Dieci domande a Bartoli per esplorare il mondo di Paletti

14.03.2025
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Da quando Luca Paletti, nell’intervista fatta alla vigilia del Trofeo Laigueglia, ci ha detto che il suo preparatore è Michele Bartoli, ci si è accesa una spia. Quando un corridore entra nell’orbita dell’ex professionista e preparatore toscano non è mai per caso. Il ragazzo della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè si allena sotto i dettami di Michele Bartoli fin da quando era al secondo anno juniores, i due sono arrivati ormai al quarto anno di lavoro insieme. Ma cosa ha trovato Bartoli nel giovane emiliano?

«Fin da quando era junior – racconta il vincitore di un Fiandre e due Liegi – era un ragazzo, anzi ragazzino, interessante. Nonostante la giovane età, era parecchio determinato e con le idee chiare. Nel parlarci si capiva avesse una maturità superiore ai suoi coetanei. Devo ammettere che lavorare insieme è stato facile fin da subito. Paletti era in grado di darmi dei feedback, per quanto riguarda gli allenamenti e i lavori da fare, che mi aspettavo di trovare in un corridore di ben altra esperienza. Per me contano tanto le risposte e le considerazioni che un atleta riesce a darmi».

Paletti è arrivato alla Vf Group-Bardiani nell’inverno del 2022
Paletti è arrivato alla Vf Group-Bardiani nell’inverno del 2022
Per certi versi un ragazzo già pronto?

Consapevole di quello che doveva fare. Ad esempio era in grado di capire quali riscontri avrebbe dovuto avere da un certo tipo di allenamento e riusciva a riportarmi le sue sensazioni a riguardo. Una sensibilità che da un ragazzo di 17 anni non ti aspetti. 

Che atleta hai trovato?

Tutto da scoprire, forte in salita e a cronometro. Ma è anche molto bravo nel ciclocross, disciplina che ha sempre tenuto fino a questo inverno e che non escludo possa tornare a fare. Per il momento abbiamo deciso, in accordo con il ragazzo e la squadra, di accantonare un attimo il cross. Si è trattato di una scelta non facile, io sono favorevole alla doppia attività, ma alla sua età è importante formarsi. Per certi aspetti il cross toglie equilibrio alla preparazione su strada. 

In che senso?

Quando sei un atleta formato, come possono essere Van der Poel o Van Aert, si possono tenere più discipline senza troppi pensieri. I problemi, se così li vogliamo definire, arrivano quando si è giovani. All’età di Paletti, 20 anni, si è alla ricerca della propria dimensione su strada e si è soggetti a molti giudizi. Nell’inverno appena trascorso lui ha avuto modo di identificarsi.

Il giovane emiliano ha sempre fatto ciclocross durante la stagione invernale (foto Alessandro Billiani)
Il giovane emiliano ha sempre fatto ciclocross durante la stagione invernale (foto Alessandro Billiani)
Cosa avete capito?

E’ un ragazzo che può crescere parecchio nelle gare a tappe. Nelle salite lunghe e a cronometro si trova a suo agio. Lo abbiamo visto in questi primi appuntamenti del 2025, sia alla Valenciana che al Gran Camino si è piazzato tra i primi venti a cronometro. E nelle tappe di salita è sempre rimasto agganciato ai primi. 

Questo è stato un inverno che ha aperto nuove porte sulle qualità di Paletti?

Se vogliamo possiamo considerare il 2025 come il suo primo anno da professionista, nonostante sia alla Vf Group da due stagioni e abbia iniziato la terza. Abbiamo iniziato a lavorare sulle sue basi e per essere la prima stagione in cui si concentra al massimo sulla strada, siamo a buon punto. Con i giovani non si deve lavorare sul presente, ma in prospettiva futura.

Uno dei passi fatti è l’aver inserito delle sessioni in palestra?

Sicuramente è un aspetto molto importante per formare un corridore. Deve essere però inserita nel momento giusto, gli anni scorsi Paletti non era pronto per certi versi, aveva ancora un muscolo acerbo. Anche gli esercizi in palestra vanno inseriti con la giusta programmazione, da juniores si può fare core stability. 

Bartoli, che lo allena da quando era junior secondo anno, ha evidenziato ottime qualità a crono e nelle salite lunghe
Bartoli, che lo allena da quando era junior secondo anno, ha evidenziato ottime qualità a crono e nelle salite lunghe
Ci sono degli aspetti sui quali avete lavorato in maniera specifica?

Sulla resistenza, certamente. Però la maturazione del corridore passa dal curare tutti i particolari. Viste le sue qualità deve allenarsi sul VO2Max e sulla cronometro. Tuttavia a 20 anni non si può tralasciare nessun aspetto, è un gioco di percentuali in cui nulla va trascurato. 

Quindi deve essere pronto ad affrontare le gare di un giorno.

E’ il destino degli atleti moderni. Non si può curare un solo aspetto, ma si deve essere polivalenti. Se si guarda ai grandi nomi, cosa corretta da fare con le giuste proporzioni, si vede questa cosa. Ora anche corridori da corse a tappe come O’Connor sono in grado di fare un secondo posto al mondiale. Senza scomodare Pogacar, che quello è un fuoriclasse.

Un’altra qualità di Paletti è la capacità di restare per tanto tempo fuorisoglia
Un’altra qualità di Paletti è la capacità di restare per tanto tempo fuorisoglia
Lo stesso Paletti ha detto di essersi sentito bene in queste prime uscite, nelle quali ha corso davanti…

Ha fatto un bel progresso a livello di testa e consapevolezza nei propri mezzi. E’ un allenamento anche imparare a correre tra i primi nonostante non si sia al 100 per cento. Deve essere capace di interpretare la gara con una mentalità vincente sempre. Magari ora non è in grado di vincere al Gran Camino, ma deve muoversi da protagonista.

Cosa che gli torna utile tra gli under 23, vista la doppia attività che fa con la Vf Group-Bardiani.

Passare subito professionista non è facile, per diversi motivi. Gli under 23 della Vf Group corrono solo gare internazionali, che vanno bene per crescere e fare esperienza. Al primo e al secondo anno l’obiettivo deve essere questo, poi si inserisce il passo successivo: provare a fare la corsa. La stessa cosa accade tra i professionisti. Ora Paletti è arrivato in un momento in cui può provare a primeggiare, soprattutto tra gli under 23. 

Un caffè con Paletti: ragionando sul presente e parlando del futuro

06.03.2025
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LAIGUEGLIA – Luca Paletti è un cumulo di ricci con gambe magre e spalle strette. E’ tanto alto quanto timido, ma basta sedersi un attimo e lasciarlo respirare che le parole fluiscono da sole. Il reggiano è uno dei giovani dell’infornata della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè che è pronto a maturare e spiccare il volo. Dopo due stagioni in cui è cresciuto parecchio è arrivato al 2025 forte e determinato. Nelle prime gare della stagione ha già raccolto gli stessi punti del 2024, per gli amanti dei numeri. 

Paletti al Trofeo Laigueglia terminato al 30° posto a 1′ e 15″ dal vincitore Ayuso
Paletti al Trofeo Laigueglia terminato al 30° posto a 1′ e 15″ dal vincitore Ayuso

Un inverno diverso

Ieri al Trofeo Laigueglia, prima gara italiana della stagione, è arrivato un trentesimo posto, il secondo miglior giovane dopo Simone Gualdi. Risultati frutto di un inverno diverso nel quale si è concentrato molto sulla strada.

«E’ un anno un po’ particolare – racconta – senza ciclocross. Il primo da quando vado in bici dove non ho fatto attività invernali. Chiaramente nella preparazione è cambiato qualcosa, ad esempio mi sono concentrato maggiormente sulla distanza. Devo ammettere che sto sentendo la differenza, complice anche la crescita e qualche elemento diverso. In due anni (Paletti è passato professionista nel 2023, ndr) sono cambiato tanto, complice anche l’età. E’ normale che a vent’anni si sia ancora nella fase dello sviluppo».

Luca Paletti insieme a Tolio, il rapporto con i corridori più grandi è fondamentale (foto Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè)
Luca Paletti insieme a Tolio, il rapporto con i corridori più grandi è fondamentale (foto Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè)
Ti è dispiaciuto lasciare il cross?

E’ stata una decisione presa con la squadra perché abbiamo voluto provare a fare qualcosa di diverso.  Non è che mi sia dispiaciuto molto, so che dietro questa decisione c’è un motivo importante. E poi non è detto che il prossimo anno possa tornare. Se non dovessi vedere i miglioramenti che mi sono prefissato non escludo un passo indietro. 

Per il momento cosa è cambiato?

A livello atletico sento di essere arrivato con più fondo alle gare di inizio stagione. Anche mentalmente è stato diverso visto che ho fatto quasi tre settimane senza bici a novembre, non mi era mai capitato. Di solito staccavo qualche giorno finita la stagione su strada e poi un’altra settimana finita quella del ciclocross. Fare un periodo di stacco più lungo mi permette di sentirmi più riposato. 

Paletti ha mostrato ottime cose durante le corse di inizio anno in Spagna, qui al Gran Camino
Paletti ha mostrato ottime cose durante le corse di inizio anno in Spagna, qui al Gran Camino
Sei partito subito forte…

Quando si sta bene anche la tattica in corsa cambia. Ne parlavo con il mio preparatore, Michele Bartoli, il quale mi diceva che finalmente mi ha visto attaccare. Ora che sento di avere una buona gamba mi viene la voglia di provare. 

E’ cambiato altro durante l’inverno?

Ho inserito anche un po’ di palestra, cosa che non avevo mai fatto fino ad adesso. Prima non l’avevo mai fatta perché il preparatore vedeva un muscolo ancora acerbo, un po’ per questo e anche per le mie caratteristiche ha sempre preferito tenere indietro la palestra. 

Come arrivi a questo terzo anno con la Vf Group-Bardiani, è arrivato il tuo momento?

Sicuramente ci proverò. Non nascondo che il Giro Next Gen è uno dei miei obiettivi, sia per caratteristiche che per ambizioni. Ma anche alle gare di primavera come Piva, Recioto e Belvedere proverò a fare qualcosa. Sento di essere cresciuto mentalmente, quindi sarà anche un po’ più facile tenere duro di testa. Mi sento pronto per fare classifica. 

La Vf Group-Bardiani nel 2024 ha vinto la classifica a squadre al Giro Next Gen (foto Lisa Paletti)
La Vf Group-Bardiani nel 2024 ha vinto la classifica a squadre al Giro Next Gen (foto Lisa Paletti)
Cosa intendi con “tenere duro di testa”?

Ad esempio nelle scorse settimane al Gran Camino ero quello messo meglio in classifica per la squadra. Nell’ultima tappa non mi sentivo bene, sono andato all’ammiraglia e ho detto: «Oggi non finisco la corsa». Invece mi hanno convinto a tenere duro e a metà tappa ho iniziato a sentirmi meglio, tanto che nel finale ho provato a fare la volata. Queste situazioni mentali che oltrepassi sono un grande bagaglio di esperienza. Al Giro Next Gen, altro esempio, se dovessi trovarmi in una situazione simile so cosa fare. 

La Vf Group è in un momento di ricambio generazionale, voi da dentro come lo vivete?

Avere dei riferimenti come Marcellusi o Magli per noi è fondamentale, ci spiegano come muoverci e ci danno una grande mano in gara. Soprattutto nelle fasi di gestione. Secondo me quest’anno tra gli under 23 ci divertiremo parecchio, già nel 2024 ci siamo dati da fare ed eravamo tanti ragazzi al secondo anno. 

Durante l’inverno Paletti non ha corso nel cross, questo gli ha permesso di lavorare maggiormente sul fondo
Durante l’inverno Paletti non ha corso nel cross, questo gli ha permesso di lavorare maggiormente sul fondo
Quali pensi siano i passi giusti da fare?

Forse un po’ la capacità di resistere sulla distanza, ma arriverà correndo. Devo dire che sui punti in cui devo migliorare non ho preoccupazioni, sto lavorando tanto e credo che la crescita farà il resto.Un punto su cui mi sto allenando sono i cambi di ritmo, ma sono fiducioso di quanto sto facendo con Bartoli. 

Obiettivi quindi?

Arrivare pronto alle gare internazionali riservate agli under 23. Piva, Belvedere e Recioto sono degli obiettivi concreti, anche per mettermi alla prova in gare non troppo vicine alle mie qualità, ovvero quelle di un giorno

A tutta strada, Paletti mette da parte il ciclocross

16.10.2024
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MIRI (Malesia) – La stagione del ciclocross è iniziata e subito i grandi, ad ogni livello e di ogni Nazione, se le sono date. Tra di loro però quest’anno non vedremo Luca Paletti. La speranza azzurra del ciclocross si dedicherà in modo più specifico alla strada.

Paletti fa parte del progetto giovani della VF Group-Bardiani e chiaramente il focus del team dei Reverberi è l’attività su strada. Okay il cross, ma fino ad un certo punto.

Abbiamo intercettato Paletti in Malesia, durante il Tour de Langkawi. Era in buona condizione e si è messo a disposizione dei compagni, in particolare del velocista, Mattia Pinazzi.

Luca Paletti (classe 2004) quest’anno ha fatto 61 giorni di corsa, 10 in più dell’anno scorso e con più corse a tappe
Luca Paletti (classe 2004) quest’anno ha fatto 61 giorni di corsa, 10 in più dell’anno scorso e con più corse a tappe

Alti e bassi

Mentre il monsone imperversava e ci si riparava sotto ad uno stand, Paletti ha raccontato la sua annata, la seconda da professionista.

«E’ stata una stagione ricca di corse – ha detto il classe 2004 – ho fatto più gare dell’anno scorso. La prima parte di stagione è andata come volevo. Ho ottenuto qualche buon piazzamento al Giro d’Italia Next Gen e quindi sono contento.
«Dopo è stata una stagione un po’ in calo, ma piena di esperienze. Ho fatto gare e viaggi bellissimi. Ho fatto più competizioni con i professionisti, con i grandi del gruppo».

E qui un po’ Paletti ci sorprende. L’emiliano sostiene che tutte queste differenze tra le gare under 23 e quelle con i pro’ lui non le ha notate.

«Diciamo che anche negli under ormai non si scherza più. E non si scherza anche perché nelle gare che facevamo c’erano tutti i devo team delle WorldTour e sembrava di correre una gara di quel livello. Se proprio dovessi dire una differenza, direi che qui tra i pro’ bisogna limare un po’ di più perché vanno un pelo più forte. Ma alla fine è qualcosa che viene da sé. Sei quasi costretto a farlo. Mentre il caos in gruppo ormai è lo stesso, anche perché tra i professionisti c’è tanta gente giovane e giovanissima».

L’emiliano era una buona speranza per la nazionale di Pontoni
L’emiliano era una buona speranza per la nazionale di Pontoni

Stop cross

Paletti è un corridore potente. Non è ancora tiratissimo, la gamba non è super definita e non manca qualche brufolo giovanile sul volto. Insomma, si vede che ha ampi margini. In tal senso il tempo è dalla sua – ricordiamo che ha compiuto 20 anni a giugno – ma in questo ciclismo che corre, come ci diceva anche il suo direttore sportivo, Alessandro Donati, occorre cambiare marcia. E occorre cambiarla anche con relativa fretta. Per questo niente cross.

«Quest’anno penso di non fare gare di ciclocross. E’ una decisione presa insieme alla squadra: proviamo a fare un’annata con un inverno di riposo vero. Un riposo che servirà per prepararmi bene per la stagione successiva su strada.

«Ho deciso così non tanto perché ho sentito il peso della stagione del cross l’anno scorso, ma perché voglio concentrami di più sulla strada. E soprattutto voglio impostare per la prima volta una vera preparazione specifica per la strada, con il riposo, la ripresa…».

E questo punto di vista ci può stare. Alla fine anche Donati spiegava come il cross, almeno arrivati a questa età, può darti sì qualcosa in più all’inizio della stagione, ma poi il conto arriva. E arriva perché forse mancano determinate basi. E vale anche il contrario. Per assurdo sarebbe meglio fare qualche gara di cross appena terminata la stagione su strada, sfruttando la buona condizione. Ma poi a che fine?

Paletti quest’anno si è confrontato di più con i pro’, ma per fare il salto di qualità farà solo strada (anche nella preparazione)
Paletti quest’anno si è confrontato di più con i pro’, ma per fare il salto di qualità farà solo strada (anche nella preparazione)

Rovescio della medaglia

Se il discorso della preparazione e del recupero tiene, e anche bene, c’è poi il discorso dei fuorigiri che ti dà una disciplina come il cross. Un discorso che nel corso dell’anno tante volte abbiamo chiamato in causa con la nostra ciclocrossista numero uno, Silvia Persico. Mancheranno queste sparate anche a Paletti?

«Io – dice Luca – credo che più che le sgasate, mi mancherà un po’ di abilità in bici. Le sgasate tra gare e allenamenti puoi riprodurle. E per questo credo che se anche non farò gare di ciclocorss qualche allenamento con quella bici lo farò. Magari nel giorno di scarico inforcherò la bici da ciclocross e mi divertirò a guidare e a tenere vive certe sensazioni».

Paletti fra strada e cross, ma come li concilia?

10.11.2023
4 min
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Luca Paletti è da poco tornato dall’europeo in Francia, la sua prima esperienza internazionale nel ciclocross da under 23. Il corridore della Green Project-Bardiani-CSF Faizanè ha messo alle spalle la sua prima stagione da professionista. Intorno a lui sono cambiate un po’ di cose, ma nel suo calendario è rimasto saldo il ciclocross, con obiettivi ben chiari.

«Avevo impostato insieme alla squadra – racconta Paletti – per arrivare all’europeo e poi fermarmi per una settimana e riposare. Partecipare alla spedizione continentale era il mio obiettivo negli ultimi mesi. Volevo essere convocato per fare nuove esperienze internazionali, quella in Francia sarebbe stata la mia prima tra gli under 23. Da junior ho corso spesso all’estero, partecipando a sei prove di Coppa del mondo e al mondiale».

Da metà settembre Paletti ha iniziato a lavorare per arrivare pronto all’europeo di Pontchateau 
Da metà settembre Paletti ha iniziato a lavorare per arrivare pronto all’europeo di Pontchateau 

Un anno di prova

Il salto nella categoria under 23, per quanto riguarda il ciclocross, Paletti lo aveva già fatto nell’inverno del 2022. Ma la sua stagione sul fango è stata nettamente ridotta rispetto agli anni precedenti.

«Lo scorso inverno – spiega – ho fatto solamente gare del calendario italiano, volevo correre fuoristrada, ma senza un impegno troppo elevato. Insomma, il piano era di tenermi in movimento fino al momento in cui avrei iniziato la preparazione con la Green Project per la stagione su strada.

«E’ stato un anno intenso – continua Paletti – perché ho iniziato nell’autunno del 2022 e sono arrivato fino a luglio 2023 senza mai fermarmi. Insieme alla squadra avevamo previsto un periodo di pausa dopo il Giro Next Gen, così da avere le energie per arrivare fino all’europeo dello scorso fine settimana».

La prima gara di ciclocross disputata è stata a Tarvisio il primo ottobre
La prima gara di ciclocross disputata è stata a Tarvisio il primo ottobre

Ritmi diversi

La stagione di Luca Paletti, quindi, ha vissuto di momenti “sfalsati” rispetto agli altri ragazzi della Green Project. Tuttavia la pianificazione della sua prima annata da professionista è stata studiata per essere in pari con i propri compagni nei momenti opportuni.  

«I miei compagni alla Green Project – ci spiega Paletti – si sono fermati un mese dopo rispetto a me. Dopo il Tour of Taihu Lake, in Cina a metà settembre, ho messo da parte la bici da strada e ho iniziato gli allenamenti per il ciclocross. Ho debuttato il primo ottobre a Tarvisio (in apertura foto di Alessandro Billiani), le sei corse fatte in Italia mi sono servite per arrivare pronto all’europeo. Dal quale, devo essere sincero, torno soddisfatto per quanto fatto.

«Ora mi riposo per una settimana – dice – e poi riprendo con gli allenamenti su strada fino al ritiro di Benidorm di dicembre. Penso che la mia condizione, nonostante il mese di attività in più nel cross, sarà la stessa dei miei compagni. Una volta tornato da quel blocco di lavoro riprenderò ancora la bici da cross per finire la stagione». 

Su strada Paletti (in primo piano) ha goduto dei benefici del cross nella prima parte di stagione
Su strada Paletti (in primo piano) ha goduto dei benefici del cross nella prima parte di stagione

I benefici ci sono

Il giovane corridore guidato da Rossato e Reverberi ha già avuto modo di vedere i benefici della doppia attività lo scorso inverno. Sicuramente il lavoro fatto fuoristrada mantiene il fisico attivo e pronto ai primi impegni della stagione

«Utilizzo questo metodo di gestione delle due attività da quando ero junior secondo anno – conclude Paletti – mi trovo molto bene. Ho fatto più fatica ad adattarmi ai ritmi che ho trovato su strada, in quanto molto diversi rispetto agli anni precedenti. I benefici di fare cross, invece, li ho sentiti fin dalle prime corse in Croazia, dove sono arrivato pronto. Sarà importante mantenere lo stesso equilibrio e vedere come uscirò dalla stagione del cross». 

Le difficoltà del ciclocross. Scotti ne ha per tutti…

30.10.2023
6 min
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Con i protagonisti della strada a riposo e in giro per il mondo per le vacanze, l’attenzione è tutta incentrata sul ciclocross. L’attività sui prati è già entrata a pieno regime, con tappe di Coppa del Mondo ogni fine settimana abbinate a prove degli altri principali circuiti. Non ci sono naturalmente i grandi protagonisti. Van der Poel ha già annunciato che tornerà sui prati solo nella seconda metà di dicembre per la serie di gare del periodo natalizio. Probabilmente sia Van Aert che Pidcock, gli altri “tenori” seguiranno la stessa impostazione.

Per Van Aert e VDP un inverno con poche gare, come ormai prassi vista l’attività su strada
Per Van Aert e VDP un inverno con poche gare, come ormai prassi vista l’attività su strada

E’ chiaro quindi che fino ad allora seguiremo “un altro sport”, con altri protagonisti ma con la consapevolezza che i valori espressi non sono quelli assoluti. Un trend che si sta allargando. Fra le donne, dove continua il netto dominio olandese, c’è chi come la Van Anrooij comincia a selezionare le sue apparizioni. In Italia poi è ormai chiaro come il panorama di praticanti di vertice si sia ulteriormente ristretto. Il ciclocross continua ad essere visto come un fastidioso intermezzo per i nostri ciclisti.

Su questo e tanto altro abbiamo ragionato con Fausto Scotti, organizzatore del Giro d’Italia ma per anni commissario tecnico azzurro e profondo conoscitore del movimento da tutta una vita. Partendo proprio dalle considerazioni internazionali: «I tre campioni li vedremo sempre meno spesso. La loro stagione su strada è troppo intensa, ma non lasceranno l’attività sui prati e questo non solo per una questione di passione. Ogni gara vale per loro un ingaggio dai 15 ai 25 mila euro, è un’attrattiva di non poco conto, ma che sta anche creando squilibri».

Fausto Scotti, ex cittì azzurro, oggi organizzatore del Giro d’Italia di ciclocross
Fausto Scotti, ex cittì azzurro, oggi organizzatore del Giro d’Italia di ciclocross
In che senso?

Agli altri, a quelli che tirano la carretta per tutta la stagione resta poco, ma da parte loro c’è anche una certa rassegnazione sapendo del loro strapotere, anche se sono convinto che col tempo anche Thibau Nys salirà a quel livello, d’altro canto anche lui fa strada. I team dal canto loro hanno tutto l’interesse a lasciarli lavorare in pace e favorire le loro uscite nel ciclocross perché hanno ritorni d’immagine anche fuori stagione, con gli sponsor che vengono così gratificati nei loro investimenti. Gli organizzatori? Loro con gli introiti per ogni gara vedono i loro investimenti negli ingaggi ampiamente coperti. Hanno d’altronde protagonisti che ad ogni gara se le danno di santa ragione ma sempre nel reciproco rispetto. Ti garantiscono lo spettacolo.

Perché allora non seguire questa strada anche in Italia?

Intanto perché è un paragone improponibile considerando i nomi, ma anche a livello internazionale non tutto funziona. Questa continua volontà di portare la Coppa in America ad esempio non va. I team, piuttosto che programmare una trasferta simile preferiscono investire su un ritiro prestagionale in più che gli costa meno e coinvolge più gente. Guardate quanti sono andati a Waterloo, anche tra belgi e olandesi non erano così tanti.

Thibau Nys, vincitore della prima di Coppa negli Usa. Scotti è pronto a scommettere su di lui
Thibau Nys, vincitore della prima di Coppa negli Usa. Scotti è pronto a scommettere su di lui
Torniamo in Italia: spesso si sono criticati i diesse perché negano i permessi ai loro atleti per l’attività invernale, Si diceva che con l’avvento della multidisciplinarietà stava cambiando questa cultura, ma oggi senti i ragazzi più giovani che dicono che non vogliono più fare ciclocross per curare la preparazione per la strada. Allora di chi è la colpa?

E’ un discorso che coinvolge tanti attori e tante responsabilità. Iniziamo dai procuratori, che prendono i ragazzi da quando sono allievi, li lasciano correre nelle varie discipline ma appena possono li indirizzano verso quelle più remunerative. Faccio l’esempio di Fiorin che da ragazzo faceva un po’ tutto e che viene da una tradizione familiare dove il ciclocross era molto apprezzato, il padre l’ha quasi svezzato sui prati. Ora che è junior però viene spinto a fare solo strada e pista perché lì può emergere e soprattutto ha maggiori obiettivi, anche olimpici.

E i team che voce hanno?

I team guardano ai soldi, chi ha i campioni li coccola e chi non li ha cerca altre strade. In Italia come si diceva si dà molta colpa alle squadre ma io con loro ho lavorato per anni. Guardate Reverberi: a Paletti non ha messo limitazioni, ma qui è la famiglia che comincia ad avere perplessità, perché il ragazzo d’inverno rischia di avere un’attività ancor più stressante, fra allenamenti per la strada e le trasferte del fine settimana.

Luca Paletti sta gareggiando con regolarità, una rarità fra i pro’ italiani (foto Lisa Paletti)
Luca Paletti sta gareggiando con regolarità, una rarità fra i pro’ italiani (foto Lisa Paletti)
Che cosa servirebbe allora per dare un’inversione di tendenza?

Semplice: una vagonata di denaro. Per fare un team di primo piano che agisca su tutto, come l’Alpecin, servono decine di milioni di euro e dove sono gli sponsor italiani che possono investire tanto? Che cosa si garantisce loro?

Torniamo però al punto di prima, gli stessi ragazzi che sono contrari anche a fare qualche semplice gara per allentare la preparazione. Toneatti ad esempio vuole concentrarsi sulla strada…

Qui entriamo in un altro campo: la consapevolezza di sé dell’atleta. Davide era nato come ciclocrossista, i suoi risultati li ha ottenuti lì, è con quelli che l’Astana l’ha preso. Ora rinuncia alla disciplina dove aveva più chance di emergere per puntare alla strada dove le porte sono obiettivamente chiuse.

Per la Realini il ciclocross è ormai un bel ricordo. Ma siamo sicuri che qualche gara senza assilli non sia utile?
Per la Realini il ciclocross è ormai un bel ricordo. Ma siamo sicuri che qualche gara senza assilli non sia utile?
E in campo femminile?

Avviene un po’ lo stesso. La Realini ormai non fa più ciclocross, con lei ho parlato a lungo, non è per pressioni esterne ma più per delusioni avute in questo ambiente, ad esempio la mancata convocazione per i mondiali americani. La Persico ha staccato la spina e forse farà qualche gara fra dicembre e gennaio, ma il 2024 è anno olimpico e lei può ambire non solo a partecipare a Parigi. Sono tutte cose che devi mettere nel conto: Silvia ha pagato l’attività nel ciclocross in questa stagione faticando a trovare la miglior forma perché non si era fermata mai. Lei al mondiale potrebbe anche far bene, ma le servono almeno 5-6 gare per trovare la forma.

Poi però ci sono casi come la Venturelli che reclama addirittura la possibilità di competere anche d’inverno perché le dà la carica per affrontare la preparazione…

Ma lei è junior, siamo sicuri che le cose non cambieranno passando di categoria? Io credo che la vedremo sempre meno nel ciclocross per privilegiare strada e pista, perché i suoi orizzonti sono già proiettati verso Los Angeles 2028, lì potrà davvero scrivere pagine storiche per tutto lo sport italiano. Intanto però non credo che quest’anno la vedremo spesso sui prati…

In Italia l’attività è aumentata, i praticanti anche, ma mancano reali investimenti (foto Lisa Paletti)
In Italia l’attività è aumentata, i praticanti anche, ma mancano reali investimenti (foto Lisa Paletti)
Fa bene Pontoni a lavorare quasi esclusivamente sui giovani?

Che altro dovrebbe fare? Talenti veri non ce ne sono, quelli che abbiamo come Bertolini si sono persi inseguendo fantasmi come una convocazione olimpica nella mtb penalizzando quella che era la sua via preferenziale. Puoi lavorare sulle categorie giovanili, far crescere i ragazzi, poi loro prenderanno la direzione più redditizia e certamente non è il ciclocross perché chi ci investe sopra?

Rossato: «I nostri ragazzi crescono a piccoli passi»

09.06.2023
4 min
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Intercettiamo Mirko Rossato mentre è intento a preparare le ultime cose in vista del Giro Next Gen. Con lui apriamo il capitolo dei giovani corridori, già visionato insieme a Zanatta qualche giorno fa. Il diesse della Green Project Bardiani CSF Faizanè si è ritrovato in un paio d’anni a lavorare con tanti giovani, alcuni di loro passati direttamente dalla categoria juniores. Si è ritrovato così a dover insegnare loro tante cose, soprattutto imparare a correre e vincere in una categoria nuova. 

Dopo un primo anno positivo, anche Pinarello sta raccogliendo buoni risultati: qui terzo al Liberazione
Dopo un primo anno positivo, anche Pinarello sta raccogliendo buoni risultati: qui terzo al Liberazione

Già vincenti

I corridori che arrivano direttamente dalla categoria juniores a vestire la maglia della Green-Project sono pochi. Nel 2022 è toccato a Pellizzari e Pinarello e quest’anno sono arrivati Scalco e Paletti.

«Abbiamo avuto la fortuna – racconta da casa Rossato – di aver preso ragazzi che vincevano tanto già da juniores. E’ chiaro che il salto da quella categoria agli under 23 o ai professionisti è diverso. Le cose si complicano e per loro non deve esserci la fretta di fare, per prima cosa serve maggiore esperienza. La nostra squadra propone solamente gare di qualità tra gli under 23, visto che facciamo solo corse internazionali. Nelle corse facili, non raccolgono, non maturano. Noi facciamo attività in Italia e all’estero, confrontandoci sempre con ragazzi preparati». 

Scalco fa parte della seconda tornata di ragazzi junior passati professionisti con la Green-Project
Scalco fa parte della seconda tornata di ragazzi junior passati professionisti con la Green-Project
E’ vero, i vostri junior sanno vincere, ma questo è un altro mondo…

Noi insegnamo a vincere ai nostri giovani tramite le giuste esperienze, sbagliare è possibile, anzi ben venga. Dopo ogni gara parliamo spesso e ci confrontiamo, le lacune ci sono e vanno affrontate e capite. 

Cosa vedi di più?

Tanta foga nel fare le cose, nell’entrare nella fuga, nel muoversi. Invece noi cerchiamo di trasmettergli che devono studiare l’avversario, guardare come pedala, così sì che imparano a leggere la corsa. 

Al Piva, ci aveva detto Pellizzari, che avevano sprecato una grande occasione.

Questo è un bell’esempio. Lì abbiamo fatto secondi con Martinelli ed i ragazzi hanno puntato tutto subito su di lui. Io avrei voluto che ognuno di loro avesse provato a vincere, devono giocarsi le loro carte. In corsa hanno carta bianca, nessuno è obbligato a lavorare per gli altri. 

Al Trofeo Piva i ragazzi di Rossato hanno imparato una lezione importante (foto Boldan)
Al Trofeo Piva i ragazzi di Rossato hanno imparato una lezione importante (foto Boldan)
In queste gare non ci sono le radio, devono gestirsi in autonomia.

Questo è un bene da un certo punto di vista. Perché, come detto prima, possono sbagliare, poi ne parliamo e capiamo come affrontare quelle situazioni. Se ci pensate poi al Recioto questa cosa non è più successa. Vero che Pellizzari ha perso la volata a due, ma ha trovato un corridore più forte, ci sta. 

Se affronti tante volte una situazione prima o poi impari

Chiaramente, alla terza o quarta volata ristretta capisci come muoverti. Impari a conoscerti, se sai che non hai uno spunto veloce provi ad anticipare o altro… Dico sempre ai nostri giovani e giovanissimi che sono professionisti solamente sulla carta, per diventarlo devono lavorare molto. 

Intanto un giovanissimo che ha vinto lo avete, Scalco. 

Lui ha vinto una corsa per under 23 di alto livello, quanti diciottenni sono riusciti a fare ciò? Pochi. La sua vittoria ci ha fatto capire che il modo di allenarsi e di programmare è funzionale. Scalco arrivava da una corsa a tappe in Francia di buon livello, che ha contribuito a farlo migliorare. 

Luca Paletti porta avanti la doppia attività: strada e ciclocross, anche questo insegna molto
Luca Paletti porta avanti la doppia attività: strada e ciclocross, anche questo insegna molto
Il progetto di crescita li porterà ad affrontare corse sempre più impegnative?

Non è da escludere che qualcuno tra Pellizzari, Pinarello e Martinelli il prossimo anno potrà partecipare al Giro d’Italia dei grandi. Saranno tutti e tre al terzo anno con noi ed è giusto che, qualora lo meritassero, potranno fare qualche gradino in più. Sempre valutando tutti insieme.

La nazionale a detta di Amadori può dare una grande mano, no?

Assolutamente. Vestire la maglia azzurra vuol dire affrontare i migliori corridori al mondo. Per coltivare i nostri talenti avere una mano dalla nazionale è fondamentale, siamo contenti di come sta andando questa collaborazione. 

Paletti a 18 anni ha le idee chiare anche tra i pro’

19.01.2023
5 min
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Luca Paletti ci aveva avvisato: «Farò la scelta migliore per il passaggio di categoria, ma non voglio ostacoli nel mio orientamento su come continuare la doppia attività». Così il figlio d’arte classe 2004, aveva chiuso la nostra intervista. A distanza di sei mesi Luca si è messo in tasca un quadriennale con la Green Project Bardiani Csf Faizanè. Ha fatto il grande salto nei pro’ e ha aggiunto una postilla al suo contratto che gli darà la possibilità di portare avanti la sua passione per il cross

Proviamo a chiamarlo, ma non ci risponde. Luca è a scuola, giustamente il diciottenne è all’ultimo anno di superiori. Per lui infatti il passaggio di categoria sarà graduale e dalle sue parole si percepisce che i piedi sono ben saldi a terra e che i passi che farà saranno attenti e misurati. Complice una famiglia che respira ciclismo da tre generazioni.

Per Paletti il contratto firmato prevede quattro anni
Per Paletti il contratto firmato prevede quattro anni
Come sta andando il tuo inserimento in squadra?

Abbiamo fatto un ritiro a dicembre di quindici giorni e poi ne abbiamo fatto uno a ottobre dove ci siamo conosciuti tutti. Sto facendo una settimana tranquilla dopo l’italiano, per poi iniziare la preparazione e iniziare esclusivamente su strada. 

Cosa vuol dire andare a scuola la mattina e indossare la maglia Bardiani al pomeriggio?

É un po’ difficile perchè tra impegni legati allo studio e quelli sportivi, trovare una quadra non è semplice.  Ma è un orgoglio. Per esempio oggi tra compito e studio non sono riuscito ad uscire in bici perchè si è fatto buio. Ma con la squadra ne abbiamo parlato e mi vengono molto incontro. 

Senti pressioni per questo salto di categoria?

Sia la scuola che mi da una mano, sia il team che non mi mette pressione, tutti capiscono l’impegno. Quindi per la prima parte della stagione sarà strutturata in questo modo senza riempirla di impegni per riuscire bene in tutto. 

Che anno ti aspetti?

Sarà un anno dove soffrirò un po’ ma come percorso so che avrò dei guadagni in futuro. So che non sarà facile e soffrirò con la testa, dovrò tenere duro. 

Qui la prima vittoria in maglia Bardiani al 4° Trofeo Città di Flero
Qui la prima vittoria in maglia Bardiani al 4° Trofeo Città di Flero
Con la preparazione stai aumentando i chilometraggi?

Diciamo che nel ritiro che abbiamo fatto a dicembre mi avevano avvisato che avrebbero fatto le ore da professionisti e mi sono preparato per arrivare la con qualche chilometro in più nelle gambe

Domenica hai fatto nono al campionato italiano di ciclocross. Che gara è stata?

Purtroppo abbiamo avuto un problema con la squadra, nella comunicazione della partenza. Sono arrivato tardi fisicamente alla partenza. L’orario ufficiale era 11:30 e io sono arrivato esattamente a quell’ora. Le griglie erano già schierate. Sarei dovuto partire in prima fila ma alla fine sono partito nell’ultima. E’ stata tutta una gara in rimonta. Ho chiuso nono ma si poteva fare molto meglio.

Un banale errore di comunicazione…

Purtroppo è stata proprio una svista da parte nostra e di tutto lo staff. C’era la convinzione che si dovesse partire alle 11:45. Era tutto nuovo anche per loro

Il podio di Paletti davanti al duo della Selle Italia Guerciotti Elite formato da Ettore Loconsolo e Samuele Leone
Il podio di Paletti davanti al duo della Selle Italia Guerciotti Elite formato da Ettore Loconsolo e Samuele Leone
Avevi buone sensazioni?

Stavo bene, partivo dalla prima fila il percorso era adatto alle mie caratteristiche, c’è molto rammarico. Un po’ di rabbia anche ma fa bene provarla, sarò più carico al prossimo anno. 

Hai sempre rimarcato la voglia di praticare la multidisciplina. Lo avete scritto nero su bianco?

Sì è stata una cosa che abbiamo inserito nel contratto per avere questa possibilità. Farò la mia stagione su strada poi mi confronterò con il mio preparatore per organizzare quella del ciclocross. 

Come mai questa volontà?

E’ una disciplina che mi piace molto, i primi anni sarò un po’ indietro su strada, quindi è una cosa che mi farà crescere se continuo a praticarla. Per i primi due anni ci tengo, perchè già è un passaggio grosso da compiere, facendo un po’ di cross mi darà una mano

Quindi non pensi che possa appesantire la stagione?

Io lo vedo come un aiuto per la strada. Poi dipende da come lo fai. Ci sono atleti come Iserbyt che fanno ciclocross da inizio settembre fino a febbraio. Invece Van Aert lo fa per tre mesi e ne ricava una preparazione ottima. 

Qui, Paletti nelle ripetute al ritiro con la squadra a dicembre
Qui, Paletti nelle ripetute al ritiro con la squadra a dicembre
Che intenzioni hai rispetto a questa disciplina per l’anno prossimo?

Se viene un risultato non lo butto di certo via. Quest’anno ci ho puntato, dai prossimi anni sarà più inteso come un allenamento

Correrai solo in Italia o anche all’estero?

Vedremo, ne ho parlato un po’ con i miei direttori e loro mi hanno detto che se voglio fare qualche esperienza all’estero mi daranno la possibilità e mi accompagneranno. 

Gareggerai con gli under o con i pro’?

Questo sinceramente non lo abbiamo definito. Teoricamente nel cross posso correre negli U23 nelle gare internazionali. Così come su strada, essendo una squadra professional posso partecipare solo alle corse internazionali. Per questo il calendario classico under inizia con la Coppa San Geo, ma non essendo internazionale sarò costretto a partire dalla Croazia a inizio marzo. 

Calendario e il progetto sul cross: parla Ghirotto

14.01.2023
5 min
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Con i campionati italiani scattati oggi a Castel Fusano, la stagione nazionale del cross giunge al suo culmine, anche se ci sono in programma ancora appuntamenti come quello tricolore giovanile di San Fior. E’ stata una stagione lunga, la prima completamente libera dai legacci imposti dalla pandemia. In essa sono emersi anche temi importanti sul futuro della specialità.

E’ innegabile che nell’ambiente serpeggino alcune perplessità sullo stato di salute del movimento e sulle sue prospettive. La sensazione da parte di molti addetti ai lavori è che la specialità non sia abbastanza considerata. Forse per il fatto di non avere sbocchi olimpici (le medaglie a cinque cerchi sono il primo fattore che sblocca il flusso di contributi da parte del Coni).

Ghirotto è in FCI dal 2021: eccolo alla prima Serenissima Gravel dello stesso anno con il cittì della MTB Celestino
Ghirotto è in FCI dal 2021: eccolo alla prima Serenissima Gravel dello stesso anno con il cittì della MTB Celestino

Un calendario troppo ricco?

La principale obiezione che viene mossa riguarda il calendario: nel periodo della pandemia si era deciso di aprirlo il più possibile, promuovendo una gran quantità di prove regionali al rango nazionale. Si pensava che dopo la pandemia, si sarebbe tornati indietro, ma non è stato così e questo ha generato malumore. Queste perplessità le abbiamo girate a Massimo Ghirotto, responsabile della commissione offroad della Fci. L’ex pro’ ci tiene però a sottolineare come il tema vada guardato dalla giusta prospettiva.

«E’ vero che nel tempo del Covid – spiega Ghirotto – erano state cancellate le tasse di autorizzazione per l’ingresso nel calendario nazionale e questo aveva portato a un grande allargamento. Ci aspettavamo che, tornando alla situazione pregressa, molti avrebbero ripristinato lo status regionale della propria gara, invece non è stato così. Quasi tutti hanno pagato la tassa e fatto la richiesta.

«Noi le abbiamo esaminate tutte. Se rispondevano a criteri ben precisi, riguardanti la storia dell’evento, l’organizzazione, la fornitura dei servizi, dovevamo dire di sì. Sottolineo “dovevamo”: in base alle norme che abbiamo. Abbiamo cercato di tenere conto anche delle concomitanze e della distanza. Solo in un paio di casi ci sono state gare nella stessa giornata, ma con 400 chilometri fra un posto e l’altro».

Il calendario 2022-23 comprende 32 gare fra nazionali e internazionali. Qui il Giro delle Regioni a Capannelle (foto Bit&Led)
Il calendario 2022-23 comprende 32 gare fra nazionali e internazionali. Qui il Giro delle Regioni a Capannelle (foto Bit&Led)

Una scalata progressiva

L’obiezione che a tal riguardo viene portata da molte società è che in questo modo la qualità degli eventi, dal punto di vista della partecipazione, viene sminuita diluendo la partecipazione e questo va a scapito della crescita dei giovani.

«Su questo – prosegue Ghirotto – mi permetto di dissentire. Sento anch’io dire che le gare sono impoverite. Ma intanto, se parliamo dal punto di vista quantitativo è difficile raccogliere i 500-700 iscritti considerando la portata del movimento. L’offerta maggiore consente anche alle società di poter contenere le spese, scegliendo eventi più vicini e questo è un altro fattore da considerare.

«Per quanto riguarda la qualità di partecipazione, mettiamoci in testa che il confronto fra tutti non serve tutte le settimane. Se parliamo di giovani dobbiamo anche dare loro la possibilità di emergere, di confrontarsi progressivamente con un livello adeguato. Lo sport è come una piramide dove i più talentuosi scalano fino alla cima, piano piano. Anch’io ai miei tempi ho fatto così, arrivando fino ai professionisti. Ci vuole tempo e soprattutto pazienza, le occasioni di confronto ci sono».

Luca Paletti ha disputato finora solo gare in Italia. Il cross resta però nel suo programma (foto Billiani)
Luca Paletti ha disputato finora solo gare in Italia. Il cross resta però nel suo programma (foto Billiani)

«Il progetto cross c’è già…»

Un altro tema importante che emerge dall’ambiente riguarda il sempre difficile rapporto fra cross e strada. Negli ultimi tempi due elementi hanno acceso la discussione.

Il primo riguarda la clausola che Luca Paletti avrebbe fatto inserire nel suo contratto con la Green Project Bardiani, che gli consente di fare attività ciclocrossistica d’inverno.

Il secondo è il profondo investimento, non solo economico, che la Fci sta facendo nei confronti del settore velocita su pista, anche a supporto delle società che tesserano gli specialisti. Molti si domandano se non si possa fare lo stesso per i ciclocrossisti: perché non fare un progetto che consenta ai vari De Pretto o Toneatti solo per fare due nomi di continuare a praticare il cross? Ghirotto in questo senso è molto drastico.

«Un progetto legato al cross già c’è – spiega – ma se ne occupano Amadio e Pontoni, com’è giusto che sia. E’ stato fatto un investimento, il cittì porta avanti le sue idee, lavora con le società. Dicono che ciò andrebbe stabilito con norme specifiche, ma le norme già ci sono. Pontoni si sta muovendo nel quadro dell’impostazione del Team Performance di Bragato, sta facendo le valutazioni funzionali su tutte le nuove forze del ciclismo italiano, ha un database enorme di nomi, ma sono lavori che avranno la loro finalizzazione solo a lungo termine».

Toneatti in azione a Torino: per lui come per altri servirebbe un progetto ad hoc? (foto Billiani)
Toneatti in azione a Torino: per lui come per altri servirebbe un progetto ad hoc? (foto Billiani)

Geloso dei ragazzi offroad…

L’idea di multidisciplina è ormai diventata comune anche nella cultura ciclistica italiana: «Guardate il caso di Tugnolo passato dalla bmx alla velocità: è solo l’ultimo. Io però devo ammettere una cosa: sono un po’ geloso dei ragazzi del fuoristrada. Se guardiamo bene, portare i talenti della mtb e del cross alla strada è facile, ma quanti fanno il percorso contrario?

«Solo corridori ormai maturi, che su strada hanno ottenuto tutto, da Casagrande e Celestino in poi e sempre per le Marathon, perché il cross country e il cross hanno inerenze tecniche che non impari da grande… La multidisciplina è bella e auspicabile, ma è complicata da mettere in pratica.

«Due parole volevo dirle anche su Paletti. Quest’anno nel ciclocross in totale ha fatto poche gare, è un coinvolgimento minimo. Io tra l’altro ho parlato con Reverberi, trovando disponibilità, la consapevolezza che è un talento che ha bisogno di tempo per crescere, anche attraverso il ciclocross. Vorrei trovarne tanti altri che la pensano così…».

Paletti, tre generazioni di ciclisti: Luca racconta padre e nonno

21.07.2022
5 min
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Luca Paletti è fermo, per ricaricare le pile in attesa della seconda parte di stagione. Gli impegni finora sono stati tanti, dal ciclocross alla strada, considerando che in entrambi gli ambiti è ormai un riferimento assoluto anche per la nazionale. Ne abbiamo così approfittato per una chiacchierata a proposito della sua famiglia, da sempre votata al ciclismo e nella quale Luca è la terza generazione che ha fatto della bici un elemento indissolubile dalla propria vita.

Suo nonno Luciano a dir la verità ci ha investito tutto e Luca, che pure porta con sé ricordi legati solo all’infanzia (il nonno è morto 7 anni fa) lo racconta con un tono che nasconde con difficoltà l’emozione.

«Aveva corso fra i dilettanti – racconta – e si era appassionato anche a tutto quel che riguardava la tecnica. Alla fine degli anni Sessanta andò a lavorare in diverse botteghe, poi ne aprì una sua perché voleva sperimentare, infatti ha brevettato molti prodotti».

Luciano Paletti
Una foto d’epoca, Luciano Paletti in azione: la passione per la meccanica era però già prevalente
Luciano Paletti
Una foto d’epoca, Luciano Paletti in azione: la passione per la meccanica era però già prevalente

Tante idee, tanti brevetti

Paletti acquista la bottega del telaista Orazio Grenzi dov’era andato a lavorare, continuando però a collaborare con quest’ultimo: «Nonno non si stancava mai, dopo il lavoro, alla sera scendeva nella cantina di casa e così costruì la sua prima bici partendo dal nulla».

Grazie a quella bici si presenta da De Rosa, che intravede in lui grandi potenzialità: Paletti capisce però che ha ancora molto da imparare e più volte farà visita agli stabilimenti per apprendere. Nel 1972 apre la sua officina, affinando soluzioni innovative tanto nella telaistica quanto nella meccanica delle bici. Qualche anno dopo lavora a una soluzione per fissare il deragliatore anteriore direttamente al telaio: una rivoluzione per l’epoca.

La ricerca di Luciano Paletti non si ferma. Brevetta particolari comandi del cambio con i cavi interni al tubo obliquo, poi lo stesso fa con i freni. Il suo intento è proporre un modello senza cavi a vista e nel 1981 il suo sogno diventa realtà e viene proposto alla Fiera di Milano del 1983. Le sue bici vengono richieste persino dagli antipodi.

Paletti nonno
Luciano Paletti all’opera nella sua officina: uno spazio dove inventare e sperimentare
Paletti nonno
Luciano Paletti all’opera nella sua officina: uno spazio dove inventare e sperimentare

La casa e l’officina…

Intanto suo figlio Michele si fa strada nel mondo del ciclismo agonistico, fino ad approdare fra i professionisti, per due sole stagioni (1993-94), ma fa in tempo a correre anche un Tour de France. Poi entra nell’azienda di famiglia: «A dir la verità ci aveva sempre lavorato – confida Luca – ogni giorno dopo la scuola scendeva in officina perché si abitava proprio sopra e dava una mano per imparare».

Quei ricordi sono ben presenti nella memoria del Luca bambino: «Sin da quando ero piccolo, anch’io scendevo in officina e chiedevo sempre di provare questa e quella bici. Cominciavo a girare con i modelli da bambino e mi divertivo un mondo. Mio padre ha continuato a gareggiare a livello amatoriale, ho visto qualche sua gara da professionista nelle videocassette, anche se ormai sono introvabili. Veri pezzi rari, ma sono contento di averlo visto».

Michele Paletti
Michele Paletti, due anni da professionista all’Ariostea e Mapei Clas, oggi è il titolare dell’azienda
Michele Paletti
Michele Paletti, due anni da professionista all’Ariostea e Mapei Clas, oggi è il titolare dell’azienda

Testone come il nonno

Ci sono tante cose che accomunano Luca ai suoi progenitori: «Con nonno non ho avuto molto tempo per parlare, ero molto piccolo, ma ricordo bene che era un gran “testone”, quando si metteva in testa qualcosa era impossibile farlo recedere. Io ho preso molto da lui in questo…».

E rispetto al padre? «Con lui ci siamo confrontati spesso, anche per paragonare il nostro modo di essere ciclista. Lui era molto veloce, molto più di me, ma in salita proprio non andava. Lo dice anche lui, ma nelle volate ristrette poteva davvero dire la sua. Io invece vado molto meglio quando la strada s’inerpica sotto le ruote. Siamo profondamente diversi».

Paletti Pantani
Un documento raro dell’Archivio Paletti: Michele con il giovanissimo Marco Pantani, al Giro Baby 1991
Paletti Pantani
Un documento raro dell’Archivio Paletti: Michele con il giovanissimo Marco Pantani, al Giro Baby 1991

Al cross non rinuncia

La passione per il ciclismo è sbocciata in quelle mura intrise di sudore e di idee. Anche per il ciclocross: «Non so se mio nonno avesse mai gareggiato sui prati, mio padre sì. In officina c’erano sempre bici sia per la strada che per il ciclocross e a me queste ultime piacevano davvero tanto».

Conoscendo la ritrosia di molte società a far fare ai propri atleti la doppia attività, ne approfittiamo allora per chiedere a Luca se, visti i suoi risultati su strada e la sua crescita repentina, lo vedremo ancora in azione questo inverno.

«Al 90 per cento sì – risponde subito – ci tengo troppo perché mi diverto. Ho risultati e benefici che poi si riversano su strada. Sto verificando con il procuratore (Luca è seguito dall’agenzia di Johnny Carera, ndr) quale sarà la scelta migliore per il passaggio di categoria, ma non voglio ostacoli nel mio orientamento su come continuare la doppia attività».