Coppa del mondo ciclocross, Marceddì, Terralba, Sardegna, Lucinda Brand

La Sardegna di Lucinda, quasi un debito d’onore

07.12.2025
5 min
Salva

MARCEDDI’ – Sin dal mattino si era capito che Lucinda Brand fosse una sorta di eroina locale. I suoi giorni dello scorso anno, quando annullata la gara rimase per fare lezioni ai bambini, non sono stati dimenticati. I sardi sono gente grata e quando l’hanno vista tornare, si sono sbracciati. Hanno disegnato striscioni che inneggiavano il suo nome. E quando l’hanno vista avvantaggiarsi spingendo forte, l’hanno incitata anche più di quanto abbiano fatto con le atlete italiane di cui magari non conoscevano il nome.

Lucinda Brand ha vinto la prova italiana di Coppa del mondo accelerando da seduta con la grande potenza di cui dispone. Ha scavato un solco fra sé e le due connazionali alle sue spalle: Shirin Van Anrooj che ha tirato sempre l’inseguimento e Aniek Van Alphen, che nell’ultimo giro ha ringraziato ed è andata a prendersi il secondo posto. Dopo aver tagliato il traguardo e prima delle interviste televisive, Brand si è guardata intorno, ha visto il mare e si è messa in acqua per togliersi di dosso la sabbia e il fango. Inutile sottolineare che gli obiettivi dei fotografi si siano avventati e l’inquadratura è diventata ancora più suggestiva quando al quadro si è aggiunta anche Van Anrooij. Compagne di Lidl-Trek e di cross con la Baloise Glowi Lions.

Partenza alle 13,15 dal porticciolo di Marceddì: 16 gradi
Partenza alle 13,15 dal porticciolo di Marceddì: 16 gradi
Partenza alle 13,15 dal porticciolo di Marceddì: 16 gradi
Partenza alle 13,15 dal porticciolo di Marceddì: 16 gradi

Lucinda Brand la agganciamo dopo l’antidoping ed è sorridente come quando si guardava intorno sul podio. C’è il tempo per poche domande, perché poi partirà la gara degli uomini e si dovrà correre di nuovo fra pineta, mare e prati zuppi d’acqua. Lei sorride, i registratore cattura le risposte.

Sei sembrata un’eroina locale, che effetto fa avere così tanti tifosi in Sardegna?

E’ davvero bello vedere come tutti abbiano fatto il tifo per me e i ragazzi del club di qui super entusiasti. E’ bello vedere che il nostro sport non è così popolare solo vicino a casa, nel Nord Europa, ma anche in luoghi così lontani…

Che tipo di gara è stata?

Piuttosto difficile. E’ un percorso super veloce, ma c’erano alcuni settori con la sabbia e alcuni passaggi sul fango davvero difficili. Ovviamente questo si somma e soprattutto se non hai la linea perfetta, ti mette in difficoltà. Rallenti nel fango e poi non è mai facile tornare a fare alte velocità. Penso che sia strano da dire, ma è stato bello avere così tanta acqua sul percorso, perché ci ha permesso di mandare via un po’ di sabbia.

Sei venuta qui perché dovevi tornare dopo l’anno scorso?

Sì, più o meno è andata così. Voglio dire, era giusto farlo, no? L’anno scorso non siamo riusciti a correre e volevo comunque provarci un’altra volta. In più venire in Sardegna si adattava al mio programma e questa ovviamente era la cosa più importante. E’ stato bello.

Con la vittoria di Marceddì, Lucinda BRand ha colto la 9ª vittoria stagionale
Con la vittoria di Marceddì, Lucinda Brand ha colto la 9ª vittoria stagionale
Con la vittoria di Marceddì, Lucinda BRand ha colto la 9ª vittoria stagionale
COn la vittoria di Marceddì, Lucinda Brand ha colto la 9ª vittoria stagionale
E’ strano correre con sedici gradi nel pieno dell’inverno?

Sono condizioni diverse, ovviamente, ma anche a Benidorm troveremo una situazione simile. Inoltre, per fortuna, all’inizio della stagione il tempo è ancora piuttosto bello anche nei Paesi Bassi e in Belgio. Quindi da una parte ci siamo abituati, dall’altro questo è un clima diverso e per questo penso che sia stato divertente venire e trovare che aveva piovuto tanto anche qui.

Tre olandesi sul podio, che cosa significa?

I Paesi Bassi sono davvero forti, soprattutto con le donne. Fortunatamente in questa stagione abbiamo già avuto parecchi podi internazionali, è anche bello vedere il proprio Paese che si comporta così bene. Ma sono anche felice quando abbiamo altre nazionalità sul podio perché è importante per lo sport in genere che più nazionalità che lottino per la vittoria.

Ora andrai al ritiro della Lidl-Trek in Spagna?

No, ne ho già fatto uno. Ora torno in Belgio, mi rimetto a posto e mi preparo per le prossime gare di cross.

Che cosa vuoi dire ai tuoi tifosi sardi?

Prima di tutto voglio salutarli. E poi adesso potrebbero essere loro a venire lassù per vedere l’atmosfera e come funziona il ciclocross da quelle parti. E però devo ringraziarli per aver messo a nostra disposizione il camper, il gazebo e le strutture di questa trasferta. Per noi si è trattato solo di volare ed è molto facile affrontare una trasferta quando si ha tanto appoggio.

Overijse incorona la Casasola, una prima storica

Overijse incorona Sara Casasola, una prima storica

27.10.2025
5 min
Salva

Le avvisaglie c’erano, ma forse non così evidenti da far pensare alla grande impresa compiuta ieri da Sara Casasola. La friulana (in apertura, foto Cor Vos) iscrive il suo nome nell’albo d’oro della classica di Overijse, tappa del Superprestige. L’azzurra della Crelan-Corendon è la seconda italiana capace di vincere una tappa nella prestigiosa challenge dopo la Arzuffi, ma mai era avvenuto in quello che è considerato uno dei templi del ciclocross mondiale.

Prima vittoria per la Casasola nel Superprestige, con 28" sulla Brand e 37" sull'altra olandese Van Alphen (foto Facebook)
Prima vittoria per la Casasola nel Superprestige, con 28″ sulla Brand e 37″ sull’altra olandese Van Alphen (foto Facebook)
Prima vittoria per la Casasola nel Superprestige, con 28" sulla Brand e 37" sull'altra olandese Van Alphen (foto Facebook)
Prima vittoria per la Casasola nel Superprestige, con 28″ sulla Brand e 37″ sull’altra olandese Van Alphen (foto Facebook)

Un’impresa per il ciclocross italiano

I numeri dicono che l’impresa rappresenta quasi uno spartiacque nella carriera di Casasola, che sul traguardo di Overijse ha preceduto una maestra come Lucinda Brand, al suo 44° podio consecutivo, non senza un pizzico di fortuna vista la caduta dell’olandese. La portata dell’impresa è ancora da assimilare, quando risponde al telefono dal suo appartamento belga appena rientrata dalla gara.

«Era un percorso abbastanza duro – racconta – dove imposti il tuo passo, con una salita piuttosto tecnica, quindi ho cercato di stare davanti. La Brand ha provato più volte a fare forcing, ma sono riuscita a rimanere sempre attaccata e ho provato un paio di volte anch’io a metterle un po’ di pressione. Lei andava forte ed ero un po’ in difficoltà, ma a poco meno di un giro dalla fine, in discesa avevo preso qualche metro. Lei deve avere rischiato un po’ per rientrare, ha centrato in pieno un palo e è caduta. Io ho sentito qualcosa dallo speaker, mi sono voltata e non c’era più, quindi poi ho dovuto fare l’ultimo giro a manetta per non farla rientrare».

Per l'azzurra sono evidenti i benefici tratti dall'intensa stagione su strada, sulla quale punta molto (foto Facebook)
Per l’azzurra sono evidenti i benefici tratti dall’intensa stagione su strada, sulla quale punta molto (foto Facebook)
Per l'azzurra sono evidenti i benefici tratti dall'intensa stagione su strada, sulla quale punta molto (foto Facebook)
Per l’azzurra sono evidenti i benefici tratti dall’intensa stagione su strada, sulla quale punta molto (foto Facebook)
In occasione della prima vittoria al Giro delle Regioni, avevi detto che eri un po’ indietro rispetto alle condizioni che avresti voluto, ma hai recuperato abbastanza velocemente, anche perché a parte questa vittoria, già eri andata molto bene nel circuito anche il weekend scorso…

Sì, l’anno scorso ero arrivata con un buon ritmo gara il primo weekend di ottobre e andavo già su con molta brillantezza. Quest’anno sono partita volontariamente più piano, lavorando sui miei punti deboli. Ho fatto una buona base, ho fatto un bel po’ di forza, palestra, fondo, perché nel passato quel che mi mancava era la potenza pura, il ritmo vero e proprio. Infatti ho iniziato nelle ultime settimane a lavorare un po’ di più sull’intensità. La scorsa settimana ero andata bene, ma erano percorsi veloci, meno adatti a me. Ho sofferto molto, ma lì è tutto un po’ più livellato, quindi se sei più intelligente riesci a venirne a capo.

Perché Overijse è così importante nella stagione del ciclocross, considerata come una classica monumento della strada?

E’ una gara storica, è stata anche Coppa del mondo in passato. Prevede un percorso impegnativo, quindi appunto penso che per vincere uno debba avere buone gambe, buona tecnica. E’ un tracciato molto completo e piace a molti, tutti si presentano qui al massimo e puntano alla vittoria, quindi credo che sia anche questo il motivo per cui sia così rinomata.

La friulana era già stata seconda nella tappa di Ruddenvoorde, dietro la Norbert Riberolle
La friulana era già stata seconda nella tappa di Ruddenvoorde, dietro la Norbert Riberolle
La friulana era già stata seconda nella tappa di Ruddenvoorde, dietro la Norbert Riberolle
La friulana era già stata seconda nella tappa di Ruddenvoorde, dietro la Norbert Riberolle
Questo era il secondo weekend che ti confrontavi a livello internazionale. Cominci adesso anche ad avere un quadro della situazione anche di come sono le tue avversarie, a che livello sono e come sono in relazione a te?

Al momento la più ostica è sicuramente la Brand – sentenzia la Casasola – sulla Van Empel c’è un gran punto di domanda perché ha vinto sì due corse, ma qui dicono che era un po’ indietro come preparazione, io però penso che all’europeo arriverà in condizione. La Alvarado è ancora ferma e riprenderà a correre verso fine novembre. Quindi la Brand è il vero riferimento. Tira sempre fuori qualcosa di più.

Rispetto agli anni scorsi parti per certi versi avvantaggiata dal fatto che hai avuto una stagione su strada corposa e impegnativa…

Sì, io penso che abbia dato una grossa mano e questo lo vedremo meglio più avanti, perché appunto la strada di solito ti dà un buon fondo e lo vedi correndo di più. A dicembre e gennaio si vedrà, però penso che abbia dato una buona mano. A livello di ritmo di base sono migliorata molto e quindi credo che fare una buona stagione su strada aiuti sempre.

La gara maschile ha visto primeggiare il belga Michael Vanthourenhout, con 7" sull'olandese Ronhaar (foto Facebook)
La gara maschile ha visto primeggiare il belga Michael Vanthourenhout, con 7″ sull’olandese Ronhaar (foto Facebook)
La gara maschile ha visto primeggiare il belga Michael Vanthourenhout, con 7" sull'olandese Ronhaar (foto Facebook)
La gara maschile ha visto primeggiare il belga Michael Vanthourenhout, con 7″ sull’olandese Ronhaar (foto Facebook)
Come l’hanno presa nel team questa tua vittoria?

Erano molto contenti. Poi arriviamo da due gare di Superprestige vinte, quindi il morale è decisamente alle stelle. Ora vediamo la prossima gara, il Koppenberg sabato prossimo: è una bella corsa, è sempre molto selettiva, si parte proprio sulla salita del Giro delle Fiandre, poi scendi sul prato e risali dal famoso muro, quindi è una corsa bella, impegnativa.

Magari ci prendi le misure per tornarci la prossima primavera…

Sarebbe bello, anche se su strada sono più una da corse a tappe che da classiche, però mai dire mai, sarebbe bello appunto fare il Fiandre una volta…

Sardegna, cross annullato: cosa fa Lucinda Brand?

17.12.2024
7 min
Salva

Dieci giorni dopo la prova di Coppa del mondo di cross a Oristano cancellata per il vento, restano storie stupende che vale la pena raccontare. Chi avrebbe mai detto che Lucinda Brand si sarebbe trasformata in istruttore d’eccezione per i bimbi del team locale? Si potrebbe pensare che le raffiche abbiano portato via tutto, invece non è andata così. Luca Massa e il suo fantastico staff di Crazy Wheels si sono caricati l’intera situazione sulle spalle e non si sono fermati finché ogni cosa non è andata al suo posto.

«Soprattutto il mio staff – sottolinea Massa – vorrei dire grazie a tutti. Negli ultimi mesi ho avuto i miei problemi di salute, per cui sono stato spesso assente. Loro hanno gestito benissimo la preparazione dell’evento e mandato avanti nel frattempo anche la scuola di ciclismo».

Riconosciuto il loro merito, con Luca iniziamo un racconto inatteso, fatto di umanità ed episodi che non sono stati raccontati, ma descrivono nel profondo l’umanità del ciclismo e dei suoi protagonisti.

Luca Massa aveva incontrato Mathieu Van der Poel ai mondiali di Tabor 2024
Luca Massa aveva incontrato Mathieu Van der Poel ai mondiali di Tabor 2024
Luca, maledetta sfortuna…

E’ andata così. Sul fronte della copertura delle spese, riusciremo a gestirla, bisognerà valutare il fatto di poter ripetere l’evento. Flanders Classics e le altre società che sono intervenute hanno avuto delle spese e hanno bilanci da far quadrare, non sappiamo come reagiranno. La cosa positiva è che hanno lasciato qui un pezzo di cuore. Abbiamo lavorato bene e creato delle ottime sintonie. Siamo rimasti in contatto. Lucinda Brand è rimasta qui in ritiro e ha fatto lezione ai ragazzini della nostra scuola di ciclismo.

Che cosa?

Arrivando da Dublino, le avevano perso le valigie, per cui non aveva i pedali e altre cose. Così glieli abbiamo trovati noi e lei e anche Daan Soete sono rimasti qui in ritiro. Lui si è fermato per 15 giorni ed è andato via venerdì scorso. E’ rimasto qualche giorno in più anche Vanthourenhout, ma per i fatti suoi.

Cosa ha fatto Brand con la vostra suola?

Prima abbiamo finito la diretta su Radio Corsa, poi abbiamo fatto vedere ai bambini un suo video dalla Coppa del mondo di Dublino. I più grandi iniziano a seguire le gare e quando abbiamo detto che Lucinda sarebbe venuta a trovarci, non ci credevano. Erano lì tutti seduti, quando lei è venuta fuori, vestita da gara e con la sua bici. Si è presentata e ha chiesto se fossero pronti per l’allenamento. Quindi li ha portati nel bike park e ha fatto qualche giro con loro. Poi sono si sono fermati e ha fatto delle lezioni di tecnica su come magari si prende la bici in spalla e dei giochi per l’equilibrio. La stessa cosa nei giorni successivi ha voluto farla Soete. Abbiamo legato molto, siamo stati a cena insieme e poi hanno voluto conoscere meglio il territorio.

In che modo?

Sono andati a fare delle uscite importanti con i nostri allenatori (Gabriele La Padula, Angelo Attene, Matteo Atzei, Luca Attene, ndr). Diciamo che degli aspetti positivi, malgrado la cancellazione, ci sono stati. Il sabato erano tutti contenti del percorso e il posto li ha lasciati senza fiato.

Dalle previsioni meteo era impossibile capire quel che stava per accadere?

Il meteo dava brutto tempo, ma non a quei livelli. Le raffiche a 130 all’ora non si erano mai viste, il mare a quel modo nemmeno. I ristoratori che lavorano su quella spiaggia da 25 anni avevano paura a tenere aperto, perché non avevano mai visto qualcosa del genere. E così come è venuto, il giorno dopo è passato tutto: lunedì in spiaggia si stava da Dio. Mi dispiace davvero per il mio gruppo di lavoro, meritavano altro riscontro.

Avete provato a partire ugualmente?

Domenica mattina, abbiamo chiesto ai commissari di poter ripristinare il percorso. Abbiamo tolto i teloni che avevano fatto da vela e risistemato le transenne, ma il vento non calava e alla fine l’UCI ha deciso che per la sicurezza degli atleti, che sono davvero dei peso piuma, la prova fosse da annullare. In più c’è stato il corto circuito nel bar che ha fatto bruciare metà della struttura in cui era stata messa la sala stampa. Ma anche quello lo abbiamo gestito.

Se si tornerà il prossimo anno, sarà sempre a Is Arutas?

La location è quella. Avremmo anche dei posti che somigliano al Belgio, ma Is Arutas è il nostro valore aggiunto. Non possiamo scaricare la colpa sulla location, perché un vento così non si era mai visto prima. Ci tengo a dire che era tutto organizzato alla perfezione.

Che cosa significa che avete gestito la situazione dell’incendio?

Non abbiamo mollato nessuno. Era prevista l’hospitality per le quasi 50 persone venute con i belgi e hanno consumato il bellissimo pranzo a base di pesce che era previsto. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva, perché andassero via con un buon ricordo. E poi, dato che la parte bruciata sarebbe servita per far mangiare lo staff, abbiamo ricavano uno spazio dall’hospitality e anche i nostri fantastici ragazzi hanno potuto pranzare.

Vi siete sicuramente mostrati ospitali…

Non solo quello. I belgi hanno trovato persone serie e appassionate e anche loro si sono dimostrati tutti estremamente umani, un aspetto che dalle loro parti evidentemente ancora conta. Spero davvero che il prossimo anno avremo la possibilità di far vedere l’evento per come lo avevamo progettato.

Si rivede Sanguineti, presto non più orfana di Balsamo

14.06.2024
5 min
Salva

Torna a farsi vedere Ilaria Sanguineti, nelle parti alte della classifica di una classica belga. Una delle tante prove del calendario locale, la SPAR Flanders Diamond Tour, certamente non una di quelle corse da far tremare i polsi, ma per chi come la sanremese attendeva un piazzamento da tempo, per rinfocolare il suo entusiasmo, ha comunque un valore anche un quinto posto. Anche perché Ilaria non è certo una finalizzatrice, nella Lidl Trek i suoi compiti sono altri.

Per questo anche un piazzamento ha un valore, in un momento della stagione dove le certezze sul futuro non sono poi così tante: «Dà morale, dopo un periodo vissuto in continua altalena fra alti e bassi. Per tutta la stagione ho inseguito finora la forma migliore e sembrava non arrivasse mai, finalmente si è intravisto uno spiraglio».

La volata vincente della Consonni con la Sanguineti dietro, alla fine quinta, miglior risultato del 2024
La volata vincente della Consonni con la Sanguineti dietro, alla fine quinta, miglior risultato del 2024
Che corsa era?

Una gara completamente piatta, ma a far la differenza è stata la stanchezza per molte partecipanti, me compresa, che il giorno prima avevano preso parte a un’altra corsa belga, l’Elmos Dwars door het Hageland che era stata molto dura e nella quale noi del team avevamo lavorato per la Brand, alla fine vincitrice. Noi sapevamo che in una corsa così pianeggiante e con una probabile conclusione in volata la Consonni sarebbe stata favorita, quindi lavoravamo per favorire una fuga. La selezione c’è stata, siamo rimaste in 25 a giocarci il successo, ma la corsa non è andata come volevamo.

Perché?

Perché come detto era nostro interesse favorire una fuga, ma la Brand era stanca come altri e quindi ci siamo ritrovate a giocarci la vittoria in volata. In quel caso diventavo io la finalizzatrice e quindi ho fatto del mio meglio. Il quinto posto non è male, ma è chiaro che si spera sempre in qualcosa di meglio.

La ligure in gara all’Elmos Dwars door het Hageland, dove aveva favorito la vittoria della Brand
La ligure in gara all’Elmos Dwars door het Hageland, dove aveva favorito la vittoria della Brand
Tu sei al secondo anno nel team americano, come ti trovi?

Benissimo, c’è una bella atmosfera perché nel team siamo amiche prima che colleghe e questo aiuta molto, anche in corsa. A me capita spesso di avere compagno di stanza straniere e ormai la lingua non è più un problema, anzi ci confidiamo molto. La cosa importante è che si sia formato un gruppo, che agisce dentro e fuori la nostra attività.

Proprio a livello di atmosfera, come avete assorbito le ultime settimane senza la Balsamo?

La sua mancanza si è sentita molto. Anche perché io ed Elisa siamo amicissime da sempre, condividiamo tutto e non averla in squadra è strano. Anche il fatto che mi ritrovo in corse come quella di domenica a dover fare la volata invece di pilotarla, non nascondo che mi spiazza sempre un po’. L’importante è che stia sempre meglio e possa tornare il prima possibile.

La Balsamo è a terra alle sue spalle. Sanguineti si lascia andare, consolata dalla Brand
La Balsamo è a terra alle sue spalle. Sanguineti si lascia andare, consolata dalla Brand
Proprio perché siete tanto amiche, avrai vissuto in prima persona l’altalena di emozioni che Elisa ha attraversato e che ha anche esternato sui social, passando da un cupo pessimismo alla sfrenata voglia di ripartire con il sogno olimpico ancora ben impresso…

Assolutamente sì, abbiamo condiviso tutto. Io poi ero lì, il giorno della caduta, avendo nella mente quel che era successo un anno prima a Londra (quando invece non c’ero) e sapendo quel che le era costato. Questa volta ho sofferto un po’ di più e capisco tutto quel che ha provato. La paura di veder svanire tutto ciò per cui ha lavorato in questi tre anni. Per me Elisa è come una sorella, abbiamo passato settimane difficili che hanno influito anche su di me, non lo nego. Ma quel che conta è mettersi tutto alle spalle.

Come detto ti sei trovata a recitare in un ruolo non tuo…

Questo è anche uno stimolo, poter cambiare ogni tanto fa bene. In corsa si vedono i risultati di quel gruppo di cui dicevo prima. Io lavoro sempre per le compagne e quando si vince un pezzo della vittoria è anche mio. E’ però bello anche vedere per un giorno le compagne prodigarsi per me e per questo domenica avrei voluto ripagarle con qualcosa di più del quinto posto. Per me poi, che sia corsa d’un giorno o tappa non cambia molto.

Ilaria insieme alla Balsamo, un legame di amicizia di antica data e che si perpetua anche fuori dal ciclismo
Ilaria insieme alla Balsamo, un legame di amicizia di antica data e che si perpetua anche fuori dal ciclismo
A tal proposito, sei in una squadra che, nelle corse a tappe, parte sempre con un doppio obiettivo, pensando alla vittoria parziale ma anche alla classifica. Questo accresce impegno e responsabilità?

Sì, ma è giusto. Abbiamo un organico che impone questo e per noi è stimolante partire pensando a quel che possiamo fare sia per il giorno stesso che in funzione della classifica. Il nostro compito è rendere fruttuosa la nostra partecipazione.

Ti vedremo in un grande giro?

Non è in programma, ora punto sui campionati italiani, poi si vedrà che cosa proporrà il calendario. Non nascondo che mi piacerebbe tornare a vestire la maglia azzurra, i mondiali hanno forse un percorso troppo duro ma per gli europei potrei dare una mano., La maglia azzurra però bisogna meritarsela, io farò di tutto per guadagnarmela, magari proprio per avere Elisa alla mia ruota nel momento decisivo.

Cross: quando servono i motori potenti, Lucinda Brand c’è

13.12.2023
6 min
Salva

CALPE (Spagna) – Tra i tanti corridori della Lidl-Trek che vanno e vengono nell’immenso Hotel Diamante Beach c’è anche Lucinda Brand. Quando arriviamo si sta godendo il sole incredibilmente caldo della Costa Blanca. Parla al telefono. E’ il suo momento di relax.

La campionessa olandese arriva da noi sgranocchiando una mela. Aveva impostato la sveglia per l’ora dell’intervista. Ma si presenta con un paio di minuti di anticipo e quando iniziamo a parlare l’allarme scatta poco dopo. 

Lucinda è da anni una super big della strada, ma ormai anche del ciclocross. E’ soprattutto da quando è arrivata alla Lidl-Trek, o poco prima, che ha potuto riprendere il rapporto col fango. A 34 anni, in questa stagione ha vinto due gare in appena sei apparizioni. 

Brand vince a Flamanville, secondo successo stagionale che la rilancia anche in Coppa (foto UCI/Sporti Pic Agency)
Brand vince a Flamanville, secondo successo stagionale che la rilancia anche in Coppa (foto UCI/Sporti Pic Agency)
Sei gare di cross sin qui e peggior risultato un terzo posto. Lucinda, una partenza sprint…

Sì, è stato davvero bello riprendere così. Sono contenta di essere tornata subito ad alti livelli. Devo dire che mi sono allenata bene. Ho pedalato molto nella foresta e in offroad. Ho fatto parecchie sessioni per il ciclocross.

Dal 2016, il tuo numero di gare di cross è notevolmente aumentato: sei passata dalle 5-6 apparizioni al farne anche 33 nella stagione 2021-22. Come mai?

Quando ero più giovane, una junior o anche prima, facevo il cross e lo trovavo divertente per pedalare in inverno, anche perché non mi piaceva molto allenarmi, specie con il brutto tempo. Poi sono diventata un’elite, sono andata in squadre che non erano così entusiaste che facessi il ciclocross, in quanto credevano fosse troppo dispendioso e difficile da combinare con la strada. Così avevo smesso. Se puoi fare solo 2-3 gare, che senso ha? Ma mi dispiaceva.

Però hai ripreso fino ad arrivare al titolo iridato!

Sì, anche nella tecnica non ero affatto brava, dovevo ricostruire tutto o quasi. Dopo tanti anni solo su strada, iniziavo ad annoiarmi. Sempre le stesse cose, le stesse gare, persino gli stessi hotel. Perciò avevo bisogno di fare qualcosa di nuovo, di diverso e ho deciso di riprendere il ciclocross e allenarmi davvero per questa disciplina. Curando molto anche la tecnica.

Brand (classe 1989), nonostante un palmares enorme, continua a lavorare molto sulla tecnica. Un lavoro che si ritrova anche su strada
Brand (classe 1989), nonostante un palmares enorme, continua a lavorare molto sulla tecnica. Un lavoro che si ritrova anche su strada
Alvarado, Bakker fanno tutta la stagione inanellando successi, poi però arrivano le grandi e loro finiscono in secondo piano. E’ solo questione di “motore” o c’è dell’altro?

Credo sia soprattutto una questione di forza. Le corse su strada stanno aiutando molto la mia potenza e la mia resistenza nel cross. E questo è utile soprattutto quando il terreno è molto fangoso ed è necessaria tanta forza. Poi certo, conta anche avere un buon “flow”, un buon feeling… ma questo c’è solo quando anche la tua tecnica funziona. Altrimenti devi spendere troppo e non è facile perché il livello nel cross è notevolmente aumentato. Una volta potevi commettere più errori ed eri comunque sempre lì, adesso no.

Eppure ti abbiamo vista dal vivo in azione a Dendermonde, prima tua gara dell’anno tra l’altro, e con tutto quel fango ci sei sembrata piuttosto a tuo agio…

Sì, era la prima gara, ma dopo la prima parte ero un po’ stanca. C’è stato un inizio super veloce, ma ero fresca, ovviamente, venivo solo dagli allenamenti ed ero anche super eccitata e ho spinto. Ma è stato uno shock! Un colpo per il corpo. Okay, mi ero allenata in tutto, anche a correre, ma finché non metti tutto insieme, non sai mai come può andare. Quel giorno ero davanti, poi sono finita dietro. A quel punto ho cercato di trovare il mio ritmo. Ho cercato di “recuperare”. In quel caso è servita parecchia esperienza. Dopo il primo giro non ero sicura di poter arrivare al secondo posto.

Hai parlato spesso di tecnica, ebbene cosa ti dà il cross anche per la strada: solo la tecnica?

Ti aiuta nel gestire la tua bici in corsa, nella guida, e ti aiuta anche dal punto di vista atletico come negli sforzi brevi e intensi. Ogni volta nel cross è un piccolo sprint. E anche su strada le gare, specie nei finali, non sono molto costanti.

Nel 2021 per l’atleta di Dordrecht è arrivato il titolo mondiale nel cross, preceduto da quello europeo (foto Instagram)
Nel 2021 per l’atleta di Dordrecht è arrivato il titolo mondiale nel cross, preceduto da quello europeo (foto Instagram)
E avverti realmente questi benefici su strada dopo aver terminato una stagione di ciclocross?

Sì, ma anche perché mi piace molto e già questo è importante per la testa. Poi quando sei al limite su strada ti ritrovi quell’esplosività. Dopo diversi anni, credo che se non avessi fatto il cross, avrei perso la mia esplosività del tutto. Mentre adesso è tornata quella di un tempo.

Van Empel, Brand, Bakker, Pieterse, Alvarado… perché il ciclocross femminile è il regno delle olandesi?

Prima di tutto credo sia legato alla cultura che c’è nei Paesi Bassi, dove andare in bici è normale e farlo come sport è molto bello. Abbiamo molte squadre ciclistiche ed ognuna ha il suo circuito, dove si può pedalare in sicurezza, senza traffico cosa ideale per i bambini. C’è un allenatore fisso che ti segue, spesso anche su strada. Tutto questo va unito al fatto che siamo vicini al Belgio, dove il cross è importantissimo, e abbiamo l’opportunità di andare a correre da loro.

Interessante. Vai avanti…

Un altro vantaggio è che in questo momento forse i belgi non hanno così tante ragazze. Però hanno le squadre… che vogliono atlete. A quel punto prendono le olandesi. Le squadre belghe vorrebbero puntare su atleti belgi chiaramente, ma alla fine essendo il ciclismo femminile in crescita, vanno bene anche le olandesi. Credo dunque ci sia un mix di opportunità favorevoli a noi. Senza contare che spesso ci alleniamo insieme e questo ti spinge sempre un po’ più in alto.

Brand è stata terza alla Roubaix 2022, grazie anche alle sue doti di crossista. La classica delle pietre è forse il suo primo obiettivo 2024
Brand è stata terza alla Roubaix 2022, grazie anche alle sue doti di crossista. La classica delle pietre è forse il suo primo obiettivo 2024
Hai cambiato qualcosa sulla tua bici?

No, tutto come lo scorso anno. L’anno scorso avevo cambiato un po’ la posizione, volevo essere un po’ più bassa con il manubrio, ma quest’anno nulla. Va bene così. Mi trovo molto bene anche con le gomme Dugast.

Sei una top rider sia per la strada che per il cross, cosa prevedono i tuoi programmi in entrambe le discipline?

Il periodo di Natale è piuttosto impegnato, cercherò di bilanciarlo tra strada e cross. Ho una gara a breve, poi tornerò in Spagna. Qui, a gennaio, ci sarà una prova di Coppa del mondo (a Benidorm 21 gennaio, ndr) e potrò combinarla più facilmente con il camp di gennaio appunto. Successivamente lavorerò per i campionati del mondo, dove finirò la mia stagione di cross. Due settimane di riposo, una piccola vacanza, poi si riprenderà con la strada. Adesso non conosco nel dettaglio il mio calendario, lo stiamo decidendo in questi giorni, ma probabilmente farò le classiche delle Fiandre e spero la Roubaix… Quella mi piacerebbe davvero vincerla. Sono già salita sul podio ed è stato davvero bello. Ma ovviamente non sono l’unica che la vuol vincere!

E le corse a tappe?

Saranno principalmente le piccole gare a tappe. Da maggio in poi ne abbiamo molte in calendario noi donne. Probabilmente farò anche un grande Giro, ma come ripeto, va deciso adesso. Sarà un calendario un po’ diverso con le Olimpiadi di mezzo. 

In attesa dei tre giganti, Iserbyt folletto imprendibile

28.11.2021
5 min
Salva

Dodici vittorie su diciotto gare, fatto salvo il mezzo passo falso degli europei, la stagione invernale di Eli Iserbyt è da urlo. Oggi ha vinto anche a Besancon, lasciando a 10 secondi Toon Aerts, allo stesso modo in cui al mattino Lucinda Brand aveva rifilato 26 secondi alla canadese Rochette.

Fisico da scalatore

La sua dimensione è in netta crescita. E anche se l’imminente ritorno in gara di Van Aert, Van der Poel e Pidcock potrebbe ridimensionare la sua stella, è un fatto che a 24 anni Iserbyt sia uno degli specialisti più forti al mondo. E dato che pochi lo conoscono, proveremo a raccontarne la personalità attraverso le sue stesse parole.

Lo scorso anno, Iserbyt ha vinto l’europeo di ciclocross
Lo scorso anno, Iserbyt ha vinto l’europeo di ciclocross

«Non mi vedo come uno dei migliori al mondo – dice il fiammingo, alto 1,65 per 56 chili – mi considero un atleta che fa del suo meglio e questo è stato il filo conduttore della mia crescita. Mi rendo conto che tutto intorno a me è diventato più grande, ma l’obiettivo è vincere il più possibile. In Belgio vengo riconosciuto perché tutti guardano il ciclocross d’inverno. Io cerco sempre di essere poco appariscente, in questo la mascherina aiuta. La popolarità è bella e aiuta, ma ci sono così tante rivalità, che se non sei a favore di uno, sei automaticamente contro. Questo è il bello del ciclismo in Belgio. Immaginate che cambio di clima, quando l’anno scorso a causa del Covid si correva senza pubblico…».

Vincere tanto

Il pubblico dovrà imparare a conoscerlo. Difficile dire se parli perché ha avuto contatti con i tre giganti di specialità, ma certo l’ipotesi che possano mollare la presa sul cross non è peregrina e questo potrebbe aprire anche a lui la strada verso il tetto del mondo.

«Penso che anche il pubblico abbia bisogno di questo periodo di transizione – dice – perché Van der Poel e Van Aert correranno sempre meno cross. E’ la nostra occasione, ma non dovremo essere ingenui. Loro corrono sempre per vincere e non è detto che spariranno come Stybar. Per ora sono ancora in modalità full cross e non vogliono perdere. Grazie a questo le gare saranno ancora più belle. Il mio obiettivo a breve termine è vincere tanto prima che arrivino». 

Cent’anni di storia

La sua osservazione sul cross, le sue origini e il fatto che sia una specialità autoctona del Benelux è fondata. Così come è pertinente l’osservazione sulla coerenza storica della specialità.

Iserbyt e la sua compagna. Il belga è stato a lungo insieme a Puck Moonen, anche lei ciclista (foto Instagram)
Iserbyt e la compagna attuale. Il belga è stato a lungo insieme a Puck Moonen, anche lei ciclista (foto Instagram)

«Non credo che una maggiore internazionalizzazione si tradurrà in corridori stranieri più forti – dice – il cross è uno sport con forti radici regionali. E’ molto specifico e tecnico ed è nel nostro Dna. Se vedi dei bambini che si allenano, è normale che venga voglia anche a te. Ho iniziato quando avevo 13-14 anni. Da piccolo al sabato giocavo a calcio e la domenica guardavo il cross in televisione. Dieci minuti dopo la gara, prendevo la bici e andavo a giocare sulle salitelle dietro casa.

«Il nostro solo problema è che non siamo uno sport olimpico. Tutti gli specialisti britannici o francesi più forti dopo un po’ abbandonano. Ma anche con uno status olimpico, penso che i belgi continueranno a fare la differenza. In un mondo che cambia sempre, il ciclocross è lo stesso da 100 anni. E’ la tradizione che rende questo sport così grande».

Suggestione strada

Sulle sue prospettive di crescita, i margini di miglioramento e un possibile coinvolgimento nell’attività su strada della sua squadra, la Pauwels Sauzen-Bingoal, Iserbyt sembra avere idee chiare.

«Ho 24 anni – dice – e quest’estate ho svolto un carico di lavoro superiore e per la prima volta lavori di endurance. Forse la prossima estate proverò a fare bene in una corsa a tappe, anche se non ho mai avuto un picco di forma nella stagione su strada. La stagione del ciclocross richiede un periodo di picco molto lungo, per cui mentalmente e fisicamente ho bisogno dei mesi estivi per recuperare».

Settimana tipo

La sua è una vita da… sacerdote del cross. La devozione e la dedizione con cui ne parla fa anche pensare a un ragazzo consapevole di dover essere al massimo per combattere contro i giganti.

Anche Lucinda Brand è inarrestabile: vince anche a Besancon e consolida la leadership di Coppa
Anche Lucinda Brand è inarrestabile: vince a Besancon e consolida la leadership di Coppa

«La mia settimana tipo è sempre uguale – dice – faccio un giro facile il lunedì e poi un lungo di 4 ore il martedì. Mercoledì allenamento specifico di 2 ore e mezza per la gara del fine settimana. Cerchiamo di lavorare su un percorso simile. Dopo l’allenamento invece sono solo sul divano e la mia ragazza lo sa. Mi riposo più che posso. Non vedo i miei amici durante la stagione perché lavorano durante la settimana e fanno festa nei weekend. E’ un sacrificio facile da fare quando vengono i risultati».

La prossima fermata della Coppa del mondo sarà ad Anversa il 5 dicembre, poi finalmente il circo del cross sbarcherà in Italia, sui sentieri ghiacciati di Vermiglio, in Val di Sole. La testa del ranking è saldamente nelle mani di Iserbyt e Lucinda Brand. In attesa che tornino i giganti, la strada del folletto di Bavikhove continua a sembrarci eccezionale.

Bronzo azzurro a Tabor e per il resto guerra fra giganti

14.11.2021
5 min
Salva

Tabor esige il solito tributo di fatica e chiama in prima fila i crossisti più solidi e dotati della condizione migliore, per gare dure e veloci. Le sponde ripide e gli ostacoli tecnici disseminati sul percorso della Repubblica Ceca per il sesto turno di Coppa del mondo, hanno potuto poco per rallentare il ritmo in testa, ma alla fine la differenza è stata netta e i migliori al mondo hanno imposto la loro legge.

La prova di Tabor ha richiamato un grosso pubblico, in una giornata asciutta e su un percorso tecnico e duro
Tabor ha richiamato un grosso pubblico, in una giornata asciutta e su un percorso tecnico e duro

Un altro bronzo

Per noi si comincia col brindisi e un terzo posto che fa il paio con quello della scorsa settimana di Paletti agli europei di Col du Vam. Questa volta il terzo gradino del podio è di Federica Venturelli, classe 2005, che fra le donne junior si inchina alla campionessa europea Zoe Backstedt e Leonie Bentveld.

«Questo percorso era molto duro – ha raccontato dopo le premiazioni la cremonese – non c’era posto per respirare. La gara non è stata per nulla tattica, perché siamo andate subito a tutta. Io non sono molto brava nelle partenze, quindi alla prima curva ero abbastanza indietro, ma piano piano sono riuscita a recuperare. Non con troppa foga, come invece avevo fatto all’europeo. Così sono riuscita a tenere fino alla fine e a guadagnarmi il terzo posto in volata. Non sono brava nella tecnica, ma aver fatto il sopralluogo del percorso con Pontoni e poi con i suoi consigli in gara, sono riuscita ad esprimermi al meglio».

Inchino a Brand

Fra le più grandi, annotato il 14° posto di Eva Lechner, si può sottolineare anche il quarto fra le U23 di Gaia Realini, 20ª assoluta, giusto alle spalle di Persico e Arzuffi. Ma le nostre poco hanno potuto contro Lucinda Brand e le altre dotate di cilindrate al momento superiori.

La campionessa del mondo e d’Europa ha giocato di esperienza e si è portata a casa la vittoria del sesto round di Coppa. Il percorso veloce ed erboso pretendeva resistenza e abilità dall’inizio alla fine. E se la giovane Pieterse ha dimostrato la sua affinità con il terreno fin dal primo giro, partendo subito a tutta e saltando gli ostacoli mentre le altre scendevano di sella, Brand ha mantenuto la calma fiutando che sarebbe stata una gara impegnativa.

La giovane olandese, leader della Coppa U23, ha sferrato l’attacco al quarto di sei giri, ma è stata ripresa nel corso del penultimo. E proprio in quel momento Lucinda Brand si è affacciata davanti e si è messa a dettare il ritmo. Questa volta è stata lei a fare strada tra le tavole e Pieterse, sebbene ancora molto vivace, non è stata in grado di superare l’iridata, che ha conquistato Tabor per il secondo anno consecutivo.

Nys aveva ragione

Tra gli uomini copione tutto sommato simile e la conferma che Sven Nys aveva ragione: la vittoria nell’europeo ha messo le ali a Van der Haar. Così è stato, infatti, e il campione europeo ha ottenuto una vittoria schiacciante.

Eli Iserbyt è scattato subito in testa, guidando il gruppo in una lunga fila per gran parte del primo giro, anche se non si sono viste grosse differenze fino al secondo giro. A quel punto infatti, Quinten Hermans (secondo agli europei) e Van der Haar hanno alzato il ritmo, con Vanthourenhout incollato alla ruota del campione d’Europa.

Iserbyt in testa

Iserbyt ha dato la sensazione di voler amministrare, nascondendosi nella pancia del gruppo, ma è tornato in testa al sesto giro dettando legge sui tratti più tecnici. Sembrava fatta, ma ricalcando il copione già visto agli europei, all’ultimo giro Van der Haar lo ha raggiunto e ha preso il controllo delle operazioni. Mentre dietro lo stesso Iserbyt ha cominciato a commettere errori tecnici dovuti certo alla stanchezza. Con Van der Haar primo e Iserbyt secondo, dopo Tabor il piccolo belga ha mantenuto la testa del ranking di Coppa del mondo.

Kamp 2020

Correre con la bici in spalla può fare la differenza?

09.11.2021
4 min
Salva

Torniamo al Col du Vam e agli europei di ciclocross. Nella gara maschile under 23, quella disputata “tutti in gruppo”, è emerso un particolare tecnico interessante: nei tratti più fangosi (soprattutto sul doppio rettilineo comprendente i box, risultato spesso decisivo) Ryan Kamp preferiva caricarsi in spalla la bici, mentre i belgi avevano maggiormente la tendenza a spingerla. Il risultato era che in ogni frangente simile, l’olandese guadagnava metri che poi i suoi avversari erano costretti a recuperare. E’ vero che i tratti da fare a piedi non erano così tanti, ma alla fine anche questo può avere avuto il suo peso nell’evoluzione della corsa.

Messi da parte gli ordini d’arrivo e la fredda cronaca, abbiamo pensato di tornare sull’argomento con uno che mastica ciclocross da ormai 35 anni, Luca Bramati che aveva in nazionale tutte e quattro le sue ragazze con due top 10 conquistate: «Il bello è che io non ho mai imparato bene a correre bici in spalla, diciamo che mi arrangiavo. Chi invece era un vero fenomeno era Vito Di Tano: si caricava la bici e andava veloce come se non ce l’avesse, guadagnava tantissimo…».

Vdp Van Aert 2021
Van Der Poel e Van Aert spesso fanno la differenza spingendo sui pedali anche in condizioni impossibili
Vdp Van Aert 2021
Van Der Poel e Van Aert spesso fanno la differenza spingendo sui pedali anche in condizioni impossibili
Quindi è qualcosa che si può imparare…

Diciamo che fa parte molto dell’attitudine personale, non si insegna. Iniziamo col dire che correre con la bici in spalla e spingendola sono due cose profondamente diverse. Quando ti carichi la bici, significa che hai almeno 7-8 chilogrammi addosso, ma soprattutto su un lato, quindi ti costringe a correre squilibrato e sei impossibilitato a muovere il braccio destro (nella stragrande maggioranza si carica a destra, lo fanno anche molti mancini), quindi hai molta meno spinta. Spingendo la bici non hai questo sforzo supplementare, ma è chiaro che in alcuni percorsi come appunto quello olandese con fango così duro e colloso, la bici non scorre come vorresti e ti frena.

E’ vero quindi che il Kamp della situazione era avvantaggiato?

Sì, ma quella è una sua precisa caratteristica. La maggior parte preferisce spingere la bici per non accumulare fatica anzitempo. La bici con il fango si sporca sempre, anche quello contribuisce a frenarla. Gli europei stessi hanno dimostrato che in certe gare molto si gioca anche a livello strategico, nello scegliere il momento migliore per procedere al cambio bici.

Come mai belgi e olandesi sono più avvezzi a correre con la bici in spalla?

Dipende molto dai percorsi che affrontano. I loro tracciati sono sempre con fango o sabbia, che costringono a mettere piede a terra. A volte accade anche da noi. A Silvelle, ad esempio, è sicuramente consigliabile caricarsi la bici, perché con tanto fango proprio non riesci a spingere, a meno che si formi quella classica canalina dentro la quale si prova a far scorrere le ruote finché si può.

Alvarado 2019
Ceylin Del Carmen Alvarado, in un’immagine della scorsa stagione: anche al Col du Vam ha preferito spingere la bici
Alvarado 2019
Ceylin Del Carmen Alvarado, in un’immagine della scorsa stagione: anche al Col du Vam ha preferito spingere la bici
Queste canaline vengono preparate preventivamente dagli organizzatori?

No, sta ai corridori, anche in sede di allenamento per visionare il tracciato, cercare di “costruire” quel passaggio che poi sarà utile in corsa. Un altro esempio che mi viene in mente è Koksijde, uno dei tracciati dove vuoi o non vuoi sei costretto a correre a piedi più che in altre gare.

C’è differenza in questo senso fra le gare maschili e femminili?

Abbastanza. In campo maschile esempi come quello di Kamp ce ne sono molti, anche nel gruppo di testa c’era chi ha provato a correre con la “zavorra”, ma l’olandese era evidentemente più forte e anche più ben impostato fisicamente. Fra le ragazze si tende di più a spingere, anche se quasi tutte sanno correre anche caricandosi la bici in spalla: una delle più forti e rapide è proprio la Brand, che sprigiona potenza.

Brand Europei 2021
La Brand in azione: il suo perfetto assetto di corsa le ha permesso di fare la differenza anche a piedi
Brand Europei 2021
La Brand in azione: il suo perfetto assetto di corsa le ha permesso di fare la differenza anche a piedi
E per quanto riguarda i “tre tenori”?

Loro la differenza la fanno soprattutto in bici, anche se hanno un ottimo rendimento anche a piedi e si allenano specificamente per questo. Sempre a Koksijde, Van Der Poel e Van Aert hanno la capacità di riuscire a spingere sui pedali fin sotto al muro e questo serve per guadagnare secondi preziosi. Ma c’è un altro aspetto importante da considerare…

Quale?

Il clima. In questi giorni nei quali si parla tanto di cambiamento climatico, è vero che una volta il tempo era spesso più favorevole rispetto ad oggi, soprattutto in dati periodi dell’anno. Ma oltre che in senso temporale, la differenza si vive geograficamente: in Olanda e Belgio gareggiare con la pioggia e il fango è quasi la prassi e questo comporta che i pezzi da fare a piedi siano anche abbastanza lunghetti, da noi questo accade molto meno…

Brand Vam 2021

Backstedt e Brand, titolo vinto grazie ai particolari

06.11.2021
6 min
Salva

Olanda batte Belgio 2-0, questo il verdetto della prima delle due giornate degli europei di ciclocross al Col du Vam, eppure in terra olandese chi ha impressionato di più è stata una ragazzina britannica, quella Zoe Backstedt che avevamo imparato a conoscere a Leuven quando vinse di forza il titolo mondiale junior su strada. Ora, a quella maglia iridata (ma la sua collezione è ampia e comprende anche la pista) ha aggiunto quella continentale.

Non è solo e tanto la vittoria che ha colpito, quanto il modo come l’ha raggiunta, schiantando la concorrenza già nel primo giro. Su quei 13” di vantaggio alla fine della prima tornata la Backstedt ha costruito la sua vittoria continuando a spingere fino a moltiplicarli in 1’06” sull’olandese Bentveld. Probabilmente quella tattica è stata di ispirazione anche per chi è molto più grande e smaliziata, come l’iridata Elite Lucinda Brand (l’arrivo di quest’ultima nella foto di apertura).

Backstedt Vam 2021
Altra grande impresa della Backstedt, che ora vanta titoli su strada, pista e ciclocross
Backstedt Vam 2021
Altra grande impresa della Backstedt, che ora vanta titoli su strada, pista e ciclocross

Una vittoria costruita in settimana

«E pensare che una settimana fa avevo finito la gara di Coppa del mondo a Overijse sulle ginocchia – ha ammesso la Backstedt a fine gara – ero a terra fisicamente e ancor più moralmente, ma col passare dei giorni ho sentito il mio fisico ritrovare le sensazioni giuste e sul percorso olandese è andato tutto al meglio. Qui basta un errore e perdi la gara…».

Venturelli cresce

Dietro, bravissima l’azzurra Federica Venturelli, sesta al suo primo anno nella categoria (e seconda fra le 2005): attenzione a questa ragazza, che da allieva ha vinto in ogni disciplina e sulla quale Alessandro Guerciotti, che l’ha appena portata nel suo team, è pronto a giurare

«Avrebbe potuto andare ancora meglio – racconta a fine gara Luigi Bielli, “aiutante in capo” del cittì Daniele Pontoni e impegnato direttamente sul percorso – ma un piccolo infortunio rimediato a inizio stagione a Jesolo ha un po’ ostacolato il suo percorso di avvicinamento. Qui però ha dimostrato il suo talento: lei è una passista e sui tratti scorrevoli andava più forte di tante altre. Ma anche in salita si è ben difesa».

Venturelli Vam 2021
Federica Venturelli, sesta partendo dalla settima fila, un grande esordio internazionale
Venturelli Vam 2021
Federica Venturelli, sesta partendo dalla settima fila, un grande esordio internazionale

Under 23: decisivo l’ultimo giro

Gara dallo sviluppo tattico ben diverso quella degli under 23. Qui nessuno ha provato a fare la differenza all’inizio tanto che si è formato in testa un gruppo di 11 corridori. Fra loro il nostro Filippo Fontana che nella penultima tornata ha anche provato a smuovere le acque. L’unico che provava a sfiancare i favoriti belgi (in 7 davanti, alla ricerca di un titolo che manca dal 2017) è stato il britannico Mason, ma è stato proprio lui a pagare quando la gara è esplosa nell’ultimo giro, dove i belgi Vandeputte e Nys (campione europeo su strada e questo connubio ciclocross-road ricorre spesso al Col du Vam) sono stati saltati sulla salita finale dalla volata lunga dell’olandese Ryan Kamp, confermatosi così sul trono di categoria. Per i due avversari la beffa è stata accolta con grande disappunto, per Nys un bronzo che sa di amaro.

Fontana, affaticato nel finale, ha chiuso nono a 35”: «Ha pagato i tanti fuori giri tenuti per rimanere attaccato ai primi – riprende Bielli – Non è ancora al massimo della forma e gli è mancato un po’ di fondo dopo la stagione di Mtb. Anche Toneatti si è ben disimpegnato, ha fatto una gara tutta in rimonta, chiudendo 15°».

Quando a decidere è il pit stop…

Dicevamo della Brand. Nella gara femminile le olandesi questa volta sapevano di non potersi giocare il titolo fra di loro, vista la presenza dell’ungherese Blanka Vas reduce dal trionfo di Overijse. La magiara si è subito ritrovata avvolta da una nuvola arancione, ma non è stato questo a determinare l’esito della corsa. Tutto si è deciso all’inizio del secondo giro. La Vas come altre del gruppo di testa ha svoltato ai box per il cambio bici, la Brand invece ha saltato il pit stop rilanciando anzi l’azione. La magiara si è accorta dell’offensiva, ma cercando di riacquistare velocità ha sbagliato traiettoria. Così ha perso quei metri che hanno favorito la fuga dell’iridata, a quel punto diventata imprendibile.

Un dato tecnico-tattico che non è casuale. Nella ricognizione Pontoni aveva sottolineato come il gioco dei box potesse incidere sulla gara. Posizionati all’esterno, costringono gli atleti a percorrere metri in più il che costa naturalmente tempo, per questo la scelta del cambio bici va ben ponderata per non giocarsi la gara, sarà molto importante nelle prove di domenica.

Podio Elite Vam 2021
Il podio della gara femminile con la Brand fra la Vas e la Kastelijn
Podio Elite Vam 2021
Il podio della gara femminile con la Brand fra la Vas e la Kastelijn

Dietro la Brand, arancione sbiadito…

La Vas nel finale è stata più accorta e ha pensato a gestire le avversarie. In verità le olandesi protagoniste in Coppa non hanno vissuto una delle loro giornate migliori (la stessa Brand dopo il ritorno dagli Usa aveva saggiamente tirato i remi in barca), con la magiara erano rimaste solo la Kastelijn e la Alvarado, quelle finora meno in vista, ma quest’ultima si è tirata fuori da sola con un’errore di guida, l’altra nulla ha potuto contro la progressione della Vas, che a 20 anni coglie la prima di quella che si annuncia una lunga serie di medaglie.

Tra Arzuffi e Persico

In chiave italiana è stata bella la sfida fra Arzuffi e Persico per il primo posto nazionale. Alla fine l’ha spuntata la tricolore per 8”, ma entrambe sono finite nella top 10, mentre la Lechner, partita fortissimo, ha chiuso solo tredicesima.

Più che l’altimetria del percorso, a mettere in difficoltà le nostre sono state le canaline scavatesi nel fango denso. Le portavano (ma non solo loro) a sbagliare direzione con improvvisi scarti del manubrio: «Quello della Persico è il maggior rammarico della giornata – dice Pontoni – era partita benissimo ed era a ruota della Vas, ma è caduta danneggiando il cambio. E’ stata anzi bravissima a insistere e, nonostante un altro scivolone , a chiudere nelle dieci. Speriamo che tanta sfortuna venga ripagata domani.

«Nel complesso siamo comunque soddisfatti della prima giornata – conclude il cittì – e un encomio va a tutti i meccanici: tra box e centro di gara ci sono 1.600 metri, il che ci ha costretti a un lavoro enorme. La logistica non è ideale, ma di questi tempi, pur di gareggiare, bisogna fare buon viso».