Honoré: «Sono contento di come abbiamo corso. Tutto o nulla!»

08.06.2025
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La mente e i pensieri degli appassionati e degli addetti ai lavori sono ancora focalizzati sulla tappa di Sestriere. In particolare ricorrono le immagini della scalata del Colle delle Finestre, quella che fondamentalmente ha deciso l’edizione 108 del Giro d’Italia. Lo scatto di Yates, quando ancora si era lontani dalla cima e dall’arrivo di Sestriere, ha scombussolato i piani. Dietro Del Toro e Carapaz hanno giocato sulla forza dei nervi. Il risultato è che entrambi hanno perso l’occasione per vincere il Giro. 

Per capire cosa sia successo nell’ultima settimana della Corsa Rosa siamo andati da Mikkel Honoré. Il danese della EF Education-EasyPost ci racconta i pensieri all’interno della squadra americana, che per qualche giorno ha dato l’impressione di poter vincere il Giro con il loro capitano Richard Carapaz.

Riavvolgiamo il nastro sul Giro della EF EasyPost e lo facciamo con Mikkel Honoré
Riavvolgiamo il nastro sul Giro della EF EasyPost e lo facciamo con Mikkel Honoré

Prima salite e prime verità

Il Giro è andato avanti sui nervi fino al termine della seconda settimana. Archiviato il secondo giorno di riposo il gruppo ha affrontato il primo vero arrivo in salita: San Valentino. Una scalata che ha aperto qualche dubbio sulla tenuta della maglia rosa. Del Toro ha mantenuto il primato ma la sua leadership non è apparsa così solida come in precedenza. 

«Dopo il giorno di riposo – ci racconta Honoré mentre torna verso casa – Carapaz è stato bravo a capitalizzare quello che è stato il primo arrivo in salita. Ha messo tutti gli avversari al limite, complice anche il lavoro fatto dalla Ineos nei chilometri precedenti. Quel giorno siamo tornati al bus con un ritardo più che dimezzato dalla maglia rosa. Forse è mancata la tappa che potesse dare il colpo definitivo alla classifica».

Nel giorno di San Valentino, Carapaz ha dimostrato di essere il più forte in salita
Nel giorno di San Valentino, Carapaz ha dimostrato di essere il più forte in salita
Cosa intendi?

Sarebbe servito un altro arrivo in salita. In totale il Giro non ha visto molti arrivi di questo tipo, ne avrò contati tre: quello di Tagliacozzo, San Valentino e Champoluc. Ma una salita difficile come quella di San Valentino, nel finale, non c’è stata più. 

Credi sarebbe stato utile?

Per fare la differenza contro uno squadrone come la UAE direi di sì. Abbiamo provato a fare una tattica diversa sul Colle delle Finestre prendendolo di petto e facendo esplodere la corsa. Anche nella tappa del Mortirolo abbiamo attaccato, avevamo Steinhauser in fuga come appoggio. Carapaz è arrivato su di lui, ma poi dietro c’era la UAE con tre uomini più Del Toro. Ci eravamo accorti, durante la scalata del Mortirolo, che la maglia rosa non fosse proprio brillante.

Anche nella tappa di Bormio Carapaz ha provato ad attaccare, ma la UAE ha chiuso bene: lo ha ammesso lo stesso Honoré
Nella tappa di Bormio Carapaz ha provato ad attaccare, ma la UAE ha chiuso bene: lo ha ammesso lo stesso Honoré
Guardando indietro c’è qualcosa che cambieresti?

Tatticamente siamo stati perfetti, per il tipo di squadra che avevamo e per il percorso abbiamo fatto il massimo. Non penso ci siano stati errori, ed è la cosa che mi rende più felice. 

Alla fine la differenza l’ha fatta il Colle delle Finestre e la tattica della UAE…

Ha vinto il più furbo, colui che ha fatto l’attacco giusto al momento giusto. Peccato per noi, ma penso che chi ha perso di più sia la UAE. Erano in maglia rosa e hanno visto sfumare il Giro. Magari Del Toro era al limite sul Colle delle Finestre, ma non penso vista la volata che ha fatto a Sestriere. 

Il momento dell’attacco di Simon Yates sul Colle delle Finestre, Del Toro e Carapaz esitano e il britannico vola verso la conquista del Giro
In squadra che sensazioni c’erano?

Noi eravamo convinti, io per primo, di avere il corridore più forte. Lo sapevamo dal primo giorno. Ero consapevole anche della forza di Del Toro, a chi mi chiedeva di dire i favoriti io rispondevo di non sottovalutare il giovane messicano. 

Quanto eravate preoccupati da Yates?

Se un corridore occupa il terzo posto al Giro d’Italia vuol dire che è forte. Ma per come abbiamo corso e per come stava Carapaz noi abbiamo guardato solamente al primo posto. L’idea era di provare a vincere, tra secondi e terzi cambiava poco.

Sorridono tutti, ma Del Toro e Carapaz riusciranno prima o poi a spiegarsi?
Sorridono tutti, ma Del Toro e Carapaz riusciranno prima o poi a spiegarsi?
Per questo Carapaz non ha seguito l’attacco di Yates sul Colle delle Finestre?

Ha provato a chiudere, infatti lui e Del Toro sono arrivati a pochi secondi da Yates, ma sul più bello il corridore della UAE non ha dato il cambio per provare a ricucire. Però tutte le volte che Carapaz ha provato ad attaccare è sempre stato seguito da Del Toro

Che sentimenti c’erano in squadra dopo Sestriere?

C’era una sensazione strana. Credevamo nella maglia rosa e avevamo un sogno e sapevamo di avere le carte giuste per realizzarlo. Era la nostra occasione. Non si sa quando ne capiterà un’altra così concreta per vincere il Giro, penso lo stesso valga per Del Toro. Alla fine abbiamo corso come ci eravamo detti. Anzi, se Del Toro avesse chiuso su Yates, sarei stato più arrabbiato. Sarebbe stato il segno che stava correndo per il secondo posto. Abbiamo rischiato tutto pur di vincere ed è stato giusto così.

Chi accompagna la maglia rosa all’aeroporto? Una storia del Giro

08.06.2025
4 min
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Non capita spesso, anzi non capita quasi mai. Per questo quando a Valerio Bianco e Jean Francois Quenet, due ragazzi dell’ufficio stampa del Giro d’Italia, è arrivata la singolare richiesta, non ci hanno pensato e hanno subito accettato. Erano a Sestriere, alle prese con l’ultimo comunicato di tappa. Il Giro d’Italia, dato ormai per consegnato fra le giovani mani di Del Toro, era stato appena ribaltato dall’attacco di Simon Yates. Sul colle torinese si stava abbattendo un temporale estivo molto violento, quando Luca Papini, event manager del Giro, si è reso conto che i pullman per l’aeroporto di Torino dovevano partire e la nuova maglia rosa non avrebbe fatto in tempo a salirci.

Missione compiuta: a distanza di 7 anni, Yates si riprende la maglia rosa attaccando sul Colle delle Finestre
Missione compiuta: a distanza di 7 anni, Yates si riprende la maglia rosa attaccando sul Colle delle Finestre

Il pullman deve partire

Fatta l’ultima tappa di montagna, il Giro d’Italia aveva previsto che dopo le docce in un hotel, dei pullman trasportassero gli atleti all’aeroporto di Caselle, dando così modo ai mezzi delle squadre di partire dopo il via da Verres e arrivare in tempo per accogliergli a Roma. Sta di fatto che fra premiazione, conferenza stampa, zona mista e antidoping, Yates non avrebbe fatto in tempo e così Papini ha chiamato l’ufficio stampa e ha chiesto se potessero accompagnare la maglia rosa all’aeroporto. L’operazione è nata così ed è scattata che ancora Valerio Bianco doveva ultimare il lavoro. Perciò Quenet si è messo alla guida, Bianco sul sedile del passeggero scriveva e alle loro spalle Yates e il dottore della Visma-Lease a Bike hanno approfittato del passaggio.

«Anche noi saremmo andati a Roma in aereo – ricostruisce Valerio Bianco – ma eravamo prenotati sul terzo volo, mentre Simon aveva quello delle 21,15. E siccome siamo partiti alle 18, c’era da correre, anche se Google Maps diceva che saremmo arrivati in tempo. Yates là dietro era totalmente frastornato, non aveva ancora capito cosa stesse succedendo. Maneggiava il telefono, rispondeva, era ancora commosso come durante la conferenza stampa…».

Nascosto alle interviste

Schegge di memoria durante la discesa da Sestriere, lavorando al computer e di tanto in tanto buttando lo sguardo dietro verso quell’ospite così speciale. Sul Colle delle Finestre, il britannico si era da poco ripreso la vittoria che sette anni prima Froome gli aveva portato via con un attacco storico, al pari di quello messo in atto da lui.

«Mentre lo ascoltavo – prosegue Valerio Bianco – mi sono reso conto di come fossero cambiate le cose. Al mattino il nostro compito è chiamare i corridori e portarli nella zona mista, quando qualche giornalista chiede di parlare con loro. Con lui è stato piuttosto complicato, perché si nascondeva alle interviste. Ma da dopo la maglia rosa, è diventato la persona più disponibile del mondo, davvero molto simpatico. Anche quando il lunedì dopo il Giro siamo andati a inaugurare il murales sulla metro di Roma, è parso super disponibile. Ha dedicato del tempo ai media del Vaticano e così quando a un certo punto gli ho chiesto di fare un selfie perché la mia ragazza non credeva che fossimo con lui, si è prestato senza esitazione».

Valerio Bianco e un selfie con Yates da far vedere alla compagna
Valerio Bianco e un selfie con Yates da far vedere alla compagna

Simon, ho perso l’aereo

E’ stato come se per certi istanti, Yates stesse riavvolgendo il nastro della memoria, mentre l’auto superava gruppi di cicloturisti resi fradici dalla pioggia inaspettata. Scambiava poche parole con il dottore, ma senza particolari riferimenti ad aspetti tecnici.

«Gli ho sentito dire una frase – ricorda Valerio Bianco – che si sposa con quello che ha raccontato nella conferenza stampa, sul suo rapporto con il Giro d’Italia. A un certo punto ha detto: “Dopo questo, potrei anche smettere!”. Ha sospirato ricordando la maglia rosa sfumata sette anni fa sul Finestre. Ma il siparietto più carino c’è stato quando lo ha chiamato la sua compagna. La aspettava a Roma per l’indomani, invece lei con tutto il candore possibile gli ha detto che per seguire la tappa, non era uscita in tempo e aveva perso il volo. La reazione di Yates? Ha sollevato gli occhi al cielo. Io stavo lavorando, ho capito cosa fosse successo, mi sono voltato e lui aveva gli occhi al cielo. Ma anche in questo, per tutto il tempo mi è parso di parlare con un bambino felice, che aveva la testa fra le nuvole».

Marcellusi: sei fughe, tanta grinta e Van Aert sul Sestriere

07.06.2025
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ROMA – A Martin Marcellusi una volta chiedemmo quale fosse un suo punto di forza e lui ci rispose: la grinta. Che non mollava l’osso facilmente. E in effetti il romano della VF Group-Bardiani in questo Giro d’Italia la grinta l’ha sfoggiata in tante occasioni. Sei volte in fuga, un settimo e due sesti posti (anche se poi in uno dei due è stato declassato all’85°).

Tante volte ha lottato su terreni anche non congeniali. Di certo quello di Marcellusi è uno dei nomi più gettonati che ci ha regalato la corsa rosa. Dalle volate (quasi) di gruppo in Albania, all’arrivo in montagna di Sestriere, fino allo show di Roma. Pensate che proprio prima della partenza della tappa nella Capitale ci aveva detto: «E’ andata, ma non è ancora finita». Covava qualcosa…

Martin Marcellusi (classe 2000) ha concluso il suo terzo Giro d’Italia
Marcellusi (classe 2000) ha concluso il suo terzo Giro d’Italia
Martin, come giudichi dunque il tuo Giro?

Positivo. Se non mi avessero tolto il piazzamento, il sesto posto nella terza, tappa sarei stato ancora più contento, perché per me e per noi erano punti importanti. Purtroppo mi è rimasto un po’ l’amaro in bocca, però mi sono rifatto bene…

Hai lottato per tutte e tre le settimane e da come eri partito sappiamo che non ti sentivi al top: te lo aspettavi un Giro così gagliardo?

C’era un’incognita un po’ sulla condizione, però nei primi giorni ho visto che stavo bene. Sinceramente non pensavo di poter arrivare alla terza settimana così bene… ma ci sono arrivato, per fortuna! Ora l’obiettivo è mantenere anche questa condizione per le prossime gare, già a metà mese sarà di nuovo in gara. Porto via una buona condizione.

Questa gamba va sfruttata. Possiamo ripartire da qui per ottenere qualcosa d’importante?

Sì, sicuramente dopo Sestriere ho capito che la condizione è buona. La tappa è stata durissima e sono riuscito a ottenere un buon risultato su un percorso che sicuramente non era adatto alle mie caratteristiche. Quindi spero proprio di sfruttarla questa gamba, come dite voi… Il programma prevede, dopo un po’ di recupero, il rientro il 13 giugno a Gippingen, che è una corsa abbastanza dura. L’obiettivo da qui in poi è cercare di mantenere il livello di attenzione elevato fino a lì. E poi ci saranno anche i campionati italiani a fine mese. Quindi si tira dritto.

Hai detto: «Quella di Sestriere non era il mio percorso». Però in più di qualche tappa all’attacco non eri sul tuo percorso. Cosa significa?

Voglio dire che la gamba c’è sicuramente. Ho fatto dei risultati in volata, in salita. Mi manca la cronometro, ma quella penso che non arriverà mai, e quindi penso di essere combattivo un po’ ovunque, anche se al Giro poi ottenere un successo è complicato.

Il romano di Corcolle (paese appena ad Est della Capitale) in fuga nella tappa finale
Il romano di Corcolle (paese appena ad Est della Capitale) in fuga nella tappa finale
Se dovessi fare un’autoanalisi di questo Giro, come ne esce Marcellusi? Che corridore sei?

Scalatore no, passista nel senso stretto neanche, direi uno scattista… sto un po’ nel mezzo.

Raccontaci qualcosa che solo tu e pochi altri che l’avete vissuto da dentro potete fare. Ti sei ritrovato nell’epilogo del Giro con Van Aert e Simon Yates…

Incredibile veramente! Personalmente non stavo molto bene prima del Colle delle Finestre, poi quando sono arrivato lì sotto e ho visto il GPX che dava 18 chilometri di salita, ho pensato che fosse solo questione di testa. Quindi mi sono messo lì del mio passo, e piano piano riprendevo corridori, e ho scollinato a poco da Van Aert. Sapevo che poi avrebbe aspettato Simon Yates. Mi avevano comunicato dalla radio che Simon era dietro e stava risalendo. Così per non saltare ho lasciato andare Van Aert e in un certo senso ho aspettato Yates.

In un certo senso…

Non l’ho aspettato perché volessi, ma perché le gambe erano quelle che erano. A quel punto ho cercato di gestirmi tra la sua risalita e la distanza dal GPM. Credo di aver scollinato dieci secondi davanti a lui. Così in discesa ci siamo ricompattati: Yates, Van Aert ed io. Con Wout che tirava.

E come tirava! Dalla tv sembrava una locomotiva che man mano ha ripreso tutti gli altri della fuga…

Mamma mia, il computerino nel fondovalle segnava 370-380 watt… a ruota. Un ritmo asfissiante, tanto è vero che poi li ho mollati quando è ripresa la salita finale perché ero veramente al limite.

A Sestriere l’arrivo davanti a Carlos Verona… dopo averlo redarguito con il più classico dei richiami romani: «Ahò?!»
A Sestriere l’arrivo davanti a Carlos Verona… dopo averlo redarguito con il più classico dei richiami romani: «Ahò?!»
A proposito di salita e di arrivo, abbiamo saputo di un siparietto con Verona…

Ma no, è stata una battuta – e intanto ride Marcellusi – eravamo lì sul rettilineo finale, quando ai 200 metri lo vedo che mi affianca e mi passa, dopo che avevo tirato io gli ultimi chilometri, perché lui mi aveva detto che non poteva. Allora…

Ti è uscito un delicatissimo “ahò” romanesco. Ce lo ha raccontato Roberto Reverberi…

Esatto. Mi è uscito spontaneo questo “ahò”… E infatti poi si è rimesso dietro. Più che altro mi ero preoccupato perché eravamo ben messi, si lottava per un buon piazzamento (il sesto posto, ndr) e c’erano dei bei punticini in palio, che per noi della VF Group-Bardiani sono importanti.

Non avete vinto una tappa però alla fine qualche bel punto l’avete portato a casa, no?

Abbiamo fatto il conto giusto stamattina. E se i calcoli sono giusti dovremmo aver racimolato 400 punti, pertanto siamo soddisfatti. Purtroppo è mancata la vittoria e secondo me poteva anche arrivare, però si sa che il Giro d’Italia è complicato, che il livello è alto e bisogna avere anche un po’ di fortuna.

Yates c’era, ma nessuno l’ha visto. Affini spiega il capolavoro Visma

07.06.2025
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Affini ammette di non essere uno che dorme tanto, ma che un paio di giorni di letargo dopo il Giro gli sono serviti. Adesso si tratta di preparare un’altra valigia, perché i corridori non si fermano mai, ma prima un ritorno sulla corsa conquistata da Yates ci sta tutto. Quello che ci interessa capire con il mantovano della Visma-Lease a Bike è cosa abbia rappresentato la conquista della maglia rosa per la squadra che nel 2023 aveva vinto Giro, Tour e Vuelta e l’anno successivo si è trovata a fare i conti con infortuni, sfortune e piazzamenti troppo piccoli per le attese generate nell’anno delle meraviglie.

«Diciamo che il 2023 è stato qualcosa di probabilmente irripetibile – dice Affini – poi il 2024, venendo da una stagione del genere, è stato un’annata più complicata, ma non da buttare via completamente. Alla fine, se guardi, non eravamo scomparsi dagli ordini d’arrivo, però è chiaro che una differenza c’è stata. Quest’anno siamo ripartiti abbastanza bene, anche se siamo mancati nelle classiche Monumento al Nord. Siamo stati presenti, ma è mancato il risultato pesante. Per cui venire al Giro e riuscire a portare a casa tre tappe e la maglia rosa credo che sia stata una bella botta di fiducia».

Si prepara la valigia per l’altura, senza conoscere ancora il programma del ritorno alle gare, ma con un’ipotesi Tour che segnerebbe il suo debutto e il giusto riconoscimento per un atleta che più forte e concreto non si può. Affini dice che gli piacerebbe fare il campionato italiano a crono, perché potrebbe correrlo con la maglia di campione europeo, ma altro non è stato ufficializzato e si dovrà attendere la metà di giugno per avere i piani dell’estate.

Sul podio di Roma, Simon Yates e Richard Plugge hanno riallacciato il filo dei Grandi Giri per la Visma-Lease a Bike
Sul podio di Roma, Simon Yates e Richard Plugge hanno riallacciato il filo dei Grandi Giri per la Visma-Lease a Bike
Sei stato uno di quelli che ha incitato Yates perché ci credesse: lo avevi in testa da prima oppure è stato una scoperta giorno dopo giorno?

Ho corso con la allora Mitchelton-Scott in cui c’era anche Simon. Lo conoscevo già, anche se quando è arrivato da noi, era chiaro che fosse stato preso più come rinforzo per Jonas (Vingegaard, ndr). Però allo stesso tempo gli avevano dato carta bianca per giocarsi le proprie carte in certi appuntamenti. E’ partito con l’idea del Giro già dall’inverno e quando siamo arrivati a Tirana c’era l’idea di fare una bella classifica. Volevamo fare tutto il possibile per metterlo nelle condizioni di ottenere un risultato. Poi strada facendo, è cresciuta sempre di più la fiducia che potesse arrivare qualcosa di grande. Per cui direi che abbiamo sempre visto Simon come un uomo per fare classifica e lo abbiamo protetto come meglio potevamo.

Ha raccontato di essere rimasto da solo soltanto nelle crono, mentre per il resto del tempo lo avete tenuto al sicuro…

Il mio compito era di tenerlo il più coperto e il più a lungo possibile, fintanto che in certe tappe il mio fisico me lo consentiva. Invece nei finali veloci, era sempre (tra virgolette) un casino, nel senso che eravamo divisi. Avendo Olav Kooij, Van Aert e io eravamo più concentrati su di lui, almeno nei finali di corsa quando cominciava l’avvicinamento alla volata, quindi negli ultimi 5-6-10 chilometri. In quei casi, il resto della squadra si stringeva attorno a Simon.

Tu hai vissuto il Nord con Van Aert e probabilmente ne hai condiviso le delusioni. Come è stato vederlo vincere la tappa di Siena?

Forse ne ho già parlato con qualcun altro, non mi ricordo bene con chi, ma sostanzialmente non è che in primavera Wout non ci fosse. Era sempre lì, solo che s’è trovato davanti degli altri corridori che in quel momento gli erano superiori. Però a guardare bene, la sua continuità è stata un segnale importante. Poi è chiaro che soprattutto in Belgio la stampa si aspetta tanto e a volte esagera. Però ci sono anche gli altri, non solo lui. Vederlo vincere una tappa, soprattutto quella di Siena che per lui è da sempre un posto importante, è stato un bel momento. Ha fatto un grande lavoro in tutte le tappe, ma vederlo vincere è stato bello per tutti noi. Eravamo tutti contenti, tutta la squadra quella sera ha festeggiato.

Giugno potrebbe essere per Affini l’occasione per correre il tricolore crono con la maglia di campione europeo
Giugno potrebbe essere per Affini l’occasione per correre il tricolore crono con la maglia di campione europeo
Si racconta che dopo la sconfitta del 2023, lo scorso anno Pogacar fosse davvero super determinato. Si percepisce una rivalità fra Visma e UAE?

Forse andrebbe chiesto ai diretti interessati, quindi Jonas e Tadej. Però noi, come squadra, sappiamo quali sono i corridori che effettivamente devi considerare rivali al 100 per cento. E’ normale che quando hai gli stessi obiettivi, diventi automaticamente il rivale numero uno. Allo stesso modo, quando hai due corridoi come Vingegaard e Pogacar, la rivalità diventa più forte. Ovviamente ce ne sono anche altri, il Giro ad esempio ha mostrato Del Toro e Ayuso, ma avere dei riferimenti come loro è una spinta reciproca. Ogni squadra cerca di migliorarsi, magari nel trovare quello 0,5 per cento per andare un po’ più forte. E questo riguarda i corridori, ma anche lo staff. Alla fine, se il livello è alto, lo scontro è elevato, come nel calcio.

Eppure, pur conoscendovi, è parso che nella tappa di Sestriere la UAE Emirates abbia sottovalutato Yates: a Martinelli è parso incredibile…

Per quello forse è stato bravo Simon con la sua esperienza, a gestirsi in quella maniera. Come ha detto anche lui, non ha preso un filo di vento e nessuno quasi lo ha visto. Il nostro scopo sin dall’inizio era portarlo avanti nel Giro senza che facesse troppa fatica. Praticamente c’è sempre stato, ma era come se non ci fosse e così ha gestito al meglio le sue energie.

Nel Giro della Bahrain: un “nuovo” Tiberi e il solito grande Caruso

07.06.2025
5 min
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La Corsa Rosa della Bahrain Victorious ha subito un forte rimescolamento nell’ultima settimana di gara. I ragazzi guidati da Franco Pellizotti erano partiti dall’Albania poggiando le loro speranze sulle giovani spalle di Antonio Tiberi, forte del quinto posto dello scorso anno. Con il passare dei giorni la corsa si è fatta sempre più difficile da gestire a causa dei tanti momenti di stress. Proprio una di queste circostanze concitate ha portato alla caduta di Antonio Tiberi nella tappa di Gorizia. Da lì il Giro d’Italia del team Bahrain Victorious è cambiato e i gradi di capitano sono passati sulle spalle del più esperto Damiano Caruso. Il siciliano è stato capace di raccogliere quanto seminato e di portare a termine un Giro d’Italia nel quale ha dato prova, qualora ce ne fosse stato bisogno, delle sue grandi qualità.

«In corsa – racconta Franco Pellizotti – il capitano è sempre stato Caruso, mentre il leader era Tiberi. Abbiamo lavorato così anche lo scorso anno. Una volta che Tiberi è caduto tutte le responsabilità sono passate a Caruso».

Antonio Tiberi era arrivato al Giro per curare la classifica per la Bahrain e con grandi ambizioni
Antonio Tiberi era arrivato al Giro per curare la classifica per la Bahrain e con grandi ambizioni

Recuperare

Pellizotti analizza e racconta, intanto in sottofondo si sente un gran strofinare e spazzolare. Il diesse sta lavando la bici di sua figlia Giorgia, che domani correrà in una gara di mtb e anche in questo caso si deve arrivare pronti. 

«Una volta sceso dall’ammiraglia – continua – ho lasciato da parte il lavoro del diesse e mi sono dato a quello del papà, che poi ci sia sempre di mezzo una bici cambia poco. Oggi (venerdì per chi legge, ndr) Giorgia ha l’ultimo giorno di scuola e domani andrà a fare una gara. Da una corsa come il Giro si torna a casa stanchi, ma bisogna recuperare il tempo perso in famiglia. Anche perché poi venerdì prossimo riparto: direzione Tour de Suisse».

Ecco Tiberi, Caruso e Pellizotti: leader, capitano in corsa e diesse
Ecco Tiberi, Caruso e Pellizotti: leader, capitano in corsa e diesse
Torniamo al Giro, eravate partiti con grandi ambizioni…

Vero. Con Tiberi l’obiettivo era di salire sul podio e di provare a vincere una tappa, poi la caduta di Gorizia ha fermato il tutto. Meno male che Caruso ci ha tolto le castagne dal fuoco conquistando un ottimo quinto posto. La nostra punta era Tiberi, ma Caruso aveva dimostrato di stare bene. 

Com’era stato impostato il Giro del siciliano?

Caruso quando è in condizione non è capace di lasciarsi sfilare e uscire di classifica, non fa parte del suo carattere. Lui stesso era consapevole del suo stato di forma. Si è trattato di un Giro d’Italia strano, il primo vero arrivo in salita è arrivato all’inizio della terza settimana. Solo in quel momento ci siamo resi conto delle reali forze in campo

Dopo la caduta nella 15ª tappa Tiberi ha mollato definitivamente il colpo a Bormio, cedendo dieci minuti ai primi
Dopo la caduta nella 15ª tappa Tiberi ha mollato definitivamente il colpo a Bormio, cedendo dieci minuti ai primi
Dopo la caduta di Gorizia si è mai pensato di fermare Tiberi?

No. Ha preso una bella botta, ma il suo cammino al Giro non era a rischio. Avevamo Caruso in classifica ed è stato giusto che Tiberi restasse in corsa per dare il suo contributo. Quando Antonio è arrivato in squadra da noi è stato subito elevato a leader, ma per un ragazzo giovane come lui è stato giusto fare anche questo tipo di esperienza. Un conto è fare il leader, un altro è sapersi muovere da gregario

Spiegaci meglio.

In passato non ha mai ricoperto questo ruolo, ma se vuole diventare un corridore capace di curare la classifica al 100 per cento è una parte fondamentale. Nei due Giri d’Italia corsi con noi, Tiberi è sempre stato il leader, ma il ruolo di capitano lo ha ricoperto sempre Caruso. 

Cosa cambia?

Che Caruso aveva il compito di guidare la squadra, parlare con l’ammiraglia, usare la radio. Tiberi, invece, doveva preoccuparsi solamente di andare forte. In quest’ultima settimana di Giro ho visto Antonio cambiare negli atteggiamenti.

Già a San Valentino Tiberi aveva perso terreno, per Caruso era arrivato il via libera
Già a San Valentino Tiberi aveva perso terreno, per Caruso era arrivato il via libera
In che senso?

L’ho visto più presente in corsa, spesso parlava alla radio, comunicava con i compagni quando si creava la fuga. Insomma ha preso consapevolezza che esiste anche l’aspetto di gestione della gara. Avere accanto un corridore come Caruso sicuramente gli ha dato una mano a capire come si fa.

E’ mancato il risultato ma è stato un Giro comunque importante…

Per questi aspetti appena elencati credo che finire questa corsa sia stato fondamentale per Tiberi. Ha visto e messo in pratica aspetti nuovi. 

Damiano Caruso ha concluso il Giro d’Italia in quinta posizione, è stato il migliore degli italiani
Damiano Caruso ha concluso il Giro d’Italia in quinta posizione, è stato il migliore degli italiani
Spendiamo anche qualche parola per Caruso?

Che dire, ha fatto un grande Giro d’Italia. Conosciamo bene le sue doti, che lo hanno portato a essere uno dei corridori più forti sul fondo. Ha passato un 2024 non semplice e aveva tanta voglia di tornare a fare bene. Ha curato diversi aspetti e si è dato da fare ancora di più. Dopo la scorsa stagione aveva anche pensato di smettere, quindi era partito per questo 2025 con l’obiettivo di voler finire bene la carriera. 

E invece ha prolungato di un altro anno.

Al Tour of the Alps mi aveva già accennato qualcosa a riguardo. Ci eravamo detti di aspettare il Giro. Per fortuna nostra correrà insieme a noi per un’altra stagione. Credo che il 2026 potrà essere un anno fondamentale per il nostro team, ma non abbiamo fretta. Prima c’è la Vuelta e sia Tiberi che Caruso arriveranno agguerriti.

Moschetti a Roma, un terzo posto che sa di ritorno

06.06.2025
4 min
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Terzo sul traguardo di Roma. Davanti a lui Kooij e Groves, dietro Pedersen. Il Giro d’Italia di Matteo Moschetti si è concluso con un sorriso amaro, perché quando arrivi sul podio vuol dire che avresti potuto anche vincere. Eppure dentro quel piazzamento ci sono così tante sfumature, che se ne può anche essere contenti. Pochi giorni prima, il corridore della Q36.5 aveva il morale quasi nero. Ecco perché abbiamo parlato di sorriso amaro. Ed ecco perché ne parliamo proprio con il milanese, che da lunedì ha cercato di recuperare quanto più possibile, prima di buttarsi nelle prossime corse.

«Onestamente fino a Roma – dice – non avevo avuto grandissime sensazioni. E’ stato un Giro con tre occasioni per le volate e fino a quel momento non ero riuscito a esprimermi come volevo. Sentivo che potevo dare di più, volevo riscattare un Giro che non era stato così buono. Ci tenevo tanto, ma francamente speravo in una vittoria che dopo tre settimane ci sarebbe stata davvero bene».

A destra c’è Kooij, al centro Moschetti, a sinistra Groves: la strada sale al 5%. Alla fine Matteo sarà terzo
A destra c’è Kooij, al centro Moschetti, a sinistra Groves: la strada sale al 5%. Alla fine Matteo sarà terzo

Un arrivo inedito

La volata di Roma si presentava meglio di quella di Cesano Maderno, dove le salite della prima parte avevano lanciato Nico Denz, lasciando alle sue spalle il gruppo frantumato e non certo schierato per lo sprint. La differenza rispetto alle edizioni precedenti, è che nell’ultima tappa non si sarebbe sprintato sul solito arrivo dei Fori Imperiali, ma sullo strappo sopra al Circo Massimo. Duecento metri al 5 per cento: roba per gambe forti, soprattutto alla fine del viaggio.

«Avevamo studiato bene il percorso – prosegue Moschetti – e anche se il Gran Premio Liberazione non passa su quel rettilineo, la salita che facevamo dopo la conoscevo già, quindi sapevo a cosa potesse somigliare il percorso. Poi non ci sono riuscito, perché ha vinto il più forte che è stato pilotato alla perfezione. Sarebbe stato importante, l’ultima tappa vale di più, ma la squadra era contenta. Chiudere il nostro primo Grande Giro con una nota positiva è stato una bella soddisfazione».

Valona, terzo giorno del Giro in Albania: Mosca e Moschetti. Il via non è stato dei migliori
Valona, terzo giorno del Giro in Albania: Mosca e Moschetti. Il via non è stato dei migliori

La volata finale

La prima grande corsa a tappe per il Q36.5 Pro Cycling Team si era aperta con la grandissima attesa di Tom Pidcock, terzo nel giorno di Matera e 16° nella classifica finale, che tuttavia non è mai stato all’altezza delle attese e tantomeno della sua reputazione.

«Non so che valutazioni farà la squadra – dice Moschetti – ma di sicuro avevamo aspettative alte. Volevamo fare bene, anche per onorare la corsa. Per quanto mi riguarda, qualche occasione in più per fare volate potevano anche prevederla, ma le dinamiche di gara sono state imprevedibili e si andava così forte che era impossibile tenere la corsa sotto controllo. E’ positivo che l’ultima tappa abbia previsto la volata, è gratificante per i velocisti che finiscono il Giro e diventa il motivo migliore per arrivare in fondo. Chiaro che essendo stati invitati, nessuno di noi si sarebbe sognato di andare a casa prima per fare meno salite, ma sono cose che succedono».

Pidcock al Giro, una presenza sotto tono. Qui è terzo dietro Pedersen e Zambanini a Matera
Pidcock al Giro, una presenza sotto tono. Qui è terzo dietro Pedersen e Zambanini a Matera

Dubbio tricolore

Il futuro più immediato parla di una corsa in Belgio a metà giugno, poi il nuovo evento Copenhagen Sprint di WorldTour e a seguire i campionati italiani da San Vito al Tagliamento a Gorizia. Sul percorso ci sono ancora pochi dettagli. Si dice che sia stato disegnato a misura di Jonathan Milan, ma lo stesso Moschetti è perplesso sul fatto che la zona di Gorizia possa avere strade così pianeggianti.

Sorridendo dice che adesso tornerà a dormire, perché tre settimane di Giro ti restano addosso a lungo, ma che certo gli piacerebbe mettere a frutto la condizione che ti lasciano nelle gambe. Il resto dipenderà dalle valutazioni della squadra, a partire dalla partecipazione alla Vuelta. Anche se in Spagna le occasioni per i velocisti saranno ancora di meno.

Pedersen, il Giro da protagonista (e da giornalista)

06.06.2025
5 min
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ROMA – E’ stato senza dubbio uno dei grandi protagonisti dell’ultimo Giro d’Italia: quattro tappe vinte, la maglia ciclamino, la maglia rosa per un giorno e una quantità di fughe pressoché infinite. Avrete capito che stiamo parlando di Mads Pedersen. Il gigante della Lidl-Trek è stato un personaggio in corsa e anche fuori.

Ricordiamo il taglio di capelli al compagno Jacopo Mosca nelle prime frazioni e il suo atteggiamento da vero uomo squadra.

A Roma, quando è arrivato in mixed zone e il buon Manuel Codignoni di Radio Rai Sport stava intervistando Lorenzo Fortunato, lui ha preso lo smartphone dalla tasca e, come un giornalista qualunque, si è infilato tra di noi mettendo il cellulare sotto la bocca di Lorenzo. A quel punto Codignoni, che è stato al gioco, gli ha detto: «Mads, fai tu una domanda a Lorenzo». E Pedersen non si è certo tirato indietro.

La Lidl-Trek ha dato una dimostrazione di forza: hanno avuto contemporaneamente maglia ciclamino, maglia rosa e maglia bianca
La Lidl-Trek ha dato una dimostrazione di forza: hanno avuto contemporaneamente maglia ciclamino, maglia rosa e maglia bianca

Giornalista mancato

Insomma, Pedersen oltre che corridore è anche giornalista mancato? Chissà… per ora meglio nelle sue vesti da atleta. Per fare il commentatore tecnico per una radio o tv danese avrà tempo.
Ieri, il team manager della Lidl-Trek, Luca Guercilena, ci ha parlato del grande spirito di squadra che si era creato in seno alla formazione e anche del carisma di Mads. Oggi tocca a lui raccontare tutto questo.

«Il mio giudizio sul nostro Giro – dice Pedersen – è molto alto. Io ho ottenuto quattro vittorie e due miei compagni altre due. E’ molto più di ciò che ci saremmo aspettati. E non so quante squadre potranno fare qualcosa di simile. Voglio ringraziare i ragazzi. Abbiamo condiviso degli splendidi momenti tutti insieme e nelle tappe finali è stato molto importante per me aiutarli. Ci siamo divertiti tantissimo».

Mads parla e ti dà l’impressione di essersi divertito per davvero durante le tre settimane rosa. Chiaro, con una gamba del genere è “facile” divertirsi… ma lui questo Giro l’ha proprio vissuto. Se l’è sentito addosso sin dall’inverno e non si è presentato in Italia svogliato o con l’atteggiamento di chi avrebbe preferito correre il Tour.

A Vicenza la quarta (e forse più bella) vittoria di Mads in questo Giro
A Vicenza la quarta (e forse più bella) vittoria di Mads in questo Giro

Fra Giro e Tour

E infatti un giornalista gli ha chiesto proprio questo: «A molti grandi atleti non piace il Giro, preferiscono il Tour. Anche per te è così?».
E Pedersen, con grande naturalezza, ha risposto: «Ho sempre amato il Giro, propone sempre belle tappe e ottime chances. Sì, è un po’ più tranquillo rispetto al Tour de France. In Francia c’è molta pressione e spesso ce la mettiamo noi corridori stessi, ma deriva anche dalla gestione degli sponsor. Qui in Italia c’è più libertà e puoi “giocare” un po’, rischiare. Mettiamoci anche che quest’anno noi della Lidl-Trek siamo stati fortunati. Nei primi cinque giorni abbiamo subito ottenuto tre vittorie e questo ci ha aiutato a stare sereni e a provare in corsa quello che volevamo. No, no… mi piace molto il Giro».

Tanto per restare in tema di grandi Giri, Pedersen ha detto che quest’anno non farà il Tour. Il che ci sembra anche normale, visto che veniva da una lunga campagna del Nord, dove è stato protagonista. «Quest’anno farò la Vuelta», ha detto.

Con questo Giro d’Italia, Mads ha rispolverato la sua bacheca. E’ stato il primo corridore danese ad indossare la maglia rosa. E’ diventato il corridore danese con più vittorie in assoluto: è arrivato a 54, superando le 51 di Rolf Sorensen. E’ anche grazie a lui (e ad Asgreen) che la Danimarca ha ottenuto il maggior numero di vittorie in un singolo grande Giro: cinque. Fino a quest’anno si era fermata a quattro.

E per il gran finale di Roma, una t-shirt commemorativa per tutta la Lidl-Trek. E c’era anche Giulio Ciccone (foto Instagram)

Il gruppo e il suo leader

A Roma si è così concluso il suo primo, enorme, blocco di stagione. Forse un filo appagato, forse anche stanco. «Semplicemente non avevo le gambe giuste per saltare Kooij».
In fin dei conti era stato in fuga anche nelle ultime tappe di montagna, un po’ per guadagnare gli ultimi punti per la maglia ciclamino, che era ormai in cassaforte, il che la dice lunga su come abbia onorato la corsa rosa, e un po’ per aiutare i suoi compagni, come aveva promesso.

Quelle t-shirt viola indossate da tutto il team Lidl-Trek, staff incluso – maglie con il suo faccione sul davanti e i nomi dei compagni sul retro – parlano di una squadra affiatata. Pensate che a Roma è venuto a trovarli persino Giulio Ciccone, che si era ritirato quasi dieci giorni prima.

«Un momento difficile? Adesso non posso dirlo». Da quel che siamo riusciti a capire, dovrebbe essere stata la sera di Gorizia, quando il ginocchio gli si è gonfiato dopo una caduta. Ma evidentemente era nulla in confronto a quello che stava passando Ciccone. Anche in quel caos, la Lidl-Trek, arrivando in parata attorno a Giulio, mostrò un grande affiatamento.

«Mi è dispiaciuto molto quando si è ritirato Ciccone», aveva detto Pedersen. E qui andrebbero riprese le parole dell’altro Lidl-Trek Daan Hoole, il quale aveva raccontato come Mads, la sera del ritiro di Ciccone, avesse tenuto un discorso motivazionale alla squadra. Un discorso da vero leader. E di come, la sera della vittoria di Verona, fosse più felice per quel successo che non per i suoi personali.

Infine una battuta sull’inatteso incontro con il Papa. Inatteso, almeno così da vicino. «E’ stato piuttosto imbarazzante, devo dirlo – ha confessato Pedersen – non sapevo cosa dire. Ci hanno detto di sorridere per le foto».

Tre (grossi) dubbi di Martinelli sul Giro della UAE e il futuro di Ayuso

06.06.2025
7 min
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«Attenzione – dice Martinelli – Del Toro ha fatto un Giro incredibile. Dei tre, tifavo per lui e meritava di vincere. Però proprio perché hai fatto una corsa così grande, non puoi pensare di non fare una cronoscalata fino alla cima del Finestre. Scollini con tre minuti, abbiamo perso il Giro. Scollini con due, ce la giochiamo ancora. Ma se scollini con un minuto solo, possiamo ancora vincere, hai capito?».

Il primo Giro senza Martinelli si è risolto con un colpo alla Martinelli. L’attacco di Yates e Van Aert verso Sestriere ha ricordato quello dell’Astana di Aru e Luis Leon Sanchez, che permise a Fabio di vincere la Vuelta del 2015. A questo si aggiunga che lo stesso Martinelli si è trovato più volte alle prese con la convivenza fra due galli nella stessa corsa. Prima Pantani con Chiappucci. Poi Cunego con Simoni. Quindi Aru con Landa. Che cosa è parso al tecnico bresciano della corsa rosa?

Martinelli è a casa e il racconto dei suoi giorni fa capire che finalmente ha ritrovato un po’ di equilibrio. La vittoria di Scaroni è un po’ anche sua, conoscendolo da quando era un bimbo e avendo insistito in prima persona per portarlo alla XDS Astana. Per il resto, la nostalgia non fa parte del suo vissuto.

Fino al 2024, Giuseppe Martinelli è stato uno dei ds della Astana. In apertura l’abbraccio Del Toro-Gianetti sul traguardo di Sestriere
Fino al 2024, Giuseppe Martinelli è stato uno dei ds della Astana. In apertura l’abbraccio Del Toro-Gianetti sul traguardo di Sestriere
Ti è piaciuto il Giro d’Italia?

Diciamo che di tutto quello che si era detto, è successo l’esatto contrario. Siamo partiti che Roglic doveva essere il vincitore e doveva giocarsela con Ayuso, mentre Tiberi doveva andare sul podio, invece alla fine ha vinto quello che s’è nascosto più di tutti. Forse anche il più furbo o il più bravo. Non è stato un brutto Giro. Noi italiani siamo stati abbastanza protagonisti. Però tanti nostri corridori sono gregari. Fino a prima della caduta, Ciccone ha lavorato per Pedersen. Un altro corridore come Affini, che a me piace da morire, ha fatto delle cose eccezionali aiutando Yates e Van Aert. Siamo diventati un Paese di gregari…

Ci sono stati due momenti cruciali come la tappa di Siena e poi quella di Sestriere….

Nel giorno di Siena, quando ho visto cadere Roglic, avrei fermato Del Toro e lo avrei messo ad aiutare il capitano. Perché così avrei guadagnato molto di più sullo sloveno che in partenza era l’avversario numero uno. A posteriori è andata bene così, sicuramente. Ma quel giorno ho subito detto: «Ma perché non fermano quello là che sta volando?». Dietro avrebbero guadagnato sicuramente un minuto in più. La UAE Emirates poteva tirare per tornare su Del Toro e proprio lui sarebbe stato in grado di fare la differenza. Se fosse rimasto a ruota e avesse girato in tre anziché da solo, la vittoria di tappa sarebbe stata ancora possibile.

Che cosa ti sembra della tappa di Sestriere?

Non avevo visto l’inizio e quando ho cominciato a seguire, c’era una fuga di 20 corridori e ho notato subito che mancavano uomini di Carapaz e di Del Toro. Memore delle due o tre volte che ho messo in atto quella tattica, mi sono detto che io avrei messo davanti un uomo della UAE Emirates. Poi la fuga ha preso margine e quando ho visto che aveva preso 7 minuti di vantaggio, ho pensato che la UAE Emirates dovesse mettere qualcuno a tirare. Li avrei riportati a tre minuti e così avrei ripreso Van Aert sulla salita. Lui non è uno scalatore, andando su non sarebbe servito a molto.

Martinelli non capisce perché sul Colle delle Finestre, anziché tirare per salvare la maglia rosa, Del Toro si sia fermato alla ruota di Carapaz
Martinelli non capisce perché sul Colle delle Finestre, anziché tirare per salvare la maglia rosa, Del Toro si sia fermato alla ruota di Carapaz
Invece hanno preso la salita con 8 minuti…

Ed è cominciata una battaglia incredibile. Mi sono detto: «Porca vacca, questi qua in cima non ci arrivano!». Hanno preso il Colle delle Finestre come uno strappo di 2 chilometri. E ho detto: «Voglio vedere come fanno a scollinare!». E quando poi è andato via Yates, ho cominciato a pensare: ma cosa aspetta Del Toro a fare il suo passo? Doveva dare subito la sensazione di inseguire Yates. Se lo avesse fatto, non dico che non perdeva il Giro, però avrebbe scollinato con il risultato ancora aperto.

Solo che poi avrebbe potuto poco contro Van Aert e Yates…

Van Aert ha fatto il fenomeno e non sarebbe cambiato nulla anche se avesse tirato Carapaz. Non è stupido e a un certo punto si sarà detto: «Io sono secondo e magari passerò al terzo posto, ma è la maglia rosa che deve seguire chi lo attacca, non io che sono secondo!». L’ho detto subito ai miei amici: Carapaz non aveva niente da guadagnare aiutando Del Toro. E non voglio dire che la UAE abbia sbagliato tutto, solo che secondo me non hanno calcolato che Yates potesse essere il jolly del Giro. Non l’hanno mai considerato, si sono concentrati su uno solo.

Ma se tu sei il direttore sportivo e state perdendo la maglia rosa, glielo dici a Del Toro che deve inseguire?

Una cosa vorrei ripeterla: la mia critica non è sicuramente nei confronti di Del Toro, perché con lui secondo me abbiamo scoperto un altro campione. A ventun anni, è il più giovane di tutti i giovani di cui parliamo ultimamente. Secondo me, ha fatto quello che gli dicevano di fare. Non credo che abbia preso delle decisioni, forse solo a Bormio ha fatto qualcosa di testa sua ed è andato a vincersi la tappa. Credo che Del Toro abbia speso molto durante il Giro, ha corso da protagonista e avrebbe potuto farlo anche nell’ultima tappa.

Gilberto Simoni, Damiano Cunego, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2004, Simoni si ritrovò suo malgrado ad aiutare Cunego in maglia rosa. Sull’ammiraglia Saeco viaggiava Martinelli
Gilberto Simoni, Damiano Cunego, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2004, Simoni si ritrovò suo malgrado ad aiutare Cunego in maglia rosa. Sull’ammiraglia Saeco viaggiava Martinelli
Proprio a Bormio è parso di rivedere Aru e Landa compagni di squadra sul Mortirolo nel 2015 e Contador che vinse il Giro. Del Toro davanti e la squadra dietro che tirava per Ayuso…

Mi sono trovato in questa situazione, però ho avuto la fortuna di avere campioni come Simoni, Landa e un quasi campione come Aru. Ma quest’anno erano bambini: uno di 22 e uno di 21 anni. Uno che vuole vincere a tutti i costi, perché Ayuso ha le stimmate del campione. E dall’altra parte un ragazzino di 21 anni che va più forte di tutti. Sarebbe stato difficile per tutti, me compreso. Una cosa del genere ti toglie il sonno. Non è questione di Baldato, Matxin o Gianetti. Continui a discutere, ma non trovi la soluzione. Sapete quale sarebbe stata la soluzione? Quella di averne solo uno. Immagino ogni sera il fatto di trovare uno che diceva la sua e l’altro che diceva l’esatto contrario.

Forse alla UAE nessuno si aspettava Del Toro a quel livello, non trovi?

Effettivamente non l’hanno portato perché facesse quello che ha fatto. Se lo sono trovato per strada, come io trovai Cunego. Aveva vinto il Giro del Trentino e anche a Larciano, era in condizione. Se vado a rileggere le interviste, dicevo a Simoni di guardarsi da lui, perché l’avversario più forte l’avrebbe avuto in casa. Non aveva mai fatto la terza settimana, ma scoprimmo che andò più forte che nella prima. E non dimentichiamo che Simoni, con cui litigammo e discutemmo, alla penultima tappa attaccò sul Mortirolo, andò in fuga e mise un po’ di pepe.

Simoni reagì da Simoni, dicono invece che dopo la tappa di Siena, Ayuso abbia perso lucidità…

L’ho pensato anche io. Questo ragazzo ha i tratti del campione, altrimenti non vinci la Tirreno a quel modo. Però alla fine deve capire che il ciclismo è fatto di alti e bassi e dovrà fare delle scelte abbastanza importanti per il futuro. Anche la squadra dovrà decidere come gestirlo. Non farà la Vuelta e per lui un certo tipo di stagione è finito, con un niente di fatto al Giro, senza il Tour né la Vuelta. E se l’anno prossimo Pogacar vuole venire al Giro e poi fa il Tour, Ayuso dove va? E Del Toro dove lo porti? Secondo me lo spagnolo deve capire cosa vuole fare da grande. E la squadra deve capire dove metterlo.

Dopo il giorno di Siena, secondo Martinelli Ayuso si è spento. Rimarrà con la UAE Emirates, come contratto vorrebbe?
Dopo il giorno di Siena, secondo Martinelli Ayuso si è spento. Rimarrà con la UAE Emirates, come contratto vorrebbe?
Cosa ti è sembrato di Tiberi e Pellizzari?

Ero sicuro che quest’anno Tiberi sarebbe andato sul podio, invece secondo me è arrivato al Giro che non stava bene, tanto da non aver fatto il Tour of the Alps. Probabilmente i cambi di programma lo hanno condizionato e poi ci si è messa la caduta. Ormai quando cadono si fanno male davvero, perché sono mingherlini. Mi dispiace per Antonio, non so quale sarà il suo programma, ma quest’anno aveva una bella occasione. Però io lo salvo ancora, è uno dei migliori che abbiamo, anche se ancora non sa quello che realmente ha nel serbatoio.

Cioè?

Ha paura ad attaccare perché si chiede cosa succede se poi lo staccano. Invece dovrebbe essere più intraprendente, rimandando i calcoli al dopo corsa. Alla Bahrain sono stati bravi a non fermare Caruso quando Tiberi è andato in difficoltà. Che sia stata fortuna o bravura, hanno salvato il quinto posto in classifica. Tante volte è facile criticare, ma bisognerebbe trovarsi lì e avere il coraggio di fare una scelta, che può essere giusta, ma anche completamente sbagliata.

Anche Pellizzari nel giorno di Asiago è stato tenuto vicino a Roglic, del resto…

Secondo me Pellizzari ha fatto quello che doveva, senza un minimo di pressione. E’ arrivato al Giro senza problemi, il percorso ideale per chi vuole fare veramente bene. E’ partito come il bambino più felice del mondo ed è arrivato allo stesso modo. Sono innamorato di quel ragazzo. Mi piace anche Tiberi, ne parlavo sempre con Vincenzo (Nibali, ndr) che l’aveva avuto come compagno di squadra. Però a me Pellizzari piace da quando l’ho visto dilettante, come corridore e come spontaneità. Fa ridere sempre, ha carattere, ci farà divertire.

Tarozzi: Re delle fughe al Giro che ora vuole imparare a vincere

05.06.2025
5 min
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Il post Giro d’Italia di Manuele Tarozzi prosegue con qualche sgambata in compagnia dell’amico Filippo Baroncini e delle brevi fughe al mare. Da Faenza la riviera romagnola dista solamente una cinquantina di chilometri. Dal suo secondo Giro d’Italia Manuele Tarozzi è uscito con il Premio Fuga e ha vinto anche la prima edizione del Red Bull KM. La corsa rosa ha messo la parola fine sulla prima parte di stagione del corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè

«E’ stato un Giro d’Italia impegnativo – racconta – penso che non avrei potuto fare più di così. Sono arrivato alla tappa di Roma abbastanza stanco, ho dato davvero tutto. Insieme alla squadra avevamo battezzato una corsa all’attacco per cercare di anticipare i migliori e portare a casa qualche risultato. Avevamo anche Fiorelli e Marcellusi per le volate ma per cercare la vittoria l’unico modo era quello di attaccare. 

Manuele Tarozzi al Giro si è aggiudicato il Premio Fuga e quello del Red Bull KM
Manuele Tarozzi al Giro si è aggiudicato il Premio Fuga e quello del Red Bull KM

Un Giro al gancio

Il tema, alla partenza in Albania, era aperto sulla competitività di questo Giro d’Italia. C’era chi pensava, convinto dall’assenza dei fenomeni, di avere un livello più basso. Ci ha pensato la strada a togliere ogni dubbio. Il Giro d’Italia appena concluso è stato impegnativo e spettacolare, corso sempre al massimo e senza risparmiare energie. 

«Noi ci abbiamo provato a fare la nostra gara – prosegue nel racconto Tarozzi – ma la verità è che non c’è stato un giorno tranquillo. Siamo andati sempre a tutta, molto più dello scorso anno. Nella passata edizione c’erano state giornate in cui si riusciva a parlare in gruppo, quest’anno no. In ogni tappa per fare andare via la fuga ci volevano tanti chilometri e medie altissime. Inoltre non veniva mai lasciato troppo spazio, quindi arrivare al traguardo era difficile. Nonostante sia migliorato parecchio dalla passata stagione sono convinto che per vincere in certe corse serve fare un passo ulteriore di crescita».

I premi per Tarozzi sono stati il frutto del suo modo di correre che lo porta spesso in avanscoperta
I premi per Tarozzi sono stati il frutto del suo modo di correre che lo porta spesso in avanscoperta
E’ stata una prima parte di stagione solida, nella quale hai vinto anche la classifica dei GPM alla Tirreno…

Il passo in più rispetto allo scorso anno è evidente e lo sento nelle gambe. Credo manchi qualcosa per vincere, ma direi che serve una giornata davvero positiva in questo ciclismo. Rispetto al 2024 sto facendo registrare valori migliori ma riuscire a vincere è difficile. Poi fa piacere quando arrivano questi risultati, ma si parte sempre con in testa la vittoria. 

Cosa che tu cerchi di trovare andando sempre in fuga.

Credo sia l’unico modo possibile e anche quello che mi piace di più. Non sono uno che si ostina a rimanere in gruppo alla ricerca del piazzamento, anche perché abbiamo già dei corridori del genere in squadra. C’è bisogno di chi prova ad andare in avanscoperta.

Lo spirito di Tarozzi ha portato tanti tifosi a fare il tifo per lui
Lo spirito di Tarozzi ha portato tanti tifosi a fare il tifo per lui
Qual è l’aspetto che ti piace maggiormente?

L’imprevedibilità. Poi credo che essere davanti ti metta in una posizione di vantaggio, alla fine è il gruppo che deve venire a chiudere e in una gara può succedere di tutto. Lo scorso anno dopo il Giro sono riuscito a trovare due vittorie correndo in questa maniera, penso sia tutto parte di un processo di crescita. Quest’anno alla Tirreno ci sono andato vicino, essere arrivato a pochi metri da una vittoria nel WorldTour mi ha dato fiducia. Inoltre dopo il mio primo Giro d’Italia, nel 2024, sento di avere una condizione diversa. 

In quale aspetto senti di essere migliorato?

Nella resistenza, l’ho notato subito all’inizio di questa stagione. Lo scorso anno dopo tre o quattro giorni di gara, soprattutto se corsi all’attacco come piace a me, mi sentivo stanco. Invece quest’anno sento la gamba diversa. 

Rispetto al 2024 Tarozzi ha fatto passi in avanti ed è arrivato a conquistare traguardi importanti come la maglia dei GPM alla Tirreno
Rispetto al 2024 Tarozzi ha fatto passi in avanti ed è arrivato a conquistare traguardi importanti come la maglia dei GPM alla Tirreno
Cosa ti riesce a dare una corsa come il Giro?

Tanto ritmo. Il giorno di Sestriere ero in fuga e penso sia stato uno dei più duri. Sul Colle delle Finestre ero stanco ma ho dovuto spingere comunque perché la corsa era esplosa sia davanti che dietro. Questo tipo di sforzo riesci a farli solamente in gara, in allenamento è difficile andare oltre i propri limiti.  

Inizi ad avere esperienza, un corridore come te in una squadra come la Vf Group-Bardiani cosa può dare?

Difficile da dire. Credo che l’esperienza che un corridore della mia età ha fatto nei primi anni da professionista ora la si fa da juniores e da under 23. Vedo arrivare ragazzi sempre più pronti. Quando la squadra ha preso Pellizzari e Pinarello nel 2022 mi sono stupito, io non ero come loro a diciotto anni. Io a quell’età correvo per divertirmi, adesso se vuoi fare il ciclista a sedici anni devi saper gestire certe dinamiche. 

Il suo secondo Giro d’Italia lo ha portato ancora una volta al limite e in estate spera di vedere dei miglioramenti
Il suo secondo Giro d’Italia lo ha portato ancora una volta al limite e in estate spera di vedere dei miglioramenti
Magari l’esperienza conta nei dettagli, i giovani conoscono tante cose ma poi in gruppo la vita è diversa?

Alcune cose sì. Ma anche in questo caso molte volte ci parli e alcuni non ti ascoltano e fanno di testa loro. E’ anche vero che nel ciclismo moderno ci si vede sempre meno, al massimo posso scambiarci qualche parola durante i ritiri invernali per frenare il loro entusiasmo che a volte li porta a fare troppo. 

Una volta finito il riposo qual è il programma?

Cambieremo qualcosa rispetto allo scorso anno, andremo a cercare qualche gara per accumulare punti. Il ciclismo vuole questo adesso. Per il resto vedremo cosa mi avrà lasciato nelle gambe questo secondo Giro d’Italia, ma questo lo vedremo solamente a luglio. Lo scorso anno le due vittorie sono arrivate nella seconda parte di stagione, quindi vedremo.