LALLIO – Il Giro d’Italia Women è iniziato con una cronometro che non ha sorpreso per il risultato finale e per i distacchi inflitti da Marlen Reusser. La svizzera del Team Movistar ha lasciato alle sue spalle tutte le altre pretendenti alla maglia rosa e non solo. Un Giro Women iniziato senza sorprese, vero, ma che già oggi porterà il gruppo sulle prime montagne con l’arrivo ad Aprica. Non un percorso impegnativo ma che può portare già i primi verdetti in negativo, un banco di prova dove è difficile pensare di creare grandi distacchi.
Shirin Van Anrooij ha aperto il suo Giro d’Italia Women con un buon decimo posto nella cronometro di BergamoShirin Van Anrooij ha aperto il suo Giro d’Italia Women con un buon decimo posto nella cronometro di Bergamo
Top 10
Nella prova contro il tempo di ieri una delle protagoniste che non ha fatto mancare la propria presenza nella top 10 di giornata è stata Shirin Van Anrooij. L’olandese della Lidl-Trek si è presentata al via del Giro d’Italia Women come l’atleta di punta dopo la rinuncia di Gaia Realini. Per la formazione americana sono cambiati gli obiettivi ma la fiducia è alta visto anche il lavoro fatto.
«Ci siamo concentrate – ci ha raccontato Van Anrooij ai margini di un evento al Trek Store di Lallio – sul lavoro in quota per affrontare al meglio questo appuntamento. Personalmente mi sono sentita molto bene e sono felice di tornare al Giro Women con le giuste sensazioni. Dopo il Giro dei Paesi Baschi, corso a maggio, mi sono fermata per allenarmi in vista del Girod’Italia Women».
Van Anrooij, Henderson, Brand e Holmgren sono state ospiti al Trek Store di Lallio per unincontro con i tifosiVan Anrooij, Henderson, Brand e Holmgren sono state ospiti al Trek Store di Lallio per unincontro con i tifosiUn aperitivo voluto da Trek Italia per far vivere al pubblico l’atmosfera del Giro d’Italia Women
Com’è andata la preparazione?
Tutto molto bene. Sono soddisfatta di come abbiamo lavorato e della scelta di fermarci per fare un training camp di tre settimane. Una volta tornata dal ritiro mi sono messa alla prova nei campionati nazionali a cronometro e su strada. Le sensazioni erano abbastanza buone, erano comunque le prime corse quindi serviva ritrovare il ritmo giusto.
Con quali ambizioni arrivi al Giro Women?
Arrivo con una mentalità aperta. Devo fidarmi e trovare la giusta confidenza nei miei mezzi. Ho fatto un passo avanti e devo metabolizzare questa cosa, acquisire fiducia. Sarà importante capire in che modo esco dall’operazione all’arteria iliaca fatta questo inverno.
VAn Anrooij è tornata a correre dopo l’operazione all’arteria iliaca, una ripresa graduale ma che sta dando buone risposteVAn Anrooij è tornata a correre dopo l’operazione all’arteria iliaca, una ripresa graduale ma che sta dando buone risposte
Senti di essere tornata in bici al meglio?
Non ho avuto fastidi, questo è un bene. L’inizio di stagione non è stato semplice però sento di migliorare gara dopo gara.
La Lidl-Trek come affronterà questo Giro Women?
Con l’obiettivo di vincere una tappa con una delle ragazze al via, me compresa. Credo sia un obiettivo realistico anche per me. Poi capirò giorno dopo giorno se si potrà provare a curare la classifica generale o meno. Però non mi metto pressioni da questo punto di vista.
Nella seconda tappa del Giro d’Italia Women la Lidl-Trek ha raggiunto il primo obiettivo: vincere una tappaA trionfare a l’Aprica è stata Anna Henderson che ha anche conquistato la maglia rosaNella seconda tappa del Giro d’Italia Women la Lidl-Trek ha raggiunto il primo obiettivo: vincere una tappaA trionfare a l’Aprica è stata Anna Henderson (a destra)L’atleta britannica ha anche conquistato la maglia rosa strappandola a Reusser
Hai visto qualche tappa che ti piace?
In realtà non ce n’è una specifica. Penso che l’ultima parte del Giro Women sia davvero difficile, soprattutto gli ultimi tre giorni. L’andamento delle tappe dipenderà molto dal mio posizionamento in classifica generale. Se avrò perso tanto tempo si potrà pensare di entrare in qualche fuga, altrimenti dovremo cercare di restare con le migliori.
Quali pensi possano essere gli step da fare per arrivare a essere competitiva nelle corse a tappe?
L’anno scorso ero partita per il Tour de France con l’obiettivo di fare classifica, poi il problema all’arteria iliaca mi ha frenata. Alla Vuelta Femenina non mi aspettavo di partecipare e mi sono limitata a dare supporto a Fisher-Black e Riejanne Markus. Ora al Giro Women avrò più spazio per me e non dovrò lavorare per una capitana. Senza pressioni penso di poter puntare in alto e se non ci riuscirò sarà comunque un’esperienza positiva. Da un lato non avere una leader unica permette a tutte di avere maggiori occasioni e da un certo punto di vista è un bene.
DARFO BOARIO TERME – Il sorriso non manca mai sul volto di Gaia Realini, nemmeno in questo momento difficile che l’ha vista restare lontana dalle corse e dalle posizioni di testa per diversi mesi. Una frattura al gomito in allenamento le ha portato tanti problemi e qualche complicazione in più del previsto, tornare in bici non è stato affatto semplice. I passaggi per tornare ad essere l’atleta che l’anno scorso tanto aveva stupito prima al Giro d’Italia Women e poi al Tour de France Femmes sono lunghi ma non impossibili. Serve pazienza e Gaia Realini ha imparato ad armarsi anche di questa e non solo della sua instancabile energia. L’abruzzese sabato non sarà al via del Giro d’Italia Women che partirà da Bergamo. Un’assenza difficile da digerire ma giusta, con l’obiettivo di tornare presto ad alti livelli.
«Piano piano mi sto riprendendo – ci racconta poche ore prima del campionato italiano donne – ma non mi metto fretta. Vediamo giorno per giorno come procede il tutto. L’infortunio al gomito si è rivelato più complicato del previsto e molto lungo da curare. Mi sono trovata a dover rallentare di parecchio gli allenamenti e i carichi di lavoro, è come se avessi perso tutta la preparazione invernale. Ora mi ritrovo con le altre atlete che sono a giugno, mentre per me è come se fosse febbraio.
Gaia Realini ha subito una frattura al gomito in allenamento a gennaioGaia Realini ha subito una frattura al gomito in allenamento a gennaio
Sei tornata a competere ad alti livelli al Tour de Suisse Women, com’è andata?
E’ stato un primo banco di prova come a dire: «Ributtiamoci nella mischia». Mi sono messa a disposizione della squadra, credo si sia visto. Ero spesso davanti a tirare quando partiva la fuga, oppure andavo all’ammiraglia a prendere le borracce per tutte nei giorni più caldi. Per il momento è quello che posso fare e in vista di una ripresa totale mi diverto a fare anche questo.
Cosa vuol dire fermarsi e ripartire praticamente da zero?
Che quando le altre si stavano allenando, io ero a casa e non potevo fare nulla. Ho dovuto lavorare molto sulla testa, diciamo che è stato un allenamento per la mente. Spesso mi dicevo: «Okay, ora è successo a te però con calma puoi riprenderti senza problemi». Ho imparato a gestire tutto con la giusta serenità.
Gaia Realini ha ripreso a correre gradualmente, qui alla Freccia del Brabante a metà aprileGaia Realini ha ripreso a correre gradualmente, qui alla Freccia del Brabante a metà aprile
La parte più difficile quando è arrivata?
Quando mi hanno dato il via libera per ripartire, ma a causa dei dolori e di alcune complicazioni mi sono dovuta fermare ancora. Però grazie allo staff medico e a tutta la squadra ho trovato il modo giusto di affrontare la situazione e continueremo per questa strada.
Risalire in bici è stato così complicato?
All’inizio si pensava fosse più semplice come infortunio, una pensa: «Il braccio che vuoi che sia? Tanto pedali con le gambe». Però poi capisci che in tante cose serve forza e mobilità nel braccio e ripartire non è facile soprattutto quando ti devi alzare sui pedali o fai dei piccoli movimenti che pensi siano banali. Invece nel ciclismo la parte superiore (il cosiddetto core, ndr) è estremamente importante.
Realini dopo aver corso il Tour de Suisse senza terminarlo si è presentata all’italiano (in foto) al servizio di Elisa BalsamoRealini dopo aver corso il Tour de Suisse senza terminarlo si è presentata all’italiano (in foto) al servizio di Elisa Balsamo
In questa stagione saresti felice se?
Se riuscissi a ritrovarmi e a trovare una buona condizione, anche se sto rincorrendo. Spero di arrivare tra qualche mese e di essere ancora più vicina alle migliori, diciamo di essere all’80 per cento.
Si può pensare di arrivare a quell’80 per cento già al Tour?
Secondo me sì perché comunque sono un’atleta che con il caldo riesce a dare il meglio. Quindi perché no?
Dopo l'europeo gravel, Matteo Milan ha riposto la bici in garage. il primo anno di studio nel devo team della Lidl-Trek si chiude qui. Ecco cosa ha imparato
Lo scorso anno finì con Demi Vollering prima, davanti a Rjejanne Markus ed Elisa Longo Borghini. L’olandese del Team SD Worx dominò la Vuelta Espana con relativo agio, mettendo in fila le vittorie di una primavera strepitosa. Fra il 10 maggio (data di Fine Vuelta) e il 15 giugno, vinse in serie Itzulia Women, la Vuelta a Burgos e il Tour de Suisse. Troppo fieno in cascina, pensò probabilmente il fato, che di lì in avanti la relegò al secondo posto del Tour de France e del Romandia e al quinto del mondiale.
Vollering aveva già annunciato che avrebbe cambiato squadra e il 28 ottobre, un mese dopo i mondiali di Zurigo, arrivò l’ufficialità della firma alla FDJ-Suez con Specialized al suo fianco.
La Vuelta Femenina 2025 ha 7 tappe, da Barcellona a Cotobello, nel Nord della SpagnaLa Vuelta Femenina 2025 ha 7 tappe, da Barcellona a Cotobello, nel Nord della Spagna
Super tris FDJ-Suez
A distanza di un anno, Vollering ci riprova. E anche se la squadra francese di Delcourt ha dichiarato di avere occhi (quasi) solo per il Tour de France, schiererà al via il meglio del meglio. Vollering, appunto, Labous e Muzic: le tre punte in grande spolvero. Va bene il Tour, avranno pensato, ma intanto portiamoci avanti.
«Lo scorso anno, tutti rimasero stupiti – ha raccontato Muzic – dal fatto che fossi riuscita a battere Demi sulla salita di Laguna Negra (sesta tappa, ndr). E’ stata un’esperienza illuminante, perché ha dimostrato quanto lontano potrei arrivare. C’era un punto interrogativo sulla mia partecipazione quest’anno, ma ho chiesto di essere presente perché è ci tengo molto. Condividerla con Demi e Juliette Labous è molto emozionante per me».
Vuelta 2024, Muzic stacca Vollering nella sesta tappa a Laguna NegraVuelta 2024, Muzic stacca Vollering nella sesta tappa a Laguna Negra
Sette tappe nel Nord della Spagna
La Vuelta Espana Femenina non c’era, a differenza del Giro e del Tour che possono aver avuto delle interruzioni, ma hanno alle spalle una storia decennale. Quando nacque nel 2016, la Vuelta era prova di un giorno: la Madrid Challenge by La Vuelta. Salì a 2 giorni di gara nei due anni successivi, divennero 3 nel 2020, quando divenne Challenge by La Vuelta, poi 4 nel 2021. Nel 2022 le tappe passarono a 5 e dal 2023 si è arrivati a quota 7: un bel passo avanti e una conquista in più per il ciclismo delle ragazze.
Tuttavia 7 tappe sono poche per esplorare un Paese grande come la Spagna, così la Vuelta Femenina 2025 è una corsa che non scende verso Sud, ma si mantiene a una longitudine più o meno costante per le 7 tappe che la compongono. La sola cronometro è quella a squadre di apertura e poi, come sempre, saranno le salite a decidere.
Data
tappa
Partenza-Arrivo
Km
4 maggio
1ª tappa
Barcellona-Barcellona (cronosquadre)
8,1
5 maggio
2ª tappa
Molins de Rei-Sant Boi de Llobregat
99
6 maggio
3ª tappa
Barbastro-Huesca
132,4
7 maggio
4ª tappa
Pedrola-Borja
111,6
8 maggio
5ª tappa
Golmayo-Lagunas de Neila
120,4
9 maggio
6ª tappa
Becerril de Campos-Baltanás
126,7
10 maggio
7ª tappa
La Robla-Cotobello. Asturias
152,6
Totale km
750,8
1ª tappa (4/5): Barcellona-Barcellona (cronosquadre), km 8,12ª tappa (5/5): Molins de Rei-Sant Boi de Llobregat, km 993ª tappa (6/5): Barbastro-Huesca, km 132,44ª tappa (7/5): Pedrola-Borja, km 111,65ª tappa (8/5): Golmayo-Lagunas de Neila, km 120,46ª tappa (9/5): Becerril de Campos-Baltanás, km 126,77ª tappa (10/5): La Robla-Cotobello. Asturias, km 152,61ª tappa (4/5): Barcellona-Barcellona (cronosquadre), km 8,12ª tappa (5/5): Molins de Rei-Sant Boi de Llobregat, km 993ª tappa (6/5): Barbastro-Huesca, km 132,44ª tappa (7/5): Pedrola-Borja, km 111,65ª tappa (8/5): Golmayo-Lagunas de Neila, km 120,46ª tappa (9/5): Becerril de Campos-Baltanás, km 126,77ª tappa (10/5): La Robla-Cotobello. Asturias, km 152,6
Cronosquadre a Barcellona
La Vuelta Femenina 2025 partirà domenica da Barcellona con una cronometro a squadre di 8 chilometri. Fu così anche lo scorso anno e la vittoria della Lidl-Trek consegnò la maglia di leader a Gaia Realini. La capitale della Catalogna aveva già ospitato la Vuelta nel 2023 e accoglierà il Tour del 2026, ugualmente con delle prove a squadre. Da qualche anno infatti l’amministrazione della regione ha visto nella bicicletta un mezzo chiave per il turismo e la sostenibilità.
Anche questa volta, il percorso porterà le squadre e le inquadrature su alcuni dei monumenti più rappresentativi. La crono partirà appena fuori Casa Milà, nota come “La Pedrera” (edificio progettato da Antoni Gaudí) e farà il giro di boa di fronte ai giardini del Palacio de Pedralbes. Le atlete probabilmente non avranno tempo per guardarsi intorno. Il percorso è infatti impegnativo e richiederà la massima concentrazione.
Dopo la cronosquadre d’avvio a Valencia, la prima leader della Vuelta 2024 fu Gaia RealiniDopo la cronosquadre d’avvio a Valencia, la prima leader della Vuelta 2024 fu Gaia Realini
Tra vento e strappi in Aragona
La seconda tappa porta da Molins de Rei a Sant Boi de Llobregat. Salita dura in partenza, l’Alto de la Creu de L’Aragall, e occasione d’oro per andare in fuga.
Il vento sarà un fattore determinante nella terza tappa da Barbastro a Huesca, promettendo ventagli o velocità folli, a seconda della sua direzione.
Si entrerà poi in Aragona con la tappa da Pedrola a Borja, con le salite di Moncayo ed El Buste, trampolino di lancio prima della discesa sul traguardo.
Lo scorso anno finì con Vollering davanti a Markus e Longo BorghiniLo scorso anno finì con Vollering davanti a Markus e Longo Borghini
Gran finale a Cotobello
La quinta tappa apre le porte agli scalatori, con l’intermezzo della sesta che si conclude a Baltanás, con una ghiotta occasione per i velocisti.
La quinta, si diceva, va da Golmayo a Lagunas de Neila, salita totem della Vuelta a Burgos e della Vuelta dei professionisti. La settima tappa si spinge invece nelle Asturie con la partenza a La Robla e l’arrivo a Cotobello: 152 chilometri con tre salite della seconda metà di tappa. L’Alto de la Colladona, l’Alto de la Colladiella e il durissimo Cotobello, per un totale di 2.500 metri di dislivello, che sono un record per le tappe della Vuelta Espana Femenina.
Non c’è niente di scontato. La riunione dei tecnici domattina renderà definitivo l’elenco partenti che vede al via anche la vincitrice del Tour 2024 Niewiadoma, le italiane Ciabocco, Magnaldi, Borghesi, Trinca Colonel, Marturano e Paternoster, come pure Marianne Vos e la vincitrice della Roubaix Ferrand-Prevot.
Come accadde con gli uomini fino al 1994 (nel 1995 la corsa spagnola passò a settembre), la Vuelta in primavera fatica per avere al via tutte le migliori, soprattutto da quando è tornato il Tour de France Femmes spostando tutte le attenzioni più avanti nell’estate, ma resta l’occasione per completare un grande blocco di corse WorldTour in Spagna. E per riempire la prima casella, lasciando agli altri l’onere della mossa successiva.
Parla Delcourt, general manager della FDJ-Suez. La squadra è fortissima e punta a grandi vittoria. Ma il ciclismo femminile non deve tradire il suo spirito
Grande. Nell’accezione più totale e completa che questa parola può assumere. E’ la prima che viene in mente nel parlare di Vito Di Tano, nel raccontare la sua figura nel giorno della sua scomparsa, dopo che una terribile quanto veloce malattia se lo è portato via a 70 anni. Grande intanto nella sua figura fisica, quasi imponente ed era così quando correva, che quasi ti chiedevi se nell’affrontare il ciclocross non potesse essere un handicap. E infatti su certi percorsi lo era. Grande nel suo curriculum di ciclocrossista, illuminato da ben due titoli mondiali a distanza di 7 anni l’uno dall’altro, con l’aggiunta di 6 maglie tricolori. Grande anche per la sua statura morale, che lo ha accompagnato per tutta la sua vita e che contraddistingue i ricordi di ogni persona che lo ha conosciuto.
Vito Di Tano era nato a Monopoli (BR) il 23 settembre 1954. Due volte iridato, non passò mai professionistaVito Di Tano era nato a Monopoli (BR) il 23 settembre 1954. Due volte iridato, non passò mai professionista
Con Pontoni, suo erede in tutto
Daniele Pontoni ha condiviso con lui moltissime esperienze, da corridore prima, da dirigente poi fino a confrontarsi con lui in veste di commissario tecnico, carica che Vito aveva rivestito anni prima di lui, con il pugliese di Fasano che da parte sua è stato per anni diesse della Guerciotti.
«Ma prima di questo io ricordo le nostre esperienze in nazionale. Con lui ho vissuto esperienze mondiali bellissime da corridore, lui era cittì azzurro quando conquistai il bronzo a Corva da dilettante nel 1993, il suo primo anno nella carica e soprattutto quando vinsi nel ’97 a Monaco di Baviera. Eppure il ricordo che mi viene subito in mente è legato a una gara lussemburghese a Petange, il GP du Nouvel An. Due giorni prima pensavo di essermi rotto una gamba, invece era stata solo una grande botta, ma lui insistette per farmi correre, mi mise letteralmente in bici. In gara ricordo un cambio bici, su questo terreno tutto bianco, con lui che mi incitava “Vai Daniele, battili tutti”. E così fu».
Da sinistra Martinelli, Di Tano, Bertolini, Pontoni, Paolo Guerciotti, Dorigoni, Alessandro GuerciottiMartinelli, Di Tano, Bertolini, Pontoni, Paolo Guerciotti, Dorigoni
L’ultima volta che si sono visti è stato all’ultima edizione del Guerciotti, nella serata del 60° anno che vedeva presenti tanti campioni del mondo passati per le mani del team, lombardo. «Abbiamo ricordato tanti episodi, si vedeva già che il male lo stata logorando. Da lui ho imparato tanto, come corridore e anche come cittì, come vivere l’ambiente della nazionale. Diciamo che per me è stato l’anello di congiunzione tra corridore e dirigente».
Il pugliese aveva corso anche su strada, vincendo una tappa al Giro del Messico e finendo 3° in classifica in quello della JugoslaviaVincitore del mondiale a Lembeek, sui belgi Messelis e De Rey, padroni di casaDi Tano era un amante del fango e delle condizioni estreme, quelle tipiche del Nord EuropaIl pugliese aveva corso anche su strada, vincendo una tappa al Giro del Messico e finendo 3° in classifica in quello della JugoslaviaVincitore del mondiale a Lembeek, sui belgi Messelis e De Rey, padroni di casaDi Tano era un amante del fango e delle condizioni estreme, quelle tipiche del Nord Europa
Arzuffi e una giornata speciale
E’ difficile per Alice Maria Arzuffi (con lui nella foto di apertura) trattenere le lacrime, trasparse anche virtualmente attraverso un sentito post su Instagram. «Vito l’ho conosciuto approdando alla Guerciotti, da 2° anno junior – racconta dagli Emirati Arabi, in procinto di prendere parte all’Uae Tour – In quei 6 anni insieme sono cresciuta, non solo come ciclista e il nostro legame è sempre rimasto saldo. Tanto che quando avevo un problema, un dubbio, mi sono sempre confrontata con lui che aveva ogni volta una parola di aiuto per capire. Mi ha insegnato a vivere badando alle cose semplici, mantenendosi umile, lui che era un campione del mondo.
«Quando arrivai ero la più piccola e io lo vedevo quasi come un nonno – ricorda – lui da parte sua mi coccolava e mi insegnava tutto quel che serviva in questo mondo. Ricordo in particolare nel 2022 come, durante un pranzo con la mia famiglia, lo abbia incontrato per caso a Gallipoli. Da lì decidemmo di passare la giornata insieme e ci portò ad Alberobello, facendoci vedere il trullo dov’era nato. Una giornata che esprimeva la semplicità di cui dicevo prima».
Insieme ad Alice Arzuffi e alle rispettive famiglie, una giornata che le è rimasta nel cuoreInsieme ad Alice Arzuffi e alle rispettive famiglie, una giornata che le è rimasta nel cuore
Imparare dai propri errori
«A me ha preso sotto la sua ala a 17 anni – la parola passa a Gioele Bertolini – e sotto di lui mi sono evoluto come corridore. Ho sempre apprezzato la sua fierezza di come interpretava il suo ruolo di direttore sportivo. Nell’ambiente era circondato da rispetto e simpatia, credo nessuno l’abbia mai visto litigare, affrontava tutto con calma, senza per questo non essere fermo nelle sue intenzioni, nei suoi insegnamenti e questo vale molto come insegnamento.
«Una cosa che mi resta in mente era il suo modo di confrontarsi con i giovani. Lui lasciava mano libera, voleva che imparassimo dai nostri errori e questo è un aspetto fondamentale nell’evoluzione di un corridore. Poi con calma ci si confrontava e capivo dove avevo sbagliato. Miglior modo d’insegnare non c’è».
L’ultima volta che lo aveva sentito era stata dopo la conquista del suo ennesimo titolo italiano: «Durante tutta la telefonata c’era questo sottofondo di non detto: sapevamo entrambi che non ci saremmo più sentiti e questo mi fa particolarmente male, ora a ripensarci».
Insieme a Bertolini dopo la conquista del titolo italiano. Per Gioele è stato un maestroInsieme a Bertolini dopo la conquista del titolo italiano. Per Gioele è stato un maestro
Il risultato non è tutto
Un po’ gli stessi pensieri attraversano la mente di Jakob Dorigoni, grande rivale di Bertolini e suo pupillo negli anni alla Guerciotti. L’altoatesino sente profondamente il dolore della sua scomparsa e si limita a poche parole: «Vito era più come il papa nella famiglia Guerciotti, quando c’era un problema si andava da lui. Quel che contava era l’impegno delle persone e per questo mi stimava molto. E proprio questo apprezzavo di Vito. Il risultato non era la priorità più grande. Naturalmente erano tutti contenti se si vinceva e si festeggiava perché era una vera famiglia. Penso che anche per questo con lui ho ottenuto molte vittorie. Riusciva a toglierci la pressione e così noi corridori potevamo concentrarci al meglio sui nostri doveri».
Con Gaia Realini un legame indissolubile, rimasto anche quando la marchigiana ha lasciato il ciclocrossCon Gaia Realini un legame indissolubile, rimasto anche quando la marchigiana ha lasciato il ciclocross
Realini e quella telefonata…
Chi gli deve molto è anche Gaia Realini: «E’ lui che mi ha svezzata, ciclisticamente parlando. Io venivo da un team piccolo, non pensavo neanche di arrivare al team principale in Italia nel ciclocross. Lui mi ha fatto fare il salto di qualità, facendomi crescere attraverso le gare più importanti. Ma quel legame andava al di là, perché Vito era un esempio, ci si poteva parlare di tutto. Mi ha fatto crescere anche come carattere, al di fuori del mondo ciclistico».
Il confronto non è mancato anche dopo che Gaia ha deciso di dedicarsi totalmente alla strada: «Anzi, abbiamo continuato a sentirci e anch’io quando avevo un momento difficile lo chiamavo, ai ritiri del team o anche dopo una gara. Ad esempio, sentendo le critiche per il mio modo di andare in discesa, mi sono confrontata con lui, mi spiegava che cosa fare e ricordo che dopo una tappa al Giro dove avevo ottenuto un risultato importante mi ha chiamato e senza neanche salutarmi mi ha detto “allora, lo vedi che sai andare in discesa…”».
Di Tano con la famiglia Guerciotti tra cui Alessandro ancora piccoloDi Tano con la famiglia Guerciotti tra cui Alessandro ancora piccolo
Per Guerciotti un uomo di famiglia
L’ultima parola spetta ad Alessandro Guerciotti. Con Di Tano se ne va un pezzo importante della sua vita: «Per me era parte della famiglia, l’ho conosciuto che ero un bambino piccolo e tutta la mia vita lo ha visto presente, fino a quando abbiamo condiviso la responsabilità del team nelle nostre rispettive vesti. Ero stato da lui una settimana prima del mondiale, sapevo che non ci saremmo più rivisti e anche lui sapeva che si stava spegnendo, ma dovevo salutarlo.
«C’è un lato che tutti, indistintamente, mettono in evidenza parlandone ed è la sua grande bontà d’animo. Una persona seria, disponibile con tutti, che ci metteva il cuore e sul quale potevi davvero contare. Soprattutto capace nel lavorare con i giovani e non è un caso se tanti talenti sono sbocciati sotto le sue grandi e sapienti mani».
Grande. Torna questa parola, che tutti hanno espresso. Legata al suo carattere, alla sua persona. Una parola forse spesso abusata. Sicuramente non nel suo caso.
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La stagione di Gaia Realini non è sicuramente iniziata nel migliore dei modi vista la frattura al gomito di qualche giorno che l’ha costretta a fermarsi. Per la scalatrice della Lidl-Trek si tratta di uno stop nella rincorsa agli obiettivi stagionali. Un rallentamento che però non spaventa visto che siamo a gennaio. Un infortunio che deve lasciare lontani eventuali allarmismi ma che comunque è da non sottovalutare. In un post sui social Realini ha scritto: “Qualche giorno fa sono caduta in allenamento, una piccola frattura al gomito che sicuramente non ci voleva… La stagione non è ancora iniziata e il meglio deve ancora venire”.
Per capire cosa comporta una frattura al gomito e come si gestisce siamo andati da Maurizio Radi, fisioterapista e responsabile del Fisioradi Medical Center.
«Il gomito – ci spiega subito – è un’articolazione tra omero, ulna e radio, e in base alla frattura viene impostato un percorso terapeutico riabilitativo mirato. Nel caso di Realini bisogna capire che tipo di frattura ha avuto».
Abbiamo chiesto chiarimenti sulla frattura al gomito a Maurizio Radi, titolare del Fisioradi Medical CenterAbbiamo chiesto chiarimenti sulla frattura al gomito a Maurizio Radi, titolare del Fisioradi Medical Center
Sui suoi canali social Realini ha scritto che ha riportato una piccola frattura al gomito destro, non scomposta.
Se ci si trova davanti a una frattura composta il gomito viene immobilizzato con un tutore. Si preferisce quest’ultimo al gesso perché permette di avere una gestione migliore della riabilitazione. Infatti inizialmente l’articolazione viene immobilizzata a novanta gradi. Poi dopo una settimana o una decina di giorni può essere parzialmente sbloccata a quarantacinque o sessanta gradi e si può iniziare la riabilitazione.
Non bloccare subito il gomito cosa comporta?
Il tutore è da considerare al pari di un gesso, per questo bisogna parlare bene con l’atleta e spiegare che comunque c’è da fare attenzione. Tuttavia questo metodo permette di iniziare al più presto con le terapie che servono per ridurre la rigidità che altrimenti si creerebbe con il gesso.
In caso di frattura composta si preferisce immobilizzare il gomito con un tutoreSe la frattura è scomposta è necessario intervenire chirurgicamenteIn caso di frattura composta si preferisce immobilizzare il gomito con un tutoreSe la frattura è scomposta è necessario intervenire chirurgicamente
Di quali terapie parliamo?
La prima che si può fare grazie all’uso del tutore è la magneto terapia che stimola la creazione del callo osseo. Può essere associata alla fisioterapia strumentale, tipo tecar o laser, per ridurre infiammazione e gonfiore. Si può anche iniziare un’elettrostimolazione per tenere attivi i muscoli e i tendini.
Il gomito quindi non è una frattura complessa?
In realtà sì perché ci sono diverse ossa che compongono questa articolazione, a seconda di quella che riporta la frattura si deve agire in una determinata maniera. La prima cosa da fare è andare da un ortopedico specialista che è in grado di definire quale trattamento adoperare. Una radiografia è il primo passo per avere una corretta diagnosi, in alcuni casi serve completamento diagnostico tramite RMN o TAC.
La riabilitazione attraverso la fisioterapia può iniziare dopo una settimana o dieci giorniLa riabilitazione attraverso la fisioterapia può iniziare dopo una settimana o dieci giorni
Per un ciclista quanto è invasivo come infortunio?
Non molto se si considera che il gomito non è la prima articolazione di carico in questo sport. Chiaramente con l’immobilizzazione c’è una perdita del tono muscolare ma non è così importante come se avvenisse sugli arti inferiori. In bici l’utilizzo del gomito è molto limitato.
Nonostante le mani siano uno dei punti di contatto con la bici e quindi di sostegno del peso?
Le braccia sostengono il peso del busto ma questo si divide tra mano, polso, gomito e spalla. Se una di queste parti viene meno a causa di un infortunio le altre vanno a compensare. Anche se il recupero a livello dell’articolazione del gomito non dovesse essere totale questo non andrebbe a intaccare la guida della bici. Poi va detto che su un infortunio come quello della Realini il recupero totale è praticamente certo.
E’ possibile tornare ad allenarsi e correre anche con una mobilità parziale del gomito, ne è un esempio PozzovivoE’ possibile tornare ad allenarsi e correre anche con una mobilità parziale del gomito, ne è un esempio Pozzovivo
Dopo quanto tempo si può tornare in bici?
Grazie ai rulli quasi subito. Una settimana si deve stare fermi però poi con accortezza si può già tornare a pedalare. Il ritorno su strada dipende dagli obiettivi e da quanto si vuole aspettare, ma una volta recuperato almeno il 50 per cento della mobilità del gomito si può guidare serenamente la bici.
Basta il tono della voce per capire che Gaia Realini è diventata grande: sciolta, sicura, chiara… le sue parole sono schiette e non lasciano spazio ad interpretazione. La scalatrice classe 2001 di Pescara, si appresta a vivere una stagione cruciale con la Lidl-Trek dopo la partenza di Elisa Longo Borghini. Si appresta infatti a ricoprire il ruolo di leader, una responsabilità che accoglie con entusiasmo e determinazione. Il discorso fatto a suo tempo con Teutenberg, circa la pressione, sembra quasi superfluo.
Dopo aver trascorso qualche settimana ad allenarsi nella sua terra natale, dove la neve ha imbiancato le colline dell’entroterra, Realini riprenderà presto il ritiro in Spagna per perfezionare la preparazione. Quello che sta per arrivare sarà il suo quinto anno tra le professioniste e il bagaglio di esperienze inizia a diventare grande, ma troppo deve ancora ingrandirsi. Ma quando si ha una chiara consapevolezza del percorso che c’è da affrontare tutto può diventare più facile.
Una foto scherzosa di Gaia Realini tra i giganti della Lidl-TrekUna foto scherzosa di Gaia Realini tra i giganti della Lidl-Trek
Insomma Gaia, iniziamo a diventare grandi…
Di altezza, no di sicuro! Scherzi a parte diciamo di sì. Durante questo primo ritiro che abbiamo fatto a dicembre con la squadra si respirava un’aria di cambiamento. Mi hanno detto chiaramente: «Gaia, adesso tocca a te prendere le redini». «Ora devi prendere il posto di Elisa». Per me è ancora abbastanza irreale che lei non ci sia più in squadra.
Possiamo immaginare dopo tre anni fianco a fianco…
Lei mi ha cresciuta, ho seguito le sue orme, ma prima o poi la mamma deve lasciare la figlia, no? Mi sento pronta a rimboccarmi le maniche e a mettere in atto ciò che ho appreso da lei e anche dalle mie compagne di squadra, che mi stanno insegnando tanto. Sono pronta a spiccare il volo.
Però che determinazione! Quindi questa parola “leader” non pesa troppo?
No, non mi pesa più di tanto, perché la squadra crede tanto in me e nella mia crescita. Questo vale sia per le ragazze sia per lo staff. Quando mi dicono: «Ok, adesso sarai leader», mi sento pronta e sono pronta a tutto quello che questo significa.
Lo scorso anno l’abruzzese è cresciuta tantissimo con una grande costanza di rendimento. Eccola con Kopecky al RomandiaLo scorso anno l’abruzzese è cresciuta tantissimo con una grande costanza di rendimento. Eccola con Kopecky al Romandia
In tal senso, quanto è stato utile il Tour Femmes corso appunto da capitana?
Il Tour Femmes è stato un bel trampolino di lancio per me, un vero biglietto da visita. Doveva esserci Elisa, ma per problemi fisici non ha potuto partire. All’ultimo momento mi hanno detto: «Gaia, farai la leader». È stato un salto improvviso, da un giorno all’altro mi sono ritrovata capitana. Adesso però è diverso, perché se dovrò affrontare un Grande Giro come capitano lo saprò molto prima. Quello è stato come un grande svezzamento.
Non c’è più Longo Borghini, chi è oggi il tuo punto di riferimento in squadra?
Lizzie Deignan – ribatte Realini senza indugio – lei per me è una spalla destra in tutto e per tutto. Ormai abbiamo un feeling speciale, non ci serve nemmeno parlarci in gara: con uno sguardo capisce come sto, cosa devo fare, dove portarmi. Con lei sono sempre al posto giusto al momento giusto. Approfitterò di quest’ultimo anno in cui lei correrà per catturare tutto ciò che mi può insegnare e portarlo con me nelle prossime stagioni.
Realini tira per Longo Borghini. Dal prossimo anno saranno rivaliRealini tira per Longo Borghini. Dal prossimo anno saranno rivali
Per essere una donna di riferimento in squadra, su cosa pensi di dover lavorare?
Devo fare un salto di qualità a livello psicologico, rafforzare ancora di più la mia mentalità. E mi riferisco anche alle corse. Ma questo arriva col tempo e con l’esperienza. Non sono una capitana che rompe troppo le scatole o che pretende.
Dovresti parlare un po’ di più, esporti: giusto?
Esatto. Non parlando abbastanza, le altre ragazze a volte si trovano spaesate e sono loro a chiedermi: «Gaia, cosa dobbiamo fare?». «Di cosa hai bisogno?». Insomma, devo spiegarmi meglio, farmi capire, dire al momento giusto: «Ragazze, ho bisogno di questo, stiamo unite». Lizzie per esempio mi capisce con uno sguardo, ma non per tutte è così. Devo imparare ad aprirmi di più.
Quando inizierai la stagione? E in vista dei grandi Giri farai solo corse a tappe?
Inizierò con la Valenciana. Al momento non abbiamo ancora definito il calendario al 100 per cento, ma credo che farò anche qualche gara di un giorno oltre alle corse a tappe. Servono anche quelle.
Il podio di Luca Paletti fra gli juniores alle spalle di Dockx premia l'Italia negli europei di cross. Van der Haar beffa i levrieri belgi. Cresce Realini
In Belgio ci sono dieci gradi, come in Friuli. Ogni tanto piove e questo ha portato fango sui sentieri. Domenica a Niel ne hanno preso tanto, sorride Sara Casasola, arrivata quarta nel Superprestige vinto da Ceylin Alvarado (foto Instagram in apertura). Siamo di nuovo alla sua porta, avendo già parlato con lei pochi giorni fa della nuova squadra, per cercare di capire l’approccio degli atleti italiani al cross. Quando bici.PRO andò per la prima volta online era d’autunno nell’anno del Covid e il cross fu una delle prime specialità che seguimmo assiduamente. E proprio il gruppo delle ragazze era popolato da nomi che imparammo a conoscere. Francesca Baroni, Gaia Realini, Sara Casasola e Silvia Persico.
A distanza di quattro anni, Gaia Realini è passata in pianta stabile su strada. Francesca Baroni fece l’esperimento, andando anche bene, poi si è trasferita a sua volta in Belgio correndo quasi esclusivamente nel cross. Silvia Persico è stata dirottata su strada già dallo scorso inverno. Mentre Sara Casasola resiste nel cross, passando però nel frattempo nel gruppone Alpecin, che le consentirà di correre anche su strada. Il suo compagno Davide Toneatti, fresco di firma con l’Astana e fino agli U23 ottimo azzurro nel cross, ha appeso quella bici al chiodo.
Campionati italiani di Lecce, gennaio 2021: vince Baroni, seconda Realini, terza Casasola che qui si congratulaCampionati italiani di Lecce, gennaio 2021: vince Baroni, seconda Realini, terza Casasola che qui si congratula
Perché in Italia arrivi al punto che il cross devi lasciarlo? A un certo punto va fatta una scelta tecnica?
Diciamo che adesso dipende tanto dalle squadre. Io ho la fortuna di averne trovata una che mi fa fare entrambe le discipline, quindi ovviamente ho più libertà. Nella Lidl-Trek di Gaia (Realini, ndr) c’è chi continua a fare cross, però lì forse sta all’atleta decidere dove va meglio. Lei ha fatto delle stagioni su strada veramente impressionanti e penso che a quei livelli fare anche il cross sarebbe una limitazione. E’ andata forte nelle classiche, è andata forte nei Grandi Giri, è andata forte a fine stagione quindi non si può pretendere altro. Mentre nel caso di Silvia (Persico, ndr), probabilmente la decisione è stata dettata dalla squadra e anche dai risultati che ha fatto su strada. Parliamo di atlete che hanno fatto risultati a livello WorldTour. Nel mio caso, la squadra punta molto sul cross, essendo nel gruppo delle squadre migliori. Però mi lasceranno anche fare una bella attività su strada e questo è fra i motivi che mi hanno spinto a venire qui.
Puntando tanto sul cross sanno gestire meglio gli atleti?
La strada fa bene ed è anche bello farla ad alto livello, magari non per tutta la stagione. Non è facile conciliare entrambe le stagioni e può capitare che l’atleta sia costretto a fare delle scelte, come Gaia e Silvia. Non puoi arrivare dappertutto, altrimenti fai due anni forte su strada e nel cross e poi il terzo ti spegni e ti raccolgono con un cucchiaino. Purtroppo con il livello che c’è adesso, vai a tutta l’inverno, a tutta l’estate e non hai più una fase di riposo: non sono da biasimare gli atleti che preferiscono una disciplina all’altra. Ognuno ha le sue dinamiche, ognuno conosce le sue caratteristiche e dove può rendere meglio. Detto questo, è brutto veder smettere atleti che andavano forte nel cross. Ne parlavo dopo l’europeo, avere avuto anche Silvia davanti sarebbe stato bello. Sarebbero entrate in gioco dinamiche di squadra e sarebbe stato meglio essere in due a battagliare, piuttosto che da sola.
Hai mai avuto la tentazione di fare un anno solo su strada, mollando il cross?
Diciamo che finora non ho mai ottenuto su strada dei risultati che mi consentano di fare questo ragionamento. Però il prossimo anno farò gare differenti e vediamo come andrà con una squadra migliore a livello tecnico e di gestione. Per come sto andando ora nel cross, non è mia intenzione abbandonarlo.
Gennaio 2023, Casasola conquista il tricolore donne elite a Cremona. Ad applaudirla c’è Davide ToneattiGennaio 2023, Casasola conquista il tricolore donne elite a Cremona. Ad applaudirla c’è Davide Toneatti
Perché Davide Toneatti ha scelto di mollarlo?
Si è dispiaciuto per la scelta, perché nell’ultimo anno U23 è andato molto bene. Però è entrato in una squadra come l’Astana e, in quel caso, se non prendi la palla al balzo, non passi professionista. Nei maschi conciliare le due attività è ancora più difficile. Lui poi come caratteristiche fisiche è un po’ un diesel, quindi magari esce fuori meglio nelle gare lunghe, dure, logoranti. Nel cross andava forte, perché l’ultima volta ha quasi fatto il podio all’europeo, però sono valutazioni personali. E’ stata una scelta giusta, poi vedremo come andrà in questi anni, ma deve provare. Ha dovuto prendere una decisione immediata e in certi casi devi essere sveglio e buttarti. Se poi non andasse, ha sempre il tempo di tornare indietro e fare nuovamente il cross. E’ brutto da dire, sembra quasi che il cross sia lì e puoi farlo quando vuoi, però il livello su strada è alto e c’è tanta concorrenza.
Per gli uomini è più difficile?
Per noi è più semplice. Dopo il mondiale l’anno scorso c’è stato l’interesse di più di qualche squadra, che comunque mi avrebbero aiutato a conciliare entrambe le discipline. Nei maschi invece c’è Alpecin e poi quali altre squadre WorldTour fanno la doppia attività? Forse la Trek con un paio di atleti e la Visma con Van Aert e Van Empel. Adesso hanno preso qualche altra ragazza giovane, ma sempre di ragazze si tratta. Più che altro il problema negli uomini è che quelli che fanno attività WorldTour adesso stanno già preparando la strada e devono pedalare. Nelle donne c’è ancora lo spazio per fare il cross, staccare un attimo, rientrare e andare comunque forte. Penso alla Pieterse e la stessa Persico quando facevano ancora cross. Negli uomini ci sono più numeri, quindi se salti un mese perché hai fatto il cross, magari perdi il posto perché c’è un altro che va più forte di te. Mentre nelle donne, se una va forte nel cross, vuol dire che il motore ce l’ha e viene tenuta da conto anche su strada.
Il risultato è che appena i migliori U23 italiani passano professionisti, lasciano il cross e presto non avremo più atleti elite per europei e mondiali?
E’ una dinamica un po’ particolare. Agli europei abbiamo visto che i giovani italiani vanno forte, poi sta tutto alle società e nell’avere attornole persone giuste. Trovare le squadre che ti fanno fare la multidisciplina. La mentalità si sta aprendo, però ci sono tante dinamiche ed è molto personale. Entrano in gioco anche i soldi. Uno potrebbe chiedersi: perché devo fare la fame a correre nel cross, quando a vent’anni posso prendere anche centomila euro nel WorldTour? E’ quello che ingolosisce i ragazzi e lo capisco pienamente.
La strada e la pista si svolgono nella stessa stagione, il cross d’inverno. Qui Venturelli, che li fa tutti e treLa strada e la pista si svolgono nella stessa stagione, il cross d’inverno. Qui Venturelli, che li fa tutti e tre
Forse c’è un po’ più di elasticità nei confronti della pista.
Non so niente di pista a livello tecnico, ma forse è più facile da conciliare con la strada. Le gare sono sparpagliate durante la stagione e magari il corridore in condizione fa qualche richiamo specifico e può ugualmente vincere. Invece il cross ti porta via quattro mesi in cui sei focalizzato su quello e devi guardare a quello. Perdi volume, non stacchi perché noi corriamo nel periodo in cui gli altri staccano. E’ proprio il periodo della stagione che non ti aiuta a conciliare bene le due cose. Devi valutarla bene e per questo sono contenta di essere entrata in questo gruppo. Adesso si fa il cross. Poi si valuta come recuperare e quando entrare al meglio su strada. Non cercano di finirti, perché sanno che è impossibile fare due stagioni ad alto livello nello stesso anno.
Essendo venuta in Belgio, hai cambiato qualcosa nella preparazione?
Più che gli allenamenti, ho cambiato coach. Me ne è stato assegnato uno della squadra, ma non ci sono grosse differenze da quello che facevo prima. Forse un po’ più di intensità, ma soprattutto nell’allenamento specifico di cross. Quando sono in Belgio, il mercoledì abbiamo sempre un allenamento di cross da un’ora e mezza, due ore. Fai solo quello, ti alleni in gruppo quindi anche l’intensità è più alta. E hai dei coach appositi che ti dicono cosa fare e come, che ti correggono. Anche quello secondo me aiuta tanto. Magari su strada fai più o meno gli stessi lavori, però l’allenamento di gruppo fa la differenza. Anche volendo, quando ero a casa facevo il mio allenamento di cross con ritmo gara, ma un conto è farlo da sola e un altro con le stesse ragazze con cui correrò la domenica.
Il terzo posto di Overijse, dietro Brand e Van Empel, è uno dei quattro podi già ottenuti da CasasolaIl terzo posto di Overijse, dietro Brand e Van Empel, è uno dei quattro podi già ottenuti da Casasola
Cambia tanto?
Già solo guardandole si impara qualcosa, ma è comunque un metodo che ti sprona ad andare di più, quindi migliori. E poi ci sono i coach che ti correggono e ti danno delle dritte. Ci si allena proprio tutti assieme, allenamenti con dieci maschi e dieci femmine. Per forza poi alzi l’asticella. Se trovi una che va più forte, magari provo a tenerle la ruota e a copiare le traiettorie. Se sei da solo, la tecnica di guida resta la stessa e non vedi i passaggi in cui puoi migliorare.
Prossime gare?
Sarà un inverno abbastanza impegnativo. Sto qua fino alla Coppa di Anversa, poi andiamo in training camp fino al 7 dicembre e da lì voliamo in Sardegna e facciamo la Coppa a Oristano. A quel punto finalmente torno a casa qualche giorno. Ma non mi lamento, sto facendo quello per cui sono venuta in Belgio e mi sta andando davvero bene.
ZURIGO (Svizzera) – La grandezza della prova degli azzurri nella crono a squadre e nello specifico di Gaia Realini sta nei sette secondi di ritardo con cui Affini, Cattaneo e Ganna chiudono la loro frazione. Avevamo sperato che i ragazzi avrebbero lasciato un bel gruzzolo da gestire alle ragazze, senza considerare che il percorso del team relay era tutto fuorché il tracciato per una cronometro a squadre.
Pensavamo che si potesse vincere, ma il bronzo è un bellissimo traguardo che si somma agli ottimi risultati degli europei e a quelli di questo avvio di mondiale. L’Italia sa andare forte contro il tempo e prende medaglie anche quando la selezione da parte di Velo avviene in un campo di candidati limitato per indisponibilità o problemi di salute.
Alla fine per gli azzurri arriva un ottimo terzo posto a 8″ dall’Australia e a 7″ dall’argentoAlla fine per gli azzurri arriva un ottimo terzo posto a 8″ dall’Australia e a 7″ dall’argento
Troppe defezioni
Gli australiani hanno chiuso la prima parte con un piccolo margine, mentre le loro ragazze hanno mantenuto il margine fra sé e gli altri. Saremmo stati secondi alle loro spalle, se le ragazze della Germania non avessero tirato fuori la prova della vita chiudendo con 85 centesimi di ritardo dalle australiane. Il podio è tutto qui: Australia, Germania e Italia. Arriva così l’ennesima vittoria per Grace Brown che doppia l’oro della cronometro individuale ed è ad una sola gara dal ritiro.
In questo mondiale così costoso, al fronte di una sala stampa vuota di giornalisti (che verosimilmente arriveranno nel weekend per le gare su strada), il Belgio, la Gran Bretagna, il Portogallo e l’Olanda hanno deciso di non partecipare alla sfida per squadre. E così alla fine, vuoto per vuoto, la conferenza stampa dei team del podio salta perché non ci sarebbero abbastanza giornalisti per fare domande. Così, riservandoci di raccontare semmai in un altro momento le parole degli australiani, aspettiamo gli azzurri nella mixed zone. Prima che anche loro riprendano la via del pullman e dell’hotel.
Australia: Vine tira in salita, alle spalle O’Connor e Matthews: sue scalatori e un passistaBrown, Chapoman, Roseman-Gannon: le australiane volanoI tedeschi cominciano con Brenner, Heidemann e Schachmann: una prova inattesaKoch, Lippert e Niedermaier: la rimonta delle tedesche è sorprendenteAustralia: Vine tira in salita, alle spalle O’Connor e Matthews: sue scalatori e un passistaBrown, Chapoman, Roseman-Gannon: le australiane volanoI tedeschi cominciano con Brenner, Heidemann e Schachmann: una prova inattesaKoch, Lippert e Niedermaier: la rimonta delle tedesche è sorprendente
L’ironia di Cattaneo
Cattaneo racconta dei ruoli e dell’impegno. «Non auguro una crono come questa neanche a Lello Ferrara – dice Cattaneo sorridendo all’indirizzo dell’ex corridore al nostro fianco – perché era una crono impegnativa anche se fosse stata individuale. Penso che sia stata una delle più difficili che io abbia mai fatto. Bisognava spingere tanto in salita, ma poi non potevi provare a tirare un po’ il fiato in pianura. Tutto il giorno a tutta quindi, senza mai mezzo momento di recupero. Ma soprattutto in salita dovevi andare sempre un pochettino di più di quello che era il tuo limite e questo ha reso la crono molto molto impegnativa.
«Abbiamo cercato di sfruttare il più possibile le caratteristiche di ognuno. Io ho tirato il più a lungo possibile in salita, Pippo ed Edo hanno macinato metri in pianura e nei pezzi in cui la strada tirava in giù, mantenendo la velocità più alta possibile. Per cui ognuno era al limite nella parte che meno gli si addiceva, è stato molto duro…».
Cattaneo è forse l’azzurro più adatto al percorso di Zurigo, estremamente duroCattaneo è forse l’azzurro più adatto al percorso di Zurigo, estremamente duro
Un percorso sbagliato?
Affini ha il solito pragmatismo mantovano, cui si è aggiunto il rigore olandese. E questa crono proprio non gli è andata giù. «Cattaneo tirava in salita – dice – e c’è stato un momento che veramente volevo dirgli di calare, perché mi stava mettendo non al gancio, di più… Ho tenuto e siamo riusciti a scollinare. Pippo faceva proprio delle tirate da bestia. Poi quando all’ultimo chilometro Cattaneo ha dato l’ultimo cambio, ho chiuso gli occhi e mi immaginavo di essere già all’arrivo, invece mancavano ancora mille metri. Ho cercato di dare tutto, penso che abbiamo fatto tutti e tre una bella crono.
«Non credo fosse un percorso da crono – aggiunge – infatti è il percorso della gara su strada ed è duro: un motivo ci sarà. Per me è abbastanza semplice: se fai un percorso così, che a farci nove giri domenica verrà una gara tostissima, non ha senso farlo in tre con la bici da crono. A parte la durezza in sé, c’erano tantissime curve che non davano il ritmo della cronosquadre, come invece è stata quella degli europei. Lì potevano mettere anche qualche salita in più, però mantenendo la linearità. E’ come se per organizzare un mondiale per scalatori, non avessero messo le salite…».
Affini ha cambiato rapporti. Dal 68 degli europei, ha fatto la crono di domenica con il 60, oggi ha il 58Affini ha cambiato rapporti. Dal 68 degli europei, ha fatto la crono di domenica con il 60, oggi ha il 58
Le tirate di Ganna
Colpito e affondato! Giusto in tempo per l’arrivo di Ganna, colui che a detta di Affini faceva delle tirate da bestia. Pippo stamattina ha chiesto di smontare la borraccia: un atteggiamento cattivo, segno che sarebbe partito con idee bellicose. Ora ha girato un po’ le gambe sui rulli e ha riordinato le idee. «Alla fine – sorride – ho provato a uscire dalla sua ruota, ma mi sono detto: “Ma chi me lo fa fare?! Resto dietro che sto bene”. In due momenti ho guardato il misuratore di potenza: non lo avessi mai fatto, aveva ragione Amadio. Ci ha detto che oggi avremmo fatto meglio a non guardarlo, infatti così abbiamo fatto. Cattaneo ci ha portato al limite senza però farci andare oltre, non ci ha mai messo in difficoltà al punto di farci scoppiare. Ci ha lasciato girare sul fuoco, come l’asado, ci ha cucinato alla brace, a fuoco lento. E’ stato bravo.
«Le mie sensazioni? A fine stagione credo che le sensazioni cambino ogni giorno, non credo che fare un confronto con domenica sia possibile. E’ un anno che siamo in bicicletta a far fatica, sempre al limite. Prima con Edoardo scherzando ci siamo detti che il ciclismo agonistico di sicuro non aiuta la salute. E’ bello uscire, farsi una passeggiata, fare anche il percorso di oggi in amicizia. Ma al livello in cui lo facciamo noi, è meno bello…».
Ultima crono di stagione per Ganna, che arriva al team relay dopo l’argento della individualeUltima crono di stagione per Ganna, che arriva al team relay dopo l’argento della individuale
Longo di buon umore
Le ragazze arrivano insieme: Longo Borghini, Realini e Paladin. Sono passate davanti a Ettore Giovannelli e i microfoni RAI, che le ha aspettate con il collegamento in chiusura. Poi sono venute a parlare italiano. «E’ andata bene – dice Longo Borghini – sono contenta di me stessa, ma soprattutto sono contenta della nazionale. Alla fine ce la siamo giocata fino in fondo e più di così non potevamo fare.
«Come ho appena detto alla RAI – ridono entrambe – ho scoperto che stare a ruota di Gaia non è un grande risparmio, perché comunque ho sempre la testa un po’ scoperta. Infatti, quando lei passava davanti in salita, pensavo: “Ok, dai, adesso mi riposo un attimo e poi almeno tiro forte in pianura”. E poi invece avevo sempre un po’ d’aria che mi arrivava».
Longo Borghini e Realini rimangono sole presto e chiudono con un tempo notevoleLongo Borghini e Realini rimangono sole presto e chiudono con un tempo notevole
Realini e la crono
Realini sta al gioco, le battute sul suo essere minuta la accompagnano da sempre, ma ha imparato a rispondere mettendole tutte in fila sulle salite. «Non sono un’ottima compagna di crono – ammette – però ho cercato di dare il massimo nei punti a me più favorevoli, cioè le salite. E poi si è dato tutto anche dove bisognava spingere. Anche Soraya nella prima parte, nonostante abbia avuto una giornata no, ci ha dato una grande mano. Quindi come nazionale possiamo essere fieri di questo risultato e ce lo godiamo fino in fondo.
«Sinceramente – sorride – ho saputo che sarei venuta qui una settimana prima della gara. Pensavo fosse tutto uno scherzo, perché chiamare me per una crono… Ho chiesto a Velo se avesse sbagliato numero però mi ha detto di no, che le ragazze erano contente che io facessi parte del team. Allora ho detto: “Ok, proviamo questa nuova esperienza”. E ho dato il massimo, diciamo che un terzo posto al mondiale cronosquadre non è da buttare».
Soraya Paladin correrà anche su strada. Il suo contributo nel team relay ha risentito di una giornata stortaSoraya Paladin correrà anche su strada. Il suo contributo nel team relay ha risentito di una giornata storta
Grinta Paladin
Soraya Paladin ha lo sguardo basso, lo aveva così anche sul podio. La giornata non è stata delle migliori, ma conoscendola siamo certi che si rifarà sabato su strada. «Per me – ammette – ci sono emozioni contrastanti. Ovvio, è una medaglia, quindi fa sempre piacere salire sul podio, soprattutto perché è la prima volta che salgo su un podio mondiale. Però personalmente sono un po’ dispiaciuta per come è andata. Non posso farci niente. Loro andavano fortissimo in salita, sapevo che era un po’ la mia parte debole e così è stato.
«Ma sabato sarà completamente diverso – ruggisce – ovviamente dà morale vedere che l’Italia è salita sul podio. Elisa e Gaia hanno fatto una grande performance, quindi andiamo lì ancora più cattive e pronte a salire magari più in alto. Ve lo dico io: Elisa ha la gamba!».
Con il podio del team relay si chiudono le prove a cronometro: da domani si corre su strada. Iniziano gli junioresCon il podio del team relay si chiudono le prove a cronometro: da domani si corre su strada. Iniziano gli juniores
Sabato si combatte
Chiudiamo con le due compagne di Lidl-Trek che a fine stagione separeranno le loro strade e diventeranno avversarie. «Personalmente mi sono sentita bene – dice Longo Borghini – ho visto Gaia molto bene e onestamente una giornata no per Soraya ci può stare, ma credo che sabato sarà per noi una pedina molto importante».
«Secondo me oggi – fa eco Realini – abbiamo fatto un bel test su questo circuito. Verrà una gara molto dura perché non ci sarà un attimo di respiro. Non ci sono salite lunghissime, ma si potrà fare la differenza. E noi come nazionale siamo molto forti e giocheremo unite e ci giocheremo al meglio le nostre carte senza pressione. Questa volta insomma, quando Sangalli mi ha chiamato, non ho pensato che avesse sbagliato numero. Sabato si combatte!».
Il cittì delle donne lancia la volata su Parigi 2024 facendo un'analisi del movimento della pista. Punti deboli individuati, sappiamo già su cosa lavorare
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ZURIGO (Svizzera) – I campionati del mondo per le prove contro il tempo termineranno ufficialmente domani con il mixed team relay. Una prova difficile, resa ancor più tosta dal percorso e dal livello molto alto dei contendenti all’oro. Dopo il successo dell’europeo gli azzurri si approcciano ad un’altra sfida nei panni della favorita. Dell’ossatura che ha dominato in Belgio rimangono i soli Affini e Cattaneo, gli altri quattro interpreti cambieranno. Nel trio maschile ai due alfieri d’oro si aggiunge Filippo Ganna. Per le tre ragazze, invece, il terzetto si compone dell’esperta Longo Borghini, affiancata da Soraya Paladin e Gaia Realini.
«La gara – attacca subito a parlare il cittì Marco Velo – è parecchio dura. Direi un po’ insolita per una cronometro, soprattutto a squadre. Somiglia più a una cronoscalata, credo che in tre il percorso sia abbastanza proibitivo. Non tanto per la salita, che comunque va a snaturare quello che è il gesto di una cronometro, ma per le tante discese e i diversi tratti pericolosi. Le squadre incontreranno parecchie strade strette, quindi non si riuscirà a lanciare bene il terzetto. Detto questo siamo qua per lottare e provare a far bene, non lo nego, ho tre corridori uomini e tre atlete donne che sono di altissimo livello».
Cattaneo e Affini hanno corso il team relay all’europeo e saranno della partita anche domaniGanna ha una condizione ottima, nel tratto in salita domenica ha fatto registrare gli stessi tempi di EvenepoelCattaneo e Affini hanno corso il team relay all’europeo e saranno della partita anche domaniGanna ha una condizione ottima, nel tratto in salita domenica ha fatto registrare gli stessi tempi di Evenepoel
Un percorso del genere ha creato qualche difficoltà in più nel comporre le due squadre?
Non è un percorso ideale a Ganna o Affini, però sono fiducioso della loro condizione che è super (in apertura insieme a Marco Velo, foto Federciclismo / Maurizio Borserini). Mi piacerebbe rimarcare anche la voglia di due ragazzi come loro di mettersi a disposizione e nel prendere parte a questa gara. Quando ho iniziato a pensare ai vari nomi da includere nella lista dei papabili non ho ricevuto riscontri positivi dagli altri atleti. Soprattutto quando non ero sicuro della presenza di Pippo (Ganna, ndr) e della condizione di Edoardo (Affini, ndr). Ma nel team relay conta tanto lo spirito di squadra, i tre ragazzi sono dei fratelli mancati, sarà questo il nostro plus.
Su di lui c’è poco da dire. Insieme a tutti gli altri è un super atleta che è in grado di fare molto bene domani. In salita alla Vuelta, quando si metteva a tirare, rimanevano agganciati in pochi alle sue ruote. Questo è un buon segno, significa che sta andando forte.
Questa mattina i ragazzi del team relay hanno provato il percorso (foto Federciclismo / Maurizio Borserini)Il terzetto delle ragazze ha delle caratteristiche che calzano a pennello per il team relay (foto Federciclismo / Maurizio Borserini)Questa mattina i ragazzi del team relay hanno provato il percorso (foto Federciclismo / Maurizio Borserini)Il terzetto delle ragazze ha delle caratteristiche che calzano a pennello per il team relay (foto Federciclismo / Maurizio Borserini)
Il team femminile ha delle caratteristiche atletiche praticamente perfette per questa prova.
Credo che le ragazze siano fortissime su questo tipo di percorso, La scelta di portare Realini è sicuramente dipesa dal tipo di percorso. Mi è piaciuta tanto la sua reazione alla chiamata, era molto felice e motivata nel mettersi alla prova. Longo Borghini e Paladin saranno due ottime pedine per un team relay impegnativo ma sul quale sono fiducioso.
Longo Borghini sarà fondamentale per il team relay di domaniA lei si affiancherà la compagna di team Realini, che in salita darà un grande contributoPaladin completa il terzetto delle donne Longo Borghini sarà fondamentale per il team relay di domaniA lei si affiancherà la compagna di team Realini, che in salita darà un grande contributoPaladin completa il terzetto delle donne
Facciamo un salto a ieri, concentrandoci sulla cronometro under 23, come giudichi i risultati?
La scelta è ricaduta su Bryan Olivo e Andrea Raccagni Noviero. Penso che il primo non abbia fatto una super prova, si aspettava qualcosa in più, però usciva da un periodo lungo di stop. Mentre Raccagni Noviero è andato forte, considerando il percorso non adatto alle sue caratteristiche. Sono contento perché ha fatto una buona prova, fino all’ultimo intermedio era a 30 secondi da Romeo.
Noi avevamo in casa il campione iridato under 23, Milesi. Come mai non ha difeso il titolo?
E’ stato preso in considerazione, chiaramente, ma mi ha detto che non voleva partecipare al mondiale perché non ha usato la bici da crono ultimamente e non se la sentiva.
Bryan Olivo è tornato a correre dopo 4 mesi di stop, la prestazione di Zurigo rappresenta una buona ripresaRaccagni Noviero ha detto di aver spinto troppo nella prima parte, ma non ha rimpiantiBryan Olivo è tornato a correre dopo 4 mesi di stop, la prestazione di Zurigo rappresenta una buona ripresaRaccagni Noviero ha detto di aver spinto troppo nella prima parte, ma non ha rimpianti
Sia Olivo che Raccagni Noviero hanno disputato poche cronometro durante la stagione, per motivi diversi.
Sugli under 23 c’è un po’ di difficoltà nel mettere insieme tante prove contro il tempo. In Italia se ne corrono poche, ce n’è stata una, seppur breve, al Giro Next Gen. Da questo punto di vista dobbiamo imparare da Paesi stranieri nei quali, sia tra gli juniores che tra gli under 23, in qualsiasi tipo di corsa a tappe c’è comunque inserita una cronometro. Perché, alla fine, se si vuole crescere a livello di risultati serve curare questa disciplina, altrimenti non porti a casa nulla.
Raccagni Noviero corre in un devo team, lì cambia qualcosa?
La fortuna è che le squadre development dei professionisti hanno una mentalità diversa, quindi forniscono a questi ragazzi le bici da crono. In questo modo le usano per allenarsi almeno un paio di volte durante la settimana. Guidare una bici da cronometro non è la stessa cosa di guidare quella da strada, serve allenare il gesto.
Avete mai sentito parlare di Bryan Olivo? Nel giorno della Coppa del mondo a Tabor, ecco un ragazzino azzurro forte su strada, cross e pista. Ha soltanto 17 anni
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