CASTELL’ARQUATO – Sul banco di lavoro di Marco, meccanico e titolare di Cicli Manini, c’è una Specialized blu con sfumature nere ed interamente marchiata “Wolfpack”. La misura è quella tipica di uno scalatore di media taglia. Sul tubo orizzontale, dove inizia l’attacco del reggisella, c’è l’etichetta col nome del suo corridore e sul tubo piantone l’adesivo della sua prossima squadra. Li indica con soddisfazione Thomas Pesenti dopo aver firmato col devo team della Soudal Quick-Step.
La sua è la storia di un ragazzo di 25 anni che non si è arreso. Una storia che appartiene ad un periodo che non esiste più e che deve però indicare un’inversione di tendenza laddove si può fare o c’è del merito da riconoscere. Il ciclismo moderno non aspetta più nessuno, nemmeno i talenti più giovani. Appare sempre più impermeabile a dare spazio ad atleti dell’età di Pesenti, con esperienze limitate ai team continental o che hanno visto scappare il treno del professionismo per lo svanire delle squadre dalla sera alla mattina.
Tecnicamente bisogna dire che Pesenti non cambia lo status della formazione per cui correrà. Continental era il JCL Team Ukyo in cui ha corso quest’anno, continental è Soudal Quick-Step Development, ma cambiano radicalmente gli orizzonti e le opportunità. La porta del WorldTour è lì ad un passo ed il parmense di Fontanellato nel 2025 avrà la possibilità di varcarne la soglia in modo contingentato correndo anche con la prima squadra. Poi toccherà sempre a lui guadagnarsi il definitivo salto di categoria. Thomas intanto, a fronte di una maggiore e comprensibile disinvoltura, va cauto, come ha sempre fatto.
La notizia era nell’aria da qualche mese, ma mancava l’ufficialità. Quando sono partiti i primi contatti con la nuova squadra?
Tutto è nato dopo il campionato italiano. Il mio procuratore Moreno Nicoletti ha iniziato a guardarsi attorno, per vedere se c’era qualcosa di diverso. Io avrei avuto comunque il contratto col Team Ukyo e ci sarei rimasto volentieri visto che mi trovavo bene. Verso agosto Moreno mi ha detto che mi avrebbe preso il devo team della Soudal, che è una realtà ottima. Non ho nemmeno chiesto perché mi cercassero, ho detto subito di sì (racconta divertito, ndr). Col passare del tempo ci siamo tenuti aggiornati via email per tante informazioni. Mancava solo la firma per una questione di tempo, ma non ero minimamente preoccupato. L’ho messa direttamente da casa mia, in modo digitale perché i contratti si fanno anche così, in collegamento col mio procuratore e un dirigente della squadra.
Nel frattempo hai già fatto un paio di ritiri con la squadra. Come sono andati?
Il primo raduno l’ho fatto in Belgio il 20 ottobre arrivando direttamente dalla Japan Cup senza passare nemmeno da casa. Sono rimasto su una giornata, in cui ho provato bici e abbigliamento, fatto qualche test fisico per la mobilità articolare e un po’ di chiacchiere con i futuri compagni e diesse. La cena è stata un’ulteriore occasione per fare gruppo. C’era anche il gruppo della prima squadra, mentre la formazione femminile era in un hotel accanto. Il giorno successivo ero rientrato a casa con la bici ed un po’ di vestiario seguendo già le indicazioni della squadra. Da lì in poi ho seguito subito le tabelle del preparatore della squadra, Frederik Broché, che si è unito alla squadra proprio recentemente dopo aver lavorato per la federazione belga e per quella inglese della pista
Il secondo ritiro è stato più intenso, giusto?
Sì esatto, il tipico ritiro invernale. Dal 4 al 6 dicembre siamo ritornati in Belgio alla Bakala Academy (il centro di ricerca e prestazioni atletiche dell’università di Leuven in cui si appoggia la Soudal, ndr) per svolgere qualche test. Poi ci siamo trasferiti in Spagna dove le giornate e le temperature sono ottimali per allenarsi. Era presente tutta la squadra WorldTour, a parte Remco a causa della caduta, più qualche ragazzo del devo team come me. Abbiamo alternato uscite in bici divisi in tre gruppi con lavori in palestra. Sono stati 10 giorni importanti dal punto di vista fisico, per l’allenamento, ma anche per capire i meccanismi di questo nuovo ambiente per me.
Avete già abbozzato un programma delle corse che farai tra devo team e prima squadra?
Non c’è nulla di definitivo, in teoria dovrei fare esperienza con entrambe le squadre. Tenendo conto del calendario del devo team, mi hanno chiesto quali corse avrei voluto fare e fondamentalmente ho dato la mia disponibilità un po’ ovunque. La prima dovrebbe essere l’AlUla Tour in Arabia Saudita a fine gennaio, che ho già fatto l’anno scorso. Potrei correre anche il Tour du Rwanda a febbraio, ma ovviamente decideranno i diesse dove mandarmi. Per quanto riguarda le gare col team WorldTour, non so ancora quali correrò, però so che ne farò visto che mi hanno già consegnato anche l’abbigliamento per la prima squadra. Ripeto, seguirò le loro indicazioni senza problemi.
Durante questi ritiri che stati d’animo hai provato?
Naturalmente c’è tanta emozione perché sono andato in una squadra che è il sogno di molti corridori. Malucelli mi ha detto che è come se fossi andato nella cantera del Real Madrid. Farne parte è motivo di grande orgoglio, se penso a dove ero qualche anno fa. Non ci avrei creduto, anche se ho sempre lavorato intensamente per fare questo lavoro. Al raduno di ottobre mi sono incrociato con fuoriclasse come Evenepoel, Landa o Merlier o tanti altri giovani talenti ed è stato incredibile, anche se veloce. E’ normale che quando passi in certe squadre incontri i grandi corridori, infatti ero un po’ in soggezione, ma anche loro sono persone normali e mi sono trovato subito a mio agio. Nel ritiro in Spagna della settimana scorsa invece ho avuto modo di conoscere meglio un po’ tutti tra corridori e parte dello staff.
Hai avuto modo di parlare anche con Bramati?
Considerate che ad ottobre, avendo perso un giorno di viaggio arrivando dal Giappone, in otto ore ho dovuto fare quello che si fa normalmente in due giorni. Tuttavia ero riuscito a fare tutto, parlando per la prima volta anche con Davide. L’ho poi rivisto in Spagna ovviamente. E’ stato molto gentile nei miei confronti, ci siamo detti un po’ di cose in generale, ma nulla di troppo specifico.
Sei un classe ’99 e per il ciclismo di adesso si è considerati vecchi, però la tua storia può passare un messaggio. Che idea ti sei fatto?
Mi do sempre un po’ di colpa per questo ritardo nei tempi. Sono maturato dopo rispetto alla norma che vuole il ciclismo di oggi. Non ero pronto fisicamente, ma soprattutto mentalmente per fare il corridore. Pensavo di più ad altre cose, poi ho capito che se volevo fare questo nella vita dovevo impegnarmi al 100 per cento. Da junior vincevo, ma da U23 non ho fatto nulla. Sono riuscito a fare questo cambio di mentalità nell’inverno a cavallo del 2022, che è stata la mia prima vera stagione con vittorie, risultati e prestazioni importanti. Mi sono approcciato a tutto in maniera più professionale. E lo devo all’aiuto di tante persone che mi sono state vicine.
Ti senti di ringraziare qualcuno?
Certamente la mia famiglia. Poi tutto lo staff della Beltrami Tsa-Tre Colli, che mi ha sempre riconfermato anche quando raccoglievo poco o niente. Infine devo dire grazie anche al Team Ukyo, a Volpi e Boaro. La squadra non ci ha mai fatto mancare nulla. Quest’anno ho vissuto un’annata bellissima, facendo esperienze che non avrei mai fatto correndo per una continental italiana. Ho corso in Arabia Saudita, Oman, Malesia e Giappone e viaggiando così tanto ho anche imparato tanto. Noi italiani volevamo rilanciarci e così è stato. Malucelli è andato all’Astana e Carboni alla Unibet Tietema Rocket.
Thomas Pesenti come sta vivendo questo importante momento per la sua carriera?
Sono molto contento di essere entrato nel piccolo Wolfpack (sorride, ndr). Battute a parte, ho firmato per un anno e so che è una grande occasione da sfruttare, magari cercando di non deludere chi ha creduto in me. Devo pensare a fare del mio meglio e cercare di migliorarmi. Devo fare quello che ho sempre fatto negli ultimi due anni. Cercare di andare forte, essere d’aiuto alla squadra e, quando ci sarà la possibilità di fare, qualcosa giocandomi le mie carte. Sono pronto e spero di andare avanti il più possibile.