Dai racconti delle cicliste italiane intervistate sul tema dei problemi alimentari e del controllo del peso è emersa la “teoria italiana”, come l’ha definita Marta Bastianelli, ma la realtà estera è davvero così rosa e fiori? Abbiamo ascoltato la paraguayana Agua Marina Espinola della Canyon//SRAM Generation che, grazie all’opportunità data dal team UCI, è riuscita nel 2018 a debuttare a livello internazionale con gare in Europa.
Il principio
Agua a poco più di vent’anni, lasciava la sua casa in Paraguay e si trasferiva in Svizzera ad Aigle, per seguire il suo sogno, quello di correre le più importanti gare nel calendario internazionale.
«Ho sempre creduto che facendo ciclismo potessi mangiare senza ingrassare, ma dal 2014 – racconta Agua – per migliorarmi, mi sono rivolta ad una nutrizionista sportiva. Fino al 2016, vivevo in Paraguay, dove il clima è decisamente più caldo. Non avendo particolarmente fame e disidratandomi facilmente, riuscivo a mantenere il peso basso. Dall’inverno del 2017 però, col mio trasferimento in Svizzera, ad Aigle, è cambiato tutto. Le gare e gli allenamenti avevano incrementato la mia massa muscolare ma io, nonostante i consigli della nutrizionista, non riuscivo ad accettare che il mio peso salisse».
I commenti dello staff
Talvolta Agua si rivolgeva alla nutrizionista per sottoporsi a misurazioni della massa corporea. «Lei insisteva perché io mangiassi di più in allenamento – racconta – ma io non volevo. E’ assurdo, ogni giorno toglievo qualcosa in più dalla mia dieta con l’intento di perdere muscolo. Non facevo neanche più palestra e il risultato era totalmente opposto a ciò che mi aspettavo. Certi giorni andavo forte, grazie alla mia mente, perché sapevo di allenarmi bene e di fare tanti sacrifici. In quelle poche occasioni, i commenti sulla mia forma fisica, come ad esempio “che bella gamba magra”, mi davano ancor più morale e determinata continuavo a restringere la dieta».
Agua persisteva così, motivata anche dai commenti che spesso lo staff del team faceva alle sue compagne: «Nonostante stessi soffrendo, ricordo che ogni osservazione sul peso o sulla dieta mi stimolava a continuare. Una sera una persona dello staff disse alle mie compagne che stavano mangiando un dolce: “Voglio vedervi domani sulla salita”. In quel momento mi sono sentita fiera di tutte le mie rinunce, convinta che così facendo, il giorno dopo io non potevo che andare più forte di loro».
Toccando il fondo
Come abbiamo visto nel ciclismo, abbagliati dall’idea del migliore rapporto tra peso e potenza, corridori e staff spesso sottovalutano le conseguenze dell’estrema magrezza. Agua peggiorava, finché per fortuna qualcuno a lei vicino se n’è accorto.
«Le continue delusioni mi avevano fatto crollare psicologicamente -ricorda adesso – soffrivo e piangevo ogni giorno, ma cercavo sempre di nasconderlo. Alcuni momenti perdevo il controllo, mi abbuffavo e poi vomitavo. Ho avuto addirittura dei veri e propri attacchi di panico. Solo grazie al mio fidanzato, ancora oltreoceano, ho capito che avevo effettivamente bisogno di aiuto, e così mi sono rivolta ad una psicologa. Il recupero è stato molto difficile, abbiamo lavorato in squadra, io, la psicologa e la nutrizionista, ma ce l’abbiamo fatta».
Richiesta di sensibilità
Agua, come molte cicliste italiane che abbiamo intervistato, è cresciuta con la convinzione che fosse necessario essere magrissimi per ottenere risultati.
«Ho sentito molte storie – ammette – sul controllo del peso nel ciclismo italiano, ma anche da noi è così. In Colombia poi, è terribile. C’è una vera e propria generazione con l’ossessione del peso, ovunque, anche in Europa».
La storia di Agua deve farci riflettere sull’effetto che possono avere le nostre parole, anche indirettamente sulle altre persone.
«Il problema fu mio – riconosce – non biasimo nessuno, ma bisogna cambiare l’interazione tra staff e atlete. Ho sentito lo staff fare commenti positivi alla magrezza della mia compagna, che sapevo avere grossi problemi alimentari. Bisogna cambiare ed essere più sensibili e attenti a questo problema».
Il peso non è tutto
Agua ha voluto raccontare la sua dura esperienza prima con un post su Instagram, poi con questa intervista. Ha voluto sensibilizzare il mondo del ciclismo, compresi i ciclisti stessi che, come è successo a lei, soffrono ma continuano ad ignorare i segnali del proprio fisico nell’errata convinzione che il peso sia tutto.
«Prima ero molto critica ed arrabbiata con me stessa – conclude – mentalmente distrutta, fisicamente fragile e debole. Auguro a tutti quelli che vivono con queste difficoltà di ritrovare la serenità, la salute e la forza di corpo e mente».
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