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Da Cancellara a Sagan, la gestione psicologica del ritiro

28.03.2023
4 min
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Cancellara annunciò che si sarebbe ritirato dopo le Olimpiadi Di Rio. Era il 2016 e lo svizzero vinse una corsa a Mallorca e la Strade Bianche. Poi arrivò secondo al Fiandre dietro Sagan, vinse una crono allo Svizzera e di seguito il titolo nazionale contro il tempo. Infine corse il Tour, andò alle Olimpiadi, vinse l’oro della crono e disse basta. Pensammo subito che servisse una gran testa per tenere la concentrazione tutto l’anno a quel modo, sapendo che fosse l’ultimo.

Quando nei giorni argentini Sagan ha annunciato la fine della carriera su strada, ci siamo messi a osservarlo per capire come gestirà il cammino di uscita dal grande ciclismo. Così, dopo aver annotato alcuni passaggi a vuoto in corse alla sua portata – dalla Sanremo alla Gand – e in attesa di altri test come il Fiandre o la Roubaix, il mondiale oppure il Tour, abbiamo chiesto il parere di Elisabetta Borgia, psicologa della Trek-Segafredo e della nazionale, per capire cosa possa succedere nella mente di un atleta di vertice quando annuncia il ritiro e si dà un anno di tempo prima di staccare la spina.

All’inizio del 2016, Cancellara annunciò che la crono di Rio sarebbe stata l’ultima corsa e vinse l’oro
All’inizio del 2016, Cancellara annunciò che la crono di Rio sarebbe stata l’ultima corsa e vinse l’oro
Elisabetta, come si vive l’ultimo anno di carriera?

Dandosi delle scadenze, che diventano obiettivi. L’obiettivo in quanto tale ha una dead line, quindi ti costringe a capire sul piano strategico in che modo puoi arrivarci. Ti permette di investire a livello emotivo, cosa che senza avere un tempo di riferimento diventa difficile. Cancellara da questo punto di vista dimostrò una perfetta gestione del tempo e della tensione emotiva.

Sagan ha parlato di grandi obiettivi, ma non li ha definiti.

Magari non ha voluto dirli oppure non li ha individuati. In ogni caso, l’obiettivo deve essere misurabile. Dire in genere che si voglia essere competitivi è troppo vago. Se definisci l’obiettivo, riesci a controllare la prestazione, ma certo non gli avversari. Una visione meno organizzata contro gente affamata può essere un limite.

Giro d’Italia 2022, Messina: Nibali annuncia al Processo alla Tappa che a fine stagione chiuderà la carriera
Giro d’Italia 2022, Messina: Nibali annuncia al Processo alla Tappa che a fine stagione chiuderà la carriera
L’annuncio del ritiro sblocca qualcosa? Si disse ad esempio che dopo l’annuncio al Giro del 2022, Nibali sia parso come liberato.

Ci sono due diverse reazioni. La prima è che sono all’ultimo anno e faccio il meglio che posso. La seconda ti libera. Dichiarando che smetto, tolgo via il conflitto e il dubbio. E’ la risposta alle domande che i giornalisti fanno da mesi. E’ una decisione presa e questo mi permette di essere libero e senza le pressioni che altrimenti mi limiterebbero. Non sappiamo perché Sagan abbia preso questa decisione. Magari nel suo caso ci sono state pressioni che lo hanno portato fuori dall’ambiente emotivo che in passato gli permetteva di esprimersi al meglio. Al netto di tutto questo, dobbiamo dare per scontata la professionalità, che si parli cioè di campioni che continuano a fare al meglio il loro lavoro.

Potrebbe esserci un calo di tensione da quel punto di vista?

La concentrazione richiesta a questi atleti è stare nel presente, ma non solo in gara. Ogni giorno della loro vita richiede una grossa presenza psicologica. Penso che Cancellara abbia pensato a Rio come se la sua vita sportiva finisse quel giorno. E’ necessaria l’attivazione a livello emotivo, altrimenti la risposta cala.

Sagan ha annunciato che il 2023 sarà la sua ultima stagione su strada. Qui al via della Gand
Sagan ha annunciato che il 2023 sarà la sua ultima stagione su strada. Qui al via della Gand
La perplessità su Peter, che speriamo venga smentita, riguarda proprio questo essere attivato.

Bisogna capire da che punto partisse. Se l’inizio di questa ultima stagione parte da un punto molto basso, se è già disattivato, allora la consapevolezza non porta da nessuna parte. Peter lo conosco, ma non benissimo. Come tutti gli atleti, ha avuto la fase rampante e ora ne sta vivendo una calante, in corrispondenza della quale il nuovo che avanza ti toglie riferimenti. In questi casi c’è chi si reinventa e chi non lo accetta. Lui ha un approccio non certo svizzero con lo sport, però ha fatto le sue tante magie grazie all’emotività. Per questo non metterei la mano sul fuoco sul fatto che non ne realizzerà altre. Anzi, forse mi aspetto che ne faccia ancora qualcuna…

Alla Milano-Torino, prima vittoria Tudor: Cozzi racconta

15.03.2023
4 min
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La prima della Tudor nella classica più antica del mondo. Nessun olandese aveva mai messo il proprio nome nell’albo d’oro della Milano-Torino fino ad Arvid De Kleijn, che al sesto sigillo in carriera, il più importante, ha fatto sorridere la professional guidata da Fabian Cancellara.

Il ventottenne di Herveld è sfrecciato sul traguardo di Orbassano nella corsa di 192 chilometri scattata da Rho e durata meno di 4 ore (3h59’02), alla media monstre di 48,2 km/h (record di sempre, perché mai era stato superato il limite dei 48), sfruttando la scia del connazionale della Dsm, Casper Van Uden (poi terzo), e poi si è lanciato come un missile fino all’arrivo, senza lasciare scampo nemmeno all’esperto Fernando Gaviria (secondo).

Per il corridore olandese di 28 anni, alto 1,71 per 68 chili, si tratta della sesta vittoria
Per il corridore olandese di 28 anni, alto 1,71 per 68 chili, si tratta della sesta vittoria

Bus accanto

Casualmente, i bus della Tudor e della Movistar erano vicini nel lungo serpentone a poche centinaia di metri dall’arrivo e così il velocista colombiano, mentre intervistavamo Claudio Cozzi, si è subito avvicinato al ds della Tudor per fargli i complimenti e commentare lo sprint.

«Di solito parto lungo e mi fregano – dice – stavolta ho aspettato e mi han battuto lo stesso».

De Kleijn ha deviato leggermente nel finale, chiudendo Gaviria, ma si è trattato di una deviazione minima
De Kleijn ha deviato leggermente nel finale, chiudendo Gaviria, ma si è trattato di una deviazione minima

Studiato nei dettagli

Cozzi ha sorriso e si è goduto il momento storico, raccontando proprio come è stato preparato a tavolino il finale della Milano-Torino.

«Nel meeting di ieri sera avevamo guardato gli ultimi undici chilometri – racconta – con attenzione particolare agli ultimi 6 e mezzo, che erano molto complicati per via delle rotonde. Ognuno aveva il suo compito da fare e in pratica dovevamo entrare con due corridori davanti a lui ed è andata più o meno così. Poi, bisognava prendere a tutta l’ultima curva e cercare di portarlo più vicino possibile all’arrivo e lui doveva soltanto fare il suo sprint».

Preziosissimo il lavoro dell’ultimo uomo Maikel Zijlaard che, nell’insidioso finale, l’ha messo nelle condizioni migliori per regalarsi un mercoledì da leoni.

Claudio Cozzi arriva al Tudor Pro Cycling Team dalla Israel-Premier Tech
Claudio Cozzi arriva al Tudor Pro Cycling Team dalla Israel-Premier Tech

L’entusiasmo di Cancellara

Così è stato e il semi-sconosciuto velocista oranje, avvicinatosi al ciclismo a 16 anni, è stato scaltro abbastanza per chiudere gli spazi allo scafato Gaviria senza però commettere scorrettezze. E pensare che Arvid nasce scalatore, poi ha messo su chili ed è diventato sprinter.

«E’ un sogno che diventa realtà – aggiunge Cozzi – va ringraziato tutto lo staff. Fabian mi ha chiamato subito dopo l’arrivo, già alla deviazione delle macchine. Ci aveva già chiamato anche stamattina, nel trasferimento e mi ha detto: “Oggi voglio vedere un bel team, che lavoriamo bene e dobbiamo ottenere il massimo risultato possibile”. Ce l’abbiamo fatta. In questa squadra non ci sono ragazzi di primo pelo, ma hanno grande entusiasmo. Questa è la seconda vittoria che ricorderò più di tutte, dopo quella di un gregario come Belkov al Giro d’Italia 2013 nella tappa di Firenze».

Fra astuzia e malizia

Festa in famiglia per De Kleijn: al traguardo ad applaudirlo c’erano anche mamma e papà, con quest’ultimo che teneva con orgoglio il trofeo.

«Ho sfruttato il lavoro di un grande treno – racconta – ci siamo ritrovati in testa dopo ultima curva, ho sentito che le gambe erano buone, sapevo di avere una grande opportunità che ho saputo sfruttare. Questa è una vittoria molto importante per noi, arrivata dopo un ottimo lavoro di squadra. E’ bello avere Fabian Cancellara con noi, è stato uno dei migliori corridori della storia, le sue vittorie mi hanno ispirato».

Poi, sul concitato sprint, aggiunge con un po’ di malizia: «Fernando aveva lo spazio necessario per superarmi, se avesse avuto le gambe per farlo. Non ho fatto niente di irregolare».

Non farà la Milano-Sanremo, a cui la Tudor prenderà parte, perché correrà in Francia, ma Arvid sogna già per l’anno venturo un’altra corsa Rcs Sport. «In futuro mi piacerebbe fare il Giro d’Italia». Chissà che non ci riesca in questa sua seconda giovinezza che è fiorita oggi.

Ricardo Scheidecker, l’uomo in più per la Tudor Pro Cycling

08.03.2023
7 min
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Ci sono persone che non vedi, grazie alle quali le squadre si trasformano in gruppi vincenti. Per questo, al momento di dare vita al Tudor Pro Cycling Team, Fabian Cancellara ha chiamato Ricardo Scheidecker, con cui aveva lavorato ai tempi della Leopard-Trek. Il portoghese però era già impegnato con la Quick Step-Alpha Vinyl, in cui svolgeva il ruolo di Technical&Development Director e inzialmente ha declinato l’invito. Era lì da sei anni, quelli in cui la squadra è diventata il Wolfpack, ottenendo alcuni fra i risultati migliori della sua storia, fra cui il primo grande Giro.

Ricardo viene da Lisbona, ma vive fra l’Italia, Lussemburgo, Portogallo e Svizzera (foto Tudor Pro Cycling Team)
Ricardo viene da Lisbona, ma vive fra l’Italia, Lussemburgo, Portogallo e Svizzera (foto Tudor Pro Cycling Team)

Dietro le quinte

Ricardo non parla con i giornalisti e non ha account social. E’ uno tosto: una sola parola e lavorare dietro le quinte, ma questa volta ha fatto un’eccezione. Perché alla fine ha lasciato la squadra di Lefevere? E come si fa a far decollare una squadra appena nata?

«Con Fabian – racconta in questi giorni alla Tirreno – sono amico da sempre, da quell’anno in cui abbiamo lavorato insieme alla Leopard. Lui è uno di quelli di cui ho sempre tenuto il numero di telefono, perché si è creata negli anni un’amicizia importante, basata sul rispetto e la riconoscenza reciproca. Mi ha sempre detto che il giorno in cui avesse fatto una squadra, sarebbe venuto a prendermi. Io però ero nella Quick Step. Gli ultimi sei anni sono stati i migliori della storia, forse migliori anche di quando c’erano Museeuw e Boonen. Per questo inizialmente gli ho detto di no.

«Quando però alla fine del 2022 mi sono reso conto che non avrei più potuto portare altro valore al team, ci ho riflettuto e ho accettato la nuova sfida. Non è stato facile lasciare quel gruppo di amici, ma adesso che ho conosciuto bene la realtà Tudor, dico che sarei stato uno stupido a non accettare l’offerta».

Il team svizzero ha bici BMC, abbigliamento Assos e auto Mercedes: scelte al top (foto Tudor Pro Cycling Team)
Il team svizzero ha bici BMC, abbigliamento Assos e auto Mercedes: scelte al top (foto Tudor Pro Cycling Team)
Cosa facevi alla Quick Step?

Erano già un grande gruppo, ma gli mancavano la struttura, il metodo e il modo di mettere insieme i vari caratteri. Serviva qualcuno capace di fare da collante e io lo so fare. Alla fine dei conti, non sono un gestore. Non ho studiato alla Bocconi, come diceva il “Brama” per prendermi in giro. Ma alla fine siamo riusciti a ottimizzare il valore delle persone, spingendo tutti a dare di più. E qui alla Tudor si dovrà fare più o meno lo stesso. Sono felice di aver trovato un management capace di confronti costanti.

Siete partiti da zero?

Ho cominciato il primo ottobre e in questi cinque mesi abbiamo fatto tantissimo. Fabian ha investito nelle persone attorno ai corridori prima di investire nei corridori e questa è una cosa intelligentissima. Poi c’è Tudor. Li ho conosciuti a novembre, siamo andati a visitarli. Ecco perché dico che sarei stato uno stupido a rifiutare…

Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team. E’ stato lui a chiamare Ricardo Scheidecker
Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team. E’ stato lui a chiamare Ricardo Scheidecker
Perché?

Sono delle persone superlative. Degli uomini d’affari, logicamente, ma di un serietà, una classe, una riservatezza e una fiducia che non ho mai conosciuto nei 12-13 che faccio questo lavoro. Neanche quando eravamo alla Saxo Bank, che con Riis erano una cosa sola. Qui c’è il potenziale per arrivare lontanissimo. Se facciamo le cose per bene, saremo riconosciuti per la nostra competenza. 

Che cosa ti ha chiesto Fabian?

Data la serietà del progetto, voleva l’esperienza di qualcuno che avesse gestito il dipartimento sportivo di una squadra importante. Fabian conosce le mie caratteristiche umane. Sa che persona sono e io so che persona è lui. Mi ha detto che, dovendo crescere un passo per volta, sarei stato un asset fondamentale nella costruzione della squadra e specificamente del dipartimento sportivo.

Froidevaux è campione svizzero 2022, ha 24 anni. Lo scorso anno ha vinto anche la Serenissima Gravel
Froidevaux è campione svizzero 2022, ha 24 anni. Lo scorso anno ha vinto anche la Serenissima Gravel
Quanto è cambiato il Fabian manager rispetto al campione?

Questa è una bellissima domanda. La sua essenza non è cambiata. E’ un uomo buono e di grande umanità. Umile a 360 gradi, di un altruismo veramente agli antipodi dell’egocentrismo che si potrebbe immaginare dopo una carriera come la sua. Fabian Cancellara è un’icona dello sport: in Svizzera c’è Federer e poi c’è lui. L’avevo lasciato 13 anni fa e ovviamente siamo invecchiati entrambi, ma lui è veramente maturato… benissimamente. Si può dire? Magari è una parola che non esiste, ma rende l’idea.

Dove è nata la tua esperienza?

Ho smesso di correre nel 1996 e sono andato a fare il meccanico per la Federazione portoghese. Ho sempre assorbito quel che riguarda il ciclismo, perché è una grande passione. Nel 2000 ho lasciato la nazionale. Pur essendo praticamente astemio, sono stato per cinque anni nel marketing delle bevande alcoliche. Nel 2005 sono tornato al ciclismo accanto al direttore tecnico del Giro del Portogallo e altre corse internazionali. Poi sono entrato all’UCI, dove ho guadagnato un enorme bagaglio amministrativo e la comprensione delle dinamiche politiche del ciclismo. Finché sono stato chiamato per costruire la Leopard-Trek di Flavio Becca.

Pellaud è uno degli acquisti di quest’anno: era alla Trek-Segafredo, non ha resistito al richiamo svizzero
Pellaud è uno degli acquisti di quest’anno: era alla Trek-Segafredo, non ha resistito al richiamo svizzero
Con quale ruolo?

Facevo due lavori. La parte amministrava/finanziaria e un ruolo di raccordo con tutti i partner tecnici. E lì è cominciato il mio collegamento con la parte sportiva. Quando poi dopo due anni c’è stata la fusione con RadioShack, non mi identificavo più col progetto e sono andato via senza un lavoro. A giugno mi chiamò Riis. I budget erano chiusi, credo abbia fatto uno sforzo economico anche a livello personale per ingaggiarmi. Non mi scorderò mai di lui, è stato una persona molto importante nella mia vita e mi dispiace che non sia più nel mondo di ciclismo. Da Bjarne ho imparato tantissimo, lo spirito di squadra e tutto quello che poi ho portato con me alla Quick Step.

E adesso alla Tudor?

Io non sono bravo in niente, ma so capire le persone, la loro essenza, le capacità e le loro debolezze. Lo stesso studio che faccio su me stesso per dare il massimo, lo applico con gli altri. Questo è il segreto e credo che sia uno dei miei ruoli fondamentali, che non è scritto da nessuna parte, ma che per me è la priorità.

Reichenbach è uno degli uomini di esperienza. E’ pro’ dal 2013, nel 2019 è stato campione svizzero
Reichenbach è uno degli uomini di esperienza. E’ pro’ dal 2013, nel 2019 è stato campione svizzero
Sei uno che ha portato delle regole o inizialmente hai osservato?

Ho osservato. Lascio lavorare le persone, soprattutto se, come in questo caso, arrivano da ambienti e storie diversi. Solo pochi hanno già lavorato insieme. Per cui ora sono nella fase di conoscenza, poi alcune cose andranno raddrizzate e altre continueranno così. Si tratta di adattare persone diverse, perché il risultato sia positivo. Io non ho problemi ad adattarmi, ma soprattutto ad aspettare. Credo nelle persone e le loro capacità, solo che avendo provenienze diverse, vanno accompagnate perché si integrino al meglio. E poi probabilmente andranno indicate, regole, matrici, processi e procedure nel modo più veloce, perché sennò la barca non va nella direzione giusta. Il mio concetto è dare fiducia a tutti, per avere in cambio la loro. 

In questi primi mesi, segui la squadra o fai lavoro d’ufficio?

La squadra esiste nelle corse. Per cui in inverno abbiamo fatto tanto lavoro di ufficio e sulle varie piattaforme tecnologiche. Poi sono stato a entrambi i training camp, cosa che prima non facevo: stavo pochi giorni e andavo via. L’ultimo giorno del ritiro di gennaio, siamo andati in galleria del vento con cinque corridori. Cerco di essere presente il più possibile perché la squadra possa funzionare al meglio.

Tom Bohli, qui alla Tirreno, ha 29 anni e in precedenza ha corso alla BMC e poi alla Cofidis
Tom Bohli, qui alla Tirreno, ha 29 anni e in precedenza ha corso alla BMC e poi alla Cofidis
Si punta a crescere?

L’investimento sulla struttura tecnica è quella che permette ai corridori di crescere, con la speranza di attrarne in futuro anche alcuni di spessore, anche perché offriamo un servizio di alta qualità. Abbiamo bici BMC, abbigliamento Assos, tutti nostri partner sono al top. Siamo una professional con la mentalità della WorldTour. Faccio spesso l’analogia con la Alpecin degli ultimi anni, che per attività e risultati non si è mai discostata troppo dal livello WorldTour. Che è cresciuta e ha smesso presto di essere solo la squadra di Van der Poel. 

La struttura c’è.

Non abbiamo l’assillo della vittoria, ma vogliamo l’unione e l’aggressività in corsa. Poi le gambe faranno quello che possono, però dobbiamo essere uniti e dobbiamo dimostrare carattere. Questo è l’investimento per creare la nostra base, la nostra identità.

Assos firma l’abbigliamento del Tudor Pro Cycling Team

18.01.2023
3 min
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Assos è il nuovo fornitore per quanto riguarda l’abbigliamento tecnico del Tudor Pro Cycling, la competitiva compagine svizzera di cui Fabian Cancellara è proprietario. In virtù della definizione di questo accordo pluriennale, Assos lavorerà durante l’intera stagione a stretto contatto con tutti i corridori della squadra per raccogliere preziosi feedback tecnici sui prodotti utilizzati, sia in gara che in allenamento, nelle più diverse condizioni ambientali.

L’85% dell’abbigliamento Assos già a disposizione del team è esattamente quanto gli appassionati ciclisti possono trovare disponibile in vendita: la collezione Equipe RS, uno “standard” ma di altissima qualità. Il restante 15% dei capi impiegati rappresenta invece una evoluzione di quello che probabilmente arriverà sul mercato tra qualche tempo, trattandosi il più delle volte di prototipi, di nuove applicazioni, di nuovi componenti, di ultime tecnologie e di tessuti rivoluzionari.

«Ho avuto la fortuna di trascorrere molti anni della mia carriera vestendo Assos – ha affermato Cancellara – e conosco bene, in prima persona, quanto l’azienda sia impegnata a creare il miglior abbigliamento possibile per il ciclismo. I valori di Assos sono anche i nostri e l’abbinamento di questi due bellissimi marchi svizzeri rappresenta davvero una combinazione perfetta».

Si condividono valori comuni

«E’ con grande gioia ed entusiasmo che celebriamo questa nostra unione con il progetto di Fabian Cancellara – ha dichiarato Roche Maier, il Créateur, Brand and Product Chief di Assos – un accordo importante con un vero team pro’ svizzero che vuole essere l’estensione di punta della federazione ciclistica svizzera. Un ambiente ideale per noi per poter sviluppare ulteriormente gli atleti top svizzeri di domani.

«La struttura del team, le persone, il processo e il know-how che Fabian ed i suoi direttori hanno creato per questa squadra è semplicemente ottimale. Ci congratuliamo con Fabian, con l’intero team e con i partner coinvolti per l’iniziativa. Siamo davvero orgogliosi di essere parte di questo progetto, unico ed entusiasmante, per promuovere ulteriormente tra i più giovani e promettenti corridori i vantaggi della bicicletta e dello sport più in generale».

Assos fornirà l’abbigliamento al Tudor Pro Cycling Team per le prossime stagioni
Assos fornirà l’abbigliamento al Tudor Pro Cycling Team per le prossime stagioni

«Siamo estremamente entusiasti – ha ribattuto Edwin Navez, che di Assos è il CEO – di poter supportare lo straordinario progetto che Fabian e il team hanno messo insieme. Noi in Assos abbiamo come obiettivo quello di sviluppare il miglior abbigliamento possibile, aiutando i ciclisti più esigenti a portare le proprie prestazioni ad un livello superiore. Condividiamo la ricerca dell’eccellenza propria del team Tudor, e siamo sicuri che questa squadra abbia risorse importanti per poter vincere ai massimi livelli nel mondo del ciclismo professionistico».

Assos

Cozzi ci porta nel cuore del Tudor Pro Cycling Team

12.01.2023
5 min
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Entrando in contatto con il Tudor Pro Cycling Team, l’impressione è quella di approcciarsi a qualcosa in grande evoluzione. Il team svizzero voluto da Fabian Cancellara entra a far parte delle formazioni professional dopo un apprendistato nella categoria inferiore (dove comunque rimane la diramazione development) ma questa probabilmente è solo una tappa verso un approdo più lontano, chiaramente nella massima serie.

La squadra è stata costruita senza cercare grandissimi nomi e considerando i progetti a medio-lungo termine non sarebbe stato neanche corretto farlo. Si lavora soprattutto sui giovani e si costruisce l’infrastruttura, proprio perché il progetto è ambizioso e a lunga scadenza. Di questo progetto fa parte anche Claudio Cozzi, diesse fuoriuscito dalla Israel Premier Tech e approdato quasi per caso alla formazione elvetica.

Il team al lavoro sulla pista di Ginevra, sede degli allenamenti sulla tecnica (foto Tudor Pro Cycling)
Il team al lavoro sulla pista di Ginevra, sede degli allenamenti sulla tecnica (foto Tudor Pro Cycling)

Solo fino a poche settimane fa, Cozzi aveva altre idee per la testa: «Ero uscito dalla formazione israeliana con l’idea di prendermi un periodo di riposo – dice – da dedicare soprattutto alla soluzione di alcuni problemi di salute. Invece sono stato contattato da Ricardo Scheidecker, il responsabile sportivo del team, che mi ha convinto presentandomi il progetto. Ho trovato un ambiente entusiasta, di quell’entusiasmo contagioso che ti coinvolge. Soprattutto un ambiente nuovo. Non ho mai lavorato alla formazione di giovani talenti e la sfida mi solletica alquanto».

E’ qualcosa di completamente diverso dalla formazione israeliana, anche perché quella aveva un’età media molto più alta.

E’ effettivamente un team molto diverso, basato su corridori di grande esperienza che in passato hanno vinto molto. Avevamo a disposizione atleti già completamente svezzati, un calendario del massimo livello, sfide con i più grandi. Qui si lavora su basi concettuali completamente diverse. Significa rimettersi in gioco, almeno per me.

Il lussemburghese Luc Wirtgen e il francese Alois Charrin. Wirtgen è stato 3° al Tour of Antalya (foto Tudor Pro Cycling)
Il lussemburghese Wirtgen (3° al Tour of Antalya) e il francese Charrin (foto Tudor Pro Cycling)
Che cosa ti ha colpito di più nel tuo approccio con il team elvetico?

La grandissima professionalità, che credo sia il primo ingrediente se si vuole davvero crescere. Abbiamo un management e uno staff dirigenziale davvero molto buono, con tanta voglia di crescere e soprattutto con un’enorme voglia di lavorare. Ci sentiamo costantemente fra noi direttori sportivi: almeno una riunione settimanale per analizzare ognuno dei nostri corridori.

Com’è strutturata la squadra?

Abbiamo 20 corridori nell’organico, con 4 tecnici. C’è una ripartizione fra noi dei vari corridori, cerchiamo di mantenere uniti i vari gruppetti in base ai loro allenatori, tutta gente che ho visto essere estremamente preparata. C’è poi un direttore sportivo che è dedicato esclusivamente alla squadra Devo, per tenere un rapporto di filiera e questo dimostra che i progetti sono proiettati in là nel tempo. E poi c’è Cancellara…

Fabian Cancellara con i suoi ragazzi. Lo svizzero ora vuole puntare sui giovani (foto Tudor Pro Cycling)
Fabian Cancellara con i suoi ragazzi. Lo svizzero ora vuole puntare sui giovani (foto Tudor Pro Cycling)
Si sente la sua impronta nel team?

Enormemente. E’ un leader nato, ha un carisma fortissimo che gli deriva anche dal suo eccezionale palmarés. Sta trasmettendo in tutti quella voglia di vincere che è stata alla base delle sue imprese e non vale solo per i corridori, tutti ne siamo contagiati.

C’è un equilibrio tra il blocco svizzero e quello estero, con corridori di altre 7 Nazioni. La sensazione è che la squadra sia anche uno strumento di crescita del movimento nazionale, un po’ come si vorrebbe in Italia attraverso un team del WorldTour…

E’ così, sin dall’inizio Cancellara è stato chiaro: il progetto era creare un gruppo che consentisse ai ragazzi del suo Paese di seguire le sue orme. Anche per questo il progetto Tudor Pro Cycling è a lungo termine e vuole approdare nel WorldTour, per completare quel cammino che poi sarà a disposizione in primis di tutti i ragazzi svizzeri.

Che impressione hai della squadra, qual è il livello generale?

Molto buono, ci sono giovani ma anche elementi d’esperienza come ad esempio Simon Pellaud, che in Italia è ben conosciuto. Pellaud ma anche altri come Bohli, Kamp, Suter devono essere il collante del team e il riferimento per consentire ai più giovani di crescere e migliorare e soprattutto ambientarsi sempre di più nel ciclismo che conta.

Il 22enne tedesco Mika Heming, molto promettente. Nel 2022 ha colto 2 vittorie e ben 26 top 10 (foto Tudor Pro Cycling)
Il 22enne tedesco Heming: nel 2022 ha colto 2 vittorie e ben 26 top 10 (foto Tudor Pro Cycling)
Quali sono gli elementi più promettenti?

Sarebbe antipatico fare una distinzione, ci sono tanti corridori che possono far bene e anche i più anziani, quelli di cui prima non sono qui solo per pensare agli altri ma anche per trovare le loro occasioni. Se proprio devo fare un nome ricorderei Robin Froidevaux se non altro perché è il campione svizzero in carica e perché viene dalla vittoria nella Serenissima Gravel.

Proprio a proposito di gravel, come viene vista la multidisciplina?

Non c’è una chiusura, anche se chiaramente essere un progetto sul nascere bisogna ancora prendere le misure. L’esempio di Froidevaux è però indicativo, ma bisogna considerare che l’attività su strada è logicamente primaria. Magari qualche altra sortita a fine stagione nel gravel la faremo, per il resto si vedrà con il tempo.

A tu per tu con Cancellara: l’Ora, i giovani, il nuovo team

19.10.2022
6 min
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Tra gli ospiti di Filippo Pozzato agli eventi di Ride the Dreamland, c’era anche Fabian Cancellara (in apertura con Froidevaux, vincitore della Serenissima Gravel). La locomotiva di Berna torna in campo al fianco dei giovani. Lo abbiamo incontrato e ci ha raccontato la filosofia della Tudor Pro Cycling, la formazione svizzera che nel 2023 farà il suo ingresso nelle squadre di categoria professional.

Cancellara e Pozzato sono stati le due colonne della Mapei giovani e sono poi diventati rivali
Cancellara e Pozzato sono stati le due colonne della Mapei giovani e sono poi diventati rivali
Fabian ci troviamo ad una settimana dall’impresa di Ganna, che ha conquistato il record dell’Ora. Nella tua carriera spesso hai detto di volerci provare, ma non l’hai mai fatto.

Ho seguito la prova in tv. E’ stato un bel record, molto bello da vedere. Rispetto a quando avevo iniziato a pensarci io, è un po’ diverso, in quegli anni era molto diverso. Non si sapeva nemmeno quale fosse il tempo ufficiale e quali record si dovevano considerare e quali no. Anche i materiali oggi sono molto più complessi. Quella volta attorno al record dell’Ora si era creata una vera e propria bolla, così ho preferito concentrarmi sulle cose in cui sapevo di poter fare bene.

Agli eventi di Ride the Dreamland non sei solo l’ex ciclista professionista, ma sei anche il proprietario di Tudor Pro Cycling.

Sì, ci tengo a specificare che non sono team manager o allenatore, ma sono appunto il proprietario, perché cambia molto il ruolo che ricopro. Personalmente credo che il ruolo che rivesto in Tudor Pro Cycling sia giusto, considerando anche la mia motivazione per il progetto. 

Cancellara ha chiuso la carriera con l’oro della crono a Rio: il record dell’Ora è stato a lungo alla sua portata
Cancellara ha chiuso la carriera con l’oro della crono a Rio: il record dell’Ora è stato a lungo alla sua portata
Raccontaci qualcosa di più su Tudor Pro Cycling.

La squadra prima si chiamava Swiss Racing Academy. Era arrivata a contare 16 giovani corridori e ad essere vicina alla sua chiusura. Non volevo che il loro sogno svanisse e così sono entrato nel team diventando un po’ il padrino, più che proprietario o presidente. Con l’aiuto del CEO della mia società abbiamo cercato fornitori di varie aziende che potessero aiutarci con la squadra e abbiamo poi proseguito a fianco del team. Il passo successivo è il salto da squadra continental a pro team nel 2023.

Cos’altro puoi dirci?

Le cose più importanti del team sono il fatto che la squadra sarà svizzera, che però, attenzione, non vuol dire che sarà chiusa agli atleti non svizzeri. Sarà svizzero il modo in cui lavoriamo, il metodo che impiegheremo. Secondo punto centrale della Tudor Pro Cycling è il lato umano, che a mio avviso è fondamentale. L’atleta alla fine è una persona, è umano come tutti. Terzo punto focale, la performance, cioè il risultato finale, la vittoria, che è sicuramente importante per la squadra. Quello che ci tengo a sottolineare è che non è importante il nome dell’atleta che abbiamo o la vittoria che conquistiamo: è come facciamo le cose che dev’essere motivo di attenzione

Lorenzo Rinaldi ha debuttato quest’anno fra gli U23 con la Swiss Racing Academy. Da junior correva nella Vigor Cycling Team
Lorenzo Rinaldi ha debuttato quest’anno fra gli U23 con la Swiss Racing Academy. Da junior correva nella Vigor Cycling Team

Proprietario, non manager

Fabian parla della squadra con molta passione, e continua: «Il bello del team – dice – è che al suo interno, nonostante i ruoli differenti, siamo tutti uguali. E tutti allo stesso modo devono parlare e contribuire così alla crescita del gruppo. Quando abbiamo annunciato la squadra, molti sono venuti direttamente da me a chiedere di entrare a far parte della Tudor Pro Cycling, ma questo non dipende da me. Ed è per questo che ho deciso di prendere un po’ le distanze…

«Mi sembra più corretto che siano i membri dello staff a prendere questo tipo di decisioni, dato che sono loro in contatto giorno e notte con gli atleti. Credo che la Tudor Pro Cycling stia crescendo in una maniera diversa rispetto a quello che succede in tutte le altre squadre, specialmente sulla mentalità». 

Classe 1998, Froidevaux passerà dalla continental a una professional
Classe 1998, Froidevaux passerà dalla continental a una professional

L’uomo al centro

Nella chiacchierata che facciamo con Fabian, quello che molto spesso ritorna nei discorsi è la centralità “dell’umano”, la volontà, e la necessità, di considerare gli atleti come persone da accompagnare nella crescita

«Stiamo lavorando molto, come ho detto, sull’aspetto umano – spiega – perché penso che nel ciclismo di oggi venga un po’ dimenticato. Tutto è diventato più materiale, gli atleti spesso sono considerati oggetti. Molti giovani vengono frettolosamente definiti inadatti, ma forse hanno ricevuto un trattamento che non gli ha permesso di esprimere il meglio di loro stessi. Sentiamo una grande responsabilità nell’accompagnare nella crescita anche chi non passerà al professionismo. Dobbiamo accettare che non tutti sono Evenepoel o Ayuso, che c’è anche chi ha bisogno di più anni e chi semplicemente non passerà professionista. Non vogliamo che i giovani crescano troppo presto, perché si vede quando c’è una mancanza. E nel mondo professionistico poi, tra contratti, stipendi e aspettative, la pressione si fa sentire. La bici è una cosa, ma la vita è un’altra ed è più importante». 

Cancellara ha 41 anni, è nato alle porte di Berna e ha origini lucane. E’ stato pro’ dal 2001 al 2016
Cancellara ha 41 anni, è nato alle porte di Berna e ha origini lucane. E’ stato pro’ dal 2001 al 2016

Crescere con calma

La squadra rimane un punto cardine in Svizzera, come spiega Cancellara. «Lavoriamo molto bene anche con la nazionale svizzera – dice – come credo sia anche giusto. Ci aiutiamo a vicenda, perché il ciclismo è un grande insieme e così lo consideriamo noi. Dobbiamo avere la pazienza di crescere con calma e di fare le cose a modo nostro. Per il momento siamo molto contenti di come le cose stiano andando. 

La squadra, così come l’azienda Tudor, ha un hashtag interessante, “Born to dare” cioè “nati per osare”. In cosa osate?

“Dare” come “daring”, l’essere audace, che per noi è un po’ la filosofia della squadra. Siamo contenti della grande azienda che abbiamo al nostro fianco, un’azienda che entrando nel ciclismo, entra in un bel mondo. Credo sia importante stimolare le aziende a scommettere sul ciclismo.

Ecco Robin Froidevaux, è campione nazionale svizzero su strada e ha vinto la Serenissima Gravel
Ecco Robin Froidevaux, è campione svizzero su strada e ha vinto la Serenissima Gravel
Per voi alla Serenissima Gravel è arrivata una vittoria importante con Robin Froidevaux. 

Sì, siamo contenti della vittoria, anche se Robin non indossava la maglia di campione svizzero. Siamo soddisfatti perché è una vittoria meritata, considerando anche i campioni con cui ha dovuto lottare. Di fatto siamo ancora una Continental, molti pensano che siamo una squadra perfetta, già pronta, quando in realtà partiamo da zero, non abbiamo ancora i pullman per esempio. Abbiamo buoni materiali e ottimi fornitori, ma non vuol dire che siamo pronti al 100%. 

Il Cancellara con cui parliamo è un Fabian soddisfatto e contento del progetto che sta accompagnando. Lo ripete più volte: «Ci vorrà pazienza, le cose vanno fatte bene» e una filosofia così non può che essere vincente. Con la Veneto Classic si è conclusa la stagione dei ragazzi della Tudor Pro Cycling che hanno già uno sguardo sul 2023, nella speranza di poter dare grande spettacolo. 

Record dell’Ora: cosa è cambiato fra Ganna e Moser?

03.10.2022
6 min
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Che cosa è cambiato da quel 23 gennaio del 1984, quando Francesco Moser realizzò il fantastico 51,151 che aprì una nuova era nella caccia al record dell’Ora? Francesco era uno dei più forti cronoman al mondo e vantava anche un titolo mondiale dell’inseguimento. Probabilmente meno pistard, ma indubbiamente più stradista di Ganna, riuscì a costruire attorno al suo tentativo un supporto scientifico estremamente all’avanguardia rispetto ai tempi. Un certo tipo di approccio allo sport fu pianificato in quelle settimane e ancora oggi è alla base della preparazione dei corridori contemporanei.

Dopo aver parlato delle peculiarità del gesto atletico, delle doti da allenare e dell’apporto della tecnologia, con Andrea Morelli riprendiamo il discorso avviato stamattina e proseguiamo il nostro viaggio nel record dell’Ora, che sabato prossimo a Grenchen sarà tentato da Filippo Ganna.

Il tentativo di record dell’Ora di Ganna si svolgerà nel velodromo svizzero di Grenchen (foto Rubner)
Il tentativo di record dell’Ora di Ganna si svolgerà nel velodromo svizzero di Grenchen (foto Rubner)
Perché Moser, che era un cronoman e vinceva gli inseguimenti, si è fermato a 51,151? Che cosa è cambiato in questi 40 anni?

L’evoluzione tecnologica ha portato un grosso vantaggio. Questo è difficile tradurlo in quanti chilometri in più. E’ difficile da spiegare. Ganna è un fuoriclasse. Stiamo parlando di uno specialista della cronometro che ha comunque dei valori di potenza che probabilmente ha solo lui. Quindi è un fuoriclasse paragonabile a quello che poteva essere Moser ai suoi tempi, ma l’evoluzione dei materiali gli dà dei vantaggi innegabili. E poi c’è tutta la parte legata all’evoluzione della scienza dell’allenamento.

Spieghiamo.

Di solito si parla del consumo di ossigeno per gli scalatori che vincono le corse a tappe e siamo intorno agli 85-90 ml/min/kg, addirittura anche sopra. Pero non dobbiamo dimenticare che se ragioniamo in dati relativi, il cronoman è svantaggiato. Se faccio un calcolo di questo tipo su uno come Ganna, magari mi viene che lui ha “solo” 70-75 ml per chilo di consumo di ossigeno. Badate bene, questa è una valutazione che sto facendo io ad occhio. Però se teniamo conto del consumo in litri assoluti, uno così è un atleta con una cilindrata paragonabile a quella di un V12. Ha magari 5,8-6 litri di consumo in litri al minuto, quindi di conseguenza una potenza sia alla soglia che massima elevatissima.

Francesco Moser e la bici utilizzata per il record dell’Ora di Messico 1984
Francesco Moser e la bici utilizzata per il record dell’Ora di Messico 1984
Non abbiamo i dati di riferimento sul consumo di ossigeno o test effettuati ai tempi di Moser.

Infatti si possono fare delle stime, dato che non c’erano i misuratori di potenza. Era diverso anche come approccio. In più rispetto ad allora sono stati fatti dei grossi passi avanti sulla tecnologia per esempio nella riduzione della resistenza al rotolamento, partendo dalla bici e passando per la pista. Basti pensare che in determinati competizioni si sia aumentata la temperatura della pista per ridurre la resistenza al rotolamento. Si utilizzano pneumatici che come dimensioni e struttura sono molto diversi rispetto al passato. Quindi puoi risparmiare 10-15 watt di resistenza al rotolamento e guadagnarne 10-12 di potenza a parità di posizione. Si lima dove si può e alla fine si hanno grosse differenze. Sono cambiate anche le superfici di scorrimento. Ci sono tante variabili da considerare.

Moser andò a Città del Messico, Ganna a Grenchen: la pista conta tanto?

Perché vanno a Grenchen e non in quota ad Aguascalientes, per esempio? La quota porta ad avere un vantaggio aerodinamico dovuto a condizioni legate alla densità dell’aria quindi a parità di posizione vai più veloce. Ma devi trovare la quota corretta perché vi è per lo stesso motivo una diminuzione della massima potenza aerobica. E quindi la tua potenza di soglia cala. Devi trovare il compromesso giusto in termini di quota e aver ragionato bene anche su problematiche logistiche. Quindi ci sono varie condizioni, tante cose da valutare quando si fa un approccio a questo tipo record. Quando siamo stati a Grenchen con Trek-Segafredo per Ellen Van Dijk (il 23 maggio 2022, l’olandese ha percorso 49,254 chilometri, ndr), abbiamo potuto vedere che è una delle piste più veloci disponibili attualmente, quindi la scelta non è stata casuale o per questioni di sponsor.

E’ giusto dire che le metodiche di allenamento dei corridori di oggi discendono da quelle di Moser?

La scienza dello sport in parte è nata lì, con l’Equipe Enervit di cui facevano parte Aldo Sassi ed Enrico Arcelli. Varie tecniche di allenamento come la forza/resistenza sono state sviluppate proprio per questo tipo di prestazione. Naturalmente i mezzi a disposizione erano diversi. C’era il primo cardiofrequenzimetro, non esisteva il misuratore di potenza, però non si era così a conoscenza di come l’allenamento potesse ottimizzare la prestazione. Probabilmente in quel periodo si fece il massimo per ottimizzare la performance di Moser, così come oggi tutta l’evoluzione nella teoria dell’allenamento, nell’utilizzo della potenza e le strumentazioni ci permettono di monitorare l’atleta in allenamento piuttosto che durante i test specifici. Tutto questo sicuramente ha portato la possibilità di influire in modo più preciso e importante sulla prestazione, altrimenti non ci sarebbe stata tutta questa evoluzione.

C’è un corridore che hai seguito che avrebbe potuto provare il record?

Penso che l’atleta che probabilmente avrebbe potuto fare il record dell’Ora e non l’ha fatto è stato Fabian Cancellara. Non l’ho seguito direttamente io, però con Luca Guercilena, che era il suo allenatore e un caro amico, se n’è parlato spesso, anche perché un pensiero al record era stato fatto. Io ho lavorato con il team e con Fabian su diverse cronometro per il discorso test, posizione e legato al “pacing” in corsa, come stiamo facendo dall’anno scorso con Trek-Segafredo e mi sembra che Fabian per le caratteristiche che aveva, era un atleta assimilabile a quello che è il Ganna attuale. Probabilmente lui avrebbe potuto fare un record dell’Ora coprendo una distanza importante, che magari poi sarebbe stato battuto, questo non lo discuto…

Cancellara ha chiuso la carriera con l’oro della crono a Rio: il record dell’Ora è stato a lungo alla sua portata
Cancellara ha chiuso la carriera con l’oro della crono a Rio: il record dell’Ora è stato a lungo alla sua portata
La preparazione dell’Ora si concilia con la preparazione di un mondiale crono?

Certo, è conciliabile ed in parte è quello che è stato fatto. Per esempio penso al record dell’Ora di Ellen Van Dijk della Trek-Segafredo che è stato fatto prima del mondiale, ma in piena preparazione per lo stesso. Non credo che Ganna, che a mio avviso è il miglior crono man al mondo, anche se ha avuto una piccola debacle al mondiale in Australia, abbia sbagliato la preparazione. Certamente arriva da una stagione molto lunga in cui ha raccolto tantissimi importanti risultati e mantenere questo livello di prestazione per tutta la stagione non è semplice. Ci possono essere diversi motivi legati al risultato al mondiale, ma sono sicuro che arriverà all’appuntamento al top.

La prima parte dell’articolo è stata pubblicata stamattina

Sei giorni all’assalto di Ganna: domande all’esperto

03.10.2022
6 min
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Meno di una settimana al record dell’Ora di Ganna. Lo staff Ineos Grenadiers sta per diffondere il programma di sabato 8 ottobre, quando nel velodromo svizzero di Grenchen, Pippo assalterà il primato dell’ingegner Daniel Bigham, stabilito il 19 agosto sulla stessa pista in 55,548 chilometri.

Nei giorni del mondiale, Cioni ci aveva anticipato parte del discorso. E così, in attesa di vivere la serata di Ganna e aspettando che oggi alle 14 si sollevi il velo sulla bici che userà, ci siamo rivolti ad Andrea Morelli, Direttore scientifico del Centro Mapei: la struttura creata nel 1996 da Giorgio Squinzi e affidata ad Aldo Sassi, che nel 1984 prese parte alla fantastica Ora messicana di Moser. Con Andrea avevamo già parlato di cosa succede dopo un’ora nel fisico dell’atleta, questa volta invece partiamo da più lontano. Abbiamo suddiviso questo interessante viaggio in due parti: la seconda sarà pubblicata oggi alle 17.

Che cosa significa fare il record dell’Ora? Perché è così difficile? E il fatto che Bigham sia riuscito a battere tutti i mostri sacri del ciclismo, da Merckx e Moser, vuol dire che la tecnologia lo ha reso più accessibile?

Perché è così difficile stabilire quel record?

E’ difficile perché è una prestazione di lunga durata, ma non lunghissima. E quindi devi essere in grado di mantenere un elevato livello di potenza per un tempo abbastanza lungo. Se pensiamo al modello fisiologico della prestazione ci si avvicina alla cosiddetta potenza di soglia o FTP. Questo significa produrre la massima potenza possibile per un’ora e stare a cavallo tra soglia e fuori soglia col pericolo di oltrepassare quel limite in cui l’equilibrio tra produzione e smaltimento di acido lattico può portarti velocemente ad esaurimento. Per definizione la soglia anaerobica è un’intensità che un’atleta allenato riesce a mantenere per 45-60’.

Quindi?

Il problema è che devi alzare il più possibile la tua soglia per spostare il punto in cui l’acido lattico inizia ad accumularsi. A seconda della tabella di pacing (andatura, ndr) che viene scelta, a volte questo limite è molto piccolo. Non devi rischiare di partire troppo forte perché accumuleresti troppo acido lattico e andresti incontro ad esaurimento precoce e saresti obbligato a rallentare nel finale. Ma dall’altra parte non devi partire troppo lento, perché poi dovresti accelerare nel finale quando anche altre componenti di fatica saranno già al limite.

Un equilibrio tanto delicato?

Sì, perché a questo livello di specializzazione il limite oltre il quale l’equilibrio si “rompe” è piccolo. Se lo oltrepassi la produzione di lattato supera lo smaltimento e quindi inizi ad accumularlo. Poi la fatica è comunque “multifattoriale” (nella scienza dello sport spesso si usa questo termine per includere fattori che non si conoscono ancora completamente, ndr) che comunque spingono l’atleta a rallentare.

C’è grande differenza fra una crono di un’ora e girare per lo stesso tempo in pista
C’è grande differenza fra una crono di un’ora e girare per lo stesso tempo in pista
C’è tanta differenza fra l’Ora e una lunga crono?

Un atleta come Ganna, o comunque uno specialista della cronometro è abituato al mal di gambe. Ha una grande sensibilità ed è abituato a questo tipo di sforzo. Però il problema è che anche una cronometro lunga come quella di un mondiale è diversa dal pedalare in pista per un’ora a tutta. Su strada trovi differenti condizioni, una curva, un tratto in discesa, un falsopiano oppure una salita e quindi la potenza subisce variazioni. In pista devi cercare di stare sempre concentrato e fare traiettorie migliori è fondamentale.

Perché?

Il fatto di disegnare traiettorie ottimali, giro per giro è fondamentale per la distanza finale. Perdi “meno” metri. Stare in posizione aerodinamica, spesso con poca visibilità, comunque controllando le traiettorie nelle curve rende la pista molto stressante. E a questo si aggiunge la fatica che nel finale si fa sempre maggiore. Quindi non è solo una questione di pedalare sotto sforzo un’ora. Magari qualcuno pensa che rispetto ad un tappone con 4-5.000 metri di dislivello non sia nulla ma si sbaglia, dal punto di vista fisiologico e mentale sei al limite.

Andrea Morelli è responsabile per il ciclismo presso il Centro Mapei Sport
Andrea Morelli è responsabile per il ciclismo presso il Centro Mapei Sport
Tutti rispondono allo stesso modo?

No. Ogni atleta ha caratteristiche specifiche di resistenza e di capacità anaerobica lattacida ed alattacida. Quindi magari uno ha una soglia leggermente più bassa, ma una capacità anaerobica lattacida maggiore e quindi è in grado di lavorare fuori soglia più di un altro. Ma resta il fatto che per questo tipo di prestazione è fondamentale avere una potenza aerobica ed una soglia elevata per allontanare il momento in cui cominci ad accumulare fatica e sei costretto a rallentare.

E’ importante conoscere la pista?

Tantissimo. Ganna arriva da anni di lavoro sia per la cronometro sia per la pista. Quindi la gestione del carico di lavoro, che è sempre un po’ delicata perché sei sempre al limite ed è facile sbagliare – facendo un po’ troppo quando stai bene e troppo poco magari quando non lo sei – per lui non è un problema. Ma tecnicamente in pista è uno dei migliori. Penso che sia uno dei pochi che possa spostare ulteriormente in alto il record dell’Ora.

E’ vero come ha detto Bigham che ormai il record è solo aerodinamica?

No, secondo me Bigham ha comunque dimostrato di essere un atleta forte. Poi magari nel suo caso potremmo dire che fare il record dell’Ora non coincida col vincere anche cronometro su strada, questa è una cosa diversa. Sicuramente essendo un ingegnere aerodinamico ha lavorato nei minimi particolari per ottimizzare la sua posizione, ma credo che anche dal punto di vista atletico abbia dovuto lavorare molto. Come del resto credo sia stato fatto con Ganna.

Si è subito detto che il tentativo di Bigham fosse un test in vista del record di Ganna (foto Ineos Grenadiers)
Si è subito detto che il tentativo di Bigham fosse un test in vista del record di Ganna (foto Ineos Grenadiers)
Di certo Pippo non partirà senza avere riscontri precisi…

Il lavoro fatto sia in galleria del vento sia nell’ottimizzazione della posizione in generale e dei materiali nel suo caso sarà spinto al massimo. Tutte le cose sicuramente sono state analizzate nei minimi dettagli, ma questo nulla toglie al record di Bigham. Certamente lavorando dal punto di vista aerodinamico il vantaggio c’è, però non mi aspetto che Bigham rispetto a Ganna abbia un coefficiente di penetrazione aerodinamica del 30-40 per cento migliore e quindi copra una differenza di potenza così elevata. Quando vai a ottimizzare la posizione di un atleta già specialista, vai sempre a ricercare margini minimi, del 2-3 %. Arrivare al 5 sarebbe manna dal cielo.

Quindi il vantaggio aerodinamico non trasforma un ingegnere in un campione.

Si lavora sempre su piccoli margini. Non è che parti da una posizione da strada e la trasformi in una da crono e per magia riesci a risparmiare il 20-30 per cento di potenza. Stiamo parlando di posizioni già ottimizzate. Non penso che Bigham partisse da una posizione a cronometro in cui è riuscito a limare il 15 per cento. Probabilmente partiva già da una buona posizione e poi ha lavorato per migliorarla, ma anche sulla potenza e la tenuta. Perché è naturale che devi avere potenza elevata per fare queste velocità, ma devi anche essere in grado di mantenere questa velocità per molto tempo.

La seconda parte dell’articolo sarà pubblicata oggi alle 17

Selle Italia “main partner” (per la 33ª volta!) della Maratona

01.07.2022
3 min
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Selle Italia conferma il proprio impegno al fianco di una delle gran fondo più celebri e iconiche al mondo. Il brand veneto produttore di selle è difatti pronto ad affrontare, per la 33ª volta (!), la Maratona dles Dolomites-Enel in qualità di “main partner”. 

La prova di Corvara – in programma domenica 3 luglio – rappresenta una gran fondo assolutamente unica ed ambita. Giunto quest’anno alla 35a edizione, l’evento altoatesino vedrà migliaia di ciclisti sfidare sette tra i valichi simbolo delle Dolomiti. Passando dal più “agile” Campolongo, ai più impegnativi Sella, Gardena, Pordoi, Giau, Falzarego e Valparola (i percorsi sono i classici tre da 55, 106 e 138 chilometri).

Presenza in zona expo

«La nostra storia con la Maratona è iniziata due anni dopo la sua nascita – ha dichiarato Giuseppe Bigolin, il presidente di Selle Italia – e da quel momento l’abbiamo sempre sostenuta perché condividiamo gli stessi valori e la stessa passione per la bicicletta. Una collaborazione storica che compie 33 anni e ci permette di entrare in contatto con migliaia di amatori provenienti da tutto il mondo».

Selle Italia sarà, come di consueto, “fisicamente” presente alla manifestazione, presidiando con un proprio spazio il villaggio expo di San Leonardo. In mostra ci saranno tutte le novità del brand tra le quali spiccano le selle SLR Boost Tekno Superflow e la nuova Model X Leaf.

La SLR Boost Tekno Superflow è completamente Made in Italy, full carbon e leggerissima. Una sella d’alta gamma ingegnerizzata da Dallara: una delle più importanti realtà specializzate nella progettazione, nello sviluppo e nella produzione di vetture da competizione e ad alte prestazioni. Nello sviluppo di questa sella è stato coinvolto Fabian Cancellara, ambassador Selle Italia.

Giuseppe Bigolin, presidente Selle Italia
Giuseppe Bigolin, presidente Selle Italia

Model X Leaf invece è l’ultima nata in casa Selle Italia. E’ prodotta mediante la tecnologia Greentech, il processo produttivo, introdotto proprio dall’azienda trevigiana, che elimina totalmente l’impiego di elementi inquinanti quali collanti e resine sintetiche, e che non prevede rifiuti perché gli stessi vengono reintrodotti nel ciclo produttivo.

Questa sella è prodotta assemblando tre componenti in modo meccanico e presenta un “pattern” a foglie, stampato direttamente all’interno della cover trasparente, rappresentativo della vocazione “green” del prodotto stesso.

Selle Italia