CTF sugli scudi: Buratti cresce e sogna il professionismo

06.05.2022
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Il Cycling Team Friuli ha fatto incetta di risultati nella sua trasferta oltre confine alla Carpathian Couriers Race. Fran Miholjevic si è portato a casa la classifica generale, quella di miglior giovane e la classifica a punti. Un altro nome che ha brillato in territorio slovacco, al confine con la Polonia, è quello di Nicolò Buratti.

Il giovane corridore friulano, classe 2001, non è mai uscito dalla top ten nelle quattro tappe disputate. Ha conquistato il prologo di apertura, il quinto posto nella seconda frazione, infine un secondo ed un decimo posto nelle ultime due tappe.

Potremmo dire che è stata una trasferta prolifica…

E’ stata una bella gara, nella quale abbiamo fatto bene come squadra e anche dal punto di vista personale mi ritengo molto soddisfatto. Non mi aspettavo di poter vincere il prologo iniziale, mi sentivo bene ma non credevo fino a questo punto. Per quanto riguarda il resto delle tappe, sapevo fossero adatte a me.

E’ la tua seconda vittoria stagionale dopo il GP La Torre a Fucecchio.

Sono, anzi, siamo partiti forte quest’anno. Il giorno prima della vittoria a Fucecchio avevo ottenuto il secondo posto alla Firenze-Empoli (vinta da Guzzo, ndr). Il mese di marzo è andato molto bene, sono arrivato terzo al Gp Slovenian Istria, gara 1.2. Aprile è stato un mese un po’ più sfortunato.

Sei al secondo anno con il CTF, come ti trovi?

E’ una squadra continental che fa molta attività anche in altre Nazioni: Croazia e Slovenia su tutte. Questo ci permette di lavorare bene e di confrontarci con corridori e squadre di alto livello. Il team è davvero giovane, abbiamo solamente un corridore elite (Sergio Tu, corridore taiwanese richiesto da Merida, classe 1997, ndr). Sono gare con un parterre di atleti con un livello più alto rispetto a quello nazionale. Ti scontri con continental straniere davvero attrezzate.

Nicolò Buratti ha ottenuto la sua seconda vittoria stagionale aggiudicandosi il prologo iniziale della Carpathian Couriers Race
Nicolò Buratti ha ottenuto la sua seconda vittoria stagionale aggiudicandosi il prologo iniziale della Carpathian Couriers Race
E’ un confronto positivo per crescere e maturare anche in ottica professionismo.

Sì, anche perché l’obiettivo di ognuno di noi è quello di passare professionista. Confrontarsi con atleti che hanno avuto esperienze tra i pro’ è giusto, anche perché il livello, una volta tra i grandi, è alto. Diciamo che ci si abitua da subito. La mia prima gara fuori confine è stato il GP Adria Mobil nel marzo del 2021. Una corsa molto rinomata alla quale hanno partecipato anche la Bardiani ed i team development della Jumbo e della Groupama.

Hai fatto il primo anno da under 23 al Pedale Scaligero, come sei arrivato al CTF?

Nei due anni da junior non ero andato molto bene, anzi direi che sono stati i miei due anni peggiori. Le cause sono un po’ psicologiche ed un po’ per la maturazione fisica tardiva. Il primo anno da under 23 con il Pedale Scaligero mi ha permesso di crescere e di mettermi in mostra, così è arrivata la chiamata del Cycling Team Friuli. Essendo io friulano un po’ ci speravo e quando mi hanno contattato non ci ho pensato due volte. 

Il Cycling Team Friuli è una realtà che lavora con ragazzi giovani per formarli e farli crescere (foto Scanferla)
Il Cycling Team Friuli è una realtà che lavora con ragazzi giovani per formarli e farli crescere (foto Scanferla)
Che differenze hai trovato nel cambiare squadra?

Il CTF è un ambiente molto professionale, sotto tutti gli aspetti: da quello atletico a quello mentale. Si ragiona da grande team ed è importante per far crescere dei corridori pronti al professionismo. In più anche a livello di struttura e di supporto all’atleta ci sono molte strutture, come il CTFLab, cui si si appoggiano anche alcuni atleti professionisti. Curano la preparazione e la biomeccanica per ottenere il meglio una volta che si sale in bici.

Come ti trovi con la squadra e con Renzo Boscolo?

Il gruppo di atleti è molto unito, essendo poi tutti vicini di età è facile andare d’accordo. Renzo, insieme a tutto lo staff e al presidente Roberto Bressan, è il motore della squadra. E’ sempre pieno di energia e di idee, ci sta molto dietro ed è un punto di riferimento per tutti noi. 

Sul podio di Fucecchio, Boscolo (a sinistra) con il vincitore Buratti e il CT Friuli
Sul podio di Fucecchio, Boscolo (a sinistra) con il vincitore Buratti e il CT Friuli
A proposito di pro’, hai corso anche con loro?

Sì, sempre l’anno scorso ho corso con il Cycling Team Friuli la Cro Race e poi con la nazionale la Per Sempre Alfredo. Devo ammettere che ho provato una particolare emozione, soprattutto in Croazia dove per la prima volta ho corso accanto a Landa e Yates. Sono emozioni che però poi bisogna metabolizzare, perché alla lunga deve diventare la normalità.

Tu sei al terzo anno, stai già pensando al professionismo, magari dall’anno prossimo?

Ci penso, come è giusto che sia. Il mio è stato un percorso abbastanza graduale, con il primo anno qui al CTF ho capito cosa vuol dire fare ciclismo e la vita da corridore. Dal 2022 ho avuto un miglioramento ulteriore delle mie qualità tecniche, sarebbe bello passare pro’, ce la metterò tutta e credo di essere abbastanza maturo.

Anche tra i ragazzi c’è una bella amicizia, qui De Cassan (a sinistra) e Buratti (a destra) che festeggiano la vittoria al GP La Torre
Anche tra i ragazzi c’è una bella amicizia, qui De Cassan (a sinistra) e Buratti (a destra) che festeggiano la vittoria al GP La Torre
Che tipo di corridore ti senti di essere?

Se dovessi mettermi in una categoria direi quella dei passisti-veloci, me la cavo molto bene sui percorsi mossi, come alla Carpathian Couriers Race. Non sono molto veloce, piuttosto preferisco le gare dure con arrivi in gruppi ristretti. Mi sento più un corridore da corse di un giorno.

Prossimi appuntamenti? Farai il Giro d’Italia Under 23?

Lo farò, sarà la mia seconda partecipazione, l’anno scorso ho ottenuto dei buoni piazzamenti, quest’anno punterò a migliorarmi. Tra poco andrò sul Pordoi insieme a due miei compagni proprio per preparare il Giro. E’ l’appuntamento più importante in Italia e l’atmosfera che si respira è davvero entusiasmante.

Di carattere come ti descriveresti?

Abbastanza tranquillo, riservato ed introverso. Vado d’accordo con le persone, in gruppo mi trovo bene.

Da un Miholjevic all’altro, la storia di Fran e suo padre Vladimir

04.05.2022
8 min
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Fran Miholjevic ha vinto la Carpathian Couriers Race, terzo successo di stagione dopo la tappa al Giro di Sicilia e il GP Vipava Valley di febbraio. Di lui si sa che indossa per il secondo anno la maglia del Cycling Team Friuli e che suo padre Vladimir è il team manager della Bahrain Victorious.

Finora vi abbiamo raccontato di Marta Cavalli attraverso gli occhi del padre Alberto. Ci siamo emozionati per l’esultanza di Elisa Balsamo e suo padre Sergio sul traguardo di Wevelgem. E giusto domenica abbiamo conosciuto Marco Fortunato, che continua a lavorare con i bambini alle porte di Bologna, mentre Lorenzo si prepara per il Giro. Ma cosa succede quando tuo padre è uno dell’ambiente e per giunta anche importante?

Ciclismo, no grazie

Lo abbiamo chiesto a Miholjevic senior, 48 anni, professionista dal 1997 al 2012 con 11 stagioni in squadre italiane: Alessio, Liquigas, Acqua & Sapone. Lo abbiamo pregato di parlare da padre e non da addetto ai lavori. Almeno finché è stato possibile tenere separati gli ambiti.

«Quando correvo – sorride – i bambini non volevano vedere le corse in televisione. Le odiavano. Così mia moglie le guardava da sola. Quando ho smesso, sono tornato a studiare Legge. Mi mancavano 10 esami. E intanto, una squadra di triathlon di Fiume, la mia città, mi chiamò per chiedermi di seguire i loro allenamenti. Ne parlai con mia moglie. Le dissi che senza un obbligo, non ce l’avrei fatta a risalire in bici. Così cominciai. E mentre mi stavo preparando per il primo allenamento, Fran mi chiese se poteva venire con me. Era il 2014, aveva 12 anni e una mountain bike di 20 chili che gli avevamo comprato qualche anno prima per la promozione».

Come andò a finire?

Erano ragazzi di 15 anni, quindi tre più di lui. Però Fran andava. Abbiamo la fortuna di vivere fuori città, vicino al bosco. Ancora oggi, ma a quel tempo di più, i bambini giocano in strada e lui era forte. Così tenne il ritmo.

L’orgoglio di papà?

Lo osservavo e credevo che gli sarebbe passata la voglia. In famiglia eravamo un po’ stufi dello sport, non vedevo i miei figli fare agonismo. Però, visto che mi chiese di riprovarci, gli diedi la Cannondale che la Liquigas ci aveva lasciato dopo la vittoria al Giro del 2007. Era una 56, lui ancora aveva bisogno di una 52. Però ci salì sopra e staccò tutti. Fu allora che pensai: «Forse qualcosa c’è!». Così chiamai l’Acqua & Sapone, che nel frattempo aveva chiuso, ma aveva ancora delle bici in magazzino. Chiesi se ne avessero una della sua taglia e mi mandarono quella di Betancur. E piano piano, si cominciò a capire che c’era del talento.

Al Trofeo Ucka del 2019, primo di categoria. Eccolo con padre, madre e sorella minore (foto Novi List)
Al Trofeo Ucka del 2019, primo di categoria. Eccolo con padre, madre e sorella minore (foto Novi List)
In che modo?

Lo portai a una gran fondo e la vinse. Poi si è iscritto al club dove avevo cominciato anche io. E da junior è andato alla Adria Mobil, che ai miei tempi si chiamava KRKA Telekom. Purtroppo anche lui è incappato nel lockdown. Nel 2020 aveva 18 anni, secondo anno junior. E come tutti i ragazzi della sua età ha perso la possibilità di dimostrare il suo valore. Mi faceva quasi compassione nel vedere quanta energia mettesse negli allenamenti senza poter correre. Il quarto posto agli europei di Plouay fu una grossa soddisfazione.

In che modo lo hai seguito?

Ho cercato di fargli capire le specifiche dello sport. Lo guardavo e cercavo di trasferire a lui la mia esperienza. Io non ero veloce, ma spesso riuscivo a fare selezione in salita e vincevo perché ero meno morto degli altri. Fran è sempre stato un bambino più intelligente di me. Io al confronto ero un… caprone forte. Mi chiedevo: a cosa mi serve l’astuzia, se li posso staccare tutti? E se poi rientravano e mi battevano in volata, ero contento lo stesso, perché comunque in salita ero stato più forte. Fran è più furbo. E’ veloce e va bene a crono.

Sei sempre stato presente?

Avere da junior il padre che sa di bici è un vantaggio. Da under 23 diventa un peso e così ho cercato di stare lontano. Ho chiamato per lui un agente, Mattia Galli, perché potesse seguirlo con una minima influenza da parte mia. Era strano che andassi a parlare io con le squadre. Sono venute offerte dalla Leopard in Lussemburgo. So che parlavano con la FDJ. Finché un giorno, ragionando con Pellizotti, il discorso è finito sui tanti corridori che venivano dal Cycling Team Friuli.

Dal 2021, Fran Miholjevic indossa la maglia del Cycling Team Friuli (foto Scanferla)
Dal 2021, Fran Miholjevic indossa la maglia del Cycling Team Friuli (foto Scanferla)
Non li conoscevi?

Li vedevo, ma non avevo mai approfondito. Parlando, ci siamo resi conto che vincevano, ma soprattutto avevano una buona riuscita nel professionismo. Ragazzi come De Marchi, Fabbro e Aleotti erano un bel biglietto da visita. “Pelli” diceva che lavorano bene, insistendo sull’educazione, senza pressioni, facendoli crescere. Così andai a parlare con Bressan.

Insomma, alla fine hai ceduto e ti sei fatto avanti tu…

Gli dissi di valutarlo come corridore (sorride, ndr), non come il figlio di Miholjevic. Se lo riteneva all’altezza, se ne poteva parlare. Roberto aveva già la lista piena, per non lasciare indietro i ragazzi che durante il Covid non si erano espressi, ma alla fine decise di dargli una possibilità. Così Fran ha iniziato a lavorare con Andrea Fusaz, ma anche con Alessio Mattiussi e Fabio Baronti. E poi ha trovato in Renzo Boscolo un diesse con grande visione di corsa e capacità di comunicazione. Se ci sono problemi, si chiariscono subito. Sanno dare anche delle sberle, ma in modo pedagogicamente giusto. Da padre, sono proprio contento.

Anche da manager, visto che nel frattempo è iniziata la collaborazione fra Bahrain e CTF…

Vero. Siamo sulla via giusta per farlo in modo davvero costruttivo. Costruire una continental richiede tanto entusiasmo e tanta energia, che poi viene ripagata quando i corridori li vedi crescere e vanno via. Abbiamo imparato reciprocamente. I nostri hanno visto la fame di arrivare dei ragazzi e anche a loro è scattata la molla di dimostrare quanto valgono. E tutti onorando gli stessi sponsor tecnici.

Che corridore può diventare Fran?

Non è uno scalatore puro, né un velocista. E’ alto 1,90 e pesa 72 chili. E anche se con questi numeri qualcuno ha vinto i Giri, sono tanti chili da portare. Ha le abilità per le corse di un giorno, ma non ha provato quelle del Belgio, perché la nazionale croata juniores non ha i numeri per certe trasferte. Per questo il prossimo anno con il CTF vorremmo fare le gare più importanti del Belgio. Vogliamo internazionalizzare la squadra. La base sarà italiana, la sua forza. Ma abbiamo tante richieste da U23 e juniores che vogliono venire al Bahrain passando per il CT Friuli. Ed è davvero una grande conferma del buon lavoro.

Vacanze di famiglia: con Vladimir e Fran, la mamma Irena e le sorelle Tara e Lana
Vacanze di famiglia: con Vladimir e Fran, la mamma Irena e le sorelle Tara e Lana
Fran vive a casa o sta più spesso in ritiro?

La sede del team è a 135 chilometri da casa, per cui sta spesso a Fiume dove ci sono percorsi ottimi per allenarsi. Però si ferma volentieri anche in ritiro. Là c’è Stockwell, un bel corridore. Vanno d’accordo, per cui Fran parte un giorno prima e torna sempre un giorno dopo.

Alla fine hai capito perché non volevano vedere le gare in tivù?

La figlia più grande, Lana che ha 23 anni, non voleva guardare perché era gelosa delle miss sul palco. A Fran invece non interessava, non era un bambino che mostrava affinità con lo sport. Ha fatto basket, poi pallamano che da noi è famosa e forte. Infine ciclismo. Mi faceva pensare a suo zio, il fratello di mia moglie, forte in qualunque sport, ma senza la mentalità per approfondire. Credevo che Fran fosse così, che facesse sport finché era comodo, invece mi sbagliavo di grosso. Del resto, l’ho sempre detto (ride, ndr) che non sono bravo a valutare le persone…

Fran Miholjevic: cognome importante come il suo talento

08.04.2022
4 min
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Fran Miholjevic ha lo sguardo furbo, ce lo dicono tutti e mentre parla con noi a pochi minuti dal via lo si vede. Il talento non gli manca ed in questo inizio di stagione lo ha ampiamente dimostrato, prima la vittoria al GP Vipava, in Slovenia e poi il secondo posto a San Vendemiano. Durante l’intervista gli occhi corrono lungo le colline di Col San Martino a scrutare l’orizzonte

Allora gli chiediamo se teme l’arrivo della pioggia. «Non mi piace molto correre con la pioggia» risponde rapidamente lui, mentre gli occhi non la smettono di viaggiare. E’ uno dei corridori più promettenti del Cycling Team Friuli e figlio di Vladimir Miholjevic, team manager della Bahrain Victorious.

Il giovane croato, qui in piedi sui pedali in mezzo al gruppo, è al secondo anno nelle file del Cycling Team Friuli
Il giovane croato, qui in piedi sui pedali in mezzo al gruppo, è al secondo anno nelle fila del CT Friuli
Allora Fran, questo inizio anno hai già vinto una corsa e ottenuto buoni risultati.

Sì, la corsa che ho vinto mi ha dato grande motivazione per lavorare bene. Questo è il mio secondo anno con il team, l’anno scorso ho avuto un periodo di adattamento, ma ora mi sento veramente pronto.

Cosa è cambiato rispetto all’anno scorso?

Non avendo più la scuola, ho avuto modo di potermi allenare al meglio e di prepararmi alle corse in maniera più approfondita.

Miholjevic al Trofeo Piva ha sofferto molto il maltempo, tanto da ritirarsi. L’apprendimento passa anche da giornate storte
Miholjevic al Trofeo Piva ha sofferto molto il maltempo, tanto da ritirarsi
La forza non ti manca, cosa ti aspetti da questa stagione?

Ora sto bene e spero di poter andare forte anche nelle prossime gare. Non ho obiettivi, vincere è sempre bello, ma direi che la cosa giusta è andare avanti un passo alla volta, lavorando gara per gara.

Conosciamoci un po’, come hai iniziato ad appassionarti alla bici?

Mio papà mi ha fatto conoscere questo sport, ovviamente non mi ha mai spinto a praticarlo. Però avere accanto sin da piccolo questo mondo mi ha creato curiosità, così ho voluto mettermi alla prova.

Com’è il tuo rapporto con lui?

Mi confronto, ma lascia sempre che sia io a decidere per me. Mi lascia molto spazio da questo punto di vista.

Le bici Merida con le quali corre il Cycling Team Friuli grazie alla collaborazione con la Bahrain Victorious
Le bici Merida con le quali corre il Cycling Team Friuli grazie alla collaborazione con la Bahrain Victorious

La voce del tecnico

Visto il gran parlare che si fa attorno al talento di Fran abbiamo voluto chiedere al suo diesse, Renzo Boscolo, qualche considerazione sul ragazzo.

«Questo è il suo secondo anno con noi – dice Renzo – l’anno scorso ha avuto anche la scuola quindi c’era altro su cui concentrarsi. Però appena finita abbiamo visto quanto è cresciuto in breve tempo, non dobbiamo dimenticare che è un 2002».

Renzo Boscolo diesse del Cycling Team Friuli
Renzo Boscolo diesse del Cycling Team Friuli
Come è arrivato da voi?

Noi come Cycling Team Friuli abbiamo rapporti di confine con tutti gli Stati vicini, sia Slovenia che Croazia. Lui è venuto da noi alla fine del secondo anno da junior chiedendoci se ci fosse posto e lo abbiamo accolto a braccia aperte. Tra l’altro aveva vinto la gara a Cividale, noi eravamo presenti e lo abbiamo notato subito.

Questo suo secondo anno servirà anche per affermarsi?

Vi dico, si sta notevolmente accorciando la finestra per mettersi in mostra. Una volta si aspettavano gli elite, ora si ha a che fare con ragazzi già pronti dopo due anni. Diciamo che lui sicuramente quest’anno ha fatto un bel salto in avanti nella preparazione. Vedremo dove potrà arrivare.