«Sicuramente bisogna fare qualcosa – dice Salvato – perché tutti quanti stiamo qua solo a lamentarci per la poca sicurezza o a fare il post con il cuoricino spezzato per Sara che è morta, ma alla fine diventa ridicolo, hai capito?».
Abbiamo chiamato il presidente dell’ACCPI perché l’idea di organizzare una manifestazione di ciclisti sta prendendo forma. Dopo la morte di Sara Piffer era solo nella nostra testa , ma quando ne è uscita attraverso l’Editoriale di ieri, ha incontrato il consenso del popolo del ciclismo. Quantomeno della gente comune, ma i corridori? I professionisti sono disposti a scendere in piazza e metterci la faccia per protestare contro una strage che riguarda loro per primi? Chi può essere sicuro di non essere il prossimo?
In questi ultimi 30 anni li abbiamo visti scioperare per non mettere il casco, contro le scorribande della Polizia al Tour del 1998, contro le rotaie e la poca sicurezza sulle strade del Giro, perché c’era troppo vento, perché c’era troppa pioggia e anche per la neve.
L’uccisione di Sara Piffer ha fatto traboccare il vaso? E’ immaginabile scendere in piazza? (immagine Instagram)L’uccisione di Sara Piffer ha fatto traboccare il vaso? E’ immaginabile scendere in piazza? (immagine Instagram)
E adesso, presidente, avrebbero voglia di metterci la faccia?
Riavvolgendo un po’ il nastro, sapete da quanto stiamo battagliando su questa cosa, no? Siamo stati i primi a muoverci sul tema della sicurezza e lungo la strada abbiamo conosciuto tanti amici. Marco Cavorso, ad esempio, che è stato uno dei motori e sempre una forza di tutto questo movimento. Poi c’è stato il tira e molla per la legge del metro e mezzo. Ci siamo arrivati vicini tante volte. Siamo stati a Roma con vari ministri, ne ho conosciuti tanti, però alla fine c’è stata la versione di Salvini: non era come la volevamo, però almeno è stata approvata.
Cristian, non basta…
Per questo abbiamo parlato con varie persone e avevamo pensato di muoverci sul fronte della comunicazione. Si pensava di realizzare degli spot sulla sicurezza stradale, ci erano state date parole di collaborazione che poi sono state rimangiate. Tanto che ne abbiamo riparlato nel nostro Consiglio e ci siamo detti di fare anche da soli.
Di cosa si tratterebbe?
Avevamo in mente di coinvolgere qualche personaggio noto, si pensava a Paolo Kessisoglu, che è un grande appassionato di bici. L’idea era di realizzare delle pillole video in cui far parlare corridori, familiari che hanno perduto qualcuno, ma anche personaggi di spicco come Paolo, appunto, ma anche Cannavaro, oppure Jovanotti e magari Mancini…
Cavorso, con Paola Gianotti e Fondriest: una settimana dopo questa foto al Mugello, la morte di Sara PifferCavorso, con Paola Gianotti e Fondriest: una settimana dopo questa foto al Mugello, la morte di Sara Piffer
Non basta. Finora hai parlato di iniziative cui partecipi tu e nessun corridore. Quello che sarebbe bello sapere è se per questo scenderebbero in strada. Altrimenti si fa un funerale e ci si mette buoni ad aspettare il prossimo…
Ognuno è preso dalle sue mille cose. Se li prendi singolarmente, magari De Marchi che è sempre più sensibile, oppure Trentin… E’ difficile coinvolgerli, devi organizzargli le cose, lo sai come sono fatti…
Ma qui si parla della loro vita e il solo modo perché la gente se ne accorga è invadere le città…
Allora proviamo a organizzare qualcosa che potrebbe essere, non so, il giorno dopo il Giro d’Italia? I ragazzi saranno a Roma, gli si può chiedere di fermarsi un giorno in più, sennò come fai a portarne tanti? La carovana è là e magari invece di tornare a casa la mattina dopo, tornano il pomeriggio. Ma una cosa dobbiamo saperla.
Quale?
Puoi mettere in atto tutte le azioni che vuoi, ma c’è poco da fare se ti ritrovi con quel vecchio che andava troppo forte e in Spagna ha investito la nazionale tedesca, a Calpe che sembra il paradiso dei ciclisti. Però sono d’accordo, qualcosa bisogna fare e bisogna anche coinvolgere più gente possibile. Anche io tante volte quando sono in bici, quando torno più che altro, penso che potrebbe toccare anche a me.
La partenza del Giro d'Italia dall'Ungheria, un evento e una festa, ma anche un grande dispiegamento di uomini e mezzi. Abbiamo chiesto al Servizio di Assistenza Tecnica Neutrale di Shimano, cosa ha comportato il dislocamento della partenza della corsa rosa
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Il corso dedicato ai corridori neo professionisti dell’Accpi che si è tenuto a Milano il 29 novembre era volto a introdurre i ragazzi nelle dinamiche del ciclismo, vissuto anche come un lavoro. Tra i diversi atleti che hanno partecipato c’era Ludovico Crescioli, il toscano che dalla prossima stagione correrà con la Polti-Kometa (dall’1 gennaio la squadra prenderà il nome di Polti-VisitMalta).
«Siamo arrivati oggi in Spagna per il primo ritiro della stagione – racconta Crescioli – a Oliva, dove la squadra si raduna da qualche anno. Sono già stato a Malta qualche settimana fa con il team e ho avuto modo di conoscere qualcuno. Ora avrò modo di testare i vari materiali, vedere la bici e introdurmi pienamente in questo mondo».
Il corso Accpi 2024 si è tenuto il 29 novembre scorsoIl corso Accpi 2024 si è tenuto il 29 novembre scorso
Una giornata in classe
Negli anni la giornata dedicata ai neo professionisti ha visto un ribasso notevole dell’età media, tanti ragazzi arrivano direttamente dalla categoria juniores. E’ chiaro che in un ciclismo sempre più giovane il corso tenuto dall’Accpi diventi sempre più importante. Diventare professionisti non vuol dire correre gare di primo livello e avere materiale tecnico di alta gamma, ma è un vero e proprio lavoro, con diritti e doveri. Prima di entrare nel vortice è bene sapere cosa si trova al centro del ciclone.
«E’ stata una giornata intera iniziata – dice Crescioli – alle 9,00 e terminata alle 17,00. Un buon corso nel quale ci hanno spiegato il mondo del professionismo. A partire dai controlli antidoping, per passare poi ai contratti e al loro funzionamento. C’è stato anche un intervento di Elisabetta Borgia, psicologa dello sport che lavora con la Federazione».
E’ intervenuta anche Elisabetta Borgia la quale ha spiegato come affrontare le sfide derivanti da questo salto di categoriaE’ intervenuta anche Elisabetta Borgia la quale ha spiegato come affrontare le sfide derivanti da questo salto di categoria
Partiamo dall’antidoping?
Ci hanno spiegato in che modo si tiene la reperibilità attraverso l’applicazione che fornisce la WADA. Ad esempio c’è una fascia di un’ora, che bisogna garantire ogni giorno, nella quale devi essere sempre reperibile. In poche parole devi farti trovare a casa, o dove alloggi in quel momento. Ogni spostamento deve essere segnalato, perché la WADA deve sapere dove dormi e in che posto sei.
Si fa tramite cellulare?
Sì, il che rende tutto più semplice. Anche se questa è la parte più delicata del lavoro, perché non si può sbagliare di una virgola. L’applicazione ha un calendario che noi atleti dobbiamo completare di trimestre in trimestre. Ad esempio: ora i mesi che andranno da gennaio a fine marzo devono essere riempiti con i dati richiesti entro il 15 dicembre. Io so che dal 10 al 20 dicembre sono in ritiro a Oliva, quindi ho segnalato già la mia posizione per quel periodo. Chiaro che le cose possono cambiare, ma la WADA chiede comunque un preavviso.
Cristian Salvato presidente dell’Accpi ha spiegato diritti e doveri del corridore derivanti dai contratti firmatiCristian Salvato presidente dell’Accpi ha spiegato diritti e doveri del corridore derivanti dai contratti firmati
Come inizia questo controllo?
Ti arriva una mail che richiede di iscriversi. A me è arrivata a fine settembre, quindi era un mesetto che la utilizzavo. Però durante il corso mi sono tolto tutti i dubbi.
Poi è intervenuta Elisabetta Borgia, giusto?
Ha parlato con noi per una mezz’ora abbondante ed è stato un intervento molto utile. Ci ha dato delle dritte su come affrontare questo grande passo.
C’è stato anche spazio per parlare di sicurezza sulle stradeC’è stato anche spazio per parlare di sicurezza sulle strade
Tipo?
Ha detto di crearsi delle giuste aspettative, alla nostra portata, e di cercare una progressione graduale. Al corso c’erano tanti giovani, praticamente eravamo tutti under 23. Il mondo del ciclismo da questo punto di vista sta cambiando, e per fare in modo che ognuno trovi la propria dimensione serve avere il giusto approccio mentale. Il rischio è di cadere in loop negativi e di vivere questo sport come un peso. Poi però siamo passati anche alle cose pratiche.
Le fasi della corsa?
Marco Velo ci ha spiegato come ci si comporta in gara e ci ha insegnato come si riconosce la figura del giudice di corsa. E da chi è composta la giuria. Erroneamente pensiamo che tutti siano dei giudici, ma non è così. Insomma è diventato tutto più professionale, d’altronde ora questo è il nostro lavoro. Infine ha fatto un piccolo intervento anche Paolo Bettini.
Infine Paolo Bettini ha raccontato la sua esperienza personale, una bella lezione di vita Infine Paolo Bettini ha raccontato la sua esperienza personale, una bella lezione di vita
Cosa vi ha detto?
CI ha raccontato la sua esperienza da neo professionista, erano altri tempi ma l’andamento è simile. Poi ha parlato della sua carriera, di come è diventato un corridore e di quando è passato professionista. E’ stata una bella lezione di vita, spontanea.
Conci alla continental Alpecin, Fedeli vicino alla firma, mentre gli altri stringono i denti. Eppure nella gestione del caso Gazprom si vedono tanti buchi
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Il 29 novembre, venerdì prossimo, presso il Palazzo del Coni di Milano si svolgerà il consueto incontro organizzato dall’ACCPI per i neoprofessionisti. Una giornata di immersione totale nel mondo che li attende, per il quale sono pronti forse con le gambe, senza tuttavia immaginarne la vastità. I più fortunati hanno trascorso la stagione in un devo team e hanno respirato l’aria dello squadrone, ma ci sono dinamiche che anche loro dovranno scoprire.
Per questo il programma prevede un saluto da parte di Paolo Bettini, che nella veste di campione farà l’introduzione. Un’ora sarà dedicata all’UCI che spiegherà le norme dell’Adams e gli adempimenti giornalieri. Il presidente ACCPI Cristian Salvato parlerà dei diritti e i doveri dei corridori. Elisabetta Borgia, psicologa, illustrerà le sfide dei giovani atleti. Poi sarà la volta della Lega che parlerà di contratti e strutture del professionismo. Marco Velo parlerà dei dispositivi di sicurezza. Infine Giulia De Maio e Pietro Illarietti parleranno di rapporto con i media e gestione dei social media. Originariamente si svolgeva tutto in due giorni, dopo il Covid si è ritenuto che fosse troppo e per questo la giornata si annuncia piuttosto intensa.
Un momento dal corso del 2023, con De Pretto e Biagini (foto archivio ACCPI)Un momento dal corso del 2023, con De Pretto e Biagini (foto archivio ACCPI)
L’idea di Salvato
Noi ci siamo rivolti direttamente a Salvato (in apertura durante l’edizione 2023) per farci raccontare come è andata finora e cosa si aspetta dalla prossima infornata di neopro’, che sono sempre più giovani, al punto che alcuni vanno ancora a scuola. Quali sono le loro priorità? Che cosa chiedono? Quanto sanno di ciò che li attende? E da quanto tempo il sindacato organizza questo incontro? Salvato si mette comodo e racconta.
«Ricordo che il corso nacque dopo che lessi un’intervista a Gallinari sull’NBA – dice – in cui raccontava che tutti gli anni si faceva un corso di una settimana, in cui spiegavano ogni dettaglio. Dalla circonferenza del pallone alle regole di gioco, passando per i contratti e il discorso finanziario. Rimasi affascinato da questo articolo e alla fine, parlandone fra noi, nacque l’idea del corso. Devo dire che da quando abbiamo iniziato, anche altre associazioni hanno preso ispirazione, soprattutto quella francese che è la più attiva. E anche I.T.A. ha iniziato a fare i suoi corsi sull’antidoping. Vengono direttamente loro e un legale dell’UCI per spiegare tutti i dettagli dell’antidoping ed evitare che per qualche sciocchezza qualcuno si rovini la carriera.
La spiegazione del convoglio della gara per molti ragazzi che arrivano dagli juniores è una novità assoluta (foto archivio ACCPI)La spiegazione del convoglio della gara per molti ragazzi che arrivano dagli juniores è una novità assoluta (foto archivio ACCPI)
Quanto sono cambiati i neoprofessionisti in questi anni?
Sono molto più giovani, questo è certo. Ci sono in mezzo anche ragazzi che arrivano dagli juniores. Anni fa c’era stato anche un problema con la Federazione, perché non venivano accettati per un discorso legato al regolamento. Tanto che alcuni presero la residenza in altri Paesi confinanti. Io però li accolgo tutti, perché difendo i diritti dei corridori. Se uno ha 18 anni e va alla Corte Europea, vince a mani basse perché ha il suo diritto di lavorare. Bisogna sicuramente aggiornarsi anche se secondo me bisogna avere anche un attimo di pazienza. Avevamo fatto un’intervista su Pinarello, passato direttamente dagli juniores. Gli auguro che diventi fra i più forti corridori di tutti i tempi, però questo saltare la categoria U23 provoca la chiusura di squadre anche importanti. La Zalf è un esempio, anche se le cause in quel caso sono anche altre.
Che atteggiamento riscontri nei ragazzi?
Tanti dicono che ritornano a scuola, mentre alcuni ci vanno ancora. Sono molto educati, attenti, fanno domande, poi dipende dalle persone e dalle generazioni. Una delle cose che consigliamo è che imparino l’inglese. Ebbene circa 6-7 anni fa, non ricordo il nome, arriva un corridore che non sapeva neanche una parola. Gli avevano detto che nel momento in cui aveva firmato il contratto gli era arrivata di certo la mail di I.T.A. per l’inclusione nell’Adams. Lui diceva di no e così la persona che spiegava gli disse che era una mail in inglese. E lui con grande naturalezza disse che le mail in inglese neanche le apriva. Ricordo che gli raccomandai di cambiare registro, perché l’inglese ormai fa parte della quotidianità. E devo dire che riguardo a questo, sono sempre più preparati. Quasi tutti lo parlano e così diventa tutto molto più semplice.
Trentin è vicepresidente dell’ACCPI e nel 2023 intervenne in video. Quest’anno parlerà di sicurezzaTrentin è vicepresidente dell’ACCPI e nel 2023 intervenne in video. Quest’anno parlerà di sicurezza
Ci saranno anche le donne?
Sì, anche se per loro non è obbligatorio. Con il discorso del WorldTour e anche se in Italia per la Legge 91 non possono essere professioniste, hanno contratti uguali a quelli degli uomini. Il contratto della Longo Borghini e quello di Ganna a Aigle, nella sede dell’UCI, sono uguali. Anche in questo l’Italia è un’anomalia. Ma vorrei aggiungere un’ultima cosa…
Prego.
Una cosa che ribadisco è che noi italiani siamo stati i primi a fare questo corso. Anche quelli dell’antidoping hanno pensato bene di organizzarne uno sul nostro modello. E’ importante far capire ai neoprofessionisti il discorso della reperibilità, per cui hanno fatto anche un corso online. Si è scelta un’informazione diretta piuttosto che fidarsi che l’informazione arrivasse dal compagno di squadra più esperto. Un passaggio necessario.
Come promesso a dicembre, in occasione dei mondiali di cross di Tabor, l’UCI ha ratificato un nuovo protocollo per le condizioni meteorologiche estreme. Ma forse sarebbe meglio parlare di una nuova appendice. Un’estensione dovuta ai cambiamenti climatici e in particolare al surriscaldamento globale. Non a caso, questo supplemento si chiama “alte temperature”.
Fa sempre più caldo, lo vediamo costantemente sulla nostra pelle. Magari chi vive in pianura con l’alta pressione di questi giorni se ne è reso conto meno. Tuttavia bastava salire qualche centinaio di metri, in collina, per scoprire che era primavera. Zero termico a quote elevatissime, come dovrebbe accadere a luglio. Giusto due giorni fa sul Monviso, a 3.800 metri, c’erano 5 gradi. E siamo a inizio febbraio.
Caldo e acqua, sempre più spesso si vedono scene così. Qui, Pogacar al TourCaldo e acqua, sempre più spesso si vedono scene così. Qui, Pogacar al Tour
Cosa cambia
E così l’UCI ha ampliato l’Extreme Weather Protocol con un’appendice speciale per temperature estremamente elevate, il cosiddetto protocollo “alte temperature” appunto.
«Nei prossimi anni – si legge nel comunicato – sempre più gare saranno organizzate in condizioni climatiche molto difficili. E questo non farà altro che aumentare il rischio di incidenti dovuti al caldo».
Il nuovo protocollo prevede la creazione di cinque diverse zone termiche: bianca, verde, gialla, arancione e rossa.
Vengono suggerite numerose possibili misure, come spostare la zona di partenza in un luogo ombreggiato. Consegnare bevande fredde e ghiaccio alle squadre durante la corsa. Avere più moto con bottiglie d’acqua. Modificare l’orario di partenza ed eventualmente neutralizzare alcune parti della competizione.
Qui però scatta la discussione: «Si tratta di raccomandazioni – chiarisce l’UCI – perché la responsabilità della decisione spetta sempre al gruppo di lavoro competente», insomma all’organizzatore.
Cristian Salvato (classe 1971) ex corridore, è oggi presidente dell’AccpiCristian Salvato (classe 1971) ex corridore, è oggi presidente dell’Accpi
Parola a Salvato
A questo punto abbiamo chiesto il parere di Cristian Salvato, presidente dell’Accpi, con il quale tra l’altro avevamo toccato questo tasto già in passato. Lo avevamo fatto alla partenza del campionato italiano in Puglia del 2022, quando sotto un sole ad oltre 35 gradi già alle 9,30 del mattino partì una corsa rovente, durante la quale si toccarono i 43 gradi.
«Già all’epoca in Puglia – spiega Salvato – parlai di possibili cambi di orario di partenza. Ma il problema, come sempre, e ribadisco come sempre, è che servono regole univoche. Limiti certi. Numeri. E in base a quei limiti si stabilisce se partire o no. Altrimenti ogni volta ci troviamo a discutere con giudici, organizzatori, atleti…
«Se ci sono 2 gradi con pioggia gelata e il regolamento dice che da 3 gradi in giù non si può correre, non si corre. Se ce ne sono 5 si parte. Stop. Noi da tempo invochiamo regolare chiare. Anche per il vento, per esempio, non c’è un limite fissato. Nella vela esiste: oltre un certo numero di nodi non si gareggia. Sembra una cosa banale, ma è una faticaccia da mettere in atto».
Salvato insiste soprattutto sul discorso del freddo, quello per cui sono sempre nate le maggiori dispute. E i recenti casi del Giro d’Italia ne sono un esempio.
«Un vecchio adagio ciclistico – va avanti Salvato – dice: meglio sudare che tremare. Non ho mai sentito grosse lamentele rispetto al gran caldo. E’ soprattutto sul freddo che bisogna concentrarsi. Poi è chiaro che si deve prestare attenzione anche al caldo».
Staff sempre più corposi e maggiori mezzi: i corridori hanno un costante apporto di acqua e ghiaccio anche da terra oltre che dall’ammiraglia I corridori hanno un costante apporto di acqua e ghiaccio anche da terra oltre che dall’ammiraglia
Intervento banale?
Con Salvato si passa poi ad un commento degli interventi del protocollo “alte temperature”. Interventi che chiaramente, Cristian non giudica sbagliati, ma che forse a ben pensare rischiano di essere più di facciata che concreti. Almeno per il ciclismo ai più alti livelli.
Quando si parla di cercare location di partenze ombreggiate o più fresche, la chiosa di Salvato è semplice quanto ficcante: «Sì, okay partenze al fresco, ma oggi i corridori sono sul bus fino all’ultimo e lì c’è l’aria condizionata impostata alla temperatura ideale. Scendono per firmare e poi ritornano al bus o partono. In alternativa ci sono le aree hospitality che sono ombreggiate.
«E lo stesso vale per una moto in più per l’acqua. Oggi i corridori, con tutti i rifornimenti a terra che ci sono, non hanno problemi di approvvigionamento di acqua. Poi è chiaro che una moto in più non darebbe fastidio a nessuno. Non ce li vedo lamentarsi per questo».
L'UCI ha respinto ogni proposta della Gazprom, imponendo la ricerca di un nuovo sponsor. Non è facile. Per questo il manager Khamidulin lancia un appello
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La cancellazione della Adriatica Ionica Race il giorno prima della partenza continua a macchiare il finale della stagione. A poco sono serviti i tentativi di spiegare, perché sostanzialmente alle veementi rimostranze di Argentin non sono pervenute risposte da parte della Lega Ciclismo. L’ex campione del mondo ha prima riunito la conferenza stampa del 5 ottobre a Roma e poi si è messo a cantarle a tutti dal suo profilo Facebook, che tuttavia è stato hackerato e non ve ne è più traccia.
Argentin ha commesso i suoi errori, ha gestito i pagamenti con eccesso di disinvoltura, tuttavia a nostro avviso meritava un diverso trattamento e lo meritavano anche la sua corsa e il ciclismo, che invece è stato messo alla berlina da chi dovrebbe tutelarlo. Il tirarsi indietro iniziato il giorno prima con perfetto sincronismo da parte di tutte le componenti coinvolte continua a non sembrare casuale.
Nella conferenza stampa di Roma, Argentin ha prodotto le copie dei pagamenti eseguiti a poche ore dal viaNella conferenza stampa di Roma, Argentin ha prodotto le copie dei pagamenti eseguiti a poche ore dal via
Il punto sull’Accpi
Tirato in ballo da Argentin con vari argomenti, compreso il presunto stipendio da parte dell’Accpi che dirige, Cristian Salvato ha avuto un ruolo nella vicenda, partecipando alla decisione di fermare una corsa che si poteva svolgere, consentendo a corridori in cerca di contratto di farsi valere e guadagnare i premi che avrebbero incassato. E questo resta un danno al ciclismo e alla sua immagine. Abbiamo contattato il presidente dell’Accpi per fare luce su quelle ore convulse e il suo coinvolgimento.
«La prima cosa che vorrei dire – comincia Salvato – è che io non ce l’ho con Argentin, di cui ero anche tifoso. Ma siccome mi ha chiamato dicendosi deluso perché pensava che io avessi le palle, qualcosina da dire ci sarebbe. Intanto che non è affatto vero che prendo quei soldi dall’Accpi, come dimostrano i bilanci firmati ogni anno dai corridori. E poi che probabilmente il problema della Adriatica Ionica Race non è iniziato il giorno prima della corsa, come invece si è voluto raccontare. Senza andare troppo indietro, basterebbe dire che un giorno mi ha chiamato il direttore di corsa della prova, scusandosi perché si era dimesso dall’incarico».
Nel 2022, la AIRace partì dal Friuli e si chiuse nelle Marche. Quest’anno, dall’Abruzzo sarebbe finita in CalabriaNel 2022, la AIRace partì dal Friuli e si chiuse nelle Marche. Quest’anno, dall’Abruzzo sarebbe finita in Calabria
Perché?
Mi disse che non c’erano le necessarie condizioni di sicurezza. E io gli risposi di pensare alle sue responsabilità, perché sarebbe stato chiamato lui a rispondere di eventuali problemi, se si fossero create situazioni pericolose.
A quale punto della storia sei stato coinvolto come presidente dell’Associazione corridori?
In Italia, il regolamento per il pagamento dei premi è molto semplice. Si deve pagare un mese prima. Altrimenti produci una fideiussione, una garanzia bancaria oppure una garanzia assicurativa. L’unico che fa eccezione è Amici, la cui banca gli permette di fare un bonifico irrevocabile. Non si è mai arrivati all’estremo come in questo caso. Io sono stato chiamato quando la Lega mi ha detto che erano passati i 30 giorni entro cui versare i premi e Moreno non lo aveva fatto. Non siamo giudici, siamo solo responsabili dei premi in Italia. Una volta li teneva l’Associazione e poi pagava le squadre e i corridori. Dal 2019 invece, anche grazie all’Accpi, si è fatto in modo che per avere ancora più sicurezza la gestione dei premi sia stata affidata al CPA, l’Associazione mondiale dei corridori, sotto la tutela e la garanzia dell’UCI.
Perché è stato necessario?
Perché c’erano vari gruppi privati che cominciavano a mettersi in mezzo. La somma dei premi mondiali è di circa 13 milioni di euro e si può capire che gestirli faccia gola. Per cui oggi noi siamo i garanti per l’Italia e quando mi hanno chiamato per dire che la AIRace non aveva pagato, ho detto: «Vabbè, vediamo come fare per dargli una mano».
Tu non hai mai avuto contatti con Argentin prima della corsa?
Mi aveva cercato e mi aveva detto di voler pagare a 60-90 giorni. Il punto non era convincere me, ma bisognava parlare con la Lega, perché è la Lega che ha l’ultima parola. Poi, mano a mano che il tempo passava, è stato tutto un susseguirsi di messaggi e chiamate. Fino a che si è svolta a Roma la riunione fra il commissario Di Cintio e l’avvocato Vulpis, in seguito al quale sono stato chiamato e mi è stato detto che la situazione non fosse proprio proprio a posto. Mi aveva richiamato anche Moreno e gli avevo risposto che non c’era problema a concedere il pagamento dei premi a 60-90 giorni, purché ci fosse una garanzia bancaria. Lui voleva che si procedesse sulla parola e quello non si può fare.
Argentin ha provato in tutti i modi a far partire la sua corsa, ma si è trovato davanti un muro di problemiArgentin ha provato in tutti i modi a far partire la sua corsa, ma si è trovato davanti un muro di problemi
Perché Argentin ha detto che il Giro d’Italia paga i premi in ritardo e nessuno fa nulla?
E’ vero che il Giro paga i premi dopo la corsa, ma dà una garanzia bancaria come quella che era stata richiesta a lui. A quanto so, l’ultima volta che in Italia non è stata pagata parte del montepremi fu con il Giro di Padania.
Intanto il tempo passava ed eravamo a pochi giorni dalla partenza…
Mi hanno richiamato quelli della Lega. Hanno confermato che la situazione non fosse ancora a posto e hanno elencato il discorso della Polizia e di altri che chiedevano di essere pagati per lavorare nuovamente. C’erano delle insolvenze e mi hanno detto che bisognava stringere le maglie per evitare che la situazione scappasse di mano. Finché mi hanno chiamato per l’ultima volta, affinché dessi la mia opinione sulla questione dei premi, prima che la Lega desse l’ultima parola.
E cosa hai detto?
Ho fatto una riunione in cui c’era anche Marcello Tolu, segretario generale della Federazione, e Di Cintio, il commissario della Lega. Mi hanno ribadito la situazione generale e quando ho provato a dare una mano ad Argentin, spingendo perché potesse pagare dopo con una garanzia bancaria, mi hanno risposto che il discorso dei premi era solo una parte. C’era anche il problema del Direttore di corsa che si era dimesso, delle motostaffette che non volevano andare giù, di alcuni fornitori e della Polizia. C’erano un problema di sicurezza e pagamenti sospesi da 15 mesi, dato che nel 2022 la corsa si era svolta a giugno.
Anche Pozzato ha faticato per pagare i premi, ma lo ha fatto 15 giorni prima del via delle sue corseAnche Pozzato ha faticato per pagare i premi, ma lo ha fatto 15 giorni prima del via delle sue corse
Hai partecipato anche tu alla riunione con il Prefetto dell’Aquila che avrebbe bloccato definitivamente la corsa?
Macché, figuratevi se da Bassano vado all’Aquila per fare una cosa che neppure mi compete. Ho letto vari commenti, perché è facile sparare contro di noi. Io non ho nulla contro gli organizzatori italiani, anzi li ringrazio, ma non sento di essermi allineato ad alcun palazzo.
Secondo te è credibile che Argentin si sia ridotto all’ultimo coi pagamenti perché prende soldi dagli Enti Pubblici che pagano con i loro tempi?
E’ possibile. Lo stesso problema l’ha avuto Pozzato con le sue corse: se lo chiamate, non lo nasconde. E se Pippo mi dice che paga, dato che è un mio amico e lo conosco bene, io sono tranquillo. Infatti non ha pagato con un mese di anticipo, ma c’è riuscito 15 giorni prima.
Se la situazione era così compromessa, perché la Lega ha concesso ad Argentin una proroga fino alle 16 del giorno prima?
Ne ho parlato anche con Di Cintio e Dagnoni, secondo me hanno sbagliato. Nel frattempo Argentin si era messo a fare pagamenti a raffica, è arrivato il suo avvocato a rassicurare che la corsa si sarebbe potuta fare. Quando però c’è stata la conferma che non c’erano direttori di corsa e che tanti non sarebbero andati, hanno deciso di fermare tutto.
Trentin è vicepresidente dell’Accpi e ha appoggiato la direzione scelta da SalvatoTrentin è vicepresidente dell’Accpi e ha appoggiato la direzione scelta da Salvato
Argentin non è stato tenero con te…
I rapporti sicuramente si sono deteriorati, da parte sua almeno. Ha speso parole poco piacevoli, ma io non sono andato a raccontare bugie. Mi dispiace perché chi organizza una gara lo fa per avere un guadagno e non è bello per tutto il movimento andare così avanti senza avere le carte in regola.
Come funziona l’Accpi, quando si creano queste situazioni? Sei tu che decidi o parli con i tuoi associati?
Abbiamo una chat Whatsapp in cui riportavo la situazione. Dentro c’è anche Matteo Trentin, che è il vicepresidente, e tutti quanti hanno appoggiato la mia proposta, che poi è diventata la scelta dell’Associazione. Ho parlato anche con Reverberi, chiedendogli cosa ne pensasse e anche lui ha detto che non c’erano le condizioni per andare. Io spero che Moreno ritrovi le risorse e quello che serve per ripartire l’anno prossimo. Penso però che quest’anno non ci fossero le condizioni per correre.
La sensazione che resta invece è che con la giusta volontà, la corsa si sarebbe potuta salvare. Resta così una domanda: se Argentin avesse ceduto i suoi diritti televisivi e questi fossero diventati patrimonio della Lega, si sarebbe fatto qualcosa di più per far partire la corsa e salvare l’investimento?
Parte domani dal Friuli la Adriatica Ionica Race, gara ciclistica che strizza l'occhio al turismo. Il punto con Argentin, in attesa di raccontrvi tutto
BERGAMO – Al Tour non sarebbe successo: qualcuno ne è certo, qualcuno se lo chiede. Anche la corsa francese nel 2019 fu fermata sull’Iseran. Nella discesa che portava a Tignes, una grandinata provocò una slavina un’ora prima che passasse il gruppo. Bernal vinse sulla cima e prese la maglia gialla. Lo stesso fece il Giro nel 1996, quando in fretta e furia piazzò il traguardo ai piedi del Colle dell’Agnello, a causa delle slavine cadute sul valico. La corsa non arrivò a Briançon ma a Chianale, con vittoria di Pascal Richard. Le emergenze le gestiamo bene anche noi e altrettanto bene le creiamo.
Alla partenza da Borgofranco d’Ivrea piove: per Roglic e Kuss l’ombrello del teamSecondo via da Le Chable a 74,6 chilometri dall’arrivo, ai piedi della Croux de CoeurAlla partenza da Borgofranco d’Ivrea piove: per Roglic e Kuss l’ombrello del teamSecondo via da Le Chable a 74,6 chilometri dall’arrivo, ai piedi della Croux de Coeur
Corridori spaccati
A Crans Montanai corridori hanno rivendicato la possibilità di decidere quando correre e quando no, minacciando lo sciopero nel caso le loro richieste non fossero state accolte. La sera prima, fra gli hotel è circolato un sondaggio e la decisione di scioperare non era condivisa da tutti.
«Si era già cominciato ieri sera a parlare del maltempo e di possibili cambiamenti – ha detto Moscon, intervistato dalla RAI – di fare una tappa diversa da quello che era previsto. E’ vero che c’è il maltempo, è vero che siamo stanchi, ma non credo ci fossero le condizioni per accorciare la tappa. Per me si poteva correre, poi se qualcuno voleva fermarsi poteva farlo. Non ce l’ha ordinato il dottore di fare i ciclisti professionisti».
Moscon, qui con Sanchez, si è espresso contro la necessità di modificare la tappaMoscon, qui con Sanchez, si è espresso contro la necessità di modificare la tappa
Lo sciopero minacciato
Eppure lo sciopero è stato minacciato: si voleva l’eliminazione della Croix de Coeur, data la presunta presenza di ghiaccio nella discesa. E il Giro cosa ha fatto? Per evitare grane ha tolto di mezzo il Gran San Bernardo e ha lasciato la Croix de Coeur: per coerenza, i corridori avrebbero dovuto rifiutare, invece hanno accettato. E allora il pericolo della discesa, che effettivamente era piuttosto malconcia?
Nessuno invoca il martirio, ma la differenza fra il ciclismo e i giochi che si svolgono su campi delimitati da righe è che le corse hanno come terreno la strada e come sfondo la natura. Anche se può sembrare cinico, scegliendo di essere corridori, gli uomini del gruppo hanno accettato di misurarsi con gli elementi. E quando vengono convocati per una corsa, accettano di seguirne il regolamento. Accade quando i team mandano indietro il bollettino. E il regolamento, a loro tutela, prevede anche la modifica o la cancellazione di una tappa. Purché ce ne siano le condizioni.
Il regolamento del Giro è riportato su un libretto complementare al GaribaldiIl regolamento del Giro è riportato su un libretto complementare al Garibaldi
Il regolamento del Giro
Il regolamento del Giro ormai non te lo danno più. Una volta se ne stampava una copia per ciascun giornalista, salvo che pochi lo sfogliavano e finiva nei cestini. Così adesso (giustamente) devi chiederlo. Leggere la riscrittura della tappa di Crans Montana alla luce del regolamento è un utile esercizio.
«Nel caso si verificassero situazioni particolari tali da pregiudicare le condizioni di sicurezza o da falsare il regolare svolgimento e il conseguente risultato tecnico della corsa – recita l’Articolo 3 – il Direttore del Giro, d’intesa con il Presidente dei Commissari, sentiti i pareri del Delegato Tecnico UCI, del Rappresentante CPA e della Commissione Tecnica della LCP, può in qualsiasi momento, decidere di modificare il percorso di una tappa.
«Inoltre il Direttore del Giro, in applicazione dell’art. UCI 2.2.029 bis potrebbe convocare le parti interessate referenti del “protocollo in caso di condizioni meteorologiche estreme e di sicurezza dei corridori”. In tale situazione le decisioni possono essere prese e/o confermate il mattino della tappa».
Il meteo al via di Borgofranco d’Ivrea era certamente pessimo e probabilmente ha fatto saltare i nervi ai corridoriIl meteo al via di Borgofranco d’Ivrea era certamente pessimo e probabilmente ha fatto saltare i nervi ai corridori
Il meteo estremo
Da regolamento Uci (allegato B all’articolo UCI 2.2.029) il protocollo per condizioni climatiche estreme va messo in atto in caso di pioggia gelata, accumulo di neve sulla carreggiata, forte vento, temperature estreme, scarsa visibilità, inquinamento atmosferico. All’elenco mancano dei riferimenti più precisi di temperatura, velocità del vento e visibilità e ciò rende arbitraria l’applicazione della norma. In ogni caso quel giorno non c’erano i margini per farlo.
Se da un lato le app di previsioni meteo utilizzate dalle squadre annunciavano fulmini e saette, dalla cima dei monti il report degli uomini di RCS Sport mostrava una realtà completamente diversa: allora perché il Giro si è piegato?
Discesa del Gran San Bernardo alle 8 del mattino: tutto molto in regolaCima della Croix de Coeur alle 9 del mattino, nessun rischio di neveDiscesa del Gran San Bernardo alle 8 del mattino: tutto molto in regolaCima della Croix de Coeur alle 9 del mattino, nessun rischio di neve
Il diritto di sciopero
Lo sciopero è un diritto. Questa volta è stato usato come strumento di pressione, conseguenza di giorni di corse sotto la pioggia e con temperature basse. E ancora una volta, dopo la magra figura, si sono lette le scuse da parte di chi lo ha guidato, trincerandosi dietro l’obbligo di assecondare le richieste dei corridori.
«Col senno di poi – ha dichiarato Cristian Salvato, presidente dell’Accpi e delegato del CPA – possiamo dire che il brutto tempo non c’è stato. Le affidabilissime app dei gruppi sportivi hanno sbagliato, perché tutte prevedevano cattivo tempo. Dobbiamo chiedere scusa ai tifosi prima di tutto, ma anche all’organizzazione. In alta montagna il tempo cambia molto facilmente. Per fortuna questa volta è cambiato in meglio, ma ci sono state anche occasioni in cui l’organizzazione non aveva fatto nulla poi è cambiato in peggio, come anche al Gran Camino quest’anno».
Salvato è il presidente dell’Accpi e delegato CPA al Giro d’ItaliaSalvato è il presidente dell’Accpi e delegato CPA al Giro d’Italia
Le scuse bastano?
L’articolo 5 del regolamento del Giro dice che «tutti i corridori partecipanti hanno il diritto, nel rispetto dei regolamenti vigenti, di concorrere a tutte le classifiche di tappa, generale e speciali, previste dal programma della gara.
«Pertanto sono tenuti a una condotta di gara responsabile e ad astenersi dal promuovere o aderire a manifestazioni collettive che abbiano tanto il carattere di accordi fraudolenti a danno di altri concorrenti quanto il significato di protesta nei confronti dell’Ente Organizzatore, dei Commissari o comunque di altre persone ufficiali al seguito».
Quando il Giro fu fermato nella famigerata Morbegno-Asti del 2020, lo stesso direttore del Giro usò parole dure. «E’ stata una decisione che abbiamo subito – disse Vegni – inaccettabile. Adesso pensiamo ad arrivare fino a Milano. Poi, quando saremo a bocce ferme, di certo qualcuno pagherà anche questo».
Chi pagò e come? Nel giorno di Crans Montana, il regolamento del Giro d’Italia è stato violatonuovamente. Mauro Vegni e i suoi uomini hanno accettato nuovamente le scuse, il Tour non lo avrebbe fatto. Qualcuno ne è certo, qualcuno se lo chiede…
Magicamente i chilometri da Borgofranco d’Ivrea a Crans Montana sono diventati meno di 75. Magicamente si fa per dire, perché si levano le polemiche, si abbassa lo spettacolo e alla fine chi ci rimette è il Giro d’Italia. Una frazione che potenzialmente poteva essere la più dura della corsa rosa si è ridotta in una lunga volata.
E nella sua vittoria è racchiuso il famoso proverbio: tra i due litiganti il terzo gode. Pinot faceva le scaramucce con Cepeda e Rubio, zitto zitto, faceva la formichina mettendo nel taschino energie preziose buone per la volata.
Certo dispiace non raccontare a fondo la storia di questo ragazzo, tanto più che i big non si sono attaccati, ma oggi la notizia è tutta sulla riduzione della tappa e soprattutto sul suo perché. Sulla sua genesi.
Verso Crans Montana sono soprattutto Pinot (in testa) e Cepeda (alla sua ruota) a scattarsi sui denti. Rubio segue in terza posizioneThibaut Pinot si consola con la maglia blu di miglior scalatoreVerso Crans Montana sono soprattutto Pinot (in testa) e Cepeda (alla sua ruota) a scattarsi sui denti. Rubio segue in terza posizioneThibaut Pinot si consola con la maglia blu di miglior scalatore
La giornata
Proviamo a ricostruire questa giornata, che parte dalla serata di ieri. Tra i corridori si diffonde la notizia dell’invocazione del protocollo sulle condizioni meteo estreme. Si è fatto un sondaggio. Un sondaggio, in forma anonima, che voleva l’annullamento della Croix de Coeur in quanto le previsioni davano il peggioramento meteo su quel colle proprio al momento del passaggio del Giro.
Questa mattina i gruppi sportivi hanno chiesto una riunione con il direttore del Giro, Mauro Vegni. Una riunione avallata anche dal CPA il cui presidente è Adam Hansen, con Cristian Salvato come rappresentante in corsa. In questo incontro i gruppi sportivi e i corridori hanno chiesto l’accorciamento della frazione.
E qui ecco un primo punto. Corridori e squadre non volevano fare la Croix de Coeur, ma poi hanno trovato una mediazione con Vegni. Per cui hanno accettato di salire su questo colle e di tirare dritti fino all’arrivo, ma partendo da Le Chable ai piedi della stessa salita.
Alla fine è andata così: alle 11, a Borgofranco d’Ivrea, il gruppo si è messo in marcia. Pioveva e c’erano 13 gradi. I corridori hanno percorso qualche decina di metri per sponsor e tifosi e poi… tutti sui bus per raggiungere La Chable tra i pollici in giù dei tifosi a bordo strada che li aspettavano sul Gran San Bernardo.
Gran San Bernardo, a sua volta mutilato qualche giorno prima. Poi alle 15 il via da Le Chable, sotto un timido sole e 15 gradi. Il resto è cronaca.
Partenza fittizia da Borgofranco d’Ivrea alle 11…Poi tutti sui bus in direzione della nuova partenza…A Le Chable un po’ di rulli prima del nuovo via in direzione di Crans Montana…E alle 15 con 15 gradi, gruppo in marcia sulle rampe della Croix de CoeurPartenza fittizia da Borgofranco d’Ivrea alle 11…Poi tutti sui bus in direzione della nuova partenza…A Le Chable un po’ di rulli prima del nuovo via in direzione di Crans Montana…E alle 15 con 15 gradi, gruppo in marcia sulle rampe della Croix de Coeur
Che confusione
Ma urge porsi delle domande. Perché l’organizzazione ha accettato di affrontare il punto a loro avviso più rischioso, sia per il meteo che per la conseguente discesa?
Ci si è appellati al protocollo per le condizioni meteo estreme, ma queste condizioni non c’erano: né per le temperature, né per il vento, né per le precipitazioni. Allora cosa è successo? Su che base è stata accorciata la tappa? Qual è il nesso tra protocollo meteo e discesa pericolosa? Come se poi lo avessero scoperto adesso che i primi chilometri di quella planata erano pericolosi. Le domande sono molte, i dubbi ancora di più.
«Dobbiamo chiedere scusa ai tifosi e agli organizzatori – ha detto Cristian Salvato, presidente dell’Accpi (associazione corridori ciclisti professionisti italiani) al Processo alla Tappa – le squadre si sono basate sulle loro App meteo, che di solito sono molto precise, ma questa volta hanno sbagliato. A volte il tempo in montagna cambia repentinamente. Questa volta è cambiato in meglio, ma se fosse stato tempo brutto?». Un po’ poco…
Mauro Vegni, direttore del Giro d’ItaliaMauro Vegni, direttore del Giro d’Italia
Vegni, spalle al muro
C’è poi la campana ufficiale, quella di Rcs Sport, società organizzatrice della corsa rosa. Questa mattina Mauro Vegni ha parlato anche con noi, dando una botta al cerchio e una alla botte.
«Le condizioni climatiche non sono le più favorevoli – ci aveva detto Vegni – non tanto per la pioggia ma per il freddo in discesa. Dobbiamo preservare gli atleti per arrivare a Roma. E così sono andato incontro alle loro richieste. Ma siamo riusciti a mantenere una tappa con caratteristiche sportive concrete.
«Come la tappa sprint del Tour? No, è diverso. Lì si partiva con l’idea di una tappa particolare appunto, qui con l’idea di salvare una corsa. Lì con il sole, qui con la pioggia».
E ancora: «C’è stata una trattativa e qualcosa bisognava cedere», aveva detto poco prima lo stesso Vegni ai microfoni della Rai.
Quest’ultima frase è importante. «Bisogna cedere». Alla fine si è trovato un accordo, ma più che un accordo legato alle condizioni specifiche della tappa, è sembrato un accordo d’insieme. Un accordo su quanto accaduto sin qui al Giro fra i tanti ritiri e la tanta pioggia presa.
Come a dire: “Caro Vegni visto che abbiamo preso tanta acqua o tu ci accorci la tappa o noi scioperiamo”. Un ricatto in pratica. A questo punto è stato sin troppo bravo il direttore del Giro a salvare la situazione e a collegare almeno le ultime due salite.
La discesa della Croix de Coeur, era tecnica nella prima parte. Ma il ghiaccio non c’era. In cima temperatura ben al di sopra dello zeroLa discesa della Croix de Coeur, era tecnica nella prima parte. Ma il ghiaccio non c’era. In cima temperatura ben al di sopra dello zero
Guardando avanti
Però questa giornata e la sua gestione parlano di un Giro che ha scarso peso politico. Scarsa forza. Si è verificato qualcosa di molto simile a quanto accaduto a Morbegno nel Giro 2020.
Il Giro d’Italia non merita tutto ciò. I tifosi non meritano tutto ciò. Il ciclismo non merita tutto ciò. Siamo sicuri che gli stessi corridori con i 40 e passa gradi della “chaleur” francese, e quindi con gli estremi per attuare il protocollo, chiederebbero a Prudhomme di annullare la tappa?
C’è molto da lavorare. Sia da parte del Giro, che deve assolutamente rilanciarsi. Sia da parte dell’UCI che del CPA. Bisogna trovare regole univoche. Regole basate su numeri certi, su ispettori di percorso capaci di valutare la situazione in tempo reale e non su valutazioni soggettive.
E poi bisogna iniziare a prendere coscienza concretamente dei cambiamenti climatici. I dati di molti siti meteo dicono come negli ultimi anni nel bacino centrale del Mediterraneo aprile e soprattutto maggio siano gli unici mesi in controtendenza per quanto riguarda le temperature. In pratica fa sempre più caldo, tranne che in questi due mesi. Magari bisognerà valutare di spostare la corsa rosa, cosa che Vegni ha già detto in passato, e di scegliere percorsi differenti con le salite più alte magari solo nel finale.
Tante parole. Speriamo che non cadano nel vuoto. O forse sì. Se domani i corridori regaleranno tanto spettacolo saranno già un lontano ricordo.
Un Giro senza velleità personali, ma per aiutare Martinez, battuto solo da Pogacar. Così Aleotti trova le risposte che cercava. Ora si corre per vincere
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Si finirà col fare spallucce e le cose andranno avanti al solito modo. Perciò, prima che smetta di essere argomento di discussione, torniamo per qualche minuto sul tema dello scorso editoriale e sui passaggi di corridori che, pur di diventare professionisti direttamente dagli juniores, ricorrono alla residenza estera.
Come già detto, il problema è tutto nostro perché nonostante l’Uci abbia spazzato il campo dai dubbi, la Federazione italiana ha stabilito una regola per la quale l’accesso al professionismo è subordinato all’aver corso per tre anni in categorie internazionali. Deroghe sono state concesse, come per Tiberi e Piccolo, affinché passassero dopo appena un anno da U23. Il presidente Di Rocco le giustificò alla luce dei limiti all’attività imposti dalla pandemia, ma forse proprio la storia di Piccolo dovrebbe far riflettere su cosa accada passando senza la necessaria solidità psicologica.
Nel 2020 Di Rocco firmò una deroga per i passaggi di Tiberi e Piccolo, nella foto. Ma quest’ultimo è presto tornato U23Nel 2020 Di Rocco firmò una deroga per i passaggi di Tiberi e Piccolo, nella foto
Due fronti contrapposti
Ognuna delle parti in causa ha le sue ragioni e le difende. Ruggero Cazzaniga, vicepresidente Fci additato dai più come l’estensore e il difensore della norma italiana, dice che la decisione spettava alla Lega del Ciclismo Professionistico, che se ne è lavata le mani rinviando tutto al Consiglio federale. E aggiunge, a difesa della regola che regolamenta i passaggi, di aver parlato a lungo di questo con Luca Guercilena e che il grosso limite di chi passa troppo giovane è l’incapacità psicologica di reggere il gioco.
Alex Carera, procuratore dei due corridori in questione (Pinarello e Pellizzari) si scaglia contro la norma italiana. E parlando delle tutele per i ragazzi, dice che avrebbe avuto dubbi se la gestione della Bardiani fosse stata la stessa degli ultimi 4-5 anni (quando sarebbero stati fatti passare corridori non all’altezza, che per questo hanno smesso), ma che il nuovo progetto U23 gli sembra convincente. Che i ragazzi svolgeranno la stessa attività che farebbero in continental, ma avranno i contributi versati e guadagneranno tempo in termini di esperienza.
Al netto del fatto che sulla scelta di questi ragazzi si potrà fare una valutazione basata sui fatti fra un paio di stagioni, il punto resta però la norma e i motivi per cui essa è stata prevista. Se si ritenesse di volerla/doverla abolire, servirebbe che tutte le forze in campo si sedessero a un tavolo per discuterne. Il tentativo di aggirarla risolve probabilmente il caso specifico, ma rinvia il problema alla prossima volta. Come avere l’auto con targa dell’Est per aggirare le sanzioni del Tutor.
Masnada è passato a 24 anni quando ha raggiunto la necessaria solidità. A proposito di passaggi precoci…Masnada è passato a 24 anni quando ha raggiunto la necessaria solidità
La voce che manca
Una voce che ancora manca all’appello è quella del sindacato dei corridori. Che cosa succederebbe se in un’azienda venissero assunti dipendenti privi della necessaria formazione? Il sindacato probabilmente insorgerebbe, mentre dall’Accpi non sono venuti segni di reazione. Ragione per cui abbiamo interpellato Cristian Salvato, il suo presidente. Che cosa pensa di questi passaggi?
«E’ difficile prendere posizione – dice – ed è un fatto che l’Italia sia l’unico Paese con questo sbarramento. La mia opinione è personale, ma è pur sempre quella del presidente dell’Accpi. Da un punto di vista del diritto al lavoro, Pinarello ha ragione. Credo però anche che la Fci abbia preso una linea corretta. Si deve avere pazienza, perché sono tanti i corridori bruciati per essere passati troppo presto. Spero che Pinarello, che non conosco, diventi il nuovo Nibali, ma che motivo ha di voler anticipare così tanto?».
Evenepoel è un’eccezione: nel 2018 vinse 23 corse da junior, fra cui doppio europeo e doppio mondialeEvenepoel è un’eccezione: nel 2018 vinse 23 corse da junior, fra cui doppio europeo e doppio mondiale
Alex Carera parla della bontà del progetto Bardiani.
Se Pinarello fosse mio figlio, dato che ha la stessa età, gli avrei consigliato comunque di aspettare. Vero che c’è il progetto Bardiani, ma proprio parlando di quella squadra forse poteva far maturare gli altri corridori che non ha confermato. Non tutti arrivano in due anni e si continua a fare l’esempio di Ballan oppure di Ballerini e Masnada, passati fra i 23 e i 25 anni, per dire che conviene aspettare il giusto tempo.
Non è strano che la norma italiana sia contro quella internazionale?
Credo sia necessario uniformare le norme, però l’Italia è la culla del ciclismo e delle migliori idee di questo sport e ha un buon regolamento. E’ vero che il ciclismo è cambiato, ma guardando le foto Pinarello non mi sembra formato com’era Quinn Simmons quando vinse il mondiale juniores. Non mi sembra un Pippo Pozzato. Magari sarà anche forte, ma abbiamo delle strepitose continental e squadre di under 23 in cui sarebbe potuto maturare molto bene.
Sei a favore dell’unificazione delle norme, ma trovi giusta quella italiana?
Secondo me non è sbagliata. Chi non crede a tante cose, creda alla matematica. E la statistica dice che a fronte dei tanti che ogni anno passano, sono più quelli che smettono presto perché sono passati quando non erano pronti. La domanda è: ci troviamo davanti a un fenomeno?
Ayuso è passato nel WorldTour dopo sei mesi da U23 in cui ha vinto ogni corsa, anche il Giro, con grande facilitàAyuso è passato nel WorldTour dopo sei mesi da U23 in cui ha vinto ogni corsa
I fenomeni hanno diritti a parte?
Se arriva uno come Ayuso o come Evenepoel, se fossero italiani, che al secondo anno da junior vince 23 corse fra cui entrambi gli europei con distacchi abissali ed entrambi i mondiali, si può valutare che passi prima, perché fra gli under 23 avrebbe poco da imparare. Ma Pinarello quante corse ha vinto nel 2021?
Sei o giù di lì…
Il ciclismo è cambiato, vero, ma io ne vinsi 5 fra cui un mondiale e non passai direttamente. Alcuni miei compagni ne vinsero 12-13 e non ci sono mai arrivati al professionismo. Ripeto, il ragazzo ha i suoi diritti, ma credo che l’Italia abbia ragione. Lo dissi subito, a suo tempo: il precedente di Evenepoel farà disastri. Detto questo, ora che Pinarello ha firmato il suo contratto, come Associazione lo accoglieremo. Ma come Presidente e padre gli dirò che avrebbe potuto aspettare.
Forse ha ragione Contri, quando dice che quelli dell’Emilia Romagna si tende a cercarli poco e a non trattarli bene. Fa l’esempio di Pantani, poi però ammette di essersi tirato fuori dal gruppo subito dopo aver smesso e che nella sua città, Bologna appunto, il ciclismo sia ormai sparito. Al punto che mollando per un attimo i ricordi e quello che assieme s’è vissuto, viene il dubbio che non tutti sappiano chi sia Gianfranco Contri. Anche Wikipedia si confonde.
«Gianfranco Contri – scrive – è un ex ciclista su strada italiano. Mai passato professionista, vinse la medaglia d’argento ai Giochi olimpici di Barcellona 1992 e tre medaglie d’oro ai Campionati del mondo di ciclismo su strada a Stoccarda 1991, Oslo 1993 e Catania 1994 nella cronometro a squadre».
L’ultima non fu a Catania, ma a Palermo. Il resto tuttavia è vero e vale la pena sottolineare che tra quelli della Cento Chilometri, Contri c’è sempre stato, risultando l’azzurro plurivittorioso della specialità. Classe 1970 come Pantani e Bartoli, Casagrande e Casartelli, come quell’infornata di campioni che a pensarci adesso si viene assaliti da un treno di nostalgia.
Una piccola galleria da Facebook. Il 2019 è l’anno degli incontri. Qui al Giro, con Peron e Salvato
Poi a ottobre per i 70 anni di Giosuè Zenoni, tecnico fino al 1992
Alla festa di Zenoni, c’è anche Fusi, che dal 1993 ne prese il testimone
Una galleria da Facebook. Il 2019 è l’anno degli incontri. Al Giro, con Peron e Salvato
Poi a ottobre per i 70 anni di Giosuè Zenoni, tecnico fino al 1992
Alla festa di Zenoni, c’è anche Fusi, che dal 1993 ne prese il testimone
Però poi sei sparito…
Sono uscito completamente. Da allora avrò preso la bici trenta volte, ma il ciclismo continuo a seguirlo. Il lavoro mi prende mattina e sera, non avrei potuto aspirare a un ruolo nello sport, perché ti assorbe completamente. Lavoravo già quando correvo. Per cui quando ho smesso, mi sono licenziato dalla Forestale e mi sono buttato nel lavoro.
Lavoravi già quando correvi?
L’azienda l’aprì nel 1987 mio fratello Alessandro, che correva anche lui e ha due anni di più. Io entrai dopo il diploma e diventò un’azienda di famiglia. La Tulipano Impianti di Bologna. Nel 1992, l’anno delle Olimpiadi di Barcellona, tenevo già i libri contabili. Ci occupiamo di gestione e manutenzione di impianti termici.
Nella Cento già in Giappone (1990) con Cortinovis, Morando e Zanini: 7° postoNella Cento già in Giappone (1990) con Cortinovis, Morando e Zanini: 7° posto
E così sceso di bici, addio bici…
Siamo fagocitati, ma se ci fossero tempo e voglia, andare in bici sarebbe ancora possibile. E’ un bellissimo divertimento. Ti permette uno svago mentale come nessun altro. Puoi correre a piedi, ma dopo due ore sei sempre dalle stesse parti. Con la bici in due ore, arrivi in un’altra città, sui colli, in un altro mondo. Per questo, anche se non pedalo, cerco di difendere il ciclismo dagli opinionisti da bar, che ancora ci tengono attaccate brutte etichette.
Ce le stiamo togliendo di dosso, non è più come prima…
Parlo spesso con Cristian Salvato, che faceva le Cento con noi. E mi spiega che ora è uno sport pulito. Solo che non tutti sanno come stanno le cose.
Che cosa ti resta di quegli anni?
Grandi ricordi e un’immensa esperienza. Giosuè Zenoni, oltre che un tecnico è stato un maestro di vita, per quanto riguarda il comportamento, gli impegni, il saper stare al mondo. Fare attività sportiva di vertice ti insegna a essere metodico e preciso.
Oro a Stoccarda 1991, manca un anno alle Olimpiadi di Barcellona
Contri è uno dei pilastri del quartetto azzurro già a Stoccarda
Oro a Stoccarda 1991, manca un anno alle Olimpiadi di Barcellona
Contri è uno dei pilastri del quartetto azzurro già a Stoccarda
Tre mondiali e un argento olimpico: rimpianti?
Se potessi tornare indietro, baratterei tutti i mondiali con un oro olimpico. Sarei entrato nella storia. Nell’immediato vissi bene l’argento. Forse perché non dovevo neppure esserci, fui riserva fino all’ultimo. Poi entrai in squadra e feci la mia parte. E ripensandoci, viene da mangiarsi le mani.
Come mai?
Eravamo i campioni del mondo in carica, i tedeschi la nostra bestia nera. Rimanemmo in testa fino ai 70 chilometri, poi saltammo e loro vennero fuori.
Cosa accadde?
Probabilmente eravamo già in fase calante. Se si fosse corso dieci giorni prima, non ce ne sarebbe stato per nessuno. Ma fare 100 chilometri con gli ultimi 25 in salita, perché si arrivava al circuito del Montmelò a Barcellona, che è in alto, fu una prova troppo dura.
Come si fa a restare concentrati in una crono di 100 chilometri?
Facendone quattro di 25 chilometri ciascuna. Le scomponevamo, aiutava tecnicamente e mentalmente. Poi c’era il giro di boa, altro riferimento importante.
Nel 1993 l’Italia vince un altro mondiale della Cento, Contri e Salvato si rapano a zeroNel 1993 l’Italia vince un altro mondiale della Cento, Contri e Salvato si rapano a zero
Le cronosquadre per club fatte fino a qualche anno fa erano di 40 chilometri…
Erano cronosquadre abbastanza improvvisate. Qualcuno ci investiva, altri andavano e correvano, ma è più difficile farle in sei che in quattro.
E’ valsa la pena dedicare una carriera alla Cento Chilometri?
All’epoca non avevo dubbi, anche se non tutti abbiamo poi avuto una grande carriera su strada. Peron era il più stradista di tutti e alla fine ha avuto le sue soddisfazioni anche di là. Per noi era l’occasione di fare mondiali e poteva starci anche un’altra Olimpiade. Invece dopo Oslo 1993 in cui vincemmo un altro mondiale, il Cio comunicò che l’avrebbero tolta dal programma olimpico assieme al “due con” di canottaggio.
Fu come staccare la spina?
Praticamente sì. Corremmo l’ultima Cento Chilometri a Palermo nel 1994 e vincemmo il mondiale, poi il gruppo si sciolse. Però ogni tanto ci penso. Ed è bello rendersi conto che siamo ancora campioni del mondo e lo saremo per sempre.
Il trionfo nel quartetto a Tokyo ha risvegliato il ricordo della Cento Chilometri a squadre, cavallo di battaglia dell'Italia. C'è margine per riproporla?