Vince Merlier, ma l’abbraccio di Padova è tutto per Dainese

23.05.2024
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PADOVA – Alberto Dainese è appoggiato alle transenne. Testa fra le braccia. Silenzio. Forse qualche singhiozzo di un pianto di rabbia strozzato in gola. Questa era la sua tappa. La tappa di casa.
Quando si tira su, uno dei maxi schermi in Prato della Valle, trasmette la volata. Dainese rivede il suo sprint. Si chiude ancora più in sé stesso e torna ai bus, tra la folla che urla il suo nome.

Un quarto posto che dopo l’incidente di questa primavera non è cosa da poco. Dainese è cresciuto sprint dopo sprint in questo Giro e ora sta iniziando a raccogliere i frutti di un buon lavoro e di una buona gamba.

Bis di Merlier

Intanto Tim Merlier dopo Fossano mette a segno un altro sigillo, il terzo per la sua Soudal-Quick Step in questo Giro d’Italia.

«Abbiamo preparato lo sprint da lontano – ha detto Merlier – con Julian Alaphilippe. Era un giorno molto importante e lo abbiamo affrontato nel migliore dei modi, rimanendo sempre ben coperti e nelle prime posizioni. Negli ultimi chilometri la velocità era altissima. Ho azzeccato il momento giusto per lanciare il mio sprint e alla fine è andato tutto bene».

Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo
Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo

Una buona Tudor

«Cosa poteva fare? Cosa poteva fare?», ripete con un po’ di rammarico il direttore sportivo Claudio Cozzi, ai bus. «Porca miseria, questo vento contro non c’era fino a pochi minuti prima. Non doveva esserci. Poi gli si sono spostati… e Alberto me lo ha detto: sono stato costretto a partire».

La Tudor Pro Cycling assieme alla Lidl-Trek era il team che più aveva tirato per non lasciarsi sfuggire lo sprint, memori di Lucca. E forse la fuga l’hanno tenuta sin troppo sotto tiro.

«Deluso? No perché dovrei esserlo? – dice l’altro diesse, Matteo Tosatto – Alberto forse è deluso, ma perché è uno che vuole vincere. Io non lo sono. Io sono contento dello spirito della squadra. Siamo senza due uomini molto importanti per Alberto (Krieger e Mayrhofer, ndr) e penso proprio che oggi Trentin e Froidevaux abbiano fatto un ottimo lavoro».

Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia
Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia

Sprint caotico

«Okay, quarto posto: le volate sono così – continua Tosatto – però non possiamo recriminarci niente. I miei ragazzi e Alberto hanno fatto una volata perfetta fino ai 300 metri».

Per assurdo a “fregare” Dainese è stato Jonathan Milan, che non era nel treno della sua Lidl-Trek. Quando Consonni e Teuns se ne sono accorti si sono rialzati. Ma ormai la volata era partita. Si era a meno di 300 metri dalla linea d’arrivo. Fermarsi sarebbe stato un suicidio.

«Noi – conclude Tosatto – abbiamo fatto la nostra volata. Milan ovviamente era il faro dello sprint, ma è andata così e dobbiamo accettare anche questo risultato… Che non è un brutto risultato».

Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski
Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski

L’abbraccio di Padova

Padova è la città di Alberto Dainese. E l’abbraccio forse è ancora più forte. Il suo fans club lo acclama sotto al bus della Tudor. Ci sono anche i familiari.

Qualche minuto. Il tempo di una doccia. E Alberto si concede al loro saluto. Sono momenti emozionanti. Che aiutano ad assorbire la botta, ma soprattutto a ricaricarsi in vista di Roma e, perché no, per raccontarci il suo sprint al dettaglio e con passione.

Alberto, che volata è stata?

L’idea era di prendere la prima delle due curve finali, quella  ai 900 metri, quasi in testa e ci siamo riusciti. Trentin ha dato una menata di due chilometri pazzesca, ma eravamo un po’ “lunghetti”…

E qui mancavano i due uomini che diceva Tosatto, scusa l’interruzione, vai avanti…

Però ho fatto le due curve in controllo ed era quello l’importante. Volevo fare la volata e non essere intruppato dopo le curve. Dopo che mi hanno passato Teuns e Consonni mi sono buttato alla loro ruota. Ho anche provato un po’ ad imbrogliarli dicendogli: “Vai vai Simo”…

Ma non ci sono cascati…

Hanno visto che non ero Jhonny quindi si sono spostati e sono arrivati altri da dietro. A quel punto per un istante ho cercato una ruota e mi sono messo dietro ad Hofstetter ma poi sono dovuto partire. Sono partito un po’ lungo. Avevo tanta voglia di sprintare, ma da dietro mi hanno rimontato e negli ultimi 50 metri sono rimbalzato. Mi dispiace.

Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Conoscevi questo finale: quante volte lo hai provato?

Studiavo a 500 metri da qui. Conoscevo ogni singola curva, ogni buca e ogni centimetro di asfalto. Brucia parecchio. Adesso siamo qua al velodromo, dove ho iniziato a correre in pista…. E’ tutta una serie di emozioni. Però ci proviamo anche a Roma.

Questo vento era più forte del previsto effettivamente?

Il vento era un po’ contro e abbastanza più forte di quello che credevo. Infatti quando sono partito mi sono reso conto che sarebbe stata lunga andare fino all’arrivo. Ho anche cercato di mettermi ancora più aerodinamico, più basso… ma non è bastato.

Che rapporto avevi?

Il 54 davanti. Sono partito col 12 poi ho buttato giù l’11. La velocità non era altissima in volata, proprio perché la Lidl-Trek si era fermata. Così ho cercato di partire un pelo più agile. Le prime volate di questo Giro le avevo fatte tutte col 10 e mi dicevano che ero troppo duro. Oggi ho cercato di partire più agile ma ero lungo.

Un altro sguardo alla tappa di ieri per parlare di Ghebreigzabhier

23.05.2024
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FIERA DI PRIMIERO – Piove anche stamattina. I pullman li hanno parcheggiati in un piazzale ampio abbastanza perché tutti potessero aprire la pergola. Milan è fuori per capire come mai il potenziometro della sua bici non comunichi con il computerino. Poi arriva il meccanico Campanella, smuove un po’ la batteria e il contatto si attiva. Siamo qui per incontrare Amanuel Ghebreigzabhier, andato in fuga ieri verso il Brocon e atteso oggi al solito duro lavoro per portare avanti proprio il velocista. Quello che sapevamo di lui lo avevamo letto in altre interviste.

Un metro e 87 per 65 chili, ha il fisico da mezzofondista. E’ magrissimo e ha lo sguardo gentile. Il suo Giro d’Italia è stato sinora decisamente positivo e la fuga di ieri in qualche modo lo ha avvicinato al sogno della vittoria che non ha ancora centrato da quando corre nel gruppo Trek, fatti salvi i campionati eritrei della crono.

«Ieri è stata una tappa dura – ricorda – sono stato davvero bravo e ho fatto una buona prestazione. Se sperassi di vincere? Non dico sì né no, ma ero davvero in buona forma. Anche il corridore della EF (Georg Steinhauser, che ha vinto, ndr) si è mostrato davvero forte, forse con una compagnia diversa avrei potuto ottenere di più».

Nella tappa di ieri, Amanuel Ghebreigzabhier è stato in fuga con Steinhauser. Alla fine si è piazzato al 30° posto
Nella tappa di ieri, Amanuel Ghebreigzabhier è stato in fuga con Steinhauser. Alla fine si è piazzato al 30° posto

Esempio per i giovani

Il ciclismo e la bicicletta in generale sono parte integrante della cultura del suo Paese. Amanuel è nato ad Addis Abeba ed è cresciuto ad Asmara, dove la passione per le due ruote deriva proprio dalla cultura portata dagli italiani ai tempi delle colonie: forse l’unico lascito degno di menzione.

«Mi sono avvicinato al ciclismo come un gioco – dice – poi grazie ad un amico che correva in mountain bike, ho iniziato a vederlo come uno sport. Dopo un paio d’anni sono entrato a far parte di uno dei principali club ciclistici nazionali è ho iniziato a gareggiare su strada. Ogni volta che incontro i giovani corridori del club in cui sono cresciuto, sento calore e affetto. Mi guardano per quello che sono diventato, perché nonostante ci siano tanti ciclisti, emergere non è semplice. Io stesso ho avuto delle possibilità andando all’estero con la nazionale. Mi chiedono come si fa, rispondo che è importante lavorare su se stessi, perché il ciclismo non regala nulla. Le possibilità sono poche, bisogna saperle cogliere».

Primo anno da pro’ nel 2018 e subito alla Vuelta, con un 7° posto nella 3ª settimana
Primo anno da pro’ nel 2018 e subito alla Vuelta, con un 7° posto nella 3ª settimana

L’obiettivo della squadra

La sua opportunità è arrivata ieri ed è stato bravo a coglierla. L’atleta è forte, anzi fortissimo. Se non fosse stato per la caduta rovinosa al Catalunya del 2022, magari la sua carriera avrebbe seguito un diverso binario.

«Normalmente nelle tappe pianeggianti – spiega – lavoro per Milan, vado al 100 per cento per lui. Altrimenti quando ci sono tappe in cui si può andare in fuga, magari con qualche salita, posso provare a giocare le mie carte e ottenere un risultato. Ho una buona condizione, è stata buona per tutto l’anno, sin dalla Valenciana dove ho iniziato la stagione. Ho i miei sogni, sono gare di un giorno o tappe. Dopo il Giro correrò il Wallonie e anche Burgos, magari potrò sfruttare questa condizione per ottenere dei risultati. Però sono contento anche quando vince Milan. E’ l’obiettivo della squadra. E quando ci riusciamo, sono davvero felice, tutta la squadra è felice».

Al Giro dello scorso anno, Amanuel Ghebreigzabhier assieme al connazionale Testatsion
Al Giro dello scorso anno, Amanuel Ghebreigzabhier assieme al connazionale Testatsion

Credere nel sogno

Attualmente i professionisti eritrei sono 10, con Girmay per bandiera. Qui al Giro ci sono Amanuel ed Henok Mulubrhan in maglia Astana. L’acquisto più gradito della Lidl-Trek per Ghebreigzabhier è stato quello di Natnael Tesfatsion, ugualmente eritreo ma cinque anni meno di lui, che ha disputato per tre volte la corsa rosa e attualmente è al Tour of Norway.

«L’Eritrea è un paese diverso dal resto dell’Africa – ammette – altri sono in crescita, come il Rwanda e il Sud Africa. Nel resto dell’Africa manca una spinta verso la bicicletta: è un mezzo per spostarsi, non tanto uno sport. Non ci sono politiche in questo senso e speriamo che il mondiale del 2025 sia una buona occasione. Se devo dare un consiglio ai ragazzi del mio Paese, gli direi di credere in un sogno e coltivare con passione e dedizione il proprio talento. Io lo sto ancora facendo su me stesso. Ho un buon livello. Se devo dire la verità, in questo Giro non ho ancora avuto un giorno di vera difficoltà o in cui abbia sofferto. Per cui oggi lavoro per Johnny, poi ci saranno altre due tappe di montagna per provare qualcosa».

L’abbraccio di Milan dopo la vittoria di Cento conferma l’ottimo lavoro di Ghebreigzabhier per il friulano
L’abbraccio di Milan dopo la vittoria di Cento conferma l’ottimo lavoro di Ghebreigzabhier per il friulano

L’altura e il freddo

Dopo il Giro, mentre forse la pioggia accenna a diminuire, ammette che tornerà un po’ in Eritrea. E qui scatta la curiosità di chiedergli come vada con l’altura: quando si parla delle alte quote, siamo tutti a ricordare gli scalatori colombiani, senza considerare le alte quote africane.

«Asmara è alta 2.325 metri – conferma – per cui in alta quota mi sento sempre bene. E’ un vantaggio, chiaramente, ma non è sufficiente essere abituati all’altitudine per vincere le corse. Sarebbe troppo facile. Quello che non mi piace è il freddo. Mi sta bene anche la pioggia, ma se la temperatura scende sotto i 10 gradi, smetto di stare bene. Quando ieri Steinhauser se n’è andato, ho provato a resistere. Ma penso che riproverò, stare davanti è stato una bella esperienza».

P.S. Sul traguardo di Padova, il treno della Lidl-Trek non ha funzionato come si sperava. Ghebreigzabhier ha fatto la sua parte, poi nel finale Milan ha perso la scia dei compagni, aprendo la porta per la vittoria a Tim Merlier.

Astoria con il Giro d’Italia: in dodici anni… 41.544,5 chilometri!

23.05.2024
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Superati i 40.000 chilometri in dodici anni! Il prossimo 25 maggio sarà grande la festa Astoria per il passaggio della Corsa Rosa proprio davanti alla sede – a Crocetta (Treviso) – di Astoria: il brand vinicolo veneto, bottiglia ufficiale del Giro d’Italia… quest’anno con il tappo “green”.

Il Giro d’Italia, entrato nella propria ultima settimana di corsa, vede difatti ancora una volta sul podio le bottiglie Astoria festeggiare i protagonisti della competizione. 

«La nostra collaborazione con il Giro d’Italia – ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Astoria Wines Filippo Polegato – taglia quest’anno il dodicesimo anno di attività. Un traguardo davvero molto importante per tutti noi. Facendo un calcolo abbastanza veloce, grazie al Giro abbiamo percorso ben 41.544,5 chilometri, ovvero poco più di un giro completo della circonferenza terrestre… che è appunto di 40.000 chilometri! Siamo dunque pronti a festeggiare nuovamente i protagonisti del Giro d’Italia nel corso della ventesima e penultima tappa, quella con l’arrivo a Bassano del Grappa dopo aver scalato due volte la Cima Grappa, quando la carovana passerà proprio davanti alla nostra sede».

Sabato prossimo 25 maggio Astoria ha dunque organizzato, all’interno del proprio Polo Logistico di Via Piave, una giornata di festa aperta a tutti. Il programma incomincerà dalle ore 11 proseguendo insieme fino al passaggio del Giro.

Tadej Pogacar insieme ad Astoria ha già festeggiato cinque successi di tappa al Giro 2024
Tadej Pogacar insieme ad Astoria ha già festeggiato cinque successi di tappa al Giro 2024

Il tappo è “green”

Vale inoltre la pena ricordare che quest’anno Astoria ha voluto introdurre anche una nota più “green” nella stessa corsa rosa: le 70.000 bottiglie dello spumante ufficiale del Giro d’Italia realizzate dalla casa trevigiana, un vero e proprio oggetto da collezione per tantissimi appassionati, sono difatti le prime bottiglie al mondo dotate del nuovo tappo NOMACORC Pops targato Vinventions: un tappo per spumanti in plastica di origine vegetale ricavata dalla canna da zucchero, e con zero impronta di carbonio, in grado di garantire sia le stesse, identiche proprietà meccaniche di un normale tappo in sughero quanto la conservazione ottimale del gas carbonico disciolto nella bottiglia. Un tappo riciclabile che è ulteriormente caratterizzato da una completa neutralità sensoriale, senza rischi di TCA (o TriCloroAnisolo, la molecola che causa il tipico “sapore di tappo”… dovuta solitamente a funghi presenti nel sughero). 

L’azienda veneta è accanto anche al Giro-E
L’azienda veneta è accanto anche al Giro-E

Un segnale molto importante quello dato da Astoria per lo sviluppo sostenibile del mondo vinicolo. Una iniziativa perfettamente in linea con altre azioni che Astoria ha intrapreso in questi ultimi anni: dalla certificazione SQNPI all’ottimizzazione logistica ed energetica.

Astoria

Che bello questo Tiberi. E per il podio non si nasconde

22.05.2024
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PASSO BROCON – «Faccio il tifo per Antonio Tiberi», ha detto al microfono del Giro d’Italia Yeman Crippa, campione dell’atletica e grande speranza azzurra per la maratona di Parigi. Mancavano meno di 8 chilometri all’arrivo e il corridore della  Bahrain-Victorious ancora doveva farsi vedere. L’investitura del collega campione gli farà effetto.

Qualche minuto dopo, il laziale si è messo senza paura a dettare il ritmo una volta che Pogacar ha accelerato. E’ risalto da dietro con una certa “spavalderia” e ha fatto la sua corsa. Il fatto che abbia vinto la volata degli inseguitori la dice lunga sul suo stato di forma.

Tiberi sul podio scortato da Yeman Crippa. Con il finale di oggi, porta da 24″ a 41″ il vantaggio su Arensman per la maglia bianca
Tiberi sul podio scortato da Yeman Crippa. Con il finale di oggi, porta da 24″ a 41″ il vantaggio su Arensman per la maglia bianca

Prova solida

Oltre alle parole d’incitamento a distanza di Crippa, quel che ha fatto effetto a Tiberi sono state soprattutto le sue buone, per non dire ottime, sensazioni.

«Oggi è stata ancora una giornata molto positiva per me – ha detto Tiberi – Soprattutto per essere alla terza settimana devo dire che la gamba e la condizione sono veramente buone. Quindi sono tanto contento. In più sono riuscito a guadagnare ancora dei secondi su Arensman e O’Connor. E questo mi mette positività».

Già ieri verso Monte Pana, Tiberi aveva dato ottimi segnali. Aveva ripreso proprio Arensman senza paura. E la cosa poteva non essere così scontata dopo gli scricchiolii del Mottolino.

«Nell’arrivo di Livigno – riprende Antonio – ho pagato un po’ lo sforzo della crono del giorno prima. Poi a dire il vero già dalla partenza non mi sentivo troppo brillante. Di certo, una cosa che mi ha dato fastidio è stata la sveglia presto di quel giorno: una cosa che io non amo molto. E questo mi ha messo in difficoltà per il resto della giornata».

«In più mi sentivo un po’ pesante. In vista della tappa lunga avevo mangiato molto. Insomma, sono stati un po’ di fattori messi insieme. Ma alla fine sono soddisfatto perché sono riuscito a gestirmi bene. Non ho perso tantissimo quel giorno».

Il laziale per le tappe più dure sta usando una ruota Vision da 37 mm, un prototipo super leggero
Il laziale per le tappe più dure sta usando una ruota Vision da 37 mm, un prototipo super leggero

Testa da campione

E questa è una frase mica da poco. Stefano Garzelli ce lo dice sempre: «In un grande Giro si va forte quando si riesce a limitare al massimo le perdite nelle giornate no». Antonio sembra averla messa alle spalle la sua giornata no. 

E poi c’è un altro aspetto che va sottolineato: la capacità del campione di guardare al bicchiere mezzo pieno. «Sono soddisfatto della gestione». A 23 anni (a giugno) non è cosa da poco. Questo aspetto sta colpendo, in modo positivo, anche i suoi genitori, qui al seguito del Giro. «Sembra che stia tenendo bene la pressione. Sta correndo il suo primo Giro da capitano. Insomma va bene!».

E oggi dopo il traguardo, il primo a “braccarlo” è stato proprio suo padre, neanche si fossero dati appuntamento. Un gesto di assenso da parte di Antonio, una stretta di mano bellissima. La voce emozionata del papà, da una parte. Il grande self control del figlio, dall’altra. 

Tiberi è terzo sull’arrivo del Brocon. Una prova di solidità. In classifica generale è quinto a 10’29” da Pogacar
Tiberi è terzo sull’arrivo del Brocon. Una prova di solidità. In classifica generale è quinto a 10’29” da Pogacar

Self control

Antonio ha lo sguardo presente. Lo sguardo di chi sa dov’è e cosa vuole. E’ la calma fatta persona. 

Lo abbiamo osservato in questi post tappa. Parla sempre con chiarezza, tono pacato e soprattutto sicuro. E’ disponibile con i tifosi. Oggi, per esempio, l’addetto stampa non riusciva a portarlo via perché si fermava con tutti coloro che gli chiedevano un selfie. E poi ha il volto disteso.

Solo Pogacar, credeteci, sta come o meglio di lui. In gruppo inizia a serpeggiare stanchezza. In questi due atleti sembra non esserci.

Grande disponibilità da parte di Antonio, eccolo ai selfie mentre mangia caramelle gommose, ideali per il ripristino degli zuccheri
Grande disponibilità da parte di Antonio, eccolo ai selfie mentre mangia caramelle gommose, ideali per il ripristino degli zuccheri

Podio possibile

E quando gli diciamo che il profilo del Monte Grappa si avvicina, Tiberi non fa una piega. Il terzo posto stasera dista 2’25”.

«Sei consapevole che quella doppia scalata può ribaltare le sorti del podio?», gli chiediamo. E lui: «Eh sì… il Monte Grappa è l’ultima grande difficoltà di questo Giro. E’ davvero duro e ci si arriverà con tanta fatica nelle gambe di tutti. Ma se la condizione continuerà ad essere questa e io quel giorno mi sentirò bene, sicuramente cercherò di fare del mio meglio per provare a raggiungere il podio… che poi non è troppo lontano».

«Se conosco il Monte Grappa? No… ma per fortuna lo facciamo due volte. La prima lo studio e nella seconda vado a tutta».

Ancora su Pellizzari, a botta calda con Roberto Reverberi

22.05.2024
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MONTE PANA – Non è bastata la notte a mandare via dalla testa le immagini di Giulio Pellizzari che sul Monte Pana sfiora la vittoria al Giro d’Italia. L’attacco, il recupero di Pogacar, lo sprint su Martinez. Il bimbo del Giro, il più giovane al via, che lotta coi grandi sulle grandi montagne: sogno o realta?

E la gioia era anche quella che veleggiava in casa VF Group-Bardiani. Da Roberto Reverberi agli altri ragazzi del team, anche quelli che erano a casa. E persino qualche rivale sorrideva. Pensate che mentre stavamo parlando con il manager e direttore sportivo emiliano, passavano altri diesse e si complimentavano con lui. Pellizzari ha saputo entusiasmare anche loro. Insomma, ci è voluto Pogacar per ripigliarlo!

Con Roberto Reverberi partiamo proprio dalle emozioni.

Anche grazie ai suggerimenti dell’ammiraglia, Pellizzari si è mosso bene con gli avversari. Qui era con Costiou
Anche grazie ai suggerimenti dell’ammiraglia, Pellizzari si è mosso bene con gli avversari. Qui era con Costiou
Roberto, ma che emozione è stata vederlo lottare quassù?

Bellissimo, davvero. Ed è stato bellissimo anche perché Giulio si è mosso bene. Con i tempi giusti.

Il suo attacco quindi era programmato?

Sì, abbiamo cercato di anticipare perché chiaramente con Pogacar c’è poco da fare. L’idea era di fargli prendere il tratto duro, quello finale del Monte Pana, il più adatto a lui, con più margine possibile. Nella fuga a quattro abbiamo cercato di farlo lavorare il giusto. Che fossero un po’ più gli altri a muoversi. Poi sul tratto duro li ha staccati. Sapevamo che poteva farlo. Ma poi è arrivato il fenomeno e… c’è stato poco da fare a quel punto.

Quando hai visto Pogacar che prendeva Pellizzari, un po’ ci hai pensato che gliela lasciasse?

Ci ho sperato a dire la verità, però erano ancora un po’ lontani dal traguardo. Magari se l’avesse preso a 200 metri dall’arrivo o anche ai 300 metri, forse gli avrebbe lasciato la vittoria. Forse. Tadej non aveva bisogno di guadagnare ancora terreno rispetto agli altri uomini di classifica – breve pausa – Sì, ci ho sperato. Però devo dire che è stata bellissima anche la scena.

Giulio Pellizzari (classe 2000) è il più giovane del Giro
Giulio Pellizzari (classe 2000) è il più giovane del Giro
A quale delle tante ti riferisci?

Ho visto dalla tv che si sono abbracciati. Pogacar gli ha regalato gli occhiali e anche la maglia rosa. Insomma, Giulio è un giovane di 20 anni, un corridore di belle speranze. E’ un ragazzo che ha grossi margini di miglioramento e queste tappe, queste prestazioni, non fanno altro che confermarlo e dargli fiducia.

Roberto, il Monte Pana veniva dopo il giorno di recupero, magari i corridori più esperti lo pagano di più dei più giovani, almeno così si dice. Questa è stata un’arma in più per Pellizzari?

Noi con il nostro staff medico (il dottor Maurizio Vicini che è seduto al suo fianco, ndr) cerchiamo di gestire i ragazzi al meglio anche nel giorno di riposo. Ci sono degli accorgimenti particolari per quanto riguarda la dieta, il riposo e l’integrazione affinché il giorno successivo possano avere le batterie cariche sin da subito. E hanno funzionato.

Pellizzari è stato molto brillante all’inizio del Giro, poi c’è stato un momento di flessione, avete mai preso in considerazione l’idea di fermarlo? Magari proprio ieri, secondo giorno di risposo… In fin dei conti è giovanissimo e nessuno si sarebbe scandalizzato.

Giulio ha passato un brutto momento soprattutto nella tappa nelle Marche. Un momento difficile io credo più di testa che di gambe (quello fisico c’è stato qualche giorno prima, ndr), perché era stato caricato di grosse aspettative. Era un po’ deluso, un po’ amareggiato perché pensava di fare chissà cosa e lì c’erano molte attese su di lui. Però poi quella sera abbiamo fatto una bella chiacchierata e piano piano si è ripreso. Gli servivano i giusti tempi di recupero. E questo è il risultato.

Smaltiti i postumi dell’antibiotico, il marchigiano ha ritrovato le forze
Smaltiti i postumi dell’antibiotico, il marchigiano ha ritrovato le forze
Qual è stato l’oggetto di questa chiacchierata?

Una chiacchierata semplice, la stessa che potrei fare con mio figlio che è poco più grande di lui. Ho pensato soprattutto a tranquillizzarlo. Il linguaggio, diciamo così, è quello più o meno.

Domanda opposta a quando ti abbiamo chiesto se avevate pensato al ritiro. Cosa significa invece fare queste prestazioni alla terza settimana? Perché è giusto andare avanti?

E’ un segnale molto importante. Pellizzari si sta, e lo stiamo, ben gestendo. Dopo la tappa dell’altro ieri, il Mottolino, durissima, Giulio ha recuperato bene. E anche quel giorno aveva attaccato da lontano. Il gruppo della fuga si era sfaldato presto, per cui Pellizzari e gli altri erano rimasti scoperti per troppo tempo. Anche per questo non abbiamo ottenuto quello che volevamo. Che poi sarebbe cambiato poco, perché con un Pogacar così c’è poco da fare. Però, una volta che è stato ripreso, Giulio ha continuato piano, piano.

Pellizzari è passato con Roberto Reverberi direttamente dagli juniores nel 2022, a 19 anni (foto VF Group-Bardiani)
Pellizzari è passato con Roberto Reverberi direttamente dagli juniores nel 2022, a 19 anni (foto VF Group-Bardiani)
In effetti ha perso moltissimo, in pratica un minuto a chilometro, giustamente…

Esatto. Si è gestito bene. Come ho già detto: secondo me ha grossi margini di miglioramento, è ancora un ragazzino.

Cosa gli dicevi e cosa vi chiedeva per radio verso il Monte Pana?

Lui non chiedeva niente, siamo stati noi che lo incitavamo tutto il tempo. Gli abbiamo consigliato cosa fare con gli avversari… Poi gli ho detto: “Arriva Pogacar. Arriva, cerca di tenerlo il più possibile”. Se non altro perché gli altri non lo avrebbero più preso… mica perché doveva stare con lui! E poi devo dire che ha fatto anche una bella volata contro Martinez. Insomma, è un bel viatico per un ragazzo così. E stasera (ieri, ndr) siamo tutti contenti.

Monte Pana che fatica, ma Zana è ancora in classifica

21.05.2024
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MONTE PANA – «Per ora sta andando bene. Ma questa settimana sarà decisiva», così Filippo Zana ci aveva parlato ieri, nel giorno di riposo, pensando a tutto quello che sarebbe venuto dopo. E le sue parole sono state quelle di un cecchino. Oggi il corridore della Jayco-AlUla ha fatto fatica verso la vetta gardenese. Arensman e Tiberi lo hanno fatto penare, tanto che gli ha dovuto cedere 44”, un bel gruzzolo in chiave maglia bianca.

Ma si sa, il giorno di riposo tende a mescolare le carte dei valori in campo. E Zana è un diesel. E’ uno di quei corridori che esce alla distanza. E di certo non mollerà l’osso.

Sin qui Zana è stato uno degli italiani migliori, non solo per la classifica che ora lo vede ottavo a 12’43” dalla maglia rosa, ma anche per il suo essere stato attivo e propositivo durante tutta la corsa. Una corsa però che inizialmente doveva prendere pieghe diverse per lui.

Filippo Zana (classe 1999) è al suo quinto Giro d’Italia
Filippo Zana (classe 1999) è al suo quinto Giro d’Italia

Lo zampino di Dunbar

Il veneto infatti era venuto al Giro d’Italia per dare assalto alle tappe. «Dunbar – racconta – ha avuto sfortuna nelle prime tappe, è caduto e si è ritirato. Così mi sono ritrovato davanti io a provare far classifica e sto cercando di fare il meglio che si può». 

Dunbar ci ha messo lo zampino dunque e nella sfortuna c’è stata la “fortuna” (con due virgolette grosse così) che l’irlandese sia caduto subito, già prima della salita di Oropa. Sarebbe stato infatti un bel pasticcio se Filippo avesse mollato anzitempo. «Sapevo che Eddie non stava bene già prima della salita di Oropa e così ho tenuto duro sin da subito».

Ora però Zana in classifica c’è eccome. I suoi piani sono cambiati in corso d’opera, ma forse questi piani sono più nel suo Dna. Filippo infatti ha un bel feeling con le corse a tappe, non bisogna dimenticare che fu terzo ad un Tour de l’Avenir.

«Questa settimana sarà dura. Io voglio solo stare bene. Se è uno stimolo stare lassù? Sicuramente è una spinta per fare bene. Siamo lì e non si può far altro che tenere duro. Cerchiamo di farla andare bene per un’altra settimana».

Nonostante non sia uno specialista, Zana si è difeso molto bene nelle due crono del Giro, specie in quella di Perugia
Nonostante non sia uno specialista, Zana si è difeso molto bene nelle due crono del Giro, specie in quella di Perugia

Maglia bianca possibile?

Zana è terzo nella classifica della maglia bianca. Prima di questa sera è ben più vicino a Tiberi, il leader. Adesso il distacco dice 2’34”. Però è anche vero che Filippo si è tolto le cronometro e che tutto sommato ci sono salite che gli piacciono. Una su tutti è il Monte Grappa.

E lo è sia perché è la scalata di casa, sia perché la Montagna degli Alpini lo ha lanciato verso la conquista della sua prima vittoria da professionista, l’Adriatica-Ionica Race 2022. Lassù Filippo divenne leader della corsa senza più mollare il simbolo del primato.

«E’ già un successo essere nei primi dieci – spiega Zana – visto che in partenza non dovevo far classifica, quindi dobbiamo andare avanti giorno per giorno e non pensare ad un obiettivo specifico, come la maglia bianca. L’importante è essere in condizione di dare il massimo».

«Riguardo alle mie cronometro sono soddisfatto. Non sono affatto andato male, anche se sono consapevole che c’è ancora molto da migliorare».

Il veneto sulle rampe del Mottolino. Dopo il Monte Pana è 8° nella generale
Il veneto sulle rampe del Mottolino. Dopo il Monte Pana è 8° nella generale

Imperativo non mollare

Infine una battuta su Tadej Pogacar. L’altro giorno verso il Mottolino, ancora più di oggi, gli uomini di classifica tra cui Filippo sono sembrati quasi “disinteressati” al suo attacco. E ci sta. Erano molto più attenti alla marcatura tra di loro.

«Non è che non ci interessa – chiarisce Zana – ma se va il doppio degli altri non puoi andargli dietro. E’ superiore. E’ inutile andare fuorigiri per poi prendere 10′. Tutti noi lo badiamo, ecco… solo che quando tu sei a tutta e lui scatta cosa puoi farci?».

«Ci aspettano altre tre tappe molto impegnative – conclude Filippo – Bisogna farsi trovare pronti. La condizioni sta migliorando sempre di più, almeno queste sono le sensazioni. Speriamo sia cosi fino alla fine».

Insomma, il freddo, la tappa corta ed esplosiva visto il finale che presentava un muro da classiche, e il giorno di riposo: si spera siano state solo le cause di un passaggio negativo. Anche perché il Grappa e la sua gente lo aspettano.

Al tavolo Jayco-AlUla: nasce la strategia nutrizionale

21.05.2024
5 min
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LIVIGNO – Quando scriviamo che oggi nulla è lasciato al caso non ci si rende conto fino in fondo quanto si vada nel dettaglio. E questo accade soprattutto quando si parla di nutrizione. Ieri pomeriggio abbiamo assistito alla riunione, o meglio alla pre-riunione, dei rifornimenti del team Jayco-AlUla per la tappa di oggi. E più precisamente per quella che è la strategia nutrizionale.

Pre-riunione perché in realtà proprio ieri c’era enorme fermento per questa frazione, in quanto la stessa era (e forse è ancora) oggetto di modifiche se non addirittura di annullamento, visto il temuto passaggio sull’Umbrail Pass. Quindi la riunione definitiva era rimandata alle decisioni prese dagli organizzatori della corsa rosa..

Tuttavia Laura Martinelli, la nutrizionista del team, il direttore sportivo Pieter Weening e il massaggiatore Alberto Alessandri, stavano comunque tirando giù una traccia del programma della strategia nutrizionale verso Santa Cristina di Val Gardena.

La schermata della strategia (qui la tappa di Lucca). In alto la tappa con i punti di ristoro, sotto quel che devono prendere. A destra, nome e auto di chi dovra coprire quei punti
La schermata della strategia (qui la tappa di Lucca). In alto la tappa con i punti di ristoro, sotto quel che devono prendere. A destra, nome e auto di chi dovra coprire quei punti
La prima domanda, dottoressa Martinelli, è: perché per stilare la strategia alimentare partecipano anche il diesse e il massaggiatore?

Perché è il direttore sportivo a stabilire i punti di rifornimento. E da questi, cioè da come sono dislocati, dipende poi la strategia alimentare. In più c’è il massaggiatore perché è lui l’esecutore, colui che mette in pratica questo piano. Quindi deve preparare il tutto. Noi qui siamo solo tre, altrimenti sarebbe un caos, ma ognuno di noi tre poi ha i suoi referenti. La schermata che avete visto viene stampata su un foglio distribuito a tutti gli interessati.

E, direttore Weening, come li sceglie i punti?

Solitamente ne imbastisco uno ogni 25-30 chilometri e li scelgo soprattutto per questioni logistiche, cioè su come e quanto siano facili da raggiungere per i vari massaggiatori. In seconda battuta, valuto se da quella posizione poi si possono fare altri tagli e si possono andare a fare altri rifornimenti. Solitamente sono cinque i punti che fisso, raramente di più. Anche perché poi non avrebbe troppo senso. I ragazzi stessi sarebbero meno concentrati sul prendere il rifornimento. E’ come se fosse un “buffet continuo”. Invece così è tutto più preciso. Poi qualcuno viene in ammiraglia a chiedere qualcosa, e va bene… Ma di base cerchiamo di attenerci a questo piano.

E da questi punti, Laura, scegli cosa devono ingerire?

Sì, stabilisco cosa mangiare anche in base alla tattica, ma soprattutto in base alla tipologia della tappa e alla temperatura. In particolare presto attenzione ai carboidrati. Quest’anno, sia perché le tappe del Giro d’Italia sono più corte e sia perché abbiamo integratori diversi che ci consentono di assumere più carboidrati l’ora, non utilizziamo più il sacchetto.

Luke Plapp manda giù una borraccia di carbo (si nota il numerino della quantità di carbo scritto in bianco sul tappo)
Luke Plapp manda giù una borraccia di carbo (si nota il numerino della quantità di carbo scritto in bianco sul tappo)
Avete parlato di tattiche, che relazioni ci sono tra queste e i rifornimenti in corsa?

Che se un corridore deve andare in fuga, deve partire con il pieno. Nella nostra scheda ci sono anche indicazioni alimentari che riguardano il pre-tappa, che per loro diventano ancora più importanti. O al contrario il velocista che deve arrivare con le scorte di glicogeno piene nel finale.

La scheda che gli date serve anche a loro per mettere le cose giuste in tasca al via?

Sì, e serve anche per capire se il massaggiatore gli deve passare la borraccia più il gel o solo la borraccia. Poi ci possono anche essere dei cambiamenti in corsa, ma cerchiamo di limitarli al massimo, ai soli imprevisti.

Cioè?

Cioè se un corridore si ritrova in fuga e magari non doveva. Ma noi preferiamo che il corridore non cambi idea durante la tappa. Del tipo, in partenza era stabilito che mangiasse una barretta al chilometro X e un gel al chilometro Y e poi cambia i piani. Siamo tante persone a lavorare e serve un piano chiaro. Univoco. E poi avere un piano chiaro evita al massaggiatore che sta sul posto di ritrovarsi con la frenesia di dover sostituire all’ultimo quella borraccia o quel gel. Spesso i tempi sono veramente stretti tra un punto e l’altro e il passaggio della corsa.

Il massaggiatore Alberto Alessandri ci mostra la scorta degli integratori nel camion. Da qui inizia il suo lavoro
Il massaggiatore Alberto Alessandri ci mostra la scorta degli integratori nel camion. Da qui inizia il suo lavoro
Si parla sempre più di carboidrati/l’ora: resta questo il fondamento della strategia e dell’integrazione?

Sì, ormai sappiamo con una certa precisione quanto consumeranno i ragazzi. E in base a questo stabiliamo le varie assunzioni con borracce, gel e barrette. Alcune borracce più o meno cariche di carbo, variano in base alla tattica e al ruolo di ognuno.

Qual è la variabile che più incide, oltre al percorso chiaramente, sulle quantità di carboidrati da prendere?

La temperatura. Faccio un esempio, sin qui è stato un Giro d’Italia fresco, ma come ci sono state un paio di tappe più calde abbiamo notato come sia aumentato notevolmente il consumo di acqua, che invece è libero. In tal senso i ragazzi non hanno un piano specifico. Anche perché la regola qui in casa Jayco-AlUla è quella di consumare una borraccia l’ora. Anche se è una borraccia che contiene carboidrati ha comunque dei liquidi. Se ne vogliono di più di acqua, no problem. Semmai con la temperatura varia la composizione della borraccia stessa. 

Cioè?

Se questa è più nutriente, vale a dire ha più carbo, è meno idratante. E viceversa. Se fa freddo il fatto che s’idratino un po’ meno non è assolutamente un problema. Mentre se fa caldo e le borracce contengono meno carboidrati è anche vero che ne consumano più di una l’ora, pertanto vanno a compensare la quantità di carboidrati necessaria.

Tiberi: dopo le fatiche del Mottolino, cena con pizza e dolce

20.05.2024
6 min
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LIVIGNO – Il Giro d’Italia si lancia verso l’ultima settimana dopo le fatiche del Mottolino, dalle quali Tiberi si è ripreso con una “cena premio”. I corridori si devono preparare alle ultime fatiche della corsa rosa, ma per farlo devono prima fare il carico di energie. Questo dettaglio, in particolare, passa dall’alimentazione che diventa sempre più specifica e curata. Tre settimane di corsa sono tante, insieme al capo dei nutrizionisti del team Bahrain Victorious Nicola Moschetti parliamo di come cambia tra il primo e l’ultimo giorno. 

«Partiamo dai giorni prima del Giro – dice Moschettiquelli di transizione nei quali è un po’ più difficile gestire tutto dal punto di vista nutrizionale. Partendo dai carboidrati possiamo dire che il livello di assunzione è medio-basso, al fine di non aumentare troppo di peso visto che gli allenamenti sono meno intensi».

Tiberi e compagni al Giro hanno al seguito il van cucina (foto Charly Lopez)
Tiberi e compagni al Giro hanno al seguito il van cucina (foto Charly Lopez)

Inizia il carico

Il giorno della vigilia del debutto rosa a Torino i corridori hanno iniziato a immagazzinare energie in vista degli sforzi della corsa rosa. 

«Nello specifico si assumono più carboidrati – continua – lo si fa in base alla tipologia di tappa e allo sforzo previsto. Nella tappa di Torino il percorso non era troppo esigente, ma il giorno dopo c’era già il primo arrivo in salita, quello di Oropa. Per questo fin dalla vigilia del Giro i ragazzi hanno assunto il quantitativo di carboidrati indicato per essere pronti allo sforzo della seconda tappa».

Dopo tanti giorni la necessità di integrare la giusta quantità di carboidrati va accompagnata al gusto
Dopo tanti giorni la necessità di integrare la giusta quantità di carboidrati va accompagnata al gusto
Il carico di carboidrati è uguale per tutti?

No. L’apporto di carboidrati durante la gara varia in base alla tipologia di tappa e alla strategia. Ci sono le frazioni per i velocisti dove è più elevato, si raggiungono i 120 grammi ora. Nella tappa di ieri, ad esempio, che era per scalatori come Tiberi e Caruso, i velocisti hanno assunto meno carboidrati, diciamo 100 grammi l’ora. Gli scalatori, invece, che erano chiamati a un grande sforzo sono arrivati a 120-130 grammi l’ora. 

La strategia è differenziata tra atleta e atleta? 

Esatto, ogni corridore è seguito da me giornalmente. Mi baso sul suo dispendio energetico e calorico, sulla potenza che ha durante la gara e da lì si cerca di massimizzare il recupero dopo la tappa. Poi dalla cena e con la successiva colazione si fa già il carico in base al giorno successivo. Noi programmiamo e studiamo tutto, ma poi la corsa è corsa e va in modi diversi a volte. Succedono tante cose che poi vengono aggiustate a fine giornata e da lì si cerca di massimizzare il rendimento e la performance degli atleti. 

Ad esempio?

Ieri è stata una delle tappe più dure dal punto di vista nutrizionale (222 chilometri per 5.300 metri di dislivello) perché gli atleti hanno consumato dalle 7.000 alle 10.000 calorie. Quindi il carico di carboidrati non è stato possibile farlo solamente il giorno prima perché la quantità sarebbe stata troppo elevata da gestire e da digerire. Non ci sarebbe stato il tempo di assumere la quantità necessaria.

Il pasto del giorno di riposo è calibrato anche per immagazzinare la giusta quantità di energie in vista dell’ultima settimana
Il pasto del giorno di riposo è calibrato anche per immagazzinare la giusta quantità di energie in vista dell’ultima settimana
Si parla di numeri così elevati?

Stiamo tra i 260-280 grammi di carboidrati a cena e a colazione. In più la colazione l’hanno dovuta fare molto presto perché la tappa iniziava alle 10,25 quindi c’è stato anche un problema di tempistiche e di conseguenza abbiamo iniziato a caricare già dalla crono. 

Per arrivare a quei quantitativi di carboidrati che alimentazione proponi? 

Si cerca di far assumere alimenti che siano uno facilmente digeribili, assorbibili ma anche palatabili. I corridori devono essere invogliati a mangiare perché il problema soprattutto nella terza settimana è che l’appetito si riduce. A volte fanno difficoltà a raggiungere quella quota di carboidrati perché sono abbastanza stanchi e di conseguenza anche l’appetito si riduce. Per stimolarli si propone pasta con condimenti anche di buon gusto: aglio e olio, pesto, pomodorini e prosciutto. 

Questo ragionamento riguarda tutti gli alimenti?

Sì, anche i dolci ad esempio. Si cerca di fare dolci ricchi di carboidrati come la crostata, la crema catalana, lo strudel, la torta di mele. Tutte cose che aiutino ad aumentare l’apporto di carboidrati in modo da raggiungere la quota di 260-280 grammi. 

In corsa bisogna trovare il giusto equilibrio tra carboidrati solidi e liquidi
In corsa bisogna trovare il giusto equilibrio tra carboidrati solidi e liquidi
Dopo due settimane di corsa si fa un compromesso tra appetito e necessità.

Esatto, potremmo anche dargli le patate ma sono un alimento sostanzioso e con un apporto di carboidrati ridotto. Anche il pane si limita un po’ ad esempio 100 grammi di pane porta circa 50 grammi di carboidrati…

A colazione invece?

Si usa tanto riso, che occupa poco volume e fornisce carboidrati anche facilmente assorbibili. Piacciono tanto le crepes con la marmellata, sono una “botta” di carboidrati e zuccheri importanti. Si sta sull’ordine di 3-4 crepes con tanta marmellata, miele, sciroppo d’agave, in modo tale che siano stimolati a mangiare. 

Quanto si riduce l’appetito dei corridori durante il Giro?

C’è un discorso metabolico, di fatica, di stress e quindi si riduce tutto. Dopo l’arrivo di ieri molti facevano proprio fatica a mangiare perché erano veramente al limite. Anche perché alle spalle arrivano da due settimane dure.

In tavola il pane e i condimenti non possono mai mancare (foto Charly Lopez)
In tavola il pane e i condimenti non possono mai mancare (foto Charly Lopez)
Tiberi ieri che ha perso un minuto dai diretti rivali ha sofferto tanto. 

Tiberi, come tutti gli uomini di classifica, è stato chiamato a fare due tappe davvero impegnative. In quel caso entrano in gioco gli integratori che i nostri sponsor ci forniscono. 

Nel corso del Giro cambia qualcosa tra assunzione di carboidrati liquidi e solidi?

Bisogna trovare il giusto equilibrio che però è soggettivo. Esagera con i liquidi può portare a problemi gastrointestinali. Ieri però nella prima parte era difficile mangiare, per assumere qualcosa di solido hanno dovuto aspettare la parte di vallata dopo il Mortirolo. La strategia alimentare era studiata per fargli raggiungere l’apporto adeguato e avere anche i tempi digestivi corretti.

A livello di assimilazione ci sono dei cambiamenti nelle tre settimane?

Noi alleniamo gli atleti a casa ad assorbire un’elevata quantità di carboidrati, questo ci aiuta poi durante le tre settimane. Durante le prime due settimane comunque l’assunzione è massima, il rischio è che nell’ultima la capacità di assimilare energie si riduca. Tiberi, come gli altri, negli allenamenti a casa si educano a mangiare 120-130 grammi di carboidrati l’ora due volte a settimana. 

In corsa i corridori devono consumare una borraccia ogni ora per una giusta idratazione
In corsa i corridori devono consumare una borraccia ogni ora per una giusta idratazione
Per quanto riguarda gli altri macronutrienti?

I grassi e le proteine vengono calcolati tappa per tappa ma non hanno variazioni nel corso delle tre settimane. Si parla di avocado, frutta secca o olio. Se c’è una tappa più impegnativa si incoraggia l’atleta a mangiare più grassi. L’obiettivo non è andare a perdere peso quindi l’integrazione viene fatta in questo senso. 

Per l’idratazione invece?

In corsa si beve sempre un mezzo litro d’acqua ogni ora (una borraccia, ndr). Noi monitoriamo il peso dell’atleta e se questo scende del 5 per cento siamo davanti ad un caso di disidratazione. In questo caso interveniamo per reintegrare quanto perso.

Alfonsina Strada, cent’anni dopo pedalando contro il pregiudizio

20.05.2024
6 min
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Ci sono tanti modi per vincere. E non tutti richiedono che si transiti per primi sotto il traguardo. Alfonsina Strada lo ha fatto, più volte. Ma non è famosa per quello. La sua vittoria è molto più profonda, radicata. Lei può essere davvero considerata un’antesignana dell’emancipazione femminile, un personaggio a suo modo modernissimo, in un’epoca ormai lontana un secolo. Perché a colpi di pedale ha preso a spallate lo status quo, i pregiudizi legati all’universo femminile. Se oggi le ragazze gareggiano in giro per il mondo, vivono di ciclismo con contratti importanti, lo devono anche a lei. E le celebrazioni per il centenario della sua presenza al Giro, stabilite in quest’edizione, sono un tributo sacrosanto.

Carattere forte, quello di Alfonsina. Seconda di 10 figli, impara presto che la vita bisogna guadagnarsela ogni giorno, masticando il duro sapore della povertà. A 10 anni, quasi inaspettatamente un giorno suo padre rientra a casa con una bici. A maschi di famiglia vorrebbero impossessarsene, ma Alfonsina sa come farsi rispettare e alla fine ci sta sempre lei, sopra. E’ come se quel mezzo diventasse la sua voce, esprimesse la sua voglia d’indipendenza.

Un murales recente a ricordo dell’impresa della Strada. Il Giro celebra il centenario della sua presenza
Un murales recente a ricordo dell’impresa della Strada. Il Giro celebra il centenario della sua presenza

Che smacco per gli uomini…

Inizia a gareggiare, corre contro i maschi e spesso li batte. Sono gare dove c’è sopra un bel giro di scommesse, Alfonsina porta a casa soldi e questi insabbiano ogni renitenza, ogni retaggio culturale in famiglia. Non fuori però: quella ragazzina che non sa stare al suo posto non piace, se poi si permette anche di battere i maschi… Non è una situazione che può durare a lungo, anche perché le dicerie pesano sull’equilibrio famigliare, così arriva il tempo che Alfonsina prende la sua strada.

Nel 1907, a 16 anni, vince il titolo di miglior ciclista italiana (poca cosa in verità, non è che fossero poi così tante…), va anche a correre all’estero, addirittura a San Pietroburgo viene premiata dallo Zar Giorgio II in persona. Nel 1911 stabilisce il record mondiale di velocità. Si trasferisce a Milano dove incontra Luigi Strada. A differenza di tanti altri, lui non disapprova la sua passione per le biciclette, anzi. Il giorno delle nozze, le regala una bici. Alfonsina cambia cognome, da Morini diventa Strada, quasi un destino in quelle sei lettere.

L’iconica immagine della giovanissima emiliana in sella alla sua bici
L’iconica immagine della giovanissima emiliana in sella alla sua bici

L’iscrizione al Lombardia

La svolta arriva nel 1917: Alfonsina decide di iscriversi al Giro di Lombardia. C’è grande trambusto nella sede del comitato organizzatore. La sua richiesta arriva come un fulmine a ciel sereno. Non la vorrebbero, ma nel regolamento non c’è alcun articolo, alcuna postilla che dica che sono solo gli uomini a poter partecipare. Alla fine sono costretti loro malgrado a farla partecipare. Tanti le fanno il tifo contro, la chiamano il “diavolo in gonnella”, ma lei è superiore a tutto. Non vince, sarebbe stato troppo, ma visto che più della metà dei corridori si ritira per il clima impervio e il percorso e lei non è fra questi, è come se avesse dato uno schiaffo a tutti i pregiudizi e a chi li esprime. Ci tornerà l’anno successivo, finendo 21° assoluto (prima donna, naturalmente…)

I soldi che guadagna in bici non bastano, anche perché nel frattempo il marito si è ammalato. Lavora come sarta, ma sente che è un ripiego. Che non rispecchia quel che vuol fare. Nel 1924 decide di riprovarci, ma alza le sue ambizioni: ora vuole partecipare al Giro d’Italia. Questa volta gli organizzatori la accolgono di buon occhio. Calma, non è che sia cambiata la cultura del tempo, anzi… Solo che le difficoltà economiche e dissidi nell’ambiente hanno tenuto lontani molti team e agli organizzatori fa comodo il richiamo di una donna al via contro i maschi. E’ pur sempre una bella pubblicità.

La Strada ha stabilito il record dell’ora femminile nel 1938 con 35,38 chilometri (foto Umbekannter Kustler)
La Strada ha stabilito il record dell’ora femminile nel 1938 con 35,38 chilometri (foto Umbekannter Kustler)

Un manico di scopa

Con il numero 72, Alfonsina Strada si presenta al via: saranno 12 giorni di gara, 3.613 chilometri da percorrere in 12 tappe. A ogni frazione la gente si divide fra chi la osanna e chi la critica. Gli organizzatori cavalcano l’onda della popolarità, a ogni arrivo senza guardare la classifica lei viene acclamata e premiata anche più del vincitore assoluto.

L’ottavo giorno, tappa da L’Aquila a Perugia, si pedala sotto la pioggia battente e la corsa diventa una lunga prova a eliminazione. Una pozza d’acqua le fa compiere un sobbalzo e il manubrio si spacca. Chiunque si sarebbe ritirato, non lei. Prende un manico di scopa e lo adatta con un po’ di nastro, fatto sta che raggiunge il traguardo. Ma fuori tempo massimo. Dovrebbe chiuderla lì, ma per gli organizzatori sarebbe un dramma: poi la corsa chi la segue più? Si raggiunge così un compromesso: continuerà a correre senza che le venga preso il tempo. A patto che arrivi al traguardo finale di Milano.

Una carriera lunga quella di Alfonsina Morini in Strada, nata a Castelfranco Emilia nel 1891
Una carriera lunga quella di Alfonsina Morini in Strada, nata a Castelfranco Emilia nel 1891

L’apertura del negozio

Alfonsina lo fa, è fra i 30 che completano il Giro a fronte dei 60 che non ce l’hanno fatta. Poco importa il responso cronometrico finale, lei c’è. Diventa un’icona per l’universo femminile, forse anche troppo. Sono anni difficili per il Paese che sta cambiando pelle e sui retaggi culturali si fa leva per il cambiamento che nulla cambia… La Strada però ha ormai una popolarità che ha valicato i confini nazionali: la chiamano a correre all’estero e lei lo fa, torna anche a vincere contro gli uomini, porta a casa un bel po’ di quattrini.

Dopo la Guerra, morto il primo marito, Alfonsina si risposa con un ex ciclista, Carlo Messori, con il quale nel 1950 finalmente può avverare il suo sogno: aprire una bottega di bici a Milano. Quel negozio rimane aperto per 7 anni, durante ii quali è un riferimento nazionale, anche perché resta un unicum nell’universo nazionale. Pensateci bene: anche oggi quante sono le donne meccanico di bici? Quante fra le stesse cicliste sanno mettere mano a una bici? Per Alfonsina la bicicletta non aveva segreti e tanti si rivolgevano a lei per riparazioni e consigli.

La Strada all’uscita dalla sua bottega, riferimento per anni per i ciclisti milanesi (foto Umbekannter Kustler)
La Strada all’uscita dalla sua bottega, riferimento per anni per i ciclisti milanesi (foto Umbekannter Kustler)

Morire come ha vissuto

Alfonsina muore nel 1959, a 68 anni, con una fine in fin dei conti degna di come aveva vissuto. Era andata ad assistere alla Tre Valli Varesine, provando a mettere in moto la sua Moto Guzzi 500 cc ha un infarto che le è fatale. Anche la sua morte contribuisce alla sua storia, alla sua immagine di emblema del riscatto femminile, della parità dei sessi. Una battaglia vissuta in anni remoti, da sola, contro un muro. Sgretolato a colpi di pedale.