Il marchio americano Wahoo è stato fondato appena nel 2009 da Chip Hawkins ad Atlanta, in Georgia. Già da qualche anno è partner del team Sky, oggi Ineos Grenadiers. E adesso entra prepotentemente nel settore degli sport/smartwatches, introducendo sul mercato il suo primo ed interessante modello: l’ELEMNT Rival.
Un vero computer
Questo nuovo orologio è un vero e proprio computer da polso. E’ in grado di creare un’efficace esperienza di allenamento multisport. Generato dalla comprovata tecnologia ELEMNT, ma con molte funzionalità aggiuntive esclusive per il multisport, lo smart watch Wahoo Rival semplifica radicalmente il modo in cui interagire con un orologio sportivo. Usandolo è infatti possibile concentrarsi sulle proprie prestazioni senza alcuna interruzione o distrazione.
Tra le innumerevoli funzioni, ELEMNT Rival tiene traccia del tempo del segmento e dei dati di allenamento con un’interazione minima tra l’atleta/utente e orologio stesso, permettendo così il massimo dell’efficacia e del monitoraggio della performance, sia in fase di allenamento quanto e soprattutto in gara.
Wahoo sponsor da tempo del team Ineos Grenadiers, sbarca nel mondo degli smartwatchWahoo sbarca fra gli smartwatch
Visibilità top
E’ dotato di un ampio display touch tutto a colori, che utilizza un particolare sensore di luce ambientale integrato dalla tecnologia Perfect View Zoom. L’orologio ELEMNT Rival è in grado di funzionare in qualsiasi condizione di luce, per mantenere i dati di allenamento più importanti sempre pronti ed in evidenza. Tutto in un velocissimo colpo d’occhio!
Grazie all’interfaccia utente, davvero molto intuitiva, i dispositivi ELEMNT hanno cambiato il modo in cui i ciclisti interagiscono con la loro semplice uscita o allenamento. Oggi, tutta quella potenza è stata ottimizzata per l’ELEMNT Rival, per così essere in grado di offrire a tutti gli atleti un vantaggio specifico e mirato davvero molto, molto efficace.
ELEMNT Rival 5829 è progettato per resistere anche in condizioni estremeELEMNT Rival 5829, efficiente e… robusto
Sguardo in avanti
Fin dalla sua costituzione, che abbiamo ricordato essere stata davvero molto recente, la “mission” di Wahoo è rimasta quella di creare soluzioni innovative per centrare obiettivi difficili e migliorare la qualità della vita.
I prodotti della linea Wahoo Fitness – trainer, bike computer, accessori e adesso anche smart watch – sono distribuiti in esclusiva in Italia dalla esperta commerciale altoatesina Summit Sports.
La Covatilla ha acceso il fuoco e alla fine lo spettacolo c’è stato. Carapaz, l’ecuadoriano del Giro 2019, ha attaccato come era lecito aspettarsi, Roglic si è difeso con la squadra e con i denti e la tappa l’ha vinta David Gaudu, giovane francese della Groupama-Fdj che merita un approfondimento.
Falso modesto
«Non credo di essere un grande campione – ha detto – ma ho vinto due tappe in questa Vuelta come Wellens, che invece è un grandissimo corridore. Oggi il meteo era a mio vantaggio, c’era il freddo e anche la pioggia, che a me non danno fastidio, sono stato fortunato».
La prima l’ha vinta alla vigilia dell’Angliru ai Lagos de Somiedo. Questo fatto di ribadire di non essere campione David ce l’ha un po’ come un vezzo. Ma se gli ricordi che quattro anni fa ha vinto il Tour de l’Avenir, allora gli occhi scintillano.
«E’ stata anche una stagione difficile – dice aggiustando il tiro – abbiamo lavorato bene per tre mesi e abbiamo perso malamente il Tour. Siamo arrivati a questa Vuelta come cacciatori e anche se Pinot si è arreso, siamo rimasti uniti».
David Gaudu, seconda tappa di questa Vuelta a La CovatillaPoels, Valverde a La Covatilla
Ha vinto in quella che Daniel Martin ha definito la corsa più dura che abbia mai fatto e se ne torna a casa con due tappe e un piazzamento nei dieci. Non ci stupiremmo se dal prossimo anno Marc Madiot iniziasse a considerarlo il successore naturale di Pinot. Thibaut ha ancora due anni di contratto, ma pare che i rapporti con il suo mentore di sempre non siano più così idilliaci.
Carapaz va
Carapaz ci ha provato, ma non poteva essere forse un attacco ai 3 chilometri dall’arrivo a disarcionare Roglic, che non sembrava aver tradito grosse difficoltà.
«Oggi mi è piaciuta molto la tappa – ha detto dopo l’arrivo l’ecuadoriano – ed è un grande piacere finire secondo alla Vuelta. La squadra ha lavorato molto per me, hanno sempre cercato di rimanere davanti per me. Hanno mostrato grinta e coraggio e abbiamo provato tutto il possibile.
«Personalmente, sono molto soddisfatto della mia stagione e penso che anche la squadra possa esserlo».
Poels, Valverde, Cattaneo, ma la fuga non vaPoels e Valverde, ma la fuga nn va
Difficile dire se in queste ultime due parole ci sia un pizzico di rivalsa. Vale la pena ricordare infatti che l’ecuadoriano faceva parte del gruppo Giro del team Ineos-Grenadiers e che all’ultimo momento, di fronte alla condizione precaria di Froome e quella ancora acerba di Thomas, era stato dirottato sulla Francia, affinché lavorasse per Bernal. E poi, venuto meno l’apporto del colombiano, si era ritrovato ad andare in fuga e lottare, ottenendo de secondi posti a La Roche sur Foron e a Villard de Lans. Il ragazzo è educato, ma che nessuno provi a lamentarsi.
Quasi fatta
E così sul traguardo Roglic ha alzato il pungo come se la tappa l’avesse vinta lui. In realtà ha vinto la Vuelta, dopo il secondo posto del Tour e la vittoria di Liegi. E se anche il fantasma della sconfitta per qualche giorno fosse passato a fargli visita, questa volta lo ha scacciato stringendo i denti e sfruttando, secondo alcuni, la tattica della Movistar, che di certo non ha reso la vittoria e ha impedito attacchi davvero efficaci.
Primoz Roglic, sul traguardo un urlo da vincitore. Respinta la minaccia dell’ecuadoriano della IneosRoglic sul traguardo da vincitore
«E’ diventato molto emozionante negli ultimi chilometri – ha detto Roglic – sapevo che per mantenere il primato sarebbe stato sufficiente salire al mio ritmo. Alla fine è andato tutto bene. Carapaz ha dimostrato di essere molto forte. Non ho sempre avuto tutto sotto controllo, ma non ho mai avuto la sensazione che avrei perso la maglia. Sono rimasto concentrato e ho gestito la mia scalata e questo si è rivelato sufficiente per mantenere il primo posto. I miei compagni hanno fatto davvero un ottimo lavoro, come per tutta la Vuelta. Fino ad ora, siamo stati concentrati ogni giorno. Dobbiamo rimanerlo per un altro ancora e poi sarà finita».
Sobrero parla del debutto con Roglic capitano alla Parigi-Nizza. Qualche errore di "gioventù" per una squadra fortemente rinnovata... Matteo però sta bene
Alla Vuelta c'è anche Valentin Paret-Peintre che al Tour ha conquistato il Ventoux. Il successo gli ha cambiato la vita. E ora fa rotta su un altro Mostro
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Angliru, tanto tuonò, che alla fine non piovve. E non perché nello scenario spettrale e vuoto di pubblico, i corridori si siano risparmiati, ma perché quando il livello dei contendenti è pressoché simile, su certe pendenze è difficile scavare grandi differenze se non si verificano crolli. In qualche modo il duello di oggi ha ricordato un rigido battibecco televisivo fra Simoni e Pantaninel giorno del primo Zoncolan. Simoni disse appunto che su pendenze troppo elevate non si producono grossi distacchi, Pantani rispose che per uno scalatore le pendenze elevate dovrebbero essere un invito a nozze. Troppo diversi quei due per volersi bene.
Gesink, Kuss e Roglic, ritmo alto sull’AngliruGesink, Kuss e Roglic, ritmo alto sull’Angliru
Roglic si salva
Ripresa la fuga, Roglic ha alzato la voce e messo prima Gesink e poi Kuss a tirare, ma dopo un po’ Primoz ha scoperto che la coperta era troppo corta. E quando si è reso conto del rischio che correva, ha preso il suo passo ed è arrivato in cima perdendo la maglia per soli 10 secondi.
«Era una salita troppo dura per un velocista – ha scherzato il capitano nella Jumbo-Visma – e io non ho avuto la mia giornata migliore, così alla fine sono soddisfatto del risultato. Ho ancora una buona classifica e sono molto contento. Ovviamente mi sarebbe piaciuto guadagnare tempo piuttosto che perderlo, ma è andata così. La squadra è stata ancora una volta molto forte e molto impressionante. Mi dispiace per Kuss, perché sicuramente avrebbe potuto vincere la tappa. Voglio ringraziarlo per il supporto negli ultimi chilometri, senza di lui avrei perso più tempo. Ora ci godremo il giorno di riposo e poi ci concentreremo sulla crono. Darò tutto per vincere la Vuelta e nella terza settimana è tutto possibile».
Carapaz fa festa
Carapaz è partito a testa bassa a circa due chilometri dall’arrivo, ma si è capito che non sarebbe riuscito a guadagnare quel che sperava. Per sua fortuna, è riuscito ad agganciarsi al trenino Vlasov-Mas e a mettere in cascina i 10 secondi che gli sono valsi la maglia rossa.
«Questa salita ha fatto una selezione naturale – ha detto – abbiamo già speso molte energie ieri e anche oggi è stata una tappa molto dura. Mi ricordavo questa salita dal 2017, ma è stato incredibile farla in mezzo a tanto silenzio. Alla fine ci ho provato, anche Mas, Vlasov e Carthy ci hanno provato. E io ho continuato con il mio ritmo, mettendo insieme un vantaggio di 10 secondi. Per noi è fantastico, andiamo verso la cronometro con l’idea di dare il massimo e difendere la leadership. Sono molto felice di indossare di nuovo la maglia. E’ una buona cosa per me, per la Ineos-Grenadiers e per tutto quello che abbiamo fatto».
Nieve, 11° a 2’15”
Fraile, 72° a 23’59”
Mas, 3° a 16″
Formolo e Gasparotto, in fuga finché è durata
Hugh Carthy, vincitore sull’Angliru
Scatti dal giorno dell’Angliru
Nieve, 11° a 2’15”
Fraile, 72° a 23’59”
Mas, 3° a 16″
Formolo e Gasparotto, in fuga finché è durata
Hugh Carthy, vincitore sull’Angliru
Scatti dal giorno dell’Angliru
Carthy non ci crede
La voglia di andarsene dalle corse minacciate dal Covid, deve essere un segno distintivo della Ef Pro Cycling del 2020. Dopo averci provato al Giro, ci hanno riprovato anche alla Vuelta. Ma evidentemente è una tecnica che porta bene. Con due tappe vinte in Italia, ecco la seconda della Vuelta con Hugh Carthy dopo Michael Woods a Villanueva de Valdegovia.
«E’ un sogno – ha detto Carthy stravolto dopo l’arrivo – in ogni gara professionistica vincere è un sogno che si avvera. Ma vincere in un grande Giro, sua una salita mitica come questa… non c’è niente meglio di così. E’ difficile da esprimere a parole. La prossima settimana sarà eccitante. Soprattutto per il pubblico da casa, perché ne vediamo poco lungo le strade. E’ una corsa serrata e manca ancora la cronometro. E’ ancora tutto da giocare».
Puccio è l’uomo dietro le quinte, quello cui i direttori sportivi della Ineos-Grenadiers chiedono sempre un parere, sapendo che non sarà banale. Quando Salvatore è arrivato al traguardo, il personale della squadra si è messo in fila per abbracciarlo, sapendo quanto abbia lavorato lontano dalle inquadrature. Così quando si avvicina alla transenna, il suo è il sorriso di chi ha fatto bene il suo mestiere.
Ti aspettavi di arrivare a un giorno dalla fine messo così?
Dopo la sfortuna di Thomas ci siamo reinventati. Non abbiamo pensato alla classifica. Tao era lì, poteva fare la sua top ten. E’ giovane, era tutta un’esperienza. Dopo, piano piano, ogni giorno ricevevamo il numero della macchina che scalava uno ad uno. Mancavano dieci tappe ed eravamo la macchina numero dieci. Così scherzando ci siamo detti che saremmo arrivati secondi o primi.
Secondo a Vieste, anticipato da DowsettSecondo a Vieste, anticipato da Dowsett
E i giorni passavano…
Finché a Piancavallo, Tao è andato fortissimo e ci è arrivata l’ammiraglia numero tre e a quel punto abbiamo iniziato a crederci. Comunque abbiamo mantenuto la stessa tattica. Andavamo in fuga, per noi era importante vincere tappe in questo Giro. Ognuno ha avuto la sua chance. Ma nel giorno dello Stelvio qualcosa è cambiato.
Che cosa è cambiato?
Rohan Dennis ha iniziato a fare cose da paura. Non lo scopriamo né lo abbiamo inventato noi. Uno che ha vinto due mondiali… Magari è partito piano a inizio Giro, poi è cresciuto e oggi addirittura ha fatto terzo. Sono contentissimo e poi sul bus c’è un’atmosfera stellare. Siamo rimasti in sei, ma siamo sei amici, non sei compagni di squadra.
Un clima inedito per voi?
Abbiamo sempre avuto un grande leader. Con Froomey, Geraint Thomas, c’era da stare super concentrati. Stavolta ci siamo ritrovati qui con Tao che ha sempre lavorato per gli altri e si può giocare la sua occasione. E’ stato diverso. Però non volevamo dargli nemmeno lo stress di pensare di dover vincere per forza. Lui stava tranquillo, noi andavamo in fuga e la pressione non c’era. Alla fine ha dimostrato di essere stato il più forte.
Ti mangi le mani per il secondo posto di Vieste?
Un po’ sì (sorride, ndr), ma Israel ha corso bene. Alla fine erano in due. Sarebbe stata una bella ciliegina sulla torta, però lo sport è così.
E’ la Ineos dei giovani…
Ne abbiamo tanti e poi il ciclismo di adesso è pieno di giovani rampanti. C’è il cambio generazionale, è normale. Io sono considerato il vecchio. A casa mia moglie mi dice che sto invecchiando, però ho seguito questa strada di gregario dall’inizio. Ho l’età giusta, ho 31 anni, posso ancora dare qualche consiglio a questi sbarbatelli.
Che cosa significa giocarsi il Giro in una crono?
Abbiamo due cronoman fortissimi tra i favoriti della tappa e speriamo che Tao riesca a dormire stanotte. Non è facile pensare che ti giocherai il Giro. Si vince dopo la linea, ancora non si è vinto niente, però noi siamo contenti per quello che abbiamo già fatto, l’atmosfera, la passione che ci abbiamo messo in tutto. Per lui è tutto un di più, farà la sua crono. Non parte svantaggiato e non ha niente da perdere.
Poteva guadagnare più tempo, credendoci da subito?
Era arrivato per aiutare. Forse nella prima crono gli hanno detto di non rischiare e di fare una tappa pulita per il vento. Forse lì poteva guadagnare qualcosa. Ai Laghi di Cancano ha perso perché Hindley aveva dietro il compagno che prendeva la rosa. Oggi è stato Tao a non tirare, avendo dimostrato di essere il più forte di tutti. Il ciclismo in fondo è uno sport semplice.
Se ieri aveste corso normalmente oggi ci sarebbero stati distacchi maggiori?
Di ieri si dovrebbe parlare a lungo, ma non adesso. Andiamo a Milano, la strada è lunga.
Senti Bramati, cosa avrebbe fatto Remco? Già, che cosa avrebbe fatto Evenepoel in questo Giro? Almeida non doveva neanche esserci, ma ha la maglia rosa. Si è lasciato indietro i favoriti nella crono e poi ha pagato (neanche troppo) in salita. Almeida che è stato persino rallentato dall’elicottero, al punto che il pilota s’è preso mille euro di multa. Ma a questo punto la domanda scatta spontanea. Quanto sarebbe andato forte allora Evenepoel?
Bramati sorride. Un po’ amaro e un po’ di gusto per l’assoluzione nell’inchiesta legata alla caduta di Evenepoel al Giro di Lombardia e per il Giro.
«La tappa di ieri – dice – eravamo venuti a provarla, la salita l’abbiamo fatta a tutta. Anche la crono. Quando eravamo in ritiro a San Pellegrino abbiamo fatto le nostre ricognizioni. La squadra sta bene e Remco sarebbe andato fortissimo. Vanno tutti forte perché dovevano sorreggere un grande leader. Se non fosse venuta la rosa di Joao, saremmo andati a caccia di tappe. E sarebbe stato come la Ineos senza Thomas…».
Per Bramati, Nibali non è crollato ed è ancora pericolosoPer Bramati, Nibali è ancora pericoloso
Giorno di riposo, tempo da perdere, voglia di chiacchierare. Le notizie dal resto d’Italia parlano dell’aumento dei contagi, mentre il Giro aspetta i risultati dei tamponi fatti tra ieri e oggi. E intanto si parla della corsa.
Ieri hanno fatto Piancavallo davvero forte.
Ieri sono stati fatti dei bei tempi, ma il vento, forte o meno, era tutto a favore. L’anno che c’era Dumoulin, chi si ricorda se era contro? Il vento ti dà quel poco in più che ti permette di fare la differenza. Un chilometro di più all’ora su una salita di 14 chilometri. Bisogna considerare anche questo.
Kelderman va forte.
Kelderman va, si sa. Tao Geoghegan Hart è forte, ma bisogna stare attenti a Nibali.
Nibali?
Vincenzo ha l’esperienza e adesso comincia la terza settimana. Ho appena detto a Joao di stare attento, quello che faremo faremo. Domani è già una tappa a trabocchetto. Quella di Madonna di Campiglio l’abbiamo vista. Sul Bondone andiamo su dalla stradina stretta, poi scendiamo e dopo c’è tanto, tutta la valle. Non puoi fare niente, aspetti l’ultima salita e quella non è dura. E’ tutta da spingere di rapporto, ma se prendi la balla, volano i minuti.
Dicci ancora di Vincenzo.
Nibali ieri ha solo avuto una giornata no, perché se fosse crollato non avrebbe preso solo quel distacco, ma sarebbe sprofondato oltre i tre minuti. Credo che Nibali vada forte, ha l’esperienza e tutto quel che serve. Ad oggi il più pericoloso è Kelderman, però Nibali non è morto.
Kelderman va forte, ma a Piancavallo non ha avuto le gambe per la volata, andava più forte il compagno.
Vero, si sono parlati. Ha sprintato dopo tutto quel lavoro, doveva farlo. Ieri sono andati forte. La Sunweb ha fatto un lavorone. Chiedetelo a Ballerini, che è stato per tutto il giorno dietro a Denz. Non ha mollato mai. Sono andato dal direttore sportivo a dirgli che sono stati bravi. Lui ha detto che abbiamo lavorato anche noi, ma certo la maglia rosa ti dà quello spunto in più e il morale. Loro però hanno fatto una grande corsa.
Martinelli dice di guardare il Team Ineos.
Ma hanno perso Narvaez, anche noi abbiamo parlato di Tao Geoghegan. Ganna e Dennis hanno speso tanto. Oggi c’è il riposo e il giorno prima vanno tutti a tutta. Sono d’accordo anche io che Tao sia forte, ma bisogna vedere come va questo Giro. Bisogna vedere a chi domani prende la bambola.
Almeida?
Magari la prende lui, ma Joao ha già fatto tanto. Siamo già contenti così, manca una tappa, ma magari una tappa ancora viene. Quella di pianura, chi la controlla? Meglio domani, forse. Se la Sunweb fa un’accelerata sull’ultima salita, è un attimo venire giù all’arrivo. Con la squadra che ho sarebbe perfetta. Domani è una tappa trabocchetto.
Anche Masnada sta bene.
Tutti dicono e mi hanno criticato che Fausto doveva andare un po’ meno a cronometro. Ma quello che ha tirato ieri, Hindley, a Valdobbiadene ha preso 33” in più di Masnada e la crono l’ha fatta a tutta pure lui. E poi…
E poi?
Quando Masnada si è staccato ieri, erano sette corridori. A me pare che chi parla in televisione non riesca a seguire bene tutto. Quando anche il mio si è staccato, erano in sette. Tre Sunweb, Almeida, Nibali, Masnada e Majka. Poi Masnada si è staccato e sono restati i migliori. Quando si è staccato Almeida non erano in 15, non puoi dire che era rimasta tanta gente. Hanno fatto la selezione e sono arrivati a quattro. Delle volte dico che forse vedo le cose in un’altra maniera.
Domani?
Prima di pensare a domani, pensiamo a stasera. Aspettiamo tutti i tamponi e vediamo. Il nostro dottore dice di stare attenti…
E' con grande sorpresa che abbiamo rivisto Egan Bernal in piedi e poi a casa fra i suoi cari. Ecco le parole dei medici e quelle del campione colombiano
I fiori di Valdobbiadene, Filippo li ha regalati a sua madre. Niente di strano. Chi lo ha ascoltato bene, da Imola a Palermo, lo ha sentito dedicare ogni vittoria alla famiglia. Quei fiori Daniela li ha ancora tra le braccia e li stringe come si fa con un bambino. La tappa di Piancavallo è partita da pochi minuti. I genitori di Ganna sono venuti al via per salutare il figlio e ora riprenderanno la via di casa, dove la figlia Carlotta si è fermata per studiare e badare ai cani di famiglia.
Filippo, detto Top Ganna, con un vero Top Gun: al Giro succede anche questoTop Ganna e Top Gun: trovate le differenze…
Cento all’ora
Daniela sorride sotto la mascherina. Ci incontrammo per la prima volta da loro, a Vignone, dopo il primo mondiale dell’inseguimento e il ricordo del calore di casa è ancora vivo.
«Siamo molto legati come famiglia – conferma – quindi a me emoziona molto questa cosa. Vedere come lui vuole bene a sua sorella, il rapporto che hanno loro due… Dico che abbiamo lavorato bene noi genitori».
Ma le mamme si preoccupano. E se abbiamo tremato noi vedendo Pippo scendere da Monreale a velocità folle sulla bici da crono, figurarsi lei. Che lo sottolinea con una risata argentina.
«Ho maledetto il cronista che diceva che stava andando a cento all’ora. Mi dicevo: non pensate alle mamme preoccupate per i loro figlioli? Ogni gara la vivo un po’ in ansia. Penso che per ogni mamma il ciclismo sia un bellissimo sport, con i suoi rischi, però non mi sono ancora abituata all’ansia e alla paura. Cerco di conviverci. Vedo Filippo sereno, convinto ed entusiasta di quello che fa e automaticamente anche io lo divento».
Il sogno Sky
Lo disse Filippo per primo: la squadra dei suoi sogni sarebbe stata la Sky. Poi passò alla Uae, ma il momento in cui Lombardi gli procurò un posto con Brailsford viene ancora festeggiato.
«E’ cresciuto tantissimo – ora è suo padre che parla – soprattutto da quando ha cambiato squadra. Lui ha bisogno di tranquillità. Con Villa è arrivato ai vertici della pista e qua con Cioni, che gli permette di lavorare senza pressione, è diventato grande. Ha inciso tantissimo anche la crono al mondiale dell’anno scorso, perché ha preso molta consapevolezza dei suoi mezzi. Quest’anno ha sempre lavorato bene e i risultati si vedono».
Con Sagan nella tappa di Tortoreto Lido, vinta dallo SlovaccoCon Sagan nella tappa di Tortoreto
Fiducia al top
Marco Ganna è andato alle Olimpiadi di Los Angeles con la canoa. E’ lui che spesso segue il figlio negli allenamenti e lo ha visto crescere.
«Prima del mondiale era tranquillo – dice – anche se arrivava da una crono favolosa come quella della Tirreno, dopo sei giorni a tirare per Thomas. Questo vuol dire che è cresciuto di testa. Sentirgli dedicare le vittorie alla famiglia è stato un’emozione e un orgoglio. Ci conosci, siamo molto uniti. Quando è partito per il Giro mai avremmo pensato, essendo la prima volta, che vincesse tre tappe. Per ora. Anche quando è partito per il mondiale… Io che lo seguo in allenamento lo vedevo che era migliorato nei suoi tempi, sulle nostre salite e sui nostri strappi, ma fra migliorare e vincere un mondiale ce ne passa».
L’arrivo in salita
E poi c’è il giorno Camigliatello Silano. Quello in cui il gigante vince in salita, aprendo la porta sul seguito di una carriera che potrebbe essere ancor più inatteso.
«Tutti dicevano che in quella fuga lavorava per Puccio – dice – e ho pensato: sì, perfetto, va bene. Poi quando c’è stato lo strappo più duro e mancavano ancora un po’ di chilometri, ho detto: fa una gara come quando era allievo o juniores, non guarda in faccia nessuno. E dopo i due scatti di Carrettero, gli hanno fatto girare le scatole. Ha messo la testa bassa e ha cominciato a menare. A quel punto ho pensato che sarebbe arrivato. L’hanno inquadrato in faccia, l’ho visto che stava bene, aveva una bella faccia».
Dire se avrà un futuro nelle corse a tappe è qualcosa che forse non vale neppure la pena indagare.
«Se lui cresce – dice – nessuno sa dove potrà arrivare. Se anche non diventerà uno da grandi Giri, si toglierà delle grosse soddisfazioni tra cronometro e classiche. Ricordiamoci che quest’anno sulla Cipressa, dopo quasi 300 chilometri, ha scollinato per secondo.
Con Thomas risalendo a fatica l’Etna
Con Thomas sull’Etna, cercando di limitare i danni
Ora i Ganna ripartono. Il viaggio fino a Vignone è lungo, ma l’ultima battuta è per la mamma.
«Già da un po’ vive ad Ascona – dice – che però è vicina. Se vogliamo vederlo, prendiamo la macchina e andiamo. Di una cosa potete essere certi: non si libererà molto facilmente della sua famiglia».
I procuratori sono figure di riferimento, spesso molto potenti. Ma come devono comportarsi per essere davvero utili all'atleta e supportare le squadre?
Salvatore Puccio sta correndo il Giro di Germania. Con lui parliamo del momento della Ineos. Delle voci su Evenepoel. E del correre in condizioni al limite
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C’è una firma italiana anche nella vittoria di Tao Geoghegan Hart a Piancavallo: quella di Matteo Tosatto. C’era il tecnico veneto, che ha ormai perso la voce, sull’ammiraglia alle spalle del gallese e sono stati i suoi consigli a spianare la strada del ragazzo dal volto simpatico e pieno di lentiggini.
«Tutta la Sunweb, i compagni di Kelderman hanno fatto un buon lavoro – ha detto il vincitore – dovevano guadagnare più tempo possibile sulla maglia rosa e hanno fatto un grande forcing. Io ho cercato di restare calmo e restare focalizzato sulla vittoria, anche se a volte la tentazione di muovermi prima l’ho avuta. Per fortuna da dietro Tosatto, che ha grande esperienza mi diceva di stare calmo».
Rohan Dennis a lungo in fuga verso PiancavalloRohan Dennis a lungo in fuga
La tattica di Tosatto
Dopo Cioni accanto a Ganna, un altro asso italiano dell’ammiraglia. Toso ascolta e sorride e forse nel cambio di mentalità del Team Ineos-Greenadiers dopo la caduta e il ritiro di Thomas c’è anche quel suo spirito pratico e scanzonato da vecchio combattente del gruppo.
«La squadra aveva dimostrato alla Tirreno – dice – che eravamo pronti a fare un bel Giro. Non ci siamo mai nascosti, puntavamo a vincere con Thomas e la squadra era pronta. Dopo l’incidente, a parte la condizione fisica che c’era, i ragazzi hanno cambiato mentalità con attacchi e vittorie. Oggi abbiamo voluto la fuga. Con Dennis, ma avremmo sganciato volentieri anche Puccio e Narvaez. Volevamo metterne due in fuga per tenere Tao tranquillo. E alla fine ha funzionato perché Tao ha vinto. Nel finale ha fatto una cosa stupenda ed è salito al quarto posto».
Reset mentale
In questa sorta di scambio fra il direttore e il suo pupillo, le parole di Tao completano il quadro.
«Niente di strano in questo nostro modo di correre – ha detto – eravamo venuti al Giro convinti di avere un super leader come Thomas in ottima condizione. Eravamo pronti per sostenerlo. E’ stato duro quel giorno in Sicilia, soprattutto per la natura della caduta. Abbiamo dovuto fare un reset, lui è andato a casa e noi abbiamo onorato la corsa. Abbiamo grande supporto dai nostri sponsor e vogliamo fare il massimo per loro. Abbiamo ancora sette giorni in cui fare il massimo.
«Dobbiamo prendere quello che viene. Ci saranno altri distacchi. Ci saranno le tappe di montagna successive. Sapevamo con il nuovo calendario che le cose potevano cambiare per il meteo. Ci saranno gap maggiori, alcuni attaccheranno da lontano come Froome nel 2018 e io non vedo l’ora. Sarà una terza settimana molto spettacolare».
Così Geoghegan Hart sul traguardo di PiancavalloCosì Geoghegan Hart sul traguardo di Piancavallo
Podio possibile?
Si pedala fra cautela ed entusiasmo. Ma se un ammiraglio esperto come Martinelli pensa che Geoghegan Hart possa essere l’uomo della maglia rosa finale, allora forse con Bramati bisogna approfondire il discorso.
«Tao già l’anno scorso al Tour of the Alps – dice Bramati – è andato forte, ha fatto vittorie, ha fatto il podio e ha aiutato Sivakov. Ha fatto la Vuelta, ha fatto fughe. E’ un giovane interessante, deve migliorare su certi punti di vista nella gestione della corsa. Oggi ha fatto una grande vittoria. Non parlo della sua classifica che è una sorpresa anche per noi, anche se non del tutto dopo la caduta di Thomas. Tao è quarto in classifica e ad un secondo dal podio. Da qui a dire che salirà sul podio o vincerà il Giro, il passo è lungo».
Viaggio con Van der Poel nella Sanremo vinta nonostante lo strepotere di Pogacar. La fatica sulla Cipressa. E poi la volata lunga che ha sorpreso Ganna