Privitera: l’incidente, il sogno spezzato e le voci del gruppo

17.07.2025
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AOSTA – La notizia della morte di Samuele Privitera arriva pochi minuti prima della mezzanotte. Nel silenzio di una sala stampa ormai deserta e buia. Poche righe alle quali segue il messaggio di cordoglio dell’intero staff del Giro Ciclistico della Valle d’Aosta

La sala stampa della prima tappa del Giro della Valle d’Aosta era a poche centinaia di metri dall’arrivo. Nella festa di Filippo Agostinacchio una voce ci dice che Samuele Privitera è stato protagonista di una brutta caduta. La notizia ci accompagna fino al momento in cui ci sediamo per scrivere l’articolo che poi verrà pubblicato alle 19,09. La tappa è finita da qualche ora, ma in gruppo e tra gli addetti ai lavori circola la notizia di un brutto incidente che ha coinvolto il giovane corridore della Hagens Berman Jayco. L’attesa rende tutto straziante, a ogni squillo di telefono si teme che possa arrivare la notizia peggiore. 

Samuele Privitera (il secondo in maglia Hagens Berman da sinistra) durante il foglio firma della prima tappa
Samuele Privitera (al centro) durante il foglio firma della prima tappa

Ore di attesa

La prima comunicazione ufficiale da parte dell’organizzazione arriva intorno alle 19, il ragazzo è stato trasportato all’ospedale Parini di Aosta in gravi condizioni ed è sotto osservazione. All’ingresso del Pronto Soccorso ci viene comunicato che sono in attesa dei familiari di Samuele Privitera. Poi il silenzio. Arrivano anche due atleti dell’U.C. Monaco. A distanza di un’ora anche un diesse della Hagens Berman Jayco insieme a un agente di Polizia, hanno in mano il casco di Privitera che sembra integro. 

Il silenzio fa salire la preoccupazione. E mentre il telefono squilla, la notte arriva senza che dall’ospedale trapelino notizie sullo stato di salute di Samuele Privitera. Gli agenti di Polizia davanti all’ingresso del Pronto Soccorso dicono che una notizia ufficiale verrà rilasciata dall’organizzazione una volta arrivati i genitori. Sono le 23,52 quando viene pubblicato il comunicato ufficiale del Giro Ciclistico della Valle d’Aosta. Privitera non ce l’ha fatta. 

La voce dal gruppo

E’ difficile cercare di capire la dinamica dell’incidente di Samuele Privitera, una prima ricostruzione può arrivare solamente da chi era accanto a lui in corsa. Lorenzo Masciarelli, della MBH Bank-Ballan-Csb, era in gruppo nel momento dell’incidente. 

«Privitera – racconta Masciarelli – era due metri davanti a me. Venivamo da una curva che si affronta senza frenare, ci trovavamo intorno alla ventesima posizione in gruppo. Lui arrivava dall’esterno e ha preso un dosso artificiale di cemento che serve per rallentare le macchine. Non si è capito se non se ne sia accorto, però nel momento in cui è salito sopra ha perso la presa dal manubrio. Di conseguenza il sedere gli è scivolato sul tubo orizzontale del telaio ed è rimasto seduto. I piedi si sono sganciati ma ha cercato di rimanere in equilibrio. In quelle situazioni, spesso, rimetti una mano sul manubrio e rimani in piedi. Invece lui ha sbandato ed è andato contro una barriera di ferro. Un impatto così non l’avevo mai visto. Parlando con i ragazzi che avevo vicini, che come me avevano visto l’accaduto, ci siamo resi subito conto della gravità

«Quando l’ho visto andare verso la barriera mi sono spaventato e ho tirato i freni – continua – e gli sono rimasto dietro. L’impatto è stato bruttissimo, è arrivato contro l’ostacolo con la testa e il petto. Il casco, anche durante lo scontro con la barriera, è sempre rimasto sulla testa. Non ho capito come si sia sfilato. Il fatto però che fosse integro (o così pareva, ndr) mi fa pensare che le prime a colpire la barriera siano state altre parti del corpo».

Marco Milesi, ora diesse della Biesse Carrera, era in gruppo nel 1993 quando sulle strade del Giro della Valle d’Aosta morì Diego Pellegrini
Marco Milesi, ora diesse della Biesse Carrera, era in gruppo nel 1993 quando sulle strade del Giro della Valle d’Aosta morì Diego Pellegrini

Il ricordo di Milesi

La voce che ci ha avvisato dell’incidente di Samuele Privitera, arrivata dopo il traguardo, ce l’ha data Marco Milesi, diesse della Biessa Carrera Premac. Il quale nella mattinata di oggi ci ha raccontato quanto visto dall’ammiraglia durante la tappa. 

«Ho visto Privitera a terra – racconta – mentre passavamo sul punto dell’incidente. Andavamo piano perché c’erano diversi oggetti sparsi sulla carreggiata. L’ho visto fermo a terra, immobile, e subito ho capito che si trattava di un brutto incidente. Erano già presenti i medici intorno al corpo che si agitavano, ho visto anche un meccanico della Hagens (la squadra di Privitera, ndr) parecchio spaventato in volto. 

«Mi è subito tornato in mente – riprende dopo un attimo di silenzio, con voce profonda – la caduta di Diego Pellegrini, sempre qui al Valle d’Aosta nel 1993. Io ero in corsa, così come lo ero al Tour de France 1995 quando venne a mancare Fabio Casartelli, eravamo anche compagni di squadra. Ci sono tanti pensieri nella testa di un ragazzo in un momento del genere, soprattutto nelle gare dilettanti quando chi corre con te è spesso coetaneo e lo conosci fin da bambino. Capire se andare avanti o meno spetta ai ragazzi. Io nel 1995, al Tour, volevo tornare a casa. I miei genitori mi stettero vicini e mi dissero di tenere duro. Quel Tour de France lo finii, ma con una sofferenza enorme».

Samuele Privitera, ciclista ligure nato a Imperia, è venuto a mancare all’età di 19 anni, avrebbe compiuto i 20 il prossimo 4 ottobre. Dal 2024 correva con il team Hagens Berman guidato da Axel Merckx, mentre da juniores aveva vestito la maglia del Team Fratelli Giorgi.

Copeland, i devo team e le strategie della Jayco-AlUla

11.01.2025
6 min
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«Secondo me il problema non è per le squadre under 23 – dice Brent Copeland quando a fine intervista lo portiamo sul fronte italiano – quanto piuttosto per le professional. Le continental restano preziose per far crescere gli under 23, invece le professional devono reggere il confronto con le WorldTour e con i devo team e non hanno la certezza del calendario. Come Aigcp stiamo lavorando anche per questo, perché squadre come quella di Reverberi abbiano qualche certezza in più, anche se con questo calendario non è facile…».

Abbiamo chiamato il team manager del Team Jayco-AlUla per fare il punto sul doppio devo team della squadra australiana: quello degli uomini (in apertura foto Coltyn Present) e quello delle donne. Avendo intuito il grande lavoro che c’è dietro, ci incuriosisce capire se per una squadra WorldTour avere un team di sviluppo sia effettivamente una necessità. Fra gli uomini l’operazione è stata completata con l’assorbimento della Hagens Berman, la squadra di Axel Merckx, che in passato è stata anche professional e ha lanciato al professionismo, fra gli altri, Dunbar, Geoghegan Hart, Almeida, Philipsen, i gemelli Oliveira, Morgado, Herzog, Riccitello e Christen. Fra gli altri colpi del mercato, oltre ai corridori, c’è stato l’ingaggio di Christian Schrot, il tecnico/allenatore che ha portato Finn al mondiale juniores e ha costruito i successi del Team Auto Eder, vivaio U19 della ex Bora-Hansgrohe.

Matthew White, a sinistra, direttore di performance e racing, con Axel Merckx (foto Team Jayco-AlUla)
Matthew White, a sinistra, direttore di performance e racing, con Axel Merckx (foto Team Jayco-AlUla)
Come mai questo forte investimento sul devo team?

Già da un paio di anni stavamo lavorando con la squadra di Axel. Non dico che sia un’esigenza o un obbligo, ma l’unico modo di capire bene la crescita dei corridori prima che passino a livello professionistico. E questo non riguarda solo il livello performance o agonistico, ma anche il carattere, la cultura, conoscere bene da dove vengono. Tutti punti che per noi sono fondamentali. La collaborazione con Merckx stava funzionando molto bene, il problema era che non potevamo far correre i nostri corridori con loro o i giovani con noi perché non era una nostra squadra. Ecco perché quest’anno abbiamo fatto un passaggio in più, mettendoli sotto il nostro ombrello, diciamo così.

In modo da poter avere uno scambio continuo di corridori?

Esatto. I giovani più pronti potranno venire con noi per mettersi alla prova e allo stesso modo potremo mandare da loro uno dei nostri, ad esempio De Marchi, per portargli un po’ di esperienza dal mondo dei professionisti. E’ un impegno in più, è una squadra in più, però secondo me vale la pena, perché ormai è importante conoscere bene i ragazzi prima che passino al WorldTour.

Come mai secondo te Axel Merckx ha questa grande capacità di lanciare corridori?

Lui lavora molto sull’individuo prima che sul corridore, è la filosofia che già dal primo incontro ha spiegato a me e a Gerry Adams (il proprietario della squadra, ndr). Lui sa che al massimo il 50 per cento dei suoi corridori passerà professionista, la realtà è questa. E non vuole che l’altra metà che smette non abbia imparato niente, anche sul piano personale. Allora lavora molto sulla persona, la cultura, il carattere. Non insegue solo risultati e performance e questo ci ha fatto molto piacere, perché è una filosofia molto importante anche per noi.

Christian Schrot è stato il tecnico di Lorenzo Finn nel 2024 e del Team Auto Eder (foto Team Jayco-AlUla)
Christian Schrot è stato il tecnico di Lorenzo Finn nel 2024 e del Team Auto Eder (foto Team Jayco-AlUla)
Però in parallelo avete preso un tecnico come Schrot, molto bravo a gestire la performance dei giovani.

Persone come lui servono per trasmettere nel modo giusto le esperienze ai ragazzi, per seguirli bene. Se non hai le risorse giuste, il lavoro non viene fatto bene e allora è inutile creare un devo team.

Il devo team sfrutterà anche l’esperienza del gruppo Performance della WorldTour?

Certamente, avrà accesso a tutta l’esperienza della prima squadra. Abbiamo iniziato a farlo già dall’anno scorso. Tecnologia e innovazione, la parte ingegneristica che segue Pinotti, la parte della nutrizione che viene seguita da Laura Martinelli, la parte medica di Carlo Guardascione. Tutto questo viene messo a disposizione anche della squadra development. E’ importante che i giovani imparino nel modo giusto, senza esagerare perché non vogliamo viziarli troppo. Devono imparare già da giovani come sarà quando passano professionisti, per questo gli diamo una mano con tutte le risorse della squadra WorldTour.

Stessa cosa con il devo team femminile?

Esattamente. Abbiamo la stessa struttura in Olanda per le ragazze, dove abbiamo anche una ragazza italiana: Matilde Vitillo. Utilizziamo lo stesso schema e cioè che le squadre WorldTour sono di appoggio per le squadre di sviluppo.

Matilde Vitillo è l’unica italiana che già dal 2024 corre nel devo team femminile (foto Team Jayco-AlUla)
Matilde Vitillo è l’unica italiana che già dal 2024 corre nel devo team femminile (foto Team Jayco-AlUla)
Visto che i costi saranno aumentati, avete nuovi sponsor per le due squadre di sviluppo?

No, per gli uomini abbiamo incorporato la sponsorizzazione di Axel. Già lo scorso anno si chiamava Hagens Berman-Jayco e continuiamo con questo appoggio. Ovvio che ci costa qualcosina in più, ma il budget resta lo stesso. Ne abbiamo spostato una parte in modo diverso per dare più appoggio a loro, però le cifre sono quelle. Purtroppo non abbiamo un super budget che ci permetta di fare diversamente, ma riusciamo ugualmente a lavorare molto bene.

Chi si occupa del lavoro di scouting per il devo team?

Fino all’anno scorso, ci pensava da Axel che era anche in contatto con i vari agenti. Però era una struttura fatta non tanto bene e devo fare autocritica, perché non l’abbiamo seguita come dovevamo. Quest’anno invece cambia tutto, un’altra struttura. Abbiamo messo insieme un gruppo di lavoro di cui fanno parte Axel, il nostro data analyst, i due allenatori della nostra squadra, gli allenatori della squadra di Merckx. Un gruppo di lavoro di sei persone, che andranno a fare scouting, restando in contatto con i direttori sportivi della varie squadre e con gli agenti. Abbiamo creato un protocollo per cercare il corridore che ci interessa.

Si parte dai numeri dei test, ma si cerca anche altro?

Esatto. Magari ci viene indicato un under 23 o uno junior, dal suo procuratore o dal direttore sportivo della squadra in cui corre. Guardiamo i numeri, perché i numeri sono importanti. Però poi il secondo passaggio è conoscere la persona, da dove viene, il suo background, la sua vita privata. Ci chiediamo se sarà globalmente adatto alla nostra squadra.

Per il secondo anno, alla Hagens Berman-Jayco correrà Mattia Sambinello, assieme a Samuele Privitera (foto Coltyn Present)
Per il secondo anno, alla Hagens Berman-Jayco correrà Mattia Sambinello, assieme a Samuele Privitera (foto Coltyn Present)
Una valutazione a 360 gradi?

Ci sono tanti altri fattori che bisogna guardare bene prima che un giovane passi nella squadra di Axel e poi eventualmente nel WorldTour. Il gruppo di lavoro è stato creato anche per questo, per avere le persone che vanno fisicamente alle corse a conoscere i corridori. Io credo che questo sia il modo giusto per lavorare. L’anno scorso abbiamo preso De Pretto dalla Zalf, ad esempio, dopo che aveva fatto lo stage con noi nel 2023…

Ora lo portereste nel devo team?

Esatto. Lo avevamo valutato, ci serviva una squadra perché facesse esperienza e lo abbiamo affidato alla Zalf. Dal prossimo anno, passerebbe nella squadra di Axel, prima di salire nel worldTour. Sarebbe azzardato farlo passare direttamente in prima squadra, il lavoro di Axel ci serve per capire il corridore e investire su di lui con qualche certezza in più.

Privitera: parole da adulto per il giovane della Hagens Berman

02.01.2025
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Samuele Privitera parla con la voce di uno che ha le idee chiare nonostante la giovane età. Il diciannovenne ligure ha chiuso il suo primo anno con la maglia della Hagens Berman, il team continental che dalla passata stagione è entrato nell’orbita della Jayco AlUla, diventandone ora il devo team. La prima annata da under 23 per Privitera ha un duplice significato: innanzitutto è arrivata la consapevolezza che il ciclismo è diventato una cosa seria. Inoltre il ligure ha capito che ogni dettaglio conta e niente può essere lasciato al caso

In questi giorni che hanno sancito il passaggio dal 2024 al 2025 Privitera era a casa. Un breve periodo di recupero dopo il primo ritiro in Spagna con la Hagens Berman, accanto ai colossi del WorldTour. 

«Mi sono e ci siamo allenati bene – ci dice – ad Altea eravamo tutti riuniti in pochi metri: team di sviluppo e WorldTour. Avevo già avuto modo a dicembre del 2023 di partecipare a un ritiro con i professionisti. L’ambiente Jayco è molto bello, si lavora sodo e bene. Tuttavia non si sente la pressione, si rimane sereni e tranquilli».

Samuele Privitera ha corso il 2024 con la Hagens Berman Jayco, devo team della Jayco AlUla
Samuele Privitera ha corso il 2024 con la Hagens Berman Jayco, devo team della Jayco AlUla

La crescita

A livello di atteggiamento l’anno appena concluso sembra aver lasciato dentro Samuele Privitera la voglia di far vedere che è pronto a diventare un corridore a tutti gli effetti. 

«Il primo ritiro è andato alla grande – continua – la squadra ha optato per fare tanto volume a bassi regimi. Tante ore in bici ma tutti insieme, per pedalare l’uno accanto all’altro e conoscere i nuovi compagni. Per quanto riguarda i miei valori devo dire che sono molto contento, non mi aspettavo di stare così bene fin da subito. Si vede che ho assimilato bene quanto fatto durante il 2024. Il periodo di stacco ha dato i suoi frutti».

Una prima stagione fatta di alti e bassi ma dalla quale ha imparato parecchio (foto Instagram)
Una prima stagione fatta di alti e bassi ma dalla quale ha imparato parecchio (foto Instagram)
Come consideri questo primo anno da under 23?

Ha avuto un po’ di alti e bassi ma è anche giusto che fosse così. Ho capito che bisogna lavorare e avere un atteggiamento serio. Quello che prima era un divertimento ora è un lavoro. La squadra mi permette di vivere con il ciclismo e sento di dover dare qualcosa in cambio. Non che ci sia pressione, ma consapevolezza che le cose vanno fatte in un determinato modo.

Ad esempio?

Ci sono delle persone che lavorano con lo scopo di farci andare in bici e di farlo nel migliore dei modi. Quindi a noi spetta il compito di essere professionali e avere il giusto atteggiamento. Se un giorno piove l’allenamento va fatto comunque, perché i risultati non arrivano senza la dedizione. 

Al Giro Next Gen Privitera ha avuto uno dei migliori momenti di condizione (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Al Giro Next Gen Privitera ha avuto uno dei migliori momenti di condizione (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Per quanto riguarda la risposta in gara, come giudichi il 2024?

Penso di essere arrivato al massimo della condizione quando ero al Giro Next Gen. Nonostante lo avessi iniziato con un malanno ho tenuto duro ed è arrivato anche un terzo posto nella tappa di Zocca. Poi da lì in avanti ci sono stati degli avvenimenti che mi hanno frenato in alcuni momenti. Cose piccole ma che per un ragazzo di 18 anni non sono facili da gestire. 

Tipo?

Avrei dovuto fare uno stage con la Jayco AlUla, ma alla fine hanno deciso di dare questa chance a un altro ragazzo. Non è una cosa che mi ha causato quale danno a livello morale, tuttavia è chiaro che nel mentre è difficile da gestire. Prepari certi appuntamenti e poi cambiano i piani. Succede, si impara a gestire la cosa. 

Nella tappa di Zocca, al Giro Next Gen ha raccolto un buon terzo posto (foto LaPresse)
Nella tappa di Zocca, al Giro Next Gen ha raccolto un buon terzo posto (foto LaPresse)
In un anno quanto sei cambiato?

Tanto. Quando ero in forma sono riuscito a ottenere anche dei buoni risultati. Ma la cosa fondamentale penso sia stata l’imparare a gestire le diverse situazioni. 

Sei passato da una formazione juniores a un devo team come hai vissuto il tutto?

Bene. Avevo una buona conoscenza dell’inglese e questo mi ha dato una mano. E’ stato un passo importante che consiglio anche ad altri ragazzi, si fanno delle esperienze da corridore vero. Non credo di essere troppo giovane, d’altronde se un ragazzo della mia età vuole mantenersi deve andare a lavorare. Quello che mi è richiesto è l’andare in bici ed essere professionale nel farlo. 

Nel finale di stagione è stato vittima di due cadute che gli hanno impedito di performare al meglio (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Nel finale di stagione è stato vittima di due cadute che gli hanno impedito di performare al meglio (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
A livello atletico quanto sei cresciuto?

Molto, in particolare negli sforzi brevi e nell’esplosività. Sento di avere un motore diverso, con un picco maggiore. I passi più grandi sono arrivati durante questo inverno. 

Ora il programma cosa prevede?

A fine gennaio andremo in ritiro in Toscana, con tutta la squadra. Mi piace pensare che un team importante come il nostro venga in Italia ad allenarsi, è un modo per mantenere radicata la nostra tradizione ciclistica. L’esordio alle gare dovrebbe arrivare in Croazia a marzo, poi cercheremo di capire se farò qualche gara con i professionisti. Noi del devo team dovremmo avere degli slot alla Coppi e Bartali. L’obiettivo principale sarà il Giro Next Gen. Vorrei cambiare un po’ il calendario in primavera e saltare le classiche italiane under 23, come Recioto e Belvedere, per andare a correre la Liegi U23 e il Tour de Bretagne. Questa è la richiesta che ho fatto alla squadra, vedremo se saranno d’accordo. 

Allora in bocca al lupo e buon anno.

Grazie e buon anno anche a voi!

A Zocca vince Artz, ma i riflettori sono tutti per Privitera

15.06.2024
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ZOCCA – Occhi azzurri e guance rosse per lo sforzo, Huub Artz si presenta alla conferenza stampa dopo il podio ancora con i segni della fatica addosso. L’olandese classe 2002 della Wanty-ReUz, che ha già in mano un contratto di due anni con il team WorldTour, centra il suo secondo successo stagionale. Prima di oggi aveva alzato le braccia al cielo nella Gent-Wevelgem under 23. A Zocca ha messo la firma su un’altra vittoria importante (in apertura foto LaPresse). 

«Oggi era la tappa giusta per me – dice Artz – sono veramente felice di com’è andata. Non sono ancora sicuro che tipo di corridore sono, sicuramente dopo la tappa di ieri non mi piacciono le salite lunghe. Penso di essere un corridore da Classiche o tappe come queste, con strappi brevi. L’anno prossimo sarà tutto da scoprire, spero di fare un bell’inverno e di crescere con i giusti passi. Magari sarò pronto per vincere subito oppure mi servirà un periodo di adattamento. Ho già corso con i professionisti, ma l’anno prossimo sarà sicuramente diverso».

Scatto di rabbia

48 secondi dopo Artz taglia il traguardo Samuele Privitera. Il volto tirato in una smorfia di dolore e le gambe che faticano a far girare i pedali. Anche lui è uno dei famelici ragazzi classe 2005 che in questo Giro Next Gen stanno prendendo ruoli da assoluti protagonisti. 

«Questa prima avventura al Giro Next Gen non è partita nel migliore dei modi – racconta – dopo la cronometro iniziale ho avuto febbre e raffreddore. A Pian della Mussa sono arrivato alla fine della tappa per miracolo, non nascondo che ho pensato di andare a casa. Anche ieri a Fosse ero ancora intasato, ma mi ero ripromesso che con la condizione che avevo era doveroso provare qualcosa. Così oggi, nei primi chilometri, ho fatto uno scatto e sono uscito dal gruppo. Mi ha seguito Isidore e siamo stati 20 chilometri al vento, spingendo al massimo. Sono rientrati anche gli altri sei ragazzi e siamo andati al traguardo di comune accordo».

Privitera, in maglia bianca, è stato il primo a rispondere all’attacco di Artz (foto LaPresse)
Privitera, in maglia bianca, è stato il primo a rispondere all’attacco di Artz (foto LaPresse)

Orgoglio e rivalsa

Nel momento più difficile della stagione ha tirato fuori dal cilindro la sua migliore prestazione. Sintomo di quanto bruciasse dentro di lui il fuoco della rivincita. 

«Ho pensato – spiega con energie nuove – che fosse tutto un fattore mentale. Mi sono detto che era giunto il momento di farsi furbo e provare a risparmiare qualcosa in pianura. Non ho dato proprio tutti i cambi e iniziata la salita finale ho spinto al massimo. Peccato perché sono arrivato a pochissimo dalla vittoria, è contata più la testa che le capacità. Oggi è un terzo posto di cuore. Il Giro Next Gen mi ha fatto crescere tantissimo, sia mentalmente che fisicamente. Resistere alla tentazione di abbandonare e fare terzo in una tappa del genere mi ha fatto fare uno step importante».

Sul traguardo è stremato, ma oggi ha dimostrato di avere tanta forza d’animo e di volontà
Sul traguardo è stremato, ma oggi ha dimostrato di avere tanta forza d’animo e di volontà

Dalla bici ai libri

Privitera, al suo primo anno da under 23 alla Hagens Berman Jayco, ha fatto passi in avanti da gigante. 

«Quest’anno – conclude Privitera – sono stato in costante crescita dall’inverno fino ad adesso. Prima di venire qui al Giro ero all’Alpes Isère e ho pedalato benissimo, con numeri molto buoni. Devo solo dire grazie alla squadra perché non ci manca mai nulla: nutrizionista, cuoco, massaggiatori… Axel Merckx in me crede tanto, è stato il primo a dirmi di non mollare, è un diesse con la “D” maiuscola. Domani finisce questa avventura e iniziano gli esami di maturità, quindi la testa andrà lì. Poi mi concentrerò sul ciclismo, che ad ora è diventato il mio lavoro, anche se non escludo di iscrivermi all’Università: Scienze Motorie».

Merckx ci presenta la nuova Hagens, con forze italiane

20.01.2024
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E’ un anno importante per l’Hagens Berman Jayco, dopo aver stretto una importante collaborazione con il Team Jayco+AlUla. Axel Merckx, che della squadra è il mentore, ha sempre detto che il suo non è un devo team, ma è un semplice riferimento per la squadra australiana, il che significa che anche gli altri team possono accedere ai suoi gioielli e provare a convincerli a firmare il contratto.

Per la formazione americana è un passaggio fondamentale anche dal punto di vista prettamente italiano, perché per la prima volta vestiranno la sua casacca due corridori nostrani, Samuele Privitera e Mattia Sambinello, arrivati non senza sorpresa alla corte del dirigente belga che molto crede nelle loro possibilità.

Per Axel Merckx gennaio in Canada dove studia la figlia Athina, ma ora si ricomincia…
Per Axel Merckx gennaio in Canada dove studia la figlia Athina, ma ora si ricomincia…

Ritorno dei ritiri in Toscana

La stagione del team è iniziata con una semplice presa di contatto a dicembre, ma il primo vero raduno, dove si lavorerà insieme e si prenderanno le misure alla nuova stagione avverrà nella prima decade di febbraio, in una sede diventata inconsueta, Castagneto Carducci. Sì, proprio quel territorio che nel secolo scorso era metà di quasi tutti i team professionistici italiani (e non solo…) vedrà i ragazzi dell’Hagens percorrere le sue strade, inizialmente gli europei, poi si aggiungeranno coloro che vengono da oltreoceano.

«Ci sono stati tanti cambi nella nostra squadra – ammette Merckx – ci ritroviamo con il 70 per cento del team rinnovato, è come ripartire da zero. E’ una bella scommessa, vediamo il gruppo come crescerà, ma servirà tempo e pazienza anche se so che la stagione ci regalerà i nostri momenti. Dobbiamo anche considerare che abbiamo in squadra molti ragazzi ancora alle prese con gli impegni scolastici, quindi è tutto un discorso in divenire».

Primo ritiro del team a dicembre con la consegna delle maglie. Ci si rivede presto in Toscana
Primo ritiro del team a dicembre con la consegna delle maglie. Ci si rivede presto in Toscana
La sensazione però è che, rispetto al passato, manchi il leader, il corridore di riferimento per tutti…

All’interno del gruppo un vero e proprio leader non c’è mai stato, forse qualcuno faceva più risultati di altri ma questo non influiva sui rapporti di forze. D’altronde nel team c’è anche chi ha già ottenuto risultati di un certo peso, ad esempio Hamish McKenzie bronzo ai mondiali U23 nella cronometro o Ben Wiggins sul podio iridato da junior sempre contro il tempo. La base c’è, serve il lavoro. Con il nuovo sponsor poi abbiamo più sicurezza e tranquillità anche perché il contratto ci copre per 3 anni, pur lasciandoci pienamente liberi e soprattutto lasciando liberi i ragazzi di fare le loro scelte.

Come va a proposito la collaborazione con il team australiano del WorldTour?

Molto bene, è parso sin da subito evidente che lavoriamo con la stessa mentalità. Vogliamo costruire qualcosa che invogli i corridori a venire, da qualsiasi angolo del mondo provengano. Come da noi, al Team Jayco-AlUla condividono la ricerca di un ambiente di lavoro tranquillo e all’insegna della concentrazione, di un impegno serio in qualsiasi momento della giornata, in corsa e fuori. Siamo ancora all’inizio, ma c’è molta condivisione d’intenti e un contatto pressoché continuo.

Hamish KcKenzie, bronzo mondiale U23 a cronometro, ha già fatto esperienze con il Team Jayco AlUla
Hamish KcKenzie, bronzo mondiale U23 a cronometro, ha già fatto esperienze con il Team Jayco AlUla
Da quest’anno il vostro team si veste anche di tricolore con due ragazzi italiani. Che impressione ne hai avuto?

Ottima, sono due giovani promettenti che hanno voglia di fare e che si sono approcciati a questa nuova realtà con lo spirito giusto. Non hanno un passato esaltante, non sono l’Herzog della situazione ma questo significa solo che hanno spazio per imparare e maggiori margini di crescita. La prima cosa che ho notato conoscendoli è che avevano voglia di esserci, di condividere quest’esperienza all’estero, fare qualcosa di diverso anche in una realtà non della loro lingua. Privitera era già stato con noi in ritiro nel 2023, Mattia si è mostrato serio e intelligente, sono molto ottimista su di loro.

Hanno avuto difficoltà di adattamento?

Nessuna, hanno mostrato subito voglia di lavorare e fatto gruppo con gli altri. Forse addirittura hanno “troppa” voglia di fare, ma lì sta a noi guidarli nella maniera giusta. Per il resto sono esattamente come gli altri, partono tutti dallo stesso punto, non ci sono capitani e gregari.

Il giovane danese Holm Jorgensen, qui vincitore di tappa all’ultimo Tour de l’Avenir (foto team)
Il giovane danese Holm Jorgensen, qui vincitore di tappa all’ultimo Tour de l’Avenir (foto team)
Il calendario lo avete già studiato?

Per sommi capi, ma ne parleremo in ritiro. Non sarà comunque molto diverso da quello del 2023, speriamo nell’invito al Giro Next Gen e di fare bene in quell’occasione come in passato. Inizieremo a marzo, con parte della squadra all’Istrian Spring Trophy e l’altra parte al Tour of Rhodes in Grecia.

Sei ottimista?

Mi sentirei di dire che sono semplicemente realista. Abbiamo una buona squadra e soprattutto abbiamo un progetto che non si esaurisce in questa stagione ma comprende tre anni, quindi abbiamo tempo per fare un buon lavoro. So che già quest’anno qualche risultato arriverà all’altezza delle stagioni passate, ma il nostro occhio dovrà guardare più lontano. E’ questo il nostro compito.