I duri giorni di Milan, minacciato da Pogacar e Van der Poel

21.07.2025
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CARCASSONNE (Francia) – Il bus della Lidl-Trek è pronto per partire, manca soltanto Jonathan Milan… incastrato dal protocollo previsto per chi indossa le maglie di classifica: la verde nel suo caso. La giornata non è andata come si aspettava. E anche se il traguardo a punti si trovava al chilometro 59,8 in un tratto di saliscendi, il friulano non è riuscito a infilarsi nella fuga che se l’è giocato. Né la squadra è parsa intenzionata a dare fondo a troppe energie per impedire agli attaccanti di prendere il largo, dopo aver lavorato per tenerli nel mirino.

Sta di fatto che il traguardo volante di Saint-Félix-Lauragais se l’è preso Mathieu Van der Poel su De Lie ed Eenkhoorn, mentre Milan lottava nelle retrovie e a 97 chilometri dall’arrivo ha perso contatto col gruppo. Il suo ritardo al traguardo è stato di 22’42”. La classifica a punti lo vede invece primo con 251 punti, a fronte dei 223 di Pogacar e i 210 di Van der Poel.

Steven De Jongh, fermato per pochi minuti davanti al pullman ha allargato le braccia. «Sarà molto difficile lottare per la maglia verde – ha detto il diesse belga – perché Pogacar può giocarsela come vuole. La classifica a punti è uno degli obiettivi che ci siamo dati venendo al Tour, al pari di vincere delle tappe. Una è venuta, due ci sono sfuggite. Lotteremo per i traguardi volanti, ma non snatureremo il nostro modo di correre. Per cui faremo il possibile nelle tappe che restano e cercheremo di vincerne almeno un’altra».

Sabato Milan ha provato la fuga verso Superbagneres, poi la squadra lo ha aiutato per il traguardo a punti
Sabato Milan ha provato la fuga verso Superbagneres, poi la squadra lo ha aiutato per il traguardo a punti

La guerra degli scatti

Lo aveva detto Petacchi prima ancora che il Tour entrasse nel vivo. Aveva consigliato a Milan di concentrarsi sul maggior numero di tappe possibili e poi di considerare la maglia verde una loro conseguenza. Con una vittoria e due secondi posti, il discorso è attuabile, ma di certo non semplice. Sfogliando il libro della corsa, è immediato notare che i traguardi a punti si trovano tutti nella prima metà di tappa e non dopo le montagne che ci aspettano. Milan può cercare di infilarsi nelle fughe, cosa che non gli è mai riuscita troppo agevolmente da quando lo hanno trasformato in un velocista. Oppure potrebbe chiedere alla squadra di tenere cucita la corsa fino allo sprint, pur sapendo che certe partenze sono micidiali e difficili da contrastare.

«La tappa è iniziata con grandi ambizioni – dice lui – e penso che dopo molti attacchi, mi sentissi me stesso, stavo bene. Ho iniziato la giornata e ho corso con l’aspettativa di conquistare più punti possibile. Penso di aver stretto i denti per entrare nei primi attacchi, volevo davvero essere davanti per conquistare lo sprint intermedio. Ma quando ho fatto l’ultimo tentativo, sapendo che sarebbe stato difficile, non sono riuscito a dare quel che mi aspettavo».

Van der Poel ha messo la maglia verde nel mirino? Per come corre, è possibile
Van der Poel ha messo la maglia verde nel mirino? Per come corre, è possibile

L’insidia Van der Poel

Il percorso del Tour per certi versi gli strizza l’occhio, per altri lo mette a confronto con avversari più adatti di lui alle fughe. E se è vero che i punti in palio suoi traguardi di montagna peseranno meno di quelli dei traguardi volanti, la presenza di Van der Poel rende tutto molto difficile. L’olandese, che ha vinto una tappa e vestito la maglia gialla, potrebbe fare della verde il suo ultimo obiettivo del Tour e sarebbe difficile in quel caso contrastarne gli slanci.

«Penso che oggi anche la temperatura abbia inciso sulla mia prestazione – riflette Milan – sono un po’ deluso, ma Mathieu è quello che è. Domani finalmente avremo un bel giorno di riposo, poi vedremo per le prossime tappe. Sarà molto difficile, perché siamo vicini e ci aspettano giornate davvero dure. Sarebbe un finale davvero amaro lottare duramente e dare il massimo per difendere questa maglia e poi doversi dispiacere per non avercela fatta».

Il giorno di riposo servirà per studiare i percorsi. Il solo giorno in apparenza vietato per l’attuale livello di Milan sarà il ventesimo, con il traguardo volante al chilometro 72,3 dopo una serie di notevoli saliscendi, ma per il resto non c’è una tappa fuori portata. Sarà la squadra a decidere, se farsi bastare l’eventuale vittoria di mercoledì a Valence o lottare tutti i giorni per mantenere il simbolo verde del primato.

Voci da Andorra: Ciccone prenota una ripartenza alla grande

17.07.2025
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L’ultima volta che lo abbiamo incontrato, Roma intorno celebrava le maglie del Giro e Ciccone si era avvicinato per un saluto mentre insieme a sua moglie Annabruna stava cercando di raggiungere il pullman della Lidl-Trek. La corsa del team americano era stata così travolgente, che anche l’abruzzese, ritirato sul più bello per la caduta di Gorizia, aveva voluto essere presente per festeggiare con i compagni (in apertura la sua esultanza dopo aver propiziato la vittoria di Pedersen a Durazzo, ndr). Sorrideva, ma era anche mogio. Poi, sorridendo, aveva raccontato di aver trascorso gli ultimi due giorni a casa di Michele Bartoli (il suo allenatore, ndr) che lo aveva rimpinzato di buon cibo toscano per impedirgli di pensare all’occasione sfumata. Non sapeva se sarebbe andato a Parigi per assistere alla finale del Roland Garros fra il suo amico Sinner e Alcaraz (speriamo non sia andato: l’umore sarebbe peggiorato ulteriormente). Poi “Cicco” è scomparso, dietro alla rieducazione e alla ripresa della preparazione.

Quando finalmente si è riconnesso col mondo, al netto di qualche apparizione sui social per tifare il Sinner (questa volta vittorioso a Wimbledon), lo abbiamo intercettato ad Andorra. Mentre il Tour entra nel vivo, la sua estate ha la forma della ricostruzione della condizione e della fiducia, in attesa del rientro a San Sebastian e poi della Vuelta che partirà da Torino.

Dopo la caduta di Gorizia, che ha provocato la ferita al quadricipite destro, Ciccone ha dovuto lasciare il Giro
Dopo la caduta di Gorizia, che ha provocato la ferita al quadricipite destro, Ciccone ha dovuto lasciare il Giro
Torniamo per un istante al Giro: quanto è stato doloroso doverlo lasciare?

E’ stato molto difficile. In generale lasciare una corsa è sempre difficile, specialmente quando le cose stanno andando bene. Lo è stato ancora di più soprattutto per il clima più che ottimo che c’era nella squadra. E’ stata proprio una bella mazzata. Sono i casi in cui fa più male l’anima del corpo. Alla fine il corpo è abituato a prendere botte, mentre il dolore mentale è un’altra cosa. Tu sei lì che ti fermi e il Giro va avanti. Il dolore di testa non va via tanto facilmente.

Tanto più che le cose stavano andando bene, giusto?

Stavano andando super bene. Avevo passato gli esami più difficili, vale a dire le cronometro e lo sterrato. Secondo me ero in un ottimo stato di forma e dovevano ancora arrivare le tappe più adatte a me. Avrei fatto bene, questa è la mia sensazione. E poi è vero, sono stato da Bartoli nei giorni dopo la caduta: diciamo che è stata una sorta di mini vacanza. Abbiamo cercato di non concentrarci sul Giro, su quello che era andato perso, ma di risollevarci un po’ il morale. Di pensare agli obiettivi più grandi che devono arrivare. Di farci forza pensando a quanto di buono è stato fatto e prenderlo come spunto per i prossimi obiettivi.

Ciccone era arrivato al Giro come meglio non poteva e infatti era nel vivo della corsa
Ciccone era arrivato al Giro come meglio non poteva e infatti era nel vivo della corsa
Quanto tempo sei rimasto fermo?

Completamente fermo per 10 giorni, senza bici. Poi ho iniziato a muovermi, a fare qualche allenamento, ma molto tranquillo, per un’altra decina di giorni. Quindi in totale direi che sono stato fermo una ventina di giorni: 10 senza bici, 10 molto molto easy. Il dolore è sparito del tutto, però comunque c’era una lesione sul quadricipite, quindi sul muscolo principale della gamba. Ancora adesso è rimasta la cicatrice sul tessuto e stiamo continuando a lavorare per recuperare la piena efficienza, ma il dolore nel frattempo è sparito.

Stai lavorando per un obiettivo specifico? Pensi al mondiale?

Per ora obiettivi ne ho tanti, perché mi piace rientrare competitivo, quindi sto lavorando bene in quota qui ad Andorra. Preferisco non pensare a una gara precisa, voglio rientrare forte. Voglio tornare a stare bene come al Giro d’Italia e voglio lasciare il segno da qui a fine anno. Il mondiale è nei radar, ne ho parlato con Marco Villa. Ci siamo sentiti, però dobbiamo ancora definire tutto. Io da parte mia sono disponibile per fare bene, a patto che riesca ad essere competitivo. Non mi andrebbe di fare solo presenza, quello non lo non lo vorrei mai e soprattutto la nazionale non lo meriterebbe.

Lo scorso anno a Zurigo, Ciccone ha corso il primo mondiale da pro’
Lo scorso anno a Zurigo, Ciccone ha corso il primo mondiale da pro’
Quindi il programma sarebbe?

Ora sono ad Andorra con i miei compagni di squadra. Il rientro è previsto a San Sebastian, poi Vuelta Burgos e la Vuelta di Spagna. Poi c’è da capire il discorso del mondiale e le gare di fine anno fino al Lombardia.

Lo spirito è quello giusto. La seccatura di essersi fermato sulla porta del grande risultato ha lasciato una cicatrice sull’anima al pari di quella che la caduta di Gorizia ha lasciato sulla gamba. Il Lombardia dello scorso anno lo vide sul podio dietro Pogacar ed Evenepoel: quella è la sua dimensione. La sensazione che voglia riprendersela si fa parola dopo parola più forte.

Tour, cade il tabù. Un Milan gigante nell’analisi dello “zio” Elia

12.07.2025
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Sono le 17,16 quando Jonathan Milan taglia il traguardo di Laval e fa l’inchino per celebrare la vittoria. Nello stesso istante, sul suo letto di Livigno Elia Viviani fa un salto come se avesse vinto lui. La terza volata del Tour parla italiano e arresta il conto dell’astinenza. Dopo Nibali a Val Thorens nel 2019, ecco il Toro di Buja in questa città anche carina ma in mezzo al nulla, fra Rennes e Le Mans.

«Secondo me – dice Elia – oggi tutto il gruppo aveva bisogno di una calmata. C’è stata la fuga dei due TotalEnergies, ma non era una volata semplice. Comunque la strada tirava in su, ho visto un bel po’ di gambe “craccare”. Ne servivano tante per vincere, non era uno sprint di posizione. E Johnny ha fatto vedere che le gambe le aveva perché ha fatto un bellissimo lavoro. Consonni e Stuyven lo hanno aiutato, però negli ultimi 700 metri si è destreggiato da solo. Non è stata la volata servita su un vassoio, non l’hanno portato ai 100 metri. Ho visto un Johnny che l’ha voluta, se l’è cercata, anche dando una spallata al corridore della Israel. Un segnale di maturità. Nel momento in cui si è alzato in piedi per partire, s’è riseduto perché ha visto che era lungo ed è ripartito al momento giusto. E’ una volata che incorona Johnny come sprinter».

Dopo i campionati italiani, Viviani è salito a Livigno, lavorando per Polonia e Vuelta
Dopo i campionati italiani, Viviani è salito a Livigno, lavorando per Polonia e Vuelta

Lo sprint ritardato

Sono le 17,35 quando Jonathan Milan arriva nella zona delle flash interviews. E’ frastornato e felice, fatica quasi a trovare le parole, ma quando parla appare maturo come un condottiero navigato. Se ci pensi, pur avendo appena 24 anni, è un campione olimpico e mondiale su pista, ha vinto volate da tutte le parti. Milan sulla bici ha smesso di essere ragazzino già da un pezzo.

«Penso di non aver ancora capito – dice – che cosa abbiamo fatto. Arrivare con alcune aspettative e sogni da portare a casa e riuscirci sono due cose diverse. Ero fiducioso perché nella volata precedente ci siamo arrivati vicini (secondo dietro Merlier nella terza tappa, ndr). Sapevamo di essere partiti troppo presto, ma oggi eravamo davvero concentrati. I miei ragazzi hanno fatto un lavoro straordinario. E’ stato un finale davvero stressante, non me l’aspettavo. Abbiamo rimontato nell’ultimo chilometro e mezzo, poi ho dovuto aspettare il più a lungo possibile. Ce lo meritiamo, il livello è alto. Vincere con questa maglia verde sulle spalle significa molto per me e penso anche per tutto il mio Paese».

Milan ha atteso prima di lanciarsi, quando ha capito di essere ancora lungo. Poi non ha concesso scampo
Milan ha atteso prima di lanciarsi, quando ha capito di essere ancora lungo. Poi non ha concesso scampo

La fiducia in Milan

Sono le 17,45 e Viviani va avanti. Oggi si è goduto il giorno di riposo. Prima ha seguito il Giro Women in cui sta correndo sua moglie Elena Cecchini, nel giorno dell’impresa di Elisa Longo Borghini. Poi è passato al Tour e all’osservazione tecnica di un finale che tanto lineare non è stato.

«Non erano in tanti come al solito – osserva – mancava anche Theuns. Probabilmente, come pure la Alpecin, hanno speso gli uomini nella parte precedente che era parecchio caotica. Consonni è stato bravo a tornare e dare un ultimo aiuto, visto era già indietro di 2-3 posizioni. Hanno lavorato bene perché non hanno mai perso fiducia nelle capacità di Johnny. Non si sono chiesti nulla, hanno continuato nel loro cammino. Non sarebbe stato giusto avere mancanza di fiducia, ma è ovvio che ci fosse rammarico per la prima tappa con la maglia gialla in palio. Ho avuto anch’io l’occasione di fare un Tour che si apriva con una volata e ha vinto quello che nessuno si aspettava. La squadra è tra le due migliori al mondo, Guercilena ha fatto un lavoro super. Mi ricorda lo spirito della Quick Step quando c’ero io. Jonny sente la pressione di dover fare bene perché Pedersen ha dominato il Giro e lo rifarà alla Vuelta. E’ un sistema che sta girando bene».

Milan è benvoluto da tutti i compagni: merito anche e soprattutto della sua educazione
Milan è benvoluto da tutti i compagni: merito anche e soprattutto della sua educazione

La commozione di Consonni

Sono le 17,50 e Consonni ha lo sguardo commosso e stralunato. Il suo lavoro, come quello di Lamon nel quartetto, è spesso oscuro. Ma se qualcosa non va, spesso si punta il dito. Perché lo ha lanciato male, perché non c’era, perché la gente punta il dito soprattutto quando non capisce.

«Quando metti tanto lavoro in quello che fai e poi arriva – dice – anche se si tratta solo di una corsa di bici, è veramente una soddisfazione incredibile. Avevamo un po’ di amaro in bocca dopo il primo sprint, però oggi abbiamo tirato fuori gli attributi. Nella terza tappa mi sono fatto prendere dall’emozione, oggi siamo stati davvero una squadra. Mi sembra di tornare nel mio quartetto, che se uno non riesce a fare il suo lavoro, c’è sempre un altro pronto a rimpiazzarlo affinché da fuori non si veda nulla. Oggi è stato un finale incredibilmente caotico, ma sapevamo che Johnny su certe volate di gamba è davvero imbattibile».

Il ruolo di Consonni rischia di essere sottovalutato, per questo Viviani ha acceso i riflettori
Il ruolo di Consonni rischia di essere sottovalutato, per questo Viviani ha acceso i riflettori

Lo “zio” Elia e i suoi nipoti

Intano sono le 18. Lo “zio” Elia vede i nipotini vincere ed ha il tono partecipe e orgoglioso. La sua analisi continua e si attacca proprio alle parole di Consonni, perché è facile esaltare Milan senza vedere ciò che accade nella sua ombra gigantesca.

«Cerco sempre anche di valorizzare quello che fa “Simo” – dice – è facile dire che Johnny è stato grande, perché è così. Ma Simone è uno che poteva fare risultato, invece ha deciso di sacrificarsi per gli altri e si è rimboccato le maniche. Ero qua in altura con lui prima dell’italiano, perché è venuto a fare una settimana in più rispetto al ritiro della squadra. Era concentrato come e più di un leader, quindi è ovvio che mi piaccia valorizzare il lavoro che fa. E’ bello vederli amalgamati. Come ho detto il giorno dopo che hanno vinto l’oro olimpico a Tokyo, quella medaglia li legherà per sempre. Sono come fratelli, quindi è normale che vederli vincere mi faccia felice. Oltre al fatto che l’Italia ne aveva davvero bisogno. E poi motiva anche me. Spengo la tivù e dico che voglio farlo anche io. E mentre parliamo sento le notifiche dei mille messaggi sulle nostre chat e scommetto che i primi a scrivere sono i ragazzi dello staff, perché la famiglia è composta anche da loro».

La Lidl-Trek oggi era tutta per Milan: Quinn Simmons ha fatto la sua parte in testa al gruppo
La Lidl-Trek oggi era tutta per Milan: Quinn Simmons ha fatto la sua parte in testa al gruppo

Pogacar e la verde

Sono le 18,09, la conferenza stampa serve a ripetere quel che ha detto alle flash e poi nella zona mista. Gli chiedono se il treno abbia lavorato bene o male e lui ripete quel che ci aveva detto prima che il Tour partisse, sulla capacità di scambiare i ruoli. Ma per il resto, niente di nuovo: forse ha davvero ragione Quinn Simmons sulla ripetitività delle domande dopo gli arrivi.

«Abbiamo imparato dagli errori – dice Milan – e aspettavamo con ansia la tappa, non vedevamo l’ora. Ci siamo meritati la vittoria, per cui ora ce la godremo, ma pensando che domani potremmo rifarlo ancora.  E poi c’è la maglia verde. Pogacar può essere un vero rivale, ma penso che avrò altre occasioni per fare punti. Cercherò di farne più possibili, e poi vedremo a Parigi come andrà a finire. La maglia verde è un obiettivo per la mia squadra, ma vivrò tappa per tappa». 

La classifica a punti resta un obiettivo da vivere molto alla giornata
La classifica a punti resta un obiettivo da vivere molto alla giornata

Un leader che sa dire grazie

Sono le 18,15 quando salutiamo Viviani. Il tempo di farci spiegare il rientro al Polonia e poi alla Vuelta e la chiusura la dedichiamo a Milan, che nello stesso tempo sarà stato portato all’antidoping e poi finalmente riprenderà la via del pullman.

«Uno così – dice Viviani – non spacca le squadre, non se la tira. E’ giovane, ma con dei sani principi ed è… cazzuto su quello che vuole. Mi immagino che anche quando hanno sbagliato le prime due volate, avrà avuto il suo sfogo, ma poi si è concentrato sull’occasione successiva. Ha carattere. A volte sbotta, però è un giovane di sani principi, è educato e sa benissimo che per vincere gli sprint ha bisogno degli altri. E’ un leader che gratifica chi lavora per lui. Alla fine, la Lidl-Trek che mette a tirare Quinn Simmons già dà un segnale di che qualità ci sia in squadra. E al Tour sono tutti per Milan».

Van Anrooij: l’operazione, la ripresa e gli obiettivi al Giro Women

07.07.2025
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LALLIO – Il Giro d’Italia Women è iniziato con una cronometro che non ha sorpreso per il risultato finale e per i distacchi inflitti da Marlen Reusser. La svizzera del Team Movistar ha lasciato alle sue spalle tutte le altre pretendenti alla maglia rosa e non solo. Un Giro Women iniziato senza sorprese, vero, ma che già oggi porterà il gruppo sulle prime montagne con l’arrivo ad Aprica. Non un percorso impegnativo ma che può portare già i primi verdetti in negativo, un banco di prova dove è difficile pensare di creare grandi distacchi. 

Shirin Van Anrooij ha aperto il suo Giro d’Italia Women con un buon decimo posto nella cronometro di Bergamo
Shirin Van Anrooij ha aperto il suo Giro d’Italia Women con un buon decimo posto nella cronometro di Bergamo

Top 10

Nella prova contro il tempo di ieri una delle protagoniste che non ha fatto mancare la propria presenza nella top 10 di giornata è stata Shirin Van Anrooij. L’olandese della Lidl-Trek si è presentata al via del Giro d’Italia Women come l’atleta di punta dopo la rinuncia di Gaia Realini. Per la formazione americana sono cambiati gli obiettivi ma la fiducia è alta visto anche il lavoro fatto.

«Ci siamo concentrate – ci ha raccontato Van Anrooij ai margini di un evento al Trek Store di Lallio – sul lavoro in quota per affrontare al meglio questo appuntamento. Personalmente mi sono sentita molto bene e sono felice di tornare al Giro Women con le giuste sensazioni. Dopo il Giro dei Paesi Baschi, corso a maggio, mi sono fermata per allenarmi in vista del Giro d’Italia Women».

Van Anrooij, Henderson, Brand e Holmgren sono state ospiti al Trek Store di Lallio per un incontro con i tifosi
Com’è andata la preparazione?

Tutto molto bene. Sono soddisfatta di come abbiamo lavorato e della scelta di fermarci per fare un training camp di tre settimane. Una volta tornata dal ritiro mi sono messa alla prova nei campionati nazionali a cronometro e su strada. Le sensazioni erano abbastanza buone, erano comunque le prime corse quindi serviva ritrovare il ritmo giusto. 

Con quali ambizioni arrivi al Giro Women?

Arrivo con una mentalità aperta. Devo fidarmi e trovare la giusta confidenza nei miei mezzi. Ho fatto un passo avanti e devo metabolizzare questa cosa, acquisire fiducia. Sarà importante capire in che modo esco dall’operazione all’arteria iliaca fatta questo inverno. 

VAn Anrooij è tornata a correre dopo l’operazione all’arteria iliaca, una ripresa graduale ma che sta dando buone risposte
VAn Anrooij è tornata a correre dopo l’operazione all’arteria iliaca, una ripresa graduale ma che sta dando buone risposte
Senti di essere tornata in bici al meglio?

Non ho avuto fastidi, questo è un bene. L’inizio di stagione non è stato semplice però sento di migliorare gara dopo gara.

La Lidl-Trek come affronterà questo Giro Women?

Con l’obiettivo di vincere una tappa con una delle ragazze al via, me compresa. Credo sia un obiettivo realistico anche per me. Poi capirò giorno dopo giorno se si potrà provare a curare la classifica generale o meno. Però non mi metto pressioni da questo punto di vista. 

Hai visto qualche tappa che ti piace?

In realtà non ce n’è una specifica. Penso che l’ultima parte del Giro Women sia davvero difficile, soprattutto gli ultimi tre giorni. L’andamento delle tappe dipenderà molto dal mio posizionamento in classifica generale. Se avrò perso tanto tempo si potrà pensare di entrare in qualche fuga, altrimenti dovremo cercare di restare con le migliori. 

Quali pensi possano essere gli step da fare per arrivare a essere competitiva nelle corse a tappe?

L’anno scorso ero partita per il Tour de France con l’obiettivo di fare classifica, poi il problema all’arteria iliaca mi ha frenata. Alla Vuelta Femenina non mi aspettavo di partecipare e mi sono limitata a dare supporto a Fisher-Black e Riejanne Markus. Ora al Giro Women avrò più spazio per me e non dovrò lavorare per una capitana. Senza pressioni penso di poter puntare in alto e se non ci riuscirò sarà comunque un’esperienza positiva. Da un lato non avere una leader unica permette a tutte di avere maggiori occasioni e da un certo punto di vista è un bene.

Campioni nazionali, la Lidl-Trek si conferma in vetta

04.07.2025
5 min
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Non solo Conca. L’ultimo fine settimana, come da tradizione, è stato quello dedicato alle varie rassegne continentali e, al di là di nomi e nazioni, in giro per l’Europa (e non solo) sono emersi molti campioni o aspiranti tali, anche se probabilmente una sorpresa come quella vissuta in Italia non c’è stata. L’elenco dei nuovi campioni nazionali è quasi sterminato, ma offre anche spazio per interessanti considerazioni, a cominciare dalla Lidl-Trek.

Sesto titolo italiano crono per Ganna, maglia tricolore da indossare a Caen e nella cronoscalata sul Peyresourde
Sesto titolo italiano crono per Ganna, maglia tricolore da indossare a Caen e nella cronoscalata sul Peyresourde

9 titoli come lo scorso anno

Che la formazione americana sia stata la primatista di vittorie nel weekend non è una sorpresa, perché il primato lo aveva già raggiunto lo scorso anno, sempre con 9 titoli: 5 a cronometro con Hoole (NED), Skuijns (LAT), Ghebreigzabhier (ERI), Pedersen (DEN) e Vacek (CZE), con quest’ultimo e Skuijns che hanno fatto doppietta con quello in linea. Sempre nella prova principale sono arrivati anche i sigilli di Simmons (USA) e Soren Kragh Andersen (DEN).

Al secondo posto in quest’ideale classifica si pone la Ineos Grenadiers, che toglie la piazza alla UAE. La squadra britannica, come da sua tradizione, sfrutta soprattutto la capacità dei suoi ragazzi nelle prove contro il tempo portando a casa, oltre al tricolore di Ganna, anche quelli di Bernal (COL), Leonard (CAN), Schmidt (USA), Foss (NOR) e Jungels (LUX), a cui si aggiungono le vittorie in linea dello stesso Bernal e di Watson (GBR).

Il titolo olandese è di Van Poppel, che batte allo sprint due big come Kooij e Groenewegen (foto CorVos)
Il titolo olandese è di Van Poppel, che batte allo sprint due big come Kooij e Groenewegen (foto CorVos)

Wellens e Narvaez al servizio di Tadej

Non che la UAE sia andata male. L’impressione però è che il team fosse già concentrato sul Tour, con Pogacar che ha disertato la gara nazionale per non rischiare cadute. Il team arabo, oltre all’iride dello sloveno, porterà in Francia anche le maglie nazionali di Belgio con Wellens e dell’Equador con Narvaez. A fare bottino sono state anche le vittorie di Ivo Oliveira (POR), Majka (POL) e a cronometro di Grosschartner (AUT) e Morgado (POR). Un titolo anche grazie al devo team con Matthias Schwarzbacher, vincitore in Slovacchia.

La vera notizia però è che alcune “corazzate” del ciclismo mondiale sono rimaste completamente a bocca asciutta, soprattutto due riferimenti del movimento olandese-belga come Visma-Lease a Bike e Alpecin Deceuninck, dove quindi non ci saranno variazioni sul tema nella vestizione dei propri ragazzi. Come loro anche Arkea-B&B Hotels, Bahrain Victorious (che però ha nelle fila del devo team il nuovo campione sloveno Jakob Ormzel), Cofidis, Groupama FDJ e Picnic PostNL. Stesso destino sfiorato per l’EF Education Easy-Post e questa è un’altra sorpresa, perché lo scorso anno la squadra americana aveva nelle sue fila ben 6 campioni nazionali, ora dovrà accontentarsi dell’estone Madis Mihkels.

Per Godon niente Tour, ma a consolarlo arriva il contratto con la Ineos per il 2026 (foto DirectVelo)
Per Godon niente Tour, ma a consolarlo arriva il contratto con la Ineos per il 2026 (foto DirectVelo)

Un Tour con 17 maglie da campione

Ma che succede se trasponiamo il tutto in ottica Tour de France, in partenza domani? Cominciamo con il dire che, guardando il gruppo, spiccheranno ben 17 maglie di campioni nazionali, alcune nelle tappe in linea, altre in quelle a cronometro. Tante? Forse, ma la particolarità è data forse più da quelle che mancano. Quella francese, ad esempio: nella di casa, quella più amata, non ci sarà infatti Dorian Godon, il ventinovenne della Decathlon AG2R, squadra che ha preferito scegliere altri elementi sia per supportare l’uomo da classifica Felix Gall sia per andare a caccia di vittorie di tappa.

Le squadre con un roster più ricco di maglie di campione nazionale saranno a pari merito Ineos e Jayco Alula. I britannici avranno Ganna e Foss nelle cronometro, Watson nelle altre tappe. La Jayco potrà contare sui due campioni australiani, Dunbridge in linea e Plapp a cronometro, oltre all’elvetico Mauro Schmid che ha fatto doppietta e questo la dice lunga sulle sue condizioni di forma. Tre maglie diverse anche per la Soudal, ma nel suo caso il discorso cambia, perché Evenepoel indosserà quella di campione del mondo nelle cronometro, Merlier quella di campione europeo nelle tappe in linea. Con loro Schachmann, campione tedesco a cronometro.

Per Tadej Pogacar niente campionato nazionale, concentrazione massima verso il Tour…
Per Tadej Pogacar niente campionato nazionale, concentrazione massima verso il Tour…

La divisa più bella? Resta quella di Pogacar…

La Lidl-Trek primatista avrà solo due campioni nazionali fra gli 8 in gara sulle strade francesi: vedremo spiccare nel gruppo la bellissima maglia a stelle e strisce di Simmons ma anche quella di campione lettone di Skujins. Altre 6 saranno le formazioni che “coloriranno” le loro presentazioni sui palchi: Decathlon AG2R con Armirail campione transalpino contro il tempo. Intermarché con il tedesco Zimmermann. Astana con Fedorov, doppio campione kazako che però avrà indosso la maglia di campione asiatico. Leknessund campione norvegese per la pseudonazionale Uno-X. Van Poppel campione olandese per la Red Bull Bora Hansgrohe e lo spagnolo Romeo per la Movistar.

Abbiamo lasciato per ultima la UAE, che avrà dalla sua la maglia di campione belga di Wellens e quella di campione ecuadoriano di Narvaez, ma gli occhi saranno solo per l’iride indosso a Pogacar…

Prima maglia gialla, la verde e i ventagli: inizia il Tour di Milan

04.07.2025
5 min
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Il primo italiano a indossare la maglia gialla fu Vincenzo Borgarelli nel 1912: oltre un secolo fa. L’ultimo è stato Giulio Ciccone nel 2019. Successivamente non ci sono state tante occasioni perché un altro ci riuscisse, per questo la prima tappa del Tour a Lille rappresenta un’occasione da non perdere. Jonathan Milan lo sa. Ha studiato il tracciato della gara ed è tornato a farlo anche ieri, prima di schierarsi alla presentazione delle squadre.

Il primo Tour è un’emozione. E anche se il friulano della Lidl-Trek è ormai abituato a calcare palcoscenici anche più importanti come quelli olimpici, di certo al fascino della Grande Boucle non resta indifferente. E così si racconta, a metà fra il tecnico e il sentimentale. Milan è allegro, passa agevolmente dall’inglese all’italiano.

La presentazione delle squadre si è svolta ieri nel cuore di Lille, davanti a una folla notevole (foto A.S.O./Aurélien Vialatte)
La presentazione delle squadre si è svolta ieri nel cuore di Lille, davanti a una folla notevole (foto A.S.O./Aurélien Vialatte)
Due anni fa il debutto al Giro fu fonte di parecchia emozione: come si arriva al Tour?

Quel debutto fu qualcosa di indimenticabile, anche per come andò. Mi sto avvicinando al Tour come al Giro dello scorso anno, con più consapevolezza. So che la condizione è buona, il team è ottimo e tutto ciò mi tranquillizza. Vedremo come andrà domani, cerchiamo di dare il massimo. C’è questa grandissima possibilità di indossare la maglia gialla il primo giorno, ma bisogna stare attenti al percorso. Nei chilometri precedenti l’arrivo, potrebbe esserci un po’ di vento e si potrebbero formare dei ventagli. Qualcuno ci proverà. Insomma, la prendo come qualsiasi altra gara.

Cosa rappresenta per te il Tour de France?

Il Tour era una di quelle corse che guardavo durante l’estate, quando ero piccolo, sul divano con i miei genitori. Una corsa che ho sempre sognato e il fatto di essere qua è molto bello. Pochi anni fa ero molto tifoso di Peter (Sagan, ndr), mi ricordo le sue imprese ed essere qui anche io mi fa pensare che il lavoro ha funzionato.

Ecco, il lavoro. E’ stata una preparazione impegnativa? E cosa puoi dire del passaggio al Delfinato?

In realtà non me la sento di dire che sia stata particolarmente dura. Abbiamo lavorato molto e il Delfinato è stato molto, molto impegnativo: devo ammetterlo. Ho sofferto tanto sulle salite. Però poi, una volta rientrati a casa, ho iniziato subito a sentirmi un po’ meglio, a fare dei buoni valori anche per quanto riguarda lo sprint e gli altri lavori e le sensazioni sono iniziate a crescere. Insomma, mi sento pronto. Credo di aver fatto una preparazione ottima.

In giallo al delfinato, Milan saluta Van der Poel in verde: al Tour i due colori sono entrambi nel suo mirino
In giallo al delfinato, Milan saluta Van der Poel in verde: al Tour i due colori sono entrambi nel suo mirino
Sei passato in Friuli, dicevi, dove l’attesa per il tuo debutto al Tour è notevole: te ne sei reso conto?

E’ un grande supporto. Ho passato un po’ di giorni a casa, ho avuto la bellissima emozione di correre i campionati italiani quasi sulle strade di casa e mi sono reso conto dell’attesa per la grande partenza. Questa cosa mi dà energia in più.

Hai sofferto sulle salite del Delfinato, sai qualcosa di quelle del Tour? E quante sono le tappe in cui si potrebbe arrivare in volata?

Per quanto riguarda le salite, ne conosco ben poche. Di sicuro non sono uno che va a provarle. Abbiamo fatto qualche recon, ma per i percorsi che mi si addicono. Per cui già parecchio tempo fa siamo andati a vedere la tappa di domani. Abbiamo provato gli ultimi 90 chilometri, abbiamo visto bene il finale e anche ieri abbiamo ripassato gli ultimi 20 chilometri. Gli arrivi in volata dovrebbero essere sei, ma si spera di poterne tirare fuori anche qualcuno in più. Posso dire che ogni giorno in ritiro guardavamo i video degli ultimi 15-20 chilometri di ogni tappa. Insomma, sappiamo come sono fatti gli arrivi, più o meno li abbiamo in testa.

La maglia verde può essere un tuo obiettivo?

E’ certamente un obiettivo, però sarà semmai la conseguenza dei buoni risultati. Vedremo con il passare delle tappe se potrà essere un obiettivo concreto.

E’ un peccato che la tappa di Parigi non sia più il classico volatone dei Campi Elisi? 

Mi spiace molto. Era una volata sicura, invece lo strappetto di Montmartre renderà tutto un po’ più interessante, ma meno alla portata dei velocisti. Ho parlato con Stuyven, che l’ha fatto l’anno scorso alle Olimpiadi. Mi ha detto che già con 90 corridori, la gara era abbastanza nervosetta. Immagino che fra tre settimane sarà anche più pericolosa, perché la strada è piccola e con 150 corridori a fine Tour ci sarà anche più tensione. Ci saranno sicuramente molti attacchi, sarà imprevedibile e penso che noi velocisti cercheremo di tenere la corsa più chiusa possibile e poi vedremo come andrà.

Milan ha chiuso il tricolore di Gorizia al settimo posto. Qui è con Velasco e Vendrame
Milan ha chiuso il tricolore di Gorizia al settimo posto. Qui è con Velasco
Al Delfinato abbiamo visto vari cambiamenti di ruolo nel tuo treno: sono soluzioni che si provano o si improvvisano?

Avete visto bene, sono cose che proviamo molto in allenamento. Cerchiamo di cambiare i ruoli ed è qualcosa che caratterizza il nostro treno. Se qualcuno sta male oppure ha avuto un problema deve potersi scambiare con chi sta meglio. Al Delfinato è successo che Simone (Consonni, ndr) aveva già fatto un grandissimo lavoro per riportarmi in gruppo e ha detto semplicemente di aver speso tanto. Così si è scambiato con Theuns, andando a fare il terzultimo uomo e curando il posizionamento per l’ultimo chilometro. Penso che questo sia un valore aggiunto per il mio gruppo.

Hai anche detto che ti è piaciuto aver corso il campionato italiano in Friuli: che cosa ti è parso della vittoria di Conca e di come è andata a finire?

Personalmente sono contento della mia performance. E’ stato un italiano difficile da gestire perché eravamo solamente in tre alla partenza (con Milan c’erano Consonni e Mosca, ndr). In ogni caso, Jacopo ha fatto un grandissimo lavoro, mi hanno supportato molto bene. Abbiamo cercato di fare il massimo, ma bisogna dire che c’è stato qualcun altro che ha fatto meglio di noi. Quando si vince, non è mai per caso. Questo lo dico sempre.

Realini: cambio di programma, ora l’obiettivo è il Tour

02.07.2025
4 min
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DARFO BOARIO TERME – Il sorriso non manca mai sul volto di Gaia Realini, nemmeno in questo momento difficile che l’ha vista restare lontana dalle corse e dalle posizioni di testa per diversi mesi. Una frattura al gomito in allenamento le ha portato tanti problemi e qualche complicazione in più del previsto, tornare in bici non è stato affatto semplice. I passaggi per tornare ad essere l’atleta che l’anno scorso  tanto aveva stupito prima al Giro d’Italia Women e poi al Tour de France Femmes sono lunghi ma non impossibili. Serve pazienza e Gaia Realini ha imparato ad armarsi anche di questa e non solo della sua instancabile energia. L’abruzzese sabato non sarà al via del Giro d’Italia Women che partirà da Bergamo. Un’assenza difficile da digerire ma giusta, con l’obiettivo di tornare presto ad alti livelli.

«Piano piano mi sto riprendendo – ci racconta poche ore prima del campionato italiano donne – ma non mi metto fretta. Vediamo giorno per giorno come procede il tutto. L’infortunio al gomito si è rivelato più complicato del previsto e molto lungo da curare. Mi sono trovata a dover rallentare di parecchio gli allenamenti e i carichi di lavoro, è come se avessi perso tutta la preparazione invernale. Ora mi ritrovo con le altre atlete che sono a giugno, mentre per me è come se fosse febbraio

Gaia Realini ha subito una frattura al gomito in allenamento a gennaio
Gaia Realini ha subito una frattura al gomito in allenamento a gennaio
Sei tornata a competere ad alti livelli al Tour de Suisse Women, com’è andata?

E’ stato un primo banco di prova come a dire: «Ributtiamoci nella mischia». Mi sono messa a disposizione della squadra, credo si sia visto. Ero spesso davanti a tirare quando partiva la fuga, oppure andavo all’ammiraglia a prendere le borracce per tutte nei giorni più caldi. Per il momento è quello che posso fare e in vista di una ripresa totale mi diverto a fare anche questo

Cosa vuol dire fermarsi e ripartire praticamente da zero?

Che quando le altre si stavano allenando, io ero a casa e non potevo fare nulla. Ho dovuto lavorare molto sulla testa, diciamo che è stato un allenamento per la mente. Spesso mi dicevo: «Okay, ora è successo a te però con calma puoi riprenderti senza problemi». Ho imparato a gestire tutto con la giusta serenità.

Gaia Realini ha ripreso a correre gradualmente, qui alla Freccia del Brabante a metà aprile
Gaia Realini ha ripreso a correre gradualmente, qui alla Freccia del Brabante a metà aprile
La parte più difficile quando è arrivata?

Quando mi hanno dato il via libera per ripartire, ma a causa dei dolori e di alcune complicazioni mi sono dovuta fermare ancora. Però grazie allo staff medico e a tutta la squadra ho trovato il modo giusto di affrontare la situazione e continueremo per questa strada. 

Risalire in bici è stato così complicato?

All’inizio si pensava fosse più semplice come infortunio, una pensa: «Il braccio che vuoi che sia? Tanto pedali con le gambe». Però poi capisci che in tante cose serve forza e mobilità nel braccio e ripartire non è facile soprattutto quando ti devi alzare sui pedali o fai dei piccoli movimenti che pensi siano banali. Invece nel ciclismo la parte superiore (il cosiddetto core, ndr) è estremamente importante

Realini dopo aver corso il Tour de Suisse senza terminarlo si è presentata all’italiano (in foto) al servizio di Elisa Balsamo
Realini dopo aver corso il Tour de Suisse senza terminarlo si è presentata all’italiano (in foto) al servizio di Elisa Balsamo
In questa stagione saresti felice se?

Se riuscissi a ritrovarmi e a trovare una buona condizione, anche se sto rincorrendo. Spero di arrivare tra qualche mese e di essere ancora più vicina alle migliori, diciamo di essere all’80 per cento. 

Si può pensare di arrivare a quell’80 per cento già al Tour?

Secondo me sì perché comunque sono un’atleta che con il caldo riesce a dare il meglio. Quindi perché no?

Per le tappe o per la classifica?

Tappe, senza dubbio. 

Consonni e un Delfinato in crescita, per sé e per le volate di Milan

17.06.2025
5 min
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Il Critérium du Dauphiné è finito da appena due giorni e Simone Consonni ha già rifatto le valigie, direzione altura. Le fatiche in terra francese hanno lasciato qualche scoria e hanno allegato le prime risposte dopo il periodo di preparazione a Sierra Nevada. La Lidl-Trek è tornata a casa con una vittoria di tappa siglata da Jonathan Milan. Il velocista friulano è riuscito a mettere le ruote davanti a tutti nella seconda tappa, mentre nella quinta non è riuscito a bissare il successo. Simone Consonni e Jonathan Milan sono tornati a correre insieme dopo più di due mesi, l’ultima volta che si erano ritrovati insieme era stato alla Classic Brugge De Panne. 

«Andare in altura – racconta Simone Consonni – serve un po’ per rigenerarsi sia fisicamente che mentalmente. Sapete, quando si è a casa è difficile staccare, si è sempre indaffarati a fare tante cose. In questo modo riesco a prendere i miei ritmi e posso fare ancora quale passo in più per migliorare alcuni parametri, come il recupero. Se il Tour de France sarà impegnativo e tirato come queste otto tappe al Delfinato, meglio avere qualche globulo rosso in più».

Simone Consonni e Jonathan Milan non correvano insieme dalla Brugge-De Panne del 26 marzo scorso
Simone Consonni e Jonathan Milan non correvano insieme dalla Brugge-De Panne del 26 marzo scorso

Sui passi giusti

Aver trovato il successo nella prima gara dopo il ritiro in altura è stato importante, soprattutto se questa è anche l’antipasto di quello che si troverà al Tour de France. Ora che il percorso in preparazione alla Grande Boucle è stato completato è il momento di capire se la condizione trovata è quella giusta oppure no. 

«Personalmente – riprende Simone Consonni – la gara è andata bene, mi sono sentito sempre meglio giorno dopo giorno. Ho avuto un paio di giorni complicati, ma arrivando dall’altura sapevamo che sarebbe potuto succedere. In particolare nella seconda tappa, quella vinta da Johnny (Milan, ndr) non sono riuscito a fare il lavoro di ultimo uomo. Sapevamo che il Delfinato sarebbe stata una gara difficile, bastava guardare la lista dei partenti per capire che avremmo sofferto. Oltre a noi, solamente la Israel Premier Tech ha portato un velocista».

La Lidl-Trek di Milan e la Israel di Stewart si sono occupate di tenere chiusa la corsa nelle tappe con arrivo in volata
La Lidl-Trek di Milan e la Israel di Stewart si sono occupate di tenere chiusa la corsa nelle tappe con arrivo in volata
Che passaggio è stato per voi?

Abbiamo avuto la conferma di avere un gruppo veramente solido. C’erano tre occasioni in volata, nella prima siamo riusciti a resistere agli attacchi degli uomini di classifica riportando Milan nel gruppo dei migliori. Già il fatto di essere riusciti a rientrare è stata una risposta positiva. 

La vittoria del giorno dopo è stata una conferma ulteriore?

Assolutamente. La seconda tappa era comunque molto impegnativa con quasi 3.000 metri di dislivello e tanti chilometri. Rientrare, riuscire a sprintare e vincere non è banale. Peccato perché è coincisa con la mia giornata “no” però sono comunque riuscito a dare il mio contributo. Con il passare delle ore ho parlato con Theuns e Stuyven, ho detto loro di invertire i ruoli nel treno e sono stati loro a lanciare Milan. 

Per Milan e la Lidl-Trek è arrivata una vittoria di tappa durante il Delfinato sul traguardo di Issoire
Per Milan e la Lidl-Trek è arrivata una vittoria di tappa durante il Delfinato sul traguardo di Issoire
Come mai hai avuto queste difficoltà?

Un po’ per il lavoro in altura, poi ne ho parlato con la squadra perché avevo i crampi e facevo davvero tanta fatica. Ci siamo messi a guardare un po’ di file e ci siamo resi conto del fatto che era da un po’ che non facevo una gara così impegnativa. Ho iniziato la stagione alla Valenciana, dove il ritmo e il percorso erano davvero esigenti. Al UAE Tour le due tappe di montagna sono state fatte in maniera davvero blanda. Alla Tirreno-Adriatico sono stato male e ho saltato le Classiche.

Insomma, ti mancava il ritmo gara?

Sì. Anche perché in primavera ho corso, ma tutte gare piatte e senza particolari difficoltà. Da lì mi sono fermato un mese e ho corso a Francoforte, più per esigenze di squadra. Mi hanno chiamato all’ultimo a causa di alcune assenze in squadra. E’ stato un ritorno estemporaneo, infatti mi sono fermato ancora per un mese per preparare il Tour

Il successo di Milan è stata una conferma nel processo di avvicinamento al Tour de France
Il successo di Milan è stata una conferma nel processo di avvicinamento al Tour de France
Anche per Milan il Delfinato è stato un passaggio importante?

Lui arrivava con più gare rispetto a me. Ha finito la Tirreno e ha fatto il blocco delle Classiche, che sicuramente ti lascia qualcosa in più nelle gambe. Però dopo l’altura correre è un bene, alla fine non abbiamo preparato il Delfinato, ma questo è stato un passaggio lungo il cammino per il Tour. 

Come avete lavorato in altura?

Abbiamo messo insieme tanti chilometri. Quando si va in ritiro ci si concentra su questo aspetto, con tanti allenamenti lunghi e molti metri di dislivello. Le volate si allenano in gara. Con il senno di poi direi che il lavoro fatto è stato giusto. Al Tour troveremo tanta salita, come al Delfinato, quindi allenarsi in quota e poi venire a fare una corsa così dura è stato utile. E’ importante avere i cinque o sei minuti di sforzo ma bisogna anche arrivare con i primi nel finale, serviva costruire una base solida. 

Le occasioni per gli sprinter sono state poche al Delfinato, nella seconda volata Milan è arrivato quinto
Le occasioni per gli sprinter sono state poche al Delfinato, nella seconda volata Milan è arrivato quinto
Dopo due maglie ciclamino al Giro con quali ambizioni arriverete al Tour, la maglia verde è possibile?

Andremo al via di Lilla con l’obiettivo di vincere quante più tappe possibile. La maglia verde sarà una diretta conseguenza, se andrà bene potrebbe arrivare. 

Tornerai al Tour dopo cinque anni, la tua esperienza potrà essere utile?

Non saprei. Quando ho corso alla Grande Boucle era il 2020 ed è stata un’edizione strana visto che c’era il Covid. La corsa era blindata, non c’era tanto pubblico. Da questo punto di vista direi di no. Per quanto riguarda l’esperienza in gara penso che la corsa la facciano i corridori. Sarà difficile perché avremo i migliori atleti al mondo al via. Però ripeto, questo Delfinato ci ha dato fiducia. 

Prima la testa e poi le gambe, la Lidl-Trek cerca il vero Bagioli

15.06.2025
4 min
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Andrea Bagioli da quando è passato professionista nel 2020, ad appena ventuno anni, ha fatto vedere di essere un corridore capace di correre con la testa del gruppo. La Soudal-Quick Step aveva visto in lui un talento, la Lidl-Trek ci ha voluto investire con l’idea di farne un oggetto prezioso del suo panorama in costruzione. Il biglietto da visita con il quale Bagioli si era presentato nel suo nuovo team americano, a fine 2023, era di tutto rispetto: terzo alla Coppa Bernocchi, primo al Gran Piemonte e secondo al Giro di Lombardia alle spalle di Pogacar. 

Lo scorso anno il passaggio a vuoto è stato evidente e dopo un riposo necessario si è ripresentato al via della nuova stagione con l’obiettivo di far vedere quanto vale il “vero” Bagioli

Il primo anno con la Lidl-Trek per Bagioli è stato difficile, alla costante ricerca di se stesso
Il primo anno con la Lidl-Trek per Bagioli è stato difficile, alla costante ricerca di se stesso

Nuovi meccanismi

La novità del 2025 è stata la partenza dall’Australia con il Santos Tour Down Under per ritrovare la condizione e il giusto feeling con le corse dopo una stagione finita anzitempo. Il risultato ha fatto intravedere una possibile ripresa. La stagione è poi proseguita con qualche altro buon piazzamento e il terzo posto al GP Indurain. Ma la vera scossa è arrivata alla Liegi-Bastogne-Liegi e grazie a un sesto posto che ci ha fatto rivedere Bagioli in testa al gruppo anche nelle Classiche. 

Il suo riferimento in squadra è Adriano Baffi, i due venerdì erano insieme in Svizzera all’Aargau e oggi hanno iniziato il Tour de Suisse. Insieme al diesse della Lidl-Trek cerchiamo di capire quali siano le aspettative reali intorno a Bagioli

«E’ arrivato da noi come un ragazzino giovane e di belle speranze – dice Baffi – e si è trovato in una squadra con impostazioni e sistemi diversi a quelli a cui era abituato. Nel 2024 ha pagato lo scotto della nuova avventura. Quest’anno è entrato maggiormente nei meccanismi e ha dimostrato di poterlo fare».

Questa stagione è iniziata con un altro piglio e altri risultati, qui al GP Indurain dove è arrivato terzo
Questa stagione è iniziata con un altro piglio e altri risultati, qui al GP Indurain dove è arrivato terzo
Cos’è cambiato?

Lo vedo più aperto con noi del team e questo ci permette di poterlo supportare laddove si riesce a fare, lo scorso anno era chiuso ma si tratta anche di costruire un rapporto. Non ci conosceva e lui arrivava da una realtà totalmente differente. 

E’ servito del tempo per ambientarsi?

Non era logico che quelle del 2024 fossero le sue prestazioni, i numeri che ha fatto registrare e che ha tuttora sono ben diversi. L’unica risposta possibile era che ha sofferto il cambio squadra. 

Ora che ci lavori da più di un anno che corridore pensi possa essere?

Con le dovute proporzioni direi un Bettini, ha le sue stesse qualità atletiche. Chiaro che stiamo parlando di due corridori diversi a livello di risultati. Però Bagioli ha una buona resistenza in salita ed è rapido e queste qualità escono maggiormente con il passare dei chilometri. 

I risultati migliori per Bagioli sono arrivati quando ha corso lontano dai riflettori, come alla Liegi dove è arrivato sesto ed era in appoggio a Ciccone e Nys
I risultati migliori per Bagioli sono arrivati quando ha corso lontano dai riflettori, come alla Liegi dove è arrivato sesto ed era in appoggio a Ciccone e Nys
Gli serviva trovare la fiducia?

Noi un corridore come Bagioli lo aspettiamo sempre, le qualità le ha. Nel ciclismo di oggi non è facile ottenere i risultati che uno dovrebbe o potrebbe avere. Ci sono tante cose che influenzano una prestazione ma alla fine la strada mette al primo posto il valore dell’atleta. 

Qual è il vero valore di Bagioli?

Può fare di più, ma quel di più vorrebbe dire vincere la Liegi. Il passo da fare non è semplice, lui si allena bene e ora sta facendo vedere buone cose. In base ai valori che ha penso che arriverà il momento in cui riuscirà a tirarli fuori. Il secondo posto nella tappa finale del Giro di Slovenia e gli altri piazzamenti ci dicono qualcosa. Forse quello che può rappresentare il suo vero valore è il sesto posto di quest’anno alla Liegi. 

All’ultima tappa del Giro di Slovenia un secondo posto alle spalle di Ivo Oliveira, un altro passo verso il grande obiettivo: la vittoria
All’ultima tappa del Giro di Slovenia un secondo posto alle spalle di Ivo Oliveira, un altro passo verso il grande obiettivo: la vittoria
Bisogna cercare di vincere…

Credo che Bagioli sia un corridore in grado di vincere due o tre corse in una stagione e parlo anche di gare importanti. Ma il passo deve farlo lui, noi possiamo supportarlo ma poi in bici ci sale lui. Nel ciclismo c’è chi vince e chi è un buon corridore e Bagioli sta cercando di capire dove può collocarsi.