Calciatore, scalatore e velocista: De Kleijn non si ferma più

29.12.2023
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L’ALBIR (Spagna) – Arvid De Kleijn arriva nella hall con il passo stanco di chi si è appena svegliato. Il ritiro del Tudor Pro Cycling Team è agli sgoccioli, a gennaio ce ne sarà un altro e a giudicare dal tanto lavorare di ogni membro dello staff, per allora la squadra avrà salito un altro gradino.

De Kleijn, il cui significato in olandese è letteralmente “il piccolo”, è effettivamente un velocista compatto e guizzante, alto 1,71 per 68 chili di peso forma. Fra i suoi meriti sportivi, fra le circa 15 vittorie da quando corre in bicicletta, c’è che la sua prima del 2023 sia stata la prima anche per la neonata squadra svizzera. Ottenuta sulle strade italiane, battendo Gaviria alla Milano-Torino. Attorno alle ammiraglie della Tudor si respirava una gioia da campionato del mondo.

Arvid ha i capelli corti con la riga a sinistra e lo sguardo simpatico. Al ciclismo c’è arrivato tardi, avendo alle spalle buoni trascorsi nel calcio. Evidentemente però ci ha messo poco a prendere le misure, se è vero che nel 2023 oltre alla Milano-Torino ha portato a casa altre cinque vittorie (in apertura la terza tappa dello ZLM Tour).

L’incontro con Arvid De Kleijn si è svolto nell’hotel vicino Calpe, base della Tudor Pro Cycling
L’incontro con Arvid De Kleijn si è svolto nell’hotel vicino Calpe, base della Tudor Pro Cycling
Che cosa significa per te essere stato il primo vincitore della squadra?

Significa molto, in realtà. Inoltre, vista la gara che ho vinto, è stato ancora più bello. E quello che più conta è che dopo la Milano-Torino ho avuto una stagione davvero molto positiva, per me e per il mio treno. Non avevamo avuto tanto tempo per conoscerci, invece ha funzionato subito. E’ davvero bello avere intorno un gruppo di compagni che si fidano di me, come io mi fido di loro. E’ stata davvero una buona stagione. Ero certo che, con un treno che mi supportasse davvero, potessi fare cose del genere. Ma tra il dire e il fare c’è il mare. E vincere è la parte difficile del ciclismo.

Sei arrivato abbastanza tardi nel gruppo, come mai?

Ho cominciato a 16 anni e sono diventato professionista che avevo già 25 anni. Prima sono stato abbastanza forte a livello regionale, al punto da farmi vedere in alcune corse tra i professionisti e questo mi ha permesso di firmare un contratto con la Riwal, una squadra danese. Da lì sono passato alla americana Rally Cycling che l’anno dopo, nel 2022, è diventata Human Powered Health. Non abbiamo fatto grandissime corse, ma mi hanno permesso di mostrare il mio potenziale e mi hanno messo a disposizione un treno. Così alla fine mi ha notato la Tudor e adesso eccomi qui.

Nel 2021 e 2022, De Kleijn ha corso con la Rally Cycling, poi diventata Human Powered Health. Qui con Colin Joyce
Cosa facevi prima di scoprire la bicicletta?

Altri sport. Tanto calcio e anche ginnastica. Il ciclismo era nell’aria, pur non avendo avuto altri esempi in famiglia. Mi ha sempre interessato molto e a un certo punto, intorno ai 16 anni, ho voluto provarci. Però ero forte anche nel calcio, ero davvero bravo. Vincevo, per un po’ è stato bello, poi però ho smesso di divertirmi. Fino al momento in cui un ragazzo venne a dirmi che secondo lui avevo talento per il ciclismo. Mi diede una bici ed è cominciato tutto.

Sei sempre stato un velocista?

Il contrario (sorride, ndr). All’inizio e per qualche anno ho sempre pensato di essere uno scalatore. Fisicamente ho avuto uno sviluppo tardivo, per cui ero davvero piccolo e leggero. Da junior ero uno scalatore veloce, diciamo un finisseur. Poi, quando ho compiuto 23 anni, ho iniziato il vero sviluppo e da ragazzo sono diventato uomo. A quel punto mi sono scoperto capace di sprintare davvero bene. I miei numeri erano così alti che ho pensato di convertirmi in velocista.

Fra le sei vittorie 2023 di De Kleijn, anche la tappa di Brema al Deutschland Tour
Fra le sei vittorie 2023 di De Kleijn, anche la tappa di Brema al Deutschland Tour
E adesso preferisci l’atteggiamento mentale dello scalatore o dello sprinter?

Quello del velocista: tutto o niente. Lo sprint è come un gioco. Le corse in salita sono belle da guardare. I corridori soffrono e a volte è davvero spettacolare vedere quanto possano essere grandi i distacchi. Ma per me che sono un velocista, è più eccitante vedere gli sprint, se capisci veramente cosa sta succedendo.

Dopo una stagione come l’ultima, che inverno stai vivendo e quali sono i tuoi obiettivi per il 2024?

Ho 29 anni, ma come ho detto sono sbocciato tardi e credo di poter migliorare ancora. Quindi non vedo l’ora di fare gare più grandi con il mio treno e metterci alla prova a livelli più alti. Mi piacerebbe avere continuità ed essere capace di giocarmi le corse per tutto l’anno: che poi si vinca o no, non dipende solo da noi. La squadra sta crescendo molto velocemente ed è super bello da vedere.

Le ultime due vittorie 2023 di De Kleijn sono venute al Tour de Langkawi, assieme alla maglia a punti
Le ultime due vittorie 2023 di De Kleijn sono venute al Tour de Langkawi, assieme alla maglia a punti
Te lo aspettavi?

E’ impressionante vedere la velocità con cui avvengono i cambiamenti, per questo mi piacerebbe continuare a crescere con loro. E’ un ambiente molto bello e penso che faremo davvero un buon lavoro. A volte ho la sensazione che si vada troppo veloce, ma non è così. La verità che la Tudor Pro Cycling ha molte ambizioni e i corridori non sono da meno. Quindi tutti spingono per avere di più. E’ davvero un ottimo ambiente in cui trovarsi.

Cosa pensi di Fabian Cancellara come titolare della squadra?

E’ fantastico averlo vicino. Fabian ha molta esperienza, non soltanto con le classiche e le crono, ma in generale come persona. Penso che possiamo imparare tutti da un uomo del genere, che è anche molto gentile.

La vittoria alla Milano-Torino del 2023 è stato il primo successo per il Tudor Pro Cycling Team
La vittoria alla Milano-Torino del 2023 è stato il primo successo per il Tudor Pro Cycling Team
Cosa ricordi della Milano Torino?

Che ero caduto e ugualmente ero davvero ansioso di fare bene. Nella riunione prima della corsa, ho detto ai ragazzi che avremmo dovuto crederci e che avremmo potuto fare bene nonostante il livello così alto. E guardandoli ho visto che ci credevano anche loro. Avevamo un buon piano, lo abbiamo seguito, abbiamo vinto ed è stato fantastico. Erano tutti super felici e ho scoperto che erano venuti anche i miei genitori.

Dall’Olanda per la Milano-Torino?

Non mi avevano detto niente. Hanno una casa in Francia, nelle Alpi, vicino alla valle del Rodano. E io in un primo momento avevo pensato che sarebbero potuti venire. Tuttavia dato che non li avevo più sentiti, mi ero convinto che l’avrebbero vista in televisione, perché quando vengono alle corse sono sempre stressati. Invece dopo il traguardo, all’improvviso è sbucato dal nulla mio padre e mi ha abbracciato. Ci sono anche dei video che lo mostrano. E’ stato bellissimo. Ecco cosa ricordo della Milano-Torino, è stata proprio una bella giornata.

Trentin sposa lo stile Tudor e parla chiaro sui giovani

25.12.2023
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L’ALBIR (Spagna) – Quando nei giorni scorsi ci siamo trovati a parlare di Trentin con Diego Ulissi, l’osservazione del toscano sul trentino è stata di grande apprezzamento. «Dato che Matteo ha dimostrato di essere ancora vincente – ha detto – è comprensibile che abbia cercato spazio in un’altra squadra come la Tudor Pro Cycling, dove nel suo ruolo avrà più occasioni». Quando lo abbiamo riferito al diretto interessato, che peraltro è appena rientrato proprio dall’hotel della UAE Emirates, il sorriso è stato istantaneo: «Grazie Diego!», ha detto. «Grazie Diego!».

Con il principe Alberto di Monaco, in occasione di Beking, l’evento organizzato da sua moglie Claudia (foto Instagram)
Con il principe Alberto di Monaco, in occasione di Beking, l’evento organizzato da sua moglie Claudia (foto Instagram)

Un calcio alla iella

E’ comprensibile che nel momento in cui lasci uno squadrone come il UAE Team Emirates un po’ di inquietudine venga fuori. Si tratta di lasciare una comfort zone ben pagata, per rimettersi in gioco in prima persona e al servizio di un gruppo giovane che sta crescendo (a pensarci, queste dinamiche non ci sono poi del tutto sconosciute!). Per cui avere conferme di un certo tipo avvalora la scelta.

«Penso che negli ultimi anni – dice Trentin, in apertura durante l’intervista con Stefano Rizzato della RAI – diciamo dal 2021, per svariati motivi non ho raccolto per quello che avrei potuto e che i numeri suggerivano. Un po’ ho avuto sfiga, altre volte me la sono cercata. Quindi è vero che mi serviva una svolta, una nuova avventura e sono qua. Questa squadra non vuole crescere dall’oggi al domani, per diventare i numeri uno al mondo serve tempo. E quando ci arrivi, serve la struttura giusta per restarci a lungo. Non me ne sono andato dalla UAE perché stavo male. Però nello sport capita che a volte vedi la squadra con un obiettivo diverso dal tuo, oppure trovi qualcuno che non asseconda più le tue visioni, le tue idee. A quel punto è giusto cercare delle nuove avventure, se le cose si combinano bene».

Solo una caduta ha impedito a Trentin di giocarsi il mondiale di Glasgow, cui era arrivato con grande condizione
Solo una caduta ha impedito a Trentin di giocarsi il mondiale di Glasgow, cui era arrivato con grande condizione

A immagine di Cancellara

La posizione di Trentin sulla nuova squadra è simile a quella di altri che ne hanno accettato l’offerta, come ci ha recentemente detto Dainese. C’è stato un primo contatto, poi un anno di tempo per vedere come si muovevano corridori e staff. E adesso che ci sono dentro, c’è la conferma che la scelta sia stata giusta.

«Con Ricardo Scheidecker – spiega Trentin – mi sento e mi sentivo anche prima, perché siamo rimasti sempre in contatto dopo il periodo in Quick Step. Ora ho l’impressione che quello che si intuiva da fuori corrisponda a realtà. Si vede soprattutto che Cancellara e Raphael Meyer, l’amministratore della squadra, hanno scelto della gente che viene dal WorldTour, che ci ha lavorato per anni ed è disposta a dare il 110 per cento per far crescere questa squadra nella giusta direzione. Si vede l’impronta del campione, il fatto che il proprietario sia stato un corridore. E soprattutto un corridore che ha assorbito e imparato nelle varie situazioni dove è stato. Perché Fabian è passato alla Mapei, quindi alla Fassa Bortolo, per poi andare a correre con Riis e in Trek. Ogni volta che cambi squadra, impari qualcosa. E se sei in grado di tenere il buono che hai visto e farlo tuo, puoi davvero fare la differenza».

Trentin in fuga al Fiandre 2023 per tenere Pogacar al coperto: cambierà qualcosa l’anno prossimo?
Trentin in fuga al Fiandre 2023 per tenere Pogacar al coperto: cambierà qualcosa l’anno prossimo?

La questione degli inviti

Così adesso non resta che allenarsi e gettare le basi per la stagione, sperando che gli inviti promessi siano confermati. 

«Mi sto allenando più o meno come gli anni scorsi – dice Trentin – ho fatto una gran gran base e poi da gennaio si andrà a costruirci sopra tutto quello che serve. Il programma in linea di massima c’è, ma essendo una squadra professional, sei dipendente dagli inviti. Alcuni stanno ancora arrivando e nel frattempo la dirigenza, giustamente, non ti dà l’illusione di poter fare una corsa se non sono sicuri. Di base credo che le gare di Flanders Classics ci siano, mentre i francesi fanno ancora resistenza. Ma tanto ormai il livello è così alto, che non è facile vincere da nessuna parte e anche le corse 1.Pro sono bellissime. Ovvio che sia meglio vincere quella WorldTour, perché sono più importanti, ma se non fai l’Australia, l’inizio del calendario è uguale per tutti . Quindi io dovrei cominciare a Marsiglia e poi… E poi mi sa che non posso ancora dirlo!».

Trentin è pro’ dal 2012. E’ stato per 6 anni alla Quick Step, 2 alla Mitchelton, uno alla CCC, 3 alla UAE
Trentin è pro’ dal 2012. E’ stato per 6 anni alla Quick Step, 2 alla Mitchelton, uno alla CCC, 3 alla UAE

Il ciclismo va veloce

Fra una risata e l’altra, ti accorgi che gli anni sono passati. E se da un lato, per goliardia e convinzione, si sofferma a dire che sulla sua bici preferirebbe i tubolari e i freni tradizionali, una riflessione sull’età sempre più bassa dei corridori nel WorldTour scatta quasi spontanea.

«Mi ritrovo qua con Tosatto come direttore sportivo – dice Trentin – dopo averci corso contro. Lavoriamo insieme solamente da qualche giorno, però vedo che tutti quanti alla Ineos sono stati molto bene con lui e sono scontenti che sia andato via. Quando il feedback è questo, sicuramente hai lasciato un bel segno. Probabilmente, essendo sceso da poco dalla bici, è consapevole di quello che viene fatto in gruppo. Poi, ovvio, le cose si evolvono e magari si perde la sensibilità che potevi avere nei primi due anni e devi supplire con l’esperienza.

«E’ un ciclismo che corre veloce, a volte secondo me anche troppo. Nella mia ex squadra c’è il pienone di ragazzini. Ho sentito che a qualcuno del Devo Team hanno fatto il contratto per sette anni, forse si sta correndo un po’ troppo in questa direzione. Cosa ne sai di quel che può accadere fra così tanto tempo? Io credo che questi ragazzi fra non molti anni avranno bisogno di supporto psicologico, perché tante pressioni non le reggi se non sei un po’ adulto e magari rischi di cadere in brutte abitudini per farti forza. Si continua a sovraccaricarli di attese. Avete visto le gambe di chi vince le corse da allievo? Li allenano come professionisti, ma come pretendi che reggano certe pressioni e che abbiano ancora dei margini?».

Dainese alla Tudor, in cerca di un treno, fiducia e vittorie

20.12.2023
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L’ALBIR (Spagna) – Il quartier generale della Tudor Pro Cycling sta in un hotel che ribolle di riunioni. Prima i direttori sportivi, con Tosatto e Cozzi che hanno appena il tempo di salutare. Ricardo Scheidecker fa avanti e indietro fisso al telefono. Cattai e Toccafondi sono qui in rappresentanza di BMC. Poi tocca ai corridori, che alle 19 si dirigono verso il salone.

Dainese ci ha raggiunto prima, in tempo per raccontare della nuova avventura nella squadra svizzera. Nello stesso giorno in cui il Team DSM-Firmenich ha dato via libera al passaggio di Lorenzo Milesi ad altra squadra, è singolare rendersi conto che nello stesso anno la squadra olandese ha perso due italiani. Le storie sono chiaramente diverse. Dainese è partito per trovare più continuità e maggiore fiducia, come ci spiega senza peli sulla lingua (in apertura si scambia goliardicamente doni con Matteo Trentin).

Il Team DSM ha utilizzato Dainese in tanti ruoli. Qui il test della Roubaix, chiusa in 77ª posizione
Il Team DSM ha utilizzato Dainese in tanti ruoli. Qui il test della Roubaix, chiusa in 77ª posizione
Quando è nato il contatto con la Tudor?

Kurt Bergin-Taylor era mio preparatore alla DSM ed era già venuto qui. Lo scorso gennaio venni a trovarlo per un caffè proprio davanti a questo hotel. E dopo il caffè con il preparatore, sono venuti fuori anche Fabian, “Raphi” e Ricardo (rispettivamente Cancellara, Raphael Meyer e Scheidecker, ndr) e mi hanno fatto una proposta. Dopo i primi mesi di gare, ho cominciato a farmi un’idea della squadra e sembrava un bel progetto. Poteva essere una valida alternativa ad altre WorldTour che sulla carta sono più grandi. Vedevo il potenziale della Tudor, ho creduto nel progetto e adesso sono contento di averlo fatto.

Che cosa hai trovato?

Sicuramente il gruppo e un’atmosfera in cui mi trovo davvero bene. Lavoriamo in modo professionale e il lato umano prevale su tutto il resto. Si è anche invogliati a dare il massimo, proprio per questa bella atmosfera.

Hai vinto due tappe al Giro e una alla Vuelta, ma la sensazione è che ti sia mancata la continuità.

E’ vero e sicuramente voglio ritagliarmi un ruolo prettamente da velocista. In questi anni ho fatto l’ultimo, il penultimo e anche il terzultimo uomo, però preferisco fare le volate e non tirarle. Quindi vengo qua con questa ambizione. Per cui cercheremo di vincere più gare degli anni scorsi e poi tireremo le somme.

Dopo la tappa di Caorle al Giro, quest’anno Dainese ha esultato anche alla Vuelta, sul traguardo di Iscar
Dopo la tappa di Caorle al Giro, quest’anno Dainese ha esultato anche alla Vuelta, sul traguardo di Iscar
Quanto conta sentirsi addosso la fiducia della squadra?

Mentalmente è diverso, perché approcci la stagione, sapendo che devi portare risultati. Ti dà anche molto morale avere la fiducia delle persone che lavorano con te. Invece, se vieni messo in un angolo, non rendi allo stesso modo.

Come è fatta la tua volata idea?

Trentin che mi lancia ai 200 e riesco a non farmi rimontare. Sinceramente (sorride, ndr), non so neanche se mi piacciono le volate veloci contro vento oppure con il vento a favore. Prendo quello che viene. Normalmente è meglio quando il gruppo è tutto in fila e gli altri sono già un pelo stanchi, magari con qualche curva prima del rettilineo finale così non si è proprio appallottolati… 

Meglio lanciarla o meglio farla di rimonta?

Dipende. Adesso la velocità è talmente alta, che partire troppo presto a volte significa rimbalzare. Per questo a volte la rimonta è vincente, semplicemente perché quelli che sono all’aria già ai 200 metri non riescono sempre a tenere la velocità fino alla fine. Per adesso ho vinto sempre di rimonta, perché non ero mai nella posizione per partire in testa. Speriamo l’anno prossimo di avere la possibilità di fare le volate anche dalla testa.

Per il neo acquisto della Tudor, vittoria al fotofinish nella tappa di Caorle del Giro, nonostante il ritorno di Milan
Per il neo acquisto della Tudor, vittoria al fotofinish nella tappa di Caorle del Giro, nonostante il ritorno di Milan
Ci sono velocisti giganteschi come Milan e altri più aerodinamici come te e Cavendish. Quanto conta l’aerodinamica nelle volate?

Sicuramente tanto, devi spingere meno aria, quindi devi usare meno potenza. E a parità di potenza, se sei più aerodinamico, vai più forte. Abbiamo anche visto quanto conta. Siamo andati in galleria del vento, abbiamo provato diverse cose.

Come ti trovi con i nuovi materiali?

Molto bene per quello che sono riuscito a provare. La bici è valida, l’abbigliamento è fra i migliori, se non il migliore. Il pacchetto è veramente performante, anche se per onestà devo dire che la Scott della DSM è molto valida.

Invece sul fronte della preparazione è cambiato qualcosa?

Sì, soprattutto l’avere già un programma. Lo scorso anno, con gare che saltavano fuori all’ultimo momento, non ho sempre potuto arrivarci come avrei voluto. Quest’anno invece so già le gare che farò, ho un’idea di quando andrò in condizione, porterò gli uomini per la volata sempre con me, quindi troveremo la condizione nello stesso momento. E’ cambiato anche l’approccio alla volata, nel senso che faccio grossi carichi in palestra per innalzare il picco, magari un po’ a scapito della resistenza, che comunque dopo aver fatto tanti Giri, ti rimane. Sto lavorando più sulla volata vera e propria che sulla resistenza.

Nessuna volontà da parte di Dainese e della Tudor di inseguire un miglioramento in salita a scapito della velocità. Alberto è alto 1,76 e pesa 70 chili
Nessuna volontà da parte di Dainese di inseguire un miglioramento in salita a scapito della velocità. Alberto è alto 1,76 e pesa 70 chili
Anche le tappe veloci ormai hanno dislivelli importanti, quindi qualche salita va comunque superata.

Vero, però non si può neanche esagerare nel cercare il miglioramento in salita. Un velocista non può perdere la sua caratteristica principale, perché se poi diventa più resistente ma non vince le volate, c’è un problema. La parte più difficile è trovare l’equilibrio.

Hai parlato di treno in costruzione: quali saranno i vagoni?

A parte Matteo (Trentin, ndr) che mi seguirà nelle gare più importanti, abbiamo Krieger e Froidevaux, che è un giovane svizzero, e Marius Mayrhofer che era con me alla DSM. Più o meno questo è il cuore del treno, magari con qualche variazione in alcune gare.

Hai una bestia nera in volata?

In realtà si va talmente forte, che non stai molto a guardare chi hai attorno. Quello che rispetto di più è Cavendish, quindi cerco di non disturbarlo più di tanto. Non mi piace fare a spallate con lui per il rispetto che ho nei suoi confronti. Poi c’è Johnny (Milan, ndr) che sicuramente è un talento in crescita. Quello che sinceramente mi fa più paura per aggressività è Groenewegen, ma alla fine non si guarda in faccia nessuno. Si fa a spallate un po’ con tutti.

Tour de Langkawi 2023, Tudor sugli scudi con De Kleijn. La squadra ha un bel pacchetto di uomini per le volate
Tour de Langkawi 2023, Tudor sugli scudi con De Kleijn. La squadra ha un bel pacchetto di uomini per le volate
Quanta follia c’è nel fare il velocista?

Abbastanza, perché devi dimenticare che ti puoi far male. O meglio, non devi dimenticare, ma cercare di isolare la paura. Essere consapevole del pericolo e comunque accettarlo, altrimenti tiri i freni e non sei più in posizione. Quindi è un rischio abbastanza calcolato, ma è sempre un rischio.

Angelo Furlan ha descritto gli ultimi 200 metri come una sorta di “matrix” in cui tutto è velocissimo, ma nella testa del velocista è lentissimo.

Vero ed è molto bello. Già dall’ultimo chilometro mi ricordo praticamente tutte le volate. Dov’ero, chi c’era attorno. Penso che sei super attivato a livello cerebrale. Ti ricordi ogni singolo movimento del gruppo e ogni singola sensazione. Degli ultimi 200 metri, concordo con Angelo, ti ricordi veramente tutto. E anche se si svolgono alla velocità della luce, sembra che durino un’infinità.

Tosatto alla Tudor Pro Cycling: ecco perché lo hanno voluto

07.11.2023
6 min
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Otto mesi dopo la prima intervista, siamo di nuovo con Ricardo Scheidecker, head of sports al Tudor Pro Cycling Team. A marzo fu per capire il suo percorso dalla Quick Step alla neonata squadra di Cancellara. Il manager portoghese ci raccontò parecchie cose, alcune ancora in divenire, e fra queste il possibile arrivo di Matteo Tosatto parve una suggestione piuttosto stuzzicante. Ora che il passaggio si è compiuto e che lo stesso tecnico trevigiano ce ne ha raccontato le fasi, sta nuovamente a Ricardo spiegare il perché della scelta.

Quando lo intercettiamo, Scheidecker si trova a Lisbona, appena rientrato da un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Avrà appena il tempo di tirare un po’ il fiato e poi sarà tempo del primo vero meeting che in qualche modo lancerà la stagione 2024.

Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Perché Tosatto?

Toso e io abbiamo lavorato insieme quando lui era corridore alla Saxo Bank (il trevigiano ha corso nel gruppo di Riis dal 2011 al 2016, ndr) e io sono arrivato là come responsabile tecnico. Ci conosciamo da una vita, era il 2012, cioè il mio secondo anno in questo lavoro dopo la Leopard. Col tempo si è creato un rapporto di amicizia e ho scoperto in lui una persona super seria. Professionista, veramente un professionista come pochi. Mi ricordo quando si è ritirato. Ho idea che volesse fare ancora un anno seguendo Contador, ma la cosa non è andata in porto. Amen. Ha smesso e la Ineos lo ha contattato subito, perché sapevano che lui è una buona persona.

Prima l’uomo e poi il tecnico?

Esatto, è una buona persona: nessuno lo sa meglio di me. Poi è diventato un direttore sportivo e i risultati sono evidenti, lo specchio della sua qualità. Penso a lui da un pezzo. Per darvi un’idea, volevo già portarlo in Quick Step. Ho sempre suggerito il suo nome, ma decideva Patrick (Lefevere, ndr) e non lo ha preso. Nel momento in cui sono arrivato qua e ho avuto la possibilità di decidere o comunque di avere un’influenza molto più importante, logicamente accanto a Fabian (Cancellara, ndr), ho pensato subito a lui.

Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Matteo ci ha raccontato che il contatto c’è stato già a marzo, giusto?

La prima volta ci siamo visti in Algarve e abbiamo chiacchierato. Poi siamo sempre rimasti in contatto. Gli abbiamo presentato il progetto in modo serio, come abbiamo fatto con tutti quelli che alla fine sono arrivati. E il progetto gli è piaciuto, credo sia contento. Perché Tosatto? Per la competenza e la sua personalità. Per me è una persona squisita, che con la sua esperienza di alto livello ci porterà al prossimo step importante: il WorldTour.

Vedi differenze fra Matteo corridore e Matteo direttore sportivo?

Era già una persona molto matura, adesso ha più esperienza. L’ho sempre visto coi piedi per terra, molto razionale e responsabile. Però la sua esperienza professionale è cresciuta. Ha dovuto imparare cose nuove, tutti impariamo qualcosa ogni giorno. Se invece abbiamo l’arroganza di pensare di sapere tutto, allora non sapremo mai niente. Toso è così, sa di dover imparare tutti i giorni, ma nel frattempo il suo bagaglio è diventato più grande. Per cui l’ho trovato migliorato nella capacità, sempre lo stesso per la personalità.

Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Un tecnico con questa esperienza e questa personalità verrà coinvolto anche nella scelta degli atleti e nella programmazione?

Avrà un ruolo centrale. Da noi non esiste la figura del capo dei direttori sportivi, puntiamo sul gruppo e i tecnici fanno riferimento a me. E’ vero però che il Toso verrà coinvolto nel gruppo di discussione per l’acquisto dei corridori e in quello che definisce il programma delle corse. Abbiamo una riunione già venerdì e sarà la prima dal suo arrivo. Inizialmente ho dato un po’ di giorni a tutti per respirare, anche se il telefono brucia. Siamo al 7 di novembre, abbiamo già il programma fatto e il calendario stilato, però lui è appena arrivato e non è stato ancora coinvolto. Per cui venerdì cominceremo a lavorare. Non sono dittatore (sorride, ndr), mi piace confrontarmi con i miei colleghi e poi decidiamo insieme.

Oltre a Tosatto arriva Bart Leysen dalla Alpecin e anche corridori come Trentin e Dainese: la campagna acquisti è salita di livello…

L’anno scorso si è capito che Fabian e “Raphi” (Raphael Meyer, CEO del team, ndr) hanno investito molto nella struttura attorno ai corridoi. Gli atleti sono stati scelti molto bene, ma quello è stato un processo in cui io non sono stato coinvolto perché non c’ero, quindi va dato merito a loro. Hanno fatto una campagna acquisti molto interessante, logicamente non costosa, e credo che con questi 20 ragazzi non troppo conosciuti abbiamo ottenuto dei buoni risultati (in apertura Arvid De Kleijn centra a Langkawi la sesta vittoria stagionale ndr). Però sappiamo che se vogliamo essere WorldTour, bisogna rinforzarsi in modo importante e anche intelligente. Non portare dei nomi tanto per portarli, ma ragionare a fondo in base alla conoscenza del gruppo. Così abbiamo scelto elementi in cui crediamo. Hanno talento, hanno capacità e magari nel team precedente erano anche sottovalutati. Noi crediamo di potergli creare le condizioni per dimostrare il loro valore. Ad esempio Trentin…

Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Cosa avete visto in Matteo?

Come Toso per i direttori sportivi, Matteo è stato la mia prima scelta come nome da prendere. La squadra ha bisogno anche del capitano affermato e sperimentato. Forte, ma molto esperto anche dal punto di vista dell’esperienza, dell’intelligenza in corsa e fuori dalle corse. Uno che sappia fare gruppo e aiuti a unire i corridori che avremo il prossimo anno. I nuovi acquisti sono stati importanti, ma io credo anche individuati in maniera razionale ed efficiente. Si lavora al 2024, ma siamo già con la testa al 2025. Non ci fermiamo e cerchiamo di pianificare in anticipo per arrivare a quell’obiettivo a medio termine, che è diventare una squadra WorldTour.

Tosatto è rimasto moto colpito da questa lunga prospettiva.

Nel 2023 si è pensato molto al 2024, perché bisogna creare le basi e ti devi concentrare anche in quello che stai facendo nel presente. Alla fine i risultati sono stati buoni, ma non riflettono la qualità della squadra. Non voglio sembrare assolutamente arrogante, però abbiamo avuto tanti corridori malati e bisogna fare meglio anche in questo. Bisogna crescere. Per cui abbiamo preso non solo corridori, ma anche più staff. Non c’è solo il Toso, c’è un altro nutrizionista, medici, c’è un altro allenatore. L’investimento è importante, ma non ci stiamo gonfiando, cresciamo in modo progressivo. Un mattone sopra l’altro, solo così potremo costruire un muro davvero solido. 

Tosatto alla Tudor Pro Cycling, grosso colpo di mercato

29.10.2023
7 min
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Matteo Tosatto lascia la Ineos Grenadiers e va al Tudor Pro Cycling Team. Sapevamo della proposta già da marzo, ma i tempi erano prematuri e non era detto che il trevigiano avrebbe accettato. Lui per primo, rispondendo a qualche messaggio a fine Tour, aveva ammesso che altre tre squadre lo avevano cercato, ma che la decisione non l’avesse ancora presa.

Tosatto è salito sull’ammiraglia della squadra britannica nel 2017 e l’ha condotta alla maglia rosa con Froome nel 2018, Tao Geoghegan Hart nel 2020 e Bernal nel 2021. Nei due anni successivi, il 2022 e 2023, sono venuti invece i secondi posti di Carapaz e Thomas. Lavorando con Dario Cioni, il trevigiano è diventato uno dei riferimenti del gruppo italiano. Un tecnico di valore internazionale, che ha messo bene a frutto i 20 anni da professionista con tecnici e manager come Giancarlo Ferretti, Patrick Lefevere, Luca Guercilena e Bjarne Riis. Gli stessi che, fatto salvo Lefevere, ha incontrato sulla sua strada Fabian Cancellara, che lo ha voluto fortemente nel suo nuovo progetto.

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos
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Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos

L’autunno ha il sapore di quando si cambiava squadra e bisognava liberare i cassetti e la mente per le nuove dotazioni. Matteo è appena tornato da una settimana in Svizzera, vissuta con gli atleti e con il management della squadra. Un’immersione che gli ha confermato la bontà della scelta e l’impegno della sfida raccolta.

Come mai il direttore sportivo di una squadra come la Ineos a un certo punto decide di cambiare?

Era arrivato il momento giusto, secondo me. Si potrebbero dire tante cose, ma forse è meglio non farlo. Diciamo che era il momento giusto di cambiare. Devo solo dire grazie al Team Sky e Ineos perché mi hanno offerto un posto di lavoro nella squadra numero uno al mondo. Più di così non potevo desiderare. La Tudor non era l’unica opzione, si sono fatte avanti altre squadre, ma loro hanno portato proposte molto interessanti. Li guardavo già da un po’, non solo perché ho mantenuto degli ottimi rapporti con “Cance” e con Ricardo (Scheidecker, head of sport del team svizzero, ndr). Di solito si parlava di ciclismo in generale, ma quando abbiamo affrontato più decisamente il loro progetto, mi hanno coinvolto e mi hanno fatto la loro proposta. Non ho dovuto pensarci troppo, in realtà…

Come ti hanno convinto?

Mi hanno presentato il progetto, che è un gran progetto. Ho notato subito che non ragionavano sul futuro prossimo, ma a lunga scadenza. Mi hanno illustrato quello che pensano, come vogliono affrontare il ciclismo. E la cosa più importante, a parte gli sponsor solidi e la prospettiva lunga, è la loro filosofia. Vogliono fare ciclismo dando una precisa impronta di squadra. Senza guardare cosa fanno le altre. La Tudor ha la propria idea di ciclismo e la porta avanti, dal marketing alla scelta dei corridori, passando per la tattica.

Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Perché prendere Tosatto?

Potrei dire per il rapporto umano che so creare tra direttore e coach, fra direttore e corridore. Penso che abbiano visto questo. Non abbiamo parlato di tattiche, ma del valore umano, di competenza e consapevolezza. Di ciclismo ne ho visto tanto. Gli ultimi sei anni e mezzo in una grande squadra, lavorando sempre con campioni, mi hanno aiutato tanto. Poi diciamo che con Ricardo ho lavorato quando era in Saxo Bank e poi Tinkoff e mi conosce bene. Con Cancellara abbiamo corso insieme. Secondo me loro hanno messo come primo punto la persona. Non le qualità, ma la persona.

E’ stimolante il fatto di entrare in un progetto ancora in fase di lancio?

La squadra è nata nel 2023, il prossimo anno farà uno step in più. Mi hanno chiamato per fare parte del progetto, dandomi tanta fiducia. Vado come direttore sportivo, però sono dentro a tante altre cose, come ad esempio la scelta dei corridori. E proprio questo coinvolgimento mi ha spinto a dire sì, il fatto di sentirmi al centro del progetto. Questa per me è la cosa fondamentale. Alla Ineos stavo bene, ma ero un direttore come tutti gli altri. Ottimo gruppo, però dal mio punto di vista tante volte noi direttori non eravamo coinvolti al 100 per cento dalla squadra, che magari è strutturata in modo diverso. La Tudor mi ha fatto davvero una grande proposta.

Quando sono cominciati i contatti?

Il primo incontro c’è stato a febbraio, ancora prima del loro debutto. Ci trovammo per caso con Ricardo a una corsa e venne fuori una chiacchierata. E lui mi propose subito di rimanere in contatto, perché voleva che andassi con loro. Poi abbiamo continuato a sentirci, ma per rispetto della Ineos, la decisione l’ho presa dopo il Tour de France. 

Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
E la Ineos ha provato a trattenerti oppure hanno preso atto e ti hanno stretto la mano?

Sono inglesi, un po’ freddi. Ho lavorato per un po’ di anni con Rod Ellingworth, gli ho manifestato le mie intenzioni, ma non ha provato a convincermi. Qualcuno di quelli più vicini ha provato a chiedermi se fossi sicuro e mi ha invitato a pensarci bene, però è come quando da corridore senti il bisogno di cambiare squadra per trovare nuovi stimoli. E questo è un nuovo stimolo.

Ti dispiace lasciare il gruppo italiano?

Noi italiani puntiamo sempre sul gruppo, ma non sono riuscito a portare del tutto questa mentalità. Mi dispiace lasciare gli italiani. Penso allo staff, come a Puccio e Viviani, ma anche a Ganna. Se penso che quando Pippo era arrabbiato alle corse in cui io magari non c’ero, mi chiamava a casa per fare due parole… Sai, è bello che un campione come Ganna voglia confrontarsi su come è andata una corsa o come affrontare quella del giorno dopo, per cui dispiace perdere quel tipo di rapporto. Lui sa benissimo tante cose. E mi ha detto: «Toso, la carriera è tua. Mi dispiace perché ci troviamo bene insieme, però se questa è la tua scelta, è giusto che la porti avanti».

Come hai visto Cancellara padrone del team rispetto a com’era da corridore?

Prima cosa, lo vedo super preparato e questo mi ha stupito. “Cance” da corridore era garibaldino, spavaldo. Adesso è sempre così, sta allo scherzo ed è sempre combattivo. Però nel lavoro, ho trovato una persona molto matura per la sua età. Con le idee non chiare, ma chiarissime sul da farsi. Una cosa che mi ha stupito è che non pensa a come sarà l’anno prossimo, ma è già con la testa al 2025, pensando a cosa fare meglio. E’ molto preparato. In questo primo ritiro, abbiamo fatto come sempre il fitting per abbigliamento e bici, le prime visite mediche e tutti i programmi. E poi, in stile Bjarne Riis, ha previsto due giorni e mezzo di “survival camp”. Quando gliel’ho chiesto, mi ha risposto: «Io ho fatto la scuola di Ferron (Giancarlo Ferretti, ndr), la scuola di Bjarne e la scuola di Guercilena. Non è che copio, semplicemente ho avuto la fortuna di aver avuto questi tre maestri e prendo il meglio di quello che mi hanno dato e che possa funzionare».

Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Prossimi passi? Ritiro a dicembre?

Andiamo in Spagna, dalla fine della prima settimana fino circa al 20. Due settimane e poi ancora un ritiro a gennaio nello stesso posto e poi si inizia a correre. Aspettiamo gli inviti perché essendo una squadra Pro Continental dobbiamo essere invitati. Il programma è buono, sappiamo già più o meno dove andremo, ma finché non abbiamo le conferme non possiamo dire niente. Abbiamo anche dei buoni atleti e questa è la cosa fondamentale.

Ne sono arrivati di buoni, vero…

E’ arrivato Matteo Trentin e anche Alberto Dainese. Mayrhofer dalla Dsm e anche Storer dalla Groupama. Hanno voglia di fare e abbiamo qualche giovane svizzero buono. Serve avere pazienza, credere nel progetto e non avere fretta. Se a febbraio o marzo non si vedono ancora risultati, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un progetto a lungo termine.

Come ti hanno accolto i colleghi dell’ammiraglia?

E’ la prima volta che cambio squadra da direttore, però anche parlando con Ricardo ho percepito che il fatto che arrivi dalla Ineos mi vale il loro rispetto. Mi guardano con un occhio di riguardo. Mi piace poter diventare un riferimento. Questo porterà a grandi responsabilità, ma ho scelto Tudor perché sono pronto per prenderle. Credo nel progetto e, come abbiamo ripetuto nei giorni scorsi, le cose andranno fatte per gradi.

La mentalità prima dei risultati. La filosofia di Cancellara

09.10.2023
5 min
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COMO – Quando lo incontri, Fabian Cancellara trasmette sempre vibrazioni eteree. Il giorno prima del Lombardia – durante le operazioni preliminari della gara – stava chiacchierando con Jan Ullrich e la gente davanti al piazzale di Palazzo Terragni non sapeva a chi chiedere prima autografo o selfie.

La mattina successiva i mezzi della Tudor Pro Cycling avevano appena parcheggiato accanto allo stadio Sinigaglia e c’erano già decine di persone ad aspettare che “Spartacus” scendesse per il solito rituale dell’appassionato.

Davanti al bus del suo team, lo svizzero ne ha dette di cose interessanti, come sempre del resto. Ed è evidente come sia una guida per tutto il suo gruppo. Un Cancellara che prima di guardare al risultato in qualità di proprietario del team, parla di filosofia. La sua Tudor ha fatto una bella campagna acquisti per il 2024 ma lui si concentra sulla mentalità da seguire

Fabian possiamo già tracciare un bilancio della stagione?

Mancano ancora poche corse alla fine. Con le vittorie (finora undici, ndr) che abbiamo raccolto siamo contenti ma non è solo quello che conta. Abbiamo fatto certe gare dove abbiamo mostrato dei limiti. La maniera in cui corriamo è quello che conta, perché così facendo possiamo creare una cultura. Lo dico sempre ai ragazzi che correndo dietro non si può vincere. Noi partiamo per fare la corsa, non per essere alla corsa. Sono due cose importanti e diverse. La nostra mentalità è questa e andiamo avanti così.

E’ un discorso che si fa per una squadra nata praticamente quest’anno?

La struttura, la mentalità e i corridori, tutto amalgamato, penso che siano queste le vittorie che fanno la differenza. Anzi, vi dirò che la crescita della struttura e il perdere le corse sono due aspetti fondamentali per noi. Certo, le vittorie servono per il morale e per vedere quello su cui abbiamo investito, riguardante il tempo, quello che facciamo e la direzione verso cui dobbiamo andare. Sono cose che contano su un progetto a lungo termine come quello della Tudor.

Crescita senza “fretta”…

Faccio sempre l’esempio della costruzione di una casa. Quanti piani avremo non lo so, ma più sono profonde e larghe le fondamenta, ovvero la nostra organizzazione, più potremo resistere ad eventuali terremoti. Che saranno quei momenti difficili nei quali dovremo essere pronti. Per farvi capire meglio, l’anno scorso andavamo alle corse senza il bus o il camion delle bici, oggi invece abbiamo corso l’ultima Monumento come le altre squadre.

E’ innegabile che il tuo carisma sia un punto importante per la squadra.

Non sono solo io a fare la squadra o a stimolare i ragazzi. Lo facciamo tutti. Alla Tudor non esiste un io, esiste un noi. Lo staff, i direttori e tutte le persone che sono dentro all’organizzazione. Certo, qualcuno dice che Cancellara conta e ha un peso. Ebbene, io voglio esserci non quando si vince ma quando si perde perché è quello il bello del lavoro. Io so cosa significhi vincere e ci sono volte in cui mi godo il momento, però voglio che i miei ragazzi, ed il resto dello staff, se lo godano di più. Tanta gente non conosce queste situazioni o emozioni. E’ per questo che io sono molto fiero di come stanno andando le cose. Stiamo comunque continuando a lavorare perché siamo solo all’inizio.

Avete anche un bel progetto giovani con cui avete conquistato il terzo posto finale al Giro NextGen. Come sta procedendo?

Al Lombardia abbiamo proprio portato Hannes (Wilksch, terzo alla corsa rosa U23, ndr) che ha fatto recentemente anche il Langkawi ed è passato in prima squadra ad inizio agosto. Ma c’è anche Mathys Rondel che invece ha corso il Gran Piemonte ed ha fatto buone cose. La formazione U23 è la nostra base e sta andando molto bene. E’ bello perché lavoriamo molto con i corridori svizzeri. C’è un gran bel gruppo, anche già formato per l’anno prossimo. Stiamo proseguendo un certo tipo di lavoro, con la fortuna di avere un team professional e quindi poter interscambiare i nostri corridori con più facilità. Poi abbiamo anche qualche sorpresa per il 2024…

Si parla di due italiani, Juan David Sierra e Simone Gualdi. Sono forse loro queste sorprese?

Questo lo dite voi (sorride, ndr) però non nascondo che arrivino degli italiani. Comunque ci sarà tempo per dare comunicazioni ufficiali.

Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
A proposito dei terremoti cui facevi riferimento prima, Fabian Cancellara come giudica la presunta e chiacchierata fusione tra Soudal e Jumbo?

Alla fine non so se questa vicenda era solo piena di “balle” (sorride, ndr) perché nessuno sapeva veramente cosa stesse succedendo. Ciò che è avvenuto nelle ultime settimane non è buono per nessuno e per il ciclismo. Però ti mostra la difficoltà dell’economia in generale. Se due tra i più grandi team professionistici devono mettersi insieme, allora vuol dire che per i piccoli team si mette male. Una fusione del genere non aiuta il movimento.

Chiaro…

Spero in ogni caso che tutto si risolva per il meglio, visto che hanno anche tanta storia alle spalle. Poi si lascerebbero a casa tante persone. In senso più ampio, spero che situazioni simili volgano sempre al meglio per il bene dello sport. Per me è lo sport che conta. Più facciamo del bene allo sport, più aiuta a far crescere bene i bambini o le nuove generazioni nello sport a casa o a scuola. I giovani sono il nostro futuro. Loro devono stare attenti al nostro sport e noi attenti a loro.

Trentin lascia Pogacar: 3 anni con Cancellara, ecco perché

25.08.2023
6 min
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Qualcuno ha detto che quando Pogacar ha saputo che il prossimo anno Trentin cambierà squadra sia andato su tutte le furie. Matteo non ne sa nulla. Lui ha preso la sua decisione e dal 2024 al 2026 correrà con la maglia del Tudor Pro Cycling Team in cui molto probabilmente approderà anche un altro Matteo come diesse. Professionista dal 2012, la carriera di Trentin è stata finora tutt’altro che banale e con pochi cambi di maglia. La Quick Step nei suoi vari cambi di nome, poi la Mitchelton-Scott, un anno con la CCC che poi ha chiuso e ancora adesso il UAE Team Emirates. Perché cambiare a 34 anni? Lo abbiamo chiesto a lui, nei giorni del Renewi Tour, il vecchio Benelux Tour, che fu prima BinckBank Tour e prima ancora Eneco Tour.

Glasgow, caduta, ritiro e dolore alla mano: le radiografie hanno escluso la frattura
Glasgow, caduta, ritiro e dolore alla mano: le radiografie hanno escluso la frattura
Prima cosa: come sta la mano del mondiale? Alla fine niente di rotto…

No, non era rotto niente, ma c’è un ematoma su una delle ossa della mano, non chiedetemi il nome, non lo ricordo più. Quello c’è e ci vorrà del tempo prima che si riassorba. Se avessi preso una botta su una coscia, dopo una settimana o due al massimo si sarebbe riassorbita. Questo durerà almeno un altro mesetto.

Ti provoca qualche fastidio?

Meno di una settimana fa e molto meno di due settimane fa, però dà ancora fastidio. Un fastidio diverso dall’essere caduto nuovamente al mondiale, ma questa volta me la sono anche andata a cercare, non posso recriminare più di tanto su qualcuno o qualcosa. Ho fatto una mossa che semmai andava fatta negli ultimi giri. Se proprio devo andare a infilarmi da qualche parte, magari si poteva fare quando ne fosse valsa la pena. Però ormai è fatta, quindi…

Il Tour non è stato fortunato per Matteo: troppe cadute. Qui lo spinge Matxin
Il Tour non è stato fortunato per Matteo: troppe cadute. Qui lo spinge Matxin
Come è maturata, al di là dell’offerta, questa idea di cambiare squadra?

In realtà mi hanno cercato molto presto, poi il tempo passa, ci sono cose da fare, però mi era piaciuto molto il progetto. Non è che fossi alla ricerca di un cambio o qualcosa del genere, però mi è piaciuto molto il fatto che cercassero uno della mia età, rispetto magari ad altre realtà dove un corridore di 34 anni viene messo in discussione, perché non si sa quanto durerà. Loro invece sono venuti proprio per la mia esperienza, per quello che posso dare alla squadra e anche con un intervallo di tempo importante. Insomma, un contratto di tre anni a questa età non lo trovi sotto i sassi.

Che cosa cercano da uno della tua esperienza: che aiuti i giovani o che dimostri di saper ancora vincere?

Tutte e due le cose, ma potete chiederlo a loro. Penso che quest’anno per me non sia stato un granché, sia al Tour che al mondiale. In Francia non ho potuto avere le mie chance, ovviamente, perché eravamo tutti per Tadej e lo sapevo dal principio. Quindi non sono andato neanche a cercarmele. Però ugualmente ho visto che nonostante abbia 34 anni, riesco a stare davanti quelle due volte in croce che posso giocarmi le mie carte. E al mondiale stessa storia. Sono caduto, ma sono sicuro che avrei fatto una gran corsa. Non so tradurlo in termini di piazzamento, ma stavo bene davvero.

Nella 19ª tappa del Tour, Trentin coglie il nono posto. La fuga è quella giusta, ma contro Mohoric c’è poco da fare
Nella 19ª tappa del Tour, Trentin coglie il nono posto. La fuga è quella giusta, ma contro Mohoric c’è poco da fare
Cosa ti piace del progetto Tudor?

E’ una squadra giovane, con un grande sponsor e una grande società alle spalle. Nomi molto importanti e il fatto che entrino aziende così altisonanti è una bella cosa per il ciclismo in generale. E poi mi piace la visione a lunghissimo termine, basta vedere che con Bmc hanno firmato per sei anni. Quindi contratti lunghi e un progetto a lunga gittata. Non guardano al prossimo anno o quello dopo, guardano già parecchio avanti.

Hai avuto contatti anche con Cancellara?

Ho parlato anche con Fabian, ma ho notato che ogni persona con cui ho avuto a che fare si è attenuta sempre al suo ruolo. Tutti sanno tutto ovviamente, ma nessuno sconfina nel ruolo altrui. Si parla di una cosa con uno e di una cosa con un altro, ognuno ha la sua responsabilità. C’è una settorialità comunicativa, non a camere stagne.

Qui con Froidevaux, Fabian Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Qui con Froidevaux, Fabian Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Nella tua carriera hai cambiato poche squadre, resti parecchio: perché di volta di volta hai deciso di cambiare?

Quella in cui sono stato meno è la Mitchelton, ma non perché non mi trovassi bene nella squadra, anzi. E’ la squadra in cui a livello di ambiente mi sono trovato meglio, era un bellissimo gruppo in cui ho ottenuto i risultati migliori della mia carriera. Ho cambiato perché in quel momento non c’erano più le condizioni per lavorare serenamente. Ma non abbiamo litigato, ci salutiamo ancora. Diciamo che dove vado, cerco sempre di integrarmi nel gruppo e dare il mio contributo per quello che posso. Vedo che ha sempre funzionato. Tutti sanno che cambierò squadra, ma continuo a fare il mio lavoro al 100 per cento della mia professionalità. A me non è mai capitato, ma trovo che sarebbe poco furbo pagare uno e non farlo correre solo perché a fine anno andrà via.

Fra i tuoi obiettivi ci saranno ancora le classiche?

Diciamo di sì, anche se passando in una professional, molto sarà legato agli inviti ed è abbastanza presto per averne a determinate corse. Sinceramente voglio tornare a vincere e vincere bene: più due corse all’anno e questo sarebbe già il segnale che le cose funzionano. Tanto ormai si fa fatica in tutte le corse. Bello se vinci la prova monumento, ma non è che se vinci l’Omloop Het Nieuwsblad o Kuurne fatichi di meno.

Al mondiale, Trentin aveva una gran gamba. Qui scatta davanti a Pogacar, ma si ritirerà per caduta
Al mondiale, Trentin aveva una gran gamba. Qui scatta davanti a Pogacar, ma si ritirerà per caduta
Quanto è pesante per uno che ha velleità da vincente stare in una squadra in cui c’è un leader forte come Pogacar?

In realtà non tanto, perché quanti ne trovi di corridori così? Tadej è al di sopra di tutti, non puoi dire di essere più bravo di lui.

La decisione di cambiare è stata presa anche con tua moglie?

Abbiamo parlato un bel po’ anche a casa e poi mi sono orientato verso questa scelta. Cambiare dà nuovi stimoli, è una scelta di vita.

Come procede adesso la tua stagione?

Adesso il Benelux, forse Plouay e poi tutte le gare in Belgio e il finale in Veneto, a casa di Pippo Pozzato.

Da Cancellara a Sagan, la gestione psicologica del ritiro

28.03.2023
4 min
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Cancellara annunciò che si sarebbe ritirato dopo le Olimpiadi Di Rio. Era il 2016 e lo svizzero vinse una corsa a Mallorca e la Strade Bianche. Poi arrivò secondo al Fiandre dietro Sagan, vinse una crono allo Svizzera e di seguito il titolo nazionale contro il tempo. Infine corse il Tour, andò alle Olimpiadi, vinse l’oro della crono e disse basta. Pensammo subito che servisse una gran testa per tenere la concentrazione tutto l’anno a quel modo, sapendo che fosse l’ultimo.

Quando nei giorni argentini Sagan ha annunciato la fine della carriera su strada, ci siamo messi a osservarlo per capire come gestirà il cammino di uscita dal grande ciclismo. Così, dopo aver annotato alcuni passaggi a vuoto in corse alla sua portata – dalla Sanremo alla Gand – e in attesa di altri test come il Fiandre o la Roubaix, il mondiale oppure il Tour, abbiamo chiesto il parere di Elisabetta Borgia, psicologa della Trek-Segafredo e della nazionale, per capire cosa possa succedere nella mente di un atleta di vertice quando annuncia il ritiro e si dà un anno di tempo prima di staccare la spina.

All’inizio del 2016, Cancellara annunciò che la crono di Rio sarebbe stata l’ultima corsa e vinse l’oro
All’inizio del 2016, Cancellara annunciò che la crono di Rio sarebbe stata l’ultima corsa e vinse l’oro
Elisabetta, come si vive l’ultimo anno di carriera?

Dandosi delle scadenze, che diventano obiettivi. L’obiettivo in quanto tale ha una dead line, quindi ti costringe a capire sul piano strategico in che modo puoi arrivarci. Ti permette di investire a livello emotivo, cosa che senza avere un tempo di riferimento diventa difficile. Cancellara da questo punto di vista dimostrò una perfetta gestione del tempo e della tensione emotiva.

Sagan ha parlato di grandi obiettivi, ma non li ha definiti.

Magari non ha voluto dirli oppure non li ha individuati. In ogni caso, l’obiettivo deve essere misurabile. Dire in genere che si voglia essere competitivi è troppo vago. Se definisci l’obiettivo, riesci a controllare la prestazione, ma certo non gli avversari. Una visione meno organizzata contro gente affamata può essere un limite.

Giro d’Italia 2022, Messina: Nibali annuncia al Processo alla Tappa che a fine stagione chiuderà la carriera
Giro d’Italia 2022, Messina: Nibali annuncia al Processo alla Tappa che a fine stagione chiuderà la carriera
L’annuncio del ritiro sblocca qualcosa? Si disse ad esempio che dopo l’annuncio al Giro del 2022, Nibali sia parso come liberato.

Ci sono due diverse reazioni. La prima è che sono all’ultimo anno e faccio il meglio che posso. La seconda ti libera. Dichiarando che smetto, tolgo via il conflitto e il dubbio. E’ la risposta alle domande che i giornalisti fanno da mesi. E’ una decisione presa e questo mi permette di essere libero e senza le pressioni che altrimenti mi limiterebbero. Non sappiamo perché Sagan abbia preso questa decisione. Magari nel suo caso ci sono state pressioni che lo hanno portato fuori dall’ambiente emotivo che in passato gli permetteva di esprimersi al meglio. Al netto di tutto questo, dobbiamo dare per scontata la professionalità, che si parli cioè di campioni che continuano a fare al meglio il loro lavoro.

Potrebbe esserci un calo di tensione da quel punto di vista?

La concentrazione richiesta a questi atleti è stare nel presente, ma non solo in gara. Ogni giorno della loro vita richiede una grossa presenza psicologica. Penso che Cancellara abbia pensato a Rio come se la sua vita sportiva finisse quel giorno. E’ necessaria l’attivazione a livello emotivo, altrimenti la risposta cala.

Sagan ha annunciato che il 2023 sarà la sua ultima stagione su strada. Qui al via della Gand
Sagan ha annunciato che il 2023 sarà la sua ultima stagione su strada. Qui al via della Gand
La perplessità su Peter, che speriamo venga smentita, riguarda proprio questo essere attivato.

Bisogna capire da che punto partisse. Se l’inizio di questa ultima stagione parte da un punto molto basso, se è già disattivato, allora la consapevolezza non porta da nessuna parte. Peter lo conosco, ma non benissimo. Come tutti gli atleti, ha avuto la fase rampante e ora ne sta vivendo una calante, in corrispondenza della quale il nuovo che avanza ti toglie riferimenti. In questi casi c’è chi si reinventa e chi non lo accetta. Lui ha un approccio non certo svizzero con lo sport, però ha fatto le sue tante magie grazie all’emotività. Per questo non metterei la mano sul fuoco sul fatto che non ne realizzerà altre. Anzi, forse mi aspetto che ne faccia ancora qualcuna…

Alla Milano-Torino, prima vittoria Tudor: Cozzi racconta

15.03.2023
4 min
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La prima della Tudor nella classica più antica del mondo. Nessun olandese aveva mai messo il proprio nome nell’albo d’oro della Milano-Torino fino ad Arvid De Kleijn, che al sesto sigillo in carriera, il più importante, ha fatto sorridere la professional guidata da Fabian Cancellara.

Il ventottenne di Herveld è sfrecciato sul traguardo di Orbassano nella corsa di 192 chilometri scattata da Rho e durata meno di 4 ore (3h59’02), alla media monstre di 48,2 km/h (record di sempre, perché mai era stato superato il limite dei 48), sfruttando la scia del connazionale della Dsm, Casper Van Uden (poi terzo), e poi si è lanciato come un missile fino all’arrivo, senza lasciare scampo nemmeno all’esperto Fernando Gaviria (secondo).

Per il corridore olandese di 28 anni, alto 1,71 per 68 chili, si tratta della sesta vittoria
Per il corridore olandese di 28 anni, alto 1,71 per 68 chili, si tratta della sesta vittoria

Bus accanto

Casualmente, i bus della Tudor e della Movistar erano vicini nel lungo serpentone a poche centinaia di metri dall’arrivo e così il velocista colombiano, mentre intervistavamo Claudio Cozzi, si è subito avvicinato al ds della Tudor per fargli i complimenti e commentare lo sprint.

«Di solito parto lungo e mi fregano – dice – stavolta ho aspettato e mi han battuto lo stesso».

De Kleijn ha deviato leggermente nel finale, chiudendo Gaviria, ma si è trattato di una deviazione minima
De Kleijn ha deviato leggermente nel finale, chiudendo Gaviria, ma si è trattato di una deviazione minima

Studiato nei dettagli

Cozzi ha sorriso e si è goduto il momento storico, raccontando proprio come è stato preparato a tavolino il finale della Milano-Torino.

«Nel meeting di ieri sera avevamo guardato gli ultimi undici chilometri – racconta – con attenzione particolare agli ultimi 6 e mezzo, che erano molto complicati per via delle rotonde. Ognuno aveva il suo compito da fare e in pratica dovevamo entrare con due corridori davanti a lui ed è andata più o meno così. Poi, bisognava prendere a tutta l’ultima curva e cercare di portarlo più vicino possibile all’arrivo e lui doveva soltanto fare il suo sprint».

Preziosissimo il lavoro dell’ultimo uomo Maikel Zijlaard che, nell’insidioso finale, l’ha messo nelle condizioni migliori per regalarsi un mercoledì da leoni.

Claudio Cozzi arriva al Tudor Pro Cycling Team dalla Israel-Premier Tech
Claudio Cozzi arriva al Tudor Pro Cycling Team dalla Israel-Premier Tech

L’entusiasmo di Cancellara

Così è stato e il semi-sconosciuto velocista oranje, avvicinatosi al ciclismo a 16 anni, è stato scaltro abbastanza per chiudere gli spazi allo scafato Gaviria senza però commettere scorrettezze. E pensare che Arvid nasce scalatore, poi ha messo su chili ed è diventato sprinter.

«E’ un sogno che diventa realtà – aggiunge Cozzi – va ringraziato tutto lo staff. Fabian mi ha chiamato subito dopo l’arrivo, già alla deviazione delle macchine. Ci aveva già chiamato anche stamattina, nel trasferimento e mi ha detto: “Oggi voglio vedere un bel team, che lavoriamo bene e dobbiamo ottenere il massimo risultato possibile”. Ce l’abbiamo fatta. In questa squadra non ci sono ragazzi di primo pelo, ma hanno grande entusiasmo. Questa è la seconda vittoria che ricorderò più di tutte, dopo quella di un gregario come Belkov al Giro d’Italia 2013 nella tappa di Firenze».

Fra astuzia e malizia

Festa in famiglia per De Kleijn: al traguardo ad applaudirlo c’erano anche mamma e papà, con quest’ultimo che teneva con orgoglio il trofeo.

«Ho sfruttato il lavoro di un grande treno – racconta – ci siamo ritrovati in testa dopo ultima curva, ho sentito che le gambe erano buone, sapevo di avere una grande opportunità che ho saputo sfruttare. Questa è una vittoria molto importante per noi, arrivata dopo un ottimo lavoro di squadra. E’ bello avere Fabian Cancellara con noi, è stato uno dei migliori corridori della storia, le sue vittorie mi hanno ispirato».

Poi, sul concitato sprint, aggiunge con un po’ di malizia: «Fernando aveva lo spazio necessario per superarmi, se avesse avuto le gambe per farlo. Non ho fatto niente di irregolare».

Non farà la Milano-Sanremo, a cui la Tudor prenderà parte, perché correrà in Francia, ma Arvid sogna già per l’anno venturo un’altra corsa Rcs Sport. «In futuro mi piacerebbe fare il Giro d’Italia». Chissà che non ci riesca in questa sua seconda giovinezza che è fiorita oggi.