Prime corse e grande caldo, non si sfugge ai crampi

25.01.2023
4 min
Salva

Crampi e caldo fuori stagione. Vedere Bettiol alle prese con le odiate contratture e sperimentare il caldo argentino dall’altra parte del mondo ha fatto capire a quali violente sollecitazioni siano sottoposti i corridori nelle corse di inizio stagione. Il caldo da questo punto di vista è un pessimo cliente. Ancora Bettiol e Izagirre furono frenati allo stesso modo alle Olimpiadi di Tokyo, uno su strada e l’altro nella crono, dove caldo e umidità non facevano difetto.

Così stamattina, al riparo dal sole nell’autodromo di Villicum da cui è partita la terza tappa della Vuelta a San Juan, abbiamo chiesto a Emilio Magni, medico dell’Astana Qazaqstan Team, di spiegarci il meccanismo dei crampi. E come mai ad alcuni atleti capitino più spesso che ad altri.

Emilio Magni è medico dell’Astana: ha seguito tutta la carriera di Nibali
Emilio Magni è medico dell’Astana: ha seguito tutta la carriera di Nibali
Dottore, ripariamoci dal sole. Esiste una predisposizione al crampo?

Diciamo che i crampi hanno delle cause multifattoriali, ovviamente. E quindi diciamo che parlando in termini un po’ allargati, si può parlare di predisposizione. Nel senso che per un soggetto alcune condizioni possono predisporre all’insorgenza dei crampi.

Il caldo è la condizione scatenante?

Per quanto ci riguarda, in questo momento è la causa più importante: queste temperature molto elevate, che ovviamente comportano una sudorazione abbondante. La sudorazione comporta una perdita di elettroliti, in particolare sodio, potassio e anche calcio, che sono tutti elementi che rientrano a pieno titolo nella contrattilità muscolare. Per cui quando c’è uno squilibrio idroelettrolitico, cioè tra contenuto di acqua e presenza di minerali, il muscolo diventa un organo bersaglio.

Bettiol al Down Under ha mostrato una condizione super, ma i crampi lo hanno colpito la 2ª tappa
Bettiol al Down Under ha mostrato una condizione super, ma i crampi lo hanno colpito la 2ª tappa
Quindi viene da pensare che, al di là dell’acclimatazione a queste temperature, un supporto di integrazione sia fondamentale.

E’ fondamentale mantenersi molto ben idratati prima di partire. Addirittura non è sbagliato se c’è un po’ di eccesso di idratazione. Tanto è vero che si ricorre per esempio anche all’aumento del dosaggio del classico sale da cucina, il cloruro di sodio. Perché il sodio, circondandosi di molecole di acqua, tende a trattenerle. Quindi quello che in molte altre situazioni può essere uno svantaggio, in questi casi si rivela un vantaggio.

L’atleta che, come dicevamo prima, ha questa predisposizione può fare dei test preventivi per capirlo?

Ci sono dei test, degli esami che ti possono mettere parzialmente in guardia, ad esempio sul controllo degli elettroliti. In più si fa il bilancio idrico della giornata. Tanto è vero che, come molti altri colleghi, la mattina faccio il controllo delle urine, sia per quanto riguarda il ph, cioè il lato dell’acidità, sia la densità urinaria o peso specifico, per valutare lo stato di idratazione. E’ una misura indiretta, però è semplice a farsi e ci dà un elemento importante di valutazione.

Ognuno ha il suo piano di idratazione?

Esatto. Come fra le persone… normali, c’è chi già beve due litri di acqua al giorno, chi invece beve mezzo litro. Quello che ne beve 2, in queste situazioni deve andare a 3 oppure 3,5. Quello che ne beve mezzo non si può accontentare di un litro e mezzo. Volendo dare una percentuale, direi che bisogna idratarsi di un 100 per cento in più.

Altre le cause per i crampi di Scaroni sul Grappa alla Adriatica Ionica Race: il bresciano non correva da mesi e ha pagato lo sforzo
Altre le cause per Scaroni sul Grappa alla Adriatica Ionica Race: il bresciano non correva da mesi e ha pagato lo sforzo
Quando arriva il crampo durante la corsa, partita chiusa?

Se compaiono i segni della disidratazione o comunque un po’ più in generale quelli del classico colpo di calore, nel senso della performance è tardi. Però certamente sul piano della salute no, si fa sempre in tempo a rimediare, facendo una diagnosi precoce.

Questo caldo umido aumenta la propensione al crampo?

L’adattamento influisce. Si viene qui da temperature vicine allo zero e ci si proietta in questo mondo, in questo forno… Quindi sì, l’impatto è violento.

Qui in Argentina quali rimedi adottate?

Quelli che abbiamo detto. Quindi un’idratazione importante e un buon apporto di sali, eventualmente mirato al discorso del sodio. Ma ci sono delle criticità.

Durante la prima tappa in fuga, Tarozzi non ha fatto che vuotare borracce
Durante la prima tappa in fuga, Tarozzi non ha fatto che vuotare borracce
Ad esempio?

Uno dei rimedi per star bene idratati è mangiare verdura e frutta. Però la verdura e la frutta sono molto ricche di acqua, quindi una volta che quest’acqua vegetale entra nell’organismo, va a creare uno squilibrio tra apporto idrico e apporto di sodio. Quindi da una parte ti dà un vantaggio perché ti idrata, ma dall’altra riduce relativamente il contenuto di sodio. Ecco perché si tende anche ad aumentare un po’ il quantitativo di sale.

Un altro caso di coperta corta?

Come per tanti altri aspetti, molto corta, ma bisogna tirarla un po’ da tutte le parti

Garofoli, la miocardite, gli esami e le difficoltà dei medici

13.04.2022
5 min
Salva

Con il cuore non si scherza e mai come in questo periodo ce ne stiamo rendendo conto. Quello che sta succedendo non è normale e forse alla fine l’atteggiamento più onesto è ammettere che le conseguenze del Covid sulle carriere degli atleti sono ancora da studiare. E’ quello che si capisce alla fine del confronto con Emilio Magni, medico della Astana Qazaqstan Team e sin dall’inizio nel gruppo ristretto di Vincenzo Nibali, che nel ciclismo c’è dalla fine degli anni 90. Con lui abbiamo parlato della miocardite.

Il miocardio è la componente muscolare del cuore: la sua infiammazione può avere gravi conseguenze (foto Newence)
Il miocardio è la componente muscolare del cuore: la sua infiammazione può avere gravi conseguenze (foto Newence)

Il caso Garofoli

Lo spunto per questo approfondimento è stata infatti la diagnosi che ha fermato per tre mesi Gianmarco Garofoli, corridore marchigiano della continental kazaka. Lo avevamo incontrato alla Coppi e Bartali, trovandolo ambizioso e in forma. Eppure dopo pochi giorni, mentre correva l’internazionale di San Vendemiano, il problema è venuto a galla.

«Garofoli – conferma Magni – è stato poco bene a San Vendemiano. Alla Coppi e Bartali era brillantissimo, si è fermato dopo tre tappe perché così era previsto, dovendo poi correre in Veneto con gli under 23. Eppure in quei pochi giorni è stato bene accanto a Vincenzo, cedendo soltanto nel finale della tappa di San Marino. A San Vendemiano invece, mentre faceva uno sforzo importante anche se non massimale, ha avvertito difficoltà respiratoria e ha dovuto mollare. Alla fine stava anche bene, tanto che fra le svariate volte che ci siamo sentiti quella sera, l’ultima era al ristorante con i genitori sulla via di casa. In ogni caso gli ho consigliato un controllo cardiologico per il giorno dopo. E siccome il suo medico non c’era, è andato dritto in ospedale e dai vari esami è venuta fuori l’infiammazione del miocardio».

Con questa immagine su Instagram Garofoli ha comunicato ai suoi tifosi di stare bene, ma di doversi fermare per tre mesi
Con questa foto su Instagram Garofoli ha comunicato ai tifosi lo stop di tre mesi

Il miocardio è la componente muscolare del cuore, ne compone le pareti e lo fa funzionare come una pompa. E’ composto per il 70% da fibre muscolari, mentre il restante 30% è costituito principalmente da tessuto connettivo e da vasi. La miocardite è la sua infiammazione.

Di cosa si tratta?

La miocardite è un quadro clinico datato nel tempo, non la scopriamo ora. E’ sempre un bruttissimo cliente, che si può manifestare all’improvviso. Essendo il Covid un virus aggressivo, il cuore è diventato il suo organo bersaglio favorito. Quando si parla di miocardite, si accende la spia rossa per chiunque, ma soprattutto per gli atleti. E’ uno dei motivi per cui per riprendere dopo il Covid c’è da mettere in atto il protocollo Return to Play, che prevede anche vari controlli del cuore.

Quindi permette di rintracciare anche la miocardite?

No, perché se non si manifesta in modo particolarmente grave, non viene evidenziata dall’ecocardiogramma. Per scoprirla serve una risonanza magnetica cardiaca con mezzo di contrasto, che non rientra fra gli esami di routine. Non può essere un esame di screening primario (a questo punto ci chiediamo se non sia il caso di introdurla invece nel protocollo di esami per il ritorno alle gare, ndr).

Il solo modo per diagnosticare la miocardite è una risonanza magnetica cardiaca con contrasto (foto GVM)
Il solo modo per diagnosticare la miocardite è una risonanza magnetica cardiaca con contrasto (foto GVM)
Quindi ci si deve affidare ai sintomi?

Che di solito sono la difficoltà respiratoria, che è la sensazione più sgradevole. A volte un po’ di palpitazione. Oppure un senso generale di affaticamento, che però rientra anche tra i sintomi del post influenza, per cui è difficile rintracciarla.

Una volta trovata, scatta il riposo obbligatorio?

Tre mesi, come per Garofoli. Non bisogna sottoporre il cuore a sforzi. Non servono antibiotici, perché si tratta di un virus e non di una comune infiammazione. Semmai si danno antinfiammatori. Dire se tre mesi sia il tempo giusto è complicato. In molti casi magari è un eccesso di prudenza, forse quando sapremo di più del Covid e delle sue conseguenze, magari basterà meno. Ad ora è tutto molto nuovo.

Durante i tre mesi si fanno altri esami?

No, il protocollo è ripeterli dopo tre mesi per valutare se i segni dell’infiammazione sono ancora presenti. Se non ci sono, allora riparti con carichi graduali, fino al momento in cui puoi tornare a lavorare come un professionista. Non si fanno esami prima, perché di certo dopo un mese non vedresti miglioramenti. E poi dare tre mesi serve anche per ridurre l’ansia nell’atleta, che altrimenti sarebbe sempre con la testa a voler bruciare le tappe.

Il dottor Magni è nel ciclismo dal 1996. Fa parte da 16 anni del gruppo di lavoro di Nibali
Il dottor Magni è nel ciclismo dal 1996. Fa parte da 16 anni del gruppo di lavoro di Nibali
Questo problema riguarda tutti, anche il cicloturista che dopo il Covid si rimette a macinare chilometri?

Certamente, con tutta la difficoltà del caso nel riconoscere i sintomi. Per cui non vorrei che passasse il messaggio che siamo tutti a rischio. L’affaticamento nel fare le cose o il fiato corto appartengono anche a una normale convalescenza.

Ecco, appunto. Che cosa si prova da medico nel non riuscire a fare distinzioni e diagnosi subito esatte?

Sono situazioni che ci mettono in grande difficoltà. Il Covid è una bestiaccia, perché non esiste una casistica ancora completa, non c’è letteratura medica. E le continue mutazioni non rendono certo le cose più facili.

Per il dottor Magni ha ragione Van Aert: il Covid va ripensato

02.03.2022
4 min
Salva

«La paura adesso è anche più alta. Non devi nemmeno essere malato per pensare di aver contratto il Covid, basta un test positivo e tutta la tua preparazione è vanificata», parole di Wout Van Aert. E ancora: «Presto dovremo prendere in considerazione l’idea di non basarci più su un test positivo. Dovremo iniziare a guardare al Covid nello stesso modo in cui vediamo le altre malattie». 

Il belga ha messo in discussione l’atteggiamento della società, e indirettamente anche dell’UCI, riguardo al Covid.

Ci si chiede allora: ha ragione quando dice che certe restrizioni sono esagerate? Il tema non è affatto banale. La variante Omicron ha scombussolato il sistema sanitario e, ancora una volta, la società. Stavolta a fronte di un numero di positivi impressionante si è tenuto botta.

Visto l’argomento così delicato, abbiamo chiesto lumi al dottor Emilio Magni, da anni nel mondo dei professionisti, oggi in forza all’Astana Qazaqstan del “suo” Vincenzo Nibali.

Un tampone rapido negativo. La lineetta T non è comparsa quindi l’atleta è libero
Un tampone rapido negativo. La lineetta T non è comparsa quindi l’atleta è libero
Dottor Magni, ha ragione Van Aert quindi?

Io direi di sì. Tutti dobbiamo pensare che la pandemia va rivista. Si è trattato di un evento devastante a livello sociale, psicologico, economico, sanitario… ma adesso le dimensioni sono meno gravi rispetto ai mesi scorsi.

Nonostante Omicron…

Certo. Omicron, che è stata molto contagiosa, ha avuto un’aggressività epidemiologica più lieve. Ed è stato così per i cittadini comuni e per gli sportivi. Bisogna pertanto prendere dei provvedimenti nel limitare le restrizioni. Il tutto però senza sottovalutare la cosa.

Cioè?

Il fatto che sia meno contagiosa, non deve farci dimenticare cosa è stata questa pandemia in passato. Non si deve abbassare la guardia. 

In caso di positività al Covid, cosa prevede la norma attuale per i corridori?

Dalla prima positività c’è uno stop di una settimana. Si fa un tampone, anche quello antigenico va bene. Se questo è negativo l’atleta può fare la visita di idoneità, la “Return to Play”. Se anche questo dice che tutto è okay, il corridore può riprendere la sua attività.

Anche se non hanno mai avuto sintomi devono fermarsi?

Sì: anche se non hanno avuto sintomi. Meglio che stiano fermi. Non dimentichiamo che i loro “motori” sono sempre spinti al massimo. E’ preferibile una ripresa graduale e moderata. Dopo il Covid, c’è chi è stato subito pronto e chi invece l’ha pagato un po’ di più e prima di tornare ad avere sensazioni piacevoli ci ha messo del tempo.

Giro d’Italia 2020, Giulio Ciccone si ritira. E’ accompagnato dal dottor Emilio Magni (all’epoca in Trek-Segafredo)
Giro d’Italia 2020, Giulio Ciccone si ritira. E’ accompagnato dal dottor Emilio Magni (all’epoca in Trek-Segafredo)
L’esempio di Ciccone al Giro 2020 è emblematico in tal senso. Giulio si allenò anche sotto Covid e nonostante fosse guarito aveva grosse difficoltà respiratorie in quel periodo. Quindi coloro che sono asintomatici non fanno neanche i rulli?

Attualmente no: il protocollo è abbastanza restrittivo. E’ meglio non fare niente, almeno all’inizio. Per fortuna abbiamo visto che quest’ultima ondata non si prolunga. Mediamente dopo 4-6 giorni ci si negativizza. Però, ripeto, anche se non ci sono sintomi, problemi più grandi sono dietro l’angolo.

Omicron è stata meno aggressiva perché c’erano i vaccini?

Grazie al vaccino sicuramente si va verso una remissione dei contagi. Ma ci si va anche perché le varianti di un virus, di base, sono una “sconfitta” per il virus stesso. Questo, per attecchire deve mutare e nel mutare perde forza, anche se qualche volta può creare comunque dei problemi.

Insomma, detto in parole molto povere, dottore, adesso possiamo paragonare il Covid all’influenza che arriva tutti gli anni?

Direi di sì. I sintomi sono pochi per fortuna. Ma mi rendo conto che anche psicologicamente dopo due anni di lotta non è facile. La si può paragonare ad un’influenza, ma è bene stare attenti.

Vaccino per (quasi) tutti, virus meno forte e una conoscenza maggiore del Covid: ci si auspica che presto anche gli atleti non siano fermati in caso di positività. E che addirittura si abbandoni il “concetto del tampone”. Ma come? Saranno i sintomi a determinare lo stato di un atleta? Vedremo la comunità scientifica come si proporrà. Intanto godiamoci il pubblico sulle strade che abbiamo rivisto in Belgio.

In bici da due settimane, Jacopo dorme poco ma sorride sempre

07.08.2021
7 min
Salva

Il 18 giugno scorso, in quella fornace esagerata con cui Faenza accolse il campionato italiano a cronometro, Jacopo Mosca sbagliò la terza di tre curve e spiccò il volo. In quelle ultime frazioni in cui il suo corpo era ancora sano, senza paura per il semplice fatto di non averne avuto il tempo, il piemontese fece in tempo a processare ogni informazione che i suoi occhi e i suoi sensi furono capaci di raccogliere. Tanto che quando oggi ti racconta la scena, si fa fatica a non avere la pelle d’oca.

A Sega di Ala con Brambilla, scortando Nibali: «L’incidente al polso – dice Jacopo – ha cambiato ogni cosa»
A Sega di Ala con Brambilla, scortando Nibali: «L’incidente al polso – dice Jacopo – ha cambiato ogni cosa»

Ricordi chiarissimi

«Io mi ricordo tutto – Jacopo racconta – ero all’inizio della discesa. Ero andato per due volte con Tiberi a vedere quel passaggio e ci eravamo detti che non c’erano curve pericolose. Sinistra, destra, sinistra. In discesa sono uno che va, ma quel giorno neanche ho rischiato tantissimo. La prima l’ho fatta e ho preso velocità. La seconda l’ho fatta e mi sono ritrovato a 73 all’ora. Mancava la terza, ma ho perso il controllo della bici. La ruota dietro ha scodato. C’erano una siepe e un albero. Sulla siepe mi sono grattato. Contro l’albero ho rotto la clavicola. E cadendo sulla strada ho fatto il resto. La prima cosa è stato vedere se le gambe si muovevano. Fatto quello, ho lasciato che Slongo e mio padre che erano in ammiraglia mi aiutassero a spostarmi perché ero in mezzo al percorso. In quel momento ho capito di avere qualcosa ai polmoni, perché respiravo come Darth Wader di Guerre Stellari. Ed ero pieno di sangue per il taglio sull’orecchio. Però ero ancora vivo».

Casa Mosca

Benvenuti a casa Mosca, primi giorni di agosto, gli ultimi delle Olimpiadi. Jacopo ha già ripreso ad andare in bicicletta, ma da qui a dire che sia pronto per riattaccare il numero il passo è chiaramente molto lungo. Una caduta così è tanto se la racconti avendo ogni pezzetto al suo posto. E se pure lui ha vissuto tutto e riesce a raccontarlo con grande lucidità, chi gli era accanto ha trascorso un avvio di estate a dir poco preoccupante.

«Le tac – prosegue Jacopo – sembravano un bollettino di guerra. La questione più delicata era il pneumotorace. Per la clavicola sono stato operato. Costole e schiena sarebbero andate a posto col tempo. Non è stato bello avere il drenaggio ai polmoni, ma in quei primi giorni ho capito che la questione era risolvibile. Brutta, ma risolvibile. Tanto che il giorno dopo, quando è venuto il dottor Magni, per prima cosa gli ho chiesto quando sarei potuto uscire».

Mosca e Moscon, sorrisi dal Giro d’Italia: il buon umore non guasta mai
Mosca e Moscon, sorrisi dal Giro d’Italia: il buon umore non guasta mai
Adesso come stai?

Sto recuperando abbastanza, ma sarà lunga. Sono in grado di andare in bici, ci sono risalito 15 giorni fa, 32 dopo la caduta. Per ricominciare, la squadra mi ha mandato la bici che normalmente si usa alla Roubaix, che è un po’ più morbida. Sulla mia non riuscivo quasi a starci. E’ tanto rigida e con la posizione in avanti, che non arrivavo alle leve dei freni. Però ho ricominciato a uscire, anche se tornavo a casa con più battiti che watt. E ora ho ripreso la bici di sempre…

Dopo quella crono saresti andato in vacanza?

Era l’ultima gara della prima parte di stagione. Avrei staccato e me ne sarei stato tranquillo. Per fortuna è successo dopo il Giro, che era la parte più importante della mia stagione. Ripartirei domani se fossi in grado, a livello di voglia non vedo l’ora. Ma con la squadra ci siamo detti di usare il cervello e di stare tranquillo. Che se anche non rientro in corsa quest’anno, mi aspettano per il prossimo. Non sono più nella fase precaria della mia carriera in cui dovevo preoccuparmi per il contratto, quella l’ho superata. Se fossimo ancora a quegli anni, adesso avrei addosso uno stress…

Hai parlato del Giro.

Personalmente sono soddisfatto, perché ho confermato quanto di buono avevo fatto vedere l’anno prima nello strano Giro corso a ottobre. Ovviamente come squadra sarebbe potuto andare molto meglio. Nei primi giorni ho fatto un gran lavoro. E secondo me ho fatto anche qualche bella impresa.

Ha ripreso la bici 32 giorni dopo l’incidente: qui Jacopo con papà Walter che c’era il giorno della caduta
Ha ripreso la bici 32 giorni dopo l’incidente: qui Jacopo con papà Walter
Ad esempio?

Ne ho riso con Affini nei giorni successivi. Ci siamo ritrovati in fuga il giorno dello Zoncolan. Io per aiutare Mollema che poi à arrivato quinto, lui per Bennett che è arrivato settimo. E ci siamo detti che per noi è stato un grande risultato. La squadra era soddisfatta, perché ho fatto il mio lavoro come dovevo.

Cosa manca per dire che sei a posto?

Ci sono state due complicazioni. La prima un versamento pleurico al polmone sinistro. La seconda che la ferita dell’operazione non si è ancora chiusa per un’infezione. Hanno trovato un batterio che ho curato con l’antibiotico e ora sto aspettando e facendo terapie aspettando che si chiuda del tutto. Sono al 90 per cento di mobilità della spalla, poi dovremo mettere a posto la schiena. Faccio tanto lavoro di recupero funzionale.

Si dice sempre che il giorno dopo è il peggiore…

A parte le fratture e il resto, il vero dramma erano le notti. In ospedale i primi giorni dormivo a dire tanto due ore, sommando i pezzettini di sonno che riuscivo a fare. Ricaricavo il telefono tre volte al giorno, ero sempre attaccato a leggere e far passare il tempo. A casa non riuscivo a stare disteso a letto, finché mia madre ha avuto l’idea geniale e mi ha proposto di dormire sul divano. E fra cuscini e posizioni varie, sono passato 3-4 ore per notte.

Il 2021 era iniziato alla grande: qui la vittoria di Teuns a Sanremo, il contributo di Jacopo non è mancato
Vittoria di Teuns a Sanremo, il contributo di Jacopo non è mancato
Ne hai approfittato per seguire il ciclismo in tivù?

Con le dirette integrali, non mi sono perso un solo chilometro di corsa. La corsa di Tokyo l’ho vista dalla partenza, quella delle donne idem, ma partiva più tardi.

Come sarà in Trek senza più Nibali?

Devo dire che in questi ultimi tempi non ho seguito molto le vicende del mercato. Però perdere uno come “Vince” un po’ ti cambia, poi vedi quello che ha fatto Ciccone al Giro e ti dici che l’uomo da classifica lo abbiamo. Ma in questo anno e mezzo da Nibali ho imparato tanto.

Che cosa?

L’ho osservato in ogni cosa. La sua guida in discesa, ad esempio. Quando scendi alla sua ruota capisci perché sia uno dei più grandi al mondo. Fa linee perfette e mai al limite. Non lo vedi preoccupato, è sempre in controllo. Dispiace che sia caduto prima del Giro.

Il Giro d’Italia è stato il momento clou della prima parte di stagione di Jacopo Mosca, in appoggio a Nibali e Ciccone
Il Giro d’Italia è stato il momento clou della prima parte di stagione
Un brutto colpo, hai ragione.

Siamo stati in stanza insieme sul Teide e poi al Giro. Quando punta a un obiettivo sta nel suo mondo, concentratissimo. Ma visto come andava in altura e i tanti sacrifici che abbiamo fatto, quando ho sentito che era caduto e si era rotto il polso, mi è dispiaciuto prima per l’uomo e poi per l’atleta. Non sono i cinque giorni di bici che perdi, ma un incidente così alla vigilia del Giro ti condiziona. Passi da essere super motivato a perdere la fiducia.

Tanta voglia di ripartire quest’anno, pensi che ci riuscirai?

Mi piacerebbe fare qualche corsa a fine stagione, ma bisogna ragionare. Se sarò all’altezza, ci sarò di certo. Ma anche parlando col dottor Magni si diceva di capire bene ogni cosa. Se per fare tre corse a ottobre, devo pregiudicarmi la possibilità di fare un buon inverno, allora tanto vale avere pazienza sino alla fine.

La mobilità della spalla è ormai arrivata al 90 per cento
La mobilità della spalla è ormai arrivata al 90 per cento

Una nuova vita

Il sorriso è discreto come al solito. Benvenuti a casa dell’uomo che ha dovuto sudarsi il suo posto nel mondo, ma che alla Trek-Segafredo ha cambiato vita e prospettive. La sua calma davanti a un incidente così brutto si deve anche a questo. Quando intorno hai solo punti di riferimento solidi, capisci che poteva andarti anche molto peggio e che nel brutto sei stato fortunato. Ci sarà da chiedere scusa ai propri cari per lo spavento e le settimane d’inferno. E ci sarà soprattutto da lavorare sulle curve a sinistra. Quelle, amico Jacopo, ancora danno qualche problema…

Intervento al setto nasale: l’esempio di Ciccone

14.07.2021
3 min
Salva

Giulio Ciccone a febbraio ha subito un intervento per correggere una deviazione al setto nasale, problema che lo ha sempre accompagnato, ma che il corridore abruzzese ha deciso di sistemare solamente all’inizio di questa stagione. Parliamo di tutto quello che è stato il percorso di Giulio con Emilio Magni, medico della Trek-Segafredo, il quale ha seguito l’atleta anche durante il periodo di positività al Covid19.

Da stamattina, Ciccone è in Sardegna alla Settimana Italiana, preparandosi per Tokyo
Da stamattina, Ciccone è in Sardegna alla Settimana Italiana, preparandosi per Tokyo
Può spiegarci meglio il problema di Ciccone?

Certamente, l’atleta soffriva di una deviazione del setto nasale, un problema osseo. Tutti abbiamo il setto nasale deviato – specifica il dottor Magni – non esiste la perfezione. Solitamente non è un problema, in alcuni casi però lo può diventare e quindi bisogna ricorrere a degli interventi. 

Perché lo può diventare?

Alla deviazione del setto nasale si collega l’ipertrofia dei turbinati, una patologia diversa che ha origini multiple (batterica, allergica, dovuta all’inquinamento) solitamente le due patologie si accompagnano l’una con l’altra.

E’ una patologia grave che può influenzare la prestazione dell’atleta?

Nello specifico la problematica non è così grave dal punto di vista sportivo, poiché in corsa il corridore respira a bocca aperta e quindi riesce a soddisfare la richiesta di ossigeno del corpo. Le difficoltà sono prevalentemente nella vita di tutti i giorni, diventa difficile dormire o anche un semplice raffreddore può risultare molto più fastidioso.

Il cerotto sul naso in corsa resta uno dei rimedi più utilizzati
Il cerotto sul naso in corsa resta uno dei rimedi più utilizzati
Quindi non c’era così tanta urgenza nel sistemare questo piccolo difetto?

No, è bene poi ricordare che per un ciclista questo tipo di interventi sono complicati: non da un punto di vista medico, ma del tempo clinico di cui necessitano.

Ci sono altri modi di affrontare la situazione?

Intervenire chirurgicamente è l’ultima cosa da fare, prima ci sono delle cure alternative. La più valida è quella termale, dove con dei bagni caldi si cerca di tenere sempre pulite le cavità nasali. Nel caso poi si decida di intervenire chirurgicamente, bisogna considerare almeno 2-3 giorni di ospedalizzazione più la convalescenza. Non si può fare sempre, si ha una finestra di una ventina di giorni all’anno per eseguire questa operazione.

Giulio nell’agosto del 2020 ha avuto il Covid, con la sua patologia è stato più impattante?

Va specificato che il Covid fatto da Ciccone era già abbastanza invasivo di suo, non è stato blando. E’ rimasto positivo per 7-8 giorni, se poi a questo si aggiunge la convalescenza direi che è rimasto fermo quasi 3 settimane. Certamente la malattia è stata accentuata dal problema che aveva il corridore, così in un successivo momento si è deciso di cogliere l’occasione e si è fatta questa operazione.

Dopo l’intervento al naso, Ciccone ha migliorato anche il recupero: il Giro lo ha mostrato
Dopo l’intervento al naso, Ciccone ha migliorato anche il recupero: il Giro lo ha mostrato
I problemi legati al sonno possono influenzare negativamente il riposo ed il recupero in una corsa a tappe?

Assolutamente, un sonno tranquillo e senza interruzioni è fondamentale per il recupero delle energie.  Banalmente il difetto di Giulio non gli permetteva di dormire sereno in tutte le posizioni.

Quindi questa operazione ha influenzato in minima parte le sue prestazioni?

Ora, come si è visto al Giro, riesce a riposare meglio e qualche miglioramento sulle prestazioni lo ha avuto. Non tutto è merito di questa operazione ovviamente, ma si può dire che in parte ha influito.

Emilio Magni, Giulio ciccone

I 15 giorni bui di Ciccone

13.10.2020
2 min
Salva

Due parole su Ciccone con Emilio Magni (nella foto di apertura è con Michele Scarponi, negli anni all’Astana), il medico della Trek-Segafredo, che a un certo punto s’è ritrovato con l’abruzzese positivo al Covid. Non è stata una fase rilassante della stagione, anche perché poco si sapeva su come un atleta potesse riprendersi dal virus. Cicco si è rialzato dopo una doppia ablazione cardiaca, ma come avrebbe risposto al Covid?

Magni spiega. L’accento toscano rende la narrazione più interessante, quasi fossimo in una vera favola con eroi feriti e nemici subdoli e pericolosi.

Ciccone è rientrato alle corse proprio al Giro d’Italia
Ciccone è rientrato alle corse proprio al Giro d’Italia
Come è stato che l’avete capito?

E’ stato in linea con quello che si diceva, sin dal momento dei primi sintomi. Si fece il tampone e risultò positivo. Aveva perso gusto e olfatto. Ha avuto mezza giornata di febbre e uno stato generale di malessere.

E a quel punto?

A quel punto ha fatto i canonici 15 giorni di quarantena, durante i quali si è negativizzato. Avevamo fatto un tampone anche prima del tempo, perché quei giorni chiusi in casa sono lunghi. Quando poi è scaduto il tempo, abbiamo fatto i due test ed è stato negativo in entrambi.

Ciccone ha detto di non aver toccato la bici per due settimane, lasciando intendere un malessere non banale.

Per i primi giorni ha avuto febbre, per cui il mio consiglio è stato di affrancarsi da ogni tipo di sforzo. Ora se ne parla con tranquillità, ma allora non sapevamo dove si andava a parare. Prima la salute, poi l’atleta. Finita la pausa, ha ricominciato piano. Rulli, qualche uscita breve, poi gradualmente ha incrementato.

E’ arrivato al Giro in forma?

No, è arrivato ricercando la condizione. Quest’anno è una storia particolare, è anche difficile fare confronti fra come stesse prima e come nel post Covid. Diciamo che la quarantena non è stata una vacanza, bensì due settimane con condizioni cliniche non ottimali.

Quando Ciccone ha ripreso, è filato tutto liscio?

Da quando ha ricominciato, non ci sono stati momenti di sosta né marce indietro. E’ arrivato al Giro come il calciatore che va a sedersi in panchina, ma i ciclisti devono pedalare lo stesso. Abbiamo verificato le sue condizioni, sfruttato il tempo necessario nella settimana prima del Giro. Poi si è presa la decisione in accordo con lui, ampiamente condivisa.

Ha dovuto rifare l’idoneità?

Esatto, con tutte le prove previste dal Comitato tecnico scientifico, poi è tornato atleta abile e arruolabile. E al Giro ha avuto una buona evoluzione. Nei primi giorni migliorava progressivamente. E soprattutto, a parte le gambe, è stato il solito Ciccone, un giullare cui fa bene stare in gruppo.