Il poker della Cretti, su pista per riscattare la strada

Il poker della Cretti, su pista per riscattare la strada

25.10.2025
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Il bilancio della nazionale italiana paralimpica ai mondiali su pista di Rio de Janeiro è di gran lunga il migliore mai conseguito dal nostro movimento. Con 4 medaglie d’oro, una d’argento e 2 di bronzo l’Italia si è assestata al terzo posto nel medagliere, quando fino a pochissime stagioni fa eravamo completamente assenti dai vertici. Se i piazzamenti sono tutti ad opera dei tandem, il poker dorato è tutto di Claudia Cretti, che in terra brasiliana si è presa una grande rivincita non solo sulle recenti esperienze, ma sulla vita.

E’ l’approdo di un lungo percorso, che in quella maledetta giornata del Giro Rosa 2017 non s’interruppe con il terribile incidente e i giorni di coma in ospedale, con la lunga rieducazione, ma anzi fu proprio allora che iniziò la sua rinascita, facendone uno dei grandi personaggi del ciclismo paralimpico. Non è stato facile, ci sono stati anche momenti bui e delusioni come il 4° posto nell’inseguimento a Parigi 2024 e la rabbia per l’andamento degli ultimi mondiali su strada, ma tutto è servito per arrivare all’apoteosi.

Claudia Cretti è nata a Lovere (BG) il 24 maggio 1996. Oro europeo junior nel 2013, ha iniziato nel paraciclismo nel 2019
Claudia Cretti è nata a Lovere (BG) il 24 maggio 1996. Oro europeo junior nel 2013, ha iniziato nel paraciclismo nel 2019
Claudia Cretti è nata a Lovere (BG) il 24 maggio 1996. Oro europeo junior nel 2013, ha iniziato nel paraciclismo nel 2019
Claudia Cretti è nata a Lovere (BG) il 24 maggio 1996. Oro europeo junior nel 2013, ha iniziato nel paraciclismo nel 2019

Tornata a casa dalla lunga trasferta brasiliana, Claudia si è ritrovata quasi travolta da un’ondata di popolarità perché pian piano anche lo sport paralimpico guadagna la ribalta, non solo nei giorni a cinque cerchi. Un trionfo che non si aspettava: «Volevo tornare a casa con qualcosa di concreto, puntavo tutto sullo scratch, ma ad esempio il chilometro da fermo era la prima volta che lo facevo. Invece mi riusciva tutto al meglio».

La gara del chilometro è stata quindi la più difficile?

Quella più inaspettata. A Parigi avevo fatto i 500 metri, ma partendo sono un po’ lenta, invece dopo spingo forte come anche nell’inseguimento. Rivedendo la mia gara, a metà sarei stata seconda o terza, invece gli ultimi 500 metri sono stata la più forte. Ottenendo per due volte il record del mondo.

La volata vincente dell'azzurra nella sfida dell'eliminazione. La Cretti non aveva mai vinto un oro (foto UCI)
La volata vincente dell’azzurra nella sfida dell’eliminazione. La Cretti non aveva mai vinto un oro (foto UCI)
La volata vincente dell'azzurra nella sfida dell'eliminazione. La Cretti non aveva mai vinto un oro (foto UCI)
La volata vincente dell’azzurra nella sfida dell’eliminazione. La Cretti non aveva mai vinto un oro (foto UCI)
Dove allora hai sofferto di più?

La velocità ero abituata a farla quando competevo nell’omnium. Nello sprint è stata più dura la semifinale, con la russa che ha fatto lo scatto proprio appena partite e l’ho raggiunta e battuta in volata, lei e la canadese. Nella finale contro la Murray ero un po’ preoccupata perché anche lei è veloce, ma l’ho gestita molto bene, standole a ruota fino all’ultimo giro. Lì è stato fondamentale l’apporto di Fabio Masotti

Perché?

Mi ha detto quando dovevo partire e far la volata. Infatti sono riuscita a scattare nel lato opposto dell’arrivo e superarla nel migliore dei modi. Quindi anche quella è stata una sorpresa, ma soprattutto per il nome e il prestigio della battuta. Tornando alla prima domanda, la gara più difficile per me è stata l’ultima, lo scratch con la polacca che è partita quando mancavano 6 o 7 giri alla fine. E io ero nel gruppo, ci guardavamo e tra l’altro pensavo che qualche mia avversaria partisse perché erano due argentine, australiane, due della Nuova Zelanda. Pensavo che si sarebbero messe d’accordo per andare, una va a prendere la fuga e l’altra fa la volata.

Il podio dell'eliminazione, con la Cretti fra la neozelandese Murray e la polacca Harkowska (foto UCI)
Il podio dell’eliminazione, con la Cretti fra la neozelandese Murray e la polacca Harkowska (foto UCI)
Il podio dell'eliminazione, con la Cretti fra la neozelandese Murray e la polacca Harkowska (foto UCI)
Il podio dell’eliminazione, con la Cretti fra la neozelandese Murray e la polacca Harkowska (foto UCI)
Come ne sei uscita fuori?

Non nascondo che mi stavo innervosendo e temevo di perdere tutto. Addesi e Masotti però mi dicevano di aspettare e partire secco a 5 giri dalla fine. Ero un po’ indecisa, ma poi ho detto «sì, vado a prenderla, anche se ce le avrò tutte a ruota». Quando sono partita mi sono ritrovata presto sola, ai -3 ho detto che era il momento di prenderla con un grande sforzo. Sentivo la fatica salire lungo il corpo ma mi dicevo di non mollare. Quando è suonata la campana dell’ultimo giro mi sono mentalizzata: «Claudia, hai vinto il chilometro, qual è la differenza? Ce la fai a andare a tutta?». Così ho pedalato, pedalato, pedalato. L’ultimo giro è stato il più difficile perché era un po’ volata, un po’ inseguimento, ma alla fine l’ho presa.

La cosa più bella di questa trasferta?

Potreste pensare che sono le vittorie, ma per me c’è qualcosa che vale di più: tutte le avversarie, a ogni gara diversa, sono venute lì ad abbracciarmi e stringere la mano e dire che ero la più forte e me la meritavo.

La bergamasca con Bernard e Totò, argento nell'inseguimento, dietro lo staff azzurro (foto Federciclismo)
La bergamasca con Bernard e Totò, argento nell’inseguimento, dietro lo staff azzurro (foto Federciclismo)
La bergamasca con Bernard e Totò, argento nell'inseguimento, dietro lo staff azzurro (foto Federciclismo)
La bergamasca con Bernard e Totò, argento nell’inseguimento, dietro lo staff azzurro (foto Federciclismo)
Anche la Murray che per quattro volte ha dovuto mandar giù il boccone amaro?

Sì, anche lei dopo la finale della velocità era tutta sudata e distrutta. E’ venuta da me e ci siamo abbracciate e mi ha fatto i complimenti. L’anno scorso succedeva il contrario, Murray prima o seconda e io seconda o terza dietro di lei.

Questo salto di qualità a che cosa si deve?

Devo dire grazie a Pierpaolo Addesi che sin da tre anni fa mi diceva «Claudia, se mi segui, tu da oggi in poi puoi vincere tutte le gare a cui parteciperai». Io nel 2023 ero un po’ indecisa su queste cose, all’estero vanno più forte di me e a raggiungere il loro livello e a vincere mi sembrava quasi impossibile, però seguendo i suoi allenamenti, i suoi consigli e dando il massimo in ogni tipo di preparazione, sia in pista che strada quest’anno, i risultati sono arrivati.

L'Italia ha vinto anche 2 argenti e un bronzo. Qui Bissolati e Agostini, argento nel mixed team dello sprint con Ceci e Meroni (foto Federciclismo)
L’Italia ha vinto anche 2 argenti e un bronzo. Qui Bissolati e Agostini, argento nel mixed team dello sprint con Ceci e Meroni (foto Federciclismo)
L'Italia ha vinto anche 2 argenti e un bronzo. Qui Bissolati e Agostini, argento nel mixed team dello sprint con Ceci e Meroni (foto Federciclismo)
L’Italia ha vinto anche 2 argenti e un bronzo. Qui Bissolati e Agostini, argento nel mixed team dello sprint con Ceci e Meroni (foto Federciclismo)
Proprio Pierpaolo diceva al tempo dei mondiali su strada che non era stato tanto semplice per te quel periodo…

Eh, mi sono molto arrabbiata a Ronse, è andato tutto storto. La crono l’ho fatta così per riscaldamento, puntavo tutto sulla strada perché mi sentivo la più veloce, mi dicevo che non mi avrebbero staccato di un centimetro… Alla partenza non mi saliva il rapporto più duro, quindi sono andata lì alla partenza con tutti i meccanici che cercavano di modificare il rapporto e il cambio. Alla fine mi hanno dovuto adattare la bici di Giancarlo Masini e già ero nervosissima. Al secondo giro ho alzato la mano per chiedere assistenza della Shimano di scorta, ma eravamo un gruppetto ristretto e la macchina era lontana, quindi sono dovuta scendere dalla bici, aspettare la Shimano, abbassarmi la sella e poi in un gruppetto ho tirato un po’ per recuperare, col risultato che dopo tre giri ho spinto troppo e mi si è spaccata la catena. Ero fuori di me, poi mi sono detta: «Mi rifarò a Rio perché sono forte, sono preparata bene». Sono riuscita a dimostrare chi ero. La voglia di riscatto che avevo, tutta questa rabbia che avevo accumulato dentro sono state la mia benzina…

E’ chiaro che manca ancora tanto tempo, ma con un biglietto da visita del genere adesso non si può non pensare a Los Angeles…

Infatti parlando con Addesi e Masotti già ci siamo detti che questo è un punto di partenza. Ora bisogna mantenere questa andatura e migliorare in tante cose, perché l’appuntamento vero è quello.

La ripartenza dei paralimpici. Addesi fra medaglie e discussioni

12.05.2025
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Anche l’attività paralimpica è ripartita e anzi ha già vissuto un importante evento internazionale come la prova di Coppa del Mondo di Ostenda (BEL) dove la rinnovata nazionale ha fatto davvero faville, con 13 medaglie in totale (5 ori, 2 argenti e 6 bronzi).

Era il primo test per Pierpaolo Addesi, rinnovato alla guida del settore dopo la chiusura del quadriennio olimpico. Anzi, con una prospettiva diversa, essendo state unificate sotto la sua guida strada e pista. E il tecnico azzurro si è subito messo all’opera per trovare forze fresche, considerando l’età avanzata di alcuni esponenti storici. Una ricerca non scevra anche di qualche mugugno, considerando che c’è chi dice che stia andando a cercare nuovi azzurri nel mondo professionistico o giù di lì andando a spulciare eventuali appigli sanitari per inserirli fra le categorie paralimpiche.

Pierpaolo Addesi, impegnato in un difficile lavoro di scouting sostenuto da FCI e CIP
Pierpaolo Addesi, impegnato in un difficile lavoro di scouting sostenuto da FCI e CIP

Addesi non si tira indietro rispetto a un argomento che può risultare spinoso, ma per affrontarlo bisogna farlo con la giusta attenzione: «Siamo in un momento di passaggio, come ogni quadriennio. Già ai mondiali di Zurigo si era capito che avevamo bisogno di forze fresche perché alcune delle nostre colonne volevano chiudere o non erano più al livello d’eccellenza. Ho iniziato a girare, a prendere contatto con le società ma mi sono trovato di fronte un muro che spero di abbattere con la loro collaborazione».

Perché?

Basta guardare all’estero, dove ci sono tanti ciclisti elite che fanno la loro regolare attività su strada ma che hanno malformazioni, o dalla nascita o frutto di qualche incidente, che consente loro di fare anche attività parallela nel paraciclismo. Cosa significa ciò? Che alla società non si toglie nulla, anzi si aggiunge qualcosa a livello di vetrina, di messaggio culturale. Invece si pensa che se a un ciclista si propone di fare attività nel nostro settore, lo si vuole portar via.

Piazza d’onore per Chiara Colombo ed Elena Bissolati, tandem che finora ha privilegiato la pista
Piazza d’onore per Chiara Colombo ed Elena Bissolati, tandem che finora ha privilegiato la pista
Dall’altra parte però c’è chi dice che si cercano scorciatoie…

Non è assolutamente così. Io applico solamente quelle che sono le regole in vigore. Se un ciclista, per fare un esempio, ha un polpaccio inferiore all’altro, per qualsiasi ragione, potrebbe rientrare in una specifica categoria e può competere in quella. Perché non farlo allora? Molti non lo sanno neanche. Guardate ad esempio Dementiev, l’ucraino campione paralimpico che da tanti anni fa la sua attività nelle continental. O la stessa Cofidis, che nel suo roster ha due atleti con regolare contratto professionistico che fanno attività paralimpica.

E’ anche un problema culturale?

Forse, ma io ci vedo più ignoranza, nel senso letterale del termine. Dimenticando che facendo attività nazionale paralimpica si acquisiscono i requisiti per avere un contratto con un corpo militare e quello puoi tenerlo per tutta la vita. Si va anche al di là del puro discorso sportivo – avverte Addesi – Deve essere chiaro il fatto che da parte mia e della federazione non c’è alcuna forzatura, applichiamo solo la classificazione internazionale. Per rientrare in una categoria paralimpica bisogna superare rigidi esami medici da parte della commissione internazionale, che fra l’altro è diventata anche molto più severa e a tal proposito posso raccontare un aneddoto…

Protagonista assoluta in Belgio Roberta Amadeo, vincitrice sia in linea che a cronometro
Protagonista assoluta in Belgio Roberta Amadeo, vincitrice sia in linea che a cronometro
Prego…

A Parigi c’è stato un atleta che cogliendo il secondo posto ha impedito a Giorgio Farroni di vincere la medaglia olimpica. Questo atleta aveva una malformazione che fino all’anno prima lo faceva appartenere a un’altra categoria, poi era stata cambiata la regola. Ora è stata nuovamente cambiata e quell’atleta è tornato alla categoria precedente. Il danno è stato tutto per Farroni, che si ritrova senza una medaglia ampiamente meritata.

La tua ricerca ha portato risultati?

Qualche atleta nuovo c’è come Giacomo Salvalaggio dell’Uc Pregnana oppure Riccardo Stacchiotti, che aveva chiuso la sua carriera nel 2021. A causa di un incidente in moto nel 2023, Riccardo ha qualche problema nella mobilità di una caviglia. Sapendolo, l’ho consultato e gli ho proposto l’idea che ha accolto con entusiasmo. A Ostenda ha chiuso 5° perché deve riprendere confidenza e perché si è reso conto che le competizioni paralimpiche sono molto diverse, ma la volata del gruppo l’ha vinta con facilità.

Per Giacomo Salvalaggio, under 23 dell’Uc Pregnana, subito un bronzo nella categoria MC5
Per Giacomo Salvalaggio, under 23 dell’Uc Pregnana, subito un bronzo nella categoria MC5
Le gare di Ostenda che cosa ti hanno detto?

E’ un risultato complessivo molto buono considerando anche che in questo periodo tradizionalmente non siamo al massimo e paghiamo dazio rispetto ad altre nazioni. In primis la Francia che ha un movimento pauroso. Ne parlavo con il mio omologo transalpino, Laurent Thirionet, mi diceva che dopo Rio 2016 hanno fatto una profonda ristrutturazione del settore, con 50 atleti scaturiti da una grande ricerca. Noi ci stiamo ispirando e stiamo prendendo esempio da quel sistema. Tornando alle gare belghe, ho raccolto molte positive indicazioni

L’handbike resta il nostro pezzo forte?

Sicuramente, lì abbiamo un gruppo consolidato e sono molto fiducioso su quel che potremo fare da qui in avanti. Ma stiamo crescendo anche nelle altre categorie. Il tandem ad esempio mi dà molte speranze, con la coppia Toto-Bernard che possono solo crescere dopo aver vinto la gara in linea. Paolo rispetto a Davide Plebani è più stradista e quindi si deve ancora amalgamare con Bernard, ma sono convinto che soprattutto a cronometro hanno margini enormi, come anche Bissolati-Colombo, una coppia più per la pista ma che credo anche su strada potrà far bene.

Lo sprint vincente di Paolo Toto e Lorenzo Bernard, vittoriosi alla loro prima uscita internazionale
Lo sprint vincente di Paolo Toto e Lorenzo Bernard, vittoriosi alla loro prima uscita internazionale
Poi c’è la Cretti…

Credo che a Ostenda si sia visto il suo vero valore – afferma Addesi – Finalmente posso lavorare con lei a pieno livello, fra strada e pista. E’ un’atleta nuova, la volata che le ho visto fare mi ha riempito il cuore. Ha chiuso la parentesi dello scorso anno lavorando duro, anche fisicamente è molto più asciutta e tirata. In questo vorrei dire grazie al Team Performance che ci sta dando una grande mano, sia per la pista che per la strada. Con una direttiva ben chiara.

La smorfia di Claudia Cretti al traguardo, dopo la sua volata tanto imperiosa quanto vincente
La smorfia di Claudia Cretti al traguardo, dopo la sua volata tanto imperiosa quanto vincente
Quale?

Privilegiare quelle che sono le categorie e le specialità olimpiche. Vincere medaglie europee e mondiali in altre prove, dove la partecipazione è ridotta perché a tante nazioni non interessano, non serve a molto, noi dobbiamo concentrarci sulle prove olimpiche perché sappiamo bene che il nostro lavoro viene giudicato ogni quattro anni, in quello che è l’evento principe.

Perusini, il miracolo della pista alle Paralimpiadi di Parigi

16.07.2024
6 min
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Se Pierpaolo Addesi sta a Daniele Bennati, nel ciclismo paralimpico il ruolo di Villa appartiene a Silvano Perusini, che lo scorso anno ebbe l’incarico di costruire dal nulla il settore della pista. Nell’Italia delle tantissime medaglie su strada, infatti, la pista inspiegabilmente mancava. Il friulano, che per mestiere lavora in un centro di riabilitazione per tetra e paraplegici in cui gestisce tutta la parte di scienze motorie, ha preso l’incarico con serietà ed entusiasmo. Il frutto del suo lavoro e quello degli atleti sono state le prime medaglie ai mondiali – da Glasgow a Rio – e la qualificazione olimpica. Da domani la sua nazionale sarà in ritiro a Montichiari.

«Non me l’aspettavo – dice – sinceramente, non me l’aspettavo. Cordiano stesso (il presidente federale Dagnoni, ndr) mi aveva indicato come obiettivo massimo le Olimpiadi di Los Angeles del 2028, perché anche lui capiva che era tutto da costruire. Quando sono arrivato, non avevo neanche un’officina, non avevo un box, non avevo una bicicletta, una ruota, né dati sugli atleti. Quando entravo in pista con quei 4-5 ragazzi che avevo convocato, c’era una disorganizzazione incredibile. Loro non sapevano come riscaldarsi, non sapevano dove mettersi. Ne avevo uno in curva, uno nel rettilineo delle partenze, l’altro nel rettilineo opposto. Adesso invece si fissa un orario. Si dice che alle 9,30 si sale in pista e li vedi puntuali, che fanno doppia fila, organizzati con il rapporto giusto, con la pressione giusta delle gomme. Ormai abbiamo raggiunto un livello di organizzazione molto elevato. Quindi non guardo solo il risultato, ma anche il lavoro fatto. Adesso hanno delle competenze tecniche e tattiche, sanno gestire le varie tipologie di allenamento. In questi due anni, abbiamo fatto veramente un bel lavoro».

Campionati del mondo pista di Glasgow 2023, prima apparizione per la nazionale di Silvano Perusini
Campionati del mondo pista di Glasgow 2023, prima apparizione per la nazionale di Silvano Perusini
Si può dire che il primo scatto nella consapevolezza sia stato il mondiale di Glasgow?

Sono stati i mondiali in cui sono scattati il senso di appartenenza alla squadra e l’orgoglio per le medaglie raggiunte. E chi non ha portato medaglie comunque ha ottenuto dei quarti posti. Ci siamo resi conto delle nostre capacità, delle nostre potenzialità e dei margini di miglioramento. Glasgow ci ha dato visibilità a livello nazionale, grazie alla presenza dei giornalisti. Eravamo equiparati alla nazionale di Villa, siamo usciti dall’ambiente ciclistico paralimpico e siamo entrati in quello del ciclismo. C’erano le dirette, immagini che giravano in televisione e sui siti. A Glasgow c’è stata una grossa gratificazione anche dal punto di vista mediatico che, assieme ai risultati ha fatto crescere il gruppo. E tutto questo ci ha dato una grande spinta verso i mondiali di Rio.

Cosa è successo a Rio?

Abbiamo avuto una bella crescita che ci ha permesso di conquistare delle medaglie e di vincere il titolo mondiale a squadre (foto di apertura, ndr), che secondo me è il più gratificante. Fra tutte le specialità, è la più difficile da costruire dal punto di vista tecnico. Hai bisogno di lavorare su quattro atleti (Chiara Colombo-Elena Bissolati, Federico Meroni-Francesco Ceci, ndr), sulla tecnica, sulla tattica. Ci sono meccanismi da curare, devi raggiungere veramente la perfezione per fare un risultato del genere. Probabilmente nell’ambito del mondiale è stata la medaglia più bella.

Hai avuto difficoltà a fare le scelte per Parigi?

Ho avuto difficoltà perché nell’attimo in cui raggiungi una certa posizione nel ranking, l’UCI ti dice che hai dei posti limitati e quindi ti devi confrontare anche con la strada. Il gruppo guidato da Pierpaolo Addesi ha una tradizione e una storia molto più lunga di quella su pista. Ha dei campioni affermati che calcano da sempre il palcoscenico dei mondiali e delle Olimpiadi e questo ti porta a delle scelte obbligate. Quindi per il rispetto verso gli atleti della strada, che sono veramente di altissimo valore, abbiamo scelto di portare in pista chi ai mondiali aveva fatto podio nelle specialità olimpiche. Per cui i nomi erano quelli di Claudia Cretti e il tandem di Plebani-Bernard. In più ci siamo giocati la slot con Andrea Tarlao, anche se ai mondiali non aveva preso una medaglia nelle discipline olimpiche.

Ai mondiali di Rio, Claudia Cretti è stata terza nell’inseguimento
Ai mondiali di Rio, Claudia Cretti è stata terza nell’inseguimento
Le discipline olimpiche sono il chilometro e l’inseguimento, giusto?

Esatto. E sono soddisfatto di partecipare con tre ragazzi – due del tandem e la Claudia – perché mai ci saremmo sognati di poter già accedere alle Paralimpiadi. Penso sia una bella gratificazione per tutto il gruppo della nazionale su pista e soprattutto per questi ragazzi che hanno lottato tanto. Mi dispiace per il tandem di Ceci e Meroni, perché a Rio hanno fatto un grandissimo mondiale. Hanno vinto la specialità a squadre, il tandem sprint a squadre, ma non hanno preso la medaglia in una specialità olimpica. Sono arrivati quinti nel chilometro, a pochissimo dal podio, ma non è bastato.

Quanto è stato difficile, visto il gruppo che si è creato, comunicare l’esclusione agli atleti rimasti fuori?

E’ una cosa tragica. Durante i ritiri nasce una grande complicità tra atleta e tecnico nel rispetto dei propri ruoli. Mi rendo conto che l’atleta patisca una scelta del genere, però è tanto pesante anche trasmetterlo, proprio per il rapporto che si crea. Non è stato semplice, però poi fai una valutazione prettamente tecnica e quindi i ragazzi devono recepirla, capirla e accettarla.

Quanto siete cresciuti sotto l’aspetto tecnico rispetto al non avere nemmeno un’officina?

Molto. Per quanto riguarda il tandem, abbiamo la collaborazione con Bonetti. Per le ruote, viviamo abbastanza alla luce della nazionale maggiore. Infine, per tutto quello che è la valutazione funzionale, ci basiamo sulla collaborazione col Team Performance della Federazione. Quindi abbiamo dei dati molto specifici sulle qualità e le capacità dei ragazzi e questo è veramente una cosa molto importante. In più utilizziamo i biomeccanici della Federazione e anche in questo riusciamo a curare il materiale e il posizionamento in modo molto preciso. Se penso a quello che eravamo, abbiamo raggiunto veramente un livello importante.

Secondo te quale potrebbe essere il nostro livello a Parigi?

Facciamo subito un’analisi per atleta. Claudia Cretti ha delle possibilità di medaglia per quanto riguarda l’inseguimento individuale. Stiamo lavorando tecnicamente in modo particolare sulla difficoltà nel raggiungere la velocità di crociera. La stiamo in parte risolvendo, quindi secondo me riusciremo a fare veramente una prestazione importante e mirare a una medaglia. Nei 500 metri ancora no, perché è ancora più importante lo stacco dal blocco in partenza. Quindi secondo me arriveremo fra i primi, ma non siamo da podio. Per quanto riguarda il tandem di Plebani e Bernard, che tra l’altro hanno fatto un ottimo risultato a Rio (terzi con 4’08”), anche lì abbiamo possibilità di medaglia. Rispetto a Rio siamo con tutti in condizione leggermente migliore. Abbiamo lavorato di più per quanto riguarda gli aspetti tecnici e gli aspetti metabolici specifici delle discipline paralimpiche. Sicuramente il tempo potrà essere abbassato, bisognerà vedere cosa faranno le altre nazioni. Io però sono abbastanza ottimista di poter migliorare intanto la prestazione di Rio.

Cosa farete di qui a Parigi?

Da questa settimana, da domani fino al 20, siamo in ritiro in pista. Il 20 abbiamo una gara paralimpica a Pordenone e ci teniamo anche a fare bene. Gli organizzatori sono stati gentilissimi e in Italia sono anni che non si fanno competizioni paralimpiche su pista al di fuori dei campionati italiani. La gara è la preparazione che ti dà qualcosa in più per fare bene nelle competizioni internazionali. Sono proprio contento di partecipare a questo evento, all’interno della Tre Sere di Pordenone, come nazionale. C’è un discreto pubblico, avremo visibilità e poi nella prima metà di agosto faremo altura a Campo Felice assieme al gruppo strada. Dal 20 al 25 torneremo in pista a Montichiari e il 25 si parte per Parigi. Andiamo alle Paralimpiadi, lo trovo meraviglioso.

Il ciclismo paralimpico italiano ha trovato un nuovo tesoro: la pista

02.04.2024
6 min
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Nei giorni scorsi Rio de Janeiro ha ospitato i mondiali di ciclismo paralimpico su pista e la nazionale italiana è tornata a casa con un oro, un argento e 3 bronzi (nella foto di apertura della Fci). Un bottino sontuoso, considerando che la disciplina era sempre stata l’anello debole del movimento, pochissimo praticata e pressoché senza squilli. Qualcosa si era già visto lo scorso anno a Glasgow, ma si gareggiava in un contesto particolare, con tutte le discipline su due ruote concentrate in una sorta di “Olimpiade interna”. Questa volta no, tutti i fari dell’attenzione erano sul velodromo e sugli atleti paralimpici.

Perusini insieme a Claudia Cretti. Il tecnico azzurro ha costruito il settore quasi dal nulla
Perusini insieme a Cretti. Il tecnico azzurro ha costruito il settore quasi dal nulla

Tre anni per costruire una disciplina

Inoltre, dato da non sottovalutare, fino a pochissimi anni fa in Italia il ciclismo paralimpico era sinonimo di handbike e nient’altro. Tanti allori in quello specifico settore, niente nell’altro al punto che tre anni fa, ai Giochi Olimpici di Tokyo, non eravamo neanche presenti (e nel mondo paralimpico il ciclismo su pista è disciplina trainante, quasi al livello di atletica e nuoto).

Per questo i risultati ottenuti in Brasile hanno un peso enorme e Silvano Perusini, il cittì del settore ci tiene che venga messo in rilievo: «Non guardo solo al medagliere, ma anche alle prestazioni generali, ho visto tempi davvero di rilevanza internazionale. Poi è arrivato l’oro e non in una specialità qualsiasi, ma nel team sprint con i tandem, battendo la Gran Bretagna che di questo sport è un po’ il faro per tutti».

La squadra azzurra del team sprint, con Colombo, Bissolati, Meroni e Ceci
La squadra azzurra del team sprint, con Colombo, Bissolati, Meroni e Ceci

Cretti e il tandem già a Parigi

Non era, quello di Rio, un mondiale normale, perché arriva a pochissimi mesi dai Giochi Paralimpici di Parigi e quindi non solo dava punti fondamentali per le qualificazioni, ma era anche uno specchio di quel che ci poteremo aspettare.

«Ci presenteremo a Parigi non per fare comparsa. Intanto ci sarà Claudia Cretti che a Rio ha preso tre medaglie pur essendo lontana dalla miglior condizione per alcuni problemi e questo dà a lei e a noi molta speranza. Poi avremo Bernard e Plebani nel tandem che a Rio hanno preso un bronzo clamoroso. Anche perché è una coppia costituita da pochissimo. Non dimentichiamo che Plebani fino a poco più di un anno fa era nel gruppo di Villa, ha dovuto aspettare che decorressero i 12 mesi richiesti dall’Uci per il passaggio dal settore olimpico a quello paralimpico».

I due tandem oro nel team sprint con Bissolati e Colombo davanti, Ceci-Meroni dietro
I due tandem oro nel team sprint con Bissolati e Colombo davanti, Ceci-Meroni dietro

Tokyo 2020 senza azzurri al velodromo

E’ qualcosa per certi versi clamoroso, perché tre anni fa la nostra assenza nel velodromo, in un’edizione paralimpica considerata la migliore di sempre, fece comunque scalpore: «Siamo partiti da zero, non posso negarlo. Nel precedente quadriennio non c’era alcuna attività nei velodromi. Non c’era organico, non avevo niente in mano. Devo dire grazie alla Federazione e al Cip che si sono resi conto di come quell’assenza fosse una macchia nell’immagine dello sport italiano e mi hanno messo nelle migliori condizioni per lavorare. Negli ultimi 18 mesi si è investito molto, considerando anche che per colpa del Covid abbiamo avuto un anno in meno per lavorare. Ma non dobbiamo illuderci: anche se a Parigi ci saremo, abbiamo un lungo cammino da compiere.

Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano Parigi
Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano Parigi

Manca ancora un calendario

«Ora abbiamo un velodromo per lavorare, materiali, anche un budget seppur non cospicuo. Ma siamo anni luce lontani dalle altre Nazioni. Ai mondiali abbiamo portato gente che era alle prime armi in assoluto, non solo in ambito internazionale, ma proprio immersa in un ambiente completamente sconosciuto. E ci confrontiamo con nazioni dove c’è una tradizione pluridecennale. Per questo i nostri risultati sono clamorosi».

Perusini, pur facendo leva sull’entusiasmo e sulle speranze per Parigi, non dimentica dove si deve lavorare: «E’ fondamentale che si costruisca un calendario nazionale di gare. Noi non l’abbiamo e questa è una grave lacuna. C’è gente che non ha mai fatto gare di gruppo, senza alcuna esperienza, facendo leva solo sulla propria preparazione che in contesti del genere risulta quasi asettica. Da noi deve crescere la cultura paralimpica, abbiamo bisogno dell’impegno delle società, anche, anzi soprattutto nell’allestimento di eventi. Costruiamo una strada che porta ai grandi eventi. Allora le imprese di Cretti o Bernard-Plebani non saranno più isolate».

Per Claudia Cretti a Rio l’argento nello scratch e il bronzo nell’omnium e nell’inseguimento
Per Claudia Cretti a Rio l’argento nello scratch e il bronzo nell’omnium e nell’inseguimento

Il cammino verso Parigi

Che atmosfera c’era a Rio? «Pubblico ce n’era, ma è stato sicuramente molto diverso da quanto avvenuto a Glasgow. Lì avevamo un’attenzione mediatica straordinaria perché eravamo fianco a fianco con i grandi campioni del ciclismo. Questa volta l’impatto è stato più tranquillo».

Ora la mente è proiettata verso Parigi, ma il cammino è ancora lungo: «Abbiamo in programma due prove di Coppa del Mondo, a Maniago e Ostenda, poi verranno stilati i ranking definitivi e sapremo a quanti posti abbiamo diritto per tutto il ciclismo paralimpico. A quel punto con Pierpaolo Addesi che è il cittì della strada faremo le nostre scelte. E’ chiaro però che un podio iridato dà già un posto nella selezione azzurra e mi dispiace che il team sprint non sia fra le specialità previste a Parigi, meritavano quella chance. La Colombo ha appena 19 anni, anche Meroni è giovanissimo e con Bissolati e Ceci hanno subito trovato un connubio importante. Quell’oro è stato un capolavoro ed è lo specchio di dove possiamo arrivare se c’è collaborazione da parte di tutti».

Per la rappresentativa azzurra 8° posto nel medagliere vinto dalla Cina con 14 ori
Per la rappresentativa azzurra 8° posto nel medagliere vinto dalla Cina con 14 ori

Come a Tokyo, se non di più…

Finora l’Italia del ciclismo paralimpico è stata identificata con l’handbike. In che modo questa, non prevista a Rio, si presenterà al consesso olimpico?

«Dopo Tokyo abbiamo profondamente rivoluzionato la nazionale, immettendo nomi nuovi, molti giovani che hanno fatto esperienza come Pini e Testa già assiso sul massimo gradino del podio mondiale. Tanti elementi sono ancora “grezzi” nel senso che hanno poca esperienza, ma io dico che andremo a Parigi per puntare allo stesso obiettivo di Tokyo ma con la possibilità di fare anche di più».

Dal buio a tre medaglie: la devozione di Cretti per la bici

09.08.2023
7 min
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GLASGOW – Tre medaglie in un ciclismo che raramente ci capita di raccontare e spesso vive nell’ombra. Bronzo nell’inseguimento, argento nello scratch e nell’omnium. Forse l’unica nota positiva di questo mondiale caotico e sovrapposto è la possibilità di vedere all’opera i ragazzi della nazionale paralimpica, che solitamente si sfidano lontano dai riflettori dei grandi. Potremmo discutere a lungo su cosa sia veramente grande, ma così vanno le cose. Perciò quando ieri pomeriggio mi sono seduto con Claudia Cretti nella hall del velodromo, non nascondo di essermi sentito un po’ emozionato e anche un po’ in colpa.

Scusate la prima persona: di solito non si usa, ma quando si parla di emozioni è inutile girarci attorno. Claudia non la conoscevo prima del suo incidente al Giro d’Italia. Era il 2017, settima tappa da Isernia a Baronissi. Cadde, finì in coma e le notizie che uscivano sui giornali non autorizzavano a sperare in nulla di buono. Invece il destino aveva in serbo altre strade. Si risvegliò e quando tornò a casa chiese ai suoi di rimetterla in bicicletta. Ricordo di aver letto un’intervista in cui riferiva di una frase sentita dalla bocca di Alex Zanardi: «Non guardare la metà che non hai, ma quella che ti è rimasta». Serve tanta forza per dire certe parole, crederci davvero e rialzarsi. Osservando le sagome degli atleti in gara, ho pensato a tutte le scuse che trovo per non uscire in bicicletta e mi sono sentito un po’ piccolo.

Nella volata dello scratch, fuggita l’australiana, ha regolato facilmente le altre
Nella volata dello scratch, fuggita l’australiana, ha regolato facilmente le altre
Torni a casa con tre medaglie, te l’aspettavi?

No, soprattutto non pensavo mai di arrivare sul podio nell’omnium. L’emozione più grande è stata fare il terzo posto nell’inseguimento: pensavo di essere la più scarsa del mondo, invece ho dimostrato il mio valore. Poi nello scratch ho fatto notare a tutti la mia volata. Se avessi avuto il guizzo per andare dietro all’australiana, avrei vinto sia lo scratch sia l’omnium e sarebbe stato un passo in più.

Eppure quando l’australiana è partita, sembravi avere tutto sotto controllo…

Stavo anche per partire, in effetti, però ho visto che le mie avversarie, che nell’omnium erano messe bene, mi controllavano a ruota. Allora mi sono detta: se le porto sotto, magari in volata riescono a battermi. Così le ho tenute d’occhio e ho pensato a fare la mia volata. Speravo di raggiungere l’australiana, invece ho vinto solo la volata alle sue spalle. Però me ne torno a casa con un’esperienza gigante per i prossimi mondiali.

Hai ripreso subito su strada, già nel 2019: volevi riprenderti quello che hai lasciato in quell’incidente?

Appena sono arrivata a casa, dopo quattro mesi in ospedale, volevo andare in bici. Nelle prime uscite, ho fatto fatica. Però la mia passione è stata da sempre il ciclismo, quindi passando i mesi e gli anni, ho dimostrato di migliorare. Noto che i risultati in Italia migliorano, per cui mi piacerebbe arrivare passo dopo passo al podio nelle Coppe del mondo e ai mondiali. Non guardo il passato, ma al presente: sono le prime medaglie di questo nuovo segmento della mia vita. Quindi sono orgogliosa e punterò a migliorare ancora.

Due medaglie nello stesso giorno che si sommano all’inseguimento: niente male
Due medaglie nello stesso giorno che si sommano all’inseguimento: niente male
Il settore pista ha adesso un tecnico come Silvano Perusini, come ti trovi?

Ci chiama spesso durante la settimana, ci dice cosa fare durante il giorno e ci siamo trovati spesso a Montichiari. E’ cambiato un sacco, in pista è nato anche il miglioramento nell’inseguimento rispetto a Parigi, facendo ripetute e tutti i lavori specifici. Anche prima ho ottenuto medaglie col quartetto e anche nello scratch, però nel paraciclismo è tutto nuovo. Ogni anno scopro cose nuove, per questo ora puntiamo ai prossimi mondiali a Rio, sapendo che essere più vicini ai migliori in pista diventa utile anche su strada. Sono contentissima di poter fare doppia esperienza, sia strada che pista.

In questi mondiali ci si lamenta perché ci sono troppi eventi e tutti insieme. Forse invece per voi è il modo di avere una vetrina superiore? 

Si, è vero. In Italia tre quarti delle persone non sanno cosa sia il paraciclismo. Invece questa visibilità, avendo i mondiali con normodotati e paraciclisti insieme, rende più appetibile anche il nostro settore. Ognuno degli atleti che è qui arriva da brutte cadute, brutti incidenti e così via. Però per tirarsi su nuovamente, contano la testa, alzarsi e riuscire a ottenere medaglie importanti.

Per te è stato più difficile ripartire o arrivare qui a vincere queste medaglie?

E’ stato un miracolo che sia riuscita a sopravvivere al mio incidente. Devo dare un ringraziamento gigante all’ospedale di Benevento e alla mia famiglia che mi è stata vicina sin dal primo giorno. E anche la nazionale para ciclistica che ci segue un sacco bene e a Luca Cecchini, che mi sono stati vicino sino alla partenza dell’inseguimento. Sono davvero soddisfatta.

Scusa la domanda, se si può chiedere: qual è la tua disabilità?

Il trauma cranico che mi è successo il 6 luglio del 2017, mi ha provocato dell’epilessia. Ho fatto diverse verifiche e visite mediche per capire in quale categoria fossi per il paraciclismo e l’anno scorso facendo i mondiali di Parigi mi hanno messo in C5 definitiva. Il paraciclismo ha tante disabilità. Mi hanno messo in categoria C5 e sarà quella, se sarà possibile e se crederò in me, con cui potrei partecipare alle Olimpiadi. E anche lì la mia testa va verso le medaglie, quindi ce la metterò tutta.

E’ il sogno più grande?

Effettivamente sì. Da quando ero piccola e ho iniziato ad andare in bici, le Olimpiadi erano un sogno gigante. Mi piacerebbe dimostrare quanto valgo.

Nella finale per il bronzo dell’inseguimento eri contro una britannica…

Facevano tutti il tifo per lei. Ma io a quel punto non pensavo a queste cose, pensavo a spingere a dare il massimo. E quando ho sentito lo speaker dire il mio nome, ho cominciato a esultare. E’ stata una bella esperienza.

L’abbraccio con il tecnico Perusini corona un periodo di duro lavoro
L’abbraccio con il tecnico Perusini corona un periodo di duro lavoro
Com’è stato in questi giorni il rapporto con gli altri atleti della nazionale?

Siamo stati nello stesso hotel e loro chiedevano a noi alcune cose specifiche, su come facciamo le gare. Loro a noi, capito? In teoria sarebbe il contrario. Ho visto Filippo Ganna parlare con Andrea Tarlao, chiedendogli alcune cose per fare la gara. C’è tanta sintonia facendo i mondiali insieme. 

Frequenti ancora le ragazze con cui correvi?

Ci sentiamo con le mie compagne della Valcar. Quando ci siamo viste qua in hotel, hanno detto che hanno pianto per me il giorno dello scratch, anche Martina Alzini, Miriam Vece. C’è tanta sintonia, l’amicizia continuerà. E se ho ripreso a correre, lo devo a Valentino Villa.

La sera del doppio argento, grande festa nell’hotel degli azzurri
La sera del doppio argento, grande festa nell’hotel degli azzurri
Torni a casa e come riprende la vita?

Bici, bici, bici, bici e bici. Voglio migliorare le cose in cui sono un po’ sotto tono, anche su strada. Ho fatto due Coppe del mondo quest’anno, ma sono andate male. Però l’anno prossimo faccio vedere alle altre quanto valgo.

Ci saranno altri grandi appuntamenti per quest’anno?

Vediamo se ci sarà la possibilità di fare gli europei, altrimenti parteciperò ai campionati italiani di ciclocross e forse di mountain bike fra settembre e ottobre. Non mi fermo di certo, questo ormai l’avete capito bene…