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Tosatto alla Tudor Pro Cycling: ecco perché lo hanno voluto

07.11.2023
6 min
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Otto mesi dopo la prima intervista, siamo di nuovo con Ricardo Scheidecker, head of sports al Tudor Pro Cycling Team. A marzo fu per capire il suo percorso dalla Quick Step alla neonata squadra di Cancellara. Il manager portoghese ci raccontò parecchie cose, alcune ancora in divenire, e fra queste il possibile arrivo di Matteo Tosatto parve una suggestione piuttosto stuzzicante. Ora che il passaggio si è compiuto e che lo stesso tecnico trevigiano ce ne ha raccontato le fasi, sta nuovamente a Ricardo spiegare il perché della scelta.

Quando lo intercettiamo, Scheidecker si trova a Lisbona, appena rientrato da un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Avrà appena il tempo di tirare un po’ il fiato e poi sarà tempo del primo vero meeting che in qualche modo lancerà la stagione 2024.

Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Perché Tosatto?

Toso e io abbiamo lavorato insieme quando lui era corridore alla Saxo Bank (il trevigiano ha corso nel gruppo di Riis dal 2011 al 2016, ndr) e io sono arrivato là come responsabile tecnico. Ci conosciamo da una vita, era il 2012, cioè il mio secondo anno in questo lavoro dopo la Leopard. Col tempo si è creato un rapporto di amicizia e ho scoperto in lui una persona super seria. Professionista, veramente un professionista come pochi. Mi ricordo quando si è ritirato. Ho idea che volesse fare ancora un anno seguendo Contador, ma la cosa non è andata in porto. Amen. Ha smesso e la Ineos lo ha contattato subito, perché sapevano che lui è una buona persona.

Prima l’uomo e poi il tecnico?

Esatto, è una buona persona: nessuno lo sa meglio di me. Poi è diventato un direttore sportivo e i risultati sono evidenti, lo specchio della sua qualità. Penso a lui da un pezzo. Per darvi un’idea, volevo già portarlo in Quick Step. Ho sempre suggerito il suo nome, ma decideva Patrick (Lefevere, ndr) e non lo ha preso. Nel momento in cui sono arrivato qua e ho avuto la possibilità di decidere o comunque di avere un’influenza molto più importante, logicamente accanto a Fabian (Cancellara, ndr), ho pensato subito a lui.

Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Matteo ci ha raccontato che il contatto c’è stato già a marzo, giusto?

La prima volta ci siamo visti in Algarve e abbiamo chiacchierato. Poi siamo sempre rimasti in contatto. Gli abbiamo presentato il progetto in modo serio, come abbiamo fatto con tutti quelli che alla fine sono arrivati. E il progetto gli è piaciuto, credo sia contento. Perché Tosatto? Per la competenza e la sua personalità. Per me è una persona squisita, che con la sua esperienza di alto livello ci porterà al prossimo step importante: il WorldTour.

Vedi differenze fra Matteo corridore e Matteo direttore sportivo?

Era già una persona molto matura, adesso ha più esperienza. L’ho sempre visto coi piedi per terra, molto razionale e responsabile. Però la sua esperienza professionale è cresciuta. Ha dovuto imparare cose nuove, tutti impariamo qualcosa ogni giorno. Se invece abbiamo l’arroganza di pensare di sapere tutto, allora non sapremo mai niente. Toso è così, sa di dover imparare tutti i giorni, ma nel frattempo il suo bagaglio è diventato più grande. Per cui l’ho trovato migliorato nella capacità, sempre lo stesso per la personalità.

Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Un tecnico con questa esperienza e questa personalità verrà coinvolto anche nella scelta degli atleti e nella programmazione?

Avrà un ruolo centrale. Da noi non esiste la figura del capo dei direttori sportivi, puntiamo sul gruppo e i tecnici fanno riferimento a me. E’ vero però che il Toso verrà coinvolto nel gruppo di discussione per l’acquisto dei corridori e in quello che definisce il programma delle corse. Abbiamo una riunione già venerdì e sarà la prima dal suo arrivo. Inizialmente ho dato un po’ di giorni a tutti per respirare, anche se il telefono brucia. Siamo al 7 di novembre, abbiamo già il programma fatto e il calendario stilato, però lui è appena arrivato e non è stato ancora coinvolto. Per cui venerdì cominceremo a lavorare. Non sono dittatore (sorride, ndr), mi piace confrontarmi con i miei colleghi e poi decidiamo insieme.

Oltre a Tosatto arriva Bart Leysen dalla Alpecin e anche corridori come Trentin e Dainese: la campagna acquisti è salita di livello…

L’anno scorso si è capito che Fabian e “Raphi” (Raphael Meyer, CEO del team, ndr) hanno investito molto nella struttura attorno ai corridoi. Gli atleti sono stati scelti molto bene, ma quello è stato un processo in cui io non sono stato coinvolto perché non c’ero, quindi va dato merito a loro. Hanno fatto una campagna acquisti molto interessante, logicamente non costosa, e credo che con questi 20 ragazzi non troppo conosciuti abbiamo ottenuto dei buoni risultati (in apertura Arvid De Kleijn centra a Langkawi la sesta vittoria stagionale ndr). Però sappiamo che se vogliamo essere WorldTour, bisogna rinforzarsi in modo importante e anche intelligente. Non portare dei nomi tanto per portarli, ma ragionare a fondo in base alla conoscenza del gruppo. Così abbiamo scelto elementi in cui crediamo. Hanno talento, hanno capacità e magari nel team precedente erano anche sottovalutati. Noi crediamo di potergli creare le condizioni per dimostrare il loro valore. Ad esempio Trentin…

Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Cosa avete visto in Matteo?

Come Toso per i direttori sportivi, Matteo è stato la mia prima scelta come nome da prendere. La squadra ha bisogno anche del capitano affermato e sperimentato. Forte, ma molto esperto anche dal punto di vista dell’esperienza, dell’intelligenza in corsa e fuori dalle corse. Uno che sappia fare gruppo e aiuti a unire i corridori che avremo il prossimo anno. I nuovi acquisti sono stati importanti, ma io credo anche individuati in maniera razionale ed efficiente. Si lavora al 2024, ma siamo già con la testa al 2025. Non ci fermiamo e cerchiamo di pianificare in anticipo per arrivare a quell’obiettivo a medio termine, che è diventare una squadra WorldTour.

Tosatto è rimasto moto colpito da questa lunga prospettiva.

Nel 2023 si è pensato molto al 2024, perché bisogna creare le basi e ti devi concentrare anche in quello che stai facendo nel presente. Alla fine i risultati sono stati buoni, ma non riflettono la qualità della squadra. Non voglio sembrare assolutamente arrogante, però abbiamo avuto tanti corridori malati e bisogna fare meglio anche in questo. Bisogna crescere. Per cui abbiamo preso non solo corridori, ma anche più staff. Non c’è solo il Toso, c’è un altro nutrizionista, medici, c’è un altro allenatore. L’investimento è importante, ma non ci stiamo gonfiando, cresciamo in modo progressivo. Un mattone sopra l’altro, solo così potremo costruire un muro davvero solido. 

Tosatto alla Tudor Pro Cycling, grosso colpo di mercato

29.10.2023
7 min
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Matteo Tosatto lascia la Ineos Grenadiers e va al Tudor Pro Cycling Team. Sapevamo della proposta già da marzo, ma i tempi erano prematuri e non era detto che il trevigiano avrebbe accettato. Lui per primo, rispondendo a qualche messaggio a fine Tour, aveva ammesso che altre tre squadre lo avevano cercato, ma che la decisione non l’avesse ancora presa.

Tosatto è salito sull’ammiraglia della squadra britannica nel 2017 e l’ha condotta alla maglia rosa con Froome nel 2018, Tao Geoghegan Hart nel 2020 e Bernal nel 2021. Nei due anni successivi, il 2022 e 2023, sono venuti invece i secondi posti di Carapaz e Thomas. Lavorando con Dario Cioni, il trevigiano è diventato uno dei riferimenti del gruppo italiano. Un tecnico di valore internazionale, che ha messo bene a frutto i 20 anni da professionista con tecnici e manager come Giancarlo Ferretti, Patrick Lefevere, Luca Guercilena e Bjarne Riis. Gli stessi che, fatto salvo Lefevere, ha incontrato sulla sua strada Fabian Cancellara, che lo ha voluto fortemente nel suo nuovo progetto.

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos

L’autunno ha il sapore di quando si cambiava squadra e bisognava liberare i cassetti e la mente per le nuove dotazioni. Matteo è appena tornato da una settimana in Svizzera, vissuta con gli atleti e con il management della squadra. Un’immersione che gli ha confermato la bontà della scelta e l’impegno della sfida raccolta.

Come mai il direttore sportivo di una squadra come la Ineos a un certo punto decide di cambiare?

Era arrivato il momento giusto, secondo me. Si potrebbero dire tante cose, ma forse è meglio non farlo. Diciamo che era il momento giusto di cambiare. Devo solo dire grazie al Team Sky e Ineos perché mi hanno offerto un posto di lavoro nella squadra numero uno al mondo. Più di così non potevo desiderare. La Tudor non era l’unica opzione, si sono fatte avanti altre squadre, ma loro hanno portato proposte molto interessanti. Li guardavo già da un po’, non solo perché ho mantenuto degli ottimi rapporti con “Cance” e con Ricardo (Scheidecker, head of sport del team svizzero, ndr). Di solito si parlava di ciclismo in generale, ma quando abbiamo affrontato più decisamente il loro progetto, mi hanno coinvolto e mi hanno fatto la loro proposta. Non ho dovuto pensarci troppo, in realtà…

Come ti hanno convinto?

Mi hanno presentato il progetto, che è un gran progetto. Ho notato subito che non ragionavano sul futuro prossimo, ma a lunga scadenza. Mi hanno illustrato quello che pensano, come vogliono affrontare il ciclismo. E la cosa più importante, a parte gli sponsor solidi e la prospettiva lunga, è la loro filosofia. Vogliono fare ciclismo dando una precisa impronta di squadra. Senza guardare cosa fanno le altre. La Tudor ha la propria idea di ciclismo e la porta avanti, dal marketing alla scelta dei corridori, passando per la tattica.

Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Perché prendere Tosatto?

Potrei dire per il rapporto umano che so creare tra direttore e coach, fra direttore e corridore. Penso che abbiano visto questo. Non abbiamo parlato di tattiche, ma del valore umano, di competenza e consapevolezza. Di ciclismo ne ho visto tanto. Gli ultimi sei anni e mezzo in una grande squadra, lavorando sempre con campioni, mi hanno aiutato tanto. Poi diciamo che con Ricardo ho lavorato quando era in Saxo Bank e poi Tinkoff e mi conosce bene. Con Cancellara abbiamo corso insieme. Secondo me loro hanno messo come primo punto la persona. Non le qualità, ma la persona.

E’ stimolante il fatto di entrare in un progetto ancora in fase di lancio?

La squadra è nata nel 2023, il prossimo anno farà uno step in più. Mi hanno chiamato per fare parte del progetto, dandomi tanta fiducia. Vado come direttore sportivo, però sono dentro a tante altre cose, come ad esempio la scelta dei corridori. E proprio questo coinvolgimento mi ha spinto a dire sì, il fatto di sentirmi al centro del progetto. Questa per me è la cosa fondamentale. Alla Ineos stavo bene, ma ero un direttore come tutti gli altri. Ottimo gruppo, però dal mio punto di vista tante volte noi direttori non eravamo coinvolti al 100 per cento dalla squadra, che magari è strutturata in modo diverso. La Tudor mi ha fatto davvero una grande proposta.

Quando sono cominciati i contatti?

Il primo incontro c’è stato a febbraio, ancora prima del loro debutto. Ci trovammo per caso con Ricardo a una corsa e venne fuori una chiacchierata. E lui mi propose subito di rimanere in contatto, perché voleva che andassi con loro. Poi abbiamo continuato a sentirci, ma per rispetto della Ineos, la decisione l’ho presa dopo il Tour de France. 

Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
E la Ineos ha provato a trattenerti oppure hanno preso atto e ti hanno stretto la mano?

Sono inglesi, un po’ freddi. Ho lavorato per un po’ di anni con Rod Ellingworth, gli ho manifestato le mie intenzioni, ma non ha provato a convincermi. Qualcuno di quelli più vicini ha provato a chiedermi se fossi sicuro e mi ha invitato a pensarci bene, però è come quando da corridore senti il bisogno di cambiare squadra per trovare nuovi stimoli. E questo è un nuovo stimolo.

Ti dispiace lasciare il gruppo italiano?

Noi italiani puntiamo sempre sul gruppo, ma non sono riuscito a portare del tutto questa mentalità. Mi dispiace lasciare gli italiani. Penso allo staff, come a Puccio e Viviani, ma anche a Ganna. Se penso che quando Pippo era arrabbiato alle corse in cui io magari non c’ero, mi chiamava a casa per fare due parole… Sai, è bello che un campione come Ganna voglia confrontarsi su come è andata una corsa o come affrontare quella del giorno dopo, per cui dispiace perdere quel tipo di rapporto. Lui sa benissimo tante cose. E mi ha detto: «Toso, la carriera è tua. Mi dispiace perché ci troviamo bene insieme, però se questa è la tua scelta, è giusto che la porti avanti».

Come hai visto Cancellara padrone del team rispetto a com’era da corridore?

Prima cosa, lo vedo super preparato e questo mi ha stupito. “Cance” da corridore era garibaldino, spavaldo. Adesso è sempre così, sta allo scherzo ed è sempre combattivo. Però nel lavoro, ho trovato una persona molto matura per la sua età. Con le idee non chiare, ma chiarissime sul da farsi. Una cosa che mi ha stupito è che non pensa a come sarà l’anno prossimo, ma è già con la testa al 2025, pensando a cosa fare meglio. E’ molto preparato. In questo primo ritiro, abbiamo fatto come sempre il fitting per abbigliamento e bici, le prime visite mediche e tutti i programmi. E poi, in stile Bjarne Riis, ha previsto due giorni e mezzo di “survival camp”. Quando gliel’ho chiesto, mi ha risposto: «Io ho fatto la scuola di Ferron (Giancarlo Ferretti, ndr), la scuola di Bjarne e la scuola di Guercilena. Non è che copio, semplicemente ho avuto la fortuna di aver avuto questi tre maestri e prendo il meglio di quello che mi hanno dato e che possa funzionare».

Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Prossimi passi? Ritiro a dicembre?

Andiamo in Spagna, dalla fine della prima settimana fino circa al 20. Due settimane e poi ancora un ritiro a gennaio nello stesso posto e poi si inizia a correre. Aspettiamo gli inviti perché essendo una squadra Pro Continental dobbiamo essere invitati. Il programma è buono, sappiamo già più o meno dove andremo, ma finché non abbiamo le conferme non possiamo dire niente. Abbiamo anche dei buoni atleti e questa è la cosa fondamentale.

Ne sono arrivati di buoni, vero…

E’ arrivato Matteo Trentin e anche Alberto Dainese. Mayrhofer dalla Dsm e anche Storer dalla Groupama. Hanno voglia di fare e abbiamo qualche giovane svizzero buono. Serve avere pazienza, credere nel progetto e non avere fretta. Se a febbraio o marzo non si vedono ancora risultati, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un progetto a lungo termine.

Come ti hanno accolto i colleghi dell’ammiraglia?

E’ la prima volta che cambio squadra da direttore, però anche parlando con Ricardo ho percepito che il fatto che arrivi dalla Ineos mi vale il loro rispetto. Mi guardano con un occhio di riguardo. Mi piace poter diventare un riferimento. Questo porterà a grandi responsabilità, ma ho scelto Tudor perché sono pronto per prenderle. Credo nel progetto e, come abbiamo ripetuto nei giorni scorsi, le cose andranno fatte per gradi.

La mentalità prima dei risultati. La filosofia di Cancellara

09.10.2023
5 min
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COMO – Quando lo incontri, Fabian Cancellara trasmette sempre vibrazioni eteree. Il giorno prima del Lombardia – durante le operazioni preliminari della gara – stava chiacchierando con Jan Ullrich e la gente davanti al piazzale di Palazzo Terragni non sapeva a chi chiedere prima autografo o selfie.

La mattina successiva i mezzi della Tudor Pro Cycling avevano appena parcheggiato accanto allo stadio Sinigaglia e c’erano già decine di persone ad aspettare che “Spartacus” scendesse per il solito rituale dell’appassionato.

Davanti al bus del suo team, lo svizzero ne ha dette di cose interessanti, come sempre del resto. Ed è evidente come sia una guida per tutto il suo gruppo. Un Cancellara che prima di guardare al risultato in qualità di proprietario del team, parla di filosofia. La sua Tudor ha fatto una bella campagna acquisti per il 2024 ma lui si concentra sulla mentalità da seguire

Fabian possiamo già tracciare un bilancio della stagione?

Mancano ancora poche corse alla fine. Con le vittorie (finora undici, ndr) che abbiamo raccolto siamo contenti ma non è solo quello che conta. Abbiamo fatto certe gare dove abbiamo mostrato dei limiti. La maniera in cui corriamo è quello che conta, perché così facendo possiamo creare una cultura. Lo dico sempre ai ragazzi che correndo dietro non si può vincere. Noi partiamo per fare la corsa, non per essere alla corsa. Sono due cose importanti e diverse. La nostra mentalità è questa e andiamo avanti così.

E’ un discorso che si fa per una squadra nata praticamente quest’anno?

La struttura, la mentalità e i corridori, tutto amalgamato, penso che siano queste le vittorie che fanno la differenza. Anzi, vi dirò che la crescita della struttura e il perdere le corse sono due aspetti fondamentali per noi. Certo, le vittorie servono per il morale e per vedere quello su cui abbiamo investito, riguardante il tempo, quello che facciamo e la direzione verso cui dobbiamo andare. Sono cose che contano su un progetto a lungo termine come quello della Tudor.

Crescita senza “fretta”…

Faccio sempre l’esempio della costruzione di una casa. Quanti piani avremo non lo so, ma più sono profonde e larghe le fondamenta, ovvero la nostra organizzazione, più potremo resistere ad eventuali terremoti. Che saranno quei momenti difficili nei quali dovremo essere pronti. Per farvi capire meglio, l’anno scorso andavamo alle corse senza il bus o il camion delle bici, oggi invece abbiamo corso l’ultima Monumento come le altre squadre.

E’ innegabile che il tuo carisma sia un punto importante per la squadra.

Non sono solo io a fare la squadra o a stimolare i ragazzi. Lo facciamo tutti. Alla Tudor non esiste un io, esiste un noi. Lo staff, i direttori e tutte le persone che sono dentro all’organizzazione. Certo, qualcuno dice che Cancellara conta e ha un peso. Ebbene, io voglio esserci non quando si vince ma quando si perde perché è quello il bello del lavoro. Io so cosa significhi vincere e ci sono volte in cui mi godo il momento, però voglio che i miei ragazzi, ed il resto dello staff, se lo godano di più. Tanta gente non conosce queste situazioni o emozioni. E’ per questo che io sono molto fiero di come stanno andando le cose. Stiamo comunque continuando a lavorare perché siamo solo all’inizio.

Avete anche un bel progetto giovani con cui avete conquistato il terzo posto finale al Giro NextGen. Come sta procedendo?

Al Lombardia abbiamo proprio portato Hannes (Wilksch, terzo alla corsa rosa U23, ndr) che ha fatto recentemente anche il Langkawi ed è passato in prima squadra ad inizio agosto. Ma c’è anche Mathys Rondel che invece ha corso il Gran Piemonte ed ha fatto buone cose. La formazione U23 è la nostra base e sta andando molto bene. E’ bello perché lavoriamo molto con i corridori svizzeri. C’è un gran bel gruppo, anche già formato per l’anno prossimo. Stiamo proseguendo un certo tipo di lavoro, con la fortuna di avere un team professional e quindi poter interscambiare i nostri corridori con più facilità. Poi abbiamo anche qualche sorpresa per il 2024…

Si parla di due italiani, Juan David Sierra e Simone Gualdi. Sono forse loro queste sorprese?

Questo lo dite voi (sorride, ndr) però non nascondo che arrivino degli italiani. Comunque ci sarà tempo per dare comunicazioni ufficiali.

Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
A proposito dei terremoti cui facevi riferimento prima, Fabian Cancellara come giudica la presunta e chiacchierata fusione tra Soudal e Jumbo?

Alla fine non so se questa vicenda era solo piena di “balle” (sorride, ndr) perché nessuno sapeva veramente cosa stesse succedendo. Ciò che è avvenuto nelle ultime settimane non è buono per nessuno e per il ciclismo. Però ti mostra la difficoltà dell’economia in generale. Se due tra i più grandi team professionistici devono mettersi insieme, allora vuol dire che per i piccoli team si mette male. Una fusione del genere non aiuta il movimento.

Chiaro…

Spero in ogni caso che tutto si risolva per il meglio, visto che hanno anche tanta storia alle spalle. Poi si lascerebbero a casa tante persone. In senso più ampio, spero che situazioni simili volgano sempre al meglio per il bene dello sport. Per me è lo sport che conta. Più facciamo del bene allo sport, più aiuta a far crescere bene i bambini o le nuove generazioni nello sport a casa o a scuola. I giovani sono il nostro futuro. Loro devono stare attenti al nostro sport e noi attenti a loro.

Trentin lascia Pogacar: 3 anni con Cancellara, ecco perché

25.08.2023
6 min
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Qualcuno ha detto che quando Pogacar ha saputo che il prossimo anno Trentin cambierà squadra sia andato su tutte le furie. Matteo non ne sa nulla. Lui ha preso la sua decisione e dal 2024 al 2026 correrà con la maglia del Tudor Pro Cycling Team in cui molto probabilmente approderà anche un altro Matteo come diesse. Professionista dal 2012, la carriera di Trentin è stata finora tutt’altro che banale e con pochi cambi di maglia. La Quick Step nei suoi vari cambi di nome, poi la Mitchelton-Scott, un anno con la CCC che poi ha chiuso e ancora adesso il UAE Team Emirates. Perché cambiare a 34 anni? Lo abbiamo chiesto a lui, nei giorni del Renewi Tour, il vecchio Benelux Tour, che fu prima BinckBank Tour e prima ancora Eneco Tour.

Glasgow, caduta, ritiro e dolore alla mano: le radiografie hanno escluso la frattura
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Prima cosa: come sta la mano del mondiale? Alla fine niente di rotto…

No, non era rotto niente, ma c’è un ematoma su una delle ossa della mano, non chiedetemi il nome, non lo ricordo più. Quello c’è e ci vorrà del tempo prima che si riassorba. Se avessi preso una botta su una coscia, dopo una settimana o due al massimo si sarebbe riassorbita. Questo durerà almeno un altro mesetto.

Ti provoca qualche fastidio?

Meno di una settimana fa e molto meno di due settimane fa, però dà ancora fastidio. Un fastidio diverso dall’essere caduto nuovamente al mondiale, ma questa volta me la sono anche andata a cercare, non posso recriminare più di tanto su qualcuno o qualcosa. Ho fatto una mossa che semmai andava fatta negli ultimi giri. Se proprio devo andare a infilarmi da qualche parte, magari si poteva fare quando ne fosse valsa la pena. Però ormai è fatta, quindi…

Il Tour non è stato fortunato per Matteo: troppe cadute. Qui lo spinge Matxin
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Come è maturata, al di là dell’offerta, questa idea di cambiare squadra?

In realtà mi hanno cercato molto presto, poi il tempo passa, ci sono cose da fare, però mi era piaciuto molto il progetto. Non è che fossi alla ricerca di un cambio o qualcosa del genere, però mi è piaciuto molto il fatto che cercassero uno della mia età, rispetto magari ad altre realtà dove un corridore di 34 anni viene messo in discussione, perché non si sa quanto durerà. Loro invece sono venuti proprio per la mia esperienza, per quello che posso dare alla squadra e anche con un intervallo di tempo importante. Insomma, un contratto di tre anni a questa età non lo trovi sotto i sassi.

Che cosa cercano da uno della tua esperienza: che aiuti i giovani o che dimostri di saper ancora vincere?

Tutte e due le cose, ma potete chiederlo a loro. Penso che quest’anno per me non sia stato un granché, sia al Tour che al mondiale. In Francia non ho potuto avere le mie chance, ovviamente, perché eravamo tutti per Tadej e lo sapevo dal principio. Quindi non sono andato neanche a cercarmele. Però ugualmente ho visto che nonostante abbia 34 anni, riesco a stare davanti quelle due volte in croce che posso giocarmi le mie carte. E al mondiale stessa storia. Sono caduto, ma sono sicuro che avrei fatto una gran corsa. Non so tradurlo in termini di piazzamento, ma stavo bene davvero.

Nella 19ª tappa del Tour, Trentin coglie il nono posto. La fuga è quella giusta, ma contro Mohoric c’è poco da fare
Nella 19ª tappa del Tour, Trentin coglie il nono posto. La fuga è quella giusta, ma contro Mohoric c’è poco da fare
Cosa ti piace del progetto Tudor?

E’ una squadra giovane, con un grande sponsor e una grande società alle spalle. Nomi molto importanti e il fatto che entrino aziende così altisonanti è una bella cosa per il ciclismo in generale. E poi mi piace la visione a lunghissimo termine, basta vedere che con Bmc hanno firmato per sei anni. Quindi contratti lunghi e un progetto a lunga gittata. Non guardano al prossimo anno o quello dopo, guardano già parecchio avanti.

Hai avuto contatti anche con Cancellara?

Ho parlato anche con Fabian, ma ho notato che ogni persona con cui ho avuto a che fare si è attenuta sempre al suo ruolo. Tutti sanno tutto ovviamente, ma nessuno sconfina nel ruolo altrui. Si parla di una cosa con uno e di una cosa con un altro, ognuno ha la sua responsabilità. C’è una settorialità comunicativa, non a camere stagne.

Qui con Froidevaux, Fabian Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Qui con Froidevaux, Fabian Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Nella tua carriera hai cambiato poche squadre, resti parecchio: perché di volta di volta hai deciso di cambiare?

Quella in cui sono stato meno è la Mitchelton, ma non perché non mi trovassi bene nella squadra, anzi. E’ la squadra in cui a livello di ambiente mi sono trovato meglio, era un bellissimo gruppo in cui ho ottenuto i risultati migliori della mia carriera. Ho cambiato perché in quel momento non c’erano più le condizioni per lavorare serenamente. Ma non abbiamo litigato, ci salutiamo ancora. Diciamo che dove vado, cerco sempre di integrarmi nel gruppo e dare il mio contributo per quello che posso. Vedo che ha sempre funzionato. Tutti sanno che cambierò squadra, ma continuo a fare il mio lavoro al 100 per cento della mia professionalità. A me non è mai capitato, ma trovo che sarebbe poco furbo pagare uno e non farlo correre solo perché a fine anno andrà via.

Fra i tuoi obiettivi ci saranno ancora le classiche?

Diciamo di sì, anche se passando in una professional, molto sarà legato agli inviti ed è abbastanza presto per averne a determinate corse. Sinceramente voglio tornare a vincere e vincere bene: più due corse all’anno e questo sarebbe già il segnale che le cose funzionano. Tanto ormai si fa fatica in tutte le corse. Bello se vinci la prova monumento, ma non è che se vinci l’Omloop Het Nieuwsblad o Kuurne fatichi di meno.

Al mondiale, Trentin aveva una gran gamba. Qui scatta davanti a Pogacar, ma si ritirerà per caduta
Al mondiale, Trentin aveva una gran gamba. Qui scatta davanti a Pogacar, ma si ritirerà per caduta
Quanto è pesante per uno che ha velleità da vincente stare in una squadra in cui c’è un leader forte come Pogacar?

In realtà non tanto, perché quanti ne trovi di corridori così? Tadej è al di sopra di tutti, non puoi dire di essere più bravo di lui.

La decisione di cambiare è stata presa anche con tua moglie?

Abbiamo parlato un bel po’ anche a casa e poi mi sono orientato verso questa scelta. Cambiare dà nuovi stimoli, è una scelta di vita.

Come procede adesso la tua stagione?

Adesso il Benelux, forse Plouay e poi tutte le gare in Belgio e il finale in Veneto, a casa di Pippo Pozzato.

Da Cancellara a Sagan, la gestione psicologica del ritiro

28.03.2023
4 min
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Cancellara annunciò che si sarebbe ritirato dopo le Olimpiadi Di Rio. Era il 2016 e lo svizzero vinse una corsa a Mallorca e la Strade Bianche. Poi arrivò secondo al Fiandre dietro Sagan, vinse una crono allo Svizzera e di seguito il titolo nazionale contro il tempo. Infine corse il Tour, andò alle Olimpiadi, vinse l’oro della crono e disse basta. Pensammo subito che servisse una gran testa per tenere la concentrazione tutto l’anno a quel modo, sapendo che fosse l’ultimo.

Quando nei giorni argentini Sagan ha annunciato la fine della carriera su strada, ci siamo messi a osservarlo per capire come gestirà il cammino di uscita dal grande ciclismo. Così, dopo aver annotato alcuni passaggi a vuoto in corse alla sua portata – dalla Sanremo alla Gand – e in attesa di altri test come il Fiandre o la Roubaix, il mondiale oppure il Tour, abbiamo chiesto il parere di Elisabetta Borgia, psicologa della Trek-Segafredo e della nazionale, per capire cosa possa succedere nella mente di un atleta di vertice quando annuncia il ritiro e si dà un anno di tempo prima di staccare la spina.

All’inizio del 2016, Cancellara annunciò che la crono di Rio sarebbe stata l’ultima corsa e vinse l’oro
All’inizio del 2016, Cancellara annunciò che la crono di Rio sarebbe stata l’ultima corsa e vinse l’oro
Elisabetta, come si vive l’ultimo anno di carriera?

Dandosi delle scadenze, che diventano obiettivi. L’obiettivo in quanto tale ha una dead line, quindi ti costringe a capire sul piano strategico in che modo puoi arrivarci. Ti permette di investire a livello emotivo, cosa che senza avere un tempo di riferimento diventa difficile. Cancellara da questo punto di vista dimostrò una perfetta gestione del tempo e della tensione emotiva.

Sagan ha parlato di grandi obiettivi, ma non li ha definiti.

Magari non ha voluto dirli oppure non li ha individuati. In ogni caso, l’obiettivo deve essere misurabile. Dire in genere che si voglia essere competitivi è troppo vago. Se definisci l’obiettivo, riesci a controllare la prestazione, ma certo non gli avversari. Una visione meno organizzata contro gente affamata può essere un limite.

Giro d’Italia 2022, Messina: Nibali annuncia al Processo alla Tappa che a fine stagione chiuderà la carriera
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L’annuncio del ritiro sblocca qualcosa? Si disse ad esempio che dopo l’annuncio al Giro del 2022, Nibali sia parso come liberato.

Ci sono due diverse reazioni. La prima è che sono all’ultimo anno e faccio il meglio che posso. La seconda ti libera. Dichiarando che smetto, tolgo via il conflitto e il dubbio. E’ la risposta alle domande che i giornalisti fanno da mesi. E’ una decisione presa e questo mi permette di essere libero e senza le pressioni che altrimenti mi limiterebbero. Non sappiamo perché Sagan abbia preso questa decisione. Magari nel suo caso ci sono state pressioni che lo hanno portato fuori dall’ambiente emotivo che in passato gli permetteva di esprimersi al meglio. Al netto di tutto questo, dobbiamo dare per scontata la professionalità, che si parli cioè di campioni che continuano a fare al meglio il loro lavoro.

Potrebbe esserci un calo di tensione da quel punto di vista?

La concentrazione richiesta a questi atleti è stare nel presente, ma non solo in gara. Ogni giorno della loro vita richiede una grossa presenza psicologica. Penso che Cancellara abbia pensato a Rio come se la sua vita sportiva finisse quel giorno. E’ necessaria l’attivazione a livello emotivo, altrimenti la risposta cala.

Sagan ha annunciato che il 2023 sarà la sua ultima stagione su strada. Qui al via della Gand
Sagan ha annunciato che il 2023 sarà la sua ultima stagione su strada. Qui al via della Gand
La perplessità su Peter, che speriamo venga smentita, riguarda proprio questo essere attivato.

Bisogna capire da che punto partisse. Se l’inizio di questa ultima stagione parte da un punto molto basso, se è già disattivato, allora la consapevolezza non porta da nessuna parte. Peter lo conosco, ma non benissimo. Come tutti gli atleti, ha avuto la fase rampante e ora ne sta vivendo una calante, in corrispondenza della quale il nuovo che avanza ti toglie riferimenti. In questi casi c’è chi si reinventa e chi non lo accetta. Lui ha un approccio non certo svizzero con lo sport, però ha fatto le sue tante magie grazie all’emotività. Per questo non metterei la mano sul fuoco sul fatto che non ne realizzerà altre. Anzi, forse mi aspetto che ne faccia ancora qualcuna…

Alla Milano-Torino, prima vittoria Tudor: Cozzi racconta

15.03.2023
4 min
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La prima della Tudor nella classica più antica del mondo. Nessun olandese aveva mai messo il proprio nome nell’albo d’oro della Milano-Torino fino ad Arvid De Kleijn, che al sesto sigillo in carriera, il più importante, ha fatto sorridere la professional guidata da Fabian Cancellara.

Il ventottenne di Herveld è sfrecciato sul traguardo di Orbassano nella corsa di 192 chilometri scattata da Rho e durata meno di 4 ore (3h59’02), alla media monstre di 48,2 km/h (record di sempre, perché mai era stato superato il limite dei 48), sfruttando la scia del connazionale della Dsm, Casper Van Uden (poi terzo), e poi si è lanciato come un missile fino all’arrivo, senza lasciare scampo nemmeno all’esperto Fernando Gaviria (secondo).

Per il corridore olandese di 28 anni, alto 1,71 per 68 chili, si tratta della sesta vittoria
Per il corridore olandese di 28 anni, alto 1,71 per 68 chili, si tratta della sesta vittoria

Bus accanto

Casualmente, i bus della Tudor e della Movistar erano vicini nel lungo serpentone a poche centinaia di metri dall’arrivo e così il velocista colombiano, mentre intervistavamo Claudio Cozzi, si è subito avvicinato al ds della Tudor per fargli i complimenti e commentare lo sprint.

«Di solito parto lungo e mi fregano – dice – stavolta ho aspettato e mi han battuto lo stesso».

De Kleijn ha deviato leggermente nel finale, chiudendo Gaviria, ma si è trattato di una deviazione minima
De Kleijn ha deviato leggermente nel finale, chiudendo Gaviria, ma si è trattato di una deviazione minima

Studiato nei dettagli

Cozzi ha sorriso e si è goduto il momento storico, raccontando proprio come è stato preparato a tavolino il finale della Milano-Torino.

«Nel meeting di ieri sera avevamo guardato gli ultimi undici chilometri – racconta – con attenzione particolare agli ultimi 6 e mezzo, che erano molto complicati per via delle rotonde. Ognuno aveva il suo compito da fare e in pratica dovevamo entrare con due corridori davanti a lui ed è andata più o meno così. Poi, bisognava prendere a tutta l’ultima curva e cercare di portarlo più vicino possibile all’arrivo e lui doveva soltanto fare il suo sprint».

Preziosissimo il lavoro dell’ultimo uomo Maikel Zijlaard che, nell’insidioso finale, l’ha messo nelle condizioni migliori per regalarsi un mercoledì da leoni.

Claudio Cozzi arriva al Tudor Pro Cycling Team dalla Israel-Premier Tech
Claudio Cozzi arriva al Tudor Pro Cycling Team dalla Israel-Premier Tech

L’entusiasmo di Cancellara

Così è stato e il semi-sconosciuto velocista oranje, avvicinatosi al ciclismo a 16 anni, è stato scaltro abbastanza per chiudere gli spazi allo scafato Gaviria senza però commettere scorrettezze. E pensare che Arvid nasce scalatore, poi ha messo su chili ed è diventato sprinter.

«E’ un sogno che diventa realtà – aggiunge Cozzi – va ringraziato tutto lo staff. Fabian mi ha chiamato subito dopo l’arrivo, già alla deviazione delle macchine. Ci aveva già chiamato anche stamattina, nel trasferimento e mi ha detto: “Oggi voglio vedere un bel team, che lavoriamo bene e dobbiamo ottenere il massimo risultato possibile”. Ce l’abbiamo fatta. In questa squadra non ci sono ragazzi di primo pelo, ma hanno grande entusiasmo. Questa è la seconda vittoria che ricorderò più di tutte, dopo quella di un gregario come Belkov al Giro d’Italia 2013 nella tappa di Firenze».

Fra astuzia e malizia

Festa in famiglia per De Kleijn: al traguardo ad applaudirlo c’erano anche mamma e papà, con quest’ultimo che teneva con orgoglio il trofeo.

«Ho sfruttato il lavoro di un grande treno – racconta – ci siamo ritrovati in testa dopo ultima curva, ho sentito che le gambe erano buone, sapevo di avere una grande opportunità che ho saputo sfruttare. Questa è una vittoria molto importante per noi, arrivata dopo un ottimo lavoro di squadra. E’ bello avere Fabian Cancellara con noi, è stato uno dei migliori corridori della storia, le sue vittorie mi hanno ispirato».

Poi, sul concitato sprint, aggiunge con un po’ di malizia: «Fernando aveva lo spazio necessario per superarmi, se avesse avuto le gambe per farlo. Non ho fatto niente di irregolare».

Non farà la Milano-Sanremo, a cui la Tudor prenderà parte, perché correrà in Francia, ma Arvid sogna già per l’anno venturo un’altra corsa Rcs Sport. «In futuro mi piacerebbe fare il Giro d’Italia». Chissà che non ci riesca in questa sua seconda giovinezza che è fiorita oggi.

Ricardo Scheidecker, l’uomo in più per la Tudor Pro Cycling

08.03.2023
7 min
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Ci sono persone che non vedi, grazie alle quali le squadre si trasformano in gruppi vincenti. Per questo, al momento di dare vita al Tudor Pro Cycling Team, Fabian Cancellara ha chiamato Ricardo Scheidecker, con cui aveva lavorato ai tempi della Leopard-Trek. Il portoghese però era già impegnato con la Quick Step-Alpha Vinyl, in cui svolgeva il ruolo di Technical&Development Director e inzialmente ha declinato l’invito. Era lì da sei anni, quelli in cui la squadra è diventata il Wolfpack, ottenendo alcuni fra i risultati migliori della sua storia, fra cui il primo grande Giro.

Ricardo viene da Lisbona, ma vive fra l’Italia, Lussemburgo, Portogallo e Svizzera (foto Tudor Pro Cycling Team)
Ricardo viene da Lisbona, ma vive fra l’Italia, Lussemburgo, Portogallo e Svizzera (foto Tudor Pro Cycling Team)

Dietro le quinte

Ricardo non parla con i giornalisti e non ha account social. E’ uno tosto: una sola parola e lavorare dietro le quinte, ma questa volta ha fatto un’eccezione. Perché alla fine ha lasciato la squadra di Lefevere? E come si fa a far decollare una squadra appena nata?

«Con Fabian – racconta in questi giorni alla Tirreno – sono amico da sempre, da quell’anno in cui abbiamo lavorato insieme alla Leopard. Lui è uno di quelli di cui ho sempre tenuto il numero di telefono, perché si è creata negli anni un’amicizia importante, basata sul rispetto e la riconoscenza reciproca. Mi ha sempre detto che il giorno in cui avesse fatto una squadra, sarebbe venuto a prendermi. Io però ero nella Quick Step. Gli ultimi sei anni sono stati i migliori della storia, forse migliori anche di quando c’erano Museeuw e Boonen. Per questo inizialmente gli ho detto di no.

«Quando però alla fine del 2022 mi sono reso conto che non avrei più potuto portare altro valore al team, ci ho riflettuto e ho accettato la nuova sfida. Non è stato facile lasciare quel gruppo di amici, ma adesso che ho conosciuto bene la realtà Tudor, dico che sarei stato uno stupido a non accettare l’offerta».

Il team svizzero ha bici BMC, abbigliamento Assos e auto Mercedes: scelte al top (foto Tudor Pro Cycling Team)
Il team svizzero ha bici BMC, abbigliamento Assos e auto Mercedes: scelte al top (foto Tudor Pro Cycling Team)
Cosa facevi alla Quick Step?

Erano già un grande gruppo, ma gli mancavano la struttura, il metodo e il modo di mettere insieme i vari caratteri. Serviva qualcuno capace di fare da collante e io lo so fare. Alla fine dei conti, non sono un gestore. Non ho studiato alla Bocconi, come diceva il “Brama” per prendermi in giro. Ma alla fine siamo riusciti a ottimizzare il valore delle persone, spingendo tutti a dare di più. E qui alla Tudor si dovrà fare più o meno lo stesso. Sono felice di aver trovato un management capace di confronti costanti.

Siete partiti da zero?

Ho cominciato il primo ottobre e in questi cinque mesi abbiamo fatto tantissimo. Fabian ha investito nelle persone attorno ai corridori prima di investire nei corridori e questa è una cosa intelligentissima. Poi c’è Tudor. Li ho conosciuti a novembre, siamo andati a visitarli. Ecco perché dico che sarei stato uno stupido a rifiutare…

Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team. E’ stato lui a chiamare Ricardo Scheidecker
Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team. E’ stato lui a chiamare Ricardo Scheidecker
Perché?

Sono delle persone superlative. Degli uomini d’affari, logicamente, ma di un serietà, una classe, una riservatezza e una fiducia che non ho mai conosciuto nei 12-13 che faccio questo lavoro. Neanche quando eravamo alla Saxo Bank, che con Riis erano una cosa sola. Qui c’è il potenziale per arrivare lontanissimo. Se facciamo le cose per bene, saremo riconosciuti per la nostra competenza. 

Che cosa ti ha chiesto Fabian?

Data la serietà del progetto, voleva l’esperienza di qualcuno che avesse gestito il dipartimento sportivo di una squadra importante. Fabian conosce le mie caratteristiche umane. Sa che persona sono e io so che persona è lui. Mi ha detto che, dovendo crescere un passo per volta, sarei stato un asset fondamentale nella costruzione della squadra e specificamente del dipartimento sportivo.

Froidevaux è campione svizzero 2022, ha 24 anni. Lo scorso anno ha vinto anche la Serenissima Gravel
Froidevaux è campione svizzero 2022, ha 24 anni. Lo scorso anno ha vinto anche la Serenissima Gravel
Quanto è cambiato il Fabian manager rispetto al campione?

Questa è una bellissima domanda. La sua essenza non è cambiata. E’ un uomo buono e di grande umanità. Umile a 360 gradi, di un altruismo veramente agli antipodi dell’egocentrismo che si potrebbe immaginare dopo una carriera come la sua. Fabian Cancellara è un’icona dello sport: in Svizzera c’è Federer e poi c’è lui. L’avevo lasciato 13 anni fa e ovviamente siamo invecchiati entrambi, ma lui è veramente maturato… benissimamente. Si può dire? Magari è una parola che non esiste, ma rende l’idea.

Dove è nata la tua esperienza?

Ho smesso di correre nel 1996 e sono andato a fare il meccanico per la Federazione portoghese. Ho sempre assorbito quel che riguarda il ciclismo, perché è una grande passione. Nel 2000 ho lasciato la nazionale. Pur essendo praticamente astemio, sono stato per cinque anni nel marketing delle bevande alcoliche. Nel 2005 sono tornato al ciclismo accanto al direttore tecnico del Giro del Portogallo e altre corse internazionali. Poi sono entrato all’UCI, dove ho guadagnato un enorme bagaglio amministrativo e la comprensione delle dinamiche politiche del ciclismo. Finché sono stato chiamato per costruire la Leopard-Trek di Flavio Becca.

Pellaud è uno degli acquisti di quest’anno: era alla Trek-Segafredo, non ha resistito al richiamo svizzero
Pellaud è uno degli acquisti di quest’anno: era alla Trek-Segafredo, non ha resistito al richiamo svizzero
Con quale ruolo?

Facevo due lavori. La parte amministrava/finanziaria e un ruolo di raccordo con tutti i partner tecnici. E lì è cominciato il mio collegamento con la parte sportiva. Quando poi dopo due anni c’è stata la fusione con RadioShack, non mi identificavo più col progetto e sono andato via senza un lavoro. A giugno mi chiamò Riis. I budget erano chiusi, credo abbia fatto uno sforzo economico anche a livello personale per ingaggiarmi. Non mi scorderò mai di lui, è stato una persona molto importante nella mia vita e mi dispiace che non sia più nel mondo di ciclismo. Da Bjarne ho imparato tantissimo, lo spirito di squadra e tutto quello che poi ho portato con me alla Quick Step.

E adesso alla Tudor?

Io non sono bravo in niente, ma so capire le persone, la loro essenza, le capacità e le loro debolezze. Lo stesso studio che faccio su me stesso per dare il massimo, lo applico con gli altri. Questo è il segreto e credo che sia uno dei miei ruoli fondamentali, che non è scritto da nessuna parte, ma che per me è la priorità.

Reichenbach è uno degli uomini di esperienza. E’ pro’ dal 2013, nel 2019 è stato campione svizzero
Reichenbach è uno degli uomini di esperienza. E’ pro’ dal 2013, nel 2019 è stato campione svizzero
Sei uno che ha portato delle regole o inizialmente hai osservato?

Ho osservato. Lascio lavorare le persone, soprattutto se, come in questo caso, arrivano da ambienti e storie diversi. Solo pochi hanno già lavorato insieme. Per cui ora sono nella fase di conoscenza, poi alcune cose andranno raddrizzate e altre continueranno così. Si tratta di adattare persone diverse, perché il risultato sia positivo. Io non ho problemi ad adattarmi, ma soprattutto ad aspettare. Credo nelle persone e le loro capacità, solo che avendo provenienze diverse, vanno accompagnate perché si integrino al meglio. E poi probabilmente andranno indicate, regole, matrici, processi e procedure nel modo più veloce, perché sennò la barca non va nella direzione giusta. Il mio concetto è dare fiducia a tutti, per avere in cambio la loro. 

In questi primi mesi, segui la squadra o fai lavoro d’ufficio?

La squadra esiste nelle corse. Per cui in inverno abbiamo fatto tanto lavoro di ufficio e sulle varie piattaforme tecnologiche. Poi sono stato a entrambi i training camp, cosa che prima non facevo: stavo pochi giorni e andavo via. L’ultimo giorno del ritiro di gennaio, siamo andati in galleria del vento con cinque corridori. Cerco di essere presente il più possibile perché la squadra possa funzionare al meglio.

Tom Bohli, qui alla Tirreno, ha 29 anni e in precedenza ha corso alla BMC e poi alla Cofidis
Tom Bohli, qui alla Tirreno, ha 29 anni e in precedenza ha corso alla BMC e poi alla Cofidis
Si punta a crescere?

L’investimento sulla struttura tecnica è quella che permette ai corridori di crescere, con la speranza di attrarne in futuro anche alcuni di spessore, anche perché offriamo un servizio di alta qualità. Abbiamo bici BMC, abbigliamento Assos, tutti nostri partner sono al top. Siamo una professional con la mentalità della WorldTour. Faccio spesso l’analogia con la Alpecin degli ultimi anni, che per attività e risultati non si è mai discostata troppo dal livello WorldTour. Che è cresciuta e ha smesso presto di essere solo la squadra di Van der Poel. 

La struttura c’è.

Non abbiamo l’assillo della vittoria, ma vogliamo l’unione e l’aggressività in corsa. Poi le gambe faranno quello che possono, però dobbiamo essere uniti e dobbiamo dimostrare carattere. Questo è l’investimento per creare la nostra base, la nostra identità.

Assos firma l’abbigliamento del Tudor Pro Cycling Team

18.01.2023
3 min
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Assos è il nuovo fornitore per quanto riguarda l’abbigliamento tecnico del Tudor Pro Cycling, la competitiva compagine svizzera di cui Fabian Cancellara è proprietario. In virtù della definizione di questo accordo pluriennale, Assos lavorerà durante l’intera stagione a stretto contatto con tutti i corridori della squadra per raccogliere preziosi feedback tecnici sui prodotti utilizzati, sia in gara che in allenamento, nelle più diverse condizioni ambientali.

L’85% dell’abbigliamento Assos già a disposizione del team è esattamente quanto gli appassionati ciclisti possono trovare disponibile in vendita: la collezione Equipe RS, uno “standard” ma di altissima qualità. Il restante 15% dei capi impiegati rappresenta invece una evoluzione di quello che probabilmente arriverà sul mercato tra qualche tempo, trattandosi il più delle volte di prototipi, di nuove applicazioni, di nuovi componenti, di ultime tecnologie e di tessuti rivoluzionari.

«Ho avuto la fortuna di trascorrere molti anni della mia carriera vestendo Assos – ha affermato Cancellara – e conosco bene, in prima persona, quanto l’azienda sia impegnata a creare il miglior abbigliamento possibile per il ciclismo. I valori di Assos sono anche i nostri e l’abbinamento di questi due bellissimi marchi svizzeri rappresenta davvero una combinazione perfetta».

Si condividono valori comuni

«E’ con grande gioia ed entusiasmo che celebriamo questa nostra unione con il progetto di Fabian Cancellara – ha dichiarato Roche Maier, il Créateur, Brand and Product Chief di Assos – un accordo importante con un vero team pro’ svizzero che vuole essere l’estensione di punta della federazione ciclistica svizzera. Un ambiente ideale per noi per poter sviluppare ulteriormente gli atleti top svizzeri di domani.

«La struttura del team, le persone, il processo e il know-how che Fabian ed i suoi direttori hanno creato per questa squadra è semplicemente ottimale. Ci congratuliamo con Fabian, con l’intero team e con i partner coinvolti per l’iniziativa. Siamo davvero orgogliosi di essere parte di questo progetto, unico ed entusiasmante, per promuovere ulteriormente tra i più giovani e promettenti corridori i vantaggi della bicicletta e dello sport più in generale».

Assos fornirà l’abbigliamento al Tudor Pro Cycling Team per le prossime stagioni
Assos fornirà l’abbigliamento al Tudor Pro Cycling Team per le prossime stagioni

«Siamo estremamente entusiasti – ha ribattuto Edwin Navez, che di Assos è il CEO – di poter supportare lo straordinario progetto che Fabian e il team hanno messo insieme. Noi in Assos abbiamo come obiettivo quello di sviluppare il miglior abbigliamento possibile, aiutando i ciclisti più esigenti a portare le proprie prestazioni ad un livello superiore. Condividiamo la ricerca dell’eccellenza propria del team Tudor, e siamo sicuri che questa squadra abbia risorse importanti per poter vincere ai massimi livelli nel mondo del ciclismo professionistico».

Assos

Cozzi ci porta nel cuore del Tudor Pro Cycling Team

12.01.2023
5 min
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Entrando in contatto con il Tudor Pro Cycling Team, l’impressione è quella di approcciarsi a qualcosa in grande evoluzione. Il team svizzero voluto da Fabian Cancellara entra a far parte delle formazioni professional dopo un apprendistato nella categoria inferiore (dove comunque rimane la diramazione development) ma questa probabilmente è solo una tappa verso un approdo più lontano, chiaramente nella massima serie.

La squadra è stata costruita senza cercare grandissimi nomi e considerando i progetti a medio-lungo termine non sarebbe stato neanche corretto farlo. Si lavora soprattutto sui giovani e si costruisce l’infrastruttura, proprio perché il progetto è ambizioso e a lunga scadenza. Di questo progetto fa parte anche Claudio Cozzi, diesse fuoriuscito dalla Israel Premier Tech e approdato quasi per caso alla formazione elvetica.

Il team al lavoro sulla pista di Ginevra, sede degli allenamenti sulla tecnica (foto Tudor Pro Cycling)
Il team al lavoro sulla pista di Ginevra, sede degli allenamenti sulla tecnica (foto Tudor Pro Cycling)

Solo fino a poche settimane fa, Cozzi aveva altre idee per la testa: «Ero uscito dalla formazione israeliana con l’idea di prendermi un periodo di riposo – dice – da dedicare soprattutto alla soluzione di alcuni problemi di salute. Invece sono stato contattato da Ricardo Scheidecker, il responsabile sportivo del team, che mi ha convinto presentandomi il progetto. Ho trovato un ambiente entusiasta, di quell’entusiasmo contagioso che ti coinvolge. Soprattutto un ambiente nuovo. Non ho mai lavorato alla formazione di giovani talenti e la sfida mi solletica alquanto».

E’ qualcosa di completamente diverso dalla formazione israeliana, anche perché quella aveva un’età media molto più alta.

E’ effettivamente un team molto diverso, basato su corridori di grande esperienza che in passato hanno vinto molto. Avevamo a disposizione atleti già completamente svezzati, un calendario del massimo livello, sfide con i più grandi. Qui si lavora su basi concettuali completamente diverse. Significa rimettersi in gioco, almeno per me.

Il lussemburghese Luc Wirtgen e il francese Alois Charrin. Wirtgen è stato 3° al Tour of Antalya (foto Tudor Pro Cycling)
Il lussemburghese Wirtgen (3° al Tour of Antalya) e il francese Charrin (foto Tudor Pro Cycling)
Che cosa ti ha colpito di più nel tuo approccio con il team elvetico?

La grandissima professionalità, che credo sia il primo ingrediente se si vuole davvero crescere. Abbiamo un management e uno staff dirigenziale davvero molto buono, con tanta voglia di crescere e soprattutto con un’enorme voglia di lavorare. Ci sentiamo costantemente fra noi direttori sportivi: almeno una riunione settimanale per analizzare ognuno dei nostri corridori.

Com’è strutturata la squadra?

Abbiamo 20 corridori nell’organico, con 4 tecnici. C’è una ripartizione fra noi dei vari corridori, cerchiamo di mantenere uniti i vari gruppetti in base ai loro allenatori, tutta gente che ho visto essere estremamente preparata. C’è poi un direttore sportivo che è dedicato esclusivamente alla squadra Devo, per tenere un rapporto di filiera e questo dimostra che i progetti sono proiettati in là nel tempo. E poi c’è Cancellara…

Fabian Cancellara con i suoi ragazzi. Lo svizzero ora vuole puntare sui giovani (foto Tudor Pro Cycling)
Fabian Cancellara con i suoi ragazzi. Lo svizzero ora vuole puntare sui giovani (foto Tudor Pro Cycling)
Si sente la sua impronta nel team?

Enormemente. E’ un leader nato, ha un carisma fortissimo che gli deriva anche dal suo eccezionale palmarés. Sta trasmettendo in tutti quella voglia di vincere che è stata alla base delle sue imprese e non vale solo per i corridori, tutti ne siamo contagiati.

C’è un equilibrio tra il blocco svizzero e quello estero, con corridori di altre 7 Nazioni. La sensazione è che la squadra sia anche uno strumento di crescita del movimento nazionale, un po’ come si vorrebbe in Italia attraverso un team del WorldTour…

E’ così, sin dall’inizio Cancellara è stato chiaro: il progetto era creare un gruppo che consentisse ai ragazzi del suo Paese di seguire le sue orme. Anche per questo il progetto Tudor Pro Cycling è a lungo termine e vuole approdare nel WorldTour, per completare quel cammino che poi sarà a disposizione in primis di tutti i ragazzi svizzeri.

Che impressione hai della squadra, qual è il livello generale?

Molto buono, ci sono giovani ma anche elementi d’esperienza come ad esempio Simon Pellaud, che in Italia è ben conosciuto. Pellaud ma anche altri come Bohli, Kamp, Suter devono essere il collante del team e il riferimento per consentire ai più giovani di crescere e migliorare e soprattutto ambientarsi sempre di più nel ciclismo che conta.

Il 22enne tedesco Mika Heming, molto promettente. Nel 2022 ha colto 2 vittorie e ben 26 top 10 (foto Tudor Pro Cycling)
Il 22enne tedesco Heming: nel 2022 ha colto 2 vittorie e ben 26 top 10 (foto Tudor Pro Cycling)
Quali sono gli elementi più promettenti?

Sarebbe antipatico fare una distinzione, ci sono tanti corridori che possono far bene e anche i più anziani, quelli di cui prima non sono qui solo per pensare agli altri ma anche per trovare le loro occasioni. Se proprio devo fare un nome ricorderei Robin Froidevaux se non altro perché è il campione svizzero in carica e perché viene dalla vittoria nella Serenissima Gravel.

Proprio a proposito di gravel, come viene vista la multidisciplina?

Non c’è una chiusura, anche se chiaramente essere un progetto sul nascere bisogna ancora prendere le misure. L’esempio di Froidevaux è però indicativo, ma bisogna considerare che l’attività su strada è logicamente primaria. Magari qualche altra sortita a fine stagione nel gravel la faremo, per il resto si vedrà con il tempo.