Cavalli, la forza in palestra alla scuola di “Gazzo”

16.11.2022
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“Gazzo” la osserva da lontano e qualche volta annuisce. Marta Cavalli lavora allo squat con movimenti rapidi. La gamba sottile risponde con dei guizzi. Siamo al centro Kinesis, di cui abbiamo accennato anche ieri, raccontando l’incontro con Marta. Questa volta però entriamo più nello specifico dell’allenamento, parlando con il suo coach. La forza in palestra per uno scalatore. Il discorso è ampio, la mattinata grigia aiuta. “Gazzo”, al secolo Mattia Gazzoni, è la guida ideale.

«Con Marta – dice Gazzo – lavoro da circa tre anni. Siamo partiti con una programmazione non mirata, perché power lifting, quindi il bilanciere, e il ciclismo sono completamente diversi. Quindi bisogna capire qual è l’obiettivo e capire l’atleta. Marta comunque è sempre sul pezzo, quindi non è stato difficile farle capire che il bilanciere poteva aiutarla nel migliorare le prestazioni in bicicletta. Abbiamo messo insieme una programmazione in cui nella off season cerchiamo di spingere il più possibile per incrementare la forza massima. Per andare poi a trasformarla nel periodo in cui ripartirà in bicicletta».

La palestra le piace e Gazzo conferma: Marta Cavalli è fra i pochi atleti del gruppo che è contenta di lavorare al chiuso
La palestra le piace e Gazzo conferma: Marta è fra i pochi atleti del gruppo che è contenta di lavorare al chiuso
Cosa cambia quando arriva la bici?

Si abbassa il volume di lavoro e si cerca di renderla il più performante possibile anche in sella. Non la vedo negli allenamenti, non ho un feedback da parte del preparatore. Il tramite è lei. Si cerca di fare il meglio possibile.

Su cosa lavora quando è qui?

Sicuramente la conoscete, quindi probabilmente saprete anche di tutte le problematiche che può avere un’atleta professionista nella sua carriera. Lei ha avuto problematiche di peso, problematiche fisiche, incidenti, quindi diciamo che è partita con esercizi che fanno incrementare la forza nelle gambe e migliorare la postura sulla parte superiore. Adesso invece piano piano stiamo anche cominciando a lavorare sulla parte alta. Ovviamente quello non è il suo focus.

Quali esercizi fa per la parte superiore?

Per la maggior parte esercizi posturali. Ha un po’ di cifosi, quindi niente lavoro invasivo all’addome. Si va a fare una preparazione funzionale allo svolgimento delle gare.

Questo significa che hai dovuto studiare il gesto della pedalata?

Esatto. Abbiamo cercato di correggere un problema di lateralità che hanno tutti gli atleti e si vede molto soprattutto nella pedalata. Quindi lavoro su adduttori e abduttori. Vado a vedere quali sono i muscoli agonisti e antagonisti che lavorano di più. Ovviamente il ciclismo è uno sport che crea un sacco di divario tra agonisti e antagonisti, soprattutto nella parte bassa. Quindi diciamo che è solo una questione di obiettivo. Ci sarebbero un sacco di cose da fare. Per ora abbiamo estratto dal cilindro quelle giuste, in futuro vedremo…

Cosa potrebbe cambiare?

Secondo me capiremo alla fine della prossima stagione. In quella appena passata, nonostante gli infortuni, Marta ha comunque avuto un incremento. Nel 2023 l’obiettivo, secondo il mio punto di vista, è ripetersi. E’ difficilissimo, ma lei c’è. Anche con il bilanciere, negli ultimi tre anni l’incremento si è visto. La tengo monitorata, abbiamo delle tabelle e dei grafici che mantengono ben visibili i carichi: i momenti dove ha caricato di più, quelli dove abbiamo scaricato e quali carichi utilizzava… . E abbiamo visto che comunque siamo andati verso la super compensazione, che era quello che ci interessava.

Partiamo dall’inizio: Marta arriva e fa il suo riscaldamento.

Sempre, esatto. Ha la prima parte in cui fa attivazione di mobilità. Gli esercizi sono una routine che ti fa entrare nella tua comfort zone, prima di andare al bilanciere e spingere. Poi passa alla sessione di pesistica e poi sempre lo stretching di routine, con tutti gli esercizi di respirazione, eccetera. Quindi è proprio un allenamento fatto e finito e non replicabile su un’altra persona. Adesso è diventata autosufficiente anche in quello. Le prime volte era da seguire, invece adesso è molto autonoma durante gli allenamenti.

Marta racconta che fa meno lavori di forza in bici, perché li fa in palestra.

Non ci sono degli studi che dimostrino l’efficacia della trasformazione in bici del lavoro svolto in palestra. Però se fai il mio lavoro, sai benissimo che puoi caricare nel modo corretto e gestire la parte di alzata che ti interessa, magari nello squat sfruttando solo la fase più alta. In bicicletta i movimenti dell’anca e del ginocchio non sono così estremi. Quindi se non ti interessa che l’atleta faccia lo squat da gara, ma vuole semplicemente migliorare nel suo range di movimento, riesci anche a capire se la trasformazione funziona in bicicletta. Stesso discorso per la parte superiore. Marta non fa la panca piana, perché l’obiettivo non è fare sollevamento. Però fa tutto per quanto riguarda lo stacco, cioè il lavoro di agonisti e antagonisti, flessori, quadricipiti…

Questo significa che anche Gazzo ha dovuto documentarsi sul ciclismo?

So benissimo che il numero di giorni che sta sulla bici durante l’anno sono talmente tanti che non puoi permetterti di sbagliare e caricare troppo col bilanciere. Devi lavorare con un carico che ti permetta di stimolare l’incremento della forza, senza stressare il corpo.

La palestra rimane anche durante la stagione, in che modo?

Visto che non si allena sempre con la squadra, riesce anche a gestirsi con la palestra. Quindi viene qua, oppure ne ha una piccola in casa e io la seguo anche in quello. Lavorando con carichi non massimali, riesce a gestirsi bene da sola. Gli allenamenti durante l’anno non sono sempre fissi. Si fanno in base alle gare, agli allenamenti, ai ritiri con la squadra, se poi ci sarà la nazionale di nuovo… Insomma, bisogna definire bene gli obiettivi, perché non ne ha solo uno e vedere quali sono le gare cui punta davvero.

Quindi la palestra segue il calendario gare?

Per forza, non puoi dare un programma fine a se stesso. Devi valutare il lavoro. Quanto stress le ha portato? In base a questo, devi essere in grado di dosare i volumi, perché l’obiettivo è sempre quello di salire in bicicletta e spingere. E poi si valutano i punti di forza, anche in base al peso corporeo, e cercare di migliorare. Magari serve mettere un po’ di massa magra o magari un po’ di forza in più per la volata o altro in cui magari è carente.

Ti capita mai di seguirla in allenamento?

No, però ogni tanto quando esce da sola le chiedo il wattaggio, che tipologia di sforzi sta facendo, che ripetute fa, quanti chilometri fa, con che dislivello, a che livello di fatica. Mi serve solo per capire quanto rendere stressante, stimolante o rigenerante il prossimo allenamento di pesistica.

Parliamo di te, adesso. Chi sei?

Sono Mattia Gazzoni, detto Gazzo, e ho 32 anni. Ho aperto questa palestra quattro anni fa con il mio socio Andrea Loda e abbiamo cercato di darle l’impronta che volevamo. Abbiamo studiato entrambi Scienze Motorie e abbiamo cercato di improntarla sulle preparazioni atletiche di qualsiasi genere. Sono di Castellone e ho giocato a basket fino ai vent’anni, poi dopo quattro interventi alle ginocchia, ho capito di dover smettere. Ho continuato come preparatore e invece ora seguiamo la pallavolo nel nostro paese. Io una squadra femminile, il mio socio la maschile con ottimi risultati. Marta però è il nostro fiore all’occhiello, un’atleta con la maiuscola.

Un giro d’autunno nel mondo di Marta

15.11.2022
7 min
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Castelleone si trova a 8 chilometri da San Bassano, dove vive Marta Cavalli. La giornata è brumosa, ma promette di aprirsi. Le stradine che ci hanno condotto fino alla palestra Kinesis in cui Marta si è allenata stamattina sono simili fra loro e formano un reticolato, da cui non saremmo mai usciti senza navigatore. I nomi riportano indietro alla cronaca recente.

«Codogno è giusto qua dietro – dice mentre guida fino al suo bar preferito – sembrava che fossero gli unici ad avere il Covid, quando in realtà ce l’avevano tutti…».

Sedersi a un tavolo con un caffè davanti è il modo migliore per entrare nel mondo di Marta Cavalli a capo di una stagione per metà portentosa e per metà compromessa dall’assurda caduta del Tour. Le vacanze sono finite. Marta è stata fuori per due weekend col suo compagno: a Londra e a Zurigo. Adesso invece è qui che sorride e racconta. Rilassata, com’è sempre con gli atleti lontani dalle corse. Consapevole di sé. Le vittorie fanno bene perché rendono sicuri. Il quaderno si apre, le domande non mancano.

Marta si allena nella palestra Kinesis del suo coach Mattia Gazzoni e del socio Andrea Loda (a sinistra)
Marta si allena nella palestra Kinesis del suo coach Mattia Gazzoni e del socio Andrea Loda (a sinistra)
Tante vittorie, ti è cambiata la vita?

E’ cambiato soprattutto il modo in cui le persone mi vedono. Quando entro in un bar o al supermercato, si avvicinano e mi chiedono se sia io quella che ha vinto le corse. Non potete immaginare dopo le classiche, mi fermavano per fare le foto.

Questo ti piace o ti disturba?

Non pesa, ci sto facendo l’abitudine. Dopo la caduta del Tour, è stato pesante, perché chiedevano tutti come stessi ed era un continuo girare il coltello nella piaga. E adesso che comincia la stagione delle feste, ho dovuto dire di no a tantissima gente. Non avrei avuto più tempo per me.

Ti sei mai stupita della nuova Marta?

Ho fatto quello che volevo fare: pormi pochi obiettivi, ma buoni. Il traguardo era fare il salto definitivo di provare a vincere e ci sono riuscita. Lo stupore c’è ogni volta che riguardo il finale sul Muro d’Huy. La vittoria dell’Amstel era più nelle mie corde. Certe cose le facevo sempre con mio padre, quando la domenica facevamo il gioco di squadra e io partivo in contropiede. Ma la forza e la lucidità nel finale della Freccia continuo a guardarle a bocca aperta.

Hai parlato di forza e ti abbiamo seguito in palestra: è tutto collegato, no?

In quella palestra mi hanno visto crescere. Mattia Gazzoni, il mio coach, mi spinge e mi sprona. Sono più loro a rendersi conto della mia forza, rispetto a quanto lo capisca io. In palestra sono quella con le braccia secche, mi sento proprio piccola (ride, ndr). Ma faccio quel che serve e mi fido dei loro programmi. Stessa cosa con Flavien Soenen, il mio allenatore nella FDJ-Suez-Futuroscope. Lui ha capito il mio potenziale. Non so se siano stupiti di me, forse dei risultati arrivati così presto. Ma penso che sapessero delle mie potenzialità e aggiustando poche cose, siamo arrivati al sodo.

Anche se 24 anni sono pochi per parlare di limiti raggiunti…

Infatti non saprei dove fissarli. E neppure sappiamo se sarà possibile arrivarci in breve tempo, forse no.

Marta Cavalli lavora in palestra per tutto l’anno: in questa fase in modo più intenso
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Un limite per ora è stata la Van Vleuten, che effetto fa essere stata battuta da lei al Giro d’Italia?

Un orgoglio. L’ho sempre vista come punto di arrivo e quel piazzamento dimostra che sto lavorando nel verso giusto. Il giorno in cui lei ha vinto il mondiale, ero in casa con il casco in testa e la mano sulla maniglia, prima di uscire in allenamento. Ho visto quello che ha fatto e mi sono detta: «Non è possibile!». Quella è stata la gara che più meritava di vincere. Dopo Giro, Tour e Vuelta, avrebbe potuto mollare. Era caduta, aveva il gomito messo male. Eppure ha vinto, dimostrando che ha ancora tanta fame di vittorie.

Poche vacanze e il gusto di stare a casa…

Mi piace stare qui. E’ casa mia. Ci sono le tradizioni, la mia terra. Stare nella natura e nei campi mi riporta ai miei nonni. Mi ricordo la mia infanzia con i cugini, eravamo sempre in campagna. Poi ho visto la mia vita cambiare. Sono stata persino in Nuova Zelanda, dall’altra parte del mondo. Ma essere qui adesso mi fa sentire di essere tornata a casa. Il posto in cui posso davvero rilassarmi.

Van Vleuten ha battuto Marta Cavalli al Giro: è il suo riferimento da sempre
Van Vleuten ha battuto Marta Cavalli al Giro: è il suo riferimento da sempre
Che cosa ti fa sentire davvero a casa?

Mi piace molto la domenica in famiglia. Invitare i parenti. E’ un buon modo per staccare. Non penserei di trasferirmi altrove. E poi c’è una strada che mi piace fare in allenamento, che passa vicino al Santuario del Marzale, che incarna l’argine e questa parte di Pianura Padana.

Pianura, parola magica: dove vai a trovarla la salita?

Quella proprio non c’è. Da ragazzina volevo essere velocista e sarebbe stato il posto perfetto. Adesso carico la bici in macchina e vado verso Piacenza o verso Bergamo.

Piatto preferito?

Ecco, sul fronte della cucina, non sono una da piatti tipici. Hanno sapori troppo particolari. Io sono più per la fetta di torta.

Il Santuario della Beata Vergine del Marzale si trova lungo l’argine del Serio a 15 chilometri da casa Cavalli (foto Cremona Turismo)
Il Santuario del Marzale si trova lungo l’argine del Serio a 15 chilometri da casa Cavalli (foto Cremona Turismo)
Con quale obiettivo si riparte?

Se non fossi caduta al Tour, sarebbe difficile trovare una motivazione nuova. Non credevo che lo avrei mai detto, ma con le vittorie la fame cala. Ti senti arrivato. Invece adesso ho voglia di tornare a correre, per dimostrare di reggere il livello raggiunto nel 2022.

Hai già parlato del calendario 2023?

Abbiamo cominciato a farlo. Loro mi danno spazio perché io scelga, ma sono io a fidarmi più di loro che di me stessa. Sono sicura che i miei tecnici sapranno indicarmi quali sono le corse più adatte per me. Loro mi hanno dato la possibilità di disegnare il mio calendario ideale, io mi fiderò di eventuali modifiche.

Cosa prevede il tuo calendario ideale?

Le classiche, forse la Vuelta che il prossimo anno si corre a maggio, il Giro, il Tour e magari il mondiale ad agosto. A quel punto la stagione sarà praticamente finita. Ci saranno altre corse, ma il vero picco a quel punto ci sarà già stato. Abbiamo un gran bel calendario, ma gli organici delle squadre sono ancora limitati.

La sensazione, guardando il tuo 2022, è che la stagione sia articolata su una serie di blocchi ben definiti. E’ corretto?

E’ così. Si individuano gli obiettivi e si inseriscono in blocchi di corse, in cui sai di dover essere sempre concentrato. Così capita di vincere anche senza avere la condizione migliore, ma sfruttando le situazioni. Poi è molto importante staccare fra un blocco e l’altro, per ritrovare la freschezza. Negli anni scorsi non avevo mai lavorato così. Ora fra un blocco e il successivo, mi trovo a fare anche 5-6 giorni senza bici e invece di perdere, mi ritrovo meglio.

Marta Cavalli e i trofei iconici. A giugno si è portata a casa la pietra miliare del Mont Ventoux (foto Thomas Maheux)
Marta Cavalli e i trofei iconici. A giugno si è portata a casa la pietra miliare del Mont Ventoux (foto Thomas Maheux)
Classiche o Giri?

Mi piacciono di più le classiche. La corsa di un giorno è one-shot, un colpo solo. Deve andare bene tutto e i percorsi delle prove monumento sono bellissimi. In una corsa a tappe puoi rimediare alle situazioni storte. Mi piace la gestione mentale dei Giri. E il Giro d’Italia rimane la mia corsa del cuore, come pure la Strade Bianche.

Si fa un gran parlare delle distanze di gara: saresti per aumentarle?

Secondo me, vanno bene così. I 177 chilometri della quarta tappa del Tour sono troppi. Percepisci la paura di non averne più e la corsa si blocca. Se ci sarà da aumentare, spero lo facciano in modo graduale. Nei nostri 130 chilometri c’è sempre tanto spettacolo. Conosco gente che si è appassionata proprio per questo al ciclismo femminile. E il fatto che in Belgio le classiche siano nello stesso giorno di quelle dei pro’ non è un fatto trascurabile.

Fra poco si riparte, difficile staccarsi da questi posti?

Mentalmente sono predisposta. Cerco di prendere il lato positivo e così fanno tutte le persone accanto a me. E’ lavoro, si va al caldo. Abbiamo imparato a goderci i nostri momenti. E poi dopo il primo ritiro si torna a casa e con le Feste l’aria di famiglia sarà tutta un’altra cosa