Altea hanno sfoggiato le nuove De Rosa, che non sono passate inosservate
I ragazzi della VF Group – Bardiani ad Altea hanno sfoggiato le nuove De Rosa, che non sono passate inosservate
Quante ruote avete a disposizione?

Un centinaio di coppie di ruote, tra 45, 60 e ruote basse. Tuttavia, le ruote basse, le Hyperon Ultra, non vengono usate quasi più ormai: i corridori preferiscono le 45 anche per tappe dure. E infatti di questo set ne abbiamo una decina di coppie.

Come vengono stabilite le misure delle bici?

Per i nuovi corridori, utilizziamo le schede biomeccaniche che ci forniscono e le adattiamo con De Rosa per trovare la configurazione ideale. Per chi è già in squadra, si utilizzano le misure dell’anno precedente, salvo richieste di modifiche. Quest’anno, per esempio, in molti hanno accorciato le pedivelle: chi aveva 172,5 millimetri è passato a 170 e chi aveva 170 è passato a 165.

Insomma “Pogacar docet”! Scherzi a parte, qualcuno ha cambiato sella o altre componenti?

No, le selle sono rimaste le stesse dell’anno scorso. Le uniche modifiche, come detto, riguardano le pedivelle, che sono state accorciate da molti corridori.

Anche i meccanici sono nel pieno della Campagna del Nord

24.03.2024
6 min
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Venerdì la E3 Saxo Classic di Harelbeke, oggi la Gand-Wevelegem: la Campagna del Nord entra nel vivo. Ed entra nel vivo anche per i meccanici. Queste corse  sono una sfida anche per gli staff tecnici. Per Gabriele Tosello (nella foto di apertura), per esempio, capo meccanico dell’Astana-Qazaqstan, il Nord è iniziato prima della Sanremo e si chiuderà il lunedì dopo la Liegi!

Lui e Fausto Oppici, meccanico della Soudal-Quick Step, ci spiegano come si sono organizzati e che scelte hanno fatto i loro atleti.

Gleb Syritsa ad Harelbeke, per lui un setup una volta impensabile per quelle corse tanto tortuose e con fondo sconnesso
Gleb Syritsa ad Harelbeke, per lui un setup una volta impensabile per quelle corse tanto tortuose e con fondo sconnesso
Gabriele, voi di Astana avete il magazzino a Nizza. Siete partiti da lì?

Sì, nei pressi di Nizza e da lì siamo partiti la domenica dopo la Sanremo. In pratica chi come me ha fatto la Tirreno, dopo un breve stop a casa, la mattina di Pavia è andato diretto a Nizza. La mattina dopo, come detto, con le bici dei corridori della Classicissima siamo partiti.

Nizza, Belgio: un viaggione…

Da Nizza a Kortrijk, dove alloggiamo, sono 1.200 chilometri. Li abbiamo fatti in due tappe. Ma eravamo in compagnia e il tempo è passato bene. In più eravamo belli carichi. Con noi infatti avevamo anche il materiale delle Ardenne. Se non tutte le bici, almeno gomme e ruote.

Ecco, parliamo delle vostre scorte. 

Per ora le bici abbiamo quelle di chi fa la prima parte. Con noi ci sono 11-12 atleti. Ognuno ha tre bici, quindi sul camion officina ce ne sono 36. Poi, dopo il Brabante, quando cambieranno i corridori cambieranno anche le bici. Abbiamo previsto un transfer. Via queste e dentro le altre. Più o meno saranno le stesse per numero. Dipenderà da quanti corridori effettivamente ruoteranno.

Coperture più larghe, pressioni più basse e canali maggiori consentono di utilizzare ruote ad alto profilo sempre. Anche al Nord…
Coperture più larghe, pressioni più basse e canali maggiori consentono di utilizzare ruote ad alto profilo sempre. Anche al Nord…
Cosa avete portato?

Sette tipi di coperture con diametri di 28, 30 e 32 millimetri. Già ad Harelbeke, considerato un Piccolo Fiandre, qualcuno ha usato i 30 mm. I 32 semmai, solo per la Roubaix. Poi due tipologie di ruota: 45 e 60 millimetri.

Che poi voi avete cambiato fornitore… Solo due set avete portato?

Vero, siamo passati da Corima ed Hed a Vision. Ma proprio per avere le idee chiare a dicembre siamo venuti su per fare dei test con alcuni corridori, tra cui Ballerini e Bol. Poi sono seguiti altri test in galleria del vento, in allenamento e un altro mini sopralluogo lo abbiamo fatto prima della Kuurne e della Omloop.

Altro materiale “da Nord” che avete con voi?

Abbiamo un nastro manubrio apposito, che è antiscivolo e leggermente più imbottito. Questo ci consente di non mettere il doppio nastro manubrio. E poi direi le “mousse”, quegli inserti che si mettono sotto al tubeless e che abbiamo usato ad Harelbeke e useremo al Fiandre e alla Roubaix.

E’ noto che da quelle parti il tempo cambia repentinamente: avete dei lubrificanti diversi?

Abbiamo cambiato oli. Ora ci affidiamo ad una ditta spagnola che si chiama BLUB, che sta proprio per Barcellona Lubrificanti. Ne abbiamo cinque tipi tra spray e più densi: dal secco al bagnato estremo. E posso dire che si usano parecchio. Tre bombolette spray e tre flaconcini da 100 ml di olio a settimana. I cuscinetti ci danno un bel da fare, specie se piove.

Fausto Oppici, meccanico della Soudal-Quick Step
Fausto Oppici, meccanico della Soudal-Quick Step

In casa Soudal…

Se Tosello ci ha parlato del Nord lato meccanici, Oppici fa più o meno la stessa cosa, ma più dal punto di vista degli atleti. E’ noto che la sua squadra, la Soudal-Quick Step sia una vera armata da quelle parti. E anche se non è più la corazzata di un tempo, vanta sempre atleti di primissimo piano come Asgreen, Alaphilippe e Moscon

Qui l’approccio è più mirato al campione. In più bisogna considerare che la sede della Soudal-Quick Step è nei pressi di Gent, pertanto è sul posto. Per ogni evenienza tutto è a portata di mano. Hanno meno bisogno di fare i “grossi bagagli”.

Le tante bici all’interno del camion meccanici della Soudal-Quick Step (foto Wout Beel)
Le tante bici all’interno del camion meccanici della Soudal-Quick Step (foto Wout Beel)
Fausto, come vi siete organizzati “voi” belgi?

Sul fronte dei materiali tutto è confermato, sia rispetto all’anno scorso che rispetto alla Sanremo, per dire. Quello che cambia davvero sono le gomme e le pressioni in particolare. Anche per noi, ogni atleta ha tre bici: quella con cui corre, quella di scorta sulla prima ammiraglia e quella sull’ammiraglia che fa i tagli. Un’altra cosa che facciamo è che tutti i nostri massaggiatori, nei rifornimenti in gara, hanno almeno una coppia di ruote, oltre alle borracce e al rifornimento stesso. Qui al Nord capita che spesso la macchina sia troppo dietro, anche 3-4 minuti proprio nei tratti cruciali, e così gli diamo un set di ruote.

Sulle gomme, con Specialized puntate su copertoncino e camera d’aria. Vale anche per queste gare?

Prevalentemente camera e copertoncino anche per il Nord. Abbiamo anche un tubeless ready a disposizione, ma queste sono decisioni che spettano ai corridori e sono legate soprattutto al meteo. Tra le coperture che abbiamo con noi, c’è il modello Roubaix, il più usato da queste parti. E’ più robusto e lo abbiamo sia nella sezione da 28 mm che in quella da 30.

Asgreen normalmente per quale opta?

Quasi sempre per un 28 se è asciutto, ma credo lo mantenga anche per il bagnato. Asgreen è un tipo molto particolare per quel che riguarda le ruote: sceglie set, gomme e pressioni proprio all’ultimo. Soprattutto sulle pressioni ce le fa ricontrollare spesso proprio al ridosso del via. 

Alaphilippe e Asgreen: i due leader della squadra di Lefevere. Loro due intervengono solo sulle gomme
Alaphilippe e Asgreen: i due leader della squadra di Lefevere. Loro due intervengono solo sulle gomme
E viaggia sugli standard indicati per quanto riguarda il gonfiaggio?

Più o meno sì, chi va sotto di 0,2-0,3 bar è Alaphilippe. Per il resto si tocca davvero poco. Non è più come una volta. Dai raggi al cerchio, le ruote le montiamo e le usiamo così come escono dalla fabbrica. Anche le posizioni non vengono toccate per niente.

Perché?

Perché tra metodi costruttivi diversi, ruote che si rompono meno, l’efficienza è sempre buona e l’aerodinamica conta sempre di più. Una volta si parlava di doppio nastro, noi quasi non lo mettiamo più. Non solo, ma se proprio non fa freddo ormai tanti atleti corrono senza guanti anche sul pavé. E il guanto stesso era uno spessore ulteriore. Una volta si cambiavano bici, si usavano quelle con gli inserti ammortizzanti. Si cambiavano forcelle, si usavano quelle ammortizzate… Noi oggi affrontiamo le classiche del Nord con Specialized SL8, la stessa della Sanremo, per dire…

I meccanici, appassionati, amici e un po’ psicologi

17.11.2022
7 min
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I meccanici delle squadre non svolgono “solamente” il ruolo operativo insito nella loro qualifica. Sono degli appassionati di sport e sono anche gli amici dei corridori, una sorta di valvola di sfogo e un parafulmine. Sono anche un po’ psicologi, perché talvolta il corridore deve essere convinto e indirizzato nelle sue scelte tecniche.

Ci siamo fatti raccontare chicche e aneddoti da Matteo Cornacchione (Team Ineos-Grenadiers), Ronny Baron (Team Bahrain-Victorious) e Mauro Adobati (Team Trek-Segafredo). Che cosa accade quando gli organici si completano con i nuovi ingressi?

Uno dei primi collegiali di stagione del Team Trek-Segafredo (foto Trek-Segafredo)
Uno dei primi collegiali di stagione del Team Trek-Segafredo (foto Trek-Segafredo)
Cosa si fa quando arriva un nuovo corridore?

CORNACCHIONE: «Il primo approccio con un nuovo atleta avviene talvolta in maniera anomala, perché si cerca di avere un contatto diretto con lui prima che la stagione volga al termine. Per noi meccanici è fondamentale avere le sue vecchie biciclette, quella normale e quella da crono, dalle quali si estrapolano le misure. E’ un passaggio davvero importante, grazie al quale si determinano anche gli ordini dei materiali per la stagione futura».

BARON: «Di solito il team fa il contratto con un corridore durante la stagione e di pari passo noi riceviamo le schede tecniche. Quando c’è la possibilità, noi meccanici sondiamo direttamente anche l’atleta, per sensazioni ed eventuali necessità. Un professionista già navigato non si avventura in stravolgimenti di setting, magari qualche prova e test nella stagione lontano dalle corse. Un lavoro più articolato, approfondito è eseguito su atleti molto giovani».

ADOBATI: «Talvolta quando arriva un giovane non si conoscono in modo preciso le sue caratteristiche. Noi meccanici parliamo con i direttori sportivi, entriamo in contatto con l’atleta e si cerca di avere delle informazioni anche grazie al team di provenienza. Gli stessi corridori si dividono in due categorie. Quelli tecnici e preparati, oppure quelli che rimandano ai meccanici. A prescindere da tutto, si cerca di far avere il materiale ai nuovi arrivati anticipando il primo training camp, in modo che ci sia un adattamento graduale».

Cornacchione regola l’inclinazione delle leve del cambio
Cornacchione regola l’inclinazione delle leve del cambio
Mediamente quanto tempo viene dedicato all’atleta?

CORNACCHIONE: «Dipende dalla tipologia di corridore, ad esempio gli specialisti delle crono necessitano più tempo. Per dare un’idea precisa, considerando i cronoman, in un pomeriggio non si fanno più di due corridori. Sempre in merito agli atleti che puntano sulle prove contro il tempo, talvolta le sedute sono divise in più puntate. Si va in galleria del vento, oppure lo stesso corridore è coinvolto nello sviluppo dei nuovi materiali. I tempi si allungano perché i test sono numerosi. Lavorare sulle bici tradizionali invece è piuttosto veloce anche con i nuovi innesti. Viene data la possibilità di lavorare sui nuovi materiali e di arrivare ai primi ritiri con un buon setting».

BARON: «Quando trovi il nuovo innesto alle corse si cerca di entrare nel dettaglio e ci si confronta con lui. Non è un lavoro semplice, perché è obbligatorio rispettare anche i contratti, che di solito scadono alla fine di dicembre. E’ fondamentale per i meccanici ascoltare ed interpretare le parole del corridore, poi dipende anche dalla sua sensibilità. E’ necessario considerare anche la capacità di adattamento dell’atleta».

ADOBATI: «Le fasi sono diverse. La prima è quella riferita alla consegna della prima bicicletta ed in genere un’oretta è sufficiente, riportando le vecchie misure sulla bici nuova. Un secondo step è quello del primo collegiale, dove si eseguono gli aggiustamenti del caso e se sono necessari cambi importanti si dedicano anche due/tre ore. Per il fitting della bicicletta, il team Trek-Segafredo si avvale del Centro Mapei. Il lavoro di messa in sella e adattamento aumenta, anche per via dei tanti materiali da provare, quando ci sono le bici da cronometro».

Baron alle prese con gli aggiustamenti delle bici (foto Bahrain Victorious)
Baron alle prese con gli aggiustamenti delle bici (foto Bahrain Victorious)
Vengono fatte delle sedute in stile accademy?

CORNACCHIONE: «Facciamo una sorta di training camp con sedute informative. Quest’anno si è svolto prima della fine di ottobre e ha permesso a tutto lo staff di entrare in contatto con i nuovi e di avere il polso delle loro esigenze. Per noi meccanici è stato importantissimo, ci ha permesso di anticipare il lavoro di messa in sella di ogni atleta. E’ stata una settimana intensa, ma produttiva. Il tema è stato dedicare il più tempo possibile ad ogni singolo corridore».

BARON:«Viene fatto un training camp, quello di dicembre, con dei veri e propri meeting, dove ogni azienda sponsor presenta i prodotti in dotazione al team. Questo avviene per i corridori già presenti in organico e per quelli nuovi. A questo si aggiunge anche il ruolo di noi meccanici che cerchiamo di insegnare a tutti i corridori i piccoli trucchetti per gestire al meglio la bicicletta da allenamento che è a casa».

ADOBATI: «Assolutamente si. Ogni parte della bicicletta, nel nostro caso Trek, prevede l’intervento di un ingegnere che espone le peculiarità e le caratteristiche del componente. Questo riguarda anche lo staff e i meccanici. A questi si aggiungono anche i diversi sponsor tecnici. Durante i ritiri si eseguono delle vere e proprie sessioni informative per tutti, maggiormente approfondite per i nuovi ingressi che non hanno utilizzato il nostro materiale».

Mauro Adobati alle prese con l’aggiustamento di un manubrio (foto Trek-Segafredo)
Mauro Adobati alle prese con l’aggiustamento di un manubrio (foto Trek-Segafredo)
Generalmente quanto tempo è necessario per far si che il corridore si adatti ai nuovi materiali?

CORNACCHIONE: «Difficile da dire, molto dipende dai materiali e le differenze con i precedenti. Comunque, un corridore pro, una volta trovata la giusta posizione in sella, in due settimane trova il setting ottimale e difficilmente lo cambia nel corso della stagione».

BARON: «Circa un mese, talvolta un mese e mezzo, poi dipende dal soggetto. I corridori di vecchio stampo non cambiavano la posizione di un millimetro, nell’arco di tutta la loro carriera. Quelli giovani sono portati a sperimentare di più e questo fattore comporta un tempo maggiore per capire il mezzo. In inverno il corridore ci mette più tempo ad adattarsi perché le variabili in gioco sono diverse. Può essere che ha qualche chilogrammo in più addosso, oppure sta facendo palestra e la sua muscolatura è appesantita».

ADOBATI: «Un corridore giovane si adatta molto rapidamente, poi ovviamente entra in gioco la parte soggettiva. Per dare un riferimento, ci vogliono un paio di mesi, si tratta di essere perfetti al 100% e di accontentare a pieno le richieste dell’atleta. Qui c’è da considerare anche la doppia bicicletta. Ad ogni atleta vengono dati i due modelli, Emonda e Madone, i due mezzi di riferimento per il team e lui può scegliere».

Altezza e arretramento sella, tra le operazioni più richieste, non solo dai nuovi (@trek-segafredo)
Altezza e arretramento sella, tra le operazioni più richieste, non solo dai nuovi (@trek-segafredo)
Un aneddoto che porti con te?

CORNACCHIONE: «Il ricordo di un Ganna giovane che era appena arrivato in squadra, quindi un atleta che doveva ancora vincere tanto e diventare l’atleta che conosciamo oggi. Filippo è un corridore al quale piace l’abbinamento dei colori è curioso di sapere quando c’è un componente diverso e particolare. Il manubrio da crono 3D non era ancora stato sviluppato e provato. Lui è stato il primo ad usarlo e portarlo in gara. Al momento della consegna, era felice come un bambino che riceve il regalo di Natale. Porterò sempre con me il sorriso e l’entusiasmo di quel ragazzo, oltre alla consapevolezza di quanto il team e Pinarello avevano investito. Lui è geloso di quel manubrio e per lui è un punto fermo. Le misure di quel componente non sono mai state cambiate. Sono convinto che se lo metterà in bacheca».

BARON: «Mi ha colpito la preparazione tecnica di Nibali, sempre sul pezzo, curioso, capace e interessato ad ogni dettaglio ed innovazione. Ma anche Petacchi, due corridori pignoli, maniacali e in grado di sostituire i meccanici in alcune operazioni. Oppure lo stesso Sonny Colbrelli, molto ordinato e curioso sotto il profilo tecnico. Tra i corridori che ti trasmettono qualcosa annovero anche Caruso, Landa e Mohoric, tutti capaci nell’ambito della meccanica della bicicletta. Quest’ultimo lo vedo crescere stagione dopo stagione, un vero intenditore sulle pressioni delle ruote, aerodinamica, senza dimenticare il reggisella telescopico con il quale ha vinto la Sanremo 2022. Non è un componente standard, o meglio, lo abbiamo sviluppato e adattato grazie alle sue indicazioni. Con corridori come questi si creano delle complicità che fanno progredire il nostro mestiere e lo sviluppo dei materiali».

ADOBATI: «Gli aneddoti da raccontare sono tanti, ma quello che mi ha colpito nelle ultime stagioni è la preparazione e la competenza di alcune ragazze del team, tra queste Elisa Longo Borghini. Sanno quello che vogliono e sono in grado di capire anche le minime differenze tra un materiale ed un’altro. Non mi capita spesso di aver a che fare con la compagine femminile, se non in occasione dei ritiri collegiali, dove i maschi e le donne sono insieme, ma questo aspetto mi ha colpito parecchio».

L’inventario dei team, quello di fine stagione

08.11.2022
6 min
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La stagione è finita e c’è l’inventario da fare. I ritmi non sono quelli del periodo delle corse, ma il lavoro da fare è tanto e i primi ritiri collegiali sono alle porte.

Abbiamo ascoltato tre meccanici WorldTour, tre persone di riferimento nei rispettivi team di appartenenza, in merito alla gestione dei materiali vecchi e nuovi. La parola a Giuseppe Archetti del Team UAE Emirates, Ronny Baron Team Bahrain-Victorious e Fausto Oppici del Team Bike Exchange-Jayco.

L’organizzazione dei nuovi materiale viene fatta anche nel corso dei primi ritiri
L’organizzazione dei nuovi materiale viene fatta anche nel corso dei primi ritiri
Cosa succede nel magazzino di un grande team quando finisce la stagione?

ARCHETTI: «Dopo Il Lombardia, la prima cosa è consegnare le bici ai nuovi corridori. Considerando che già a dicembre abbiamo il primo collegiale, c’è poco tempo per inventariare e riorganizzare nel migliore dei modi. A prescindere da questo si tiene un camion già pronto come appoggio per il primo training camp: il mezzo è preparato per ogni evenienza. Si prende nota delle nuove forniture, anche per ottimizzare le suddivisioni per tutti i corridori».

BARON: «Noi abbiamo la fortuna di essere divisi sostanzialmente in due settori: il reparto corse e la parte logistica, con due staff distinti. Noi del reparto corse siamo sulle gare e in questo momento siamo più tranquilli. Quelli della logistica, che ora sono un po’ di più sotto pressione, devono riorganizzare il magazzino e tengono sotto controllo tutto quello che concerne le entrate e le uscite. Lo staff della logistica è anche quello destinato ad ordinare e gestire la programmazione del materiale. Bisogna considerare che un team WorldTour è un’azienda enorme ed è necessaria la gestione oculata di ogni singolo pezzo».

OPPICI: «Si cerca di capire quanti e quali materiali arriveranno, le tempistiche di consegna e tutto quello che è compreso nelle sponsorizzazioni tecniche. Questa è una sorta di base dalla quale partire e in questo viene incluso anche il materiale già in dotazione. Senza un cambio di sponsor, una parte del materiale viene lasciato o destinato ai corridori, in modo che abbiano già il prodotto sul quale lavorare. Ogni componente è oggetto di valutazione ed analisi, passaggi fondamentali che mirano alla massima efficienza».

Giuseppe Archetti, con la mascherina sul volto, alla Milano-San Remo 2022
Giuseppe Archetti, con la mascherina sul volto, alla Milano-San Remo 2022
Si fa l’inventario come al supermercato?

ARCHETTI: «Il team è un’azienda. Entrate ed uscite di materiali, carico e scarico, inclusi i resi, tutto deve quadrare alla lettera».

BARON: «Come detto prima, il team è una vera e propria azienda: di quelle grandi dove ognuno ha la sua mansione. Ci confrontiamo con dei numeri pazzeschi che è difficile immaginare ed ecco che diventa fondamentale tenere traccia nel dettaglio. Un esempio: quando si cambia un tubolare, si taglia la gomma e si butta, ma si tiene la valvola per dare traccia della sostituzione e questa corrisponde ad uno scarico nell’inventario».

OPPICI: «Si fa un inventario vero e proprio, tra il materiale utilizzato e quello che è rimasto in magazzino. Lo stesso inventario deve tenere conto anche dei materiali che arrivano dallo svuotamento dei camion, che sono delle vere e proprie officine viaggianti e contengono una quantità enorme di componenti. Ogni camion trasporta 25 bici da strada, 16 crono e un telaio di scorta per ogni misura. A questi vanno aggiunti la componentistica e dei surplus di componenti, magari quelli che sono soggetti alle rotture. Anno dopo anno, stagione dopo stagione, il materiale è sempre in aumento».

Fausto Oppici al Giro d’Italia 2022 (foto BEX Media)
Fausto Oppici al Giro d’Italia 2022 (foto BEX Media)
I pezzi, i componenti ed i materiali in genere tornano alle aziende, oppure restano al team?

ARCHETTI: «Per quanto concerne i componenti della bicicletta, nel nostro caso passa tutto da Colnago, quindi il nostro riferimento è Colnago. Torna tutto a loro».

BARON: «Passa tutto da Merida e quindi è direttamente l’azienda che decide il da farsi. Da parte nostra, facciamo il reso di ogni cosa. Tutto è categorizzato e schedulato. E poi viene fatta l’analisi dei materiali usurati. Forniamo un report che ci è utile per riordinare il materiale nuovo. Queste analisi talvolta ci vengono chieste dalle stesse aziende e sono utili per lo sviluppo dei prodotti».

OPPICI: «Le forniture sono parte di uno o più contratti che riguardano il team e gli sponsor tecnici. All’interno di questi contratti rientrano anche le gestioni a fine stagione ed eventualmente di fine contratto».

Ronny Baron, un bel selfie con Michel Landa
Ronny Baron, un bel selfie con Michel Landa
Quando inizia ad arrivare la nuova componentistica?

ARCHETTI: «A fine novembre abbiamo i nuovi materiali e man mano si attivano i diversi passaggi organizzativi. I prodotti che sono stati consegnati ai corridori intorno alla metà di ottobre fanno parte di uno stock di magazzino, appositamente dedicato a quelle operazioni. In questo modo i nuovi innesti hanno la possibilità di prendere confidenza con le nuove bici».

BARON: «In Bahrain-Victorious inizia ad arrivare tra la metà di ottobre ed i primi di novembre. Ad oggi ogni corridore ha già una bici 2023. Man mano il materiale viene integrato in magazzino in diversi passaggi ed ogni pezzo ha la sua destinazione».

OPPICI: «L’ideale sarebbe avere tutta la componentistica a novembre, ma è difficile immaginare uno scenario di questo genere. Nelle ultime stagioni la consegna dei prodotti nuovi si è dilatata, con ripercussioni sulla preparazione delle bici. Comunque i nuovi componenti iniziano ad arrivare a novembre, con diverse consegne che si protraggono anche a gennaio».

Giuseppe Archetti al Giro d’Italia 2022
Giuseppe Archetti al Giro d’Italia 2022
Cosa succede quando c’è un cambio di sponsor?

ARCHETTI: «I cambiamenti sono un’aggiunta alla normale routine e al lavoro. Fanno parte del gioco, fanno sì che il volume di lavoro aumenti, ma la realtà dei fatti è che se hai una buona organizzazione alle spalle, non c’è nulla di complicato».

BARON: «Di sicuro è un aumento di lavoro e un cambiamento di quella che possiamo considerare la normale routine. Ma talvolta è sufficiente la variazione di un prodotto e alcune specifiche, che sia un telaio, le ruote e tutto il sistema di lavoro cambia. Non di rado il cambiamento delle specifiche di un singolo pezzo, incide sul cambio della metodologia di lavoro».

OPPICI: «Le modalità di lavoro non vengono stravolte, perché il modus operandi è quello che ognuno di noi si porta dietro ormai da tanti anni. Di sicuro il cambio di sponsorizzazione e l’eventuale cambio delle biciclette porta ad un aumento esponenziale del lavoro. Le biciclette non arrivano montate e tutti i montaggi devono essere fatti da zero».

Tra le operazioni ci sono anche le nuove grafiche dei mezzi (foto BEX Media)
Tra le operazioni ci sono anche le nuove grafiche dei mezzi (foto BEX Media)
Qual’è la parte più rognosa di un passaggio da una stagione a quella successiva?

ARCHETTI: «Non esiste un’operazione più rognosa di un’altra, anche se tutto quello che è legato alla programmazione in vista della stagione successiva richiede tanto tempo e una gestione oculata, il più precisa possibile. Come dicevo poco fa, un team di ciclismo è una vera e propria azienda».

BARON: «Quando finisce la stagione agonistica si pensa già alla prossima e si riparte da zero. Probabilmente questa è la fase più stressante. Un team WorldTour, anche a causa della mole di materiali che muove e per le tante corse che ci sono in giro per il mondo, ha una quantità enorme di materiale che deve essere preparato e lavorato. Lavorando senza sosta, non è da escludere che noi dello staff dei meccanici andiamo a pari con il setting ottimale dell’officina al mese di maggio. Ovvio che molto dipende dalla consegna delle forniture. Il periodo Covid non ha aiutato ed ha amplificato la dispersione di energie e il dover rincorrere sempre la massima efficienza».

OPPICI: «A me dava particolarmente fastidio rifare l’accoppiamento tra ruote e tubolari, con quell’attenzione maniacale necessaria per il mastice. Ora questo si verifica in modo minore, perché i tubeless hanno cambiato la gestione del parco ruote. E poi il cambio totale delle biciclette, in particolare quelle da crono, decisamente complicate da montare e gestire».

La Parigi-Roubaix vissuta dai meccanici dei team

15.04.2022
7 min
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La Parigi-Roubaix chiude ufficialmente la campagna del pavé. E’ la classica delle pietre per eccellenza e insieme al Fiandre è una delle corse più amate. Per giocarsi la vittoria non contano solo le gambe, ma una serie di fattori che includono anche la preparazione tecnica della bicicletta.

Abbiamo chiesto a quattro meccanici storici del World Tour di descriverci le soluzioni in grado di fare la differenza, con qualche richiamo al passato. La parola a Matteo Cornacchione del Team Ineos-Grenadiers, Giuseppe Archetti del Team UAE EMIRATES, Mauro Adobati del Team Trek-Segafredo e Fausto Oppici in forza al Team Bikexchange-Jayco.

Le ruote alte, uno dei leitmotiv tecnici moderni anche per il pavé (foto GreenEdge Cycling)
Le ruote alte, uno dei leitmotiv tecnici moderni anche per il pavé (foto GreenEdge Cycling)

La Roubaix di Cornacchione (Ineos)

«Le analogie con il passato, in fatto di tecnica, sono davvero poche. E’ cambiato tutto. Di sicuro vedremo una Roubaix corsa con la combinazione ruote ad alto profilo e tubeless, scelta che ormai è fatta dal 90% dei corridori e non è solo una questione di sponsor. Molti atleti che hanno avuto il modo di lavorare con questi pneumatici si trovano bene. Ricordo circa 20 anni fa, era il 2004 per la precisione, c‘erano ancora le ruote basse e fatte a mano, con i cerchi in alluminio, una cosa che ora non esiste più. In quell’epoca, io ero meccanico alla Fassa Bortolo, Petito fu uno dei primi ad usare le Bora in carbonio con il profilo da 50. Erano gommate con i tubolari da 28, ma un alto profilo in quella corsa non si era mai visto.

«Oggi le ruote da 50/60 millimetri sono la normalità. Tornando al tubeless: a mio parere è una scelta tecnica che può fare la differenza, perché è vantaggioso contro le forature e anche per una migliore gestione della foratura stessa quando l’ammiraglia è lontana. A meno che non ci sia un danno importante allo pneumatico, un tubeless si sgonfia in un lasso di tempo dilatato, permette di proseguire la marcia e offre delle tolleranze eccellenti alle pressioni più basse. Ovviamente c’è tutto il pacchetto delle biciclette con i freni a disco in caso di maltempo e fango, l’edizione del 2021 ne è un esempio».

Matteo Cornacchione all’opera nel camion officina
Matteo Cornacchione all’opera nel camion officina

«Un altro particolare che mi piace considerare – prosegue Cornacchione – è il manubrio. Molti corridori preferiscono usare quello tutto in carbonio, rigido e leggero, lo stesso che utilizzano nel corso della stagione. Una volta si toglieva il carbonio oppure quello in alluminio superleggero e si usava il manubrio in lega più robusto. Rispetto al passato stanno scomparendo anche le modifiche ai nastri manubrio, perché buona parte di quelli che usiamo oggi prevedono un inserto in gel e comunque sono parecchio smorzanti. Ma come i guanti che indossano gli atleti, che sono tutt’altra cosa se messi a confronto con quelli di 20 anni fa.

«E poi il fattore più importante, ovvero la ricognizione del giovedì e in parte quella corta del sabato. Lì verranno definiti gli pneumatici, sezioni e pressioni di gonfiaggio e gli ultimi dettagli. In quell’occasione anche noi meccanici dovremo essere bravi a capire le esigenze del corridore. Gli atleti dovranno essere in grado di adottare il giusto compromesso, limitando il cambio delle biciclette a metà percorso. I materiali contano parecchio e possono fare la differenza».

Gli ultimi controlli prima delle ricognizioni (@Team UAE-EMIRATES)
Gli ultimi controlli prima delle ricognizioni (@Team UAE-EMIRATES)

La Roubaix di Archetti (UAE)

«Una volta una corsa come la Roubaix la vedevi e la vivevi di più come meccanico. Il lavoro che comportava una corsa come questa era enorme. Il mondo della bicicletta e della tecnica legata al mezzo meccanico è cambiato completamente. Ora si lavora con una tecnologia che al pari della F1 e rispetto al passato, neppure troppo lontano, tutto è stato stravolto. La meccanica e il modo di operare di noi meccanici sono tutt’altra cosa. Ci sono i freni a disco, con tutte le variabili che comportano.

«Per le vecchie Roubaix, la doppia leva del freno, quella posizionata sulla parte orizzontale del manubrio, era una sorta di obbligo. Oggi non esiste più. C’erano le ruote basse e fatte a mano da noi meccanici. Erano quelle con 32 raggi, si arrivava fino a 36 e incroci in quarta, per conferire una grande capacità di smorzare le vibrazioni e di essere affidabili anche in caso di rottura di uno o due raggi. Ricordo perfettamente il secondo posto di Dario Pieri, proprio con delle ruote a 36 raggi.

«Fare le ruote, essere in grado di raggiare e di fare le tensioni dei raggi era una delle prime cose che ti veniva chiesta quando facevi il provino per fare il meccanico. Si usavano i tubolari da 25, 26, qualcuno provava i 28 e sembravano enormi. Oggi si usano le ruote ad alto profilo in carbonio con i tubeless anche da 32 millimetri di sezione.

«Sono del parere che oggi, proprio la tecnologia tubeless per le gomme da strada, ha raggiunto un livello ottimale. Vedremo una Roubaix corsa con i tubeless da oltre il 90% dei corridori e proprio questo equipaggiamento sarà in grado di fare la differenza. I ricorsi storici mi portano a menzionare anche le sospensioni montate sulle bici e qualche forma strana del telaio. In un certo senso quella via è stata abbandonata. Si è tornati su disegni tradizionali, lavorando sulla tipologia di carbonio e penso che il processo di evoluzione non sia terminato, anzi».

Mauro Adobati all’opera (foto Trek-Segafredo)
Mauro Adobati all’opera (foto Trek-Segafredo)

La Roubaix di Adobati (Trek)

«Le biciclette per la Roubaix e la scelta dell’equipaggiamento tecnico in genere, possono fare una grande differenza. Poi è necessario considerare anche la fornitura che i vari team hanno disponibile. Qualcuno come noi ha la bici specifica per questi terreni, altri utilizzeranno la bicicletta standard opportunamente equipaggiata. Ecco che la preparazione, le scelte e l’insieme dei dettagli, giocano un ruolo fondamentale. Chi avrà la possibilità di sfruttare biciclette con delle geometrie più morbide, con degli angoli anteriori aperti e dei passaggi ruota maggiorati, lo farà e in caso di maltempo avrà qualche vantaggio. Ma anche se la corsa verrà condotta a velocità esasperata fin da subito.

«Le bici specifiche per il pavé si usavano anche in passato, quando si usavano ancora l’acciaio e l’alluminio. Carri posteriori allungati e passo totale maggiore, rispetto ad una bicicletta standard, forcella aperta in avanti. I concetti delle geometrie sono rimasti più o meno quelli, ma i materiali e buona parte della componentistica sono cambiati completamente.

«Guardandola in chiave moderna, di sicuro la scelta degli pneumatici tubeless potrà fare la differenza. Con tutta probabilità i nostri corridori useranno delle gomme con sezione da 30 millimetri e ruote con profilo da 37. Ad oggi hanno ancora la possibilità di scegliere tra tubeless e tubolare. La maggioranza degli atleti adotterà il medesimo setting che utilizza per le altre gare, con variazioni minime, spesso legate alla sicurezza e votate al mantenere l’equilibrio ottimale sul pavé. Da appassionato della tecnica della bicicletta, mi colpisce positivamente l’apertura alle innovazioni di oggi, in un mondo rimasto chiuso per troppo tempo».

Fausto Oppici a destra, Giuseppe Archetti a sinistra, con i colori della nazionale
Fausto Oppici a destra, Giuseppe Archetti a sinistra, con i colori della nazionale

La Roubaix di Oppici (BikeExchange)

«Molto è cambiato, nelle biciclette e nella componentistica. Personalmente partirei dalle gomme, considerando che anche solo qualche anno fa, era impensabile arrivare alle dimensioni attuali di 30/32 millimetri per corse come la Roubaix, quando lo standard era 25 ed era già visto come abbondante. C’era la convinzione che gli pneumatici grandi fossero meno scorrevoli e controproducenti. Ora invece è tutto l’opposto.

«Ci sono i tubeless e la crescita di questa categoria di prodotti. I corridori oggi li chiedono, al di là della fornitura legata agli sponsor. I tubeless offrono dei vantaggi anche nella sfruttabilità delle ruote in carbonio e ad alto profilo. Le ruote fatte a mano e saldate non esistono più. Tra ruote e tubeless ci sono da considerare la soggettività dell’atleta, la sua predisposizione e anche il suo storico. I nostri potranno scegliere tra tubolari e tubeless con ruote hookless, scelta che viene fatta dopo le ricognizioni.

«E poi la bicicletta, che corrisponde allo stesso modello usato per le gare normali. Ci sono aziende che forniscono biciclette specifiche, fattore che una volta era un must e che oggi è meno ricercato. Ovviamente ci sono i freni a disco, che coinvolgono tutta la bicicletta e non solo l’impianto frenante, perché entra in gioco proprio la possibilità di sfruttare le gomme e le ruote in modo differente. Proprio le bici con i dischi hanno anche permesso di aumentare la luce tra telaio, forcella e pneumatici, con enormi vantaggi in caso di fango».

Shimano e UCI: una collaborazione sempre più stretta

05.02.2022
3 min
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Il rapporto di collaborazione in essere tra Shimano e l’UCI è sempre più serrato. A dimostrarlo è anche la recente adozione da parte dello stesso ente che sovrintende il movimento ciclistico mondiale dei corsi tecnici Shimano T.E.C. quale programma di formazione e di certificazione tecnologica dei meccanici operativi presso il World Cycling Center di Aigle. Shimano, che con l’UCI lavora dal lontano 1999 e che garantisce l’assistenza tecnica nelle corse più importanti, ha messo a disposizione il materiale informativo e i “tutorial” da condividere con i meccanici in tutto il mondo.

«Con questa particolare collaborazione – ha commentato Myron Walraven, Head of Sports Marketing Shimano Europe – intendiamo rafforzare la nostra partnership con l’UCI. L’obiettivo è di contribuire ad aumentare il numero e il livello di meccanici di biciclette altamente qualificati e professionali in tutto il mondo». 

Shimano terrà i corsi dell’UCI per la formazione di nuovi meccanici
Shimano terrà i corsi dell’UCI per la formazione di nuovi meccanici

Un programma in 3 livelli

I corsi di meccanica realizzati al World Cycling Center dall’UCI sono rivolti a tutti coloro che desiderano intraprendere la carriera di meccanico. Il programma è diviso in tre livelli: il livello 1 è un corso introduttivo ai temi della meccanica, della durata di tre giorni, che può essere completato online. Il livello 2 invece è un corso rivolto ai meccanici alle prime armi, ma già in possesso di un bagaglio di esperienza e si articola su due settimane che devono essere frequentate in presenza. Il livello 3, sempre in presenza, è rivolto ai meccanici che lavoreranno per i team professionistici oppure per la propria Federazione nazionale. 

Questo è il gruppo Shimano Ultegra a 11 velocità
Questo è il gruppo Shimano Ultegra a 11 velocità

Solo nel 2021, sono stati ben 60 i meccanici formati nei tre livelli di corsi tenuti dagli esperti dell’UCI. Come anticipato, quest’anno Shimano ha realizzato video specifici che verranno utilizzati per il corso di Livello 1. I partecipanti ai due corsi più avanzati avranno invece accesso ai video esistenti sulla piattaforma Shimano T.E.C. 

«La professionalizzazione delle persone che lavorano nel mondo del ciclismo – ha aggiunto il direttore dell’UCI WCC Vincent Jacquetè – rappresenta una delle nostre missioni: un obiettivo che Shimano ci sta aiutando a centrare condividendo con noi un percorso importante di formazione al massimo livello possibile».

Formazione & certificazione

I partecipanti ai corsi UCI WCC apprendono abilità come il montaggio dei componenti sulle biciclette, l’assemblaggio delle ruote, la manutenzione di ogni componente ed accessorio, l’assistenza, la preparazione alla gara e la posizione sulla bicicletta. Numerosi ex partecipanti hanno continuato a lavorare per le proprie Federazioni, altri hanno trovato impiego in squadre professionistiche. In tantissimi hanno aperto dei propri negozi di biciclette.

Il World Cycling Center UCI di Aigle
Il World Cycling Center UCI di Aigle

Ben 30.000 in Europa

Shimano T.E.C. (S-TEC), è il programma di formazione e istruzione di Shimano per l’industria del ciclismo. I corsi vengono erogati tramite una piattaforma di apprendimento online rivolta ai meccanici in tutto il mondo. S-TEC è disponibile per i rivenditori in 189 Paesi in tutto il mondo con 30.000 membri nella sola Europa. I corsi europei sono sottotitolati in 10 lingue e nel 2021 la piattaforma ha registrato oltre 200.000 completamenti di corsi. Ci sono circa 180 corsi dal vivo tra cui scegliere in qualsiasi momento.

Shimano

Per la Eolo-Kometa ci sono le valigie T.W.S.

26.01.2022
3 min
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Per i prossimi due anni sarà l’azienda varesina T.W.S. ad assistere nel loro lavoro i meccanici, i massaggiatori e lo staff medico della Eolo-Kometa. La formazione guidata da Ivan Basso e Alberto Contador potrà quindi contare sull’affidabilità delle valigie portautensili T.W.S. che hanno la caratteristica principale di essere prodotti resistenti e di alta qualità.

La presenza nel mondo del ciclismo non è una novità in casa T.W.S., grazie anche alla passione per le due ruote del suo fondatore Ubaldo Longhin. Una passione trasmessa poi ai figli Giuseppe e Marco che li ha portati a sponsorizzare a partire dal 2009 diversi team ciclistici di grande prestigio. Stiamo parlando di Lampre, Bahrain-Merida e Astana-Premier Tech, prima di arrivare oggi alla Eolo-Kometa.

Carmine Magliaro e Ezio Bozzolo, massaggiatore e autista bus Eolo-Kometa (foto Maurizio Borserini)
Carmine Magliaro e Ezio Bozzolo, massaggiatore e autista bus Eolo-Kometa (foto Maurizio Borserini)

Guidati dalla passione

A raccontarci qualcosa di più della nuova sponsorizzazione è Giuseppe Longhin, che in azienda ricopre la carica di Amministratore Unico. L’abbiamo incontrato pochi giorni fa nei suoi uffici di Somma Lombardo, in provincia di Varese.

«E’ da più di dieci anni – così ci ha accolto – che lavoriamo con squadre professionistiche. A guidarci è sempre stata la nostra passione per il ciclismo che abbiamo ereditato da nostro padre, più io di mio fratello. Quest’inverno siamo stati contattati dalla Eolo-Kometa ed in pochissimo tempo abbiamo raggiunto con loro un accordo di durata biennale.

«Devo dire che sono davvero contento di come si sta sviluppando il rapporto con il team – ha aggiunto Giuseppe Longhinil mio referente nella squadra è Paco Romero che riveste il ruolo di Marketing & Sponsor Relationship Manager. E’ sempre disponibile e mi ha già confermato la disponibilità a poter realizzare con la squadra nel corso della stagione delle iniziative promozionali».

T.W.S ha iniziato le proprie collaborazioni nel mondo del ciclismo nel 2009
T.W.S ha iniziato le proprie collaborazioni nel mondo del ciclismo nel 2009

Valigie per tutto lo staff

La fornitura iniziale di valigie portautensili conta complessivamente di 40 pezzi. Ai meccanici sono state fornite valigie standard. Si tratta del modello Olympus. Stiamo parlando di una valigia porta attrezzi realizzata con materiali di altissima qualità che la rendono altamente affidabile e resistente, qualità indispensabili per i meccanici nell’esercizio del loro lavoro.

Per medici e massaggiatori sono state invece realizzate delle valigie personalizzate secondo le loro particolari esigenze.

Dodici valigie vuote sono state invece previste per le ammiraglie e il bus della squadra e una ulteriore valigia per il videomaker che segue il team nel corso della stagione. La fornitura è completata da una serie di bauli e contenitori per il trasporto delle attrezzature necessarie alla normale attività del team.

Ai meccanici del team sarà fornita la valigia T.W.S. Olympus
Ai meccanici del team sarà fornita la valigia T.W.S. Olympus

Come normali clienti

Lasciamo a Giuseppe Longhin la chiusura della nostra intervista: «In tutti questi anni passati nel mondo del ciclismo non abbiamo mai ricevuto una lamentela dai meccanici e più in generale dallo staff dei team con i quali abbiamo collaborato. Spesso ci è anche capitato di essere contattati da altre squadre con le quali non avevamo un contratto di collaborazione che hanno voluto acquistare le nostre valigie come se fossero dei normali clienti. Per noi è il massimo della soddisfazione. Vuol dire che i nostri prodotti sono davvero affidabili».

T.W.S.

Corsa rosa, ci siamo quasi. Si preparano le bici…

28.04.2021
4 min
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Se c’è una figura che all’interno di una squadra è davvero indispensabile è proprio quella del meccanico. Durante una corsa come il Giro d’Italia, i meccanici sono i primi ad alzarsi e gli ultimi a terminare il proprio lavoro. Si possono considerare gli angeli custode delle bici. Se ne prendono cura con dovuta attenzione: attenti ai particolari, perché sanno perfettamente che anche le più piccole imprecisioni possono diventare causa di spiacevoli inconvenienti. Con l’avvento dei gruppi elettronici e dei freni a disco, il lavoro è diventato più sofisticato.

Fausto Oppici, meccanico del team Bike Exchange al lavoro nel dopo tappa
Fausto Oppici del team Bike Exchange al lavoro dopo la tappa

«La fase più importante inizia dopo la tappa – dice Alessandro Stocco, meccanico del team Astana-Premier Tech – la bici in corsa è soggetta a possibili cadute, botte, danneggiamenti delle parti meccaniche, quindi il meccanico dovrà prendersene cura e rimetterla in sesto per la tappa successiva. La mattina una controllata per vedere se è tutto a posto. Poi si segue la corsa in ammiraglia, dove in caso di forature o cadute, il meccanico dovrà intervenire immediatamente per sostituire la ruota o direttamente la bici».

Un giro tra i box

Al Tour of the Alps abbiamo fatto un giro tra i meccanici per capire cosa cambierà nelle bici che scenderanno in gara al Giro d’Italia.

«Non cambierà molto – racconta Alessandro Mazzi, uno dei meccanici del UAE Team Emirates – le bici fondamentalmente sono queste. Possiamo renderle più leggere cambiando le ruote ad esempio, ma il fatto è che sono già leggere. Una novità potrebbero essere i tubeless che verranno utilizzati nelle tappe piatte e per quella con lo sterrato. Tuttavia il peso sarà pressoché simile, sia con i tubolari che con i tubeless».

Al Team Uae Emirates, sia bici con freni a disco, sia con caliper: sceglie il corridore
Al Team Uae Emirates, bici con disco o con caliper: sceglie il corridore

Parliamo dei dischi

I freni a disco hanno convinto proprio tutti? Sembra che non sia così. «Ci sono alcuni corridori che preferiscono utilizzare i freni tradizionali – prosegue infatti Mazzi, in apertura nella foto Fizza – specialmente nelle tappe in salita. Il motivo è senza dubbio il peso, le bici con i freni a disco pesano di più».

Non è tutto, infatti. C’è anche una squadra, come abbiamo visto al Tour of the Alps, che preferisce correre, al completo senza eccezioni, con i freni tradizionali: stiamo parlando del team Ineos Granadiers.

Ineos compatta

«La scelta è stata presa dai dirigenti in totale sintonia con i corridori – spiega Matteo Cornacchione, uno dei meccanici del team – innanzitutto per il peso: le bici con freni tradizionali pesano meno. Poi c’è una situazione in particolare in cui i freni possono assumere un ruolo determinante. Se un leader fora e non ha l’immediata assistenza tecnica da parte dell’ammiraglia, come fa? Si salva solo se un compagno gli passa la sua ruota. Questo è possibile esclusivamente con i freni tradizionali».

A quanto pare, insomma, la scelta dei freni a disco non è così scontata, pur dovendo ammettere che la frenata non è la stessa.

«I freni a disco hanno una frenata più corta e immediata. I freni normali invece hanno un tipo di frenata più morbida. Entrambi comunque sono estremamente sicuri», conclude Matteo Cornacchione.

Le Wilier 0 Slr del team Astana-Premier Tech pronte a partire
Le Wilier 0 Slr del team Astana-Premier Tech pronte a partire

I componenti più delicati

Quali sono le parti più sensibili di una bici? Ce lo spiega Fausto Oppici, meccanico del team Bike Exchange.

«Le ruote sono una parte delicata – dice – perché se il corridore prende una buca a forte velocità c’è il rischio che si rompano e che non vadano più bene. Oramai i materiali sono affidabili, però quando cadi è difficile dire quale componente rischi di rompersi prima rispetto a un altro. Dipende dalla caduta.

«Per quanto riguarda l’usura invece, c’è da fare qualche distinguo. Se non succede nulla, grazie alle migliorie che ci sono state nel corso degli anni, un corridore può fare molti chilometri in corsa ad esempio con la stessa catena e gli stessi i tubolari. Quanto di preciso non si può dire con certezza, perché fattori come il meteo possono influenzare l’usura dei materiali».

Enrico Pengo

Enrico Pengo, un meccanico da 20 Tour de France

29.12.2020
4 min
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Non è facile trovare nel mondo del ciclismo dei meccanici che hanno affrontato 20 Tour de France. E’ il caso di Enrico Pengo, il meccanico vicentino è una vera istituzione nel gruppo, anche se adesso è fermo per una scelta personale legata alla salute di suo padre. Abbiamo parlato con lui per farci raccontare come sono cambiate le biciclette e di conseguenza il lavoro dei meccanici.

Una volta era come una famiglia

L’esperienza di Enrico Pengo inizia nei primi anni 90 con la Zg Mobili, per continuare con la Gewiss nel 96, la Batik nel 97, la Ballan nel 98-99, la Lampre dal 2000 al 2016 fino alla Bahrain-Merida con Vincenzo Nibali.
«Ogni epoca ha i suoi corridori e campioni – inizia così Enrico Pengo – e anche le squadre erano strutturate in maniera diversa. Negli anni 90 le squadre erano più a gestione famigliare, mentre oggi sono come delle aziende. Una volta c’era più rapporto umano con il corridore e con il direttore sportivo e si facevano le scelte tecniche insieme. Questo approccio ti faceva sentire più partecipe del risultato che il corridore otteneva».

Enrico Pengo nazionale italiana
Da sinistra vediamo Enrico Pengo con Fausto Oppici e Giuseppe Archetti
Enrico Pengo nazionale italiana
Da sinistra vediamo Enrico Pengo con Fausto Oppici, Giuseppe Archetti, Franco Vita e Andrea Nieri

Biciclette diverse

Oltre all’aspetto più famigliare delle squadre, a cambiare è stato anche il materiale tecnico. Le biciclette degli anni 90 fino ai primi 2000 erano diverse da oggi e si poteva intervenire in vari modi.

«Una volta si facevano delle operazioni per limare grammi da ogni parte – ci spiega Pengo – con Simoni puntavamo alla massima leggerezza, tanto che montavamo il nastro manubrio con il phone per tirarlo al massimo, così ne risparmiavamo un bel pezzo ed era tutto materiale che Gilberto non doveva portarsi in salita. Un’altra operazione che facevamo era quella di cambiare il perno quadro del movimento centrale, che una volta era in acciaio. Noi lo mettevamo in titanio e la differenza era tanta».

Enrico Pengo Lampre
Enrico Pengo in azione negli anni della Lampre
Enrico Pengo Lampre
Enrico Pengo mentre prepara le biciclette negli anni in cui era il meccanico della Lampre

Si modificavano i pezzi

Il lavoro del meccanico era molto importante e poteva cambiare la configurazione di una bicicletta e far perdere o vincere una tappa o addirittura un grande giro.
«Simoni per essere più leggero aveva deciso di montare il manettino del cambio sul telaio – continua Pengo – allora io per non fargli cambiare l’appoggio lo presi e lo svuotai, era il primo 10 velocità. In quel modo avevamo dato a Simoni due leve con due appoggi per le mani uguali».

Ma oggi la tecnica è andata avanti e molte lavorazioni sulle biciclette non vengono più fatte.

«Oggi tante cose sono di serie e per un meccanico è difficile fare dei cambiamenti. E’ difficile apportare delle migliorie. I materiali sono gli stessi che si trovano in commercio e il livello è diventato altissimo». Anche i budget delle squadre sono cambiati e come ci ha detto Pengo c’è una grande quantità di materiali con una scelta molto ampia.

Pengo premiazione Tour de France
La premiazione per aver raggiunto la partecipazione a 20 Tour de France
Pengo Premiazione tour de France
La premiazione per aver raggiunto la partecipazione a 20 Tour de France da meccanico

Nibali il più preparato

Abbiamo chiesto a Pengo quali sono stati i corridori che erano più puntigliosi nella messa a punto meccanica della bicicletta.

«Simoni era un ingegnere, ogni cosa che diceva aveva una logica e spesso mi è toccato dargli ragione. Nibali è il numero uno sulla meccanica e devi stare attento perché a volte lui ne sa più di te. Con uno come lui sono cresciuto tantissimo, è difficile starci dietro ma ti dà tante soddisfazioni. E poi mi piace ricordare lo stile in bicicletta di Berzin. Con lui ho avuto anche la soddisfazione di vedere un corridore che seguivo in maglia gialla al Tour de France».
A proposito di Tour de France Enrico Pengo è stato premiato dall’organizzazione per aver raggiunto il traguardo delle 20 partecipazioni. «E’ stato un momento bellissimo – racconta Pengo – per festeggiare questo traguardo l’organizzazione del Tour de France ti fa scegliere una tappa in cui sali sul podio e ti consegnano un premio. Io avevo chiesto nell’edizione del 2018 di salire sul podio nella tappa del pavé il 14 luglio, festa nazionale francese. E’ stato il coronamento di un sogno»