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Uijtdebroeks fa sogni grandi con la benedizione di Hinault

02.09.2022
4 min
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L’ultima volta che un belga vinse il Tour de l’Avenir fu nel 2008, quando la maglia gialla toccò a Jan Bakelants e Damiano Caruso, azzeccando la cronometro della vita, conquistò all’Italia un uomo in più per i mondiali di Varese. Questa volta è toccato a Cian Uijtdebroeks, corridore della Bora-Hansgrohe, che si è portato a casa il Tour degli under 23 avendone compiuti da poco 19. Per lui si è smosso anche Bernard Hinault.

«Gli ho detto – racconta il grande francese – che in questo modo ha fatto esperienza per il vero Tour de France. Mi ha risposto molto seriamente: “Credo fermamente che un giorno al Tour potrò essere in giallo”. Guardate, da ragazzo avevo anche io questi pensieri. Fa bene, crede e spera di poter partecipare al Tour vero. Preferisco un corridore così piuttosto di uno che si tira indietro. Non è un ragazzo che arriva alla partenza per finire quinto».

«Questo – ha proseguito Hinault – è semplicemente un vincitore. Un corridore super bravo. Guida bene la bici, non è male in volata e va bene in salita. Uijtdebroeks ha ragione a sognare sempre il massimo. Fa parte della nuova generazione di corridori che puntano dritti al loro obiettivo. E ha sempre il sorriso sulle labbra. Irradia gioia di vivere».

Tempo per imparare

In effetti è vero: Cian Uijtdebroeks sorride sempre e questo fa pensare a un approccio con il ciclismo che non sia tremendamente professionale, ma davvero tanto divertente. Quando poi gli è stato fatto notare che nell’albo d’oro a precedere il suo nome ci sono anche quelli di Pogacar e Bernal, lui va dritto e non si scompone.

Prima dell’Avenir ha corso anche il Tour of Norway, da 4° miglior giovane
Prima dell’Avenir ha corso anche il Tour of Norway, da 4° miglior giovane

«Sì, ho sempre sognato – dice – di vestire un giorno di giallo al Tour. Indossare già questa maglia e vincere è un sogno. Vedremo cosa mi riserverà il futuro. Sono incredibilmente felice di aver vinto il Tour de l’Avenir. Partecipare e ottenere un buon risultato era il grande obiettivo di questo primo anno da professionista. Per il prossimo anno è previsto che partecipi a un grande Giro e magari il debutto avverrà alla Vuelta, ma vorrei andarci ben preparato. Non solo soffrire e sperare di arrivare a Madrid. Cominciamo con le corse di una settimana. Passo dopo passo.

«Mi rendo conto che ho ancora molto da imparare, ma sono diventato professionista per questo. Non è necessariamente bello iniziare non potendo farsi vedere davanti, ma rimango convinto che non sia stato male per il futuro».

La prima tappa vinta da Uijtdebroeks all’Avenir è stata la 7ª a Saint Francois Longchamp (foto Anouk Flesch)
La prima tappa vinta da Uijtdebroeks all’Avenir è stata la 7ª a Saint Francois Longchamp (foto Anouk Flesch)

Lontano dal Belgio

Solo che da ragazzo intelligente quale ha sempre mostra di essere, quando si è reso conto di avere ormai un rendez vous con il professionismo, per stare alla larga da paragoni scomodi, ha preferito andarsene dal Belgio. Per questo ha rifiutato la proposta della QuickStep di Patrick Lefévère e ha scelto il progetto a lungo termine dei tedeschi della Bora-Hansgrohe.

«La prima volta che sono stato paragonato a Remco – dice – pensai che fosse fantastico essere considerato bravo come lui. Poi è diventato stressante, perché è come se mi venisse chiesto di ottenere subito gli stessi risultati. Ora ho imparato come affrontare questo tipo di situazioni.

«Oggi imparo quando sono in gara, ma anche da tutte le cose che si verificano intorno. Voglio solo crescere lentamente. Voglio darmi tempo per avere successo. Il progetto triennale che ho scelto è interessante perché non ho alcun obbligo di risultati. Non è male per gestire qualsiasi tipo di pressione».

Seconda tappa consecutiva per il belga, primo anche a La Toussuire (foto Anouk Flesch)
Seconda tappa consecutiva per il belga, primo anche a La Toussuire (foto Anouk Flesch)

Mondiali, no grazie

Anche per questo, Uijtdebroeks ha già deciso da un pezzo che non parteciperà ai mondiali di Wollongong. Un po’ perché poco convinto del percorso, un po’ per lasciare spazio ad Arnaud De Lie.

«Credo che il mondiale di Wollongong – dice – non si adatti molto al mio profilo. Ora farò un periodo di riposo e poi ho organizzato uno stage nelle Ardenne per le gare italiane d’autunno, fino al Giro di Lombardia»

Dopo l’Avenir, Uijtdebroeks, è tornato a Abolens con i suoi genitori, dopo aver dimostrato in Francia che per il Belgio c’è vita dopo Remco Evenepoel.

Pogacar, per Hinault è stata fringale. «E oggi subito all’attacco»

14.07.2022
4 min
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Il Villaggio a Briancon deve ancora aprire, per questo c’è meno gente e Bernard Hinault ha qualche minuto in più da dedicarci. Il Tasso è al Tour per godersi lo spettacolo e non si può dire che ieri questo sia mancato.

Il vincitore di cinque Tour, tre Giri e due Vuelta ha 67 anni e appare in splendida forma. Si scusa ridendo per il cappello e dice che non vuole bruciarsi sotto questo sole che, malgrado siamo fra le montagne, picchia già sodo. E’ il giorno della Festa Nazionale francese e fra poche ore l’Alpe dHuez sarà giudice di una parte importante della corsa.

«Ieri è stato meraviglioso – dice con un sorriso – questi ragazzi mi ricordano il nostro modo di correre. Sono presenti all’inizio dell’anno, in estate e poi fanno il finale. E’ quello che facevano i corridori anziani come me ed è fantastico».

Al Villaggio di Briancon, un Hinault in veste di turista con bici.PRO
Al Villaggio di Briancon, un Hinault in veste di turista con bici.PRO
Si aspettava il crollo di Pogacar?

Proprio no, non ci aspettavamo che la maglia gialla avesse una defaillance così grande. Ma questo promette scenari molto interessanti per il Tour che sta arrivando. 

Pensa ci sia un motivo per questo crollo?

Penso che sia stata più una fringale, un calo di zuccheri. Non credo a un calo fisico. Quando lo abbiamo visto sul Galibier e poi ai piedi dell’ultima salita, non sembrava affatto sulla porta di una crisi. Ha recuperato tutti gli attacchi senza troppi problemi. Poi sull’ultimo scatto, ha ceduto di schianto. Bene, lo vedremo oggi e poi nei giorni che vengono

Si aspetta che possa attaccare già oggi?

Se fossi io al suo posto, attaccherei per riprendermi un minuto, non per la maglia. Per un po’ quella sta bene dov’è.

Vingegaard ha attaccato a 5 chilometri dall’arrivo, il crollo di Pogacar è stato istantaneo
Vingegaard ha attaccato a 5 chilometri dall’arrivo, il crollo di Pogacar è stato istantaneo
Si parla di Pogacar come del nuovo Hinault…

Ci sono cose in comune. Perché non ha paura, attacca. E penso che sarà ancora più pericoloso ora che è terzo piuttosto che se fosse primo. Opinione mia, sia chiaro…

Ha una squadra alla sua altezza?

No, no. Ed è la cosa che lo penalizza di più. Lo rallenta. Ecco perché deve lasciare la maglia a Vingegaard. Così potrà approfittare per risalire dei Pirenei e della cronometro.

Cosa pensa di Van Aert?

E’ un corridore eccezionale. Puoi pensare che sia più un corridore da classiche, invece anche oggi sarebbe capace di fare dei numeri in montagna. E la strategia che avevano ieri non è stata malvagia (sorride, ndr). Tutti pensano che non sarebbe dovuto andare davanti, invece nella valle si è rivelato un’ottima staffetta. L’abbiamo visto. Ha lottato per scalare il Galibier e dopo il Galibier ha aspettato i suoi leader in fondo. E’ lui che ha fatto tutto…

Pogacar è parso in forma fino al Galibier: questo il gesto del dare gas, colto dalle telecamere della tivù
Pogacar è parso in forma fino al Galibier: questo il gesto del dare gas, colto dalle telecamere della tivù
L’Alpe d’Huez all’indomani di una tappa dura come quella di ieri conviene o è rischiosa più a Vingegaard o a Pogacar?

A entrambi. Credo che entrambi rischiano di pagare della fatica di ieri. Oppure al contrario potrebbero approfittarne per guadagnare ancora. Lo potremo dire stasera, lo sapremo fra qualche ora.

Si allontana richiesto da un poliziotto per un selfie. E’ l’ultimo corridore ad aver vinto la Roubaix e il Tour nello stesso anno, un gigante, un concentrato di forza e coraggio. Uno di quelli che ancora adesso guardi con ammirazione e ascolti sempre volentieri. E la sensazione è che in cuor suo il grande bretone pensi ancora che il Tour lo vincerà Pogacar.

Contini 1982

Contini, quel giorno a Liegi e le uscite con Saronni

13.01.2022
5 min
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Nell’era del ciclismo specialistico ci è tornato alla mente un personaggio degli anni Ottanta, un corridore che sapeva emergere ovunque, nelle classiche come nei grandi Giri, pur non essendo (e lui stesso non perde occasione per ripeterlo) un campione. I più anziani ricorderanno la figura di Silvano Contini (nella foto d’apertura ai mondiali 1982, il suo anno d’oro), colui che riaprì la storia della Liegi-Bastogne-Liegi come la “course des italiens”, prima dei successi a ripetizione di Argentin, Bartoli e Bettini con condimento di altre vittorie tricolori.

Contini chiuse la sua carriera del 1990, poi non se ne è saputo più nulla, nel senso che è uscito dal mondo delle due ruote. Nessun incarico neanche a livello locale, nessuna ospitata televisiva. E’ rientrato nei ranghi, ma la curiosità di sapere che fine ha fatto ci è rimasta.

Contini famiglia 2021
Contini con la famiglia: alla sua destra il figlio Moreno, al centro la figlia Romina e sua moglie Bibiana
Contini famiglia 2021
Silvano Contini con parte della famiglia: suo genero Marco, sua figlia Romina e la moglie Bibiana

Da allora Contini, oggi 63 enne, si è sempre dedicato alla falegnameria di famiglia: «Ero stanco di girare il mondo – racconta – il ciclismo si era allontanato dal mio modo di essere. Misi la bici in soffitta e ce l’ho tenuta per 25 anni, ogni tanto sentivo qualche collega dei tempi, guardavo le gare in Tv ma nient’altro. Poi pian piano è tornata la nostalgia e ho ripreso in mano la bici: nei fine settimana mi vedo con Saronni al negozio di Luigi Botteon (ex pro’ dal 1987 al 1991) e ci facciamo una pedalata tranquilla, chiacchierando sul passato e il presente».

Con Saronni è rimasta quest’amicizia salda e duratura, mentre in gara ve le davate di santa ragione…

Eravamo amici già allora, avevamo praticamente iniziato insieme, ci affrontavamo già da junior. Ma non eravamo la stessa cosa: lui era un fuoriclasse, che ha vinto dappertutto e trionfato in corse importantissime, io ero un buon corridore che si difendeva un po’ su ogni terreno e che alla fine ha portato a casa un buon numero di vittorie. Oltretutto con Beppe abbiamo condiviso un anno alla Del Tongo e due alla Malvor (dal 1987 al 1989, ndr) dove trovammo anche Giovanni Visentini.

Contini gara
Contini è nato nel 1958 a Leggiuno (VA). Pro’ dal 1978 al 1990, ha conquistato 48 vittorie in carriera
Contini gara
Contini è nato nel 1958 a Leggiuno (VA). Pro’ dal 1978 al 1090, ha conquistato 48 vittorie
Dicevi di aver ottenuto un buon numero di vittorie: 48 per la precisione, con la Liegi come perla ma anche altri importanti traguardi come Giro di Germania, Giro dei Paesi Baschi… Qual era la tua forza?

Mi sono sempre applicato con forza e dedizione, ero molto serio nella mia vita d’atleta, anche se negli ultimi anni uscirono fuori tante storielle sulla mia vita privata. Negli ultimi due anni ero meno concentrato, sentivo che quello non era più il mio ambiente e decisi di chiudere. Tecnicamente me la cavavo dappertutto, ma credo che sia stata la testa la mia arma in più.

Tu passasti professionista molto presto, a 19 anni.

In quel periodo accadde lo stesso proprio con Saronni e Visentini, ma rispetto a oggi c’è una differenza sostanziale: ci davano il tempo per crescere. Io nel 1978 passai grazie alla Bianchi, ma in quella squadra c’era gente come Gimondi, De Muynck che vinse il Giro d’Italia, Knudsen, Van Linden che era un grande velocista. Non mi chiedevano di vincere, solo di imparare, come fossi a scuola e di crescere per gradi. E’ stata la scelta giusta, da lì sono venuti i risultati. Oggi invece vedo che tutto è esasperato.

Contini De Wolf 1982
Una storica foto d’epoca, la volata vincente su Fons De Wolf: la Liegi torna a essere italiana dopo 17 anni
Contini De Wolf 1982
Una storica foto d’epoca, la volata vincente su Fons De Wolf: la Liegi torna a essere italiana dopo 17 anni
Quando si parla di te la mente torna a quel giorno di primavera del 1982, quando trionfasti a Liegi. Che cosa ti è rimasto nella memoria di quel giorno?

Tutto. Quando ripenso a quello sprint con De Wolf, a quella ruota davanti sulla linea del traguardo mi sembra di averla vista ieri, di aver provato ieri quell’immensa gioia derivata dalla constatazione che avevo vinto. Sapevo di star bene, venivo dalla mia unica partecipazione alla Parigi-Roubaix chiusa al 25° posto pur non essendo la mia gara. Per vincere però serve che tutto collimi alla perfezione e quel giorno tutto girò davvero per il verso giusto. Ero un corridore che negli arrivi ristretti poteva dire la sua. Mi era già capitato un arrivo a due al Lombardia 1979, ma allora avevo di fronte un certo Hinault

Quell’Hinault con il quale battagliasti a lungo al Giro del 1982, chiuso al terzo posto.

Io ho avuto a che fare con grandi campioni e un fuoriclasse assoluto, che è alla stregua dei Coppi e Merckx. Molti paragonano i campioni di oggi a quelli del passato, ma bisogna andarci piano con i paragoni, quelli erano uomini speciali. Pogacar è bravissimo, ma deve ancora far vedere e vincere tanto prima di poter essere inserito in quella categoria.

Contini Bianchi 2021
Con Ferretti i “suoi ragazzi”: Pozzi, Vanotti, Baronchelli, Contini e a sinistra Prim
Contini Bianchi 2021
Con Ferretti i “suoi ragazzi”: Vanotti, Baronchelli, Contini e a sinistra Prim
C’è in vista un nuovo Contini?

E’ difficile da dire, giovani di valore ne abbiamo, il problema è che mancano le squadre. Ai miei tempi c’erano 8-10 team internazionali in Italia, i giovani avevano modo di poter passare e come detto essere lasciati crescere con calma, oggi il ciclismo ha costi enormi. Noi nel team eravamo al massimo in 15 corridori, ora ce ne sono 30 senza contare tutto il personale. Però un nome mi sento di farlo…

Chi?

Alessandro Covi, perché Saronni lo sta facendo crescere alla vecchia maniera, in un team di grandi corridori nel quale sta imparando. Beppe me ne dice un gran bene e penso che ci darà soddisfazioni quando sarà il momento giusto.