L’occasione mancata: i 50 metri di Dainese a Padova, parla Tosatto

19.11.2024
4 min
Salva

Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Tutti ne abbiamo uno nella nostra vita, anzi ben più di uno. Matteo Tosatto appena gli facciamo questa domanda ci chiede se deve cercare tra i ricordi di una carriera intera oppure del solo 2024. Siccome i racconti precedenti sono rivolti alla stagione appena conclusa gli chiediamo di concentrarsi solo su questo periodo. 

«La tappa di Padova al Giro d’Italia – dice Tosatto dopo qualche istante di silenzio – quella è stata la grande occasione sfumata. Il lavoro fatto per Dainese e la volata di quest’ultimo ci hanno portato così vicini alla vittoria che se mi guardo indietro capisco quanto ci siamo andati vicini».

L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale
L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale

Due uomini in meno

Padova: 18ª tappa del Giro d’Italia e la Tudor Pro Cycling che prende in mano la situazione negli ultimi chilometri. Siamo in Veneto, più precisamente a casa di Alberto Dainese. La Corsa Rosa porta i velocisti a giocarsi la penultima chance di vittoria a Prato della Valle. Le energie rimaste in corpo sono contate, quel che fa la differenza in questi casi è la testa e un po’ di fortuna. 

«Dopo tante tappe eravamo arrivati a Padova con due uomini in meno nel treno per Dainese – racconta Tosatto – a causa di cadute e malattie varie. Dai quindici chilometri al traguardo abbiamo fatto tutto perfettamente. Sono mancati gli ultimi 50 metri di una volata preparata davvero al meglio. Dainese dall’essere in testa si è ritrovato quarto sul traguardo per una questione di attimi. Peccato perché sarebbe stata la prima vittoria della Tudor in un Grande Giro».

La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale, a vincere è stato Merlier
La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale
Era il giorno giusto?

Se mi fermo a pensare direi di sì. Dainese nella sua Padova e noi con il lavoro svolto al meglio delle nostre possibilità. Anzi, perfettamente. Trentin ha fatto un grande lavoro così come Froidevaux, era tutto apparecchiato. L’occasione era davvero unica.

In che senso?

In un Grande Giro sei contro i velocisti più forti al mondo, al Giro c’erano Milan e Merlier. Entrambi a Padova erano rimasti un po’ incastrati in fondo al gruppo e non erano nella posizione migliore per sprintare. Noi siamo usciti molto bene dall’ultima curva, con le posizioni giuste. 

Ai 900 metri eravate primi con due uomini a scortare Dainese…

Eravamo perfettamente posizionati per entrare davanti nella parte finale. Con due uomini in più nel treno avremmo potuto tirare dritto e guadagnare quei metri che poi invece ci hanno penalizzato. Dainese è uscito dalle ruote a 250 metri dal traguardo, fosse partito ai 180 metri avremmo avuto sicuramente maggiori possibilità

Avreste potuto tenere la velocità più alta e poi uscire proprio alla fine. 

Dopo tante volate in cui per un motivo o per un altro le cose non erano andate secondo i piani quella di Padova era una bella occasione. Padova era speciale, Alberto (Dainese, ndr) ne parlava già dall’inverno. Ma questo è stato un anno nero per lui, con tanti infortuni e stop durante la stagione. Padova avrebbe rappresentato un grande riscatto. 

A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
Sul bus a fine tappa si respirava l’aria di occasione mancata?

Se fosse andata bene ci saremmo sentiti ripagati delle sfortune dei giorni precedenti. Ci siamo andati solamente vicini, ma i ragazzi hanno fatto vedere che possono essere competitivi e concentrati fino alla fine. Quei 50 metri hanno cambiato un po’ la volata, non dico che se fosse partito dopo avrebbe vinto. Ma magari saremmo arrivati a giocarci una vittoria al fotofinish.

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

L’occasione mancata: Cozzi, la Tudor e il Giro d’Abruzzo

L’occasione mancata: Zanatta e la fuga di Pietrobon a Lucca

L’occasione mancata: quando Zanini ha fermato l’ammiraglia

L’occasione mancata: Baldato e la rincorsa al Giro del Veneto

Storer: rinato alla Tudor sotto lo sguardo attento di Tosatto

20.10.2024
5 min
Salva

La stagione 2024 della Tudor Pro Cycling è terminata per quanto riguarda il calendario di corse, ma non negli appuntamenti. Tra qualche giorno è previsto un raduno in Svizzera, nel quartier generale del team, per parlare di futuro e 2025. Poi ci sarà il “liberi tutti” e sarà tempo di pensare alle vacanze e al riposo di fine stagione

«Saranno quattro giorni di raduno – spiega Matteo Tosatto, diesse del team – dove organizzeremo il 2025. I corridori faranno le visite mediche, si parlerà un po’ dei vari programmi, ma soprattutto ci divertiremo un po’ che male non fa. I ragazzi avranno modo di vedere la sede principale, respirare l’aria degli uffici e della parte organizzativa. Anche perché poi è difficile ripassare da queste parti a stagione iniziata». 

Per Tosatto è stato il primo anno alla guida della Tudor Pro Cycling
Per Tosatto è stato il primo anno alla guida della Tudor Pro Cycling

La nuova avventura

Questa è stata la prima stagione per il diesse veneto alla Tudor Pro Cycling. Una nuova avventura arrivata al termine di sette anni marchiati Team Sky prima e Ineos Grenadiers poi. Prima di andare a parlare di corridori è doveroso chiedere a Matteo Tosatto come sia andata la sua stagione nella professional svizzera. 

«Molto bene – racconta – direi che il 2024 è stato un anno molto positivo. Abbiamo una bella realtà. Rispetto alla Ineos ci sono due filosofie di vita differenti, ma in Tudor c’è un grande ambiente e soprattutto è in costante miglioramento. Per il prossimo anno si respira una gran voglia di fare e di investire, per diventare una squadra di riferimento. La più grande differenza con la Ineos è che lì si partiva per vincere, anche in Tudor l’obiettivo è sempre quello, ma con la consapevolezza che in qualche gara può essere parecchio difficile. Noi vogliamo fare sempre bella figura e vivere la corsa da dentro, nelle posizioni che contano. A volte una top 10 o un piazzamento nei cinque vale una vittoria, o comunque è motivo di grande soddisfazione».

Il risultato migliore di Storer nell’arco di tutta la stagione è stato il decimo posto al Giro
Il risultato migliore di Storer nell’arco di tutta la stagione è stato il decimo posto al Giro
Con l’approccio verso i corridori che differenze hai trovato?

Qui ci sono molti giovani che devono fare esperienza, o comunque corridori che gareggiano in certi appuntamenti per la prima volta. Bisogna spiegare come si affrontano certi tratti, perché si deve stare davanti e soprattutto renderli sereni. Per fare ciò serve un grande lavoro mentale. 

Uno dei corridori che ha fatto una stagione positiva è Michael Storer, lui arrivava dal WorldTour e si è trovato in una formazione nuova, diversa. 

Prima di arrivare qui, Storer ha corso in Groupama per due anni, e ancora prima era alla Sunweb. E’ venuto da noi in Tudor consapevole dei suoi mezzi e delle difficoltà che aveva su certi percorsi. Tuttavia ha fatto un grande step a livello di qualità. Ha iniziato la stagione in Australia, nella corsa di casa, ma ha corso con la maglia della nazionale. Con noi è partito dal UAE Tour e ha portato a casa subito un sesto posto nella generale. 

L’australiano è andato forte tutto l’anno conquistando diverse top 10 nelle varie corse disputate
L’australiano è andato forte tutto l’anno conquistando diverse top 10 nelle varie corse disputate
Ha ottenuto i risultati migliori con te in ammiraglia, che punto di contatto avete trovato?

E’ un ragazzo molto tranquillo, uno che non chiede troppo al team. Direi che si è trovato in un ambiente in cui tutti hanno avuto la massima fiducia verso di lui, al 100 per cento. Ha trovato la serenità, e credo che questa sia la parola perfetta, per andare alle corse al meglio delle sue possibilità. 

Guardando ai risultati si può dire che la sua forza è stata la costanza. 

Il suo obiettivo stagionale era il Giro d’Italia, dal quale è uscito con una top 10 di tutto rispetto. La chiave è stata proprio la costanza: considerate che al primo arrivo in salita a Oropa è arrivato sesto, e alla tappa del Grappa nono. Anche una volta rientrato al Czech Tour e poi a Burgos ha mantenuto il trend positivo, con un sesto e un quinto posto nella generale. Storer ha trovato l’ambiente giusto, con compagni e staff ha una bella intesa. E questo gli ha permesso di essere sempre performante, dal primo febbraio ad ora. 

In salita Storer è sempre stato con i migliori, pagando solamente pochi secondi dai primi
In salita Storer è sempre stato con i migliori, pagando solamente pochi secondi dai primi
Si è visto, considerando anche il 13° posto al Lombardia…

Sulla Colma di Sormano insieme a Pogacar, Evenepoel e Mas c’era anche lui. In salita è uno dei primi e lo si è visto anche al Giro. Alla corsa rosa quando c’era selezione lui era lì con i primi. Un conto è arrivare decimo di rincorsa, un altro conto è arrivare decimo perché ci sei e reggi il confronto. 

Nel 2024 ha curato per la prima volta la classifica in una corsa di tre settimane, cosa gli manca per fare un ulteriore step?

Il suo più grande tallone d’Achille è la cronometro. Deve migliorare tanto nella posizione e nel fare sacrifici a casa allenandosi parecchio in questa disciplina. Se guardo ai minuti persi nelle due cronometro al Giro mi sento male. Per fortuna ha ampi margini di miglioramento, anche in altri punti.

Il suo vero punto debole è la cronometro, sulla quale dovrà lavorare in vista del 2025
Il suo vero punto debole è la cronometro, sulla quale dovrà lavorare in vista del 2025
Quali?

La posizione in gruppo è uno di questi. A volte corre troppo indietro e spende molto per risalire e riportarsi nelle prime posizioni. Storer ha un grande margine di crescita, per questo siamo molto fiduciosi. In più con l’arrivo di corridori forti ed esperti come Alaphilippe e Hirschi avrà modo di crescere e imparare da loro. Siamo contenti del team che si sta andando a formare e non vedo l’ora di lavorarci insieme. Ma prima le meritate vacanze.

Il primo grande Giro per la Tudor: Tosatto fa il bilancio

02.06.2024
5 min
Salva

La prima grande corsa a tappe alla quale la Tudor Pro Cycling ha partecipato è stato il Giro d’Italia. Tra le fila dei diesse che hanno guidato la professional svizzera sulle strade della corsa rosa c’era Matteo Tosatto. Lui al Giro d’Italia è di casa, ne ha vinti tre: con Froome, Geoghegan Hart e Bernal, mentre per due volte è salito sul podio con Carapaz nel 2022 e con Thomas lo scorso anno. 

«Sono tornato a casa lunedì – racconta Tosatto – e in questi giorni me ne sto un po’ tranquillo. I prossimi impegni non sono ancora definiti, ma la squadra si dividerà in tante corse, vedremo a quali andrò. Sicuramente mi presenterò ai campionati italiani al seguito di Dainese e Trentin, credo sia fondamentale onorare la gara che assegna la maglia tricolore».

Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor
Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor

Un nuovo esordio

Come detto il Giro d’Italia non è una novità per Matteo Tosatto, la differenza rispetto allo scorso anno è la squadra con la quale lo ha seguito. Non più la Ineos, prima Team Sky, con la quale lavorava dal 2017. Bensì la Tudor Pro Cycling

«E’ stato un bel viaggio – ci racconta – dopo tanti anni con la Ineos è stato diverso, ma sempre entusiasmante. Il Giro è il Giro, lo affronti sempre con la stessa mentalità. La differenza grossa è che con la Ineos partivamo per vincere, mentre con la Tudor l’obiettivo era ben figurare e magari portare a casa una tappa. Non ci siamo riusciti, per poco. Quando si chiede un bilancio molti dicono di vedere il bicchiere mezzo pieno, io lo vedo pieno. Non abbiamo vinto, vero, ma siamo stati protagonisti considerando che con Storer siamo riusciti a centrare una top 10 in classifica generale». 

Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Com’è stato passare da un team che lotta per vincere la classifica finale a uno che vuole emergere?

La mentalità è sempre uguale, le corse io le affronto sempre allo stesso modo, Chiaro che senza l’assillo della classifica affronti le tappe in maniera diversa.

Voi come avevate preparato questo Giro?

Con il treno per Dainese che era ben attrezzato. Nelle tappe miste o con la possibilità di volata andavamo a tutta, nelle altre cercavamo di salvare un po’ la gamba. Poi Storer è stato bravo a rimanere sempre lì e abbiamo cercato di dare il giusto supporto anche a lui. 

La concentrazione è sempre a 100 però, anche se non si punta alla classifica…

Chiaro. Con il fatto di volersi concentrare sulle tappe ti rende più tranquillo anche se poi scopri che tutti i giorni sono importanti. 

Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Che differenze hai notato nella gestione?

La grande differenza è che in una realtà già affermata come la Ineos molti corridori sono campioni già affermati. Qui è diverso, molti ragazzi erano alla loro prima esperienza in un grande Giro. C’è un lavoro psicologico da fare, di sostegno nei momenti di difficoltà.

Qual è stato il vostro momento più difficile?

L’inizio della seconda settimana. Nella tappa di Napoli, che era estremamente impegnativa per i velocisti, eravamo riusciti a lavorare per Dainese. Alberto ha portato a casa un ottimo quarto posto ed eravamo felici. Solo che nel corso della frazione Krieger e Mayrhofer sono caduti e si sono dovuti ritirare. Ricordo che nel meeting prima della tappa da Pompei a Cusano Mutri ho lavorato tanto sull’aspetto psicologico. Ho detto ai ragazzi che anche se eravamo rimasti in sei potevamo comunque dire la nostra. 

Il momento migliore? 

Tutto il Giro direi, senza presunzione ma rapportando il tutto alle nostre possibilità. Siamo stati protagonisti nelle fughe e abbiamo conquistato ottimi piazzamenti. Storer nella tappa con arrivo a Prati di Tivo è andato in fuga e anche una volta che sono stati ripresi è rimasto con i primi terminando nono la frazione. 

A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
Cosa hai portato di tuo a questa squadra?

La mentalità. Non siamo andati al Giro solo per apparire o per fare le fughe per gli sponsor. Abbiamo deciso di attaccare quando sapevamo di poterci giocare le nostre occasioni. A Livigno, sempre con Storer siamo andati all’attacco poi a lui sono mancate le gambe negli ultimi otto chilometri. Anche a Fano siamo entrati nella fuga con Trentin che poi è arrivato sesto. 

Poi è arrivata Padova…

Questo è l’esempio di quanto dicevo prima. Con l’abbandono di Mayrhofer e Krieger abbiamo perso due vagoni importanti del treno di Trentin. Eppure, anche senza di loro, a tre chilometri dall’arrivo eravamo davanti noi al gruppo a tirare. Non un team WorldTour, ma la Tudor. Poi Dainese ha fatto quarto in volata. 

Bilancio positivo?

Positivo, assolutamente. Ora ci concentriamo sui prossimi obiettivi. Abbiamo il Giro di Svizzera che è la corsa di casa sulla quale puntiamo molto.

Tosatto e la Tudor, ultime rifiniture in vista del Giro

17.04.2024
6 min
Salva

SALORNO – Il Tour of the Alps spesso e volentieri è una delle ultimissime prove generali prima del Giro d’Italia. Una serie di spunti da cui i diesse possono trarre indicazioni più o meno importanti. Uno di loro è senza dubbio Matteo Tosatto, arrivato ad inizio stagione per guidare la Tudor Pro Cycling.

Per la serie “lui sa come si fa”, grazie ai trionfi rosa ottenuti con la Sky/Ineos, sulla porta dei 50 anni (li compirà il 15 maggio) il tecnico nativo di Castelfranco Veneto ora ha una nuova missione. Lo abbiamo incontrato proprio nella corsa dell’Euregio (foto Tudor Pro Cycling in apertura) chiedendogli come stia procedendo il suo ambientamento nella Tudor e quali siano le aspettative del team Professional svizzero alle soglie della sua prima grande corsa a tappe. Il viso rilassato sembra la naturale conseguenza di una persona che, dall’alto della sua esperienza, sa che il nuovo percorso intrapreso è quello giusto.

Come sta andando la tua nuova esperienza con la Tudor?

E’ cambiato tutto dopo sei anni tra Sky e Ineos. Sono super felice perché l’avventura è iniziata col piede giusto, così come il progetto sta andando avanti bene. Abbiamo dimostrato che siamo capaci di imporci in qualche bella corsa. E soprattutto saperci imporre come stile di gara, prendendoci le nostre responsabilità senza paura. Dobbiamo ricordarci che abbiamo un gruppo di giovani. A volte sbagliamo, ma chi sbaglia poi impara. Penso che siamo sulla linea giusta.

La filosofia che ci aveva spiegato Cancellara, l’ha trasmessa facilmente anche a voi?

Il nostro motto è quello di crescere piano piano, sapendo le nostre potenzialità. Noi andiamo alle corse per vincere, ma sappiamo allo stesso tempo che dobbiamo fare anche esperienza. In alcune gare andiamo per imparare, dove portiamo tanti giovani che magari affrontano il loro primo grande Giro o la prima grande classica. Contestualmente abbiamo fatto degli innesti con corridori esperti che portano il loro bagaglio tecnico in squadra. Ad esempio la vittoria alla Parigi-Nizza (con De Kleijn, ndr) è il frutto di un grande lavoro iniziato già nel 2023, al primo anno di nascita della formazione. Nelle classiche del pavé abbiamo sempre fatto delle top 10, a parte il Fiandre. Tutto ciò ci riempie di gioia.

Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Storer al Giro punterà alle tappe di montagne e alla generale. Nel 2021 vinse due frazioni alla Vuelta e la maglia di miglior scalatore
Quindi siete entrati in sintonia in fretta.

Sì, assolutamente. Come dice sempre Fabian, non dobbiamo fare il passo più lungo della nostra gamba. Stiamo diventando consapevoli della nostra forza. Dobbiamo solo restare calmi e continuare a lavorare. Poi il nostro hashtag “nati per osare” (#borntodare, ndr) deve essere uno stimolo. Se noi facciamo le cose per bene, come allenamenti, nutrizione o materiali, non dobbiamo avere paura. Non possiamo competere con i grandi team WorldTour, ma essere lì a giocarcela significa fare bella figura.

Quanta differenza c’è tra guidare una squadra come Ineos e uno come la Tudor?

Cambia tanto. Parlare o andare a provare una gara con campioni che hanno già vinto classiche o grandi Giri lo affronti in una maniera diversa. C’era una pressione diversa all’interno di un gruppo consolidato. Qua in Tudor devi partire dalle fondamenta. Devi far capire cos’è un grande Giro per esempio. E per me è un grande stimolo.

E’ stata questa la motivazione che ha portato Matteo Tosatto alla Tudor?

Ho fatto vent’anni da professionista e devo ringraziare ancora oggi Dave Brailsford che mi ha dato subito la possibilità di salire in ammiraglia. Ho imparato un lavoro facendo sei anni magnifici con loro, però era arrivato il momento di cambiare. Alla Tudor abbiamo nuovi obiettivi e penso di aver fatto la scelta migliore.

Il Tour of the Alps vi darà qualche indicazione per il Giro?

A questa corsa abbiamo 2-3 ragazzi che potrebbero correre a maggio. Sicuramente al Giro ci sarà Michael Storer, che proverà a curare la generale già qua al Tour of the Alps. Potrebbe fare altrettanto anche al Giro, anche se non ha mai affrontato una grande corsa a tappe per farla. Di sicuro punterà a fare bene le tappe di montagna. Potenzialmente può fare bene entrambe le cose, ma partiamo con un obiettivo minimo, poi vedremo se cambiarli strada facendo.

Come sarà il resto della vostra formazione alla Corsa Rosa?

Non vogliamo trascurare le altre tappe. Il nostro velocista sarà Dainese, che è tornato a correre dopo un infortunio e ha vinto in Francia ad inizio mese. Trentin sarà il nostro tuttofare, pronto a buttarsi nelle fughe delle frazioni intermedie o giocarsi le proprie carte in altri modi. Decideremo come completare la squadra dopo il Romandia.

Abbiamo capito che vi vedremo davanti al Giro.

La nostra volontà è quella di essere protagonisti. Vogliamo usare la testa. Non andremo in fuga solo per fare vedere la maglia. Noi cercheremo la vittoria, il nostro grande obiettivo di quelle tre settimane di maggio. Qualcuno di noi sarà emozionato perché sarà il primo grande giro della Tudor. Tuttavia vorrei infondere calma e serenità, vedendo come andrà la gara giorno dopo giorno. Io sono molto motivato e fiducioso.

Tosatto alla Tudor Pro Cycling: ecco perché lo hanno voluto

07.11.2023
6 min
Salva

Otto mesi dopo la prima intervista, siamo di nuovo con Ricardo Scheidecker, head of sports al Tudor Pro Cycling Team. A marzo fu per capire il suo percorso dalla Quick Step alla neonata squadra di Cancellara. Il manager portoghese ci raccontò parecchie cose, alcune ancora in divenire, e fra queste il possibile arrivo di Matteo Tosatto parve una suggestione piuttosto stuzzicante. Ora che il passaggio si è compiuto e che lo stesso tecnico trevigiano ce ne ha raccontato le fasi, sta nuovamente a Ricardo spiegare il perché della scelta.

Quando lo intercettiamo, Scheidecker si trova a Lisbona, appena rientrato da un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Avrà appena il tempo di tirare un po’ il fiato e poi sarà tempo del primo vero meeting che in qualche modo lancerà la stagione 2024.

Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Perché Tosatto?

Toso e io abbiamo lavorato insieme quando lui era corridore alla Saxo Bank (il trevigiano ha corso nel gruppo di Riis dal 2011 al 2016, ndr) e io sono arrivato là come responsabile tecnico. Ci conosciamo da una vita, era il 2012, cioè il mio secondo anno in questo lavoro dopo la Leopard. Col tempo si è creato un rapporto di amicizia e ho scoperto in lui una persona super seria. Professionista, veramente un professionista come pochi. Mi ricordo quando si è ritirato. Ho idea che volesse fare ancora un anno seguendo Contador, ma la cosa non è andata in porto. Amen. Ha smesso e la Ineos lo ha contattato subito, perché sapevano che lui è una buona persona.

Prima l’uomo e poi il tecnico?

Esatto, è una buona persona: nessuno lo sa meglio di me. Poi è diventato un direttore sportivo e i risultati sono evidenti, lo specchio della sua qualità. Penso a lui da un pezzo. Per darvi un’idea, volevo già portarlo in Quick Step. Ho sempre suggerito il suo nome, ma decideva Patrick (Lefevere, ndr) e non lo ha preso. Nel momento in cui sono arrivato qua e ho avuto la possibilità di decidere o comunque di avere un’influenza molto più importante, logicamente accanto a Fabian (Cancellara, ndr), ho pensato subito a lui.

Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Matteo ci ha raccontato che il contatto c’è stato già a marzo, giusto?

La prima volta ci siamo visti in Algarve e abbiamo chiacchierato. Poi siamo sempre rimasti in contatto. Gli abbiamo presentato il progetto in modo serio, come abbiamo fatto con tutti quelli che alla fine sono arrivati. E il progetto gli è piaciuto, credo sia contento. Perché Tosatto? Per la competenza e la sua personalità. Per me è una persona squisita, che con la sua esperienza di alto livello ci porterà al prossimo step importante: il WorldTour.

Vedi differenze fra Matteo corridore e Matteo direttore sportivo?

Era già una persona molto matura, adesso ha più esperienza. L’ho sempre visto coi piedi per terra, molto razionale e responsabile. Però la sua esperienza professionale è cresciuta. Ha dovuto imparare cose nuove, tutti impariamo qualcosa ogni giorno. Se invece abbiamo l’arroganza di pensare di sapere tutto, allora non sapremo mai niente. Toso è così, sa di dover imparare tutti i giorni, ma nel frattempo il suo bagaglio è diventato più grande. Per cui l’ho trovato migliorato nella capacità, sempre lo stesso per la personalità.

Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Un tecnico con questa esperienza e questa personalità verrà coinvolto anche nella scelta degli atleti e nella programmazione?

Avrà un ruolo centrale. Da noi non esiste la figura del capo dei direttori sportivi, puntiamo sul gruppo e i tecnici fanno riferimento a me. E’ vero però che il Toso verrà coinvolto nel gruppo di discussione per l’acquisto dei corridori e in quello che definisce il programma delle corse. Abbiamo una riunione già venerdì e sarà la prima dal suo arrivo. Inizialmente ho dato un po’ di giorni a tutti per respirare, anche se il telefono brucia. Siamo al 7 di novembre, abbiamo già il programma fatto e il calendario stilato, però lui è appena arrivato e non è stato ancora coinvolto. Per cui venerdì cominceremo a lavorare. Non sono dittatore (sorride, ndr), mi piace confrontarmi con i miei colleghi e poi decidiamo insieme.

Oltre a Tosatto arriva Bart Leysen dalla Alpecin e anche corridori come Trentin e Dainese: la campagna acquisti è salita di livello…

L’anno scorso si è capito che Fabian e “Raphi” (Raphael Meyer, CEO del team, ndr) hanno investito molto nella struttura attorno ai corridoi. Gli atleti sono stati scelti molto bene, ma quello è stato un processo in cui io non sono stato coinvolto perché non c’ero, quindi va dato merito a loro. Hanno fatto una campagna acquisti molto interessante, logicamente non costosa, e credo che con questi 20 ragazzi non troppo conosciuti abbiamo ottenuto dei buoni risultati (in apertura Arvid De Kleijn centra a Langkawi la sesta vittoria stagionale ndr). Però sappiamo che se vogliamo essere WorldTour, bisogna rinforzarsi in modo importante e anche intelligente. Non portare dei nomi tanto per portarli, ma ragionare a fondo in base alla conoscenza del gruppo. Così abbiamo scelto elementi in cui crediamo. Hanno talento, hanno capacità e magari nel team precedente erano anche sottovalutati. Noi crediamo di potergli creare le condizioni per dimostrare il loro valore. Ad esempio Trentin…

Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Cosa avete visto in Matteo?

Come Toso per i direttori sportivi, Matteo è stato la mia prima scelta come nome da prendere. La squadra ha bisogno anche del capitano affermato e sperimentato. Forte, ma molto esperto anche dal punto di vista dell’esperienza, dell’intelligenza in corsa e fuori dalle corse. Uno che sappia fare gruppo e aiuti a unire i corridori che avremo il prossimo anno. I nuovi acquisti sono stati importanti, ma io credo anche individuati in maniera razionale ed efficiente. Si lavora al 2024, ma siamo già con la testa al 2025. Non ci fermiamo e cerchiamo di pianificare in anticipo per arrivare a quell’obiettivo a medio termine, che è diventare una squadra WorldTour.

Tosatto è rimasto moto colpito da questa lunga prospettiva.

Nel 2023 si è pensato molto al 2024, perché bisogna creare le basi e ti devi concentrare anche in quello che stai facendo nel presente. Alla fine i risultati sono stati buoni, ma non riflettono la qualità della squadra. Non voglio sembrare assolutamente arrogante, però abbiamo avuto tanti corridori malati e bisogna fare meglio anche in questo. Bisogna crescere. Per cui abbiamo preso non solo corridori, ma anche più staff. Non c’è solo il Toso, c’è un altro nutrizionista, medici, c’è un altro allenatore. L’investimento è importante, ma non ci stiamo gonfiando, cresciamo in modo progressivo. Un mattone sopra l’altro, solo così potremo costruire un muro davvero solido. 

Tosatto alla Tudor Pro Cycling, grosso colpo di mercato

29.10.2023
7 min
Salva

Matteo Tosatto lascia la Ineos Grenadiers e va al Tudor Pro Cycling Team. Sapevamo della proposta già da marzo, ma i tempi erano prematuri e non era detto che il trevigiano avrebbe accettato. Lui per primo, rispondendo a qualche messaggio a fine Tour, aveva ammesso che altre tre squadre lo avevano cercato, ma che la decisione non l’avesse ancora presa.

Tosatto è salito sull’ammiraglia della squadra britannica nel 2017 e l’ha condotta alla maglia rosa con Froome nel 2018, Tao Geoghegan Hart nel 2020 e Bernal nel 2021. Nei due anni successivi, il 2022 e 2023, sono venuti invece i secondi posti di Carapaz e Thomas. Lavorando con Dario Cioni, il trevigiano è diventato uno dei riferimenti del gruppo italiano. Un tecnico di valore internazionale, che ha messo bene a frutto i 20 anni da professionista con tecnici e manager come Giancarlo Ferretti, Patrick Lefevere, Luca Guercilena e Bjarne Riis. Gli stessi che, fatto salvo Lefevere, ha incontrato sulla sua strada Fabian Cancellara, che lo ha voluto fortemente nel suo nuovo progetto.

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos

L’autunno ha il sapore di quando si cambiava squadra e bisognava liberare i cassetti e la mente per le nuove dotazioni. Matteo è appena tornato da una settimana in Svizzera, vissuta con gli atleti e con il management della squadra. Un’immersione che gli ha confermato la bontà della scelta e l’impegno della sfida raccolta.

Come mai il direttore sportivo di una squadra come la Ineos a un certo punto decide di cambiare?

Era arrivato il momento giusto, secondo me. Si potrebbero dire tante cose, ma forse è meglio non farlo. Diciamo che era il momento giusto di cambiare. Devo solo dire grazie al Team Sky e Ineos perché mi hanno offerto un posto di lavoro nella squadra numero uno al mondo. Più di così non potevo desiderare. La Tudor non era l’unica opzione, si sono fatte avanti altre squadre, ma loro hanno portato proposte molto interessanti. Li guardavo già da un po’, non solo perché ho mantenuto degli ottimi rapporti con “Cance” e con Ricardo (Scheidecker, head of sport del team svizzero, ndr). Di solito si parlava di ciclismo in generale, ma quando abbiamo affrontato più decisamente il loro progetto, mi hanno coinvolto e mi hanno fatto la loro proposta. Non ho dovuto pensarci troppo, in realtà…

Come ti hanno convinto?

Mi hanno presentato il progetto, che è un gran progetto. Ho notato subito che non ragionavano sul futuro prossimo, ma a lunga scadenza. Mi hanno illustrato quello che pensano, come vogliono affrontare il ciclismo. E la cosa più importante, a parte gli sponsor solidi e la prospettiva lunga, è la loro filosofia. Vogliono fare ciclismo dando una precisa impronta di squadra. Senza guardare cosa fanno le altre. La Tudor ha la propria idea di ciclismo e la porta avanti, dal marketing alla scelta dei corridori, passando per la tattica.

Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Perché prendere Tosatto?

Potrei dire per il rapporto umano che so creare tra direttore e coach, fra direttore e corridore. Penso che abbiano visto questo. Non abbiamo parlato di tattiche, ma del valore umano, di competenza e consapevolezza. Di ciclismo ne ho visto tanto. Gli ultimi sei anni e mezzo in una grande squadra, lavorando sempre con campioni, mi hanno aiutato tanto. Poi diciamo che con Ricardo ho lavorato quando era in Saxo Bank e poi Tinkoff e mi conosce bene. Con Cancellara abbiamo corso insieme. Secondo me loro hanno messo come primo punto la persona. Non le qualità, ma la persona.

E’ stimolante il fatto di entrare in un progetto ancora in fase di lancio?

La squadra è nata nel 2023, il prossimo anno farà uno step in più. Mi hanno chiamato per fare parte del progetto, dandomi tanta fiducia. Vado come direttore sportivo, però sono dentro a tante altre cose, come ad esempio la scelta dei corridori. E proprio questo coinvolgimento mi ha spinto a dire sì, il fatto di sentirmi al centro del progetto. Questa per me è la cosa fondamentale. Alla Ineos stavo bene, ma ero un direttore come tutti gli altri. Ottimo gruppo, però dal mio punto di vista tante volte noi direttori non eravamo coinvolti al 100 per cento dalla squadra, che magari è strutturata in modo diverso. La Tudor mi ha fatto davvero una grande proposta.

Quando sono cominciati i contatti?

Il primo incontro c’è stato a febbraio, ancora prima del loro debutto. Ci trovammo per caso con Ricardo a una corsa e venne fuori una chiacchierata. E lui mi propose subito di rimanere in contatto, perché voleva che andassi con loro. Poi abbiamo continuato a sentirci, ma per rispetto della Ineos, la decisione l’ho presa dopo il Tour de France. 

Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
E la Ineos ha provato a trattenerti oppure hanno preso atto e ti hanno stretto la mano?

Sono inglesi, un po’ freddi. Ho lavorato per un po’ di anni con Rod Ellingworth, gli ho manifestato le mie intenzioni, ma non ha provato a convincermi. Qualcuno di quelli più vicini ha provato a chiedermi se fossi sicuro e mi ha invitato a pensarci bene, però è come quando da corridore senti il bisogno di cambiare squadra per trovare nuovi stimoli. E questo è un nuovo stimolo.

Ti dispiace lasciare il gruppo italiano?

Noi italiani puntiamo sempre sul gruppo, ma non sono riuscito a portare del tutto questa mentalità. Mi dispiace lasciare gli italiani. Penso allo staff, come a Puccio e Viviani, ma anche a Ganna. Se penso che quando Pippo era arrabbiato alle corse in cui io magari non c’ero, mi chiamava a casa per fare due parole… Sai, è bello che un campione come Ganna voglia confrontarsi su come è andata una corsa o come affrontare quella del giorno dopo, per cui dispiace perdere quel tipo di rapporto. Lui sa benissimo tante cose. E mi ha detto: «Toso, la carriera è tua. Mi dispiace perché ci troviamo bene insieme, però se questa è la tua scelta, è giusto che la porti avanti».

Come hai visto Cancellara padrone del team rispetto a com’era da corridore?

Prima cosa, lo vedo super preparato e questo mi ha stupito. “Cance” da corridore era garibaldino, spavaldo. Adesso è sempre così, sta allo scherzo ed è sempre combattivo. Però nel lavoro, ho trovato una persona molto matura per la sua età. Con le idee non chiare, ma chiarissime sul da farsi. Una cosa che mi ha stupito è che non pensa a come sarà l’anno prossimo, ma è già con la testa al 2025, pensando a cosa fare meglio. E’ molto preparato. In questo primo ritiro, abbiamo fatto come sempre il fitting per abbigliamento e bici, le prime visite mediche e tutti i programmi. E poi, in stile Bjarne Riis, ha previsto due giorni e mezzo di “survival camp”. Quando gliel’ho chiesto, mi ha risposto: «Io ho fatto la scuola di Ferron (Giancarlo Ferretti, ndr), la scuola di Bjarne e la scuola di Guercilena. Non è che copio, semplicemente ho avuto la fortuna di aver avuto questi tre maestri e prendo il meglio di quello che mi hanno dato e che possa funzionare».

Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Prossimi passi? Ritiro a dicembre?

Andiamo in Spagna, dalla fine della prima settimana fino circa al 20. Due settimane e poi ancora un ritiro a gennaio nello stesso posto e poi si inizia a correre. Aspettiamo gli inviti perché essendo una squadra Pro Continental dobbiamo essere invitati. Il programma è buono, sappiamo già più o meno dove andremo, ma finché non abbiamo le conferme non possiamo dire niente. Abbiamo anche dei buoni atleti e questa è la cosa fondamentale.

Ne sono arrivati di buoni, vero…

E’ arrivato Matteo Trentin e anche Alberto Dainese. Mayrhofer dalla Dsm e anche Storer dalla Groupama. Hanno voglia di fare e abbiamo qualche giovane svizzero buono. Serve avere pazienza, credere nel progetto e non avere fretta. Se a febbraio o marzo non si vedono ancora risultati, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un progetto a lungo termine.

Come ti hanno accolto i colleghi dell’ammiraglia?

E’ la prima volta che cambio squadra da direttore, però anche parlando con Ricardo ho percepito che il fatto che arrivi dalla Ineos mi vale il loro rispetto. Mi guardano con un occhio di riguardo. Mi piace poter diventare un riferimento. Questo porterà a grandi responsabilità, ma ho scelto Tudor perché sono pronto per prenderle. Credo nel progetto e, come abbiamo ripetuto nei giorni scorsi, le cose andranno fatte per gradi.

“Doppietta” Tour-Vuelta, ora Bernal punta al 2024

22.09.2023
5 min
Salva

Sulle strade di Tour de France e Vuelta, in qualche caso sovrapposte, è tornato a pedalare Egan Bernal. Il corridore della Ineos Grenadiers ha portato a termine la sua personale “doppietta”: 42 giorni di corsa in due mesi, non poco considerando da dove partiva e dalla condizione dimostrata. Il colombiano è tornato ad assaporare l’aria dei grandi eventi e questo non può che fargli bene, donandogli nuove aspettative. 

Di questo parliamo con Matteo Tosatto, suo diesse nel team britannico. Lo intercettiamo in uno dei momenti di vita quotidiana, mentre ha accompagnato la figlia a nuoto. Seduto al bar beve un caffè e risponde alle nostre domande. 

Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica
Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica

Due grandi fatiche

Mettere in fila due grandi corse a tappe è stato un bel modo per rispondere a tante domande. Senza nemmeno aver bisogno di sprecare tante parole, Bernal ha corso, si è messo in mostra e ha terminato entrambe le corse.

«Non l’ho seguito personalmente – racconta Tosatto – per scelte tecniche non ho seguito la squadra al Tour e alla Vuelta. Però in squadra, tra tecnici, ci sentiamo tutte le settimane. In più ci siamo confrontati anche con l’allenatore di Bernal. Quindi qualche dettaglio sulla sua condizione lo abbiamo».

Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Tornare al Tour era il primo obiettivo?

Sì. L’idea era di vederlo all’opera sulle strade della Grande Boucle e poi di trarre le prime conclusioni. In Francia il percorso era molto impegnativo, il fatto di averlo portato a termine ci ha dato una grande soddisfazione. Era importante tornare a queste corse, in vista del recupero totale. 

In corsa cosa doveva fare?

Nella prima settimana, quella corsa nei Paesi Baschi, doveva provare a restare con i migliori. Ha risposto bene, non si è scomposto e alla fine ha concesso solo qualche manciata di secondi. Un primo segnale positivo. 

Con il proseguire delle tappe è uscita la fatica, ma era preventivabile, no?

Assolutamente. Quello che mancava a Egan era mettere insieme tanti giorni di corsa e tanta fatica. Di chilometri ne ha fatti, si è messo a disposizione dei compagni e ha speso tante energie. Insomma, un bel modo di riprendere la mano con le corse importanti.

Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
La Vuelta era già in programma o è arrivata dopo?

L’idea era di vedere come avrebbe finito il Tour e trarre le prime conclusioni. Una volta visto che la risposta di Bernal è stata positiva, la Vuelta è arrivata di conseguenza. Tra l’una e l’altra ha anche avuto modo di tornare a casa, in Colombia, e allenarsi in altura. 

Anche in Spagna era a disposizione di Thomas.

La Vuelta dal punto di vista della classifica non è andata come ci saremmo aspettati. Però ha risposto bene anche in quel caso, fin dalla cronometro a squadre di Barcellona. E’ rimasto con i compagni, un segnale positivo per noi e per lui. 

Alla Vuelta nell’ultima settimana è andato meglio…

E’ arrivato settimo in una tappa, la 18ª, quella vinta da Evenepoel, andando in fuga per 170 chilometri. Riuscire a fare uno sforzo del genere alla fine di un grande Giro è un bel segnale in vista del 2024.

Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?

Dall’inverno si avrà un’idea migliore di come sta e del lavoro che ci sarà da fare. Queste due corse a tappe ravvicinate servivano per aiutarlo a sopportare meglio la fatica e avere una migliore gestione dei recuperi. Ci si aspetta che più avanti nel tempo possa fare carichi di lavoro sempre più intensi. 

Potrà tornare a puntare ai grandi obiettivi?

Penso proprio di sì. Fare un inverno tranquillo, dove lavorare tanto e bene, sarà il primo obiettivo. Quando si programma la stagione rientrare bene è più semplice, basta focalizzarsi sugli obiettivi. 

Tornando al 2023, come lo hai visto pedalare?

Sereno. Stava in gruppo e spesso era davanti a tirare. Dalla televisione non si vedono tutti i dettagli, ma erano tutti contenti di lui. Non vale la pena stare a guardare i numeri e i risultati. 

Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Le salite tra Spagna e Francia erano dure, un bel test per lui…

Sicuramente certi sforzi è meglio farli in gara che in allenamento. Mettersi in gruppo e seguire gli altri ti porta a fare più fatica, a mollare meno di testa. Questo finale di stagione gli servirà molto. 

Bernal che dice?

Abbiamo parlato con il suo allenatore. Era contento e soddisfatto. Si è visto un netto miglioramento nello sforzo e nei numeri. 

Correrà ancora?

Non sappiamo. Non credo farà le gare in Italia, c’è qualche corsa in Oriente, ma non credo parteciperà. La miglior cosa per lui è riposare e preparare il 2024.

Thomas alla Vuelta, Tosatto e le storie del Tour

06.07.2023
5 min
Salva

Tosatto è al mare: una settimana di stacco con la famiglia in Romagna e poi sarà già tempo di ricominciare. Il pomeriggio è dedicato al Tour: bastano una connessione internet e gli auricolari. Così ieri il direttore sportivo della Ineos Grenadiers ha seguito la prima tappa pirenaica, con un occhio ai suoi ragazzi della Ineos Grenadiers. E anche se lo abbiamo chiamato per parlare del gruppo del Giro che ad agosto andrà alla Vuelta con capitan Thomas, è stato impossibile non farsi risucchiare da due chiacchiere sulla sfida francese.

«Cosa dire… La UAE si è sgretolata – riflette Tosatto – e Vingegaard gli ha rifilato più di un minuto. Cosa sia mancato a Pogacar è difficile da dire. Oggi (ieri, ndr) non è stato all’altezza in salita, sul cambio di ritmo. Gli manca la costanza della fatica? Il non aver fatto il Delfinato o lo Slovenia potrebbe averlo penalizzato. L’ultima corsa a tappe che ha fatto è stata la Parigi-Nizza, che c’è stata a marzo. Il Tour è ancora aperto, però moralmente hanno preso una bella botta dopo aver dettato legge sabato e domenica».

Dopo il Giro, Matteo Tosatto ha guidalto la Ineos alla Route d’Occitanie e poi ai campionati italiani
Dopo il Giro, Matteo Tosatto ha guidalto la Ineos alla Route d’Occitanie e poi ai campionati italiani
E i tuoi?

Dietro si è visto forte il mio Rodriguez, che può puntare alla top 5, non so se al podio. Pidcock è arrivato più staccato. E poi c’è Bernal. Quest’anno con Egan non ho fatto una sola corsa e ho non ci ho mai parlato. Ha fatto dei grandi progressi e sicuramente l’hanno portato vedendo che stava bene. Si sapeva che faceva fatica a lottare coi migliori, oggi ha perso tre minuti dal primo, può solo migliorare. Questo è un passaggio che gli può tornare utile come fase del recupero per il prossimo anno o per la Vuelta, se farà la Vuelta.

E Hindley?

Sono contento che abbia vinto lui. Tanti l’hanno sottovalutato anche dopo che ha vinto il Giro. Sembrava che lo avesse vinto uno così, ma lui due anni prima aveva fatto secondo. Ha vinto alla prima partecipazione al Tour, tappa e maglia. Adesso vedremo, non ha speso tanto secondo me, a parte gli ultimi 20 chilometri. Magari se prende fiducia, riesce ad andare sul podio.

Dopo il secondo posto de Giro, Thomas ha dichiarato di voler puntare alla Vuelta
Dopo il secondo posto de Giro, Thomas ha dichiarato di voler puntare alla Vuelta
Veniamo a noi: bella questa cosa che Thomas vuole alla Vuelta il gruppo del Giro, no?

Il programma del gruppo Vuelta si è fatto dopo il Giro.  C’erano e ci sono ancora dei punti di domanda. Ad esempio se Egan se faceva il Tour e chi coinvolgere fra quelli che non hanno fatto né Giro né Tour. Oppure Arensmans, che era previsto non facesse il Tour dopo il Giro e c’era da capire se fargli fare la Vuelta o le classiche in Canada. Poi c’è De Plus che vuole fare due grandi Giri, quindi anche la Vuelta.

Il fatto di portare il gruppo del Giro, se non altro come base, è una garanzia perché è un gruppo che funziona bene?

Quando lavori con un gruppo da lontano, nel senso che inizi a fare programmi e corse in comune da inizio anno, viene tutto più facile anche in gara.

Il Tour per Bernal è un passaggio sulla strada del ritorno. Sulle prime salite vere Egan paga pegno
Il Tour per Bernal è un passaggio sulla strada del ritorno. Sulle prime salite vere Egan paga pegno
Era in programma che Thomas andasse alla Vuelta?

C’era un punto di domanda. Si è sempre detto di puntare tutto sul Giro e poi avremmo valutato il finale di stagione. Una possibilità di fare Giro e Vuelta c’è sempre stata, nella lista lunga il suo nome c’era già. E alla fine ha deciso di voler andare in Spagna. Anche perché, secondo me, essendo un corridore di una certa età, non si vede a fare corse di una settimana, gli viene comodo fare un grande Giro. Poi non è che corra molto di qui alla Vuelta…

In che senso?

Adesso ha recuperato bene, ma prima della Vuelta farà una sola corsa. Alla fine il suo è un programma abbastanza leggero.

A Laruns, Rodriguez è arrivato nel gruppetto di Pogacar. Per Tosatto può entrare nei prini 5
A Laruns, Rodriguez è arrivato nel gruppetto di Pogacar. Per Tosatto può entrare nei prini 5
La sensazione è che gli sia venuta voglia di Vuelta dopo aver visto al Giro di essere capace di grandi prestazioni…

Sì, quello sicuramente. Ha finito il Giro stanco, ma in crescendo. Va bene, nella cronoscalata ha pagato, ma se stai bene, impieghi meno a recuperare. 

I compagni si sono fatti coinvolgere dal suo entusiasmo?

Quelli che hanno fatto il Giro avevano la voglia di fare la Vuelta con lo stesso gruppo. Ci sarà qualche inserimento, magari chi non ha fatto grandi Giri o qualche giovane. Però certo, correre insieme aiuta tanto.

Ci saranno anche Puccio e Ganna?

A Pippo in teoria la Vuelta farebbe un gran bene. Chi ha il motore come il suo, almeno una grande corsa a tappe all’anno deve farlo e del Giro ha fatto solo sette giorni. Sicuramente adesso il suo grande obiettivo è il mondiale, ma nella quadra della Vuelta ci starebbe bene, anche perché il primo giorno c’è una cronometro a squadre, che per lui sarebbe uno stimolo interessante. Quanto a Puccio invece si vedrà. Se lo chiami, è sempre pronto. E’ nella lista, ma ancora non saprei. 

Fare la Vuelta gioverebbe a Ganna, che ha fatto solo 7 tappe del Giro
Fare la Vuelta gioverebbe a Ganna, che ha fatto solo 7 tappe del Giro
Pensi che Thomas si adatterà bene al modo di correre nervoso della Vuelta?

Ha fatto una sola Vuelta, nel 2015, quando vinse Aru, e arrivò parecchio indietro. Quello di quest’anno è stato il terzo Giro che finiva, negli anni prima è quasi sempre caduto. In Spagna sarà un’avventura, un’esperienza nuova. Ha lo stimolo di prepararsi come ha preparato il Giro, per cui secondo me potrebbe andare bene, perché c’è meno stress del Tour e non è come il Giro.

Secondo te non ha mai rimpianto il fatto di aver scelto il Giro al posto del Tour?

All’ultimo Tour ha fatto terzo e in precedenza era stato primo e secondo. Forse ha voluto fare il Giro perché aveva un conto in sospeso e quest’anno con le tre cronometro, ha pensato di poterlo vincere. Lo abbiamo deciso a novembre, difficile poi cambiare idea. Così adesso andrà alla Vuelta, vedremo coi giorni con quali obiettivi. 

Thomas, un secondo posto che adesso fa solo male

27.05.2023
6 min
Salva

MONTE LUSSARI – Per una di quelle coincidenze che sono più frequenti quando l’arrivo è in cima a una montagna e tutte le strutture devono stare concentrate in pochi metri quadri, nel momento in cui Primoz Roglic viene acclamato come nuovo titolare della maglia rosa, Geraint Thomas cerca di uscire dalla zona in cui sono stati fatti entrare i corridori e si trova davanti la curiosità degli inviati. Il mondo intorno ha i colori e i suoni della Slovenia, difficile ascoltare il pensiero del britannico. Infatti Thomas parla a bassa voce e probabilmente ne farebbe anche a meno.

«Se qualcuno me lo avesse detto a febbraio o marzo – dice – probabilmente gli avrei stretto la mano, ma ora sono devastato. Però penso che quando avrò capito, potrò essere orgoglioso di quello che abbiamo fatto in questi giorni. Quando sono arrivato a un chilometro e mezzo dall’arrivo, mi sono sentito vuoto. Avrei potuto distruggermi le gambe, potrei aver avuto un calo di carboidrati, ma non è per questo che ho perso. E’ meglio perdere per così tanto che per un paio di secondi, perché avrei cominciato a fare mille ipotesi. Alla fine della giornata, sono consapevole che non sarei potuto andare più veloce di 14 secondi. In più Primoz ha avuto anche un problema meccanico. Si merita la vittoria…».

Questa immagine è un emblema: l’ammiraglia Ineos inghiottita dai tifosi sloveni nella ricognizione del mattino
Questa immagine è un emblema: l’ammiraglia Ineos inghiottita dai tifosi sloveni nella ricognizione del mattino

Una crono rischiosa

Per Thomas o per Roglic: si era capito che Almeida non avrebbe potuto scalare i due gradini del podio. E così vivendo le due vigilie in parallelo, stamattina ci eravamo fermati a lungo nei pressi del pullman della Ineos Grenadiers. Il ragionamento era fin troppo facile: un team così abituato a giocarsi i Grandi Giri e un corridore che ha già vinto il Tour non cadranno in alcun tranello e non si lasceranno sfuggire la maglia rosa, specie se di mezzo c’è una crono. 

«Voglio essere onesto – diceva Rod Ellingworth, il grande capo, prima del via – conosco Geraint da quando era giovane, quindi non l’ho mai visto diverso mentalmente. E’ sempre stato forte come adesso. Anche quando era un ragazzo, era lo stesso. Ogni anno ha fatto dei progressi, non è rimasto fermo. Cerca sempre nuove sfide, nuove opportunità. La prima è sempre stata vincere il Tour, poi però c’era vincere il Giro. Questa crono è una sfida, ogni tappa è una sfida e devi studiarle e affrontarla. E’ lo stesso per tutti, no? Tutti dovranno fare esattamente la stessa cosa, noi ci proveremo nel miglior modo possibile».

Una crono diversa

Forse non si era considerato abbastanza che questa di Monte Lussari non sarebbe stata una crono come quelle che siamo stati abituati a vedere per anni. Tutti i ragionamenti sull’aerodinamica e il ritmo di pedalata erano destinati a infrangersi sulla brutalità di una salita senza troppi precedenti.

«Abbiamo preso un hotel a un chilometro da qui – spiegava Tosatto e non capivi quanto fosse davvero tranquillo – e così finita la ricognizione in macchina, i corridori sono tornati in camera tranquilli. Avremo due moto dietro il corridore, una col meccanico e una con il direttore e la radio, ma cosa ci sarà da dirgli su una pendenza come quella? Nei primi 9,5 chilometri, la strada è stretta. Sulla ciclabile ci sono 2-3 curve in cui fare attenzione, però la strada è molto veloce perché c’è il vento a favore. Poi sarà interessante il cambio bici, perché si arriva a più di 60 all’ora e poi si dovrà fare un chilometro e mezzo con la bici normale fino alla salita».

Difficile dire quanto sia durato il cambio bici di Thomas, ma certo la maglia rosa è parso fin troppo flemmatico, nell’avvicinarsi, scendere di sella, cambiare anche il casco e ripartire.

Rod Ellingworth è stato l’artefice di tutte le vittorie più grandi del Team Ineos, anche dai tempi di Sky
Rod Ellingworth è stato l’artefice di tutte le vittorie più grandi del Team Ineos, anche dai tempi di Sky

Tre chilometri all’arrivo

Non si è mai scomposto, ma forse nelle gambe di Thomas si è andata accumulando la fatica che quel rapportino così agile di Roglic ha invece tenuto alla larga. A un certo punto la sensazione che lo sloveno pedalasse a vuoto si è impossessata dei tifosi del britannico. E quando poi a Roglic è caduta la catena, sembrava che sul suo capo si fosse nuovamente abbattuto un destino blasfemo.

Solo che mentre Roglic reagiva rabbiosamente, Thomas ha iniziato a incurvarsi sempre di più. Ha rischiato di cadere cercando di mandare giù un gel e non s’è capito se ci sia riuscito. E mentre Primoz si è avventato sul traguardo con la furia di un diavolo, la maglia rosa sudata oltre ogni aspettativa, ha subito quell’ultima pendenza ed è finito dietro.

«Dopo il Tour Down Under – dice – mi sono ammalato. Dovevo fare Algarve e Tirreno-Adriatico, invece ho ripreso a correre in Catalunya solo a marzo. Sono rimasto forte mentalmente. Ho cercato di fare quello che dovevo fare e sono comunque riuscito ad arrivare qui buona forma. E’ arrivato un secondo posto, posso esserne orgoglioso, ma al momento fa solo male. E come ho detto, è meglio aver perso per 14 secondi che solo due».

In avvio, Thomas era ancora in vantaggio: il calo è iniziato negli ultimi 3 chilometri
In avvio, Thomas era ancora in vantaggio: il calo è iniziato negli ultimi 3 chilometri

Onore a Roglic

Il dopo ha un sapore amaro, la tranquillità se ne è andata e adesso davanti alle ruote c’è la lunga strada fino a Roma. I corridori scenderanno domattina in aereo, la carovana è già tutta in strada.

«Eravamo tranquilli – dice Tosatto – ma sapevamo che 25 secondi fossero pochi da difendere contro Roglic su un percorso che non si addiceva a Geraint. Negli ultimi 3 chilometri Roglic è volato, dopo il salto di catena ha davvero cambiato marcia. Invece mentre lui aumentava, noi siamo calati. Avevamo 7-8 secondi di ritardo rispetto alle tabelle che avevamo immaginato. Ma alla fine “G” ha fatto secondo su un percorso che non gli si addiceva. Per cui alla fine che cosa puoi dire? Onore a Roglic».

E lo sloveno ha dedicato poche parole anche al rivale, definendo un onore aver duellato così tanto con lui. Il Giro d’Italia resta un boccone amaro per Thomas. Nel 2017 una moto della Polizia gli franò addosso sul Block Haus quando era il più forte, nel 2020 scivolò su una borraccia e si ruppe il bacino. Questa volta sembrava che fosse tutto perfetto. Peccato per lui, ha trovato sulla sua strada un eroe che aveva da rifarsi su un destino per certi versi anche peggiore.

Da lassù sicuramente Enzo Cainero si sarà goduto lo spettacolo che certamente aveva immaginato così. Cos’altro dire, prima di ripartire verso Roma? Mandi, Enzo!