A tu per tu con Zoe Backstedt, talento in crescita

18.10.2023
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Il primo anno fra le “grandi” si è concluso come meglio non poteva: Zoe Backstedt si è laureata campionessa europea U23 a cronometro e in quella cavalcata trionfale, chiusa con quasi un minuto sulla tedesca Niedermaier, molti hanno rivisto la Backstedt che fino allo scorso anno non lasciava che le briciole alle altre juniores, imponendo distacchi spesso abissali e mostrando una superiorità schiacciante. Forse la britannica aveva abituato troppo bene, perché molti anche fra gli addetti ai lavori, vedendola confusa nel gruppo durante la stagione non avevano mancato di far sentire le loro critiche, tacciandola di essere la classica meteora. Dimenticando la sua giovane età, la mancanza di esperienza, il necessario periodo di ambientamento.

Zoe non si è arresa, non si è disarmata. Nel team le hanno dato spazio e tempo, soprattutto da quando è arrivato suo padre, quel Magnus che un giorno, quando lei era ancora nel grembo di sua madre, trionfò nella Parigi-Roubaix. Ora però quella vittoria ha chiuso la bocca a tanti.

Per la britannica l’oro europeo a cronometro è stato la risposta a tante critiche
Per la britannica l’oro europeo a cronometro è stato la risposta a tante critiche

«La cronometro agli Europei – spiega Zoe – è stata un buon indicatore per la mia stagione ed è bello che sia arrivata poco prima dell’inizio del calendario del ciclocross. Ed è stato bello avere quella gara come qualcosa a cui puntare, per ritrovare la mia forma dopo una piccola pausa a metà stagione. Quindi sì, sono davvero felice di come è andata e felice della mia prestazione a Leuven».

Quanto è stato difficile il cambio di categoria?

Non direi che sia stato un grande cambiamento. L’unica vera differenza erano le distanze, decisamente superiori a quando correvo da junior. Quella è stata un po’ una sfida per me, ho avuto bisogno di abituarmi, ma mi sentivo abbastanza a mio agio, già all’inizio della stagione. Man mano ho sentito che andavo meglio, che i chilometri in più non erano un problema e che ero efficiente anche nel finale.

Al Simac Ladies Tour Zoe ha esordito con la Canyon/Sram, vincendo la classifica per giovani (foto Beth Duryea)
Al Simac Ladies Tour Zoe ha esordito con la Canyon/Sram, vincendo la classifica per giovani (foto Beth Duryea)
Tu sei alla Canyon/Sram da solamente un mese: che cosa ti ha spinto a cambiare a stagione in corso e che cosa hai lasciato all’EF Education Tibco?

EF Education-Tibco SVB si sarebbe fermata alla fine del 2023, quindi ho cercato per tempo un nuovo team. Dato che il 31 dicembre è proprio nel bel mezzo della stagione CX e vicino ai mondiali, abbiamo tutti concordato di fissare la nuova data contrattuale dal 1° settembre. Non è stato un gran cambiamento, piuttosto una scelta anticipata per fare in modo di non avere ulteriore pressione in un periodo importante come quello dell’attività invernale.

Da junior eri un’assoluta dominatrice in ogni disciplina, anche con una superiorità schiacciante e distacchi enormi: questo ha portato ad avere intorno a te una maggiore pressione?

No, non direi che ciò abbia portato a una maggiore pressione o meglio io ho fatto in modo di non sentirla. Andavo alle gare cercando innanzitutto di divertirmi e godermi i viaggi con i miei compagni di squadra e i miei amici. Quando mi diverto ottengo risultati. E un occhio attento se ne accorge osservando il mio stile di guida. E’ sempre stato così, il divertimento è alla base dei miei risultati. Quindi non direi che ci sia mai stata pressione intorno a me per andare a una gara per vincere o qualcosa del genere. Né le squadre me l’hanno fatta percepire.

Per Zoe è importante affrontare le gare in allegria, mitigando la pressione (foto Instagram)
Per Zoe è importante affrontare le gare in allegria, mitigando la pressione (foto Instagram)
Che cosa significa avere per direttore sportivo tuo padre? Rende i vostri rapporti più facili o più difficili?

Quando sono alle gare, non lo vedo davvero come mio padre, lo vedo come il mio capo, come il mio direttore sportivo. E’ il mio capo e ascolto qualunque cosa abbia da dire e cerco di mettere in pratica quel che chiede. Mi tratta come qualsiasi altra ciclista del team, poi a casa è un altro discorso…

Tu sei nata l’anno della sua vittoria alla Parigi-Roubaix: che cosa sai della sua storia ciclistica, hai avuto modo di vedere le sue imprese e quanto pensi sia diverso il suo ciclismo da quello di oggi?

Sono cresciuta seguendo l’ultima parte della sua carriera, quindi ho avuto molte opportunità di andare a vederlo correre. Ovviamente ero piccola quando lo guardavo, ma abbiamo rivisto le corse anni dopo, quando potevo comprendere. E mi racconta tante storie di quando correva e del divertimento che provava quando era in bicicletta. Quindi mi sento come se avessi vissuto la sua carriera attraverso le storie che ha raccontato e questo lo adoro davvero.

La britannica ha subito ripreso nel ciclocross, finendo quinta a Waterloo (USA) in Coppa (foto Instagram)
La britannica ha subito ripreso nel ciclocross, finendo quinta a Waterloo (USA) in Coppa (foto Instagram)
Ora sei tornata a correre nel ciclocross: il fatto di avere una stagione senza soste non ti pesa?

Non la vedrei come una stagione senza sosta, se devo essere onesta. Per me è un privilegio, poi devo dire che uno stacco l’ho fatto e anche oggi sono ancora a mezzo servizio, mi prendo del tempo a parte dalla bicicletta. E’ un anno intero di gare e il team mi ha aiutato a pianificare molto bene quando saranno i miei periodi di riposo e quante gare fare, la mia stagione è ben equilibrata.

Qual è fra tutte (strada, pista, ciclocross) la specialità che ti piace di più?

Probabilmente direi che amo di più il ciclocross, soprattutto quando è davvero, davvero fangoso. Quei giorni in bici sono semplicemente quelli in cui nessuno vuole davvero essere lì, ma poi tutti vogliono sentirsi parte dell’avventura nello stesso momento perché sono giornate davvero speciali. Ma poi di nuovo, amo anche le corse su strada e mi metto anche su una bici da cronometro, e adoro quei giorni. Quindi dico ciclocross. Ma se mai dovessi scegliere, non credo che potrei…

La Backstedt ha corso per due anni con l’EF Education Tibco, cambiando prima della sua dismissione
La Backstedt ha corso per due anni con l’EF Education Tibco, cambiando prima della sua dismissione
Secondo te c’è maggiore concorrenza su strada o nel ciclocross?

Sono due cose completamente diverse. E’ lo stesso sport, ma sono molto, molto diversi a modo loro. Quindi non direi che ci sia più concorrenza in uno che nell’altro. In una corsa su strada non si lotta per la vittoria all’inizio, mentre in una gara di ciclocross se sbagli tutto nei primi 5 minuti, la corsa è andata. Quindi sono due cose completamente diverse e non credo proprio di poterle paragonare. 

C’è una gara specifica che sogni di vincere nella tua carriera?

A ben guardare no. Potrei dire che mi piacerebbe vincere i mondiali come un’Olimpiade, la Roubaix come il Fiandre. La maggior parte delle gare in calendario mi piacerebbe vincerle un giorno, ma prima dobbiamo vedere cosa accadrà alla mia carriera.

Paladin è pronta. Per il Fiandre le sensazioni sono buone

01.04.2023
5 min
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Giovedì il volo per il Belgio, ieri la ricognizione, domani la gara. Soraya Paladin arriva al suo undicesimo Giro delle Fiandre sorretta da una buona condizione psico-fisica e con una formazione ben attrezzata che potrebbe essere l’ago della bilancia nell’economia della corsa.

La “Ronde” forse non è la gara preferita dalla 29enne di Cimadolmo, ma il bell’inizio dell’annata giustifica eventuali ambizioni personali e di squadra. Già, perché la sua Canyon-Sram parte con il ruolo di possibile sorpresa, ammesso che così si possa definire. All’orizzonte però ci sono altri appuntamenti che strizzano l’occhio alla trevigiana Paladin. Sentiamola.

Soraya Paladin si appresta a disputare il suo undicesimo Giro delle Fiandre. Miglior risultato il 12° posto nel 2019
Soraya Paladin si appresta a disputare il suo undicesimo Giro delle Fiandre. Miglior risultato il 12° posto nel 2019
Soraya, ultimi dettagli e poi sarà tempo di Giro delle Fiandre. Sei pronta?

Sì, certo. Abbiamo avuto tutte un buon avvicinamento. Per me è uno dei migliori inizi di stagione degli ultimi anni. Sono ottimista e le sensazioni sono soddisfacenti. A fine febbraio avevamo fatto una prima ricognizione del percorso dopo la Omloop Het Nieuwsblad. Gli ultimi cento chilometri fatti in maniera tranquilla proprio perché avevamo corso il giorno prima. Abbiamo testato alcuni materiali per il pavé e per capire se apportare modifiche. E poi abbiamo discusso della possibile tattica con Backstedt, il nostro nuovo diesse.

Uno che se ne intende di pietre del Nord…

Magnus è arrivato questo inverno ed è davvero molto bravo. E’ uno che in radio si fa sentire e ti tiene sempre in ritmo. Si vede che è stato un corridore. Anzi, si vede che è uno ha vinto quel tipo di gare. Ci ha dato un sacco di consigli. Ci ha detto dove correre, come prendere il pavè. Inoltre ha creato un bel clima in squadra. Non che non ci fosse prima, però adesso che io sono alla seconda stagione in Canyon-Sram noto che forse c’è un po’ più chiarezza.

Che squadra schiererete al via?

Partiamo con una formazione forte e molto equilibrata. L’intenzione è quella di arrivare alle fasi decisive con i numeri giusti. Kasia, Elise (rispettivamente Niewiadoma e Chabbey, ndr) ed io partiremo alla pari, con gli stessi gradi per fare la corsa. Andiamo tutte d’accordo. Ma abbiamo anche tre ragazze interessanti che sono particolarmente veloci, qualora dovessimo arrivare ad un sprint più o meno ristretto. Sono Bossuyt, Skalniak-Sojka e Van der Duin. Quest’ultima è stata un bell’acquisto, ci mancava una velocista come lei. In ogni caso penso che tutte noi possiamo fare bene. Cercheremo di fare gara dura. Poi vedremo come andrà e si lavorerà per quella che starà meglio domani.

Avresti voluto fare qualche gara in più prima del Fiandre?

No, a dire il vero. Personalmente non sono una che deve correre molto per trovare o mantenere la condizione. Quello è un lavoro che riesco a sviluppare bene anche a casa. Ho fatto due blocchi quasi identici. Ho corso la Strade Bianche e due settimane di allenamento. Poi Cittiglio e altre due settimane di allenamento. Per il Fiandre si parte tutte da zero. E poi è stato meglio vedere le ultime corse dal divano (sorride, ndr) perché adesso quando cadi ti fai male veramente. Meglio non avere preso rischi per non compromettere le Ardenne.

Sono quelle corse i tuoi veri obiettivi?

Sì, ma prima ci sarebbe anche la Roubaix. Ora sono riserva, ma la squadra vorrebbe farmela correre. E’ una gara che mi affascina tantissimo e che al tempo stesso mi fa un po’ paura perché lì le cadute si fanno sentire. Vedremo. Invece le classiche delle cotes sono più adatte a me. Nel trittico Amstel, Freccia e Liegi vorrei raccogliere dei risultati, specie nell’ultima che è quella a cui tengo di più. Ogni anno si alza sempre di più il livello e posso dire che i piazzamenti diventano quasi un contorno perché ormai, paradossalmente, contano più le sensazione e le prestazioni.

Cosa prevede poi il programma di Soraya Paladin?

Dovrei fare un altro periodo senza corse. Non dovrei correre la Vuelta, ma a metà maggio dovrei rientrare all’Itzulia Women (il Giro dei Paesi Baschi, ndr) e disputare la Vuelta a Burgos qualche giorno dopo. Poi decideremo cosa inserire nel mio calendario. Ad esempio, se verrà organizzato dovrei correre il Giro Donne, ma quella parte di programma la vedremo più avanti.

A Cittiglio Paladin (qui a ruota di Cavalli) ha disputato una buona prova ottenendo un bel quinto posto
A Cittiglio Paladin (qui a ruota di Cavalli) ha disputato una buona prova ottenendo un bel quinto posto
Al Trofeo Binda hai dimostrato di andare forte davanti al cittì Sangalli, proprio come l’anno scorso. Sappiamo che ti tiene sempre in considerazione. Ti ha detto qualcosa in particolare?

Il percorso di Cittiglio mi piace e sono contenta della mia prova, ma era difficile battere un’atleta come Balsamo in volata e sul quel tipo di arrivo. Ho parlato con Paolo e conosce i miei programmi. So che lui è sempre presente, sia alle gare sia telefonicamente. Non ci siamo detti nulla di particolare. Se io andrò forte tutto l’anno, soprattutto nelle gare prima degli appuntamenti con la nazionale, potrò pensare ad una convocazione per mondiale o europeo. Sono percorsi che mi si addicono e secondo me saranno salteranno fuori corse dure. Cercherò di farmi trovare in forma e guadagnarmi una chiamata.

Backstedt, dalla Roubaix alle emozioni della figlia pigliatutto

05.10.2022
5 min
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E’ proprio il caso di dire che il ciclismo a Magnus Backstedt ha dato tutto. Non solo la gloria, attraverso 12 vittorie ma soprattutto il trionfo alla Parigi-Roubaix del 2004, ma anche una vita, diversa da quella prospettata. Tramite il ciclismo ha incontrato l’amore, attraverso una ciclista come lui, Megan Hughes, nazionale britannica con un forte carattere derivato dalle sue radici gallesi. Ha costruito un lavoro, un piccolo team diventato una delle principali realtà giovanili britanniche. Ha cementato una famiglia con due figlie, Elynor e soprattutto Zoe che stanno dando nuovo impulso al ciclismo di Sua Maestà.

Zoe tra Elynor e la madre Megan: tra strada e ciclocross ha già 4 maglie iridate al suo attivo
Zoe insieme alla madre Megan: tra strada e ciclocross ha già 4 maglie iridate al suo attivo

I successi di Zoe Backstedt sono sotto gli occhi di tutti, una superiorità tale la sua da schiacciare le avversarie e quasi farle partire solo per lottare per la seconda piazza, come sottolineava Eglantine Rayer dopo la conquista dell’argento iridato. Guardando Zoe è impossibile non fare il parallelo con suo padre, vero e proprio vichingo alto quasi due metri per poco meno di 100 chili di peso. Un gigante che però si scioglie di fronte alle imprese della figlia.

Vivere da padre i successi di Zoe quanto è diverso rispetto a come hai vissuto le tue vittorie?

E’ molto diverso perché sono due mondi differenti, per quanto sembri lo stesso sport. Io ho vissuto sulla mia pelle tutta la trafila per diventare pro’, lottare anno per anno per cercare di emergere, passando tra le normali difficoltà, le sconfitte, le debolezze ma anche grandi gioie. I progressi di mia figlia li guardo da fuori, mi regala emozioni profonde ma sono molto differenti come lo sono quelle che mi regala anche Elynor. E’ interessante vedere come progrediscono e per certi versi mi accorgo anche di quanto sia duro il cammino per arrivare alle vittorie.

Zoe Backstedt in fuga a Wollongong. Struttura possente che ricorda quella del padre
Zoe Backstedt in fuga a Wollongong. Struttura possente che ricorda quella del padre
Zoe ed Elynor in che cosa sono più simili al Magnus ciclista?

Io sono sempre stato convinto che siano molto più simili a mia moglie, al suo modo di interpretare il ciclismo (Megan Hughes ha corso dal ’96 al 2000, vincendo il titolo britannico nel ’98, ndr) Ci rendono molto orgogliosi per l’impegno che ci mettono. Noi possiamo avergli dato l’esempio, ma i loro successi sono tutti farina del loro sacco.

Quando correvi, le tue figlie erano ancora molto piccole. Hanno mostrato interesse per il tuo passato?

Non so più neanche quante volte hanno visto sui computer il video della Roubaix del 2004… Zoe non era ancora nata, Elynor aveva 3 anni, era lì ad aspettarmi con la mamma al velodromo, sono immagini che non dimentico. Anche per quello quella gara per loro è speciale e spesso mi chiedevano se e quando si sarebbe potuta aprire anche alle donne. Ora potranno provarci anche loro.

Elynor e Zoe in allenamento insieme. L’iridata corre con la EF Education Tibco SVB dallo scorso agosto
Elynor e Zoe in allenamento insieme. L’iridata corre con la EF Education Tibco SVB dallo scorso agosto
Zoe ha vinto tutto da junior, temi che fra le elite subirà troppa pressione o pensi si adatterà subito?

Sicuramente, deve metterlo in preventivo, ma dalla sua c’è che non parte da zero, ha l’esempio di sua sorella che è già nel WorldTour. E’ chiaro che tutti i media e la gente la guarderanno, Zoe ha davvero dominato nei due anni da junior e questo pesa. Tante vittorie che accrescono l’attesa, che renderanno difficile l’approccio, ma io dico sempre loro che l’importante è cercare di fare sempre del proprio meglio e avere la coscienza di questo, sentirsi a posto con se stesse, il resto arriverà. Zoe dovrà abituarsi a un livello molto più alto. La pressione su di lei è tanta, gliela mette l’ambiente e magari inconsapevolmente anche noi di famiglia. Ma è anche una sfida intrigante e lei ha il talento dalla sua.

Elynor come vive la popolarità della sorella?

Sono molto legate, ma sono anche molto diverse e competitive fra loro. Zoe ha ad esempio una predilezione per il ciclocross, Elynor più ortodossa e concentrata sulla strada. Sta trovando un suo spazio alla Trek Segafredo, quest’anno ha gareggiato molto e fatto esperienze. Vive il suo sport con grande divertimento e guarda molto a se stessa. Noi la sosteniamo esattamente come la sorella.

La vittoria di Magnus Backstedt alla Roubaix 2004, con Cancellara solo 4°
La vittoria di Magnus Backstedt alla Roubaix 2004, con Cancellara solo 4°
Tu hai una grande squadra giovanile, quanti ragazzi ne fanno parte e che prospettive hanno?

Ormai sono 7 anni che il Backstedt Cycling esiste, è nato con il proposito di dare indietro qualcosa dell’immensità che il ciclismo ci ha donato e volevamo farlo attraverso le giovani generazioni. Lavoriamo con ragazzi fino alla categoria junior, seguendo il progetto della Federazione Britannica. In Gran Bretagna ci sono molti talenti, il mio interesse è portarne il più possibile alle soglie dell’attività professionistica. Io posso dare loro gli strumenti, poi starà a loro trovare la propria strada. Al contempo lavoriamo perché il ciclismo resti compatibile con la loro età, qualcosa sì d’importante, ma anche divertente.

Oggi ti piace di più il ciclismo maschile o femminile?

Sono due cose molto differenti. Quello femminile mi diverte molto perché è in continua ed enorme evoluzione, è sempre più competitivo e sta crescendo di livello in maniera esponenziale. Non saprei dire però che cosa preferisco. Diciamo che è sempre ciclismo…

Miozzo, ci racconti com’era quando c’era posto per tutti?

17.11.2021
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E’ sembrato strano anche a voi, sfogliando il pezzo su Zoe Backstedt dopo gli europei di cross, vedere la foto di suo padre Magnus primo a Roubaix con la maglia della… piccola Alessio? Era il 2004, l’anno di Cunego contro Simoni al Giro, della tripletta ardennese di Rebellin e del maledetto 14 febbraio di Rimini. La stagione successiva avrebbe inaugurato il WorldTour e per quelle squadre orgogliose di essere italiane sarebbe iniziato il declino.

La Alessio era nata qualche anno prima assieme alla Ballan per mano di Flavio Miozzo. Poi dopo un paio di stagioni, come accade spesso, i due sponsor si divisero e con Alessio rimase Bruno Cenghialta. Anni diversi, quando per fare una squadra bastavano altri budget e anche gli squadroni erano sì ricchi, ma non certo fino ai livelli attuali.

Miozzo è stato corridore, poi ha avviato la carriera da dirigente e tecnico: dalla sua Ballan nacque poi la Alessio
Miozzo è stato corridore, poi ha avviato la carriera da tecnico: dalla sua Ballan nacque la Alessio

Regole e punteggi

Oggi Miozzo è direttore sportivo del Team Colpack e con lui come sponsor c’è ancora Ballan. Gli sembra quasi strano che si voglia parlare di quel periodo, ma dopo un po’ il discorso prende il via. Perché pur parlando di quindici anni fa, sembrano passate svariate ere geologiche.

«In quel periodo – dice – a livello economico era tutto a portata di mano. Le squadre erano divise in tre fasce. Le GS1 che valevano le attuali WorldTour, le GS2 che erano le professional e le GS3 che erano le continental. C’erano regole e punteggi in base ai quali potevi accedere alle corse, non comandavano i soldi. Non era male. C’era la Coppa del mondo, c’era la classifica individuale e noi italiani eravamo sempre importanti. Ma se devo dire, la grossa differenza è sul piano umano».

Sul podio della Henninger Turm 1999, Ongarato dietro Zabel e Van Bon
Sul podio della Henninger Turm 1999, Ongarato dietro Zabel e Van Bon

Rispetto per i giovani

Poche squadre avevano alle spalle delle multinazionali. C’erano banche, lotterie, grandi aziende: tutte costrette a fare i conti col budget.

«Le cose sono cambiate – annota Miozzo – non so se in meglio o in peggio, ma sono cambiate. Si è spostato tutto verso l’alto, sia in termini di aggiornamento, sia sul piano economico e quello della preparazione. Ci sono tanta tensione e tanto stress. Non dico che prima non ci fossero, ma avevamo ritmi meno esasperati. Nei due anni con la Ballan-Alessio scoprimmo Simoni, ad esempio, e anche Tosatto. Anche allora si cercava il giovane talento, ma li facevamo crescere rispettandoli. Era un gruppo unico, fra dilettanti e professionisti. Adesso attorno ai giovani c’è un vero e proprio business, li cambiano di continuo e c’è da capire poi quanto durano. Un po’ di equilibrio non guasterebbe».

Scapin e De Rosa

Anche le bici erano… piccole e italiane, frutto dell’artigianato e di lavorazioni su misura che ci invidiavano in tutto il mondo.

«Avevamo le bici Scapin – conferma Miozzo – perché ci tenevamo ad avere il meglio del made in Italy, tanto che poi arrivò De Rosa. Le bici artigianali italiane avevano un grande appeal internazionale. Eravamo avanti a livello internazionale e facevamo il massimo per stare al passo e alla fine gli stranieri venivano a correre da fuori e gli italiani erano gli atleti più rappresentativi».

Anche Baldato ha corso con la maglia della Alessio, nata dalla Ballan
Anche Baldato ha corso con la maglia della Alessio, nata dalla Ballan

Continental sì o no

Poi la curiosità si sposta sul presente e un confronto improbabile: che differenza c’è fra una grande continental come la Colpack del 2021 e la Ballan di allora? Miozzo un po’ ci pensa, poi però la risposta è quella che ci aspettavamo.

«A livello di organizzazione e mezzi – dice – la Colpack vale una professional di quegli anni. C’è da 30 anni, è ben strutturata e ha alle spalle un progetto solido. Ma c’è una grossa differenza. Le GS1 e le GS2 erano squadre di professionisti, seguivano le regole Uci, rispettavano la Legge 91 del 1981 sul professionismo e pagavano gli stipendi. Anche le GS3 erano professionistiche. La Mapei giovani di Pozzato era di professionisti con gli stessi minimi di stipendio. Oggi non è così. Secondo me tutte le squadre di dilettanti dovrebbero essere continental, ma con le stesse tutele che c’erano vent’anni fa. Non si può andare a peggiorare…».

Con un padre così, che Backstedt ti aspettavi?

07.11.2021
6 min
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Lei vinceva il mondiale di Leuven e intanto suo padre Magnus Backstedt nella postazione di Eurosport piangeva. Il vincitore della Roubaix 2004 e di una tappa al Tour di colpo aveva smesso di parlare, lasciando il microfono a Marty, compagno di tante telecronache.

«E’ un momento di grandissimo orgoglio – queste le sue parole dopo un silenzio durato quanto l’ultimo chilometro – ho le lacrime che mi scendono sul viso commentando questo giorno e guardando queste immagini. Zoe ha quel cambio di ritmo su cui si allena così tanto ed è naturalmente molto dotata. Non appena riesce a scattare… guardatela quanto è emozionata…».

I ricordi di Leuven 2021 tornano a galla mentre Zoe Backstedt l’ha fatto nuovamente ieri agli europei di ciclocross, categorie donne junior, lasciandosi indietro l’olandese Bentveld per più di un minuto.

Storia di Elynor e Zoe

In realtà le figlie del gigante svedese sono due ed entrambe fortissime. Nel 2019 hanno vinto entrambe la Gand-Wevelgem di categoria: Elynor quella under 19, Zoe fra le under 17. Solo che mentre la più piccola quest’anno si è impadronita della scena, la più grande Elynor ha vissuto un anno di adattamento alla categoria elite con la maglia Trek-Segafredo, dopo aver perso tutto il 2020 per una frattura alla gamba rimediata a maggio. Andava in mountain bike con suo padre nei dintorni di Cardiff, è caduta e ha sentito il crac. Non è servito l’intervento, ma alcune settimane di stop assoluto e, complice il Covid, addio stagione.

Elynor ha un ruolo molto importante per Zoe: le due sorelle Backstedt hanno tre anni di differenza, ma sono unitissime. In una famiglia così l’argento magari non fa notizia, ma poco prima di vincere l’oro di Leuven, Zoe ha conquistato l’argento della crono iridata a Bruges. Ma non era affatto sicura di farcela.

«Mi ha ancora convinto mia sorella – ha raccontato nella conferenza stampa – parlare con lei nell’ultima settimana ha davvero calmato i miei nervi in gara. Essere in grado di parlare con lei e avere una voce amichevole aiuta davvero. Ha più esperienza di me, quindi posso chiederle ogni cosa. Ad esempio quanto sia difficile scendere la rampa di partenza e quanto spingere nei primi metri di gara…».

Come su strada a Leuven, una sua azione da lontano ha premiato Zoe Backstedt
Come su strada a Leuven, una sua azione da lontano ha premiato Zoe Backstedt

C’è anche la mamma

Quindi, riepilogando: un padre ex campione, due figlie che promettono di diventarlo e anche la mamma non è immune dal… vizietto della bici. Megan Huges infatti ha corso per quattro stagioni fra le elite fra il 1996 e il 2000, vincendo il titolo nazionale britannico nel 1998. Non un grande palmares, probabilmente in casa le toccherà abbassare lo sguardo, ma si capisce benissimo come mai le trasferte e lo stile di vita imposto dal ciclismo non siano assolutamente un peso per la famiglia che risiede a Pontyclun, nel Galles sud-orientale.

«Per anni è stato un po’ un incubo logistico – racconta il capostipite – ma abbiamo fatto tutto ciò che serve alle ragazze per inseguire i loro sogni. Ovviamente amano il ciclismo e farne parte. Ma in genere non siamo una famiglia da divano e televisione. Ci piace lo stile di vita frenetico. Avevo 12 anni quando ho iniziato ad andare in bicicletta. Un mio amico mi chiese di seguirlo e io andai. Mi ci vollero tre mesi per diventare campione nazionale. Elynor voleva una bici da corsa quando aveva quattro anni. Il club locale stava tenendo una sessione per imparare a usarla e abbiamo deciso di portarla per vedere se le piaceva. Ci sono voluti un paio di mesi prima che gareggiasse in alcune competizioni minori e da allora non ha più perso tempo».

Paura del traffico

Poi è arrivata Zoe, più piccola, ma con qualcosa nello sguardo che ha fatto capire ai genitori che ci fosse un’altra atleta in arrivo. 

«A 16 anni, Elynor si allenava sei o sette giorni alla settimana. Zoe invece ne aveva 13 e andava in bicicletta solo quando aveva voglia. Le giornate erano fatte di scuola e bici, magari facendo i compiti nell’itinerario fino al velodromo, per essere poi pronte a partire in bici». 

Eppure la famiglia ha vissuto anche momenti poco felici, come la collisione con un’auto che nel 2017 ha coinvolto le ragazze. Da quel giorno, con Elynor costretta a interrompere gli allenamenti per otto settimane a marzo a causa di una commozione cerebrale, gli automobilisti negligenti sono diventati una preoccupazione, al punto che a volte Magnus e Megan si organizzavano a turni per seguirle.

«Sono uscito a lungo con le ragazze – ha raccontato Magnus – se sono a casa lo faccio ancora. Ci sono un sacco di auto sulla strada e automobilisti che guidano come matti. La gente sembra avere sempre meno pazienza con i ciclisti e tutti si infilano appena vedono il varco. Per noi è ancora una grande preoccupazione».

Nel 2004 lo svedese correva nella piccola Alessio di Flavio Miozzo: altri tempi, prima del WorldTour
Nel 2004 lo svedese correva nella piccola Alessio di Flavio Miozzo: altri tempi, prima del WorldTour

Una coppia esplosiva

Si suole attribuire il primo lampo della grandezza delle sorelle Backstedt a una gara in pista svoltasi a Newport, dove Magnus gestisce un centro di allenamento, proprio nel 2017 dopo l’incidente, le difficoltà e le paure. 

Gareggiando contro ragazze di quattro anni più grandi, Zoe divenne campionessa della corsa a punti giovanile, battendo la sorella maggiore nella volata per l’oro.

«Si aiutano a vicenda per fare bene – ha raccontato Magnus – Elynor ha pianto non per il secondo posto, ma perché era felice per Zoe. C’è un po’ di rivalità e giustamente, ma si spronano a vicenda. Ed è incredibile che le ragazze amino così tanto ciò che la loro madre ed io abbiamo amato per tutta la vita. La parte più difficile adesso l’abbiamo noi quando diventiamo nervosi, perché vogliamo che facciano sempre il meglio, soprattutto se una ci riesce e l’altra no».