«Il modo per batterli è non avere paura»: la ricetta di Asgreen

19.01.2022
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Ci sono quelli che dopo un po’, restando sempre dietro ai vincitori, si convincono di aver trovato il loro posto. E poi ci sono quelli come Kasper Asgreen che continuano a cercare il modo per passargli avanti e alla fine ci riescono. E’ questa, per sommissimi capi, la storia del danese che l’anno scorso ha vinto Harelbeke e Fiandre (in apertura con Van Aert e Van der Poel nelle fasi decisive) e che nel 2017 si era annunciato al grande gruppo vincendo la crono agli europei U23 di Herning, corsi a un’ora d’auto dalla sua casa di Kolding nella regione danese di Syddanmark.

Foto e interviste

Asgreen, classe 1995, è passato professionista a vent’anni nel 2015 e solo dal primo aprile del 2018 è passato nella allora Quick Step Floors, dando il suo contributo nelle vittorie della cronosquadre alla Adriatica Ionica Race e poi al mondiale di Innsbruck. Ma la vera rivelazione, si diceva, è avvenuta al Fiandre, con il secondo posto del 2019 dietro Bettiol e finalmente la vittoria del 2021 nella volata a due contro Mathieu Van der Poel. Alzi la mano chi quel giorno avrebbe scommesso un euro sulla vittoria del danese…

«Se da quel giorno – chiede – il mio ruolo in squadra è cambiato? Faccio più interviste e mi scattano più foto, sono finito sui manifesti, ma per il resto i rapporti e il rispetto sono gli stessi di prima. Mi piace vincere corse e provo a farlo».

Ai mondiali di Bruges, Asgreeen ha ottenuto il 4° posto nella crono alle spalle di Ganna, Van Aert ed Evenepoel
Ai mondiali di Bruges, Asgreen ha ottenuto il 4° posto nella crono

Obiettivo maglia gialla

Sta seduto di tre quarti su un divanetto bianco, con la mascherina a coprire la barba. Difficilmente guarda negli occhi, spesso distoglie lo sguardo come a inseguire il filo del discorso.

«Ho ricominciato con lo stesso copione di sempre – risponde – con le classiche, il Tour e i mondiali. Era da un po’ che il Tour non cominciava con una crono e questa si svolgerà addirittura in Danimarca, il mio Paese. Il livello sarà altissimo, chiaramente, e la prima maglia gialla sarà l’obiettivo di tutti i cronoman più forti. Ma questo non cambia le mie motivazioni. Sarà più bello. Il percorso sarà veloce per 8-9 chilometri, poi ci sarà una sezione tecnica che richiederà tanta potenza. Il tempo speriamo che sarà decente, con temperature fra 24 e 25 gradi. Non mi piace la pioggia…».

Al ritiro della Quick Step a Calpe c’erano troupe venute per Asgreen dalla Danimaraca
Al ritiro della Quick Step a Calpe c’erano troupe venute per lui dalla Danimaraca

Il contratto più lungo

Lo scorso inverno, anche lui è volato in California con Cattaneo ed Evenepoel per migliorare la posizione sulla bici da crono nella galleria del vento di Specialized, avendo alle spalle il titolo nazionale, il sesto e il secondo posto nelle due crono del Tour e il quarto ai mondiali, dietro Ganna, Van Aert e lo stesso Evenepoel.

«La crono è un discorso individuale – dice – e tutti in questo ciclismo vogliono due maglie: la gialla e quella iridata. La seconda mi è sfuggita per 46 secondi che non sono pochi, sulla prima sto lavorando, ma non sto troppo tempo a pensarci. Però per questo partirò più tardi rispetto alle scorse stagioni, per tenere la forma più a lungo nell’anno. In più debutterò all’Amstel Gold Race. Questo fatto di aggiungere elementi al programma mi piace e avere il contratto fino al 2024 mi dà la tranquillità di provare senza l’ansia di non riuscire. E’ un bello stato mentale».

Al Fiandre 2021, Asgreen ha gestito con freddezza (e freschezza) il duello con Van der Poel
Al Fiandre ha gestito con freddezza il duello con Van der Poel

L’età di Van der Poel

Se però vuoi mettere alla prova qualcuno per capire se la grande vittoria sia stata conseguenza del lavoro o un colpo di fortuna (in realtà parlare di fortuna dopo 254 chilometri sui muri delle Fiandre è un bell’ardire), l’unica cosa da fare è metterla in dubbio. Come hai fatto a uscire vivo dal duello con Van Aert e Van der Poel?

«Ci sono in giro – risponde questa volta fissando dritto – quattro o cinque corridori difficili da battere, il meglio di questa generazione. Io ero fra loro, ho la stessa età di Mathieu e lo conosco bene, e un anno in meno di Van Aert. Ci siamo sfidati più volte e osservandoli, ho capito che è possibile vincere, non bisogna averne paura. Anche se non sono solito farlo, ho riguardato la corsa, non tutta ma il finale. Ero lì, mi sentivo bene, avevo intorno i miei compagni. Sapevo che se hai buone sensazioni dopo così tanti chilometri, puoi davvero farcela. Ci ho creduto. Non sai mai come può finire, ma devi credere di poterlo fare. E allora a volte succede».

ESCLUSIVO / Nell’atelier Santini dove nasce la maglia gialla

14.10.2021
6 min
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E’ primavera. Dopo una serie di incontri di team building in cui ai dipendenti del Maglificio Santini sono state spiegate varie tecniche per aumentare la coesione e l’interazione, la convocazione nel salone dei meeting non è parsa strana a nessuno. Pare che si tratti dell’evento finale, quindi arrivano alla spicciolata e vanno tutti a sedersi sulle sedie, aspettando l’intervento del mental coach di turno. Nessuno può immaginare quello che sta per accadere.

Il primo annuncio infatti dice che devono prepararsi per affrontare una grande sfida. Poi parte un video, che si conclude con l’immagine di una maglia gialla. E un altro annuncio: «Faremo la maglia gialla del Tour per i prossimi cinque anni».

In Santini vengono a saperlo così. Poi si aprono le porte che introducono allo showroom e sui tavoli disposti per un buffet, bottiglie di spumante e bignè rigorosamente gialli alla crema celebrano il traguardo raggiunto.

La forza delle persone

«Conquistare la maglia gialla – spiega Monica Santini, Ceo dell’azienda di Lallio – è la vittoria di una filosofia. Quella di pensare che ancora oggi si possono disegnare, sviluppare e produrre in Italia capi per ciclismo estremamente innovativi. Questo è quello che ci differenzia dagli altri brand, la nostra passione, il nostro dna 100 per cento ciclistico, che trasferiamo nei nostri prodotti. Perché la nostra forza sono le nostre persone».

Marketing a tutto gas

Gli uffici del piano alto sono in fermento. I creativi al computer, i commerciali al centro di telefonate a raffica. Chiamano dalla Gazzetta dello Sport, c’è in coda anche L’Equipe. Osserviamo il quartier generale alla vigilia della presentazione del Tour.

Stefano Devicenzi del markenting racconta. La famiglia Santini è volata a Parigi perché oltre ai percorsi sarà svelata anche la nuova maglia gialla, divenuta italiana dopo gli anni di Le Coq Sportif. Un segreto tenuto a stento, che ha resistito fino a una decina di giorni fa, quando da fonte Aso la notizia ha cominciato a girare. In azienda, agli esterni, dal giorno dei bignè è stato fatto firmare un patto di riservatezza che ha retto in modo encomiabile.

Il disegno della maglia è stato vagliato da Aso e una volta approvato passa alla produzione
Il disegno della maglia è stato vagliato da Aso e una volta approvato passa alla produzione

Un simbolo assoluto

Noi siamo venuti in esclusiva nella sede di Lallio per mostrare come nasca il trofeo più bello del ciclismo mondiale. Avete fatto caso che sul podio di Parigi al vincitore viene consegnata un piccolo trofeo, ma che il vero simbolo resta per esplicita volontà di Aso la maglia gialla?

«La maglia è il trofeo, si legge all’interno del suo dorso – è un simbolo che tenete fra le mani. Nessun’altra maglia nel mondo dello sport è portatrice di una storia così ricca come la Maglia Gialla. Questo non è solamente il simbolo della vittoria, ma ugualmente della storia e della cultura di una Nazione e di uno sport che solamente alcuni campioni eccezionali hanno meritato di indossare. E’ con grande fierezza che possiamo affermare che la maglia è stata interamente confezionata a mano nella nostra azienda di famiglia di Bergamo, in Italia, dove vestiamo la passione del ciclismo fin dal 1965. Felicitazioni. Questo trofeo è tuo».

Subito sotto, alla fine della corsa nello spazio per il nome, sarà stampato quello del vincitore del Tour de France 2022. Un oggetto esclusivo e personalizzato.

Nasce la maglia

L’iter di produzione della maglia è semplicissimo, ma non è affatto facile. Il reparto grafica ha sviluppato nel computer il disegno, inviando varie soluzioni in Francia per l’approvazione definitiva. Ci sono in ballo tutte le maglie di classifica per il Tour e il Tour Femmes, oltre a tutte quelle delle corse Aso, dalla Parigi-Nizza in poi.

Dal computer del reparto grafico, il file viene condiviso con i colleghi che lo stamperanno al plotter: una stampante enorme che trasferisce su carta colori e scritte. Il tempo per l’uscita di una maglia è valutabile circa in un paio di minuti.

Il rotolo di carta su cui la maglia viene stampata viene a questo punto portato in produzione e sul disegno vengono poggiati i pezzi di tessuto bianchi, sagomati in base alla parte di maglia cui fanno riferimento. Davanti, dorso, colletto, maniche, fianchi. Il doppio strato di carta e tessuto viene quindi infilato in una macchina termica che procede alla stampa sublimatica. La temperatura all’interno del rullo fa sì che il colore e le scritte si trasferiscano dalla carta al tessuto, che sempre grazie al colore dilata le sue fibre e assorbe tutto. In questo modo, all’uscita dalla macchina si hanno già pronti tutte le parti di cui si compone la maglia.

Le parti che compongono la maglia sono pronte. Il passo successico è la cucitura

Quegli elastici gialli

Ciascuna di esse deriva da tessuti diversi in base alle caratteristiche richieste, in termini di elasticità, vestibilità e traspirabilità. Il tessuto di base è riciclato, come nella maggioranza della produzione Santini. Ogni dettaglio è giallo, dalla lampo agli elastici in fondo alla maglia.

E proprio a proposito di elastici, quelli in fondo alle maniche hanno una forma singolare: la forma dell’Arc de Triomphe. L’unico dettaglio che non è giallo è il logo Santini sulla schiena, che di certo aumenterà la visibilità per il marchio. Da notare anche che le iniziali di Henri Desgrange, solitamente… appuntate sulla maglia come con un tratto di penna, ora sono su una sorta di ceralacca in basso a sinistra sulla maglia.

Il giallo che mancava

«Quello del Tour – dice con orgoglio ancora Monica Santini – è sempre stato un sogno che in azienda è girato fin da quando ero bambina. Mio padre ha sempre visto il Tour come LA gara che ancora mancava al nostro palmares, visto che abbiamo fatto fatto il Giro d’Italia per tanti anni e i campionati del mondo dal 1988. E’ stato un percorso cominciato quando abbiamo sottoscritto la sponsorizzazione della Vuelta, che comunque è parte delle gare organizzate dalla ASO. Abbiamo cominciato a dimostrare che potevamo essere un partner affidabile e propositivo. Dopo la Vuelta è arrivato il Deutschland Tour. E quando si è aperta la fase di negoziazione per il rinnovo del contratto ci siamo resi disponibili e siamo riusciti a chiudere».

Gli uffici si stanno svuotando, il grande giorno sta per arrivare. La maglia gialla parlerà italiano per i prossimi cinque anni. In un modo o nell’altro, saliremo sul podio di Parigi…

La maledizione gialla in un Tour bellissimo, ma privo di logica

04.07.2021
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«Non dobbiamo dimenticare – insiste Alaphilippe – che l’obiettivo numero uno è vincere le tappe, non vincere il Tour. Voglio assaporare quello che ho fatto finora, perché non si può sempre vincere». La maledizione non è iridata, ma gialla. E se sei francese può schiacciarti, perché quasi non trovi il modo di sottrarti. Così adesso sono tutti a chiedersi che cosa sia successo ad Alaphilippe, quando probabilmente è stato tutto un equivoco dall’inizio. E forse, pur non conoscendo i meccanismi olimpici francesi, Julian farebbe meglio a prendere la palla al balzo, rivalutando la pista olimpica e smarcandosi da un gioco troppo grande e privo di logica.

La lotta con Vdp per la gialla? Bella, ma una vera maledizione: che spreco di energie…
La lotta con Vdp per la gialla? Bella, ma una vera maledizione: che spreco di energie…

Maledizione gialla

«Il Tour, il Tour… ». Suo cugino e allenatore Frank alza gli occhi al cielo, perché sa esattamente in quale trappola perversa si sia cacciato il campione del mondo.

«E’ normale che sia molto importante per le squadre francesi – dice – ma a volte va a scapito dei corridori. Prima di rinnovare con la Deceuninck-Quick Step, Julian ha ricevuto proposte da squadre che lo volevano per puntare alla classifica del Tour. Forse è anche per questo che non ha accettato. Se avesse debuttato in una squadra francese, dove probabilmente si sarebbe preparato soltanto per il Tour a discapito delle classiche, avrebbe fatto questa carriera?».

Eppure ci sono cascati anche loro. Lo dicemmo alla vigilia: spesso le scelte dei corridori sono la conseguenza degli interessi di squadra, ma poi tocca a loro assecondare o meno certe ambizioni. Quando decise di mollare il progetto olimpico di Voeckler per scegliere il Tour in maglia iridata, avrebbe potuto benissimo dire che lo avrebbe vissuto alla giornata. Puntando alle tappe e sganciandosi dalla perversa roulette della classifica, come suggerito da Bettini. Invece no. Così che adesso, stemperato il ricordo del debutto con vittoria e maglia gialla, siamo tutti a chiederci dove sia finito Alaphilippe.

Blackout nella crono

Ovviamente Julian non è quello di tre anni fa e forse bisognerebbe chiedersi se non sia stato piuttosto quell’anno l’eccezione non ripetibile. Non è possibile che il corridore che dominò la cronometro di Pau e chiuse al quinto posto fosse un atleta in stato di grazia, capace di superarsi prima di tornare nei suoi panni di grande cacciatore di classiche? Credere il contrario è il primo segno della maledizione gialla.

«In effetti alle prime pedalate nella crono di Laval (iniziata al secondo posto in classifica, con soli 8” da Van der Poel, ndr) – ha detto quel giorno – ho sentito subito che le gambe non erano grandi. Pur dando il massimo, ho sentito alla radio che non ero in corsa. Ho capito subito che sarebbe stato complicato. Il percorso mi piaceva, ma sono state le gambe a parlare e non ho vissuto una bella giornata. Devo recuperare, analizzare perché le cose non andavano».

Quanto vale un Tour in maglia iridata? Tanto. e a tutti i livelli
Quanto vale un Tour in maglia iridata? Tanto. e a tutti i livelli

Scelta necessaria

Eppure, nonostante i tanti segnali e la necesità di analizzarli, si è andati avanti a cercare il recupero, con quell’idea di classifica così difficile da mollare, mentre Van der Poel viveva la sua favola gialle e Van Aert si trasfigurava per scalare posizioni, trasformando il Tour in una battaglia quotidiana. In una trappola infernale, in cui Pogacar ha scelto di non cadere.

«Potrebbe non essere il miglior Julian in questo momento – ha detto ancora suo cugino dopo l’interminabile tappa di Le Creusot – ma rimango ottimista. Sono qui a sperare che la cronometro sia stata un giorno di affaticamento. Da allora, le gambe sono migliorate sempre di più. Dovrebbe continuare a cercare di seguire i migliori o scegliere le tappe? E’ un argomento che stiamo iniziando ad affrontare insieme».

A Le Creusot non ha preso la fuga e alla fine ha sprintato con Mas
A Le Creusot non ha preso la fuga e alla fine ha sprintato con Mas

Il momento di smarcarsi

Anche per il campione del mondo il riposo giunge provvidenziale, anche se di mezzo c’è ancora la… tappetta esplosiva di oggi che porterà i corridori a Tignes, mettendo in fila il Col de Saisies, il Col du Pre, il Cormet de Roselend e l’interminabile salita verso Tignes. Lassù, dove Roglic ha svolto gran parte della preparazione al Tour, si tireranno le somme di una prima settimana esplosiva, stupenda e illogica. In cui i cacciatori di tappe sono stati dipinti come possibili conquistatori di maglie. E per paura che ciò fosse possibile, si sono mandati a monte ragionamenti e tattiche che avrebbero dovuto consigliare calma agli uomini di classifica. Ma se sei un uomo da classiche come Alaphilippe, per impedirti di assecondare l’istinto e seguire Van Aert e Van der Poel, avrebbero dovuto legarti. Peccato che nessuno sia riuscito a farlo. Magari saranno proprio i 18’51” di ritardo in questa classifica così strana a rimettere il campione del mondo in carreggiata. Che vinca due tappe poi dia ascolto a Bettini e voli a Tokyo. Non c’è altro motivo per cui tenere duro.

Troppo giallo, la Jumbo cambia maglia per il Tour

20.04.2021
4 min
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Il Tour è il Tour, nel bene e nel male con tutta la sua grandeur, i suoi vizi e anche la sua innegabile storia. La Gran Boucle ha sempre tenuto molto alle sue tradizioni, a cominciare dalle maglie. E quella gialla ha un qualcosa di sacro. E in Francia la tutelano ad ogni costo.

La maglia scelta dai fans che i corridori della Jumbo-Visma useranno al Tour
La maglia scelta dai fans che i corridori della Jumbo-Visma useranno al Tour

Roglic in grigio

Per questo motivo, lo scorso anno la Jumbo Visma, tanto più che con lo squadrone che si ritrovava era sempre davanti, è stata additata per l’eccessiva somiglianza con la maglia del leader, appunto la gialla. La maglia del team olandese è per la maggior parte proprio gialla e questo non consentiva di riconoscere il leader al primo colpo d’occhio. Nella foto di apertura si fa fatica a riconoscere Roglic, primo in classifica, tra i suoi compagni. Serve quel secondo in più. Un secondo di troppo. Tuttavia quelle bande nere laterali avevano consentito al team di essere ammesso regolarmente in corsa con la divisa standard.

Quest’anno però per ovviare ad ogni possibile polemica e cogliendo la palla al balzo, la stessa Jumbo ha lanciato un concorso online. Si poteva votare la maglia che lo sloveno e i suoi compagni avrebbero indossato da Brest a Parigi. Sul piatto tre opzioni.

«Dopo l’ultima edizione del Tour de France – ha detto il team manager Richard Pluggeabbiamo parlato con Aso per trovare una soluzione e rispettare la maglia gialla. Noi e i nostri sponsor principali, Jumbo e Visma, abbiamo deciso di modificarla. Abbiamo colto questa opportunità per coinvolgere tutti gli appassionati di ciclismo nella nostra squadra».

E infatti in una settimana hanno votato quasi 60.000 appassionati e il verdetto è stato la maglia che vedete sopra. Sfondo grigio, richiami in giallo e le classiche fasce nere ai lati.

In più, a chi aveva votato e voleva acquistare la maglia, veniva scritto il proprio nome sulle bande nere laterali.

Pantani in rosa nella Grande Boucle del 2000 (foto Instagram)
Pantani in rosa nella Grande Boucle del 2000 (foto Instagram)

Once e Mercatone 

Ma il cambio di casacca della Jumbo non è il solo nella storia del Tour. Semmai è il primo al livello social.

Negli anni ’90-2000 altre due squadre in particolare furono chiamate ad interventi cromatici sostanziali. Una di queste fu la Once di Zulle e Jalabert. La squadra di Manolo Saiz era completamente gialla con una banda nera sui fianchi. A ben pensarci era molto simile a quella della Jumbo, ma quando si andava alla Grande Boucle diventava completamente rosa, fatte salve le bande nere, è chiaro.

Ma soprattutto c’è un’altra squadra che cambiò colore alla sua maglia: la Mercatone Uno di Marco Pantani. Quella del team romagnolo era “meno” gialla rispetto a quella della Once. O meglio, la sua tinta non era così uniforme. Certo però che il giallo dominava e non solo la maglia, ma anche i pantaloncini. Ebbene per il Pirata e i suoi compagni, la divisa nel Tour de France del 2000 divenne completamente rosa, omaggiando di fatto anche la maglia rosa. Insomma un po’ di Giro glielo portammo! La matrice della scelta del rosa infatti fu diversa da quella della Once, legata più a motivi di visibilità e marketing. La Mercatone voleva “ricordare” il Giro, tra l’altro vinto poche settimane prima con Garzelli.

Oltre a questi cambi, alcuni team, ma in tempi più recenti, hanno modificato le loro maglie per il Tour ma per questioni di marketing. Magari facendole passare per motivazioni prettamente tecniche, come la Sky che da nera diventava bianca per “contrastare il caldo”.

La prima maglia gialla del 1919…
La prima maglia gialla del 1919…

Il giallo nel 1919

Infine qualche piccola curiosità in merito proprio alla maglia gialla. Questa fu istituita nel 1919. Fu un’idea dell’allora direttore ed organizzatore della corsa, Henri Desgrange, proprio per distinguere al volo il leader, che fino a quel momento indossava una fascia verde al braccio, un po’ come i capitani delle squadre di calcio.

Ma c’è una motivazione alla base di questa scelta, cioè di riconoscere al volo il primo in classifica. Le tappe all’epoca erano lunghissime e partivano ancora prima dell’alba, quindi al buio. Non era facile, anche per gli avversari, individuare il primo. Non si correva tutti i giorni, ma uno sì e due no. Immaginate frazioni di 350-450 chilometri su quelle strade e con quelle bici. La scelta del giallo fu legata poi al colore delle pagine del giornale L’Auto-Vélo che di fatto organizzava la gara, prima che passasse a L’Equipe. Per la cronaca il primo ad indossarla fu il francese Eugene Christophe e, contrariamente a quel che si possa pensare, la maglia gialla nacque a Tour iniziato. In pratica fu un’idea “cotta e mangiata”, nei due giorni di pausa tra una tappa e l’altra.