Alessandro De Marchi, ritiro dicembre 2025, Denia, Team Jayco AlUla, direttore sportivo (immagine Instagram)

Fra De Marchi e l’ammiraglia è già scoppiato l’amore

12.12.2025
6 min
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La prima differenza rispetto a quando correva non ha nemmeno bisogno di dircela, dato che il 12 dicembre si trova in vacanza con sua moglie Anna a Berlino e i bimbi sono rimasti a casa. Lo scorso anno di questi tempi, Alessandro De Marchi era reduce dal primo training camp di Denia e a quest’ora sarebbe stato lì a macinare chilometri con il cruccio del peso forma. A Denia c’è andato anche quest’anno, sempre nello stesso hotel, però nei panni del direttore sportivo. E la valigia e le giornate gli sono parse (ed effettivamente sono state) completamente diverse.

Lo intercettiamo durante un tragitto in tram verso le vestigia del Muro, poi dice che andrà a visitare un carcere della Stasi. E intanto, avendolo lasciato a Buja da corridore all’ultimo atto e avendo visto sui suoi social una serie di foto della nuova vita, ci facciamo raccontare come proceda. Scusandoci con Anna, che speriamo vorrà capire!

«Stavolta siamo fuggiti – sorride il friulano – abbiamo fatto il ritiro relativamente presto e poi via. Altre volte siamo partiti a dicembre, ma non era una vacanza. Mi seguivano a Gran Canaria, quindi io mi allenavo. Era sicuramente una situazione piacevole, ma non era una vacanza. Mentre questa è davvero la prima che facciamo senza figli. In ritiro ho fatto dieci giorni belli pieni, sono stato anche un po’ più a lungo, perché servivano dei direttori per seguire gli allenamenti negli ultimi giorni e mi sono offerto di restare, anche per entrare nella parte».

De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
Quando hai avuto la certezza che questo sarebbe stato il tuo futuro nella Jayco AlUla?

Ne parlavamo da un po’, però la certezza vera l’ho avuta in questa stagione. Avevo già fatto il corso nel 2024, mi ero portato avanti. E con Brent (Copeland, il team manager della squadra, ndr) all’inizio del 2025 abbiamo iniziato a dare una forma quello che ci eravamo già detti. Quando sono arrivato qui alla Jayco-AlUla, questa era una delle ipotesi che si era messa sul tavolo. Così durante i primi sei mesi dell’anno ci siamo allineati e ora eccomi qua.

Questo significa che durante l’ultimo anno da corridore hai iniziato a esercitare lo sguardo da direttore?

In realtà è una cosa che ho sempre fatto, ma nella seconda parte della stagione ho iniziato a sbirciare, a guardare, a seguire certi ragionamenti sulla logistica e su aspetti più pratici. Non ero ovviamente coinvolto in decisioni legate ai corridori, però ho iniziato ad avvicinarmi e a confrontarmi.

Sei partito senza lo zainetto con il casco e gli scarpini. Che effetto fa?

Una valigia leggerissima. L’unica cosa che ho messo di extra – un po’ per curiosità e un po’ per necessità – sono state le scarpe da running. Mi sto adeguando alle abitudini dello staff, dato che correre a piedi è la cosa più facile per tenersi in forma quando sei in giro. Perciò ho iniziato, ma finora con risultati abbastanza scarsi. Le scarpe, quindi, e per il resto la divisa casual della squadra e nessun completino da bici.

Il salone di Monte Buja si è animato dalle 18, fra immagini di gara, racconti di De Marchi, vino e buon cibo
A fine ottobre, avevamo lasciato De Marchi a Buja fra la sua gente nella festa di addio alle corse
Il salone di Monte Buja si è animato dalle 18, fra immagini di gara, racconti di De Marchi, vino e buon cibo
A fine ottobre, avevamo lasciato De Marchi a Buja fra la sua gente nella festa di addio alle corse
I tuoi ex compagni come l’hanno presa?

Molti sorrisi, quando mi hanno visto. Hanno detto che adesso le cose cambieranno ed erano sorpresi, nonostante sapessero che questa cosa sarebbe successa. Scherzando, ho iniziato subito a mettere i puntini sulle “i”, dicendo che non possono più chiamarmi “Dema”, ma voglio essere chiamato “direttore” (ride, ndr).

Aspettarli in cima alla salita e seguirli in macchina ti è parso tanto strano?

Moltissimo, perché il ritiro si è svolto a Denia, nell’hotel che ho frequentato sin dagli anni della BMC, per un secolo in pratica. Perciò questa novità si è sovrapposta a una serie di luoghi che conosco alla perfezione, ma sempre visti da un punto di vista completamente diverso. Questa è stata una cosa che ho subito percepito. E poi ovviamente gli allenamenti, il fatto di seguirli in macchina, è stata una cosa abbastanza strana. Non dico così spiazzante, però ho pensato che dovrò crearmi dei nuovi riferimenti. Dove aspettarli, dove seguirli, dove assecondarli quando si fermano. Ho percepito subito che il vero trucco di questo ruolo sia creare un rapporto molto stretto con i corridori.

Non dovrebbe essere un problema, dato che fino a due mesi fa eri uno di loro.

Questo aspetto è venuto fuori anche nei tre giorni iniziali dedicati ai meeting fra direttori sportivi. Mi sono trovato in una situazione molto strana, perché sono venuto a contatto con la loro visione della stagione e dei singoli, che a volte non combaciava con quella che avrei avuto io da corridore. Una cosa che durerà forse per quest’anno, poi ovviamente andrà un po’ a sparire. Però, da quello che ho capito, il gruppo dei direttori sportivi vuole sfruttare questo aspetto.

Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole (immagine Instagram)
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole (immagine Instagram)
Hai avuto un pizzico di nostalgia della vecchia vita?

No, perché quei dieci giorni mi sono piaciuti proprio tanto. Mi sono trovato bene, ero felice di essere dall’altra parte. Poi è ovvio che se vedi il termometro che indica 20 gradi e strade molto belle, vorresti avere una bici e pedalare. Quello mi manca, ma non mi manca la gara, pesare il cibo e tutte queste cose.

Probabilmente a tavola hai notato altre differenze…

Ho percepito il piacere di non avere l’assillo di pensare esattamente a cosa mangiare e pianificarlo: quello era diventato impegnativo. E nonostante, ad esempio, come staff non avessimo un buffet incredibile, ho apprezzato di poter mangiare quel che trovavo. Sembra una stupidaggine, ma è stato come liberare lo spazio nella mente. 

Sai già con quali corridori lavorerai?

Con Covi e Conca. Gli ho detto che li disturberò una volta a settimana per sentire cosa hanno da raccontare e per mantenere un certo tipo di rapporto, ma siamo ancora in una fase tranquilla. Il grosso sicuramente inizierà con gennaio.

La squadra ha rinnovato i quadri tecnici: riesci facilmente a interfacciarti con tutti?

Capire quali siano i meccanismi forse è stata la cosa più delicata. Per mantenere un certo ordine, una certa efficacia in ogni aspetto, devi riuscire a comprendere chi si occupa di cosa, a chi devi chiedere le cose. C’è un certo tipo di sequenza nel processo ed è un aspetto che dovremo affinare ancora. Però rispetto al passato si è fatto un grosso passo in avanti e ce ne siamo resi conto in questi due mesi di lavoro dietro le quinte e poi arrivando in ritiro. Il cambio di rotta è stato apprezzato, c’è più ordine nella gestione delle cose che forse era mancato nell’ultimo periodo.

De Marchi è del 1986 ed è stato professionista dal 2011 al 2025. Il passaggio sull’ammiraglia segue uno sviluppo piuttosto logico
De Marchi è del 1986 ed è stato professionista dal 2011 al 2025. Il passaggio sull’ammiraglia segue uno sviluppo piuttosto logico
Riuscirai a tradurre in pratica le osservazioni che muovevi da corridore?

In questi mesi, come ho detto prima, mi sono messo dall’altra parte. Ho cercato di guardare le cose dal loro punto di vista, ho già fatto notare aspetti legati a certe fasi della gara, certe fasi di preparazione e di post-gara. Quindi il debriefing e aspetti simili, che hanno spazio per essere migliorati. Aspetti che mi sono stati chiesti nei meeting e che avevo già iniziato a condividere con Gene Bates, il nuovo sporting manager. Sarà una cosa che cercherò di fare, penso sia utile, almeno finché ho la mente fresca da corridore. Poi non tutte le cose verranno accettate o condivise, però è importante metterle lì e ragionarci sopra.

Si respira aria nuova?

Abbiamo fatto un vero brain storming e da tutti quanti sono arrivati un sacco di impulsi e di suggerimenti. Abbiamo voglia di dare una bella svolta e certamente io non farò mancare il mio apporto.

Filippo Conca, un giorno in montagna, trekking, neve, inverno, preparazione, Grigna, Rifugio Luigi Brioschi (immagine Instagram)

Conca e quel passaggio in vetta, prima di ricominciare

01.12.2025
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Con il ritiro iniziato sabato, sono finite ufficialmente le vacanze di Filippo Conca. Ci sarà spazio per qualche giorno in famiglia a Natale, ma ormai si fa sul serio, perché dicembre e gennaio sono i mesi su cui si costruisce l’intera stagione. La Jayco-AlUla si è ritrovata in Spagna e da qui tutto prenderà le mosse, ma noi facciamo un passo indietro e tiriamo in ballo il campione italiano per un… racconto fotografico che ha pubblicato su Instagram. Prima c’è la vetta di una montagna, con la neve, il tricolore che sventola e dietro il vuoto. Poi una serie di immagini di ragazzi che camminano nella neve. Un rifugio. Un tramonto. Un pendio a dir poco molto ripido. Che cosa ci faceva Conca lassù?

«Quella è la Grigna – racconta sorridendo – una montagna delle mie parti. Quando d’inverno sono a casa, mi piace andare a camminare, ma ormai l’off-season dura talmente poco che quest’anno l’ho fatto quasi tutto via. Altrimenti, se sto un paio di settimane a casa, magari vado a camminare nelle montagne dei dintorni, spesso a cercare funghi. Però non per allenarmi, più che altro come svago».

Circuit Franco-Belge 2025, Filippo Conca
Filippo Conca, classe 1998, era rimasto senza squadra a fine 2024. Nel 2025 a sorpresa ha vinto il tricolore ed è approdato alla Jayco-AlUla
Circuit Franco-Belge 2025, Filippo Conca
Filippo Conca, classe 1998, era rimasto senza squadra a fine 2024. Nel 2025 a sorpresa ha vinto il tricolore ed è approdato alla Jayco-AlUla
Hai sempre camminato in montagna, anche da piccolo?

Sì, sempre. Un anno, era il 2023, camminai anche per allenarmi. Ero stato fermo da agosto fino a novembre, per un’infezione batterica al sottosella, che in ottobre ho dovuto operare. Praticamente feci tre mesi senza bici e quindi andavo tre volte a settimana in palestra e tutti i giorni a camminare tra le 2 e le 4 ore. Questa volta però non è stato così.

Un fatto di amore per la montagna?

Mi piace la natura, stare in solitario o con poche persone in posti così incontaminati. Che poi forse parlare di passeggiata non è nemmeno corretto. La salita fino in Grigna è stata abbastanza tosta, più che altro perché al mattino avevo fatto tre ore di bici e poi sono andato subito a camminare.

Una salita che conosci bene?

Negli ultimi due o tre anni salgo sempre in questo periodo, almeno una volta all’anno. Vado con gli amici e poi stiamo su a dormire nel rifugio Brioschi. Non è esattamente un albergo, ha i letti a castello, ma lassù è proprio bello e anche faticoso (sorride, ndr). E’ ripido e camminare con la neve non è una passeggiata. Salendo da Ballabio, sono poco meno di tre ore. Per cui arriviamo al tramonto, stiamo su a dormire e il mattino dopo scendiamo. L’anno scorso ha portato bene e, visto come è andata la stagione, penso che continuerò ad andarci tutti gli anni.

Che effetto fa scalare una montagna così dopo tre ore di bici?

La sera hai le gambe di piombo, però è una cosa che per una volta si può fare, soprattutto a novembre. Ho avuto mal di gambe per tre giorni, infatti non lo farei sicuramente durante la stagione, quello no.

Nell’anno in cui hai camminato come preparazione in che modo ti eri equipaggiato?

Niente di particolare, anche perché quando sono in certi posti a camminare nella natura, mi sentirei strano ad essere super tecnico. Ho quello che serve, prendo e vado. Dopo quell’inverno tra palestra e camminate, iniziai in bici con nemmeno 60 giorni di preparazione. Andai in ritiro in Spagna e feci i miei migliori wattaggi di sempre nei test. Questo per dire che tanti hanno paura di fermarsi nell’off-season o di riposare troppo a lungo, ma secondo me serve proprio staccare. Sia per durare anno dopo anno, sia per metabolizzare tutto il lavoro fatto.

Hai parlato di rapporto con la natura: con la bici si riesce ad averlo allo stesso modo?

Purtroppo la strada è sempre la strada. A meno che non si vada in posti molto sperduti, c’è sempre il contatto con tante persone, con il traffico, le macchine. Ovviamente in certi posti è comunque bello, ma devi stare sempre attento. Forse il gravel da questo punto di vista è sicuramente più bello, perché ti dà un senso di libertà. Se poi uno fa gravel per la performance, ovviamente ai paesaggi e ai posti non fa troppo caso.

Conca ha affrontato l'escursione dopo tre ore di bici al mattino (immagine Instagram)
Conca ha affrontato l’escursione dopo tre ore di bici al mattino (immagine Instagram)
Conca ha affrontato l'escursione dopo tre ore di bici al mattino (immagine Instagram)
Conca ha affrontato l’escursione dopo tre ore di bici al mattino (immagine Instagram)
I corridori girano il mondo, ma ne vedono poco, giusto?

Ben poco. Ci facciamo un’idea. Possiamo dire che finita la carriera abbiamo un’idea di dove ci piacerebbe tornare in vacanza, per approfondire la conoscenza. Le corse ci portano in tanti posti carini e anche in altri in cui non andrei mai a fare le ferie. 

Giochiamo a fare i nutrizionisti: tre ore di bici e la salita in Grigna, cosa hai mangiato per cena nel rifugio?

Prima di cena ho fatto merenda, perché siamo arrivati all’ora del tramonto. Poi in realtà nel rifugio si può scegliere fra un paio di piatti. Mi pare risotto con formaggi e funghi e brasato di cervo con polenta. Visto il periodo, un ultimo strappo ci stava benissimo. Ma adesso ci si rimette in riga. Il 16 novembre ho ripreso a pedalare. Sono tornato dalle vacanze in Thailandia il 15 e ho ricominciato il giorno dopo.

A piccoli passi?

Molto piccoli, non ho ancora fatto tante ore. Il mio nuovo preparatore è Fabio Baronti e ha preferito non mettermi l’assillo di farne subito tante. Queste prime due settimane sono state di crescita graduale, ho iniziato negli ultimi 3-4 giorni a inserire uscite di tre ore e mezza, quattro.

Mentre le prime?

Sono servite per riabituare il corpo a stare in bici. Sarà perché sono alto (Conca misura 1,91 per 80 chili, ndr), ma tutti gli anni quando ricomincio dopo 20-25 giorni senza bici, è sempre un trauma. Sembra che non so più pedalare, non so più stare su una bici. Poi mi riassetto e si sistema tutto. Se sei a regime, riprendi bene. Però sono dell’idea appunto che all’inizio è meglio non esagerare.

Perché a volte si esagera?

Si ha sempre paura di rimanere indietro, perché il lavoro da fare è tanto. Però preferisco darmi due o tre settimane di tempo per riassettarmi e ricominciare a regime in questi giorni. Dicembre e gennaio sono i mesi più importanti. Dalle mie parti ha fatto abbastanza freddo, però meglio così. Dopo le vacanze in cui c’era caldo, il fisico si abitua subito al freddo e riprendi subito le abitudini.

Sai già dove cominci?

Non credo l’Australia, ho una mezza idea, però dei programmi parleremo bene in questi giorni. Pedaleremo, faremo riunioni e piani per i prossimi 5-6 mesi. Insomma, è ora di ricominciare…

Vendrame, passaggio Jayco-Alula, manubrio

Materiali nuovi? Il manubrio fa la differenza: la scelta di Vendrame

10.11.2025
6 min
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Questo è il periodo dell’anno in cui gli atleti cambiano materiali o l’intera bici. Di conseguenza inizia una fase molto delicata, ma altrettanto affascinante: ritrovare la posizione giusta. Adattarsi. Scegliere le specifiche migliori. Un vero pianeta della tecnica, in cui però oltre ai numeri contano anche le sensazioni dell’atleta, soprattutto per quel che concerne la sella… ma ultimamente anche il manubrio.

Come “sentono” e individuano quello giusto? E anche gli altri componenti? Ne abbiamo parlato con Andrea Vendrame, uno degli atleti con “l’orecchio fine” e anche uno di quelli che sta passando da Van Rysel, la cui componentistica era Deda Elementi, a Giant con componenti Cadex. E proprio “Vendramix”, in questi giorni, ha un gran bel da fare… che ci racconta.

Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
E quindi Andrea, come ti adatti ai nuovi componenti? Partiamo dal manubrio…

Venivo da una curva Deda Elementi e ora quella del manubrio Cadex che andrò a utilizzare è più ampia rispetto a quella che usavo in Decathlon-AG2R. Ha un reach più ampio, quindi con le mani sotto nella curva ti sembra di avere una posizione più alta, nonostante sulla bici sia abbassato totalmente come spessori. Proprio in questi giorni mi è arrivato a casa un nuovo manubrio che sto andando a far montare. Da come ho capito in quei giorni di visite a Torino, tutti i corridori avranno il manubrio integrato, quindi mi hanno inizialmente montato un classico set attacco + piega per farmi prendere confidenza, e ora arriva quello definitivo.

Perché allora provare un set classico se poi userete un manubrio integrato?

Perché la curva dovrebbe essere un facsimile del nuovo Cadex che uscirà con la nuova versione della bici. Quindi diciamo che al momento l’adattamento è dato soprattutto dall’altezza della curva. La differenza che ho trovato è questo discorso di curva più ampia nel Cadex rispetto al Deda Van Rysel. Per ora mi dà sensazioni diverse.

Immaginiamo sia differente proprio il disegno della curva, no?

Sì, il raggio della curva “stringe” diversamente rispetto al Deda.

Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Però una cosa ci è poco chiara. Tu dici che la curva è più ampia, quindi in teoria in presa bassa dovresti stare più basso, invece dici che ti senti più alto…

Vero, è strano. Ne parlavo anche con Baronti, che oltre a essere il mio preparatore il prossimo anno sarà anche il mio biomeccanico: non si capiva questa situazione. Anche perché sulla nuova Giant sono messo più basso rispetto alla bici precedente. Lui mi spiegava che il Cadex rispetto al Deda ha 3 millimetri in meno di reach e 5 millimetri in più di drop.

Okay, quindi il drop è maggiore… E invece hai operato altri cambiamenti, Andrea?

Cambiando squadra ho cambiato le pedivelle: da 170 millimetri a 165. E anche i pedali: da Look sono passato a Shimano, quindi ci sono più cose che dovrò valutare nel tempo. Tanti cambiamenti tutti insieme rischiano di fare caos se giudicati all’improvviso.

Restando sempre sul manubrio, in presa alta invece cambia qualcosa? Che sensazioni hai?

Fortunatamente già sul Deda non avevo problemi di angolazioni proibite per l’UCI, quindi ho mantenuto la posizione che avevo quest’anno. Al 90 per cento i corridori oggi vanno con le mani sui comandi, che è la parte dove viene regolata di più la bici per stare in una posizione comoda, efficace e anche aerodinamica. Abbiamo fatto anche degli studi con Van Rysel a inizio stagione su diverse posizioni di presa manubrio.

La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
Come si svolgevano questi test?

Praticamente avevamo preso un chilometro di strada e si faceva avanti e indietro, avendo le stesse caratteristiche di vento e watt, per vedere cosa cambiava: quanto tempo impiegavamo. Un’altra particolarità: ho chiesto subito che il manubrio fosse integrato perché ha una guidabilità diversa. Lo sento più a contatto con il mio fisico, lo guido meglio in discesa, magari su tratti più tecnici dove devi guidare bene la bici. E poi ho chiesto anche gli shifter interni, soprattutto per le volate.

Beh, tu sei uno scattista e sei anche veloce: in effetti il doppio comando ci sta bene.

Esatto, proprio per questo motivo. E poi perché si va sempre più forte ed è un modo più rapido per cambiare in bagarre.

Quando un pro’ prova i nuovi materiali, le prime cose che va a cercare, restando sul manubrio, quali sono?

Se ti sei trovato bene vorresti avere le stesse sensazioni. Non pretendo di passare da Deda a Cadex e trovarmi lo stesso prodotto. Parto già con l’idea che ci sia una piccola differenza, però cerco di andare a riprodurre il più possibile le caratteristiche che ho utilizzato quest’anno. Poi se c’è qualche miglioria da fare, ben venga. Come per esempio i comandi interni.

Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Ti piace avere tutto vicino, a portata di mano nel vero senso della parola…

Dal mio punto di vista voglio che quando sono con le mani sotto nella curva abbia subito a contatto i freni, avendo mani non enormi. Preferisco avere subito le leve che riesco a toccare con due dita, soprattutto l’indice, che dà la possibilità di regolare la frenata. Con il freno a disco bastano due dita. La seconda cosa è il comando del cambio nella parte bassa del manubrio. Immaginiamoci una discesa tecnica piena di tornanti, dove devi rilanciare ogni curva e frenare: quindi freno e cambio sono le cose principali. Per il resto, per quanto riguarda la posizione sempre di manubrio e zona anteriore, la posizione in presa sulle leve deve essere più comoda possibile, non deve creare fastidi di formicolio nelle mani. Anche perché oggi i corridori sono molto avanzati in sella e caricano di più il peso nella zona frontale sulle leve. Braccia, mani e polsi vengono caricati di più, con tutti i nervi del palmo che risentono di buche, asfalto e tensione in gruppo.

Invece, per quanto riguarda la sella, come sta andando? Una volta era il vero cruccio del corridore che cambiava materiale…

Ci hanno aiutato molto in Jayco-AlUla: siamo partiti da un fac-simile della Fizik 3D, che utilizzavo in Decathlon. Non è la stessa e non è 3D, ma bene o male ha la stessa forma, specie nella zona perineale di scarico, che fa bene ed è importante. Devo essere sincero: sinora l’ho utilizzata poco, giusto per prendere confidenza e dare dei feedback al bike fitter. Ora che riprenderò con gli allenamenti più seriamente avrò un quadro più preciso. Come sella non ho mai avuto grandi problemi, quindi mi trovo abbastanza bene con tutto.

Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Negli anni abbiamo visto che una volta la sella era in bolla, poi si è abbassata sempre di più la punta. Anche per te vale questa regola?

Sì, sono più basso, appena di un grado, giusto per dare una leggera piegatura in avanti. Perché quando sei sotto sforzo tendi a rannicchiarti fisicamente e quindi ad avanzare in punta di sella. Questo mi permette di restare in una posizione comoda e performante, perché se spingi e ti raccogli in avanti tendi a portare tutto il peso davanti e sei più efficace rispetto a stare un po’ più alto.

E invece altezza di sella e distanza punta sella-manubrio?

E’ rimasto pressoché tutto uguale.

Tour de France 2024, Pascal Ackermann

Firma con la Jayco e Ackermann cambia (finalmente) vita

05.11.2025
4 min
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E’ l’ultimo arrivato in casa Jayco-AlUla. Dopo un 2024 da dimenticare con un solo successo e troppe cadute, Pascal Ackermann va a caccia di una seconda giovinezza nel team australiano. Per raccogliere qualche successo negli sprint, Brent Copeland e il suo staff hanno deciso di puntare sull’esperto trentunenne tedesco, già campione nazionale e capace di conquistare la maglia ciclamino al Giro 2019. 

Pascal ringrazia e, mentre si prepara a diventare papà, comincia a pensare come sarà la nuova avventura che l’aspetta. E sta volutamente alla larga dagli ultimi mesi difficili alla Israel per la situazione extra ciclismo che ha costretto la vecchia proprietà del team a fare un passo indietro e spinto molti corridori a cercare fortuna altrove.

Tirreno Adriatico 2025, Pascal Ackermann
La firma con la Jayco-AlUla solleva Ackermann da problemi di ordine sportivo ed extra sportivo
Tirreno Adriatico 2025, Pascal Ackermann
La firma con la Jayco-AlUla solleva Ackermann da problemi di ordine sportivo ed extra sportivo
Cosa ti aspetti da questa nuova sfida?

Sono super, super felice di essere qui. Quando in estate ho saputo che avrei potuto entrare a far parte di questa squadra, ci sono stati altri incontri e mi sono incuriosito sempre di più. Quando ero ragazzino, infatti, la Mitchelton-Scott era uno squadrone e un grande progetto, che ho sempre seguito. Per cui, non vedo l’ora di cominciare.

Che cosa ti ha colpito al primo impatto?

Penso di essere nella squadra giusta per me e sono convinto di avere grandi compagni di squadra. Siamo un bel mix di corridori, tra esperti e giovani e combatteremo insieme. Sono davvero su di giri e abbiamo un sogno comune che ci piacerebbe centrare: vincere una tappa al Tour de France per completare la mia personale tripla corona, così da regalare una gioia al team.

Ritroverai Michael Matthews: come sarà?

Quando ero giovane, Michael era un avversario ostico per me, ma poi lui ha puntato corse un po’ più dure, mentre io ho optato per quelle pianeggianti. Formiamo una bella coppia e credo che correndo insieme possiamo essere competitivi su tutti i terreni. Spero di imparare qualcosa da lui, perché è davvero un modello da seguire

Che ne pensi dei tuoi nuovi compagni?

Essendo l’ultimo arrivato, non ho parlato molto coi miei nuovi compagni, anche se conosco qualcuno di loro. Ad esempio, Covi era con me alla UAE. Il ciclismo alla fine è un po’ come una grande famiglia ed è sempre bello ritrovare qualcuno con cui hai già corso.

Quanto è stato duro per te il 2025?

Non voglio parlare della parte non sportiva, ma potete immaginare quanto sia stato difficile anche quell’aspetto. In generale, la mia stagione non è stata un granché perché sono caduto male subito ad inizio stagione in Provenza. Ci sono voluti due mesi per tornare in forma, poi mi sono fatto male, sono rientrato e sono caduto di nuovo: insomma, un calvario. Sono riuscito ad essere al via del Tour, ma le tre cadute nelle otto settimane di preparazione diciamo che non sono state il massimo, per cui non sono riuscito a ritornare a un buon livello. A quel punto, ho rallentato il ritmo e ho cominciato a pensare al 2026.

Obiettivi?

Con la squadra non abbiamo ancora fatto programmi specifici, anche se abbiamo parlato di quali potrebbero essere gli obiettivi plausibili e le corse che mi piacerebbe fare. Mi auguro di essere al via del Tour e poi chissà. Sinceramente, mi sento più da Grandi Giri, anche perché oramai nelle classiche ci sono anche gli scalatori o fenomeni alla Pogacar, che rendono la corsa difficilissima. Al massimo potrei puntare a qualche corsa di un giorno in Belgio, come la Gent-Wevelgem.

Giro d'Italia 2019, Pascal Ackermann
Al Giro 2019, Ackermann vince a Fucecchio e Terracina e porta a casa la maglia ciclamino
Giro d'Italia 2019, Pascal Ackermann
Al Giro 2019, Ackermann vince a Fucecchio e Terracina e porta a casa la maglia ciclamino
Il tuo augurio?

Già non avere infortuni e non cadere tutte le volte come quest’anno sarebbe un buon inizio. Voglio tornare ad alzare le braccia al cielo. Aver conquistato la maglia ciclamino al Giro d’Italia rimane il ricordo più bello della mia carriera, insieme alle singole vittorie di tappa nei Grandi Giri. Così come essere stato campione nazionale. Ogni vittoria però è speciale di per sé perché ha dietro una storia.

Il programma per le prossime settimane?

Starò a casa in Austria, dove vivo da 7 anni. Lì è bello perché mi trovo ai piedi delle montagne, per cui ogni giorno posso decidere se fare pianura o cimentarmi in qualche salita. Poi, quando non pedalo, adoro pescare. Viviamo molto vicino a un lago e quando riesco vado. Quest’autunno però mi sa che sarà un po’ più difficile, perché sta per nascere nostra figlia, dunque, preferisco stare vicino a mia moglie. 

Tour de France 2025, Mauro Schmid, Jayco AlUla,

Il ciclismo svizzero secondo Schmid, signore di strada e crono

26.10.2025
4 min
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TORINO – La maglia rossocrociata oramai Mauro Schmid ce l’ha tatuata sulla pelle. Non fosse bastato il titolo in linea del 2024, il venticinquenne di Bulach ha compiuto un’impresa che, dal 1993 a oggi, era riuscita soltanto a Stefan Kung nel 2020, ovvero imporsi nello stesso anno in entrambe le prove: strada e crono. Persino una leggenda come Fabian Cancellara aveva mancato l’accoppiata, pur imponendosi più volte in anni diversi nelle due fatiche (10 sigilli contro il tempo, 2 in linea). 

La seconda stagione in casa Jayco-AlUla è stata positiva per Mauro, anche se c’è tanta voglia di lasciare il segno anche fuori dai confini nazionali per ricambiare la fiducia che il general manager Brent Copeland e tutto lo staff ripongono in lui. Nel frattempo, sul finale di stagione, è salito per la terza volta sul podio iridato della staffetta mista, mettendosi al collo un bronzo in Rwanda dopo gli ori centrati nel 2022 e nel 2023.

Abbiamo incontrato Schmid a Torino, durante le visite della Jayco-AlUla al Centro Irriba (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Schmid a Torino, durante le visite della Jayco-AlUla al Centro Irriba (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Schmid a Torino, durante le visite della Jayco-AlUla al Centro Irriba (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Schmid a Torino, durante le visite della Jayco-AlUla al Centro Irriba (foto Matteo Secci)
Che cosa ha voluto raddoppiare il titolo nazionale su strada e fare doppietta con quello a cronometro quest’anno?

Beh, devo dire che è bello essere facilmente riconoscibile alle corse. Già vincere la maglia una volta è speciale, ma ripetersi l’anno successivo è qualcosa di fantastico e non vedo l’ora di indossarla ancora, almeno per la prima parte del 2026. La cronometro è stata una mezza sorpresa anche per me, ma ero ben preparato e sono arrivato a quel giorno nelle migliori condizioni. Tra l’altro, essere campione nazionale nelle prove contro il tempo, ha un certo prestigio nel nostro Paese: basti pensare a quello che hanno fatto Küng e Cancellara negli ultimi 25 anni. Lo standard è sempre alto ed è bello avere questo onore.

A questo proposito, come alfiere della Svizzera, che cosa ci dici del vostro movimento sia a livello individuale, sia coi risultati di Tudor e Q36.5?

Abbiamo sempre avuto ottimi talenti, anche negli anni più recenti, anche se ne è parlato bene. E’ ovvio che dopo uno come Cancellara, non sia facile prendere il testimone. Per qualche anno il livello, soprattutto su strada, non è stato eccelso e le vittorie di corridori svizzeri nelle prove in linea sono state meno delle attese.

Comunque, vi siete goduti Nino Schurter…

Tanti ragazzi della mia generazione, infatti, hanno virato più sulla mountain bike e la strada ha perso un po’ di popolarità. Ora stanno emergendo però giovani interessanti e, il fatto di avere due squadre svizzere così strutturate tra i pro’ gli dà la possibilità di maturare senza fretta e con più tranquillità. In particolare, per quei ragazzi che vanno ancora a scuola e riescono ad avere una vita più normale.

Nella tappa di Tolosa al Tour, i secondo posto dietro Abramhansen brucia parecchio
Nella tappa di Tolosa al Tour, il secondo posto dietro Abrahamsen brucia parecchio
Nella tappa di Tolosa al Tour, i secondo posto dietro Abramhansen brucia parecchio
Nella tappa di Tolosa al Tour, il secondo posto dietro Abrahamsen brucia parecchio
Che atmosfera hai respirato ai Mondiali in Rwanda?

Qualcosa già si sta muovendo. C’è ancora bisogno di un po’ di tempo, anche se la generazione attuale è già abbastanza buona, ma tra qualche annetto vedremo i risultati. Sono convinto che, anche grazie ai progetti a lungo termine dei due team svizzeri, tutto il nostro movimento ne beneficerà.

Hai cominciato a pensare alla prossima stagione?

L’idea, al momento, è di cominciare con il Tour Down Under: una corsa molto importante per la nostra squadra che è australiana, ma lo è anche per me. Oramai è un po’ come il primo giorno di scuola e vuoi subito partire forte. Poi, spero di dire la mia nelle classiche, grazie anche all’esperienza acquisita quest’anno. Il calendario potrebbe essere simile a quello del 2024, a parte qualche piccolo cambiamento a febbraio e marzo. Per i Grandi Giri mi vedo più al Tour, anche se mi piacerebbe venire al Giro. L’unica cosa è che è difficile far bene le Ardenne e poi essere pronto per tre settimane intense a maggio.

Crono iridata di Kigali, Schmid non va oltre un 29° posto, ma conquistaerà il bronzo nel Team Relay
Crono iridata di Kigali, Schmid non va oltre un 29° posto, ma ha conquistato il bronzo nel Team Relay
Crono iridata di Kigali, Schmid non va oltre un 29° posto, ma conquisterà il bronzo nel Team Relay
Crono iridata di Kigali, Schmid non va oltre un 29° posto, ma ha conquistato il bronzo nel Team Relay
C’è una corsa che ti stuzzica più di altre?

Difficile da dire, ma pensandoci direi che mi piacerebbe vincere una tappa al Tour de France.

Beh, quest’anno ci siete riusciti con Ben O’Connor. Com’è stato?

Molto bello. In realtà, il mio aiuto è stato marginale, a parte qualche chilometro all’inizio, perché poi ha fatto tutto da solo.  E’ stato di grande motivazione, così come lo è pensare a quando ho sfiorato la vittoria di tappa al Tour de Suisse (ripreso a 1,6 km dal traguardo della sesta tappa dopo la fuga col connazionale Kung e l’australiano Sweeny, ndr). Sicuramente ci riproverò, ma prima mi concedo qualche giorno sulle spiagge di Bali per ricaricare le batterie. 

Circuit Franco-Belge 2025, Filippo Conca

Quanto vale il nuovo Conca? I buoni propositi del tricolore

25.10.2025
6 min
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TORINO – Un lampo tricolore e la voglia di non sbagliare più. Nel ciclismo moderno, le seconde occasioni capitano sempre più di rado e lo sa bene Filippo Conca che, per ritagliarsi un nuovo posto nel WorldTour, ha dovuto andare a prendersi la maglia di campione italiano in estate. Il titolo nazionale conquistato con lo Swatt Club tra lo stupore di molti, le prime pedalate con la nuova maglia verde bianco e rossa e la grande voglia di dimostrare il suo valore dopo le parentesi non felici con Lotto e Q36.5.

Non tutto ha subito funzionato come voleva in queste prime uscite con la Jayco-AlUla, ma il ventisettenne lombardo sa di avere una grande chance di riscatto. Dal canto suo, la formazione australiana punta molto sul ragazzo che gli permette di avere ancora in casa la casacca di campione italiano che la scorsa stagione aveva portato con orgoglio Filippo Zana, trasferitosi ora alla Soudal-Quick Step.

Tour de Slovaquie 2025, Filippo Conca, Team Jayco-AlUla
Al Giro di Slovacchia, Conca (al rientro dopo il Covid) ha lavorato per la vittoria di Double
Tour de Slovaquie 2025, Filippo Conca, Team Jayco-AlUla
Al Giro di Slovacchia, Conca (al rientro dopo il Covid) ha lavorato per la vittoria di Double
Filippo, come riassumeresti questa pazza stagione?

E’ stato un anno davvero particolare, con tanti bassi e pochi alti. Non è filato tutto liscio come sembra, perché ho avuto molti stop per infortunio, di cui il primo già a febbraio per il ginocchio. Poi, un mese prima degli italiani, sono caduto durante il ritiro a Livigno perché ho centrato una marmotta in discesa. Ho perso una settimana di allenamenti e il percorso non è stato facile, però a Gorizia ho raddrizzato tutto quello che c’era da raddrizzare.

Com’è il ritorno nei professionisti?

Speravo in un finale di stagione più tranquillo, ma purtroppo dopo le prime due gare con la nuova squadra, ho preso il Covid a Plouay. Non mancava molto alla fine della stagione e bisognava scegliere se staccare un attimo o provarci lo stesso. Abbiamo anticipato un po’ i tempi e sono andato al Giro di Slovacchia. Lì ho fatto molta fatica, ma sono stato contento di essere stato utile alla squadra, tirando ogni giorno. Alla fine poi, abbiamo anche vinto la generale con Paul Double. Penso di aver dimostrato di poter fare quel tipo di lavoro. 

Ti è spiaciuto non correre il Lombardia?

E’ stata dura, ma è stato meglio così. Post Covid non ero ancora al meglio, soprattutto dal punto di vista del respiro, per cui abbiamo deciso di non forzare troppo. Mi sarebbe piaciuto essere al via della corsa di casa con la maglia di campione italiano, ma oggettivamente non ero competitivo.

Visite mediche Jayco AlUla, Irriba di Torino, FIlippo Conca (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Conca a Torino, in occasione delle visite della Jayco AlUla (foto Matteo Secci)
Visite mediche Jayco AlUla, Irriba di Torino, FIlippo Conca (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Conca a Torino, in occasione delle visite della Jayco AlUla (foto Matteo Secci)
Forse è proprio questa la prima lezione di questa tua nuova occasione, ovvero di non bruciare le tappe. Ti senti un Filippo più maturo di quello che approdò alla Lotto?

Senza dubbio. Allo stesso tempo ho la consapevolezza di essere un buon corridore, ma normale. Se sto bene e non ho problemi di salute, posso dare una grande mano alla squadra e lavorare per un capitano. Allo stesso tempo, quello che ho già visto qui alla Jayco-AlUla è che il lavoro da gregario viene valorizzato e, anche per il futuro, è un aspetto che motiva molto. In tante gare sicuramente, dovrò mettermi in testa a tirare, ma il bello è che avrò anche il mio spazio. Già in questo finale di stagione, se fossi stato in forma, avrei sicuramente avuto la possibilità di fare la mia corsa in qualche occasione.

Ci racconti il tuo percorso di purgatorio nello Swatt Club che ripercorre un po’ quello del tuo nuovo compagno Hellemose?

Io e Asbjorn ci conosciamo da cinque o sei anni, ovvero già da quando correvamo come under 23 e poi perché non viviamo distanti uno dall’altro. Alla fine, io avevo due scelte: o smettere o andare allo Swatt. Mi ero offerto a tantissime formazioni continental, ma nessuna si era interessata a prendermi. Visto che la squadra per la strada era già fatta, mi sono concentrato sul gravel e ho fatto le gare più importanti. E’ un ambiente che mi è piaciuto tanto, ma il mio sogno era di tornare sull’asfalto, fare il Giro d’Italia e, magari, vincere una tappa. Quello è stato il pallino che mi ha fatto capire che a 26 anni non potevo mollare.

Che cosa passava nella tua testa?

Sapevo di non essere un fenomeno, ma al tempo stesso di avere ancora margini di miglioramento. In questo mondo del ciclismo posso starci tranquillamente e avevo la certezza di poter andar più forte di almeno metà gruppo. Non era semplice ribaltare questa situazione, ma già dal novembre 2024 pensavo al campionato italiano come unica opportunità di mettermi in mostra e tornare nei professionisti. La famiglia e i pochi amici che ho sono stati di grande aiuto nei mesi di preparazione. Sono in un certo senso grato di aver vissuto una situazione così, perché mi ha fatto capire chi sono le persone che meritano il mio tempo e quali no.

Terzo posto a The Traka: rimasto senza squadra su strada, nel 2024 Conca si è dedicato al gravel (foto Swatt Club)
Terzo posto a The Traka: rimasto senza squadra su strada, nel 2024 Conca si è dedicato al gravel (foto Swatt Club)
Che meccanismo è scattato per raggiungere l’obiettivo tricolore?

Ci ho sempre creduto, sin dall’inverno. Due anni fa sono arrivato ottavo, facendo gli ultimi 20-25 chilometri di corsa tra i migliori che avevano fatto la differenza e il gruppo che inseguiva, composto da corridori come Ciccone e Ganna, quindi non proprio gli ultimi arrivati. Sono riuscito a stare nel mezzo, non riprendendo i primi per un nulla, per cui ho speso più di tutti, ma mi sono reso conto di avere gambe buone anche in un contesto così prestigioso. All’Italiano di quest’anno sono stato anche un po’ fortunato. Diversi corridori non c’erano perché avevano appena avuto il Covid o altri arrivavano stanchi dal Giro. Nelle settimane precedenti all’appuntamento, notavo queste cose, e acquistavo sempre più fiducia nelle mie possibilità.

Cosa ti ha convinto della proposta Jayco-AlUla?

Dopo il titolo italiano, il mio procuratore ha ricevuto alcune offerte interessanti, ma la prima scelta era la Jayco, perché conoscevo diverse persone tra staff e corridori. Tutti me ne hanno parlato bene, anche sulla prospettiva di lavorare in tranquillità, che era proprio quello che cercavo in questa nuova opportunità. Gli ultimi due anni su strada li ho vissuti abbastanza male, per cui avevo bisogno di un contesto come quello attuale. E’ un ambiente professionale, ma che ti mette a tuo agio per performare al 100 per cento.

Che cosa dice la tua vocina interiore per non ripetere gli errori che ti avevano portato quasi al ritiro?

Più che di errori, parlerei di occasioni mancate, perché ho avuto poche chances di fare la mia corsa negli ultimi anni. Però ci sta, se sei un gregario e i tuoi capitani vincono, il lavoro viene valorizzato. Viceversa, se la squadra raccoglie poco, magari non vieni apprezzato. Al netto della mia condizione, riuscire ad aiutare Double a trionfare in Slovacchia è stato un bel segnale.

Tre Valli Varesine 2025, Filippo Conca
Il tricolore di Conca in azione alla Tre Valli Varesine, ma la condizione non era all’altezza del Lombardia
Tre Valli Varesine 2025, Filippo Conca
Il tricolore di Conca in azione alla Tre Valli Varesine, ma la condizione non era all’altezza del Lombardia
Nel 2025 ti sei laureato campione italiano, nel 2026 a che cosa punti?

Ho bisogno di staccare per recuperare al meglio dagli acciacchi in vista della nuova stagione. L’inverno sarà fondamentale e, forse, oltre ai ritiri con la squadra, andrò al caldo per allenarmi con più costanza possibile. Con la squadra abbiamo cominciato a parlare e mi piacerebbe dare il mio contributo da subito, sia come gregario sia se capiterà qualche occasione magari già nelle gare spagnole di inizio stagione. A marzo e aprile soffro un po’ per le allergie di solito, ma l’augurio è di arrivare a maggio con una super condizione. Il Giro d’Italia è l’obiettivo per cui lavorerò duro.

Tour of Guangxi, Paul Double, Jasha Sutterlin

Copeland a piene mani nella rifondazione della Jayco-AlUla

21.10.2025
6 min
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Guai ad accontentarsi nel ciclismo moderno. Lo sa bene Brent Copeland, che gira nell’ambiente oramai da più di 26 anni dopo essere sceso di sella nel 1999. Gli sponsor vogliono risultati. Le squadre si fondono e non sempre gli investimenti fatti a tavolino portano agli obiettivi sperati una volta che si è su strada.  Il general manager della Jayco-AlUla non si nasconde dietro a un dito. Nei giorni scorsi ha applaudito il successo nella classifica generale al Tour of Guangxi di Paul Double (in apertura), ma rimane coi piedi per terra.

«E’ stata una stagione decente – ammette Copeland, prima di riavvolgere il nastro – ma potevamo fare meglio. Abbiamo vinto la tappa regina del Giro d’Italia con Chris Harper e poi fatto altrettanto con Ben (O’Connor, ndr) al Tour de France. A fine stagione però, ti viene sempre da pensare che forse avresti potuto fare qualcosa in più. Anche perché le aspettative all’inizio dell’anno sono sempre molto più alte di quello che si riesce a ottenere. Forse, gli unici casi che rappresentano l’eccezione dell’equazione sono la UAE di quest’anno (96 sigilli, ndr) o la Visma del 2023 che ha vinto quasi 70 corse (69 le affermazioni dei calabroni due anni fa, ndr) più tutti e tre i Grandi Giri».

Al timone del team australiano dall’estate 2020, Copeland si aspettava qualche fiammata in più dai suoi ragazzi e lo dice senza remore. «Vedendo la squadra di quest’anno con O’Connor, Matthews, Dunbar, Zana, Schmid – aggiunge Copeland – avevamo almeno 7-8 corridori capaci di vincere, ma non tutti loro hanno lasciato il segno. Guardando la classifica a squadre, siamo al 18° posto: non è la posizione che ci compete. Dovremmo essere quantomeno in top 10 per quello che abbiamo investito e per le energie che ci abbiamo messo». 

Brent Copeland, visite mediche Jayco-AlUla, Torino 2025
Brent Copeland ha preso il comando del Team Jayco-AlUla nell’estate del 2020, in pieno Covid
Brent Copeland, visite mediche Jayco-AlUla, Torino 2025
Brent Copeland ha preso il comando del Team Jayco-AlUla nell’estate del 2020, in pieno Covid

Un tetto per i budget

La filosofia per il 2026 cambia. L’obiettivo è che qualche promessa diventi realtà con la speranza più allargata che si trovi un equilibrio. Il 2025 è stato dominato dal UAE Team Emirates-XRG, forte del budget e un vero e proprio Dream Team attorno al fenomeno Tadej Pogacar. Da presidente dell’AIGCP (Associazione Internazionale Gruppo Ciclisti Professionisti), Copeland rincara la dose. «Bisognerebbe parlarne di più di questa tendenza. Potrebbe portare all’esplosione della bolla se non si istituisce, ad esempio, per un tetto per il budget di ciascuna squadra. Se non si interviene, il gap crescerà ancora, ci sarà meno incertezza e il rischio è che ne vada della spettacolarità del nostro sport». 

Copeland se ne intende . Oltre a gestire anche il team femminile della Liv AlUla-Jayco, in passato ha seguito il centauro Ben Spies in MotoGp. «In questo momento, i migliori team hanno un budget del 100 o del 200 per cento superiore rispetto alle squadre intermedie. E queste a loro volta hanno molta più disponibilità di quelle più piccole. Questo sistema non funziona e andrà sempre peggio se non lo regoliamo in qualche modo. Tetti salariali, limiti al budget complessivo delle squadre, altri interventi: qualcosa dev’essere fatto. Se il nostro sport diventa meno combattuto, perderemo tv, sponsor e pubblico. Formula 1 e MotoGp hanno cambiato moltissimo negli ultimi dieci anni per restare al passo. Noi dobbiamo evitare di restare indietro, sia nel ciclismo maschile sia in quello femminile. In quest’ultimo, ad esempio, si è fatta la scelta saggia di evitare sovrapposizioni in calendario tra le grandi corse. Una cosa che, invece, avviene in campo maschile con contemporaneità come quelle tra Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico». 

Il Lombardia 2025, Tadej Pogacar incorona Rafal Majka alla sua ultima corsa da pro', UAE Team Emirates-XRG
Lo strapotere della UAE Emirates è innegabile, ma può trasformarsi in un boomerang per il ciclismo mondiale
Il Lombardia 2025, Tadej Pogacar incorona Rafal Majka alla sua ultima corsa da pro', UAE Team Emirates-XRG
Lo strapotere della UAE Emirates è innegabile, ma può trasformarsi in un boomerang per il ciclismo mondiale

Il ruolo di O’Connor

Poi torna sulla Jayco-AlUla per il 2026. «Per quanto ci riguarda – dice Copeland – abbiamo ridotto gli investimenti per comporre il nuovo roster, anche se è sempre più difficile trovare un equilibrio tra il budget ed essere competitivi ad alto livello. Noi vogliamo puntare sui giovani, ma senza abbassare il livello della squadra. Abbiamo fatto una scelta coraggiosa, ma sono sicuro che, se la gestiamo bene con i direttori sportivi e col nostro performance group, possa essere sostenibile e funzionale».

Sicuramente, gran parte delle aspettative pesa sulle spalle di Ben O’Connor. I pugni sferrati al cielo per celebrare il trionfo sul Col de la Loze sono l’istantanea di quest’annata per il team australiano. Eppure per quanto mostrato nel 2024, Copeland chiede di più alla sua stella.

«Il nostro sogno, così come quello di qualunque squadra – dice – è di salire sul podio al Tour de France. Per farlo, ci vogliono tanti investimenti e non è detto che bastino perché, davanti al tuo cammino, ti trovi ad affrontare tanti ostacoli. Se tutto fila liscio e i pianeti si allineano, diventa possibile. Noi abbiamo questa possibilità con Ben e, al giorno d’oggi, è ancora meglio un podio in un Grande Giro rispetto a vincere una Monumento. Certo, sappiamo di non avere un organico ai livelli delle supersquadre di Pogacar e Vingegaard, ma se il percorso che sveleranno in questi giorni sarà adatto alle sue caratteristiche, ci proveremo».

La vittoria al Col de la Loze è stata l’emblema del 2025 di Ben O’Connor, ma Copeland si aspetta di più
La vittoria al Col de la Loze è stata l’emblema del 2025 di Ben O’Connor, ma Copeland si aspetta di più

Il percorso del Tour

La presentazione della Grande Boucle si svolgerà il 23 ottobre e quello sarà un crocevia per i piani in casa Jayco-AlUla e per la stagione di O’Connor. D’altronde, il ventinovenne di Subiaco ha già dimostrato ai mondiali di Zurigo 2024 di poter dire la sua anche nelle corse di un giorno, terminando secondo nella corsa iridata alle spalle soltanto dell’imprendibile Pogacar.

«Una volta delineato il profilo del Tour– spiega ancora Copeland – decideremo se puntare a un possibile podio o comunque a una top 5, oppure se concentrarci sulle classiche. Non dimentichiamoci che è arrivato nella nostra squadra dopo aver terminato al 4° posto il WorldTour 2024. Quest’anno è fisiologico che abbia dovuto prendere le misure con il nuovo ambiente, i nuovi compagni. È giusto dargli tempo perché sono sicuro che nel 2026 ci farà divertire. 

Giro di Lombardia 2025, Michale Matthews nella stessa fuga di Filippo Ganna
Michael Matthews è il corridore più rappresentativo della squadra: i suoi risultati hanno tenuto in alto i destini del team
Giro di Lombardia 2025, Michale Matthews nella stessa fuga di Filippo Ganna
Michael Matthews è il corridore più rappresentativo della squadra: i suoi risultati hanno tenuto in alto i destini del team

La centralità di Matthews

E per le gare di un giorno, torna a splendere la stella di Bling. Il sorriso di Copeland si illumina: «Matthews è il più grande “asset” della squadra. Forse non vince molto quanto meriterebbe, ma soltanto perché ci sono corridori con le sue caratteristiche che sono leggermente più forti, un po’ come accade a Remco quando si scontra con Pogacar. Michael, infatti, oggi affronta titani del calibro di Van der Poel o Van Aert». 

Visto quanto mostrato al Lombardia, chissà che non possa proprio essere il veterano della squadra, il grande acquisto per il 2026. «Quando i dottori ci hanno detto che lui era guarito – replica Brent, che poi ricorda – non avevo dubbi che sarebbe tornato ancora più forte, vista la sua convinzione. Nel 2022, eravamo in piena lotta per non retrocedere. Invece Matthews fece terzo ai mondiali e salvò la nostra licenza per altri 3 anni. Ha fatto qualcosa di speciale, così come anche lo scorso anno, quando ha vinto in Canada il Grand Prix de Québec. Michael può dire la sua nella Milano-Sanremo o all’Amstel Gold Race. Per supportarlo, abbiamo scelto corridori come Capiot, De Bondt, Vendrame e Covi: lavorando insieme, sono certo che si creerà un gruppo affiatato».

E nei prossimi giorni, per provare a portare punti importanti, verrà annunciato anche Pascal Ackermann. In uscita dalla Israel, lo sprinter tedesco che vinse la maglia ciclamino al Giro d’Italia 2019 ha già svolto le visite mediche torinesi col resto dei compagni all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino due domeniche fa.

Visite Jayco AlUla all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torin, Michael Matthews

Matthews e lo stop che gli ha allungato la carriera

19.10.2025
6 min
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TORINO – Dal buio dell’estate alla rinascita nella classica d’autunno per eccellenza. Il sorriso è tornato a splendere sulle labbra di Michael Matthews, dopo momenti in cui non solo la bici ma la stessa vita sembravano sfuggirgli dalle mani. 

All’immediata vigilia dello scorso Tour de France, tutte le certezze si sono sgretolate e un’embolia polmonare ha costretto la colonna portante della Jayco-AlUla a ripartire da zero e interrogarsi su tutto. Non sapeva quando e se sarebbe tornato, ma Bling, abituato a risplendere in sella proprio come ricorda il suo soprannome in gruppo, non ne voleva proprio sapere di scomparire in un tunnel. Col sostegno del team e della famiglia, l’estroso australiano si è ripreso la vita di prima e anzi, ammette di aver ancor più motivazione. La fuga al Lombardia, non proprio la sua classica prediletta, ne è la testimonianza e il sogno di lasciare ancora il segno alla Milano-Sanremo l’anno venturo è di nuovo vivido. 

Che cosa vuol dire essere tornato così competitivo come hai dimostrato al Lombardia?

Attaccare era il nostro piano sin dalla partenza. Sapevo che la miglior opzione per ottenere un buon risultato al Lombardia per me era di avvantaggiarmi subito e mi è andata bene perché mi sono trovato in una fuga davvero interessante. Bisognava avere buone gambe per far parte di quel gruppo, ma anche per rimanerci: per fortuna le mie erano ottime. A pensarci ora, sarebbe stato interessante anche usare una tattica più attendista e vedere come avrei potuto reggere se non fossi andato in fuga, ma sono felicissimo del piazzamento e delle sensazioni che ho provato. Sono sulla strada giusta per tornare al mio livello dopo i problemi di salute che ho avuto. Peccato che la stagione stia già volgendo al termine.

Ci racconti quanto è stato difficile superare il momento che hai attraversato e puoi ripercorrere quei giorni?

E’ stata una montagna russa di emozioni. Avevo appena finito il camp di tre settimane ed ero tecnicamente pronto per il Tour de France, quando è sopraggiunto questo problema. Aver lavorato così tanto per un obiettivo ed essere fermato da una diagnosi medica è stato complesso, anche perché non sapevo quali sarebbero stati gli strascichi di questo problema. Non avevo idea se sarei tornato in bicicletta e nemmeno se sarei sopravvissuto o sarei morto. Nessuno sapeva dirmi quali sarebbero stati i passi successivi sia nella mia carriera sia nella mia vita.

Quale è stato il passo successivo?

Una volta trovato il problema e la procedura per risolverlo, è cambiato tutto. Ho capito che sarei stato meglio e che non sarei morto, dopodiché ho voluto subito capire che cosa avrei dovuto fare per tornare al mio livello di prima in bici. Ho realizzato in quei momenti quanto amo questo sport e quanto mi piace il mio lavoro come ciclista professionista.

Visite Jayco AlUla all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torin, Michael Matthews, Alberto Dolfin
L’incontro con Matthews si è svolto all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino (foto Matteo Secci)
Visite Jayco AlUla all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torin, Michael Matthews, Alberto Dolfin
L’incontro con Matthews si è svolto all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino (foto Matteo Secci)
Come hai svoltato strada?

L’idea di perdere tutto per i problemi di salute mi ha motivato ancora di più a tornare più forte, con la fame di vincere ancora. Ci sono state giornate in cui ero smarrito, in cui non sapevo in che condizioni mi trovavo, ma grazie a mia moglie e alla mia famiglia sono riuscito a restare lucido mentalmente.

Ci sono stati tanti momenti difficili?

Ero depresso, mi chiedevo se la vita fosse finita. Sono stati quattro mesi della mia vita molto tumultuosi, ma sono qui ora e, grazie alla forma attuale e agli ultimi risultati, sono orgoglioso di quello che sto facendo. Cerco di vedere il lato positivo e penso di esser riuscito a superare una situazione molto difficile e ne sono uscito col sorriso sulle labbra e con gambe che mi permettono ancora di battagliare coi più forti al mondo.

Come hai capito che saresti tornato al tuo livello?

Difficile da dire perché ci sono stati tanti alti e bassi. Non riuscivo a essere costante, avendo perso molte corse. A Plouay era già andata molto bene visto che non gareggiavo da mesi e sono riuscito subito a cogliere il podio in una corsa così sfiancante. Ho capito che ce l’avrei fatta, ma poi mentalmente non è stato facile accettare le controprestazioni delle uscite successive. Per fortuna, dopo i mondiali, nelle corse italiane ho trovato continuità e sono riuscito a recuperare meglio tra una e l’altra.

La costanza è la parola che meglio ti descrive guardando i numeri della tua carriera: che cosa ti porti delle ultime settimane per la prossima stagione?

Il sogno si chiama sempre Milano-Sanremo, ma ora sono dieci volte più motivato di prima. La mia carriera poteva finire quest’anno per colpa della salute o dei problemi mentali che ho avuto in seguito allo stop, per cui il fatto di aver superato quegli ostacoli così insidiosi mi spinge a credere ancora in me stesso. Nelle corse italiane avevo la testa sgombra come non mai e anche i dottori dicono che ho il corpo di un venticinquenne. Il fatto che me lo dicano ora che ne ho dieci in più non è così male.

Quanto è cambiato il ciclismo?

La mia carriera è molto lunga e passa attraverso diverse generazioni. Ho cominciato ai tempi di Boonen, ho sfidato Sagan nel mezzo e ora sono nell’era di Tadej. Sfortunatamente, ho incrociato sulla mia strada questi alieni che in bicicletta sanno fare cose stellari. Io cerco di fare il mio meglio e sono orgoglioso di come nel corso del tempo mi sono adattata a diversi modi di correre. Mi manca ancora il sigillo in una Monumento o in una grande classica che ho sfiorato più volte. Poi, l’anno prossimo il Tour de France comincerà con una cronosquadre, per cui la mia esperienza può essere utile anche in quell’occasione. Per il momento, mi godo ogni secondo e il fatto di essere tornato il Michael di sempre. Voglio soltanto continuare a divertirmi.

Si può dire che quello che ti è successo ti ha allungato la carriera?

Penso proprio di sì. Mi ha fatto realizzare quello che ho e apprezzare ogni singola opportunità che mi sta capitando.

premio Cesarini 2025, e-sport

Premio Cesarini: l’e-sport diventa tricolore e stage alla Jayco-AlUla

07.10.2025
4 min
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E’ sempre più stretto il legame tra ciclismo e mondo virtuale. Gli e-sport hanno conquistato uno spazio crescente anche su pedali e rulli, trasformando la tecnologia in un trampolino verso il professionismo. Basti pensare a Jay Vine o a Fabio Vergallito, passati dal rullo al gruppo WorldTour. E a questo spirito si ispira il Premio Francesco Cesarini – Dream Ahead.

Questo evento è dedicato al grande gregario umbro degli Anni ’80. Professionista sì, ma al tempo stesso anche appassionato di tecnologia. E così la figlia, Francesca, lo scorso anno ha deciso di creare questa iniziativa, che ora cresce e va avanti con interessantissime novità.

Francesca Cesarini, ideatrice dell’evento, con il vincitore 2024, Pietro Scottoni
Francesca Cesarini, ideatrice dell’evento, con il vincitore 2024, Pietro Scottoni

L’e-sport cresce

Nato per unire sport, innovazione e memoria, il Premio Francesco Cesarini – Dream Ahead è un evento unico nel suo genere, pensato per i giovani ciclisti che desiderano confrontarsi su una piattaforma e-sport e al tempo stesso avvicinarsi al professionismo reale. La seconda edizione, in programma il 25 ottobre a Spoleto, consolida un format di grande successo che unisce competizione, formazione e opportunità.

I ragazzi pedaleranno con la propria bicicletta su rulli Elite collegati alla piattaforma MyWhoosh. Ogni prova è regolata dal rapporto watt/chilo espresso dall’atleta, tradotto in velocità sullo schermo. L’obiettivo non è solo decretare un vincitore, ma individuare chi, attraverso potenza, costanza e tecnica, sappia cavarsela in una situazione di tensione tecnico-tattica e di conseguenza anche sulla strada reale.

La gara coinvolgerà 40 atleti juniores, selezionati tra i migliori delle classifiche regionali FCI di strada, mountain bike e ciclocross. E’ un’occasione di confronto ad altissimo livello, con una logistica di tipo professionale: meccanici, bilance certificate, software di controllo e un impianto tecnico di grande precisione.

Il ragazzo che conquisterà il primo posto farà uno stage invernale con la Jayco-AlUla (foto Instagram – Greenedge)
Il ragazzo che conquisterà il primo posto farà uno stage invernale con la Jayco-AlUla (foto Instagram – Greenedge)

Tre grandi novità

«Il sogno di mio padre – racconta Francesca Cesarini – era dare ai giovani l’opportunità di farsi conoscere attraverso le nuove tecnologie, senza barriere geografiche o economiche. Il suo entusiasmo per l’innovazione mi ha spinto a creare qualcosa che potesse unire memoria e futuro».

Questa seconda edizione del Premio Cesarini segna un passo decisivo. «La competizione – va avanti Francesca – sarà infatti valida come primo Campionato Italiano FCI e-sport categoria Juniores. Non solo, ma per una corretta e totale analisi dei dati, per ridurre sempre più il distacco tra ciclismo reale e virtuale, ci sarà il supporto del Centro Mapei Sport». In pratica il vincitore potrà accedere a una valutazione fisiologica e biomeccanica completa presso il Centro Ricerche Mapei Sport.

Ma la novità più importante e super fresca, riguarda il premio finale. «Il vincitore juniores potrà vivere un vero stage con il team Jayco-AlUla, formazione WorldTour australiana. Un’occasione straordinaria per entrare in contatto con il mondo del professionismo. La Jayco-AlUla ha mostrato un grande interesse nei confronti di questa iniziativa edè stato bello trovare l’accordo con loro». Ad interessarsi direttamente del progetto è stato l’head coach della Jayco, Marco Pinotti. Il quale da buon ingegnere di strumentazioni e tecnologia se ne intende.

Lo scorso anno il vincitore ebbe la possibilità di pedalare con la UAE Emirates, vivendo un’esperienza che rappresenta la sintesi perfetta del motto “Dream Ahead”: sognare in grande, pedalando verso il futuro.

Pino Toni sarà il direttore tecnico del Premio Cesarini, sostituisce Paolo Alberati
Pino Toni sarà il direttore tecnico del Premio Cesarini, sostituisce Paolo Alberati

Un occhio al programma

La competizione si terrà sabato 25 ottobre 2025 e seguirà una formula snella ma selettiva. Ci saranno quattro batterie eliminatorie ognuna composta da dieci atleti. I primi due di ogni batteria, insieme ai due migliori tempi assoluti, accederanno alla finale del pomeriggio. Il tutto sotto la supervisione tecnica di un preparatore di primo ordine quale Pino Toni.

Ogni prova durerà tra i 12 e i 18 minuti, con la bici personale installata su un rullo Elite a potenza certificata e collegato alla piattaforma MyWhoosh. Tutti i dati di peso e altezza saranno caricati sulla App prima della competizione, per assicurare l’equità della simulazione.

Le iscrizioni sono riservate agli atleti nati nel 2007, 2008 e 2009, che alla data del 22 settembre 2025 risultino tra i primi dieci delle classifiche di rendimento regionali. Le candidature si sono aperte il 1° ottobre 2025 e si chiuderanno due giorni prima della gara. Da segnalare che quest’anno l’evento è aperto anche agli amatori, in gara domenica 26. Questa prova è valida per la qualifica di campione italiano eSport. In palio ci sono premi di Elite e Dmt.

«Questo premio in memoria di mio padre – conclude la Cesarini – è qualcosa a cui tengo molto. E’ un progetto che vedo suscita interesse e si sta ingrandendo. Non a caso ci sono già idee e progetti in chiave futura… sempre rivolti ai ragazzi».