Dallo Yorkshire a Cittiglio: Imogen Wolff, talento da forgiare

17.03.2024
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CITTIGLIO – Il cielo è velato, ma le cime dei monti sono bianche. Le nevicate dei giorni scorsi ancora resistono. Così come resistono, e bene, le gambe di Imogen Wolff sull’ormai celebre tremendo rettilineo in salita del Piccolo Trofeo Binda (in apertura foto Ghilardi).

Sul palco risuona l’inno di Re Carlo. Imogen canta, poi si mette anche la mano destra sul cuore. Intanto l’Union Jack s’innalza verso il cielo.

Le ragazze della Gran Bretagna hanno dominato la classifica a squadre. Il Piccolo Binda era valido come tappa di apertura Coppa delle Nazioni juniores 2024
Le ragazze della Gran Bretagna hanno dominato la classifica a squadre. Il Piccolo Binda era valido come tappa di apertura Coppa delle Nazioni juniores 2024

Dominio inglese

Ha vinto dunque Imogen Wolff, della Gran Bretagna. In realtà la squadra di sua maestà ha dominato. La regina della passata edizione, Cat Ferguson, è arrivata seconda e anche le altre compagne si sono ben comportate, tanto da vincere la classifica a squadre.

Ha vinto con un attacco forte, deciso, a 33 chilometri dalla fine. Che su una corsa che ne contava 74 significa poco meno della metà.. Wolff ha fatto il vuoto. Le compagne a quel punto hanno braccato ogni tentativo, come manuale impone.

«Davvero una super gara oggi – racconta Wolff – sono davvero contenta di essere andata via da sola. Per di più così lontano dal traguardo, quasi 35 chilometri. All’inizio non ci credevo, ma poi sono riuscita a tenere botta fino al traguardo».

Imogen non è la prima volta che veniva a Cittiglio. Lo scorso però non andò benissimo la sua corsa. Tuttavia l’esperienza del 2023 le è servita per conoscere il percorso, capire la corsa.

«L’anno scorso ero quasi arrivata quando ho avuto dei problemi nel finale (finì comunque undicesima, non male per essere al primo anno juniores, ndr), quindi avevo sicuramente dei ricordi che mi hanno spronato a fare meglio».

L’azione di Wolff, davvero un bel mix di potenza e leggerezza (foto Gilardi)
L’azione di Wolff, davvero un bel mix di potenza e leggerezza (foto Gilardi)

Scienziata dello Yorkshire

Ma chi è dunque questa giovane ragazza dal volto pieno di graziose lentiggini? Imogen Wolff viene e vive nello Yorkshire, vicino a Barnsley, nel centro della Gran Bretagna. 

«Gli inglesi dicono sia il posto migliore e io sono d’accordo! Di sicuro è un buon posto per allenarsi. Anche perché la mia compagna, Cat, seconda oggi (e prima l’anno scorso, ndr) è delle stesse zone e ci alleniamo. Ci sono tantissime salite e le strade sono davvero tecniche. E penso che questo sia uno dei motivi per cui lo Yorkshire spesso genera molti buoni atleti».

«Sono salita in sella da piccolissima, ma non per allenarmi chiaramente. Ho iniziato  fare le cose sul serio da quando ne avevo 13, quindi 3-4 anni fa. Per il resto studio e mi alleno. Sono all’ultimo anno delle superiori. Sto studiando matematica, biologia e chimica, quindi lo trovo piuttosto impegnativo, ma quest’anno come detto è l’ultimo anno quindi, si spera, manchino solo pochi mesi».

Imogen è anche un’ottima crossista con diversi podi in Coppa del Mondo (foto Barnsley Chronicle)
Imogen è anche un’ottima crossista con diversi podi in Coppa del Mondo (foto Barnsley Chronicle)

Talento da scoprire

Da un punto di vista tecnico Imogen Wolff chiaramente deve ancora scoprirsi del tutto. Ed è normale. Parliamo di un’atleta del 2006. La bici poi come da tradizione inglese abbraccia più specialità, specialmente in fase di inizio. E in tutto ciò la pista non manca quasi mai.

Ma Imogen va anche molto forte nel cross. Ha anche vinto delle gare ad inizio stagione e poi stata molto costante con tanti piazzamenti nelle top 10.

«Penso di essere ancora un mix tra cronoman, sprinter, scalatrice… come se non avessi ancora trovato la mia specialità. Posso dire che mi piacciono le gare come questa, le gare dure, le gare più lunghe. Ad oggi penso che forse le classiche, o comunque le gare di un giorno, sarebbero ideali per me e poi mi interessano».

Il podio dell’11° Piccolo Trofeo Binda: 1ª Imogen Wolff (Gran Bretagna), 2ª Cats Ferguson (Gran Bretagna), 3ª Auke De Buysser (belga della AG Insurance Soudal)
Il podio dell’11° Piccolo Trofeo Binda: 1ª Imogen Wolff (Gran Bretagna), 2ª Cats Ferguson (Gran Bretagna), 3ª Auke De Buysser (belga della AG Insurance Soudal)

Sognando il Fiandre

Wolff è giovane, ma anche saggia. Un’atleta come lei, che ben si piazza nelle corse internazionali ed è un punto fisso della sua nazionale, ha di certo un contratto pronto per il prossimo anno quando diventerà una elite, ma lei con saggezza non rivela nulla: «Intanto voglio diventare una professionista. Poi vediamo cosa succede».

Rivedremo Imogen in azione presto alla Gand-Wevelgem in Belgio. Queste sono le corse che ama. «Quella che mi piace di più? Il Giro delle Fiandre». Lo scorso anno fu settima. Vista come è andata a Cittiglio…

Così è nato il boom del ciclismo britannico

06.08.2022
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Qualche giorno fa, parlando con Caucchioli, l’ex pro’, oggi stabilitosi in Florida, sottolineava come al suo tempo, a cavallo del secolo, le scuole che dominavano erano quelle classiche (Italia, Spagna, Belgio), mentre i Paesi che oggi vanno per la maggiore quasi non esistevano e fra questi menzionava anche la Gran Bretagna e il ciclismo britannico.

Quella Gran Bretagna che sappiamo essere ormai un riferimento assoluto. Dai Tour di Wiggins e Froome alle volate anche iridate di Cavendish, dai successi dei fratelli Yates al nuovo che avanza attraverso Pidcock e Hayter. Com’è riuscito il Paese britannico a diventare così forte sulle due ruote?


Ripercorrere la sua storia recente può essere anche di buon esempio per l’Italia. Tenendo però in considerazione un fattore: parliamo di un sistema che è stato messo in piedi per supportare tutto lo sport e da questo punto di vista, pur considerando i britannici una delle nazioni guida del movimento sportivo come anche Tokyo 2020 ha dimostrato, dall’altra parte non possiamo non considerare il fatto che l’Italia sta vivendo stagioni davvero floride in ambito sportivo, con un numero di successi mai visto.

Il problema è che il ciclismo, che una volta era uno degli sport di riferimento, ora è confuso nella massa. Si affida quasi esclusivamente alle straordinarie imprese delle ragazze e dei pistard.

Nel 1996 la Gran Bretagna vinse 2 medaglie, grazie a Sciandri su strada e Boardman nell'inseguimento
Nel 1996 la Gran Bretagna vinse 2 medaglie, grazie a Sciandri su strada e Boardman nell’inseguimento
Sciandri Atlanta 1996
Nel 1996 la Gran Bretagna vinse 2 medaglie, grazie a Sciandri su strada e Boardman nell’inseguimento

Da Atlanta a Tokyo

La Gran Bretagna, oggi quasi dominante nello sport, è figlia di una debacle clamorosa, del suo punto più basso raggiunto alle Olimpiadi di Atlanta 1996: proprio mentre l’Italia chiudeva al sesto posto nel medagliere con 13 ori, 10 argenti e 12 bronzi e le imprese di Chechi, Vezzali ma anche di Collinelli, Bellutti e Pezzo.

La Gran Bretagna invece scivolava addirittura al 36° posto con un solo oro, quello del “due senza” di canottaggio grazie a Redgrave e Pinsent. Solamente in sei sport gli albionici erano saliti sul podio e fra questi c’era già il ciclismo, ma si trattava ancora di presenze sporadiche.

Le edizioni precedenti non erano state eccezionali, ma certamente non si era mai toccato un punto così basso e la cosa destò enorme scalpore. Al punto che il governo dovette prendere in mano la situazione: c’era un sistema da rifondare. Allora premier era John Major, che diede tempo sei mesi per pensare a qualcosa in grado di rilanciare lo sport nel suo complesso.

Nel maggio 1997 venne così presentato l’UK Sports World Class Performance Programme: si trattava di una porta di accesso a un sistema di professionismo mascherato. Gli atleti considerati di punta in ogni disciplina, papabili per una medaglia olimpica, sarebbero stati seguiti con uno staff di primo livello. Con un regolare stipendio commisurato alle prestazioni. Per finanziare il sistema che necessitava di un fiume di denaro si è attinto a una lotteria pubblica. Essa ha garantito qualcosa come un miliardo di sterline per ogni quadriennio olimpico.

Performance Pathway
Il gerarchico sistema inventato per rilanciare lo sport britannico e in funzione ancora oggi
Performance Pathway
Il gerarchico sistema inventato per rilanciare lo sport britannico e in funzione ancora oggi

Accademia divisa in due livelli

La crescita dei risultati è stata netta: già quattro anni dopo a Sydney gli ori da 1 sono diventati 11. Poi sono continuati a crescere e il programma si è cementato nel sistema sportivo inglese. Oltretutto c’erano da preparare le Olimpiadi casalinghe del 2012, dove si è arrivati a 29 ori e quel trend non si è più invertito.

Il sistema, come detto, è andato perfezionandosi, vediamo come è applicato nel ciclismo. Ogni anno vengono selezionati un gran numero di corridori e inseriti nelle accademie di base a due livelli, junior e senior, in base all’età.

Si lavora in previsione di Parigi 2024 ma anche di Los Angeles 2028, dando tempo ai più giovani di potersi avvicinare gradualmente ai vertici della specialità prescelta. Interessante è il criterio: i ragazzi devono inviare una domanda di accettazione (quest’anno il termine era posto per il 21 luglio) e la risposta, positiva o no, arriverà entro il 18 agosto per i senior e il 31 per gli junior.

Wiggins Tour Parigi 2012
Bradley Wiggins nel 2012 lanciò il dominio britannico al Tour, foriero di altri trionfi
Wiggins Tour Parigi 2012
Bradley Wiggins nel 2012 lanciò il dominio britannico al Tour, foriero di altri trionfi

Quasi come gli Usa

La scelta viene fatta in base a tre discriminanti: 1) le performance e i risultati degli ultimi tre anni. 2) Test e dati considerati degni di attenzione. 3) Analisi soggettiva dell’allenatore in base a criteri concordati con il responsabile tecnico nazionale della disciplina e il Performance Pathway Manager, che sovrintende al lavoro di tutto il gruppo.

A quel punto l’atleta può essere inserito nell’accademia in pianta stabile oppure considerato “sub judice”: gli verrà accordato un periodo di 3 mesi in un programma di conferma, al termine del quale si stabilirà se sarà idoneo per salire di livello. In questo secondo caso però l’atleta non è finanziato e deve dare la sua disponibilità nei fine settimana. Chi non viene preso può presentare domanda l’anno successivo.

Chi è accettato farà vita simile a quella degli studenti-atleti americani, abbinando lo studio alla pratica sportiva in bicicletta per ottenere il massimo in entrambi i settori. Il programma è molto intenso e competitivo, performante e responsabilizzante.

Non basta avere grandi capacità tecniche, ma serve anche avere un carattere forte, capace di gestire la vittoria come la sconfitta, esattamente come avviene oltreoceano.

Walls Tokyo 2020
Un successo recente: Matthew Walls primo nell’omnium a Tokyo 2020 (6 ori per i britannici)
Walls Tokyo 2020
Un successo recente: Matthew Walls primo nell’omnium a Tokyo 2020 (6 ori per i britannici)

Vincere e guadagnare

Il programma è dedicato prevalentemente alle specialità della pista, del bmx e della mtb che rientrano nel programma olimpico.

L’accademia junior va dai 16 ai 18 anni (ma per il bmx si parte dai 14), quella senior fino ai 22. Chi nel frattempo mostrerà davvero progressi al punto di scalare il ranking internazionale e dare sufficienti garanzie di poter lottare per il podio olimpico approderà all’Olympic Podium Programme, che garantisce un lauto stipendio.

Che il sistema funzioni lo dicono i risultati nei vari campi: la sfida d’oltremanica per i britannici è già iniziata…

Cross, strada e MTB: Pidcock sull’asse di equilibrio

21.02.2022
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Sul traguardo dei mondiali di cross di Fayetteville, Tom Pidcock c’è passato come Superman e per fortuna non ha trovato un giudice zelante che l’ha squalificato per la posizione irregolare. Sul cross per fortuna brilla la goliardìa del fuoristrada e in America certe cose piacciono parecchio: il povero giudice lo avrebbero passato per le armi.

Campione del mondo di cross, juniores ed elite. Vincitore della Roubaix juniores e U23. Vincitore del Giro d’Italia U23. Campione olimpico di mountain bike. Primo nella Freccia del Brabante e secondo all’Amstel nel primo anno da pro’.

Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada
Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada

Amore cross

In nome del cross, Pidcock ha vissuto un inverno da nomade. La famiglia nel Nord del Regno Unito e la residenza ad Andorra, ha trascorso le vacanze di Natale in Belgio, raggiunto dai familiari. E la notte del 31 dicembre, è andato a letto presto, dato che l’indomani avrebbe corso a Baal.

Ma ora che la stagione su strada lo richiama all’ordine e che non tornerà in Gran Bretagna prima di ottobre, il britannico del Team Ineos Grenadiers ha iniziato a collegare i vari puntini della sua carriera.

«Ho bisogno del cross – dice – per avere obiettivi vicini e per la mia impazienza di raggiungerli rapidamente. Troverei insopportabile allenarmi tutto l’inverno pensando alla stagione su strada. Allo stesso tempo, bisogna usare la testa. I brevi sforzi del cross sono sicuramente utili in prospettiva delle classiche, perché si raggiungono intensità altissime, ma il pericolo è di fare troppo. La strada e i lavori necessari per avere la giusta base devi comunque considerarli. Serve pianificazione. Per questo mi limito a 11-12 gare di ciclocross durante il mio inverno».

In azione a Namur, dove Pidcock ha chiuso secondo dietro Vanthourenhout
In aziona a Namur, dove Pidcock ha chiuso secondo dietro Vanthourenhout

Impazienza e raziocinio

L’impazienza è una molla particolare. Da un lato si sposa con la fretta di arrivare dei talenti più giovani come Evenepoel e Pogacar (lo sloveno è del 1998, Pidcock del 1999, Remco del 2000), dall’altra è evidente come nella squadra britannica facciano di tutto perché Tom non bruci le tappe.

«Almeno fino alle Olimpiadi del 2024 – dice – andrò avanti anche con la mountain bike. Voglio difendere il mio titolo a Parigi e partecipare anche alla prova su strada. La mia grande ambizione è diventare campione del mondo in tutte e tre le discipline, il che significa che c’è molto lavoro da fare! Vincere da giovani è più facile che vincere coi grandi. Durante la scorsa stagione, la prima da professionista, ho dovuto abituarmi a questa idea, sia nel cross che su strada. Ho avuto molti problemi a lottare per il secondo posto e mi è servito per fare il cambio di mentalità. Mi ci è voluto un po’ per capire che anche i migliori corridori non vincono tutto».

All’Algarve un debutto sotto tono per Pidcock (76° nella crono) che si è ritirato nell’ultima tappa
All’Algarve un debutto sotto tono per Pidcock (76° nella crono) che si è ritirato nell’ultima tappa

I Giri fra due anni

Per questo, l’asticella resta a un’altezza ragionevole. Pur avendo vinto il Giro d’Italia U23 nel 2020 con grande facilità, Pidcock sta alla larga da tentativi prematuri.

«Un giorno mi piacerebbe dedicarmi a un grande Giro – dice – e muovermi verso questo obiettivo con allenamenti in quota sul Teide, lavori sulla potenza inseriti in un simile quadro, ma per ora è presto. Non vogliamo saltare nessun passaggio nel mio processo di sviluppo. La classifica generale di un Giro può diventare un obiettivo fra due o tre stagioni, quando avrò 25 o 26 anni. Per ora punto sulle classiche, al modo di correrle in quella maniera spettacolare che sta piacendo così tanto alla gente. Ma non è escluso che pensi di tanto in tanto a corse di una settimana».

Viste le Lotus degli inglesi? L’aria passa in mezzo…

02.08.2021
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Viste le bici della Gran Bretagna per l’inseguimento a squadre? Fanno quasi paura e soprattutto sono state realizzate da Lotus seguendo criteri completamente nuovi. Uno su tutti, già adottato in alcune bici di nuova concezione, è quello che riguarda la distanza fra gomma e forcella/foderi. Se nella maggior parte delle bici aerodinamiche le due parti quasi si sfiorano, qui la distanza è enorme e punta a fare incanalare l’aria, riducendo le turbolenze.

L’ultimo britannico a conquistare un titolo olimpico su una bici Lotus fu nel 1992 Chris Boardman, in sella alla avveniristica Type 108. L’anno scorso Lotus Engineering ha però rivelato che stava lavorando a una nuova generazione di bici da pista, chiamata Hope, da far debuttare alle Olimpiadi di Tokyo.

Sulla Lotus Type 108, Boardman conquistò l’oro dell’inseguimento a Barcellona
Sulla Lotus Type 108, Boardman conquistò l’oro dell’inseguimento a Barcellona

Richard Hill è il capo aerodinamico per Lotus. Lavora nell’azienda da più di 30 anni e ha lavorato con Chris Boardman sulla Type 108. C’è il suo zampino anche nello sviluppo della Type 110, che ugualmente Boardman portò alla vittoria nel prologo di Lille al Tour de France del 1994 conquistando la maglia gialla. In abbinamento al suo “vero” lavoro con le automobili, Hill è stato di nuovo coinvolto nella progettazione della Lotus Olympic.

Quanto è andata avanti l’aerodinamica dagli anni della Lotus Type 108 nel 1992?

Le regole di base dell’aerodinamica non sono cambiate, non puoi alterare le leggi della fisica, ma quello che abbiamo imparato negli ultimi 28 anni è di adottare un approccio più olistico, più ampio a ogni progetto.

La Hope, qui sulla pista Lotus, ha forcella e foderi allineati con le gambe del corridore (foto archivio Lotus)
La Hope, qui sulla pista Lotus, ha forcella e foderi allineati con le gambe del corridore (foto archivio Lotus)
Cosa si intende?

Allora si trattava semplicemente di sviluppare una bici aerodinamica che andasse veloce. Ma in realtà ci sono due elementi separati – la bici e l’atleta – che si uniscono per muoversi nell’aria. Questo è stato l’approccio che abbiamo adottato con la nuova bici. In parole povere, dal 1992 abbiamo imparato come utilizzare il design della bici per rendere il corridore più aerodinamico e anche viceversa. Ciò che è migliorato è la nostra comprensione di come far diventare più veloci una bici e il corridore che la utilizza.

Nella nuova bici ci sono elementi di quella di allora?

Ogni elemento era stato progettato come un profilo alare efficiente e il telaio monoscocca stesso che fungeva da “vela ad ala”. I telai erano stati costruiti per funzionare al meglio in completo isolamento dal corridore. La famosa posizione di guida di Chris Boardman riguardava la creazione di un canale di flusso d’aria tra il ciclista e il telaio della bici, riducendo al minimo le interazioni. Questi telai non sono più consentiti dai regolamenti del ciclismo su pista, quindi la nuova bici, che soddisfa i regolamenti aggiornati, mira a creare interazione fra il corridore e la bici. In questo modo possono avvantaggiarsi a vicenda e far sì che ciascuno riduca la resistenza dell’altro. Lo otteniamo con un’attenta gestione dell’interferenza aerodinamica tra i due.

Il quartetto britannico in azione nelle qualifiche del mattino
Il quartetto britannico in azione nelle qualifiche del mattino
La nuova bici ha forcelle anteriori molto larghe, molto più larghe di altre bici da pista che sarebbero state alle Olimpiadi. Perché?

La geometria delle forcelle e del manubrio riduce la resistenza del ciclista, che a sua volta riduce la resistenza del telaio. In un certo senso è un concetto simile al modo in cui i corridori si posizionano in una gara di inseguimento a squadre, quindi uno dietro l’altro e molto vicini, per avvantaggiarsi a vicenda. Un attento allineamento dei singoli elementi della bici e del ciclista fa sì che la resistenza dei due insieme sia inferiore alla somma delle singole parti. Per quanto riguarda il ciclismo su pista, credo uomo e macchina debbano essere in perfetta armonia.

L’aerodinamica è diversa fra una Lotus a due ruote e una a quattro ruote?

La differenza principale è che parlando della bici, anche il corridore si muove, quindi crea un regime di flusso d’aria instabile, mentre con le auto hai solo le ruote che girano. Un’altra differenza è l’interazione con il suolo. Un’auto ha una base molto ampia, mentre la bicicletta ha un ingombro molto ridotto e un’interazione significativamente minore con la strada. Ma in fin dei conti la fisica è fisica e non puoi imbrogliare le aggirare su due o quattro ruote.

Ridotte all’osso le turbolenze: l’aria non rimane esterna, ma passa attraverso (foto archivio Lotus)
Ridotte all’osso le turbolenze: l’aria non rimane esterna, ma passa attraverso (foto archivio Lotus)
C’è qualche ricaduta degli studi di aerodinamica fatti per la bici sulla prossima generazione di auto sportive Lotus?

Sì, c’è. Il design aerodinamico delle auto della vecchia scuola consisteva nello spingere l’aria intorno al veicolo nel modo più efficiente. Gli ultimi progetti Lotus riguardano le interazioni tra i vari elementi del flusso d’aria intorno a un veicolo e anche attraverso il veicolo. Quello che abbiamo imparato con la bici sta assolutamente influenzando alcune delle caratteristiche che stiamo attualmente sviluppando e testando per i nostri futuri veicoli.