Sobrero e la Bora, il sogno del Tour e il ciclone Roglic

13.11.2023
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MILANO – La nuova vita di Matteo Sobrero riparte dalla Bora-Hansgrohe. Il piemontese ha scelto di cambiare all’inizio dell’estate, in una di quelle fasi stonate della vita che ad ogni atleta è capitato di passare almeno una volta. Dopo le classiche lo attendeva il Giro, ma assieme alla squadra decise di non farlo. Non sarebbe potuto andare in altura e tirava da troppo tempo la corda: meglio recuperare e puntare sul Tour. Invece Sobrero al Tour non c’è andato e questa volta la scelta non è stata condivisa. Anzi, la cosa lo infastidì al punto che negli stessi giorni della Boucle, vinse una tappa al Giro d’Austria digrignando i denti. A quel punto si era già sparsa la voce che avrebbe cambiato squadra. Per chiudere il 2023, non gli restava che sfiorare una tappa della Vuelta e centrare il secondo posto anche nel Mixed Team Relay degli europei di Drenthe. E poi, chiusa la pagina e consumate le corroboranti ferie colombiane, è arrivato il momento di guardare al prossimo anno.

«Siamo già al 2024 – racconta mentre intorno sta per andare in scena il Giro d’Onore della FCI – e si riparte con una nuova maglia. La decisione di cambiare è una storia lunga. Da una parte mi dispiace, perché nei due anni alla Jayco-AlUla mi sono trovato benissimo e credo che per loro sia stato lo stesso. Sono cresciuto molto e cambiare non è stato facile, anche se sono contento della decisione. Ho già fatto un ritiro con la Bora, anzi prima uno in Germania, poi in Austria. E prima di andare in vacanza, sono andato anche a Morgan Hill, da Specialized, per fare i test in galleria del vento…».

L’incontro con Sobrero si è svolto al Giro d’Onore, al Teatro Manzoni di Milano (foto Borserini/FCI)
L’incontro con Sobrero si è svolto al Giro d’Onore, al Teatro Manzoni di Milano (foto Borserini/FCI)
Nel 2022 eri un uomo da corse a tappe, nel 2023 sei passato alle classiche non avendo ancora la solidità necessaria per i grandi Giri. Alla Bora avrai una direzione più precisa?

Diciamo che uno degli scopi principali sarà quello di offrire supporto nei grandi Giri. Invece avrò un po’ di libertà nelle corse a tappe di una settimana o le corse di un giorno in primavera. Non mi mancheranno le occasioni di correre per me. E poi dovremo vedere se farò Giro o Tour, perché non lo so ancora.

Quando hai firmato, l’arrivo di Roglic non era nei piani. Cosa significa l’arrivo in squadra di uno così?

Onestamente sono contento, perché è un valore aggiunto alla squadra. E’ meglio averlo con noi, che come rivale. Anche per me, poter lavorare in un grande Giro per un capitano così, è una grande soddisfazione e uno stimolo in più.

Il 5 luglio, a Steyr, Sobrero vince una tappa al Giro d’Austria: è la sua rivincita sull’esclusione dal Tour
Il 5 luglio, a Steyr, Sobrero vince una tappa al Giro d’Austria: è la sua rivincita sull’esclusione dal Tour
I test in galleria del vento a Morgan Hill significano che si torna al primo amore della crono?

Questo mondo mi ha sempre appassionato e sono stato sempre curioso di vedere dove si possa migliorare. Siamo andati già in California per vedere a che punto fossi, come migliorare i materiali, l’abbigliamento, il casco e tutto il resto. Non punterò sulle cronometro come uno specialista puro, bisogna sempre difendersi. E in una specialità come la crono, se ti fermi, sei perduto.

Avrai in ammiraglia Enrico Gasparotto, che è stato anche tuo compagno di squadra ai tempi della NTT Pro Cycling, che effetto fa?

Particolare, anche perché mi bacchettava già prima da compagno di squadra, perché lui era il vecchio e io ero il giovane. Non ho dubbi che adesso continuerà a bacchettarmi, quindi diciamo che non cambia niente, anche se di base c’è una bella amicizia.

Gasparotto e Sobrero sono stati compagni nella NTT Pro Cycling. Ora si ritrovano alla Bora: tecnico e atleta (foto Instagram)
Gasparotto e Sobrero sono stati compagni nella NTT Pro Cycling. Ora si ritrovano alla Bora: tecnico e atleta (foto Instagram)
Che cosa ti sembra del nuovo ambiente?

Mi sembrano molto organizzati, molto precisi su tutto. Però fino a quando non comincerà la vera stagione sarà difficile dirlo, però per il momento ho un’ottima impressione.

Hai già un’idea del programma? Da dove comincerai?

Non so ancora nulla, perché diciamo che l’arrivo di Roglic in squadra ha un po’ scombussolato tutti i programmi. Hanno deciso di riaprirli praticamente tutti, sicuramente non è semplice. A dicembre nel primo ritiro, saprò quello che farò. Sicuramente non comincio in Australia, questo mi sento di dirlo.

La vittoria della crono finale del Giro 2022 a Verona è una delle perle di Sobrero, ottenuta collaborando con Pinotti
La vittoria della crono finale del Giro 2022 a Verona è una delle perle di Sobrero, ottenuta collaborando con Pinotti
Alla Jaico-AlUla lasci Pinotti con cui hai fatto dei grandi progressi, chi si prenderà cura di te alla Bora?

Ho trovato Paolo Artuso, con cui ho già parlato e con cui mi sono trovato parecchio. Mi dispiace lasciare Pinotti, però d’altra parte sono contento di aver trovato uno come Paolo che mi sembra molto preparato.

Quest’anno il Tour è stato un boccone andato di traverso. E’ fra i desideri del prossimo anno?

Mi piacerebbe farlo. Entrambi, sia il Giro che il Tour passano dal Piemonte. Il Tour che passa dal Piemonte e per giunta vicino casa mia penso sia una cosa che non capita mai (sorride come un bimbo davanti al paese dei balocchi, ndr). Quindi partecipare è un bell’obiettivo, ma capisco anche che con l’arrivo di Roglic potrebbe essere più difficile. Bisogna fare una squadra compatta e poi vediamo come andranno le cose.

Barbieri, il passaggio alla DSM e l’addio (sofferto) alla pista

09.11.2023
8 min
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Rachele Barbieri è di ottimo umore. Le vacanze alle Maldive con Manlio Moro sono finite da poco e sopravvivono nel telefono e sui social in una lunga teoria di immagini. Anche a casa le cose da fare non mancano. La prima uscita con la bici nuova ha portato entusiasmo, il ritiro di ottobre con il Team DSM-Firmenich l’ha proiettata in una dimensione totalmente nuova. Il cambio di squadra ha colto tutti di sorpresa. In gruppo qualcuno sapeva, ma hanno tenuto la bocca chiusa.

Quando l’abbiamo incontrata in Cina alla fine del Tour of Guangxi, la promessa è stata di raccontare tutto dopo le vacanze. E adesso la voglia di ricominciare è così forte che anche a sentirla parlare ti viene addosso un senso di allegria contagiosa. Le parole girano veloci, come quando hai tante cose da dire e temi che il tempo non ti basti.

Le vacanze alle Maldive sono alle spalle, i ricordi sono in un continuo di immagini sui social (foto Instagram)
Le vacanze alle Maldive sono alle spalle, i ricordi sono in un continuo di immagini sui social (foto Instagram)
Quando è venuto fuori il Team DSM?

In realtà abbastanza presto, prima del Giro d’Italia. Appena è uscito il discorso che la mia squadra (la LIV Racing-Techfind, ndr) si sarebbe unita con la Jayco-AlUla, mi hanno contattata. La cosa in realtà mi ha sorpreso, perché quest’anno non è stata una bella stagione per me. E mi sono ritrovata anche un po’ in difficoltà perché con la squadra avevo instaurato un bel rapporto. Mi è dispiaciuto andare via, è stata una scelta difficile. Però ho pensato a me stessa e alla mia crescita all’interno della DSM. La fusione della LIV con la Jayco è una cosa molto positiva, ne avevamo bisogno perché sebbene fossimo una squadra WorldTour, qualcosa ci mancava.

E allora perché cambiare?

Si sarebbe trattato comunque di cambiare squadra e andare in un ambiente in cui non sapevo come mi sarei trovata. Se si fosse trattato di restare nella LIV, non avrei nemmeno valutato altre proposte. Avevo un bel contratto e non mi piace interrompere gli impegni che prendo. Ma dovendo mischiare nuovamente le carte, mi sono guardata intorno. Il Team DSM è una squadra super organizzata, in più ho sempre ammirato molto il modo di correre e l’unione delle atlete. E poi mi hanno fatto capire di avermi seguito in ogni corsa, per valutarmi e capire se fossi adatta per il team.

Al Giro Donne, foto con il padre Giampiero e la mamma Mara che compiva gli anni (foto Ossola)
Al Giro Donne, foto con il padre Giampiero e la mamma Mara che compiva gli anni (foto Ossola)
Che cosa ti hanno proposto?

Sono stati chiari fin da subito. Cercavano un’atleta per fare l’ultima donna di Charlotte Kool. Mi hanno detto che quello sarebbe stato il mio ruolo principale, però che avrei avuto anche le mie opportunità. In più volevano farmi firmare per più anni (fino al 2026, ndr), per investire sulla mia crescita all’interno della squadra. Mi hanno subito presentato un bel programma e una bella struttura. In gruppo si dice che sia molto complicato entrare nel loro metodo, ma allo stesso tempo quando fai tutto quello che ti chiedono, diventa tutto più semplice.

Come è stato partecipare al primo ritiro?

Quei tre giorni con loro mi sono bastati per capire quanta unione c’è tra le ragazze. Le leader fanno il possibile per essere da tramite fra noi e i capi. Se c’è un problema, vogliono che prima lo affrontiamo e lo superiamo tra noi, prima che diventi davvero serio. La cosa che mi fa strano è che, a 26 anni, io sia la più vecchia. Anche le leader sono veramente tutte giovanissime e nonostante ciò, avrò tanto da imparare. Mi è bastato il viaggio in macchina con le ragazze italiane, per capire quanto siano sveglie e veramente formate. Ho colto tante cose che sicuramente mi serviranno. Non ho assolutamente paura a dire che sarò io a dover imparare da loro, piuttosto che il contrario.

Barbieri vive a San Marino e così, pur essendo una velocista, eccola sul Carpegna (foto Instagram)
Barbieri vive a San Marino e così, pur essendo una velocista, eccola sul Carpegna (foto Instagram)
La Jayco ha provato a trattenerti?

Sì, perché io ho detto subito che c’era stata questa offerta. Ho voluto essere chiara, perché loro sono sempre stati molto corretti con me. Non gli ho lasciato tanto margine, perché non ho voluto che diventasse un discorso di soldi. Ho preso la decisione senza giocare al rialzo, ero contenta della mia scelta. Loro ci sono rimasti un po’ male, secondo me davano per certo che rimanessi. Allo stesso tempo hanno capito l’opportunità che mi si presentava e così ci siamo salutati da amici. Me ne accorgerò col tempo se sarà stata la scelta giusta, per ora sono molto soddisfatta.

Hai chiesto informazioni a Barale o Ciabocco prima di firmare?

No, non ho parlato con nessuno, se non con Manlio e la mia famiglia. La cosa che un po’ mi terrorizzava è la fama di rigidezza della DSM e il fatto che spesso devi restare a vivere in Olanda e questa è stata la prima domanda che ho fatto, dato che a me piace stare a casa con la mia famiglia. Invece mi hanno risposto che abbiamo a disposizione ciascuno il suo appartamento singolo, ma posso gestirmi come voglio. Se preferisco allenarmi a casa, nessun problema, ma è chiaro che nel periodo delle classiche sarà più comodo fare base lassù.

Rachele Barbieri ha vinto il mondiale dello scratch nel 2017 e cinque europei: questo nella madison con Zanardi a Monaco 2022
Rachele Barbieri ha vinto il mondiale dello scratch nel 2017 e cinque europei: questo nella madison con Zanardi a Monaco 2022
La DSM non ama che le sue atlete pratichino pista, questo sarà un problema?

Sono stati molto chiari. Mi hanno detto: «Sappiamo già che vieni dalla pista e avresti avuto ancora un anno di contratto in Liv, quindi non possiamo impedirti di fare pista, soprattutto nell’anno delle Olimpiadi». Ovvio però che per gli anni successivi mi avrebbero chiesto di non farne più, ma io ho voluto essere onesta con me stessa. Non penso abbia più senso fare 50 e 50. Passo in una squadra con un preparatore che ti segue alla perfezione e vuole sapere tutto. Sarebbe difficile se non impossibile incastrarsi con il programma della pista, dato che non abbiamo delle tabelle ben definite. In più, l’ultimo anno e mezzo è stato pesante. Quindi ho voluto fare una scelta per me stessa e ho preferito chiudere con la pista. E’ stato difficile, una scelta veramente impegnativa. Però sono anche dell’idea che ho 26 anni e non so quanti anni ancora correrò in bici. Per cui mi sono detta che ho questi tre anni per cercare di dare il meglio di me e arrivare al massimo delle mie capacità su strada. E credo che questa sia la squadra più adatta.

Lasci la pista nell’anno delle Olimpiadi…

Mi dispiace, soprattutto ricordando il percorso che ho fatto per arrivare alle Olimpiadi di Tokyo. Penso di avere dato tanto alla pista, è il mondo in cui ho raccolto i risultati più importanti. E penso di essere ancora all’altezza di quei posti, però allo stesso tempo sento di non avere più voglia di rimettermi in competizione, in un sistema in cui secondo me ci sono cose ancora poco chiare. Quindi ho preferito scegliere così. Ho mandato un messaggio a Villa e non aver ricevuto neanche una risposta mi ha fatto rendere conto che ho fatto la scelta giusta. Ci può stare anche che lui pensi che io non sia all’altezza del gruppo olimpico, però per tutto quello che ho dato in questi anni, credo che una risposta la meritassi. Sono cose che non si dovrebbero dire, ma ci penso spesso. Non dico tutti i giorni, ma quasi. E una cosa che mi fa stare molto male.

In azione alla Het Nieuwsblad: le classiche potrebbero essere uno spazio per lei, se Kool non sarà in corsa
In azione alla Het Nieuwsblad: le classiche potrebbero essere uno spazio per lei, se Kool non sarà in corsa
Quindi vedremo una Rachele a tutta strada?

Forse questa decisione mi darà ancora più grinta per la strada. L’ultima stagione non è stata eccezionale e ho capito che quando vai forte, tutti ti cercano, ma se fai un anno un po’ peggio, non ti vede più nessuno. Il ciclismo è proprio come la vita, perché ti insegna anche a crescere davanti a queste cose, a superare anche ostacoli non semplici. Detto questo, mi piacerebbe allenarmi ancora in pista. Il messaggio si concludeva proprio con questo auspicio, ma adesso mi sentirei in difficoltà a chiedere di andare a Montichiari.

Quindi?

Voglio ricominciare, fare le cose per bene e non passare più un anno come l’ultimo. Il ciclismo è una parte della mia vita, ma non è tutto e non voglio starci male. Ho avuto la grande opportunità di continuare a fare quello che mi piace in modo diverso. In questi ultimi anni è cambiato tutto, sono cambiati gli stipendi e spero che anche le Fiamme Oro capiscano questa scelta. Sono entrata con loro come atleta della pista e non so se ora cambierà qualcosa. Spero di riuscire a dimostrare di poter tirare fuori qualcosa di bello anche su strada.

Dovrai tirare le volate a Charlotte Kool, in che rapporti siete?

Mi è piaciuto che mi abbia chiamata prima di firmare il contratto. Abbiamo fatto una videochiamata e si è presentata e mi ha spiegato il suo punto di vista. L’ho trovata una persona veramente umile. Poi mi è piaciuta molto in ritiro, viverla di persona, perché mi sono resa conto che è veramente una leader. Lo noti in tutto quello che fa, ma non è che si dia delle arie. Eravamo in camera insieme, super rilassate e sono molto curiosa di iniziare.

Barbieri e Kool: coppia sprint della DSM: compagne di stanza nel ritiro di ottobre (foto Instagram)
Barbieri e Kool: coppia sprint della DSM: compagne di stanza nel ritiro di ottobre (foto Instagram)
L’avevi mai studiata come avversaria?

Ho studiato come corrono. E’ impressionante come sono sempre unite. Lei risparmia tantissimo fino alla volata, non deve mai recuperare posizioni perché c’è chi la pilota e allo sprint è sempre super fresca. Da fuori mi sembra di capire che hanno uno schema ben definito dall’inizio, sanno già fino a dove devono arrivare e cosa devono fare. Però per contro ho visto che al Simac Ladies Tour le è mancata l’ultima donna davanti e si è buttata sulle ruote di altri e ha vinto lo stesso. Vincere contro una Balsamo o una Wiebes non è semplice, perché sono forti. Ha la grinta giusta e magari avere come leadout un’atleta esplosiva come me piuttosto di una passista che va in progressione, potrebbe aiutarla.

Lavorare per un’altra: che effetto fa?

Negli ultimi due anni, la squadra ha corso sempre per me. Però mi piace lavorare per le mie compagne, quindi non vedo l’ora di farlo per lei, perché se vincesse lei, sarebbe come se vincessi io. Charlotte è diventata grande lavorando per Wiebes, quindi magari questa esperienza farà crescere anche me. Sono molto carica, spero di riuscire a fare quello che mi chiederanno. Nello stesso tempo, spero di ritrovare la gamba per le classiche e di avere qualche possibilità nelle gare meno veloci. Vedremo cosa mi diranno. Per ora mi sembra tutto bello, la nuova bici sembra volare. Al ritiro di dicembre saprò dirvi di più. E comunque a Parigi non si corre soltanto su pista…

Privitera alla Hagens, primo italiano nel team di Merckx

31.10.2023
7 min
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Che non veda l’ora di iniziare la sua nuova avventura appare evidente e non potrebbe essere altrimenti, visto che oltretutto il suo trasferimento di mercato abbatte un piccolo tabù. Dopo le due stagioni da junior nel Team Giorgi, nel 2024 Samuele Privitera correrà nella Hagens Berman Axeon-Jayco, una delle più importanti formazioni continental del panorama internazionale, che dall’anno prossimo sarà il Devo Team della Jayco-AlUla.

Il diciottenne ligure troverà anche Mattia Sambinello e il loro passaggio rappresenta un primato storico, perché mai prima d’ora alcun giovane italiano era stato ingaggiato dalla squadra statunitense diretta da Axel Merckx. Un rapporto lavorativo che si rinnova dopo il precedente di fine 2018 quando il diesse belga pescò Karel Vacek dalla società bergamasca. Privitera è un ragazzo attento e “sul pezzo”: ne abbiamo conferma ogni volta che parliamo con lui. L’impressione non è che sia solo smanioso di indossare la nuova maglia, ma che Samuele voglia fare lo stesso percorso degli atleti che lo hanno preceduto.

Grazie Team Giorgi

Nell’ultimo mese Privitera ha dovuto recuperare dalla caduta al Piccolo Lombardia dove si è fratturato il radio. Tuttavia è riuscito a pedalare, un po’ sia sui rulli e un po’ attorno alla sua Soldano, sfruttando il mite clima della riviera di Ponente. Prima di approfondire il suo trasferimento, è doveroso rendere merito al club che lascia.

«Nei due anni da junior – spiega Samuele – sono cresciuto moltissimo al Team Giorgi. Oltre all’aspetto tecnico-fisico, sono cambiato molto sul piano psicologico. L’ambiente mi ha concesso di non avere mai pensieri, ospitandomi nei lunghi periodi lontano da casa per le corse. L’anno scorso ogni gara era buona per fare risultato, anzi ognuna la vivevo come fosse un mondiale. Quest’anno ho lavorato diversamente. Ho puntato sul fondo, sull’aiutare volentieri i compagni e poi sulle prestazioni nella seconda metà di stagione. Sono riuscito ad ottenere due vittorie e altri bei piazzamenti. Chiudo molto soddisfatto. Grazie al Team Giorgi sono maturato e grazie a loro mi sento pronto per la Hagens».

Com’è nato il contatto con il tuo prossimo team?

Ci ha pensato il mio procuratore Alessandro Mazzurana a cavallo del 2023. Ero contento perché conoscevo già bene la Hagens per tutti i pro’ che sono stati lì. A febbraio poi ho fatto il ritiro da stagista con loro a Castagneto Carducci. Eravamo in due, l’altro ragazzo era Jarno Widar che però ha firmato per il Devo Team Lotto-Dstny. Ero arrivato in forma perché avevo fatto anche un ritiro con la nazionale a Montichiari. Alle fine di quei giorni in Toscana, penso di aver fatto bella figura.

Cos’è successo dopo?

Innanzitutto qualche settimana dopo mi hanno supportato con i materiali. Sulla Guerciotti della mia squadra infatti hanno montato il gruppo e altri componenti che usavano alla Hagens. Per questo devo ringraziare sia il mio team sia la stessa azienda produttrice che mi ha permesso di apportare queste modifiche. Poi ci sono stati i colloqui con Axel Merckx e Koos Moerenhout (che è anche il cittì dell’Olanda, ndr)

Cosa ti hanno detto i due diesse?

Mi hanno parlato, dicendomi che erano contenti di me. Ho già un buon rapporto con loro, li sto sentendo con una certa frequenza. Non posso che ascoltare e imparare da tutto quello che mi dicono. Axel per me è uno dei migliori tecnici al mondo nel lavorare con i giovani. Ne ha fatti passare almeno una cinquantina e tutti di alto livello. Koos guida gente come Van der Poel in nazionale, basta quello per me (sorride, ndr). Con lui ci siamo anche visti in estate, perché andava definito il contratto.

Raccontaci pure.

Ci siamo incontrati a Manerba del Garda durante la tappa del Giro NextGen. Abbiamo discusso su un po’ di cose senza che tuttavia io firmassi. Sono rientrato a casa però con la sua garanzia di avere il posto per i prossimi due anni. Insomma, rispetto a febbraio era un altro passo in avanti verso il mio passaggio con loro.

Hai avuto altre proposte?

Sì, ci sono state, anche altre Devo Team, ma io ho avuto le idee chiare fin da subito. Sapevo che sarei voluto andare solo in squadre estere, perché quasi tutti gli italiani sono cresciuti bene. E poi volevo arricchire il mio bagaglio culturale. Quando è arrivata la proposta della Hagens ho risposto immediatamente di sì. Il loro progetto si presenta da solo. Ne avevo parlato anche con Karel Vacek, che è stato con loro. Nel 2024 saranno il team di sviluppo per la Jayco-AlUla, però vogliono comunque mantenere una loro identità indipendente. Tant’è che ogni atleta della Hagens ha la facoltà di valutare offerte da altri team WorldTour.

In pratica quest’anno ti sei trovato a correre con l’animo più sereno perché eri già sicuro di accasarti. E’ stato più facile o difficile?

Devo dire che andare alle gare con una certezza del genere mi ha aiutato molto a livello mentale. Non avevo la pressione di dover fare risultato per forza. Quindi questa situazione mi ha permesso di crescere in modo più mirato anche negli allenamenti. Come dicevo prima, mi sono messo al servizio della squadra, però notavo che andavo alle gare con una mentalità più… da corridore. Nella seconda parte avevo gli appuntamenti più importanti. Qualcuno l’ho fallito, altri li ho fatti bene. Nelle gare internazionali ho dimostrato che posso andare forte. Il terzo al Buffoni o il sesto al Paganessi, dove sono stato il primo italiano, ne sono la prova.

A febbraio Privitera era stato in ritiro con la Hagens assieme a Widar. Il talento belga però andrà alla Lotto-Dstny Devo Team (foto instagram)
A febbraio Privitera era stato in ritiro con la Hagens assieme a Widar. Il talento belga però andrà alla Lotto-Dstny Devo Team (foto instagram)
Per il 2024 che obiettivi ha Samuele Privitera?

Spero di prendere tanti schiaffi a livello sportivo perché aiutano a crescere (risponde sorridendo e tutto d’un fiato, ndr). Facendo un discorso ampio, solo un illuso può pensare di non prendere batoste al primo anno da U23. Voglio arrivare alla fine del secondo anno nella categoria pronto per fare bene. Se ce la farò, bene, altrimenti significa che dovrò crescere ancora e impegnarmi di più. Guardando a breve-medio termine so già che tra collegiali e gare sarò in mezzo a ragazzi che hanno valori incredibili. In accordo col preparatore della squadra, sarò seguito anche da Pinotti (uno dei coach performance della Jayco-AlUla, ndr). Mentre dobbiamo definire ancora il calendario, anche se non nascondo che mi piacerebbe correre il Giro NextGen o il Val d’Aosta. Non vedo l’ora di andare in ritiro. Sempre a Castagneto Carducci, perché sia Merckx sia Moerenhout sono innamorati dell’Italia.

L’esperienza della Doni, nel WorldTour per una settimana

31.10.2023
6 min
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Tutto è nato da una foto. Era quella di Luca Vergallito insieme a Chiara Doni alla Tre Valli Varesine femminile. Ci aveva stupito alquanto la presenza di Chiara, in divisa Team Jayco-AlUla e Luca ci aveva specificato come si trattasse di uno stage di tre mesi con la formazione australiana offerto alla lombarda, anche lei protagonista dello Zwift Contest anche se fermatasi in finale. Dietro quella foto c’era una storia che vale la pena di essere raccontata, partendo non dalla stessa Chiara ma da chi ha reso possibile quel contatto: Marco Pinotti.

Chiara insieme a Luca Vergallito, con cui ha condiviso la Zwift Academy
Chiara insieme a Luca Vergallito, con cui ha condiviso la Zwift Academy

Un programma molto ridotto

«Avevo seguito con interesse la Zwift Academy e avevo saputo che, al di là della vittoria di Luca, anche la Doni era andata benissimo, vincendo addirittura alcune delle prove, ma non era poi stata selezionata soprattutto a causa dell’età. Ho guardato i numeri che aveva messo in mostra e ho chiesto un po’ in giro, nessuno aveva dato seguito alla cosa, così ho pensato che poteva essere il caso di provarla.

«Gli stagisti possono gareggiare con i team dal primo agosto – prosegue il preparatore bergamasco – il problema però è che nei tre mesi successivi il calendario del team, all’infuori delle gare WorldTour e degli impegni già calendarizzati con le atlete assunte, era molto scarno. Di fatto c’erano a disposizione solamente due date, quella del Giro dell’Emilia e della Tre Valli Varesine. Noi potevamo offrirle questo e lei ha accettato».

Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla
Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla

Le dinamiche del gruppo

Che impressione ne avete avuto? «Quella di una ragazza fisicamente molto ben preparata, addirittura sorprendente nella sua condotta di gara per un’atleta che non aveva mai avuto alcuna esperienza nel ciclismo professionistico. So che aveva fatto delle Granfondo, ma sono una cosa molto lontana dalle gare vere e proprie e lei stessa se ne è resa conto. Non nascondo anzi che alla vigilia avevo un po’ di timore perché pedalare in gruppo per chi non è abituato a farlo non è per nulla semplice, è anzi rischioso».

E Chiara come se l’è cavata? «Le sue stesse compagne di squadra sono rimaste sorprese di quel che è riuscita a fare, anche se era evidente la sua disabitudine alle dinamiche del gruppo, ancora di più alla Tre Valli che ha un percorso più difficile».

Per Chiara Doni i problemi maggiori erano nello stare in gruppo e tenere le posizioni
Per Chiara Doni i problemi maggiori erano nello stare in gruppo e tenere le posizioni

Un motore invidiabile

Perché allora la cosa non ha avuto un seguito? «Purtroppo non c’erano posti per il team principale per il 2024, con soli 16 contratti disponibili dopo la fusione con la Liv Racing. Io ho provato a spingere per aprire la possibilità di un 17° posto, ma non c’è stato nulla da fare. Forse è pesata la carta anagrafica, forse anche il suo scarso curriculum agonistico. Resto però dell’idea che se magari fosse riuscita a portare un risultato, magari una top 10 in una delle due gare, avrei avuto magari qualche carta in più da giocare per farla assumere».

L’esperienza però si acquisisce, se i numeri ci sono… «E posso assicurare che Chiara li ha, io che un po’ di occhio ce l’ho posso dire che ha uno dei motori più forti dell’intero circuito internazionale. Avrebbe bisogno di fare esperienza in una squadra più piccola, che le permettesse di fare più gare nel corso della stagione, so che qualche team era anche interessato. Ma parliamo di una ragazza che ha anche una professione avviata, deve capire lei se questi sacrifici possono essere sostenuti, se ne vale la pena. Mi dispiace sinceramente che la cosa non si sia ulteriormente concretizzata, perché di qualità ne ha e tante…».

Per Doni quest’anno la vittoria nella Granfondo di New York (foto organizzatori)
Per Doni quest’anno la vittoria nella Granfondo di New York (foto organizzatori)

Un futuro nel gravel

Sono passate le settimane, l’attività è ferma e Chiara Doni è tornata alla sua attività alla sua attività di responsabile assicurazione qualità/affari regolatori e convalida nel settore medicale, con orari di lavoro davvero molto pesanti e giornate che si concludono solo in serata. L’esperienza alla Jayco AlUla le ha fatto maturare una decisione: «Nel 2024 continuerò a correre qualche Granfondo, anche se non mi sento appartenere a quell’ambiente ed a quel tipo di gare. Inoltre, sotto la spinta ed il supporto di Swatt Club, proverò a partecipare a cimentarmi in qualche evento gravel per divertirmi e raggiungere buoni risultati».

Che esperienza è stata? «Bellissima. A cominciare dai giudizi positivi delle compagne, come la Santesteban che per me era un riferimento e una guida e che mi ha detto di essere rimasta stupita per quel che ho fatto. Effettivamente però l’esperienza conta. Faccio un esempio: quando ci si avvicinava a una rotonda, perdevo tante posizioni in gruppo perché non avevo le capacità tecniche per farmi rispettare, così poi dovevo faticare per risalire e spendevo tante energie che alla fine paghi. Magari con un pizzico di fortuna in più avrei anche portato a casa un risultato migliore, soprattutto all’Emilia».

La lombarda fra l’australiana Allen e la trinidegna Campbell. Un’esperienza indimenticabile
La lombarda al fianco di Jessica Allen, una delle colonne del team australiano

Tutto per colpa della catena…

Le immagini di quella corsa sono ancora nitide nella sua mente: «Alla prima frenata sono andata dritta e sono caduta in quanto la bici aveva alcuni problemi all’impianto frenante. Sono rientrata presto, ma l’urto aveva leggermente deformato il cambio, fatto sta che quando mettevo il 32 per andare più agile in salita la catena saltava. La prima volta ho perso 40” per riprendere il gruppo, ma alla curva delle Orfanelle è successo di nuovo e lì sono andati via oltre due minuti. Ho cambiato la bici, ma ormai era tardi per rientrare, però la gara volevo finirla».

Riprovarci? «Non avrebbe senso, metterei a rischio la mia carriera professionale di 12 anni. Fosse stato per uno stipendio nel WorldTour avrebbe avuto una ragion d’essere, altrimenti non saprei come gestire le spese. So che posso dare dai 2 ai 4 anni di attività a pieno regime, ma in un team continental non ne varrebbe la pena».

Chiara con la maglia dello Swatt Club. Quest’anno ha gareggiato anche ai mondiali Esports
Chiara con la maglia dello Swatt Club. Quest’anno ha gareggiato anche ai mondiali Esports

Il boccone amaro della Zwift Academy

L’età anche in questo caso ha pesato? «Dicono di no, ma io non posso togliermi dalla testa che abbia inciso, com’era stato al contest dov’ero stata nettamente la migliore in ogni prova, ma poi nel team hanno deciso di puntare su chi era arrivata dietro di me e quella decisione l’ho sofferta perché era stata ingiusta. Mi resta però il ricordo di una settimana bellissima, diversa dal solito, vissuta in una famiglia più che in una squadra. Qualcosa che mi ha fatto crescere come persona».

Colleoni: il futuro all’Intermarché e un presente che lo fa tremare

27.10.2023
4 min
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Kevin Colleoni è di ritorno dal primo ritiro, solamente conoscitivo, con la sua nuova squadra: la Intermarché-Circus-Wanty. Il corridore bergamasco lascia i colori della Jayco-AlUla e riparte dal Belgio. 

«Abbiamo fatto un ritiro di tre giorni – racconta Colleoni – un team building, una cena ed un’uscita leggera in bici. Ci sono stati degli incontri per parlare della stagione 2024, devo dire che l’ambiente mi ha fatto una bella impressione. E’ un po’ come se si ricominciasse da zero, alcune cose sono simili, altre diverse, però mi sono sentito fin da subito parte del gruppo, e questo è bello».

Francesco Busatto, Lorenzo Rota, Kevin Colleoni, Simone Petilli: ecco i quattro azzurri del team belga
Francesco Busatto, Lorenzo Rota, Kevin Colleoni, Simone Petilli: ecco i quattro azzurri del team belga

Obiettivo rosa

La carriera di Colleoni riparte dopo i tre anni trascorsi alla Jayco: con il team australiano è passato professionista ed ha avuto modo di prendere le misure con questo mondo. Cambiare squadra, per lui, vuol dire continuare il cammino e come ci ha già anticipato, assaporare qualche novità. 

«Una similitudine su tutte – ci spiega ancora Colleoni – è come sono organizzate le riunioni, l’approccio al calendario e al programma di allenamento. Una grande differenza, in positivo, è che a grosse linee ho già un programma di gare da qui a metà anno. Dovrei fare il Giro, e di conseguenza, correre la prima parte di calendario in preparazione a questo evento».

Colleoni a colloquio con Petilli, dalla prossima stagione saranno compagni di squadra
Colleoni a colloquio con Petilli, dalla prossima stagione saranno compagni di squadra
Sarebbe la tua prima grande corsa a tappe…

Ho parlato con l’Intermarché di questo mio obiettivo e ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda. 

Nei tre anni in Jayco non hai mai fatto una corsa del genere, come mai?

Nella mia permanenza da loro ho fatto tante corse ed altrettante esperienze importanti, ma una cosa che mi mancava era proprio un grande Giro. Avrei potuto farlo nel 2023, ma un problema fisico mi ha stoppato e devo ammettere che questo non è stato un anno all’altezza.

Cosa è successo?

Una caduta alla Coppa Agostoni del 2022 mi ha causato un problema alla schiena/gamba destra che sto ancora risolvendo. Questo inverno starò fermo fino a quando non avrò le giuste risposte, ora sto facendo delle terapie che spero mi facciano ripartire al più presto. 

Di che problema si tratta?

Non abbiamo ancora trovato una causa, ma ho sempre dolore in quella zona, fino ad una certa intensità è ancora sopportabile, ma sopra soglia è come se avessi un blocco. Probabilmente io e la squadra abbiamo sottovalutato i danni della caduta, ma è anche vero che nel finale del 2022 ho corso come da programma. Il problema è sorto alla Tre Valli Varesine, ma non mi sono fermato. Ingenuamente abbiamo pensato che fossero delle botte. 

Giro dell’Emilia 2022, i segni della caduta dell’Agostoni sono ancora visibili
Giro dell’Emilia 2022, i segni della caduta dell’Agostoni sono ancora visibili
Un anno senza una diagnosi è tanto.

Lo so. Abbiamo fatto tanti controlli ed ho sentito tanti pareri da medici e fisioterapisti. Non abbiamo mai trovato una vera e propria causa, solo tante cose da vedere e sistemare. In primis le calcificazioni che sono uscite a livello osseo. Non avendo fatto esami subito dopo la caduta non possiamo sapere se sono dovute a microfratture o a infiammazioni. 

Con chi hai lavorato principalmente?

Con il mio fisioterapista, Maffioletti. Con lui abbiamo notato che ho il bacino ruotato ed un sovraccarico sulla gamba destra. Il problema è che con la fisioterapia mi sistemano, ma poi la sera sento di avere gli stessi problemi. Ho provato a cambiare anche posizione in bici ma nulla. Probabilmente è un meccanismo di difesa del corpo. Ho fatto tanti trattamenti: tecar, crioterapia, disinfiammazione…

Nel 2023 Colleoni ha collezionato solamente 39 giorni di corsa
Nel 2023 Colleoni ha collezionato solamente 39 giorni di corsa
E non hanno portato a nulla?

Sento di stare meglio al momento, ma poco dopo il problema torna. Questa cosa un po’ mi preoccupa, è il mio dubbio di tutti i giorni. Dopo aver visto cosa ho fatto nel 2023, posso dire che non potrei andare avanti così. Senza problemi fisici ho fatto vedere che posso fare bene, ora ho un limite, dovessi riuscire a superarlo sarei tranquillo perché sono convinto dei miei mezzi. 

Anche perché dopo i primi tre anni da professionista ora è tempo di dimostrare qualcosa in più.

Sono passato da under 23 a professionista, ma ho azzerato tutto, sono due categorie troppo diverse. Quelli fatti prima erano solo dei numeri. Nei primi due anni in Jayco ho fatto tanta esperienza e delle belle gare, vedevo tanti miglioramenti. Il 2023 ha rappresentato un anno di stop che ha bloccato un po’ tutto. Spero di ripartire al più presto.

Taiwan Kom: sfida a 3.000 metri tra campioni (e costruttori)

27.10.2023
6 min
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In questi primi giorni senza gare ha attirato attenzione la sfida che Simon Yates della Jayco-AlUla ha lanciato indirettamente a Vincenzo Nibali. Anche se sarebbe meglio dire che Giant ha lanciato a Merida. E probabilmente a quest’ora questa sfida a distanza, Simon potrebbe anche averla vinta. L’asso inglese infatti è impegnato nella Taiwan Kom Challenge (in apertura foto Taiwan Cyclist Federation).

Si tratta di una particolarissima gara amatoriale, una granfondo diremmo noi, appunto a Taiwan, laddove vi sono molte fabbriche di bici, su tutti Giant, primo costruttore al mondo.

Simon Yates contro Nibali a distanza. Ma si tratta più di una sfida fra Giant e Merida, primo e secondo costruttore al mondo (foto Instagram)
Simon Yates contro Nibali a distanza. Ma si tratta più di una sfida fra Giant e Merida, primo e secondo costruttore al mondo (foto Instagram)

Giant vs Merida

E’ news sempre di questi giorni il rinnovo della partnership fra il colosso Giant e la squadra del team manager Brent Copeland. In pratica Yates vuole battere il record stabilito da Vincenzo Nibali nel 2017, quando lo Squalo fu invitato da Merida a prendere parte a questo singolare evento.

Si parte dal livello del mare, da Hualien, sulla costa orientale dell’isola, e si arriva ai 3.275 metri di quota del Monte Hehuan, sulla catena del Kunyang, che divide in due Taiwan stessa. Un percorso di 103,5 chilometri, 87 dei quali in salita. La pendenza media della scalata è del 3,5 per cento e quella massima del 23.

Davvero una sfida particolare che in casa Jayco-AlUla hanno già ribattezzato Fight Gravity, vale a dire combattere la forza di gravità.

In sella con Nibali

A dirci qualcosa di più della Taiwan Kom è proprio Vincenzo Nibali, reduce guarda caso da un evento in quota, ma in mtb: la Popo Bike in Messico.

«La Taiwan KOM Challenge una gara amatoriale, tipo la Maratona delle Dolomiti. Si parte tutti insieme ed è aperta anche ai pro’. E’ tutta in salita! Io partecipai perché Merida ci fece questa richiesta. Venivo dalla vittoria dal Lombardia, ma l’affrontai con tutt’altro spirito. Avevamo fatto un grande tour tra le aziende locali. In corsa c’era anche mio cugino Cosimo!  E si può dire che l’abbia vinta anche grazie a lui. 

«Gli dissi: “Dai Cosimo, ma non mi posso mica mettere a rubare la gara agli amatori”. E lui: “No, no… siamo qui e devi vincere. Devi andare forte. E poi è l’unica corsa che faccio con te”. Passammo una settimana in quella parte del mondo, tra le aziende. Andammo anche in Giappone. Fu quasi una vacanza con questa Taiwan KOM Challenge nel mezzo».

«Ora – prosegue lo Squalo – Giant sta portando i suoi corridori migliori per battere il mio tempo di scalata. Brent (Copeland, ndr) ha chiesto a Slongo, che mi seguiva all’epoca, il file di quella scalata perché vogliono battere il mio record. E ci sta. Volevano avere dei dati di riferimento. Loro la imposteranno proprio per battere il mio tempo, correndo in un certo modo. Mentre a darmi una mano io avevo solo mio fratello Antonio. Lui si mise a tirare in salita».

Finale tosto

Il record di Nibali è di 3 ore 19’54”. Se Yates e David Peña, colombiano e abituato a certe quote, correranno con accortezza ce la possono fare. Salvo qualche outsider a sorpresa…

«La Taiwan KOM Challenge – ha detto Yates – è qualcosa di diverso da quello a cui siamo abituati. Si arriva oltre i 3.000 metri partendo dal mare: non ci sono molte salite del genere. Sarà una sfida davvero interessante. In più essere a Taiwan sarà speciale per noi come squadra: è la casa di Giant e sarà bello rappresentare il marchio, incontrare le persone che lavorano dietro le quinte».

Insomma Giant vuol e riprendersi lo “scettro” in casa. E tutto sommato nell’epoca dei social potrebbe essere un colpo di teatro ben piazzato e forse anche simpatico.

«Ricordo che si partiva prestissimo al mattino – riprende Nibali – del tipo che avevamo le luci sulla bici per andare dall’hotel alla partenza. La prima parte era piatta. Si andava verso l’entroterra. Bisognava stare attenti perché, come ho detto, era buio e c’erano anche delle gallerie, ancora più buie. Non si vedeva nulla. Ed erano umide, bagnate.

«La prima parte della salita è regolare, abbastanza veloce direi. Poi la parte finale è dura. Ma proprio tanto dura, specie negli ultimi 3 chilometri. Al livello del Sormano. Poco prima c’era anche un discesetta, abbastanza pericolosa».

Sarà insomma interessante vedere come se la caverà Simon Yates oltre quota 3.000. E se abbasserà il record dello Squalo.

P.S. La gara, come avevamo accennato, si è conclusa più o meno in concomitanza con l’articolo, ed il record è stato battuto. Ma c’è stata una sorpresa. Non hanno vinto i due favoriti della Jayco ma l’australiano Benjamin Dyball, il quale sfruttando il passo che mirava al tempone ha chiuso la scalata in 3 ore 16’09”, tre minuti abbondanti meno di Nibali.