Per Campagnolo e Colnago, due eccellenze italiane, il 2020 resterà un anno impossibile da dimenticare. Grazie aTadej Pogacarè infatti arrivato il trionfo al Tour de France. Un binomio così perfetto e vincente non poteva certo interrompersi alla fine della scorsa stagione e così anche per il 2021 è stata confermata la partnership tra le due aziende.
Gruppo e ruote
Le Colnago V3RS in dotazione al UAE Team Emirates (in ritiro nella foto di apertura, credit @PhotoFizza) nella nuova stagione saranno equipaggiate ancora con gruppo e ruote Campagnolo. Il gruppo sarà il Super Record EPS Disc Brake, una certezza in termini di precisione e affidabilità. Per quel che riguarda le ruote, Pogacar e compagni potranno invece scegliere tra i modelli Bora WTO e Bora Ultra. Utilizzeranno quindi lo stesso set di telaio, trasmissione e ruote che ha portato il fuoriclasse sloveno alla sua splendida vittoria al Tour de France 2020. La partnership con l’UAE Team Emirates si va ad affiancare alle confermate collaborazioni con Ridley per la Lotto Soudal e con BMC che sarà il partner tecnico della rinnovata AG2R Citroen.
Colnago V3Rs con Super Record EPS e ruote Bora (Credit @PhotoFizza)La Colnago V3Rs con il Campagnolo Super Record EPS e le ruote Bora (Credit @PhotoFizza)
Orgoglio Campagnolo
Nicolò Ildos, Marketing Manager Campagnolo ha sottolineato con queste parole l’importanza dell’accordo raggiunto: «Siamo lieti di annunciare il rinnovo della collaborazione con UAE Team Emirates. Un team con il quale abbiamo sviluppato un ottimo rapporto nel corso degli anni. Il 2020 è stato un anno speciale per la squadra e per Campagnolo. E’ un vero orgoglio dire che Campagnolo ha avuto un ruolo nell’emozionante vittoria di Tadej Pogacar al Tour de France. La Colnago gialla di Tadej, con il gruppo Super Record EPS e le ruote Bora, fa ora parte della storia della nostra azienda e della storia del ciclismo. Le corse sono così importanti per tutti noi, come sappiamo lo sono per Colnago, quindi guarderemo la stagione 2021 molto da vicino e con grande entusiasmo!»
Il miglior partner
Dal canto suo Melissa Moncada, Vicepresidente esecutivo di Colnago ha aggiunto: «Siamo entusiasti di estendere la nostra partnership con Campagnolo per il 2021. In Colnago, ci sforziamo di creare le migliori bici per i migliori ciclisti. Per questo motivo il partner giusto per equipaggiare la V3RS è Campagnolo. La vittoria di Tadej Pogacar al Tour de France la scorsa stagione è stata motivo di grande gioia per l’azienda e non vediamo l’ora che inizi la nuova stagione con l’UAE Team Emirates».
Gianetti negli Emirati ci arrivò nel 2014 e non certo per costruire la squadra che avrebbe vinto il Tour. Gli chiesero di lavorare a un progetto per mettere in bici la gente di laggiù, che per clima e benessere, non godeva esattamente di ottima salute. Lui veniva dal naufragio drammatico di un bel progetto cinese, che attraverso l’accordo con TJ Sport Consultation avrebbe portato risorse importanti nella Lampre di allora. Sembrava tutto fatto, ma la morte improvvisa del referente orientale fermò ogni possibile sviluppo.
Ai Campi Elisi c’era anche Gianetti. La vittoria di Pogacar è stata una manna, ma inattesaLa vittoria di Pogacar è stata una manna, ma inattesa
Oggi Mauro Gianetti è il grande capo della Uae Team Emirates e forse, come vedremo, dirlo così suonerà riduttivo. Corridore professionista dal 1986 al 2002, 17 vittorie fra cui un’Amstel e la Liegi, dopo alterne vicende da team manager, nel 2014 approdò appunto negli Emirati. Il nostro viaggio ideale inizia da lì e si conclude sul podio dei Campi Elisi, mentre Mauro è in viaggio davvero e guida a 30 all’ora dietro uno spazzaneve, con lo sguardo laggiù, nel deserto degli Emirati.
La situazione era davvero così precaria?
Non avevano uno stile di vita sano, diciamo. Il diabete si stava diffondendo a macchia d’olio e c’era bisogno di un intervento dalle scuole, per raccogliere frutti a lungo termine. Così cominciammo a progettare piste ciclabili e infrastrutture e, in questi ultimi anni, il ciclismo è diventato uno sport molto importante. La squadra poteva essere una motivazione per i giovani e questo in effetti si è avverato, con la voglia di emulare i campioni. Ma davvero il professionismo è la punta dell’iceberg. Si è messo in moto un volano. Sono arrivati sponsor con la voglia di investire sul territorio, facendo progetti per la mobilità lenta e per cambiare lo stile di vita del Paese. Con la Youth Academy siamo entrati nelle scuole e la risposta delle persone è stata incredibile.
Abbiamo visto foto di piste ciclabili…
Quella su cui si correrà la cronometro dello Uae Tour ha due anni. Inizialmente era scollegata dalla città, ora hanno fatto anche il raccordo. E il bello è che oltre alla ciclabile per i grandi, c’è tutto un sistema di infrastrutture, che vanno dai percorsi per i bimbi alle officine. Se ne era parlato, poi sono tornato a casa e alla visita successiva ho trovato tutto già fatto.
Kristoff maestro di ciclismo (Photo Fizza)
La squadra al servizio dei bimbi emiratini (Photo Fizza)
Non sapevano nemmeno chi fosse Gaviria (Photo Fizza)
Un gruppone entusiasta: sale la pratica del ciclismo (Photo Fizza)
C’è anche Yousif Mirza, campione Uae (Photo Fizza)
Nella pista di Abu Dhabi anche gli adulti (Photo Fizza)
Posizione, frequenza di pedalata, divertimento: Laengen al lavoro (Photo Fizza)
Con Aru e Ulissi, campioni del Giro (Photo Fizza)
Gianetti spiega le regole del grande gioco della bici (Photo Fizza)
Kristoff maestro di ciclismo (Photo Fizza)
La squadra al servizio dei bimbi emiratini (Photo Fizza)
Non sapevano nemmeno chi fosse Gaviria (Photo Fizza)
Un gruppone entusiasta: sale la pratica del ciclismo (Photo Fizza)
C’è anche Yousif Mirza, campione Uae (Photo Fizza)
Nella pista di Abu Dhabi anche gli adulti (Photo Fizza)
Posizione, frequenza di pedalata, divertimento: Laengen al lavoro (Photo Fizza)
Gianetti spiega le regole del grande gioco della bici (Photo Fizza)
Con Aru e Ulissi, campioni del Giro (Photo Fizza)
I bambini delle scuole non hanno mai visto passare il Giro d’Italia…
Il bello infatti è che non sanno chi siano Pogacar e Gaviria. Eppure vedere due ragazzi come loro mettersi lì a insegnare come si va in bici è stato bellissimo. Sono tornati bambini e hanno capito che il loro scopo non è solo correre. Peccato che nell’ultimo ritiro a causa del Covid non abbiamo potuto rifarlo.
Nel 2014 nascono i progetti, nel 2018 parte la squadra.
E anche il mio ruolo ha iniziato a cambiare. Inizialmente ero più impegnato sul territorio, perché c’erano sponsorizzazioni e progetti che andavano a scadere e si dovevano completare. Poi gradualmente ho preso in mano tutto e negli ultimi due anni le cose sono ben chiare. Abbiamo creato un gruppo con ruoli ben precisi e anche i corridori ora hanno i loro riferimenti.
Come si può leggere in questo contesto l’acquisto della Colnago?
Colnago è un’eccellenza. Ernesto era arrivato a un punto in cui voleva comunque garantire futuro e sviluppo all’azienda e il fatto che la squadra corresse con le sue bici ha inciso. Ma credo che la spinta iniziale sia stata proprio il fatto che si parlasse di una prestigiosa azienda di nicchia, come Met che ci fornisce i caschi. Non un’azienda con il fatturato miliardario, ma capace di creare ottime biciclette.
Nel 1995 corre con la Polti e vince la Liegi
La settimana successiva l’Amstel, battendo Cassani
Nel 2003 è alla Vini Caldirola, con Franco Gini come diesse
Nel 1995 corre con la Polti e vince la Liegi
La settimana successiva l’Amstel, battendo Cassani
Nel 2003 è alla Caldirola, con Gini come diesse
Intanto la squadra cresceva.
Le basi per un’evoluzione tecnica le avevamo poste dall’inizio, collaborando per la preparazione con le Università olandesi. Ora abbiamo introdotto altre collaborazioni per avere analizzatori di dati più sofisticati. E tanto lavoro si ripercuote anche sull’immagine che la squadra sta iniziando ad avere. Se prima eravamo noi a cercare delle figure, oggi piovono richieste di collaborazione.
E con l’immagine sono arrivati i risultati.
Frutto del lavoro, ma arrivati in anticipo. Al Tour ci aspettavamo di essere protagonisti, non di vincerlo così presto. Ma quando hai un corridore con così tanto talento, le sorprese forse non sono nemmeno troppo inattese. Quello che dispiace è che, per i vari incidenti e i ritiri, è uscito sminuito il lavoro della squadra, che invece è stato eccellente. Noi lo abbiamo notato. Stiamo crescendo, siamo sulla buona strada.
Gruppo misto in allenamento (Photo Fizza)Gruppo misto in allenamento (Photo Fizza)
Diciamo che avere le spalle coperte economicamente è un bell’incentivo a lavorare bene.
E’ il vantaggio di avere un progetto più ampio del vincere corse in bicicletta, che poi è il punto di partenza di tutto il viaggio. Tutti gli sponsor hanno accordi a lungo termine, di almeno 4 anni, perché l’obiettivo è creare il movimento della bici negli Emirati, per stimolare la gente di lì. Molte ciclabili ci sono già, a breve ne sarà inaugurata una di 68 chilometri. Si può fare il giro di Abu Dhabi con un anello che ne misura 90, in un quadro di 1.234 chilometri di piste già fatte.
Il tuo ruolo resta trasversale, quindi?
Avendo iniziato con quel progetto come consulente, direi proprio di sì.
Matteo Trentin è uno dei tre ultimi arrivati (Photo Fizza)Matteo Trentin è uno dei tre ultimi arrivati (Photo Fizza)
La vostra squadra ha subito la prima… sportellata del Covid, finendo tutta in quarantena giusto un anno fa.
E’ vero, siamo stati fra i primi e questo ci ha permesso di capirne la portata, vedendo la sofferenza negli atleti più giovani. E’ il motivo per cui abbiamo messo in atto un sistema interno per la sanificazione di ogni cosa, per combattere il rischio di contagio. Ed è il motivo per cui abbiamo approfittato della possibilità offerta dal Governo di vaccinare tutta la squadra. Non cambierà nulla per le precauzioni da adottare nelle corse, ma ci fa stare più tranquilli.
Si parlava di Pogacar.
Tadej è un talento, ha vinto bene. Chiaro che alcuni avversari non ci sono stati, ma ugualmente torneremo al Tour con grandi motivazioni e la consapevolezza di poterlo rifare.
Nel frattempo vi siete rinforzati.
Siamo partiti dal presupposto di non dover prendere per forza chissà quanti corridori. La regola è valutare prima il tipo di persona e poi l’atleta. Abbiamo preso Trentin, Majka e Hirschi. Ma sono arrivati anche due direttori sportivi eccezionali come Baldato e Guidi, due uomini con esperienza e professionalità. Bisogna dare la priorità all’ambiente che creiamo, perché ormai parliamo quasi di 100 persone.
Un piccolo paese! Avresti mai immaginato uno sviluppo così quando eri alla Polti con Stanga e Zenoni?
Se guardo a quando passai nel 1986 alla Cilo-Aufina, avevamo 6 bici di scorta per tutta la squadra, due macchine e un furgone. Da Stanga e Zenoni ho imparato che ogni persona in squadra deve avere il suo peso specifico ed è quello che poi ho visto e riproposto nella mia carriera.
Majka scorterà Pogacar al Tour de France (Photo Fizza)Majka scorterà Pogacar al Tour de France (Photo Fizza)
Carriera che potevi aspettarti così?
Ero un buon corridore, ma non un grandissimo talento. Ho sempre lavorato tanto, ma era più questa la mia idea di futuro. Avevo la visione che un giorno avrei avuto la mia squadra, guardavo per capire e mi relazionavo con gli sponsor. Era il mio scopo. Ho cominciato con la Caldirola e poi sono sempre cresciuto. La Cina poteva essere un bel salto, ma morì colui che davvero credeva nel progetto. Sì, questo è il mestiere che ho sempre voluto fare.
C’è ancora posto per la bici?
Sempre, poco ma spesso. Almeno 4-5 volte alla settimana. Un’ora e mezza, non di più. Lavoro così tanto, di giorno e anche la notte, che se rubo un’ora per andare in bici, non faccio torto a nessuno. In più credo che lo sport faccia bene, al fisico e alla mente. E se ci pensate, è il motivo per cui sette anni fa si è messo in moto tutto questo…
Lo scatto di Tiberi non cambierà la storia del Giro, ma forse inizia a scrivere quella di Antonio. Pogacar vince a Prati di Tivo, dietro qualcosa si muove
Colnago si ristruttura con un nuovo gruppo dirigente. Riporta in Italia la produzione dell'alto di gamma. E diventa la bici ufficiale del Tour de France
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A un certo punto Cristian Scaroni sparì dall’Italia, dove correva con la Hopplà-Maserati, per andare nella Francaise des Jeux Continental, presunta porta di accesso al WorldTour. Ci è rimasto per un anno, lungo il quale ha vinto qualche corsa e si è messo in evidenza. Ma poi, alla resa dei conti, la squadra disse di cercare un velocista e il bresciano, più uomo da classiche che sprinter, si è accasato alla Gazprom-Rusvelo. Nulla da dire: squadra ben organizzata, come vedremo. Ma quando cominci la stagione con la quarantena ad Abu Dhabi, ci sta che il seguito non sia felice come te lo aspettavi.
«Infatti ero partito bene dopo un ottimo inverno – dice – poi di colpo sono cambiate le carte in tavola. Alla Valenciana cominciavo a riconoscere le sensazioni giuste, allo Uae Tour la condizione cresceva. E poi si è fermato tutto. Due settimane chiuso in stanza da solo laggiù non sono state il massimo. Poi, quando sono tornato e ho ripreso ad allenarmi, è arrivato il lockdown…».
Canola, Velasco, Scaroni, Colnago, Damiano e Imerio Cima: gli italiani della Gazprom 2020Velasco, Scaroni, Colnago, Damiano e Imerio Cima: tanta Italia
Allora facciamo finta che non sia mai successo e ricominciamo. Cosa dici della scelta della Gazprom?
E’ una squadra molto ben organizzata. C’è serietà nel lavoro, ognuno ha il suo ruolo e sta al suo posto. Me lo avevano detto ed è vero.
E’ più una squadra italiana oppure russa?
Quello che dirige tutto, Renat Khamidulin, è russo ma ciclisticamente è cresciuto in Italia. Gli altri russi hanno tutti casa qui. Direi che è più una squadra italiana, senza le rigidità di cui a volte si parla nelle squadre russe.
Hai già un programma per il 2021?
Inizierò a Mallorca a fine gennaio. Poi Murcia, Laigueglia e Larciano. Potendo scegliere, vorrei arrivare bene alla Coppi e Bartali, centrare una tappa sarebbe davvero bello. Il prossimo anno mi piacerebbe vincere, perché di fatto non succede dal 2019.
Ecco, bravo, eri uno che teneva in salita e poi vinceva in volata. Sei ancora capace?
Credo di aver mantenuto le mie doti, ma il guaio è che finora ho trovato gente più forte in salita. Sto lavorando per arrivare in fondo con quei 10-15 che si giocano la corsa e capire se lo spunto c’è ancora. Lo alleno sempre, le doti vanno tenute in esercizio. Se fai salite su salite, perdi fibre bianche e poi non sei più veloce.
In azione al campionato italiano, che però non ha finitoAl campionato italiano, che però non ha concluso
Chi segue la tua preparazione?
Il Centro Mapei. Ci andavo ai tempi della Hopplà, poi mi chiesero di lasciarlo perché la Gazprom l’anno scorso ci faceva allenare da Devoti. Ora che lui non c’è più, ci hanno lasciati liberi di farci seguire da altri e io sono tornato a Castellanza.
Rosola sarà ancora con voi?
Paolo è il nostro jolly, pur non risultando fra i direttori sportivi. Quest’anno allenava gli under 23 della squadra e li seguiva alle corse. Ma se uno di noi pro’ ha bisogno di fare dietro moto o di qualsiasi cosa lui c’è sempre.
A quando il primo ritiro?
Dal 10 al 24 gennaio a Calpe e da lì andremo diretti a Mallorca. Ci sto, facciamo davvero finta che non sia successo niente. Adesso mi allenerò fino al 23 dicembre a Chiavari con Fabbro, Aleotti e Pietrobon. E poi speriamo che si possa partire bene per dimostrare quello che so fare…
Canola ha preso in mano la Gazprom. E adesso che il problemi dopo il colpo alla testa del 2020 sono risolti, vuole tornare a vincere. Parole da vero leader
Ma quest’anno avvia a chiudersi anche con un altro importante record commerciale per il nostro Paese. Riprendendo i contenuti di un interessantissimo approfondimento a firma Claudia Vianino, e pubblicato recentemente sull’autorevole Bike Europe, il 2020 rappresenterà un traguardo top per l’industria della bicicletta italiana e per l’economia della bicicletta tricolore più in generale. La pandemia Covid-19 in prima battuta, ma senza ombra di dubbio anche il grande vantaggio rappresentato dall’introduzione del bonus mobilità da parte del Governo, hanno difatti conferito una forte spinta al mercato ed i risultati positivi iniziano ad essere più che una semplice stima.
Ancma fa parte di Confindustria e unisce i produttori di moto e bicicletteAncma unisce i produttori di moto e bici
Balzo del 20%
Stando a quanto riportato da Claudia Vianino su Bike Europe, il boom delle vendite di biciclette in Italia è stato così forte che Confindustria ANCMA stima una crescita di oltre il 20% rispetto ai dati del 2019. La stessa associazione di categoria prevede inoltre che entro la fine del 2020 il nostro paese supererà i 2 milioni di biciclette vendute (nel 2019 sono state vendute 1.713.000 unità). Un incremento importante principalmente tra giugno e novembre.
La maggior parte del merito di questo vero e proprio boom di biciclette vendute va senza dubbio attribuito, come accennato in precedenza, al “bonus mobilità” assegnato dal Ministero dell’Ambiente. Ma non solo. Da quando la pandemia ha incominciato ad influenzare la quotidianità degli italiani, questi hanno iniziato ad adottare un approccio più sostenibile ed una diversa consapevolezza dell’utilizzo della bicicletta, inducendo a pensare che probabilmente gli italiani stessi stanno cambiando le proprie abitudini ripensando alla bici sia come ottimale strumento di benessere sportivo quanto come mezzo di trasporto.
Piero Nigrelli, direttore del comparto bicicletta di AncmaNigrelli, direttore del comparto bici di Ancma
«C’è molto entusiasmo nell’industria italiana in questo momento, ma anche molta cautela – ha dichiarato a Bike Europe Piero Nigrelli, il direttore del comparto bicicletta di Confindustria ANCMA – e noi stiamo già lavorando ad altre tipologie di incentivi per il futuro finalizzati ad aumentare la mobilità in bicicletta nelle città. Il cambio di atteggiamento degli italiani nei confronti dell’uso della bici e il proliferare di piste ciclabili nelle principali città del nostro Paese fanno sperare che questa tendenza non si inverta».
Come promesso appena vinto il Tour, Tadej Pogacar ha ricambiatola stima e la fiducia di due suoi top sponsor italiani. Il vincitore della maglia gialla ha infatti visitato le realtà produttive di Colnago e Diamant, che allo sloveno fornisce le scarpe Dmt.
A Cambiago, con Colnago e Campagnolo (dietro)A Cambiago con Ernesto Colnago. Sullo sfondo, Valentino Campagnolo
Ad accogliere Pogacar a Cambiago è stato direttamente Ernesto Colnago, che del giovane corridore è un grandissimo innamorato. Foto di rito, giro in azienda – che nel tempo si è trasformata in un vero e proprio museo del ciclismo – ed immancabile dedica del costruttore lombardo sul telaio “giallo Tour” della V3Rs.
All’incontro era presente anche Valentino Campagnolo, amico storico di Colnago e partner della UAE Team Emirates per quanto si riferisce la fornitura di gruppi e ruote (Fulcrum).
E poi a Bonferraro di Sorgà, in Dmt, con Philippe ZecchettoIn Dmt con Philippe Zecchetto
Il secondo incontro di questo piccolo “tour de… force” si è invece svolto nella sede Diamant di Bonferraro di Sorgà (Verona), dove si producono le scarpe Dmt calzate in corsa da Pogacar.
Ancora in Dmt, con Federico Zecchetto, firmando la maglia giallaIn Dmt, con Federico Zecchetto e la maglia gialla
A fare gli onori di casa sono stati i titolari Federico e Philippe Zecchetto che hanno approfittato per raccontare al giovane campione l’esclusiva tecnologia 3D Engineered Knit applicata alla tomaia delle sue scarpe (un’intuizione che ha contribuito a rivoluzionare il concetto di calzatura ciclistica) e conseguentemente quanto lo stesso brand investa senza sosta in Ricerca & Sviluppo del prodotto.
Alberto Contador, al Tour con Eurosport, fa il punto della situazione sull'intreccio fra Pogacar e Vingegaard. E consiglia al danese di provarci sempre
Leggerezza. A quanto pare è questa la parola d’ordine di Tadej Pogacar per la sua bici. Ce lo confessa il meccanico della UAE Team Emirates, Giuseppe Archetti. Avevamo già parlato della Colnago V3Rs dello sloveno. Stavolta torniamo sull’argomento, approfondendo un po’ più i gusti e le scelte del corridore.
Il meccanico bresciano ne ha avuti di campioni tra le mani o, meglio, le loro bici. E come spesso accade chi va molto forte come lo sloveno è poco esigente. Per la serie poche fisse e pedalare.
Ruote alte e freni a disco: Pogacar in una tappa di “pianura”Ruote alte e freni a disco: Pogacar in una tappa di “pianura”
Quella sera alla Vuelta
«L’unica fissa di Tadej – racconta Archetti – se così possiamo dire è la leggerezza. Quando la sua bici è a 6,830 chili e gliela fai vedere sulla bilancia, lui è contento. E non è che lo controlla sempre, lo fa soprattutto nelle tappe importanti, quelle in salita. Quel peso infatti è legato alle ruote. Quando la strada sale usa quasi sempre le Campagnolo Bora con profilo da 35, può capitare che utilizzi anche quelle da 50, ma è più raro. Mentre in pianura monta quelle con profilo da 60, che chiaramente pesano un po’ di più.
«Questa cosa del peso è nata l’anno scorso alla Vuelta. Deve averne parlato in gruppo. Una sera è venuto e mi ha chiesto: quanto pesa la mia bici? Gliel’ho fatta vedere e una volta assicuratosi che stava sui 6,8 chili si è tranquillizzato».
La Colnago VR3Rs è già di suo una bici molto leggera. E quando Pogacar utilizza il set di ruote per la salita, Archetti dice che la belva va zavorrata. Vengono inseriti dei piccoli pesi nella zona bassa del movimento centrale.
Quando la sua bici è a 6,830 chili e gliela fai vedere sulla bilancia, lui è contento
Giuseppe Archetti, meccanico UAE
«Li mettiamo lì perché la bici ha meno scompensi – riprende Archetti – e la guida ne risente di meno. Peso di 6,830 chili con il Garmin. Senza Garmin, saremmo stati, come dire, molto al limite! Il nostro addetto stampa nei post tappa aveva sempre con un computerino nella tasca, pronto a montarlo sulla bici nel caso qualcuno l’avesse voluta pesare».
Tubolare se piove
Un altro elemento a cui Tadej presta attenzione sono le gomme. Il suo range di pressioni oscilla tra le 6 e le 6,8 bar, a seconda che sia asciutto o bagnato, se ci sono strade rovinate o buone, se opta per i tubolari o tubeless. Il loro fornitore è Vittoria. Di solito nelle tappe più dure o quando piove Tadej preferisce i tubolari, in quanto gli danno più sicurezza.
«Il tubeless per me è il futuro – dice Archetti – soprattutto al di fuori delle competizioni. Dopo 35 anni in questo settore resto dell’idea che un buon tubolare non sia inferiore. L’anno scorso Pogacar mi chiedeva qualche consiglio, ma alla fine, come ripeto, si è regolato con il tubeless nelle tappe più facili e il tubolare in quelle di salita».
Pedivelle da 172,5 millimetri su strada e da 170 a cronoPedivelle da 172,5 millimetri su strada e da 170 a crono
Pedivelle variabili
Non è un maniaco della bici quindi Pogacar, ma gli piace testare i materiali. Vuol sapere che cosa sta usando.
«E’ molto attento – continua Archetti – alla scelta delle pedivelle. A cronometro utilizza quelle da 170 millimetri, mentre nelle tappe normali quelle da 172,5.
«Lo trovate strano? Ormai ci sono numeri e strumenti che certificano il rendimento dell’atleta. Lo dicono i test effettuati in pista. Pensate che Brandon McNulty che è alto 1,87 metri al Giro d’Italia a crono utilizzava pedivelle proprio da 170 millimetri.
«Le uniche cose sulle quali Tadej ci ha messo un po’ a decidere sono stati la sella e il manubrio, ma una volta fatta la scelta non ha più toccato nulla. Per quanto riguarda la sella è passato alla Prologo Scratch M5.Quando è arrivata se l’è portata a casa, ci si è allenato e poi sentendola più comoda l’ha scelta definitivamente. Sul manubrio invece c’è stato qualche “cambio”. Aveva la piega Deda Sl (Superleggera, ndr), ma quando ha visto l’Alanera l’ha voluta provare. Dopo però è tornato all’Sl per poi optare definitivamente per l’Alanera, che è una piega integrata».
Chissà, forse un po’ avrà inciso anche l’impatto estetico, che in effetti è notevole con quella piega.
Ultima chicca (e che chicca) è la corsa dei freni. «Pogacar ama una corsa breve, sia all’anteriore che al posteriore. E anche una leva vicino alla piega. Tuttavia il comando Campagnolo (Super Record 12V, ndr) non consente questa regolazione. Ho fatto io un lavoro artigianale, di fresatura, e gliel’ho avvicinata. La stessa regolazione che mi chiedeva Gilberto Simoni».
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Nibali è passato dai freni caliper a quelli a disco. Ne abbiamo parlato con il meccanico del team, Mauro Adobati e con il suo storico meccanico, Andrea Nieri.
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In una delle tante gare del calendario italiano 2020 abbiamo avuto il piacere di parlare con uno dei meccanici dell’UAE Team EmiratesAlessandro Mazzi e con uno dei giovani corridori in forza alla squadra Alessandro Covi. Noi di bici.PRO ne abbiamo approfittato per capire in quale direzione vanno le scelte tecniche dei corridori.
Pedivelle più corte
Curiosando fra le ammiraglie abbiamo notato che rispetto al passato, molti corridori utilizzano pedivelle più corte. E’ facile trovare pedivelle da 170 e 172,5 millimetri. Abbiamo chiesto ad Alessandro Mazzi se in effetti esiste questa tendenza. «Si in effetti è così – ha dichiarato il meccanico dell’UAE Team Emirates – rispetto ad alcuni anni fa, oggi i corridori optano per pedivelle più corte. Il motivo è che ci sono dei vantaggi aerodinamici in quanto le gambe lavorano più vicine al telaio. Inoltre si ha un minore stress alle articolazioni e alla muscolatura».
Anche Alessandro Covi ci ha confermato la sua preferenza per pedivelle dalla misura intermedia. «Avendo una gamba di lunghezza media mi trovo molto bene con la misura da 172,5 millimetri. Sento di avere una buona spinta in tutte le situazioni, anche se devo dire che per ora non ho provato altre misure».
Covi alla partenza da Riccione alla Coppi e BartaliAlessandro Covi alla partenza da Riccione alla ultima edizione della Coppi e Bartali
Si va verso i tubeless
Un altro punto su cui si dibatte molto in questo periodo è l’adozione dei tubeless. Nel mondo dei professionisti alcuni corridori iniziano ad usarli e sembra che non vogliono più tornare indietro. Alessandro Mazzi ci ha confermato che «Alcuni corridori lo hanno provato e ora mi chiedono di montare solo i tubeless, fra questi ci sono Kristoff e Covi. Il gonfiaggio si aggira sulle 6,5 atmosfere e solitamente montiamo il pneumatico con larghezza da 25 millimetri. In alcune gare particolari come la Roubaix le scelte cambiano. Una ruota che piace a molti ragazzi è la Campagnolo Bora WTO 33, che da alcuni test risulta addirittura più scorrevole con tubeless da 28 millimetri». Mazzi ci ha svelato anche un piccolo segreto «All’interno del tubeless, oltre al liquido antiforatura, inseriamo anche un salsicciotto prodotto da Vittoria – che ricordiamo equipaggia il team degli emirati – che serve per evitare le forature e lo stallonamento».
Abbiamo chiesto direttamente a Vittoria di cosa si tratti precisamente, ma ci hanno risposto che è un prodotto molto innovativo ancora in fase di test. Quindi dovremo attendere ancora un pò per avere tutti i dettagli.
Tornando alla scelta del tubeless abbiamo chiesto a uno di quelli che li usa, vale a dire Alessandro Covi. «Tutto è nato un giorno in cui pioveva ed essendo giovane, ho chiesto ai miei compagni e ai meccanici dell’UAE, che copertoni fosse meglio montare con quelle condizioni. Alcuni mi hanno suggerito i tubeless e devo dire che ho avuto immediatamente una sensazione di maggiore tenuta e stabilità. Ricordo che quel giorno caddero in molti, mentre io ero tranquillo perchè sentivo la bici molto stabile. Da allora monto i tubeless e mi trovo molto bene». E la scorrevolezza? Covi ci ha detto «Sono molto scorrevoli, però non riesco a sentire una grande differenza con i tubolari. Il miglioramento c’è, però non è così grande da avvertirlo bene».
Kristoff alla presentazione del Tour de FranceAlexander Kristoff durante la presentazione delle squadre al Tour de France a Nizza
Manubrio integrato o no?
Il manubrio è un altro componente che ha subito una grande evoluzione. Ormai è consuetudine vedere i manubri integrati con il passaggio dei cavi completamente interno. Ma non tutti i professionisti adottano questa soluzione. Abbiamo notato come alcuni corridori della stessa squadra utilizzino lo stesso telaio ma manubri diversi. Proprio in casa UAE, abbiamo visto come Ravasi e Covi, entrambi con il C64 di Colnago, utilizzano due soluzioni diverse. Il primo preferisce avere un cockpit più tradizionale con il Deda Super Zero. Covi monta il modello più aerodinamico e completamente integrato Ala Nera, sempre di Deda Elementi.
Alessandro Mazzi ci ha confermato che «Abbiamo diverse soluzioni a disposizione e ogni corridore sceglie in base ai propri gusti personali, non c’è un motivo in particolare fra una scelta e un’altra» Alessandro Covi ci conferma quanto detto dal suo meccanico «E’ una scelta personale, in base ai gusti e alle caratteristiche tecniche di ognuno. Io mi trovo bene con l’Ala Nera e mi piace molto anche esteticamente». Possiamo dire che anche i professionisti ogni tanto cedono al fattore estetico.
Nella recente vittoria di Tadej Pogacar al Tour de France è stato dato molto risalto alla sua Colnago V3Rs tutta gialla. Noi di bici.PRO abbiamo fatto però un passo indietro e approfondito le scelte tecniche del giovane campione sloveno con il meccanico Vasile Morari, che lo ha seguito nella cavalcata che lo ha portato in giallo ai Campi Elisi.
Con Hilario Coelho, altro meccanico della UaeAlla partenza verso il Col de la Loze, con Hilario Coelho, altro meccanico della Uae
Anche Pogacar con i dischi
Per iniziare diciamo che per tutta la durata del Tour, Pogacar ha pedalato sulla stessa bici. La taglia è un 50 di Colnago che corrisponde circa ad un 54. Un fattore che invece è cambiato durante la corsa francese è la scelta del tipo di freni, come ci ha confermato Vasile Morari.
«In alcune tappe più pianeggianti – ci ha detto – Pogacar ha optato per la versione con i freni a disco, mentre per le tappe con salita ha utilizzato la V3Rs con i caliper».
Assetti diversi
Un aspetto molto interessante che è emerso parlando con il meccanico della Uae Team Emiratesè che Pogacar non ha particolari richieste, ma utilizza il materiale più leggero nelle tappe di salita e più aerodinamico in quelle pianeggianti.
«Durante il Tour de France – ha spiegato Vasile – ha scelto di usare le ruote Bora Ultra con i tubolari nelle tappe con le salite, mentre ha utilizzato le Bora WTO con i tubeless nelle tappe più veloci. Solitamente – ha aggiunto –utilizza le Bora Ultra con due profili differenti all’anteriore la ruota da 35 millimetri e al posteriore da 50 millimetri. Questa scelta gli conferisce più rigidità al posteriore e non c’è una grande differenza di peso rispetto ad avere la coppia da 35 millimetri».
Mentre la scelta di montare il profilo più basso anche al posteriore «è stata fatta solo quando si dovevano affrontare salite molto lunghe».
Anche per quanto riguarda i rapporti le opzioni sono state due. «Nelle tappe pianeggianti – ci ha spiegato il meccanico della Uae – Pogacar montava un 39-53 all’anteriore con un pacco pignoni 11-29, mentre nelle frazioni montuose preferiva avere un 36-53 con un pacco pignoni 11-32».
Questi ultimi rapporti sono stati gli stessi che ha usato anche nella scalata alla Planche des Belles Filles. La parte pianeggiante della cronometro «l’ha affrontata con un 58 all’anteriore con un pacco pignoni 11-29».
Pogacar con le Bora WTO per una tappa veloceIn partenza per la tappa di Lione con le Bora WTO: una scelta all’insegna della velocità
Manubrio e sella sempre uguali
Per quanto riguarda il manubrio e la sella il campione sloveno ha utilizzato sempre gli stessi materiali. «Come manubrio utilizza l’AlaNera di Deda Elementi che gli piace molto in quanto è rigido e leggero allo stesso tempo – continua Morari – mentre la sella è la Scratch M5 di Prologo».
In definitiva Morari ci ha confermato che Pogacar non ha pretese particolari. Ma cambia l’assetto della bicicletta in base al percorso e alle condizioni meteo della giornata.
Abbiamo detto che nella vittoria di Tadej Pogacar al Tour de France c’è molta Italia. La bicicletta Colnago, il gruppo e le ruote Campagnolo, le coperture Vittoria e il manubrio Deda Elementi. Quest’ultimo marchio è uno dei più conosciuti del nostro ciclismo e rifornisce molte squadre professionistiche.
Il montaggio dell’AlaNera sulla bici di PogacarIl montaggio dell’AlaNera sulla bici di Pogacar prima del via della passerella sui Campi Elisi
Un viaggio inaspettato
Ci siamo fatti raccontare da Davide Guntri, uno dei responsabili di Deda Elementi, come hanno festeggiato la vittoria di Pogacar. «Quando ho capito che Pogacar aveva conquistato il Tour de France ho chiamato subito il mio collega Gianluca Cattaneo e insieme abbiamo deciso di partire per Parigi. Abbiamo cercato dei voli, ma non c’era nulla». La vittoria della cronometro della Planche des Belles Filles è avvenuta di sabato con l’azienda che era chiusa, ma per l’occasione «abbiamo chiamato un nostro collega che ci ha aperto i cancelli alle 20 di sabato sera. Ho preso l’AlaNera, alcuni distanziali e un nastro giallo nuovo. Poi siamo partiti e siamo arrivati alle 5,20 del mattino all’albergo della UAE Team Emirates. Abbiamo dormito un paio di ore in macchina e verso le 8,30 i meccanici della squadra sono venuti a bussarci ai finestrini». A quel punto tutti si sono messi all’opera per allestire la bici di Pogacar per la passerella sui Campi Elisi. Alle 10,30 la bici era pronta. Un’ora dopo Davide Guntri e Gianluca Cattaneo sono ripartiti alla volta dell’Italia.
L’AlaNera ha mantenuto il suo colore tradizionaleL’AlaNera ha mantenuto il suo colore tradizionale e non si è tinta di giallo
Il retroscena
Nei giorni precedenti Davide Guntri aveva fatto dipingere un paio di manubri AlaNera di giallo, con la speranza che Pogacar facesse l’impresa. Il problema è stato che i due manubri gialli avevano un pantone diverso rispetto al colore della maglia gialla. «Abbiamo portato a Parigi anche i due manubri gialli, però una volta montati, la tonalità di giallo era troppo diversa. A quel punto abbiamo deciso di montare un’AlaNera classica e devo dire che è stato meglio così. Alla fine il manubrio nero dava un tocco di aggressività in più alla Colnago di Pogacar».
Nel ricordo di Fulvio
Durante il viaggio notturno dall’Italia verso la Francia Davide e Gianluca si sono tenuti svegli sia con il caffè, ma soprattutto ricordando Fulvio Acquati. Una persona che è stata l’anima di Deda Elementi per tanti anni e che purtroppo è venuto a mancare nel 2017. Fulvio Acquati era Direttore Commerciale di Deda Elementi «Ma era soprattutto un uomo con una cultura enorme, che sapeva parlare italiano in maniera perfetta e con una grande conoscenza della tecnica della bicicletta. La vittoria al Tour de France è arrivata anche grazie al suo lavoro». Anche noi di bici.PRO ci associamo al bel ricordo di Fulvio Acquati.