As Roma-Coratti, una stagione in trasferta

09.11.2020
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Dopo aver conosciuto molti team tra Toscana e Nord Italia, stavolta scendiamo al Centro dai ragazzi dell’A.S. Roma – Team Coratti, uno dei sodalizi storici del ciclismo laziale. Da qui sono passati corridori come Valerio Agnoli. A parlarci di questa squadra è il team manager Simone Coratti.

Lunghe trasferte

«Veniamo da una stagione particolare molto intensa – racconta il manager romano – Sono stati quattro mesi di gare in giro per l’Italia. Di solito partivamo la mattina, quest’anno invece il più delle volte siamo andati via il giorno prima con tanto di pernottamento in hotel. E’ stato dispendioso sotto ogni punto di vista, però ce l’abbiamo fatta. Abbiamo preso parte anche ad una corsa a tappe come il Giro del Friuli.

«Avevamo dieci ragazzi e altrettanti dovremmo averne per il prossimo anno. Devo dire che siamo stati fortunati perché alla fine rispetto ad altre squadre quasi tutti hanno sempre gareggiato».

I ragazzi laziali hanno corso dal Nord al Sud (qui ad Alberobello)
Il team laziale ha corso dal Nord al Sud (qui ad Alberobello)

Il che non è poco. Raramente un team di ragazzi che si avvicinano alla maggiore età riescono ad essere costanti per tutto l’anno. Segno che la società li segue e la scelta è ricaduta su ragazzi seri.

Non solo, ma in Coratti stanno lavorando per espandere i “confini”. Presto si unirà al gruppo anche un ragazzo di Malta. Il “ponte” è stato Valerio Agnoli, vicino a questa società e conoscitore, a quanto pare, del ciclismo maltese. «Vogliamo dare un’opportunità a quegli aspiranti corridori. Per loro, a volte, anche un completo in più fa la differenza».

Serietà Coratti

Serietà è la parola d’ordine della A.S. Roma-Coratti.

«Non chiediamo i risultati a tutti i costi, però impegno e serietà sì. Questa è una categoria molto particolare. Sei giovane, ma va fatta seriamente. E se scegli di esserci, devi farla per bene. Noi diamo molto (dalle bici De Rosa, al supporto in tutto e per tutto, ndr) e non stiamo lì con il fucile puntato però in cambio vogliamo impegno. I ragazzi lo sanno e io lo vedo».

Per una squadra del Centro-Sud (ciclisticamente parlando) è dura affacciarsi al ciclismo nazionale. Le trasferte sono sempre lunghe e dispendiose. E lavorare con ragazzi che risiedono in un raggio piuttosto ampio non è facile. 

«I nostri corridori hanno dei potenziometri. Abbiamo stipulato una convenzione così che possano prenderli ad un buon prezzo. Per noi è importante perché in questo modo riusciamo a seguirli negli allenamenti infrasettimanali. Mentre nel weekend stiamo insieme. Abbiamo una convenzione con un hotel e facciamo una due giorni insieme».

Franco Ballerini: all’estero per crescere

02.11.2020
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Franco Ballerini – Due C è la squadra juniores che sorge nel cuore della Toscana e che porta avanti il nome del grande campione. Una società legata a doppio nodo alla squadra Professional Vinzi Zabù Ktm di Angelo Citracca e del ds Luca Scinto. A dirigere questa piccola corazzata juniores è Andrea Bardelli, direttore sportivo con esperienza ventennale dai Giovanissimi ai professionisti.

Bilancio Positivo

«Finiamo bene questa stagione – dice Bardelli – abbiamo raccolto molto in questi tre mesi intensi di gare. Andrii Ponomar è un vero talento (su di lui già gravitano squadre WorldTour, ndr),  Gregorio Butteroni è molto forte e tutti gli altri sono stati davvero bravi. Abbiamo vinto il Grand Prix Ruebliland che  è stato un po’ il mondiale di quest’anno. Dopo il mondiale di Antonio Tiberi è un’altra perla che si aggiunge alla nostra bacheca.

L’ucraino Andrii Ponomar ha vinto l’europeo 2019
Andrii Ponomar ha vinto l’europeo 2019

«Purtroppo non avendo ragazzi veloci ed essendoci state spesso gare a circuito abbiamo fatto qualche vittoria in meno, ma non sono i numeri che ci interessano. Quel che vogliamo è far crescere i ragazzi, farli arrivare (pronti) al professionismo e portare avanti lo spirito di Franco».

Esperienze all’estero

La Franco Ballerini è una delle poche squadre italiane juniores a fare attività all’estero. Questi viaggi sono un bagaglio eccezionale per gli atleti e danno molto al movimento italiano di questa categoria.

«Vado all’estero dal 2008. Ho visto i Sagan e i Pogacar quando erano poco più che bambini. Siamo consapevoli che spesso andiamo a prendere delle “briscole” come diciamo in Toscana, ma quando tornano i ragazzi sono diversi. Prima non sapevano neanche muoversi in un aeroporto. Crescono, acquisiscono consapevolezza. Senza contare che comunque poi arrivano anche i risultati. Nel 2013 Matteo Trippi vinse il campionato italiano di ritorno da una gara a tappe in Svizzera».

Bardelli racconta che all’estero non c’è un ciclismo di “campanile” come in Italia. Con la categoria juniores si ha un taglio netto, una selezione importante. Non ci sono 50 squadre, né due gare per regione a domenica. 

«In Francia i tesserati juniores sono 250 – riprende il tecnico toscano – In Belgio fanno una o due gare su tutta la Nazione a domenica. Addirittura in Francia alcune corse sono promiscue junior e U23, poi ognuna ha la sua classifica. L’Ag2R ha un team juniores e si è presentato in una corsa in Italia con 6 atleti di 6 nazionalità diverse. Non voglio sembrare duro e passare come colui che non vuol dare ai ragazzi la possibilità di correre, però una selezione in questa categoria c’è ed è un dato di fatto. E secondo me serve. All’estero si va in un’altra direzione. Se c’è una cosa buona del covid è che essendoci state meno corse il livello qualitativo si è alzato». 

Rapporti stretti tra il team juniores e i professionisti della Vini Zabù
Rapporti stretti tra con la Vini Zabù

Un 2021 di speranza 

La Franco Ballerini riparte da 10 atleti: 4 di secondo anno e 6 di primo. Più due corridori stranieri che potrebbero aggiungersi alla rosa.

«Una scelta che è anche legata alla situazione del covid. Così come quella di ripartire dall’estero alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Preferiamo evitare i ritiri nei periodi durante la scuola e dedicare quel budget a quelle due e o tre trasferte fuori confine. Devo ringraziare Scinto e Citracca che ci danno una mano con il loro budget e anche un supporto logistico per questi viaggi. Si parla tanto dei vivai giovanili delle WorldTour ma qui non siamo da meno, siamo una famiglia».

Argentin, 1ª tappa: parliamo di juniores

01.11.2020
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Il campione del mondo di Colorado Springs, vincitore fra le sue 69 corse di 4 Liegi, 3 Freccia Vallone, un Fiandre e un Lombardia, inizia con bici.PRO un viaggio di 3 puntate sul ciclismo di oggi, mettendolo a confronto con il suo. Il tempo non va riportato assolutamente indietro, guai solo pensarlo. Ma ci sono aggiustamenti da fare. Il ciclismo italiano ha talenti come e più degli altri Paesi, eppure rischia di danneggiarli. Ecco perché.

«Innanzitutto – dice Argentin – un problema è la mancanza di squadre professionistiche che diano ai dilettanti la possibilità di mettersi in mostra a livello mondiale. Poi c’è il fatto che la categoria juniores si è molto evoluta, segue gli aggiornamenti in termini di preparazione e alimentazione, facendo quello che un tempo facevano i dilettanti. Una condizione inevitabile, non la possiamo fermare. Ma dobbiamo stare attenti a non farli allenare troppo finché sono in una fase di crescita, altrimenti li bruciamo. Ed è quello che stiamo pagando».

Juniores nel mirino

Comincia così questo primo contributo di Moreno Argentin, uomo delle grandi classiche e vincitore di un campionato del mondo. Il suo ragionamento ben si inserisce nel viaggio che bici.PRO sta compiendo nell’universo degli juniores (finora pubblicati approfondimenti su Work Service, Aspiratori Otelli, Autozai Contri, Italia Nuova Panigale). E’ la categoria più esposta oggi al rischio di iperattività, fisica e psicologica, come ha raccontato anche Michele Bartoli commentando i risultati straordinari di alcuni stranieri al Giro d’Italia. Un ottimo spunto per chi guida la Federazione ciclistica italiana.

Nei prossimi 2 video del grande campione di San Donà di Piave, la scelta necessaria perché ciascun corridore trovi la sua dimensione fra classiche e Giri. E poi nell’ultima, i suoi ricordi e le sensazioni sui campionati del mondo e il ruolo di Alfredo Martini.

Corazzata Work Service: due sedi e 23 corridori

31.10.2020
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Matteo Berti è il direttore sportivo della Work Service Romagnano. La sua squadra ha una struttura un po’ differente dalle altre realtà sentite in questi giorni. Il team si divide in due grandi sedi, quella toscana e quella veneta.

Una doppia affiliazione, ma un unico team, per questo nelle loro fila figurano 23 juniores. Una vera corazzata.

Al Giro del Friuli hanno vinto una tappa con Christian Danilo Pase
Al Giro del Friuli hanno vinto una tappa con Christian Danilo Pase

Velocisti e scalatori avvantaggiati

«Ci sarebbe piaciuto far fare più attività ai nostri tanti ragazzi – racconta Berti –  ma con le numerose restrizioni non è stato facile. Una stagione normale sarebbe stata gradita vista la nostra rosa! Comunque abbiamo portato a casa sette vittorie e colto diversi piazzamenti importanti. Abbiamo gareggiato a crono e su pista. E se c’è qualcosa di buono che ha fatto questo covid è proprio quello di aver fatto tornare a crescere l’attività su pista.

«Con tipologie di gare molto specifiche a rimetterci sono stati soprattutto quei corridori che vanno bene sui percorsi misti, tutti coloro che non sono velocisti o scalatori. Infatti si sono disputate parecchie gare a circuito piatte o semipiatte e tante cronoscalate e questo non ha dato a tutti la stessa visibilità».

In ritiro nelle due sedi

Il faro della Work Service è stato Lorenzo Germani: 5 vittorie, il titolo regionale, quello di vicecampione italiano e laconvocazione agli europei. Ma anche Mattia Gazzara si è fatto vedere, per lui due trionfi. Bravi anche Samuele Gimignani, Christian Danilo Pase e Vincenzo Russo, che ha colto un successo pur essendo un primo anno.

Per la prossima stagione si continuerà a lavorare con 23 corridori e due gruppi. Da qualche anno hanno acquisito due stabili che faranno da ritiro per i ragazzi. Uno nella zona di Massa e uno nei pressi di Padova. 

«Saranno le due basi – spiega Matteo – poi nei weekend cercheremo d’incontrarci. Durante la settimana i ragazzi si allenano da soli. Noi abbiamo una piattaforma sulla quale possono caricare gli allenamenti e noi li monitoriamo. Le loro bici sono dotate di potenziometro e così riusciamo a seguirli. Inoltre facciamo un paio di ritiri l’anno tutti insieme».

Germani passerà alla Groupama-Fdj Continental
Lorenzo Germani passerà alla Groupama-Fdj Continental

La crescita di Germani

E in uno di quei ritiri in pratica ci è cresciuto negli anni da juniores Germani. Il laziale aveva le idee chiare sin da subito.

«Lorenzo – racconta Berti – da allievo veniva spesso a correre in Toscana. Lo conoscevamo e ci conosceva. Inoltre lui con la scuola era un anno avanti e così da juniores si è trasferito e ha completato gli studi qui da noi. Lorenzo si allenava e poi studiava in quella “casetta” che abbiamo preso per la squadra».

Davvero una grande serietà da parte sua, ma anche del team che lo ha supportato alla grande. E adesso potrà beneficiare di un’importante esperienza all’estero con la Continental della Groupama-Fdj.

Bissoli: «Un bel voto ai miei ragazzi»

29.10.2020
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Per la Autozai Contri Cycling Team il 2020 si può archiviare con segno positivo. Il suo direttore sportivo Mauro Bissoli assegna un bel voto ai suoi ragazzi.

Quello veneto è un sodalizio storico, nel quale passò anche Davide Rebellin. La loro sede è nella Valle d’Illasi, uno scorcio di terra dolce coltivata a vigneti tra la pianura veronese e i Monti Lessini, che sono la loro palestra ideale. Sia per i percorsi, che per la scarsità di traffico.

Team super giovane

«Se penso che su dieci corridori otto erano di primo anno – dice il tecnico veneto – non posso che essere soddisfatto. Alcuni di loro non avevano corso molto da allievi. Era importante che potessero fare più attività, ma con le imposizioni sul numero massimo dei corridori da schierare va da sé che spesso ci si è dovuto orientare su coloro che andavano più forte. Mentre quei ragazzi magari avevano necessità di fare esperienza».

Marco Palomba, ha vinto a Cappella Magggiore (Vr)
Marco Palomba, ha vinto a Cappella Magggiore (Vr)

Tra i corridori di Bissoli spicca Marco Palomba. Lui ha vinto a Cappella Maggiore e ha colto il secondo posto nel campionato regionale veneto. Bravo anche Samuele Disconzi.

Secondo Bissoli, la categoria juniores è un limbo delicato: tra gli allievi che sono giovani e gli U23 che sono ormai dei professionisti. Da una parte gli si chiede di tutelarli e farli crescere, dall’altra di prepararli e valorizzarli: «Noi cerchiamo sempre quel sottile equilibrio».

Rosa più ampia

Come il suo collega Centomo, anche per Bissoli e la sua squadra in vista del prossimo anno si è fatto un sacrifico. Si passerà da 10 a 12 corridori. 

«Abbiamo definito gli sponsor giusto la scorsa settimana e grazie al presidente Enrico Mantovanelli siamo riusciti a confermare questi nostri “amici” più che sponsor. Avremo 5 conferme e 7 primo anno. E dire che volevamo ridurre ad otto la rosa visto il periodo di incertezza economica. Però volevamo anche aiutare i ragazzi, in quanto molte squadre spariranno. Mi dispiace che non tutti avranno la possibilità di correre in bici».

Sistema italiano o mondiale?

Il discorso sui giovani e sullo stato del ciclismo italiano in particolare s’intensifica. E Bissoli fa un’analisi molto interessante.

«Rispetto a dieci anni fa ci sono meno gare. Prima solo in Veneto ogni domenica ne avevamo 4 o 5. Adesso quel numero se va bene c’è in tutta Italia. Il livello delle corse aumenta e così le spese per le società.

Un team affiatato, divertimento e serietà si alternano
Un team affiatato, divertimento e serietà si alternano

«Credo che tra allievi e junior ci sia un imbuto enorme. Quando poi sento che i ragazzi tra gli junior sono sfruttati dico che non è vero. Oggi tutti vanno a scuola, tutti escono alle 14 e le ore di sole sono le stesse. Questo in Italia. Per attrarre i ragazzi gli abbiamo fatto credere che il ciclismo non era troppo faticoso, abbiamo ridotto i chilometraggi e passato il messaggio che non c’è bisogno sin da subito di una “vita da atleta”, fatte le dovute proporzioni sia chiaro. Mentre nel mondo si va nella direzione opposta. Pensiamo ad Hindley che a 17-18 anni ha lasciato l’Australia per fare il corridore. I nostri ragazzi finiscono la scuola a 19 anni, all’estero lo fanno un anno prima. Un anno molto importante. Senza contare che in molti altri Stati è la scuola che ti indirizza allo sport che ti è più congeniale».

Il ruolo dei media

«La precocità dei campioni – conclude Bissoli – non si riscontra solo nel ciclismo. Questo lo pensiamo noi. E’ così in tutti gli sport. Inoltre con tutto il rispetto dei Coppi e Bartali, spesso si sente ancora parlare di loro. Per un adolescente come può essere interessante quel mondo così lontano? Meglio far vedere la corsa del giorno prima piuttosto. Qualche problema deve esserci se mai come in questo periodo storico abbiamo tanti amatori e pochi giovani. Il ciclismo è la quarta scelta dopo calcio, rugby, basket… Nel calcio hanno messo le telecamere negli spogliatoi, noi non possiamo metterne una sui bus, piuttosto che sentire chiacchiere inutili e staccate dalla realtà?».

Jai Hindley, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020

Jai e i suoi… fratellini terribili

29.10.2020
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Jai Hindley, 24 anni. Joao Almeida 22 anni. Tao Geoghegan Hart, 25 anni. Tadej Pogacar, 22 anni. Remco Evenepoel, 20 anni. Egan Bernal, 23 anni. Questi i nomi più in vista: sono i ragazzini che a vario titolo hanno monopolizzato il ciclismo mondiale negli ultimi due anni e che al Giro d’Italia e prima al Tour de France hanno scavato un solco rispetto alla vecchia guardia. Intendiamoci, la vecchia guardia non era al top, ma certo vedere la disinvoltura e la maturità con cui i giovani hanno gestito le situazioni più spinose ha sollevato il più banale degli interrogativi: dove sono i nostri?

Le teorie sono molteplici. Le società juniores hanno bisogno di essere ascoltate. E probabilmente il lavoro che oggi dovrebbe impostare la Federazione è proprio quello di raccoglierne le istanze per venire a capo della situazione. Noi un parere lo abbiamo chiesto a Michele Bartoli, che con i giovani spesso lavora.

E’ possibile che i talenti nascano soltanto all’estero?

Non credo che dipenda dalle mamme italiane, no. Invece dipende dal lavoro di base, che forse qui non viene fatto bene. Anche perché non sempre si parla di Paesi con più praticanti. A parte Hindley e l’Australia, intendo. Non so dire come lavorino nel dettaglio, ma dai contatti che ho è evidente che non si cerchi il risultato come da noi. Qua ogni categoria è un punto di arrivo, non c’è una visione d’insieme.

Tadej Pogacar, Planche des Belles Filles, Tour de France 2020
Tadej Pogacar, l’ultima crono del Tour senza strumenti… a bordo
Tadej Pogacar, Planche des Belles Filles, Tour de France 2020
Pogacar, l’ultima crono senza strumenti
Spiega meglio.

Un atleta ha il suo patrimonio fisico e psicologico. Se ogni anno lo spremi perché vinca e perché dimostri qualcosa, è come se in un bicchiere di vino cominciassi a mettere acqua. Alla fine, avrai più acqua che vino. Lo annacqui.

Corrono troppo?

Non è l’attività che fa male. Perché la fatica ti rovini, dovresti fare tre Giri d’Italia consecutivi. Il fisico se è stanco va in autoprotezione e recupera. Quella che fa male è l’iperattività mentale, che fa cambiare la percezione della fatica. Se cominci a vivere sotto stress a 16 anni, il cervello perde la percezione della fatica e di conseguenza perdi anche la capacità di fare la prestazione. E questo spiega anche un altro punto.

Quale?

Che questi fenomeni, tutti o quasi, sono arrivati al ciclismo tardi o da altri sport. Senza la trafila giovanile che logora. E’ lo stress che ti consuma. Almeida è arrivato al Giro senza pressione, Jai Hindley ci si è trovato, Geoghegan Hart lo stesso. Sono stati tranquilli e al momento giusto hanno lottato alla morte. La maglia non si regala, al momento giusto si combatte. Ma se fossero arrivati al Giro con l’obiettivo di vincere, non sarebbe andata allo stesso modo. Ha ragione Gilbert.

Su cosa?

Sul fatto che i giovani vanno forte perché imparano meglio e prima. Alcuni strumenti come il misuratore di potenza riducono i tempi, permettono di imparare prima. Da bambini le addizioni le fai con le dita, il misuratore è la penna con cui annotare il risultato.

Non è la calcolatrice con cui disimpari a far di conto?

Quella sarebbe semmai la bici elettrica, che toglie la fatica. Ma se impari a conoscerti a 16-17 anni, quando sei grande il misuratore non ti serve neanche più. Infatti Pogacar nell’ultima crono del Tour non aveva strumenti.

Quindi per te i nostri sono già logori mentalmente quando arrivano tra i pro’?

Io temo di sì, la testa guida tutto. Se ogni categoria è un punto di arrivo, l’eccesso di attività inizia a logorare già da bambini. Nel calcio dei bimbi ormai neanche guardano più il risultato, perché va bene che lo sport prevede il risultato e che per quello si lotti, ma da giovani lo si deve vivere con cautela.

Quindi escludi la teoria, di cui si parlava al Giro, per cui questi giovani dureranno meno?

E perché dovrebbero? Durano meno se perdono la testa, ma se continuano a stare con i piedi per terra e a lavorare nel modo giusto, vanno avanti finché vogliono.

Centomo: «Due corridori in più per aiutare il ciclismo».

28.10.2020
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La Italia Nuova Panigale è una realtà storica del ciclismo juniores nazionale, un gruppo che va avanti da 60 anni. La squadra emiliana è diretta da Claudio Centomo. Anche per loro questa è stata una stagione a dir poco particolare. Tutto sembrava pronto, quindi è arrivato lo stop e poi la lunga “volata” conclusasi come per tutti al Trofeo Buffoni.

Stagione intensa 

«Durante la quarantena – spiega Centomo – abbiamo detto ai ragazzi di non esagerare, chi lo ha fatto ha pagato. Non sapevamo neanche se avremmo ricominciato o meno. Con Marco Lenzi, il nostro preparatore, abbiamo cercato di non fargli fare troppi rulli, ma di favorire gli esercizi, la palestra. Dopo il “libera tutti” abbiamo fatto anche un ritiro di quattro giorni a Fanano, sulle nostre alture, giusto per vedere la situazione».

Vestono i colori della Panigale dieci ragazzi: 5 di primo anno e 5 di secondo, anche se alla fine due di secondo anno non hanno corso per alcuni problemi fisici. Ma quest’anno con la crisi che si prospetta, molti team che chiudono e sponsor che spariscono, Centomo ammette che faranno un sacrificio e ne prenderanno due in più.

«La nostra idea è quella di aiutare i ragazzi. Ma i tempi sono difficili e veniamo da una stagione che seppur breve ci è costata molto. Infatti da luglio fino a metà ottobre abbiamo corso tutti i week-end, dal Nord al Sud. Ogni volta era un “campionato italiano” con 250 partenti. Essendoci una sola gara andavano tutti lì. Gli organizzatori inoltre un po’ per scusa un po’ perché veramente erano in difficoltà non davano l’ospitalità e abbiamo dovuto pagare tute le spese».

Florian Kajamini, primo al Trofeo Autodemolizioni Mignolli nel veronese
Kajamini, primo al Trofeo Autodemolizioni Mignolli

Squadra giovane, ma buona

«In generale i ragazzi hanno fatto una buona stagione. Mi aspettavo qualcosa di più da Riccardo Sofia e Matteo Montefiori. Il primo è cresciuto però proprio in virtù del fatto che ogni gara di livello super alto ha raccolto poco. Il secondo invece ha pagato il lockdown. Era convinto non si gareggiasse più e ha preso peso. Loro due passeranno comunque tra gli U23, mentre un altro ragazzo, Riccardo Servadei andrà a correre in Mtb».

Chi brilla invece è un Florian Samuel Kajamini. Lui è un primo anno ed è anche riuscito a vincere.

«E’ stato anche in nazionale – aggiunge il ds emiliano – In salita è davvero forte, nonostante non sia un peso piuma (178 per 65 chili). Ha del margine. Inoltre gli piace attaccare. Ha raccolto 20 punti Fci: non sono pochi in una stagione così».

Per lui oltre alla vittoria (tra l’altro in solitaria) anche un secondo e due terzi posti.

Il ds e i fondamentali

«Questa è una categoria particolare – conclude Centomo – nella quale per certi aspetti devi ricominciare da capo. Devi ripetere i fondamentali come i birilli. Non immaginate in quanti non li sappiano fare. Anche perché tra gli U23 non le fai più certe cose. Scene come la mantellina di Hindley al Giro o di Roglic alla Vuelta si vedono perché spesso in allenamento dietro ci sono mamma o papà e quando arrivi in cima te la danno loro. Devono essere più autosufficienti».

C’è il quartetto olimpico nella testa di Milan

26.09.2020
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Jonathan Milan viaggia spedito verso le Olimpiadi di Tokyo 2021. Nella sua testa c’è prima di tutto il quartetto. Il gigante friulano però eccede anche in umiltà quando dice che prima deve guadagnarsi la convocazione.

«Dico così perché non si sa mai», spiega Milan. «Ti può capitare un malanno, di non essere in condizione per quel periodo. A quel punto devi lasciare il posto a qualcun altro, giustamente. E poi non vivo su quanto fatto agli ultimi mondiali».

Milan
Alla Vuelta a San Juan, in Argentina ad inizio stagione, Jonathan Milan ha corso in azzurro
Milan in azzurro alla Vuelta San Juan

A febbraio, infatti, Milan volava. Nella sfida iridata di Berlino aveva staccato un super tempo. Aveva fatto segnare 4’08” per coprire quei 4.000 metri nell’inseguimento. Un tempo anche migliore rispetto a quello di Filippo Ganna alla sua stessa età.

Un’estate a suon di titoli nazionali

La sua corsa verso Tokyo è ripartita con i campionati italiani (dove ha vinto l’inseguimento individuale) e con quelli europei U23. Oltre ai successi su ottenuti strada, come la cronometro tricolore. Insomma, Milan alternativa naturale a Ganna? E’ sempre più probabile.

Nell’inseguimento a squadre, agli europei under 23 di Fiorenzuola, il friulano ha coperto la quarta posizione, quella delle tirate più lunghe. Quando si ritroverà con gli elite le cose cambieranno, quello infatti è il regno di Ganna.

«Dovrei essere il secondo e mi piace. E’ una posizione che richiede responsabilità. Il primo porta il team nella velocità stabilita. Il secondo deve mantenerla e se possibile aumentare, ma senza strappare. Serve sensibilità. Ai mondiali la formazione era nell’ordine: Francesco Lamon, io, Simone Consonni e Filippo Ganna. Però dobbiamo ancora parlarne con Marco Villa. Va stabilita la velocità del primo e quanto devono accelerare gli altri. Ci sono molte cose da inquadrare».

Milan (al centro) con il bronzo conquistato nel quartetto ai mondiali di Berlino
Milan (al centro) con il bronzo di Berlino

A questo punto sarà interessante vedere come andranno gli europei in Bulgaria (dall’11 al 15 novembre), uno dei banchi di prova più importanti in vista dei Giochi. Villa cercherà farà delle prove, visto che il discorso qualificazione è praticamente chiuso.

Nel 2021 sarà in una World Tour

La questione più delicata semmai riguarda il fatto che il ragazzo di Buja lascerà la categoria U23. Approderà tra i professionisti, in una squadra WorldTour. Al Cycling Team Friuli, la sua attuale società, sarebbe piaciuto molto trattenerlo ancora un anno. Jonathan non avrebbe rovinato quell’equilibrio che lo ha fatto crescere.

«Voglio passare e fare il grande salto», conclude Milan. Dalla squadra con cui andrò ho avuto garanzie che potrò lavorare per la pista. Le Olimpiadi prima di tutto. Per questo cercherò di allenarmi il più possibile in velodromo, chiaramente senza trascurare la strada».

De Candido, stagione “strozzata” senza l’iride

26.09.2020
3 min
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Quella di quest’anno è stata una stagione a dir poco particolare. Se i pro’ ne hanno risentito, le categorie giovanili non state da meno, anzi… La mancanza dei mondiali poi ha lasciato “morire” la stagione anzitempo. In ogni caso almeno sul piano nazionale si è corso. Poco, ma si è corso. Con Rino De Candido, tecnico azzurro degli juniores, facciamo il punto.

Rino, la mancanza dei mondiali ha “strozzato” questa stagione?

Sì. Si è iniziato a correre ad agosto inoltrato. Si è arrivati all’italiano con molti corridori che avevano disputato solo due gare. Il mondiale è uno stimolo per i ragazzi e per le squadre. Se manca il mondiale, manca un obiettivo e il ciclista deve averne. Ma questo vale anche per gli appuntamenti importanti come il Lunigiana per esempio. Si è fatta una sola corsa a tappe, il Giro del Friuli.

Il podio della crono tricolore: (da sinistra) Garofoli, Milesi e Piganzoli (foto Scanferla)
Crono tricolore: (da sinistra) Garofoli, Milesi (foto Scanferla)
E cambiava anche il modo di gareggiare?

Per me sì. Magari inconsciamente, ma i ragazzi correvano con meno determinazione. Ho visto prove con 230 partenti, ma dopo 30 chilometri restavano in corsa 100 corridori. E non erano corse dure. Cosa significa? Che andavano giusto per partire. Il covid ha lasciato il segno dappertutto e il ciclismo penso abbia pagato più di altri sport.

Emerge un gruppo “nazionale” da questo 2020?

Alla fine vedo che c’è un bel gruppetto di toscani e di lombardi. In più ci sono Germani, De Pretto, Bagatin

Per ovvie ragioni, si sono disputate più gare a cronometro: può essere un aiuto per questa disciplina?

Da diversi anni siamo sui podi internazionali nelle crono. Addirittura l’anno scorso abbiamo vinto il mondiale con Antonio Tiberi e quest’anno siamo stati terzi all’europeo con Andrea Montoli inoltre Ganna ha vinto l’oro più importante. Preparare le crono non è facile, ho visto molti che le hanno disputate tanto per farle. Servono tecnici e materiali.

Non è una spesa eccessiva per le società juniores?

Non credo sia così grande. Penso che in primis servano dei tecnici validi e società realmente interessate. Mi viene in mente la Trevigliese per esempio, con Lorenzo Milesi, campione italiano, e Lorenzo Piganzoli, terzo. Adesso c’è una base su cui lavorare, un gruppo.

Francesco Calì vincitore dell’ultima tappa del Giro Friuli juniores 2020 (foto Bolgan)
Calì vincitore al Giro Friuli juniores (foto Bolgan)
Il prossimo anno chi troveremo tra gli U23?

Ci sono Francesco Calì, Lorenzo Germani, Christian Bagatin, Andrea Montoli, Davide De Pretto… Bagatin è già ben strutturato e non gli pesa correre, sorride sempre. E questo è importante. Calì mi piace molto come corridore. E’ bravo anche Gianmarco Garofali, per me ha margine di crescita.

E i due dell’italiano, Montoli e Germani? Entrambi hanno fatto il liceo scientifico, sembrano molto educati, parlano bene…

Sono sin troppo dei bravi ragazzi! Il corridore vero deve essere più scaltro, più furbo. Guardate Evenepoel, Pogacar, Van Aert... visto che facce sveglie che hanno? Servono mentalità vincenti e cattiveria agonistica. Germani va molto forte per questa categoria, ma non credo abbia un grande motore. L’ho notato nelle gare a tappe. Però può crescere. Montoli invece mi sembra già più corridore: va forte a crono e si difende in salita. Lui ha le crono in testa, ma dovrebbe acquisire un po’ più di mentalità per la strada.

Il prossimo anno cosa ti aspetti?

E’ un bel punto di domanda. Speriamo si possa tornare alla normalità. Mi spiace che l’Uci non abbia accolto la richiesta di bloccare le categorie di un anno. Ai ragazzi avrebbe fatto bene.

Chi ci ha rimesso di più?

Gli allievi e gli juniores di secondo anno: passare di categoria sarà più dura per loro.