La legge di Widar è una prova di forza. Tappa e maglia a Champoluc

20.07.2024
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CHAMPOLUC – Lo vede è lì. E’ da 45 chilometri che lo insegue a testa bassa, spingendo come un ossesso. Due chilometri all’arrivo. Lo acciuffa. Meno di un chilometro all’arrivo: gli scatta in faccia e se ne va. Una grinta pazzesca, una forza delle natura. Jarno Widar è stato spietato oggi con Vicente Rojas. Per il belga della Lotto-Dstny Devo il più classico dei “tappa e maglia” al Giro della Valle d’Aosta.

Una tappa lunghissima. Difficile, che in tanti pensavano potesse mettere in crisi il re del Giro Next, rimasto con un solo uomo. E la stessa cosa Ludovico Crescioli, maglia gialla al via da Saint Vincent, visto che i suoi compagni non erano degli scalatori. Invece Jarno non ha fatto una piega. E già scattano i paragoni con Pogacar, per la fame, per la forza.

Partenza complicata. Alla fine ne esce una fuga a sette della quale fanno parte tra gli altri anche Vicente Rojas e Matteo Scalco della VF Group-Bardiani e anche Filippo Agostinacchio. Scalco fa un lavoro eccezionale per il compagno cileno. Il quale da parte sua si porta a casa quasi tutti i Gpm e a fine giornata si consola della beffa della vittoria con la maglia a pois.

VF Group all’attacco

Sullo Tsecore si decide, forse, l’intero Valle d’Aosta. Widar per un attimo smette di tirare, iniziano gli scatti e lui risponde con veemenza. Solo l’ex maglia gialla, Dostiev, lo tiene. Davanti anche Rojas resta solo. Inizia un lungo duello a distanza. Il cileno davanti, il belga dietro, con a ruota il kazako.

Nel vallone finale, in leggerissima ascesa, il vantaggio di Rojas è quasi di un minuto. Sembra fatta anche perché il vento è a favore. Invece…

«Invece nel finale ero un po’ stanco – ci racconta Rojas dietro al palco in attesa di vestire la maglia dei Gpm – e sono saltato sia di gambe che un po’ anche di testa. A mentre fredda posso dire sia andata così. Forse anziché insistere potevo farmi riprendere e giocarmi il finale in volata».

Rojas però è sereno. Sa di aver dato tutto e non ha poi tutti questi rimpianti. Domani ha ancora una chance.

«Verso Cervinia ci sarà ancora una tappa dura. Io poi vado sempre meglio con il passare dei giorni. Il ciclismo inoltre è sport di squadra e la mia è forte. A proposito, ringrazio i ragazzi che mi hanno dato una mano oggi. Domani ci riproverò».

E la squadra potrebbe essere l’unica crepa per far vacillare Widar. Lui infatti di compagni ne ha uno solo. Nel tratto pianeggiante iniziale potrebbe far fatica a difendersi. Però è anche vero che ha mostrato una forza incredibile e su Rojas vanta oltre 2′ di vantaggio.

Nel finale azione clamorosa di Widar che va a prendersi tappa e maglia
Nel finale azione clamorosa di Widar che va a prendersi tappa e maglia

Jarno o Tadej?

Widar invece davvero in certi momenti ricorda Tadej Pogacar. Stamattina al via, Jarno era il ritratto della tranquillità. Ad un tratto gironzolava per Saint Vincent e con tutta calma ci ha chiesto dove fosse il foglio firma. Poi eccolo spianato sulla sua Orbea. Mani fisse sulle leve e giù a stantuffare.

Ha demolito ad uno ad uno tutti gli avversari. Non si è innervosito quando nel falsopiano, adatto ai passistoni, il kazako non gli dava i cambi e all’ultimo chilometro ha dato un colpo da finisseur. E pesa appena 52 chili (per 167 centimetri di altezza).

Mentre divora gli ormai noti orsetti gommosi, Widar racconta: «E’ stata una tappa difficile, ma io ero tranquillo. Mi sono sempre sentito molto bene. Nel finale ho chiesto a Ilkhan Dostiyev di aiutarmi negli ultimi chilometri. Ha detto che non poteva farlo, che non ce la faceva e così ho fatto tutto io. Ma avevo paura. Non lo conoscevo molto bene, ma come abbiamo visto nella prima frazione è veloce».

Animale da gara

Come Pogacar, Widar dopo la tappa era quello più fresco. Segno che sta molto bene. Il suo finale famelico non è stato cosa da poco. Chiunque si sarebbe accontentato della maglia gialla. E avrebbe contestualmente risparmiato qualche energia in vista di domani.

«Negli ultimi chilometri – continua il suo racconto Widar – ci ho creduto. Però sono diventato strabico per un chilometro, guardavo avanti e dietro. Mi sono detto supero una rotatoria e vado. Ho aspettato il triangolo rosso dell’ultimo chilometro, appena l’ho visto mi sono detto: “Vediamo cosa succede” e sono andato».

«Il momento più difficile di oggi? Forse l’inizio della tappa. C’è stata una grande lotta per andare in fuga e io ero nelle retrovie. Avevo bisogno di andare davanti. Aspettavo le salite quindi. Sapevo che gli ultimi 50 chilometri erano una follia! E io queste salite non le conoscevo e neanche questa zona dell’Italia».

Domani verso Cervinia è attesa pioggia e lui da buon belga dovrebbe aver un certo feeling con il meteo avverso. «Va bene! Ovviamente a nessuno piacciono la pioggia e il freddo, ma la pioggia all’inizio è un’ottima cosa per me. Sì, penso che sia perfetto».

Crescioli tenace

Ma un plauso lo merita anche Ludovico Crescioli. Il suo sogno giallo è durato 24 ore. Certe pendenze sono troppo per lui. O più semplicemente è stato troppo questo Widar.

«Oggi – ha detto l’atleta della Technipes #InEmiliaRomagna – è stato un tappone molto duro. Mi sono staccato sullo Tsecore e ho cercato di gestirmi al meglio. Già avevo perso contatto nella salita precedente. Ero rientrato, ma poi non c’è stato nulla da fare. A quel punto mi sono ritrovato con Torres e ci siamo dati i cambi fino all’arrivo. E tutto sommato è un buon quarto posto alla fine. 

«All’inizio, visto il caos che c’è stato nei primi chilometri con mille tentativi di fuga ho provato anche io ad entrarci però non è andata. Da parte mia sono contento. Ho dato il massimo e ora sono terzo nella generale. Domani c’è un podio da difendere. Se si pensa all’Avenir? Sì, ma prima voglio finire al meglio questo Giro della Valle d’Aosta»

Valle d’Aosta: risorge Golliker ma fa notizia Crescioli in giallo

19.07.2024
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PRE SAINT DIDIER – Un finale di quelli belli, di quelli che ti fanno saltare sulla sedia fino alla fine. La terza tappa del Giro della Valle d’Aosta ha regalato una pagina di grande ciclismo giovanile. Vittoria per Joshua Golliker, maglia gialla per Ludovico Crescioli e altri due protagonisti: Jarno Widar e Guillermo Martinez.

Nel finale è andato in scena il gioco delle coppie. Golliker e Martinez per la tappa, Crescioli e Vidar per la generale. Dopo due tappe interlocutorie il Valle d’Aosta è entrato così nel vivo con la Sarre – Pré Saint Didier e le sue salite vere.

Golliker, staccato da Martinez in salita, ha recuperato e contrattaccato in discesa
Golliker, staccato da Martinez in salita, ha recuperato e contrattaccato in discesa

Golliker, forza e lacrime

Dopo l’ennesima batosta stagionale (ieri aveva incassato 8′) sembrava proprio che la ruota non girasse per l’inglese della Groupama-Fdj. Lui vinse qui un anno fa. Conquistò la prima e l’ultima tappa. Poi tanti alti e bassi, più bassi che alti. Tanto che Joshua stesso si era messo in discussione.

Staccato sul San Carlo dallo scalatore della Q36.5, Martinez, Joshua è rientrato in discesa. E ci è riuscito un po’ perché è bravo lui, parecchio perché il colombiano ha qualche difficoltà e un po’ perché con la squadra era venuto qui in ritiro e con l’occasione avevano provato le tappe del Giro del Valle d’Aosta.

«Ero a arrivato a dubitare della mia condizione – ha detto Golliker commosso nelle interviste post arrivo – è stata una tappa molto dura e nel finale Martinez mi era molto vicino, ma sono riuscito a mantenere il vantaggio fino al traguardo». Golliker aveva fatto il diavolo a quattro nelle fasi iniziali e la fuga buona era stata propiziata soprattutto da lui.

Anche oggi gran caldo, specie nella prima metà della tappa
Anche oggi gran caldo, specie nella prima metà della tappa

Occhio a Widar

In tanti qui al Valle d’Aosta ci chiedevamo cosa davvero volesse fare Jarno Widar. Il belga non era stato chiaro circa i suoi piani: vittoria di tappa o classifica generale? Lui aveva detto di optare per le tappe, ma dopo oggi qualche dubbio sorge.

«Sulla prima salita – ha detto un quasi stralunato Widar – abbiamo provato ad attaccare con un ragazzo della VF Group – Bardiani e provato a ridurre il distacco fino all’ultima salita. Non sai mai cosa può succedere in una scalata così alta, così lunga e anche così dura, specie nel finale. Io e Crescioli abbiamo provato ad attaccare ancora. Abbiamo recuperato e anche se non ho preso la maglia gialla sono soddisfatto.

«Domani il tappone? Vediamo come va e quel che succederà».

Il problema per il re del Giro Next Gen è che è praticamente da solo. Gli è rimasto un solo compagno, Eeman, che tra l’altro non sembra in grande forma.

Però lui è stato un samurai, lottando come un leone. Forse in qualche occasione si è esposto troppo, ma se voleva restare attaccato a questo Valle d’Aosta o faceva così… o faceva così.

Crescioli in giallo. Ora Ludovico vanta 6″ su Widar e 1’23” su Verstrynge, entrambi belgi
Crescioli in giallo. Ora Ludovico vanta 6″ su Widar e 1’23” su Verstrynge, entrambi belgi

Italia in giallo

E ci teniamo il piatto forte per il finale. Ludovico Crescioli è in maglia gialla. Ed esserlo a questo punto del Giro della Valle d’Aosta non è cosa da poco. Restano due tappe, tappe molto dure e una, quella di domani, anche lunga (163 chilometri), ma oggi c’erano tante e durissime salite, pertanto è lecito attendersi una stabilizzazione dei valori in campo.

Il ragazzo della Technipes #InEmiliaRomagna dopo una buona primavera è un po’ mancato al Giro Next Gen. A quel punto si è riposato ed è rientrato al Sibiu Tour, perfetto per tornare su. Lì non mancavano neanche le WorldTour. Risultato ne è uscito con una grande gamba.

E si è visto sin dalla tappa iniziale di questo Valle d’Aosta, in quel di Passy, quando è arrivato terzo.

«E’ stata una tappa con molta salita – ci ha detto Crescioli mentre mangiava il pasto di recupero post tappa – Widar ha preso l’ultima il San Carlo di petto e ha fatto la selezione. Io vedevo che il gruppo si assottigliava e io ne facevo parte. In cima il belga ha dato ancora una sgasata e l’ho tenuto. Nel finale gli ho dato qualche cambio. Lui ha provato a staccarmi ancora, ma l’ho tenuto benone».

«Ora che ho la maglia cosa farò? Faremo il massimo e lo faremo fino in fondo. Non sarà facile ma ci si proverà. Devo dire che anche i compagni sono stati bravi, mi hanno aiutato nei tratti in pianura e li ringrazio».

I ragazzi di Chicchi al via della prima tappa al Valle d’Aosta. Ora lotteranno per difendere la maglia gialla
I ragazzi di Chicchi al via della prima tappa al Valle d’Aosta. Ora lotteranno per difendere la maglia gialla

I piani di Chicchi

Da stasera cambieranno diverse cose nel clan Technipes – #inEmiliaRomagna guidato da Francesco Chicchi.

«Questa maglia è un bel premio – ha detto il diesse toscano – noi ci proviamo, ma il livello è altissimo e non è detto che ci si riesca. Sapevamo che Ludovico stava bene. Attaccare? Ora tocca a lui, al belga, attaccare. Sono 6” di vantaggio ma se avremo le gambe ci proveremo senza dubbio. Occhio però, perché questo Wider è un fenomeno, non scordiamo che è al primo anno.

«Restano due tappe, molto dure e domenica verso Cervinia danno brutto tempo. Questa maglia ci dà più energie e diventa la priorità. E anche se gli altri ragazzi non sono scalatori come Crescioli, ora con questa maglia daranno ancora di più. Dispiace solo che Filippo Omati ci abbia lasciato per una caduta».

Valle d’Aosta in vista: 5 tappe monster e un parterre stellare

06.07.2024
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Sessanta edizioni, 28 squadre, 13 Nazioni, 4 Continenti, 559 chilometri e 13.000 metri di dislivello: sono i numeri impressionanti del prossimo Giro Ciclistico Internazionale della Valle d’Aosta – Mont Blanc. La più importante gara a tappe internazionale italiana dopo il Giro Next Gen torna a ruggire.

Da qui sono passati fior fior di campioni e da qui tanti altri ne vedremo, a cominciare dal prossimo 17 luglio. In Valle d’Aosta (e non solo) assisteremo a corse combattute dalla creme delle creme del dilettantismo mondiale. Anche se forse parlare di dilettantismo al giorno d’oggi non è neanche più troppo corretto.

Tra i nomi più in voga quello di Golliker, che lo scorso anno vinse la seconda frazione. Si parte dalla sua Francia
Tra i nomi più in voga quello di Golliker, che lo scorso anno vinse la seconda frazione. Si parte dalla sua Francia

Due “sconfinamenti”

Con patron Riccardo Moret, entriamo dunque nel cuore del Giro Ciclistico Internazionale della Valle d’Aosta – Mont Blanc. S’inizia il 17 luglio, come detto, e si termina il 21. Ad organizzare il tutto è la storica Società Ciclistica Valdostana.

«Edizione 60: direi che è un traguardo importante – inizia Moret – e ne siamo orgogliosi. Quest’anno, anche per rinforzare il tocco d’internazionalità, torniamo in Francia. Nel 2023 in quegli stessi giorni dall’altra parte del Monte Bianco c’era il Tour de France e non era il caso di gravare ulteriormente su quel territorio. Stavolta invece ci partiremo e lo faremo con la Saint Gervais Mont Blanc – Passy Plaine. E’ una tappa particolare, molto breve, ma che lascerà subito il segno, grazie ai suoi 12 chilometri di salita finale che porta a 1.300 metri di quota. E sono proprio le strade del Tour. Pensate che siamo stati là a fare un sopralluogo e ci sono ancora le scritte sulle strade dedicate ai campioni».

Un altro must del Valle d’Aosta che ritorna è lo sconfinamento in Piemonte. «Con la seconda tappa si andrà prima nella zona del Biellese e poi in quella del Canavese, dall’altra parte della Dora. Sarà un grande saliscendi. Queste sono le strade che ha toccato il Giro d’Italia e anche il Gran Piemonte qualche settimana prima del Giro, dove si era imposto Bettiol».

In Valle d’Aosta

Ecco dunque che torna protagonista la Valle d’Aosta con le ultime tre frazioni: le più dure e le più caratteristiche.

Davvero interessante è la frazione che porta a Prè Saint Didier. Un arrivo in discesa preceduto dalle scalate di Verrogne, prime, e del San Carlo poi. «Salite che – ricorda Moret – videro protagonista Carapaz nel 2019. in pratica gli ultimi 60 chilometri sono identici. Ci tengo a far notare che con questo arrivo in qualche modo circondiamo il Monte Bianco. Alla prima tappa siamo arrivati in un versante, adesso in un altro.

«La quarta tappa è il tappone per me. Se non altro per la distanza, oltre 160 chilometri e tante salite dure: Tsecore, Col de Joux e poi l’arrivo in quota a Champoluc, a 1.600 metri. Gli ultimi 40 chilometri sono infernali».

C’è poi la quinta frazione che potrebbe rimettere tutto in discussione e cioè quella, classica ormai, che porta la carovana a Cervinia con la scalata del Saint Pantaleon in precedenza.

Come sempre si toccheranno luoghi di grande pregio storico-naturalistico. Ecco, il Castello di Sarre
Come sempre si toccheranno luoghi di grande pregio storico-naturalistico. Ecco, il Castello di Sarre

Le ultime…

Rispetto alla scorso anno si battono località più note. Moret spiega che è stata una scelta legata anche alla richiesta dei territori. Nel 2023 si toccarono punti della Valle davvero selvaggi, ricordiamo per esempio Clavalitè: poco noto, ma di una bellezza strabiliante. La bellezza comunque non mancherà neanche stavolta.

Anche i recenti eventi meteorologici hanno creato non pochi problemi ai valdostani. Basta ricordare quel che è successo a Cogne. «Per fortuna – assicura Moret – le strade che interessano il prossimo Giro della Valle d’Aosta non sono state toccate. Ci sono stati problemi solo a Cervinia, ma ho visto che sono sulla buona strada per rimettere in sesto la zona d’arrivo, coinvolta dall’inondazione del torrente Marmora».

Anche quest’anno non mancheranno la diretta streaming e le spettacolari immagini con il drone
Anche quest’anno non mancheranno la diretta streaming e le spettacolari immagini con il drone

Parterre super

E poi ci sono loro, i protagonisti. Quest’anno l’elenco degli iscritti “scotta”! Vedremo tappe davvero tirate e con grandi corridori. Tanto per rendere l’idea: ci sono sei atleti della top 10 del Giro Next. E questa qualità è figlia di una valanga di richieste: 59 a pronte di 28 team partecipanti.

«La selezione – racconta Alberto Vigonesi, che segue la parte mediatica e quest’anno anche tecnica del Giro della Valle d’Aosta – l’abbiamo già fatta verso gennaio, in modo da dare alle squadre tempo e modo di organizzarsi. Sono arrivate quasi sessanta di richieste. Capite bene che abbiamo dovuto… andarci giù con l’accetta.

«Ci sono tutte le migliori squadre under 23 o continental, tranne la Visma – Lease a Bike, la Decathlon e la Trek, che in effetti ha un team estremamente giovane. Pertanto possiamo annunciare che ci sarà Jarno Widar, il re del Giro Next Gen che vuole fare la doppietta. Quella doppietta che in tempi recenti è riuscita solo a Pavel Sivakov nel 2018».

Tra i big stranieri la Alpecin-Deceuninck dovrebbe portare sia Del Grosso che Verstrynge per la classifica. La Groupama-Fdj Continental, orfana dell’infortunato Brieuc Rolland, punterà forte su Golliker. UAE Emirates Gen Z con Torres e Glivar.

Sarà presente con la maglia della nazionale, anche il campione italiano Edoardo Zamperini
Sarà presente con la maglia della nazionale, anche il campione italiano Edoardo Zamperini

Tanta Italia

«Abbiamo aumentato un po’ lo spazio per i team italiani, visto che quest’anno compiamo 60 edizioni ci sembrava giusto così», ha detto Vigonesi.

Al via ci sarà anche la nazionale azzurra di Marino Amadori che in Valle farà le prove in vista dell’Avenir. Avenir che non vedrà la presenza di Pellizzari.

«La lista di Amadori è arrivata proprio pochi giorno fa – va avanti Vigonesi – ci sarà il campione italiano, Zamperini, e con lui anche Roganti e Agostinacchio. Mentre passando ai tema, la Polti-Kometa si presenta Bagnara leader e la MBH Bank-Colpack con Kajamini e Novak. E infine c’è la VF Bardiani che tra i nomi più in vista schiererà Pinarello e Scalco».

Nespoli: un giovane ambizioso in casa MBH Bank-Colpack

02.07.2024
5 min
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Alle spalle di Pavel Novak e Florian Kajamini, alla corte della MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb, sta crescendo il talento di Lorenzo Nespoli. Atleta brianzolo, di Giussano, classe 2004 che al suo secondo anno da U23 ha conquistato la maglia dei GPM al Giro Next Gen (in apertura foto NB Srl). Lo ha fatto all’ultima tappa, quella di Forlimpopoli, che ha incoronato il talento di Widar

«L’idea di guardare alla classifica dei GPM è nata nella tappa di Fosse – racconta lo stesso Nespoli – mi sono trovato in fuga e ho conquistato tanti punti. Me ne mancava però uno per prendere la maglia blu, così nell’ultima tappa sono andato in fuga per conquistare questo importante traguardo personale. La squadra mi ha aiutato parecchio e per questo li ringrazio ancora».

Lorenzo Nespoli al Giro Next Gen ha conquistato la maglia blu della classifica dei GPM (foto NB Srl)
Lorenzo Nespoli al Giro Next Gen ha conquistato la maglia blu della classifica dei GPM (foto NB Srl)

Contro i “big”

La prima esperienza al Giro Next Gen ha permesso a Nespoli di confrontarsi contro i più forti atleti del panorama under 23. Ne è uscito con delle buone risposte ma anche con la certezza che bisogna lavorare ancora tanto. 

«Ne sono uscito stanco – ammette – tanto che in queste settimane mi sono riposato un po’. Come esperienza, quella del Giro Next Gen, la considero positiva. Siamo andati davvero forte per tutte le otto tappe, io ho aiutato Kajamini e Novak. Devo dire che sembrava di correre con i professionisti, cosa che ho fatto alla Coppi e Bartali e al Giro di Ungheria. Anzi, al Giro Next Gen secondo me siamo andati più forte in salita rispetto alla Coppi e Bartali. Durante la corsa rosa tutti abbiamo fatto dei numeri incredibili, i watt medi ogni giorno erano altissimi».

Un fisico particolare per il brianzolo: alto, slanciato ma anche estremamente leggero (foto NB Srl)
Un fisico particolare per il brianzolo: alto, slanciato ma anche estremamente leggero (foto NB Srl)
Questo è il tuo secondo anno alla Colpack, come ti sei trovato?

Mi sto trovando bene. Nel 2023 ho avuto qualche problema fisico, ma è stato risolto facilmente. Quest’anno la preparazione è stata fatta diversamente, curando gara per gara, con obiettivi prefissati. Sono cresciuto tanto, ma ancora c’è tanto da fare.

Con lo staff come va?

Con i preparatori, Antonio Fusi e Dario Giovine, mi trovo molto bene. Ma anche con Gianluca Valoti e Antonio Bevilacqua il rapporto è molto bello, sincero e positivo. Siamo tutti molto uniti, un fattore importante, perché quando siamo in ritiro o alle gare tutto passa in maniera più leggera. 

Chi ti segue, Fusi o Giovine?

Entrambi. Abito vicino a Fusi e quando sono a casa mi segue spesso lui. Le tabelle, invece, me le fa Giovine ed è con lui che mi confronto in ritiro. Rispetto al 2023 abbiamo fatto un bel lavoro, preparando bene gli appuntamenti. Ad esempio per il Giro Next Gen siamo stati tre settimane a Sestriere. 

Ora arriva il Giro della Valle d’Aosta…

Sarà un bell’appuntamento. Anche in questo caso le nostre punte saranno Kajamini e Novak, ma anche io potrò dire la mia. Spero di allenarmi al meglio in queste settimane, ma la salita metterà tutti al loro posto. Penso di poter far bene in Valle d’Aosta, sarà una corsa importante per me. 

Hai un fisico particolare, sei tanto alto: 185 centimetri, ma anche leggero, appena 65 chilogrammi. 

Una caratteristica che mi ha sempre accompagnato, fin da quando ho iniziato ad andare in bici da piccolo. Ora credo di essere un passista-scalatore. Rispetto agli scalatori puri, in salita pago qualcosa, ma in pianura ho un passo migliore, cosa che mi accompagna anche a cronometro. Anche da junior, ho vinto poco, ma ero sempre piazzato e due delle quattro vittorie che ho ottenuto sono state due cronoscalate. 

Per fare il passo definitivo cosa ti manca?

In salita penso che manchi poco per essere competitivo, ma in generale c’è tanto da fare. In pianura vado forte e rispetto ai corridori più leggeri reggo meglio ritmi elevati. Nell’arco degli otto giorni al Giro Next Gen stavo bene anche nelle tappe finali, questo è un buon segnale. 

Un gruppo con il quale riesce a lavorare bene e in simbiosi, sia tra compagni che con lo staff (foto NB Srl)
Un gruppo con il quale riesce a lavorare bene e in simbiosi, sia tra compagni che con lo staff (foto NB Srl)
Quindi pensi di poter diventare un corridore da corse a tappe?

Dipende da cosa si decide insieme alla squadra. Mi sono reso conto alla Coppi e Bartali, dove ho fatto gruppetto per due tappe, che i giorni dopo stavo davvero bene. Quindi gli obiettivi possono essere diversi, magari risparmiare energie per poi puntare tutto su una tappa. Oppure distribuire le forze per essere competitivo nelle altre classifiche, come fatto al Giro Next Gen. Forse potrei anche provare a mettermi alla prova in una corsa a tappe di minore importanza per vedere se posso curare la generale. 

Magari dal prossimo anno si apriranno finestre diverse… 

Il 2025 sarà importante. Penso che le corse con i pro’ siano più adatte alle mie caratteristiche. Preferisco avere ritmi elevati, con meno scatti, la regolarità è il mio forte.

Sulle strade del Valle d’Aosta. Paradiso Clavalité, meta da fiaba

31.07.2023
5 min
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Da una parte all’altra della Valle d’Aosta. Continua il nostro viaggio senza fretta sulle strade del Giro della Valle d’Aosta. Dopo Pré de Pascal e Bionaz, è la volta di un altro luogo incredibile, forse il più selvaggio in assoluto mai toccato dalla corsa: la Val Clavalité.

La quarta frazione dell’ultimo VdA andava da Verrayes appunto a Clavalité e quindi da una parte all’altra della Dora Baltea. Si passava dal versante al sole, il bellissimo altopiano di Verrayes, paradiso dello sci di fondo, a quello detto “enevers” (ad ombra) alla selvaggia valle che sovrasta Fenis e che è quasi dirimpettaia del punto di partenza.

Da Nus a Fenis

La quarta frazione nella sua interezza ripercorreva una grossa fetta della parte orientale della Valle d’Aosta ed era molto lunga: 172 chilometri. Noi però ci mettiamo in sella per una quarantina di chilometri. Da Nus, paese natale di Federico Pellegrino, campione dello sci di fondo, saliamo verso Verrayes.

Non è una scalata impossibile, ma è pur sempre impegnativa. In 15 chilometri si acquistano circa 600 metri di dislivello, ma si va su a gradoni, come spesso accade su questo versante della Valle d’Aosta. La vista da lassù è magnifica. Ma è bello guardare lungo lo stesso versante e vedere i campanili affiorare tra gli alberi e tra le case col tetto a spiovente.

Da Verrayes scendiamo verso Fenis, nota per il suo castello medievale. Si tratta ormai di un simbolo della Valle. Una visita qui è assolutamente d’obbligo. 

Rafferty, Brenner e Meris sulle dure rampe di Clavalité. Da Fenis in 11 chilometri si sale di 900 metri (il Gpm è più alto dell’arrivo)
Rafferty, Brenner e Meris sulle dure rampe di Clavalité. Da Fenis in 11 chilometri si sale di 900 metri (il Gpm è più alto dell’arrivo)

Adesso si sale

Da qui, inizia appunto l’incredibile scalata di Clavalité. Questa località è davvero particolare, quasi remota se vogliamo. Pensate neanche tutti i valligiani la conoscono. Inizialmente sembra una stradina di montagna come ce ne sono tantissime in Valle d’Aosta. Poi il discorso cambia.

All’uscita di Fenis una curva immette su una strada più stretta che subito si arrampica al 10 per cento. Per alcuni chilometri si pedala con una pendenza arcigna sotto le ruote, e lecci e pioppi ai lati. La fitta vegetazione non lascia vedere un granché.

A metà salita c’è una bella spianata, un paio di chilometri, forse più, che sono una vera manna per recuperare. Ed è con questo più dolce che si va dentro le montagne. Verso Sud.

La vegetazione cambia. Ecco abeti e larici. La strada riprende a salire. Uno zig-zag a sinistra con una staccionata di legno, indica il punto più duro dell’intera scalata: sarà al 20 per cento o giù di lì. Poi le pendenza diventano più gentili, ma sempre in doppia cifra.

E’ qui che Sergio Meris si è sbarazzato di Rafferty e Brenner ed è andato a vincere il tappone del Valle d’Aosta. Ancora un paio di chilometri e si arriva ad uno slargo ricavato nel bosco. Quello è il “Gpm” il punto più alto dell’arrampicata (ufficiale) da Fenis.

Il paradiso

L’asfalto svanisce. La strada però continua. Con una svolta a sinistra s’infila nel bosco. E’ quasi buio per quanto è fitto. Ma il fondo nonostante non ci sia l’asfalto è buono: è un chilometro di saliscendi, con i funghi e le rocce di granito ai lati. Poi all’improvviso, la strada inizia a scendere con decisione. Una curva verso sinistra e… si resta senza fiato. 

Tutto si apre. Il tornante che scende verso sinistra è un balcone sulla Clavalité.

La Clavalité è un pianoro a 1.515 metri di quota. Prati verdi, cime innevate sullo sfondo, un laghetto, malghe ristrutturate secondo i vecchi dettami e i materiali della natura… Nessun traliccio, nessun segnale telefonico. Qui si è scelto per questo tipo di sviluppo. C’è solo una lingua di strada sterrata e il gorgoglio del torrente Clavalité. Unico.

Il bivacco Borroz a quota 2.150 metri. Chi ama l’avventura, qui può lasciare la bici e inforcare gli scarponi
Il bivacco Borroz a quota 2.150 metri. Chi ama l’avventura qui può lasciare la bici e inforcare gli scarponi

Oltre i 2.000 metri

E’ davvero incredibile. Sembra di tornare indietro nel tempo. Questo luogo “remoto” è ancora una volta il connubio perfetto per quello che è ormai noto come turismo slow.

Come sempre, in queste avventure in Valle, la gravel è il mezzo migliore. Una volta giunti sul pianoro, la tappa del Giro VdA si fermava 700 metri dopo la curva che si affacciava sulla conca, ma volendo si può andare ancora avanti.

Ci sono infatti altri 7 chilometri per raggiungere il bivacco Borroz a quota 2.150 metri ai piedi del Monte Glacier e, più a Ovest, del Monte Tersive che con i suoi 3.500 metri domina la Val Clavalité.

Raggiungere questa Valle è una vera esperienza. Riconcilia con la natura. Fa strano non vedere infrastrutture. Ci si ritrova in un paesaggio immacolato che vale la pena di essere scoperto e vissuto in bici. 

Sulle strade del Valle d’Aosta. A Bionaz: lago, vini e una scalata dolce

27.07.2023
5 min
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Continuiamo il nostro tour cicloturistico sulle strade del Giro della Valle d’Aosta. Dopo aver visitato Pré de Pascal, scopriamo la terza frazione, altra perla selvaggia di questa edizione della corsa under 23. Stavolta vi portiamo alla scoperta della Valpelline e di Bionaz.

Il Giro della Valle d’Aosta tocca da sempre località bellissime, ma molte, vedi Cervinia, sono già note. Mentre altre mete sono delle vere perle da scoprire. La tappa in questione misurava 138 chilometri e andava da Saint Vincent a Place Moulin, arrivando proprio alla diga di Bionaz. Quel giorno vinse il norvegese Tjotta.

Tra vino e “seupa”

Questa è forse la valle di Aosta per eccellenza. Si parte dal centro della città e rispetto alle altre valli laterali della Valle d’Aosta, la Valpelline è molto ampia, almeno all’inizio. Dalla città si sale dolcemente, per non dire che per alcuni chilometri neanche si sale: un po’ di pianura in Valle d’Aosta!

Ben presto ci si lascia alle spalle il “traffico” del capoluogo. Le case con giardini e molte con l’orto vicino sono forse gli aspetti che più ci hanno colpito. E anche qualche vigneto.

A proposito di vigneti, nella prima metà della Saint Vincent-Bionaz sono stati una presenza importante. E’ da qui, infatti, che vengono vini pregiati come il Clairet, della cantina Grosjean

La strada sale larga e senza fretta fino a Valpelline. Qui c’è una nota sagra a fine mese (29-30 di luglio) ed è la sagra della “Seupa di Valpelline”. Si tratta di una sorta di “zuppa”, di uno sformato, della tradizione contadina. Dicono sia una prelibatezza. Ma vista la sua composizione non troppo light meglio mangiarla al ritorno!

Fino alla diga

Oltre Valpelline la strada inizia a salire. E quando sale lo fa con decisione, ma nel complesso la scalata verso Bionaz, in tutto poco più di 30 chilometri fino alla diga di Place Moulins, è a “gradoni”: 2-3 chilometri di rampa e successiva spianata di un paio di chilometri. Alla fine è una salita perfetta per il cicloturista: è impegnativa, quindi lascia quel senso di conquista, ma non è impossibile.

All’inizio la vegetazione è variegata, poi ecco i larici, che d’autunno regalano alla Valpelline dei colori sublimi, e gli abeti. L’unico inconveniente, se dovesse fare molto caldo è che andando verso Nord si ha quasi sempre il sole sulla schiena. Le fontane però non mancano.

E poi a Bionaz, il borgo maggiore della Valpelline, nonché sede di un’importante centro di fondo e biathlon, ci sono numerosi locali a bordo strada per concedersi una sosta refrigerante.

Lasciata Bionaz, la strada si stringe un po’. Ci sono più pascoli, più rocce a bordo carreggiata e l’ambiente diventa di alta montagna. Zitti, zitti, siamo oltre i 1.600 metri di quota e la strada termina sul filo dei 2.000 metri (1.979) della diga.

Il lago di Place Moulin dalla parte opposta alla diga. Guardate che colori in autunno. Tutta quest’area è nel territorio di Bionaz
Il lago di Place Moulin dalla parte opposta alla diga. Guardate che colori in autunno. Tutta quest’area è nel territorio di Bionaz

Ancora più su

A quel punto, se si ha una bici gravel si può continuare a pedalare sulle sponde del lago Place Moulins.

La stradina, molto frequentata dagli escursionisti, è dolce ma ondulata e porta al rifugio Prarayer. E’ uno sterrato che volendo si può fare anche con la specialissima, ma non è il massimo.

La lunghezza di questo segmento gravel è di 4,4 chilometri. Lo scenario però è superbo: le acque turchesi del lago, il bianco del ghiacciaio de Dent d’Hérens, un over 4.000 metri, che separa questa valle da Cervinia, le cascate spumeggianti che si gettano nello specchio d’acqua. Giunti al rifugio la strada termina. Da lì inizia il regno dei camosci.

Questa, tanto più che vicinissima ad Aosta, è stata forse la sorpresa più grande di questa edizione del Giro della Valle d’Aosta. Sembra incredibile che una valle tanto bella sia così relativamente poco nota. Un itinerario quindi perfetto da scoprire con lentezza.

Sulle strade del Valle d’Aosta. Andiamo in Val Veny

25.07.2023
6 min
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COURMAYEUR – Pedalare è sempre bello, farlo in luoghi particolarmente suggestivi lo è ancora di più. Specie se poi su quelle strade ci sono passati i corridori. E quest’anno il Giro della Valle d’Aosta ne ha toccati di luoghi affascinanti. Tra questi c’è Pré de Pascal, in Val Veny.

La Val Veny è alla testa dell’intera Valle d’Aosta. Si trova a Courmayeur, alle pendici del Monte Bianco. Da una parte c’è la Val Ferret, dall’altra appunto la Val Veny e di fronte il Gigante a chiudere la Valle e a separare l’Italia dalla Francia.

Ma la Val Veny, ancor più della Val Ferret (forse per via delle sue pendenze più impegnative), è ancora più selvaggia: una valle “vecchio stile”.

Sotto lo sguardo del Bianco

Salendo in bici e mettendoci “sulle ruote” dei ragazzi, ripercorriamo dunque la seconda frazione (qui anche la traccia e l’altimetria) dell’ultimo Giro della Valle d’Aosta, che appunto andava da Courmayeur a Pré de Pascal.

Dapprima si scendeva verso Aosta, poi un volta raggiunto il capoluogo si faceva l’inversione di rotta. In particolare ripercorriamo gli ultimi 60 chilometri o poco più. Il nostro viaggio parte quindi da Verrogne.

Verrogne è un borgo situato sulla sinistra orografica della Valle d’Aosta a circa 1.500 metri di quota. E’ un punto particolarmente panoramico. Dalle sue stradine a mezza costa si vedono ora la città, ora le altre vette della Valle. E’ da qui che si ha una particolare visuale del Bianco e della sua vetta.

Queste stradine sono relativamente più dolci di molti scalate della zona. Sono meno trafficate e consentono di vivere un ciclismo anche slow… se vogliamo.

Campanili, tetti di ardesia, prati da sfalcio e, nelle zone più basse anche i vigneti, si alternano senza sosta. Tra questi paesini, dopo un po’ di saliscendi si arriva a La Salle. E’ questo un borgo dove fermarsi per fare una sosta, degustare una bevanda fresca e magari potersi imbattere nella stella di casa, Federica Brignone, regina delle nevi e vincitrice della Coppa del mondo di sci alpino qualche inverno fa. 

Qui i più temerari che vogliono seguire alla lettera le strade del Giro della Valle d’Aosta possono arrampicarsi fino ai 1.416 metri di Les Places, altrimenti si può seguire dritti sulla strada principale per Courmayeur. 

In Val Veny

Giunti a Courmayeur, il cui centro storico merita senza dubbio una visita, in borgata Entrelevie si attacca la Val Veny. A segnarne l’ingresso “ufficiale” è l’innesto della Dora di Veny in quella Baltea. Basta seguire il torrente dunque.

Lo scenario cambia dopo poche centinaia di metri. All’inizio se vogliamo è anche un po’ “tetra”, questa valle ma si ha sin da subito l’idea della grande montagna. A sinistra i boschi ripidi del Mont Chetif, la nostra meta in un certo senso, e a destra i bastioni poderosi del Monte Bianco. 

E’ qui che il Gigante d’Europa propone due dei suoi ghiacciai più importanti: la Brenva e il Miage. In particolare si pedala proprio sotto la Brenva.

Prima di attaccare la vera scalata finale, poco dopo essere entrati in valle c’è subito una perla da scoprire: Notre Dame de la Guérison. Si tratta di un santuario mariano vero e proprio riferimento per pellegrini, turisti e soprattutto alpinisti. Sono davvero tanti i voti degli amanti della montagna d’alta quota. Una volta, il ghiacciaio della Brenva arriva a quasi al Santuario.

Polenta con salsiccia al sugo: una delle prelibatezze locali
Polenta con salsiccia al sugo: una delle prelibatezze locali

Come Golliker… quasi

Poco dopo, ma già nel cuore della Val Veny a Plan Ponquet, tra abeti, tavoli in legno per un pic nic e il suono spumeggiante della Dora di Veny, con una svolta a sinistra si attacca la salita che porta a Pré de Pascal.

La catena ci mette un attimo a salire sui rapporti più corti. Le pendenze aumentano rapidamente. Si va quasi sempre oltre il 10 per cento con punte che sfiorano il 20. Per fortuna non dobbiamo avere la stessa fretta che aveva Joshua Golliker in occasione della sua prima vittoria qualche settimana fa.

Bisogna pensare che questa non è più una strada ad “alto scorrimento”, ma una strada di alpeggio. Si sale tra i boschi, la carreggiata è più stretta ed ecco perché ci sono tali pendenze… Sostanzialmente è una strada forestale, tanto è vero che una volta giunti alla meta diventa sterrata.

La scalata è relativamente chiusa dagli alberi. A circa 300 metri da Pré de Pascal però si esce dal bosco. Sembra di toccare con un dito il Monte Bianco, tanto la prospettiva inganna. La meta finale è una radura. Qualche gioco per i bambini, un prato verdissimo, delle mucche e delle case in pietra, una delle quali è il ristorante Pré de Pascal. La seconda frazione del Giro della Valle d’Aosta si concludeva proprio lì. Disponendo di una bici gravel, si potrebbe anche continuare a salire.

Il Lago di Combal segna la testa della Val Veny. Anche questa meta merita una visita
Il Lago di Combal segna la testa della Val Veny. Anche questa meta merita una visita

L’alternativa

Tornando invece a Plan Ponquet, procedendo sulla strada principale, solitamente chiusa al traffico veicolare, ci si può inerpicare fino al magnifico la Lago Combal. Per arrivarci le pendenze, lo diciamo, non sono proprio gentili, ma il panorama una volta in cima giustifica la fatica!

In pratica, si arriva alla stessa quota di Pré de Pascal (poco più di 1.900 metri), ma la valle all’improvviso diventa pianeggiante. E’ qui che si possono vedere dei laghetti glaciali, come quello del Miage e quello più ampio e acquitrinoso del Combal dove si specchia il Monte Bianco. E’ un vero paradiso.

Volendo, in val Veny proprio a Pré de Pascal, presso l’omonimo hotel-ristorante che si nota nella foto di apertura, si può anche dormire. La cucina è quella tipica di montagna che da decenni la famiglia Scalvino-Borettaz porta avanti con passione.

Dislivelli elevati, analizziamo il caso Valle d’Aosta

22.07.2023
4 min
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Il discorso dei dislivelli da sempre, e sempre di più, affascina i ciclisti. Sulle piattaforme digitali, i computerini… i numeri delle salite attirano non poco. E al Giro della Valle d’Aosta, oltre a Darren Rafferty, il dislivello è stato protagonista. Il totale dei metri verticali da affrontare era di ben 15.500 in cinque tappe. Vale a dire una media di 3.100 per frazione. Il Giro Next Gen in otto frazioni arrivava a 12.050 metri, per rendere l’idea.

Spesso quando eravamo in Valle si scherzava: «Oggi gli under 23 battono i pro’ del Tour». In qualche caso ci si è chiesti se non si fosse esagerato. Più di qualche direttore sportivo si è velatamente lamentato, auspicando almeno una frazione centrale più morbida. Una frazione che desse respiro ai ragazzi e magari motivasse un po’ di più gli uomini “veloci”, termine che al Valle d’Aosta, è da prendere con le pinze.

D’altra parte, dando una botta al cerchio e una alla botte, lo spettacolo è stato magnifico e i percorsi affrontati sono stati bellissimi.

Riccardo Moret (a sinistra) e Francois Domaine, rispettivamente presidente e vicepresidente del Giro della Valle d’Aosta
Riccardo Moret (a sinistra) e Francois Domaine, rispettivamente presidente e vicepresidente del Giro della Valle d’Aosta

Quanto dislivello?

E allora cerchiamo di capire come sono andate le cose. Riccardo Moret, presidente della Società Ciclistica Valdostana, al via da Courmayeur, in occasione della seconda tappa ci aveva detto proprio del dislivello, aggiungendo che storicamente questa corsa ne proponeva molto. Un po’ per la conformazione del territorio e un po’ perché era proprio nel Dna dell’evento.

Discorso che poi abbiamo ripreso con Francois Domaine, vicepresidente del Valle d’Aosta. Con Domaine siamo partiti dall’esempio del tappone di Calavalité, con arrivo nella splendida conca sulle montagne a Sud di Fenis.

«La nostra volontà – spiega Domaine – è quella di proporre una tappa dura che somigli a quella dei professionisti, anche per il chilometraggio. Sì, forse proprio questa frazione poteva essere addolcita un po’ togliendo una salita, ma non credo che alla fine sarebbero cambiati molto i valori.

«Noi abbiamo delle statistiche e storicamente il Giro della Valle d’Aosta era concluso da “pochi” corridori, quest’anno ne sono arrivati alla fine due su tre».

Il discorso di una tappe stile pro’ alla fine concorda con quello che è lo sviluppo del ciclismo attuale. Un ciclismo in cui di fatto già a 19-20 sono dei piccoli pro’, tanto da fare la spola con la prima squadra WT nei casi dei team development.

«Nell’ottica dei 5-6 giorni di gara ci vorrebbe nel mezzo una tappa come quella iniziale di Arvier, una frazione che dia respiro. Che non è comunque una tappa facile, visto che contava oltre 1.300 metri di dislivello in 80 chilometri, tanto è vero che ha vinto Vandenstorme, ragazzo che avrà un futuro non solo come sprinter».

L’altimetria del tappone di Clavalité proponeva dislivelli importanti (4.579 metri)
L’altimetria del tappone di Clavalité proponeva dislivelli importanti (4.579 metri)

Strade obbligate

Non è facile per la Società Ciclistica Valdostana realizzare un tracciato semplice o molto più semplice: come diceva Moret l’orografia conta. La Valle d’Aosta è circondata da montagne ovunque e la valle principale, quella della Dora Baltea e del capoluogo, è comunque stretta. Non si hanno spazi da pianura Padana. E questa stessa valle va dai 1.300 metri di quota alla base del tunnel del Bianco ai 340 metri di Pont Saint Martin, che segna l’ingresso nel territorio aostano. Va da sé che le alternative non sono molte.

«Da noi – prosegue Domaine – allegerire i percorsi non è facile oltre che per le questioni orografiche anche per quelle logistiche e turistiche.

«In Valle – dice Domaine – abbiamo due arterie principali, la SS 26 e la SS27, che sono le vie di comunicazione più trafficate. Il Giro della Valle si corre poi nel mezzo della settimana: nei giorni feriali c’è il traffico anche di mezzi pesanti e nel week-end (siamo a luglio, ndr) c’è quello turistico. Cerchiamo pertanto di bypassare queste due strade per ovvi motivi e per farlo ci spostiamo sulle vie più laterali e queste o salgono o scendono».

Partenza da Saint Vincet, Il Giro tocca le perle della Valle d'Aosta
L’idea, anche per differenziare gli arrivi, è quella di toccare le importanti località in zone più basse. Qui la partenza da Saint Vincent
L’idea, anche per differenziare gli arrivi, è quella di toccare le importanti località in zone più basse. Qui la partenza da Saint Vincent

Influenze esterne

A questa motivazione tecnica se ne aggiunge anche una seconda altrettanto pragmatica ed importante: quella turistica, come accennavamo. Una gara ciclistica, specie in territori simili e con un’ottima diffusione internazionale grazie alla diretta streaming, fa leva anche sui distretti turistici.

I vari comprensori che ospitano la gara indicano i punti peculiari da toccare, succede al Giro d’Italia, al Tour de France, figuriamoci in gare più piccole. E questi consorzi il più delle volte vogliono portare la corsa in testa alla valle di riferimento così da farla vedere tutta.

«Anche questo è un aspetto di cui siamo consapevoli – conclude Domaine – al netto del dislivello della tappa pensiamo di proporre arrivi diversi. Arrivi in fondo alle valli e avremmo anche individuato delle località adatte, ma ci chiedono quasi sempre di arrivare in cima».

La questione è dunque ben complessa. Si può sempre modificare, aggiustare, migliorare, ma il Valle d’Aosta è questo e se da qui escono i campioni che oggi si giocano il Tour, il Giro e, in qualche caso anche le classiche più dure del mondo, un motivo ci sarà.

Cozzi, un diesse dei pro’ tra gli U23. Come va la sua Tudor?

21.07.2023
5 min
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VERRAYES – Un direttore sportivo dei professionisti tra i dilettanti, o meglio tra gli under 23. E’ Claudio Cozzi, tecnico della Tudor Pro Cycling, incontrato sulle strade del Giro della Valle d’Aosta. La sua ci è sembrata una presenza insolita. E forse lo è stata anche per lui. Di certo Cozzi è interessato e divertito da questa “nuova” esperienza con la continental del suo gruppo.

Claudio Cozzi (classe 1966) direttore sportivo della Tudor, per l’occasione in ammiraglia con gli U23
Claudio Cozzi (classe 1966) direttore sportivo della Tudor, per l’occasione in ammiraglia con gli U23
Claudio ma cosa ci fai qui?

Eh – ride Cozzi – è una nuova avventura. E’ la prima volta che li guido in corsa. Non conoscevo bene i ragazzi. Li avevo visti solo qualche volta in allenamento questo inverno in ritiro. Sono molto soddisfatto perché hanno una buona mentalità e soprattutto noto che cercano di correre bene.

Come sta andando questa stagione per voi Tudor in generale? Siete nuovi come team professional, più esperti tra gli under 23.

Penso che abbiamo iniziato bene. Abbiamo anche ottenuto qualche risultato importante già prima di quello che ci aspettavamo. Sapevamo che non sarebbe stato un anno facile partendo con solo qualche ragazzo di esperienza e tanti giovani. Sapevamo che c’era da lavorare e che li avremmo dovuti aspettare e portarli nella giusta direzione.

De Kleijn, Pellaud che è tornato alla vittoria, Voisard… un bel colpo per essere al primo anno tra le professional.

Sì, sì, ma infatti va bene così. De Kleijn è stata una grandissima sorpresa per me, perché lo conoscevo poco, ma è davvero un buon velocista che può migliorare ancora un po’.

Primo anno tra le professional per la Tudor e già 8 vittorie, 3 delle quali firmate dal potente sprinter olandese De Kleijn
Primo anno tra le professional per la Tudor e già 8 vittorie, 3 delle quali firmate dal potente sprinter olandese De Kleijn
Le grandi squadre hanno tutte il team development e anche voi siete qua con la squadra under 23: ma è davvero così importante crearsi un bacino interno?

La maggior parte dei ragazzi che abbiamo noi in prima squadra vengono dalla development. E’ una bella realtà che li porta a crescere nel modo giusto e ad arrivare al momento opportuno al  professionismo. Per quanto riguarda i nostri, soprattutto quelli impegnati al Valle d’Aosta, dobbiamo aspettare un po’ perché sono di primo o di secondo anno. Quindi hanno 19 o 20 anni. Sono ragazzini, ma hanno voglia di imparare.

Hai detto che hanno una buona mentalità e voglia d’imparare. Spiegaci meglio.

Sono interessati, curiosi, fanno domande. Per esempio il Valle d’Aosta è un’università per i giovani che devono fare esperienza. E’ una gara dura, esigente anche nelle discese. Una gara che richiede sacrifici… però quando escono da qua lo fanno con un buon bagaglio. Ci mettono della memoria e delle buone informazioni per crescere. Al Valle, per esempio, era importante la gestione: sulle strade aostane se non sai amministrarti e vai oltre il tuo limite ci metti un attimo a perdere tanti minuti. E con loro ho spinto molto su questo aspetto.

Cosa può dare un diesse abituato al grande professionisti ai ragazzi?

Per prima cosa ho cercato di conoscerli, ascoltando anche i consigli che mi ha dato il responsabile della squadra development. Poi parlando con loro, soprattutto prima di arrivare qua, ho cercato di capire il loro carattere, il loro modo di stare in corsa, le loro qualità, le loro caratteristiche. E per ognuno di loro abbiamo stabilito un programma per la corsa, con una strategia che hanno seguito perfettamente. E questo mi piace perché corrono come squadra, si aiutano. A turno vengono a prendere le borracce… e lo fanno nei momenti gusti, senza sprecare energie.

I Tudor al centro della foto (di A. Courthoud) si sono ben comportati al Valle d’Aosta. Donzé ha chiuso 15° nella generale
I Tudor al centro della foto (di A. Courthoud) si sono ben comportati al Valle d’Aosta. Donzé ha chiuso 15° nella generale
La vecchia scuola…

Ogni sera parliamo e dopo aver fatto il briefing del mattino prima della corsa li vedo molto attivi: chiedono, si informano, vogliono sapere cosa è meglio fare in quel punto, dove è meglio prendere le borracce, cosa fare in quest’altro punto…

Quindi vale anche il contrario: sono loro che danno a te?

Credo proprio di sì. Sono tutti ragazzi molto intelligenti, non è come quando ho iniziato io, che c’erano pochi i laureati. Ma non perché all’epoca erano stupidi, ma perché c’erano meno possibilità e si cresceva prima per certi aspetti. Loro invece hanno più di possibilità di studiare, pertanto si ha a che fare con persone che hanno una certa cultura e bisogna saperli approcciare. Ho 57 anni, ma devo tornare a quando ne avevo 25 per cercare di relazionarmi con loro veramente. Devo aggiornarmi, essere al passo coi tempi. Una volta ci dicevano: “Tu fai così”. E noi zitti e muti. Oggi invece gli devi spiegare perché devono fare così.

Claudio, hai detto che per ognuno di loro avete studiato un programma. Cosa significa? Ci fai un esempio?

Per esempio Robin Donzé è un buon climber. Gli ho detto: “Questa settimana, proviamo a vedere dove puoi arrivare. Ci poniamo una top 20 per tutte le tappe di salita. Impara a gestire la corsa. Quando sei in salita e sei al limite, cala qualche watt e prendi il tuo passo. Se ne hai, negli ultimi 2 chilometri vai full gas”. Ebbene, questo ragazzo tutti i giorni ha fatto questo e spesso negli ultimi due chilometri ha recuperato posizioni. Sto cercando di insegnarli a conoscersi sostanzialmente.

Elia Blum a inizio luglio è diventato campione svizzero U23, prima vittoria di peso per la Tudor U23
Elia Blum a inizio luglio è diventato campione svizzero U23, prima vittoria di peso per la Tudor U23
Un lavoro di pazienza e mirato al lungo termine?

Esatto, vederlo nei primi 15 finali è stato un buon obiettivo, tanto più che è la prima volta che questi ragazzi affrontano un percorso simile con altimetrie che superano abbondantemente i 3.000 metri di dislivello. 

In effetti quest’anno sono andati molto forte: ti aspettavi un livello simile in questa categoria?

Premessa, io sono un appassionato di ciclismo, quindi quando sono a casa vado a vedere gli allievi, gli juniores, gli under 23, poi leggo, mi informo… Vedo gli ordini d’arrivo, i dati e mi aspettavo un livello alto. Anche nei pro’, se togli quella manciata di fenomeni…

Quindi i soliti Roglic, Pogacar, Van Aert, Vingegaard e Van der Poel?

Esatto, tolti loro poi ci sono 50-60 corridori che sono quasi alla pari e possono giocarsi la corsa. Segno che il livello medio si è alzato per i discorsi che facciamo sempre: materiali, vestiario, alimentazione… Penso all’allenamento: una volta era generalizzato, adesso è specifico per ogni corridore. E questo discorso vale anche qui in parte.