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EDITORIALE / Dietro quel gatto, un mondo da scoprire

06.03.2023
5 min
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E’ un argomento delicato. Così tanto delicato da risultare fastidioso e sperare di poterne stare alla larga, anche se tanti ci hanno chiesto come mai non abbiamo scritto ancora nulla sulla vicenda di Tiberi e il gatto. Una storia accaduta a giugno, conclusa a settembre e data alle cronache pochi giorni fa. La tempistica è insolita, ma c’è poco da commentare davanti a chi si compra un fucile, apre la finestra e spara ai cartelli ammazzando un malcapitato felino. Cambia poco che il gatto sia stato ucciso per errore. Una ragazzata? Sarebbe sbagliato chiuderla così.

E’ stato Federico Pedini Amati, Segretario di San Marino per il Turismo, a diffondere la notizia dello sparo (foto Facebook)
E’ stato Federico Pedini Amati, Segretario di San Marino per il Turismo, a diffondere la notizia dello sparo (foto Facebook)

Come a scuola

Antonio Tiberi è un bravo ragazzo e fra i suoi errori c’è stato anche quello di non aver avvisato la squadra ai tempi del fatto. Nei giorni scorsi tuttavia ne abbiamo sentite di tutti i colori. Il fatto merita condanna, questo è fuori discussione. Ma come accade in episodi che coinvolgono un personaggio pubblico, chiunque ne abbia scritto sui social ha impugnato la tastiera come la carabina, sparando sul ciclista.

Della vicenda è capitato di parlare diffusamente alla recente Strade Bianche e la storia di Tiberi e il gatto ha cambiato completamente prospettiva.

Da una parte c’è stato il richiamo all’obiettività. I colpi sono stati sparati dalla finestra di un appartamento e il gatto è morto. Dall’altra abbiamo ascoltato quelli che hanno rilevato la stranezza di una notizia resa pubblica ben oltre la sua conclusione.

Un po’ come quando si va a colloquio con gli insegnanti e si cerca di spostare l’attenzione dalla negligenza dello studente al ruolo del docente.

Quella manina di colore in risposta al tweet di José Been valse a Simmons una lunga sospensione (foto Daily Mail)
Quella manina di colore in risposta al tweet di José Been valse a Simmons una lunga sospensione

Il caso Simmons

Parlando con lo staff della Trek-Segafredo, che ha sospeso Tiberi fino a data da destinarsi, abbiamo cercato di cogliere le differenze rispetto al caso che portò alla sospensione di Quinn Simmons.

Correva il 2020 e il corridore americano, neoprofessionista dopo aver vinto il mondiale juniores ad Harrogate 2019, rispose al tweet di José Been. Nel post, la giornalista augurava al popolo americano che la presidenza Trump terminasse alla svelta. Il commento di Simmons fu l’emoji di una manina di colore che salutava.

«Mentre sosteniamo il diritto alla libertà di parola – scrisse il team in una nota – riterremo le persone responsabili delle loro parole e azioni. Purtroppo, Simmons ha rilasciato dichiarazioni online che riteniamo divisive, incendiarie e dannose per la squadra, il ciclismo professionistico, i suoi fan e il futuro positivo che speriamo di contribuire a creare per lo sport. In risposta, non correrà per Trek-Segafredo fino a nuovo avviso».

Simmons, come ora Tiberi, si scusò: «A coloro che hanno trovato razzista il colore dell’emoji, posso assicurare che non intendevo interpretarlo in quel modo. Vorrei scusarmi con tutti coloro che l’hanno trovato offensivo poiché mi oppongo fermamente al razzismo in qualsiasi forma».

La vicenda si è svolta nella Repubblica di San Marino, residenza di Tiberi e vari altri corridori
La vicenda si è svolta nella Repubblica di San Marino, residenza di Tiberi e vari altri corridori

Personaggio pubblico

Quel tweet fu dirompente, almeno dal punto di vista della proprietà americana del team. Diede risonanza mondiale a un fatto che altrimenti sarebbe rimasto negli Stati Uniti. Simmons aveva 19 anni, ma capì presto che essendo un personaggio pubblico, non gli era consentito alcun tipo di leggerezza.

Anche Tiberi è molto giovane, di anni ne ha 21, ma il caso che lo riguarda è universale. Il fatto che sia un personaggio pubblico ha reso il gesto ancora più grave, al pari di altri episodi successi in passato ad altri corridori. Il pizzico di Sagan al sedere della miss al Fiandre del 2013. La brutta gaffe di Keisse nel 2019 in Argentina, con una cameriera che lo denunciò per molestie. Per terminare alle accuse di razzismo all’indirizzo di Moscon. Gesti che provocarono multe, sospensioni e minacce di licenziamento.

Il lavoro e l’ozio

Si potrebbe allargare ulteriormente il discorso. Si va a vivere lontani da casa in residenze di comodo per avere delle agevolazioni. Succede però che terminato l’allenamento si viva da esiliati, sperimentando la noia. Questo almeno raccontano alcuni dei corridori residenti. Così magari l’idea di comprarsi un fucile (ancorché depotenziato) e provarlo può sembrare il modo per passare un po’ il tempo.

A volte stare vicini a questi ragazzini così forti e privilegiati comporta anche la responsabilità di educarli per il ruolo che ricoprono. E magari indirizzarli verso scelte che alcuni di loro – presi come sono a inseguire la prestazione, il peso e la perfezione atletica – non sono in grado di valutare. Ci sono atleti, ad esempio, che nel tempo libero hanno scelto di studiare e si sono laureati.

Il tiro al Tiberi che si è scatenato nei giorni scorsi è stato violento quanto il tiro di Tiberi al gatto. Antonio è una brava persona e viene da una bella famiglia, per cui starà maledicendo da giorni quel gesto sconsiderato. E’ indubbio che abbia imparato la lezione: sarebbe grave se si trincerasse dietro qualsiasi forma di vittimismo.

Non si sa cosa deciderà la Trek-Segafredo. Si ventila anche l’ipotesi del licenziamento, a fronte del quale ci sarebbero già un paio di squadre pronte a farsi sotto. Come si disse qualche giorno fa, il ciclismo non è per tutti. Essere professionisti al top non significa solo firmare dei bei contratti. Significa anche ricevere (e pretendere) da chi ti assiste la formazione necessaria per saperci stare dentro.

Come emergere in un team WorldTour? Sentite Zanini…

07.02.2023
4 min
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Le parole di Tiberi dall’Australia sembra abbiano dato una scossa al movimento italiano, reduce da una settimana ricca di squilli, da Milan a Ciccone, da Velasco a Consonni. E’ forse presto per dire se saremo più protagonisti in giro per il mondo di quanto sia avvenuto nella passata stagione, ma certamente al di là delle vittorie si vede una forte voglia di emergere, dai più giovani come dai più esperti. C’è voglia di protagonismo ed era questo che si chiedeva, ma come si mette in pratica in team WorldTour ricchissimi di talenti?

Tiberi ha messo in evidenza il tema dei giovani italiani alla ricerca di spazio nei team WorldTour
Tiberi ha messo in evidenza il tema dei giovani italiani alla ricerca di spazio nei team WorldTour

Il frosinate era stato chiaro: «Il ruolo devi guadagnartelo, ma questo non avviene solo in corsa. E’ un processo che dura tutto l’anno, bisogna darsi da fare anche in ritiro, pedalando ma anche fuori dalle corse. Bisogna far vedere di esserci, di avere quella fame necessaria per emergere. Bisogna guadagnarsi la fiducia degli altri, dirigenti come compagni di squadra, dimostrare sempre quel che si vale e soprattutto quel che si vuol fare».

Abbiamo chiesto a Stefano Zanini, diesse dell’Astana e capace da corridore di vincere Amstel, Parigi-Bruxelles e tappe al Giro e al Tour se le strade per il protagonismo sono davvero quelle.

«Bisogna saper miscelare atteggiamento propositivo e umiltà – dice – da parte di chi viene da squadre juniores e Development. Bisogna entrare in punta di piedi, ascoltare ciò che i diesse dicono, guadagnarsi poco a poco la fiducia sul campo. E’ fondamentale anche vivere le esperienze precedenti, nel team Devo in particolare, con lo spirito giusto, per emergere, ma anche per imparare».

Zanini ha avuto una carriera lunga 17 anni con 29 vittorie. Qui il trionfo all’Amstel del ’96
Zanini ha avuto una carriera lunga 17 anni con 29 vittorie. Qui il trionfo all’Amstel del ’96
Quanto conta il carattere per diventare leader?

E’ fondamentale, ma bisogna intendersi bene su che cosa intendiamo per carattere. La troppa esuberanza non va bene. Al pari della troppa timidezza. Bisogna saper ascoltare i più anziani e dall’altra parte saper trasmettere ai più giovani. Saper condividere i momenti cruciali, far capire a chi è nuovo come e quando muoversi. Si cresce lentamente pensando sempre al bene della squadra, lavorando magari perché vinca un altro del proprio team.

Era così anche ai tuoi tempi?

Certamente, è sempre stato così. C’è un punto che è focale: prima o poi l’occasione capita, se la cogli facendo ciò che la squadra dice, sali di livello e presto diventi una “punta”. Ti sei guadagnato la fiducia, gli altri sanno che se corrono per te, ci sono buone possibilità che si arrivi al risultato. E’ vero che poi ogni team ha le sue direttive, ma questo vale un po’ dappertutto.

Lorenzo Milesi, qui nella crono dei mondiali 2022. La Dsm conta su di lui, dopo averlo fatto passare dal team Devo
Lorenzo Milesi, qui nella crono dei mondiali 2022. La Dsm conta su di lui, dopo averlo fatto passare dal team Devo
Molti appassionati hanno però la sensazione che i team WorldTour tendano a privilegiare i corridori di casa…

Non credo ci sia questa tendenza, si guarda chi è più in forma, chi è davvero in grado di garantire il risultato. Poi dipende da tante cose: è chiaro che ad esempio da noi se vince Lutsenko ha un altro ritorno mediatico per gli sponsor, ma quel che conta è che qualcuno vinca, chiunque sia…

Tu sei partito gregario per poi vincere grandi corse. Il tuo esempio è valido ancora oggi?

Penso proprio di sì. Io ho iniziato che tiravo le volate ad Allocchio e Fontanelli – racconta Zanini – l’ho fatto per 4 anni, ma intanto cercavo spazio nelle fughe quando capitava l’occasione. Alla Gewiss ero sia candidato alla vittoria nelle corse che più mi si addicevano, sia ultimo uomo per le volate di Minali. Lo stesso dicasi alla Mapei, ed era una squadra con tanti campioni, ma anche allora l’occasione capitava sempre. Alla fine ho avuto una carriera lunga e devo dire piena di soddisfazioni.

Battistella è già stato protagonista in Spagna. Zanini conta molto sulla sua crescita
Battistella è già stato protagonista in Spagna. Zanini conta molto sulla sua crescita
Era più facile o più difficile allora?

Il principio di base non è cambiato, ci sono grandi campioni oggi come ce n’erano allora. E’ una ruota che gira, verrà di sicuro la gara che si metterà in un certo modo e dovrai farti trovare pronto, cogliere l’opportunità. Un buon leader è anche quello che si mette a disposizione per la squadra, lavorando perché vinca un compagno che magari alla vigilia aveva un altro ruolo. Il team funziona se tutti sono abbastanza duttili, se sanno fare squadra dentro e fuori dalla corsa. Il ciclismo in questo senso è un perfetto esempio di vita.

Tiberi è partito col piede giusto e ha tanta fame di successi

28.01.2023
4 min
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Quando sai che tutti gli occhi sono puntati addosso, tutti si aspettano squilli di fanfare per mostrare finalmente tutto il tuo talento, iniziare con il piglio che Antonio Tiberi ha avuto nel Santos Tour Down Under è un segnale importante. Il frosinate, sul quale la vittoria del titolo mondiale a cronometro junior nel 2019 è suonato quasi come un fardello pesante da portarsi dietro, è guardato sempre più come una sorta di salvatore della patria, uno dei giovani chiamati a rilanciare il ciclismo italiano. E non sempre è facile affrontare le gare con questa responsabilità.

Tiberi punta forte sulla Cadel Evans Ocean Race, prima classica del calendario WorldTour
Tappa finale, Vine e Yates si giocano tutto. Tiberi è in fondo, chiuderà quarto a 3″

Tiberi è partito forte: due Top 10 e l’ottava piazza nella classifica generale, unita alla seconda fra i giovani: «Sono parecchio soddisfatto, non solo per i risultati ma anche per come ho sentito girare la gamba. Ho avuto la conferma che la condizione è buona, che la base per lavorare c’è. E’ stata un’esperienza molto istruttiva, sia per quel che è andato bene, sia per quel che c’è ancora da fare».

Tra l’inizio e la fine della corsa di 6 giorni, hai sentito differenze?

Non tanto, significa che la forma era buona già di per sé. Era una corsa breve, con tappe non molto lunghe (la più estesa era di quasi 155 chilometri, ndr), giuste per l’inizio stagione, per consentire di recuperare la stanchezza per il giorno dopo.

Per l’australiano Vine una vittoria pesante, con 11″ su Yates e 27″ su Bilbao. Tiberi chiude 8° a 1’07”
Per l’australiano Vine una vittoria pesante, con 11″ su Yates e 27″ su Bilbao. Tiberi chiude 8° a 1’07”
Guardi al bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

Entrambi. I risultati che ho ottenuto mi devono far pensare a quanto mi è mancato per fare di più, per arrivare alla vittoria. Nella quarta tappa ad, esempio, che poi è stata quella decisiva per la vittoria finale di Jay Vine, quando è andato via insieme a Yates e Bilbao io ero proprio lì, attaccato, ma mi è mancato quel quid necessario per restare alla loro ruota. Significa che devo migliorare nella resistenza quando si è a tutta, quando si vivono gli attimi cruciali di una corsa. C’è un margine da colmare e voglio farlo.

Tu sei al terzo anno alla Trek Segafredo. La sensazione è che il team sia orientato a darti molto spazio, cosa che a molti altri italiani in team WorldTour non accade se non per ruoli di secondo piano…

Questo è un tema molto dibattuto sul quale mi sono fatto una mia idea. Innanzitutto premetto che ogni team è gestito in maniera diversa, io posso parlare del mio dove ho capito che il ruolo devi guadagnartelo, ma questo non avviene solo in corsa. E’ un processo che dura tutto l’anno, bisogna darsi da fare anche in ritiro, pedalando ma anche fuori dalle corse. Bisogna far vedere di esserci, di avere quella fame necessaria per emergere. Ci si deve guadagnare la fiducia degli altri, dirigenti come compagni di squadra, dimostrare sempre quel che si vale e soprattutto quel che si vuol fare. Se dimostri di avere potenzialità, l’attenzione viene di conseguenza.

Il laziale si sta guadagnando la fiducia del team. In Australia corre da prima punta
Il laziale si sta guadagnando la fiducia del team. In Australia corre da prima punta
Parole forti, che sembrano quasi una presa di posizione anche in vista della prima classica del WorldTour, la Cadel Evans Ocean Race

Non so ancora se sarò la prima o la seconda punta della squadra, quel che è certo è che la gamba è abbastanza buona per poter far bene, per essere nella mischia quando si entrerà nella fase calda della corsa. L’intenzione è di essere preservato nelle energie fino ad allora, poi vedremo che cosa succede.

Che corsa è, hai già avuto modo di studiarla?

Ho visto il percorso ed è impegnativo. La prima parte presenta una sola salita lunga, dove però si va su di rapporto e non credo che ci sarà selezione. Penso che quando entreremo nel circuito finale però la situazione cambierà: c’è uno strappo di un chilometro e mezzo con pendenze che toccano addirittura il 25 per cento, farà molto male… Poi bisognerà vedere anche se ci sarà vento perché potrebbero crearsi dei ventagli. Insomma, non ci sarà spazio per distrazioni, bisognerà essere presenti a se stessi dal primo all’ultimo metro e correre col coltello fra i denti.

Decisiva è stata la quarta tappa, a Campbelltown con Bilbao vincitore su Yates e Vine
Decisiva è stata la quarta tappa, a Campbelltown con Bilbao vincitore su Yates e Vine
Dopo la trasferta australiana che cosa ti aspetta?

Al ritorno a casa il programma non prevede gare fino al Uae Tour, quindi penso di partire per trovare un posto caldo ideale per allenarmi e arrivare all’altro appuntamento del WorldTour con una forma ancora più affinata. Poi il programma prevede Laigueglia e Coppi e Bartali. Di occasioni per emergere ce ne sono tante, dipende tutto da me.

Tiberi e i pro’: il percorso di crescita continua

12.11.2022
6 min
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L’appuntamento con Antonio Tiberi slitta in avanti di qualche ora e dal primo pomeriggio si passa alla sera. Il motivo è semplice: sfruttare quelle poche ore di luce e di pausa dalla pioggia per fare una breve uscita in bici.

«Non era la prima – ci dice Tiberi da casa sua – stamattina pioveva, inoltre ho un po’ di congiuntivite e quindi ho preferito uscire più tardi. Sono alla seconda settimana di ripresa dell’attività, devo dire che sto bene, per ora si fa meno fatica (racconta con una risata, ndr). Si fanno uscite non troppo lunghe, qualche sessione di palestra e delle camminate, giusto per rimettersi in moto».

Nel 2019 Tiberi ha vinto il mondiale juniores nella prova a cronometro
Nel 2019 Tiberi ha vinto il mondiale juniores nella prova a cronometro
Inizi il tuo terzo anno da pro’ come consideri il tuo percorso fino ad ora?

Allora, la mia sensazione è che la crescita sia andata in maniera abbastanza regolare. Non ho bruciato delle tappe, ho fatto tutto in ordine. Il primo anno ho preso il ritmo con la categoria, sia in senso fisico che mentale. La scorsa stagione, invece, mi sono trovato meglio, conoscevo già lo staff, ho imparato meglio la lingua e dopo un anno in gruppo mi sento più tranquillo. Sono pronto a scalare la classifica dall’interno

Tu sei stato uno di quelli che è passato molto presto, correndo solo pochi mesi negli U23…

Per me è stata l’esperienza giusta. In questi due anni da professionista mi è mancata un po’ di esperienza ma “dall’interno”. 

In che senso?

Se avessi corso qualche anno in più da U23 avrei imparato qualcosa, ma più legato alla categoria. Io mi sono voluto mettere alla prova nel professionismo, che è sempre stato il mio obiettivo da raggiungere. Diciamo che ho focalizzato la mia crescita entrando subito nel mondo di mio interesse.

Antonio Tiberi, Trofeo San Vendemiano 2020
Tiberi ha corso solo una pochi mesi negli under 23, nel 2020, vincendo il Trofeo San Vendemiano (foto Scanferla)
Antonio Tiberi, Trofeo San Vendemiano 2020
Tiberi ha corso solo una pochi mesi negli under 23, nel 2020, vincendo il Trofeo San Vendemiano (foto Scanferla)
E con la Trek senti di aver fatto la scelta giusta?

Il discorso che ho fatto prima varia tantissimo in base alla squadra. La cosa più importante è che se un ragazzo ha la possibilità di passare da junior a pro’ lo possa fare con il team giusto. Io sono stato indirizzato anche dai miei procuratori, i Carera, che mi hanno aiutato molto a trovare la squadra giusta per me.

Che squadra è?

Sia lo staff che i diesse sono tranquilli e calmi, mi hanno sempre dato il tempo di crescere. Al mio primo anno non mi hanno mai messo il fiato sul collo, né per vincere né nel lavorare per la squadra. Giustamente, l’anno scorso, il livello dello sforzo richiesto è aumentato, ma tutto in proporzione agli obiettivi. 

Quali sono?

L’aspettativa è quella di vincere, uno che vede da fuori pensa che vista la mia età non mi saranno date le opportunità. Ma quelle arrivano, devi dimostrare di meritarle, come al Giro di Ungheria.

La prima corsa con la Trek-Segafredo è arrivata nel 2020: la Freccia del Brabante (foto Instagram)
La prima corsa con la Trek Segafredo è arrivata nel 2020: la Freccia del Brabante (foto Instagram)
Da quella vittoria però sono passati tanti mesi, hai avuto altre occasioni per metterti in luce?

Da dopo l’Ungheria le occasioni non sono mancate, in altre gare ero lì pronto a giocarmela. Se non arriva la vittoria non vuol dire che non mi sia stata data l’opportunità di cercarla

Da U23 hai più chance: di sbagliare, di muoverti, di metterti in mostra…

Da under ogni domenica hai un’opportunità, le gare sono sempre aperte. Se un corridore fa più anni da under è chiaro che arriva a vincere di più, anche per il semplice fatto di essere più grande degli altri. Però poi arrivi al professionismo a 23-24 anni, arrivarci a 20 come ho fatto io è diverso. Come detto prima ho preferito entrare prima tra i grandi e farmi il mazzo raggiungendo il mio livello direttamente dal professionismo, rinunciando a qualche vittoria. Ho ancora tanto da fare e da maturare, come carattere sono lontano da corridori come Evenepoel o Ayuso. Si vede che loro hanno una mentalità più “adulta”. 

I conti si fanno alla fine, non all’inizio.

Assolutamente, però entrare in questo mondo fin da subito mi ha fatto rendere conto a quale livello vorrei arrivare. 

Dunbar Tiberi 2022
Il primo successo è arrivato nel 2022 all’ultima tappa del Giro di Ungheria, davanti a Dunbar
Dunbar Tiberi 2022
Il primo successo è arrivato nel 2022 all’ultima tappa del Giro di Ungheria, davanti a Dunbar
Quei due che hai nominato li hai visti alla Vuelta, che esperienza è stata?

Mi sono sentito come quando fai un esame e ti rendi conto di come funziona realmente. E’ una cosa che ti ridimensiona e ti fa capire quale sia il livello intorno a te. L’ho presa, vista, ed elaborata in maniera positiva. 

Non tutti però hanno questa capacità.

Vero, alla fine la squadra mi ha aiutato a capire questa cosa, a Madrid erano abbastanza soddisfatti di come sono andato. Era la mia prima presenza in un grande Giro. Qualche buona prestazione l’ho fatta, sia per me che per i miei compagni.

Olivo, di recente ci ha detto che se arrivasse l’occasione di passare la coglierebbe, visto che potrebbe essere l’unica. Anche per te è stato così?

Dipende da te se è l’unica o meno, per me credo non lo sarebbe stata. Nei pochi mesi fatti da under avevo visto che il livello era adatto a me, tanto che ho anche vinto qualche gara (come a San Vendemiano, ndr). La proposta della Trek non l’ho vista come una cosa inaspettata. 

Prima della Vuelta Tiberi è andato al Tour de Pologne ad affinare la preparazione
Prima della Vuelta Tiberi è andato al Tour de Pologne ad affinare la preparazione
La Colpack dove hai corso da under non faceva un calendario estero, dall’anno prossimo sì. Secondo te cambia qualcosa?

Se già da under riesci a trovare una squadra che ti permette di correre gare internazionali in giro per l’Europa diventa un percorso di crescita diverso. Quando sono andato alla Trek non ho pensato al calendario più vario, perché questo era un dato scontato. Però per passare nel WorldTour devi essere pronto.

Ovvero?

Nel senso che non tutti i ragazzi a 20 sono in grado di passare ad una squadra WorldTour. Fare una vita del genere è difficile, stare a casa un mese o due all’anno è complicato. Io l’ho vissuta abbastanza bene, non so se per una cosa di carattere, ma non soffro troppo lontano dalla famiglia. Mi trovo bene anche da solo, anche questo fa parte della crescita

Parlando con Ulissi è emerso come il primo anno lui abbia corso poco, anche tu hai aumentato gradualmente i giorni di corsa. 

Anche questi fanno parte del programma di crescita, al primo anno non ti fanno superare un tetto di gare. Io ne ho fatte 54. Nel 2022, complice la Vuelta sono passato a 68, nel 2023 dovrei arrivare intorno agli 80. Inizierò dal Tour Down Under, poi UAE Tour e le gare in Italia.

Tiberi non ha dubbi: «O sei under 23 o sei pro’»

02.10.2022
4 min
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Fedorov ha fatto la Vuelta e ha vinto il mondiale under 23. Anche noi avevamo un ragazzo, un talento, che ha fatto la Vuelta, ma al mondiale non ci è andato. Parliamo di Antonio Tiberi. Messa così sembra anche facile. Se avesse spiccato il volo per Wollongong di certo avrebbe detto la sua. Forse sì, forse no. 

Ma non siamo qui per fare processi, bensì per sapere il parere del corridore stesso in merito ad una questione che in qualche modo è aperta. E che avrebbe potuto vederlo protagonista. Questione, per altro, emersa anche ieri parlando con Luca Guercilena, il team manager della Trek-Segafredo. E come vedrete tra i due, dirigente e corridore, c’è una forte coerenza di pensiero.

L’ultima apparizione di Tiberi in azzurro risale alla Coppa Sabatini del 2020 quando era ancora alla Colpack
L’ultima apparizione di Tiberi in azzurro risale alla Coppa Sabatini del 2020 quando era ancora alla Colpack
Antonio, ti sarebbe piaciuto rispondere presente ad una convocazione di Amadori per Wollongong?

Sì, dai… sarebbe stata una bella esperienza. Mi avrebbe fatto piacere.

Però Amadori aveva fatto un sondaggio alla Coppi e Bartali, poi lasciò cadere la proposta in quanto non ebbe segnali d’interesse da parte della squadra…

Personalmente non ci ho parlato, semmai non di questo. Nulla di particolare nelle conversazioni in quella occasione. Magari ne hanno parlato Marino e i diesse, Baffi per esempio, ma nessuno mi ha interpellato. In ogni caso mi va bene aver fatto la Vuelta.

Cosa pensi invece tu, Antonio, che un corridore che ha fatto la Vuelta abbia vinto il mondiale U23?

Sicuramente è un vantaggio. Ha corso con molta gente che fa solo il calendario under 23. Tuttavia da un lato la vedo in senso negativo, sinceramente. A me avrebbe fatto piacere andare, ma non è molto giusto. Ragazzi che sono già nel WorldTour e fanno solo o quasi gare di alto livello, contro ragazzi che fanno un’altra attività: non ha senso. E se poi se uno del WorldTour vince, la maglia iridata quando la vediamo?

I primi 9 del mondiale venivano da una WT o vi avevano fatto lo stagista. Solo l’australiano Dinham (7°) non aveva un contratto neanche per il 2023
Fra i primi 9 del mondiale, 8 venivano da una WT o vi avevano fatto lo stagista
Questa estate hai preparato la Vuelta, ti sarebbe piaciuto magari preparare anche Avenir e mondiale?

E’ un po’ il solito discorso. Non riuscirei a fare un confronto tra preparare un Avenir e un mondiale under 23 con una Vuelta. Fosse stato un mondiale dei professionisti sarebbe stato diverso, ma così ho dato più importanza alla Vuelta.

Un po’ ci sorprendi. Che un corridore delle tue caratteristiche possa “glissare” sul mondiale, corsa di un giorno, ci sta, ma credevamo che un Avenir fosse diverso. Che ti avrebbe fatto più gola. Uno come te sarebbe andato per giocarsela…

Sì, l’Avenir è una corsa prestigiosa, importante. E’ una vetrina soprattutto per chi vuol passare in un team importante. Messa così, mi sembrerebbe di andare a togliere un posto, o comunque dello spazio, ad un ragazzo che sta cercando un posto in una WorldTour. 

Chiaro, però se andiamo a vedere l’ordine di arrivo dello scorso anno per esempio Johannesen aveva già il contratto con la Uno-X (squadra in crescita), Zana era con la Bardiani Csf Faizanè e Rodriguez addirittura con la Ineos-Grenadiers

Quello è vero, ma ripeto, resta pur sempre una gara under 23 ed è anche diverso il modo di correre in quella categoria. Per me, o sei under 23 nel vero senso della parola o sei professionista. E se sei un pro’ non vedo il senso di continuare a fare l’under. Poi dipende anche da dove sei. Zana, per esempio, era alla Bardiani, una professional e non sempre aveva la possibilità di fare delle gare WorldTour. In quel caso ci sta anche che possa andare all’Avenir.

Il laziale alla Vuelta davanti a Carapaz. Ritrovarsi all’improvviso fra gli U23 potrebbe non essere così facile come sembra
Il laziale alla Vuelta davanti a Carapaz. Ritrovarsi all’improvviso fra gli U23 potrebbe non essere così facile come sembra
Hai detto modo diverso di correre. Cosa intendi?

Negli under 23 è diverso lo stile di gara. Magari all’Avenir è un po’ più alto il livello e questa differenza si avverte meno, ma nelle gare under 23 si parte forte, c’è sempre un rimescolamento. Nei pro’ una volta andata via la fuga ci si gioca tutto negli ultimi 50 chilometri, dove si va forte veramente e chi ha gamba… ha gamba.

Come a dire che c’è un andamento più regolare. Ultima domanda. Avete fatto la Vuelta entrambi: parlavi mai con Fedorov? E come lo vedevi?

Sinceramente non abbiamo parlato molto, però era sempre lì a lottare e si vedeva che pedalava bene.

Da Vacek al mondiale U23 per Tiberi: il no di Guercilena

01.10.2022
6 min
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Alle spalle dell’iridato Fedorov, sul podio degli under 23 di Wollongong è salito Mathias Vacek, corridore della Repubblica Ceca, che nel 2022 è rimasto fermo per 4 mesi a causa del caso Gazprom. Si sapeva già che fosse promesso alla Trek-Segafredo, ma l’annuncio è stato dato solo alla metà di agosto. La sua presenza nella gara australiana, ci offre lo spunto per affrontare il tema dei giovani con Luca Guercilena, team manager della squadra americana. Probabilmente infatti, se Vacek fosse stato già un corridore WorldTour non avrebbe partecipato al mondiale, come pure è successo con Antonio Tiberi.

Luca Guercilena ha 49 anni ed è il team manager della Trek-Segafredo
Luca Guercilena ha 49 anni ed è il team manager della Trek-Segafredo
Come siete arrivati a Vacek?

Da quasi tre anni, abbiamo iniziato un programma di scouting con Markel Irizar, nostro ex corridore. Vacek ce l’aveva segnalato già da tempo, già dagli juniores. Avevamo trovato l’accordo l’anno scorso, con l’idea di farlo crescere con più tranquillità. Per questo era andato alla Gazprom, per starci nel 2022 e poi avremmo parlato anche del 2023. L’idea era che rimanesse per un paio d’anni e poi passasse con noi. Quello che è successo ci ha portato a inserirlo prima.

Questo progetto di scouting su che numeri si muove?

Cerchiamo di non fare cose esagerate. L’indicazione è di stare sui 10 atleti, perché comunque non puoi inserirne troppi. L’idea è di avere un gruppo ristretto di ragazzi di età differenti. Li segui, gli dai la bicicletta e un minimo di assistenza, li porti in ritiro, vai a vederli quando fanno le gare internazionali. Sapendo che di 10, magari quelli che possono passare sono un paio e quindi ci focalizziamo su quelli. E’ stato così con Skjelmose, Simmons, Tiberi e lo stesso Baroncini. 

Che cosa cercate?

Il lavoro che stiamo cercando di fare è quello di avere atleti che abbiano già un curriculum valido dal punto di vista del talento e dal punto di vista fisiologico. E poi che abbiano capacità fisiche in gara, quindi anche un curriculum di risultati in crescita. Irizar fa queste valutazioni. Li va a vedere. Li conosce. Va in ritiro. Parla con i direttori sportivi delle squadre dilettanti. In modo che quando passano, sia gente che si inserisce bene nel gruppo e già un po’ in linea con le aspettative della squadra. 

Mondiali U23 crono del 2021: Baroncini parla di bici con Irizar e De Kort, osservatori della Trek-Segafredo
Mondiali U23 crono del 2021: Baroncini parla di bici con Irizar e De Kort, osservatori della Trek-Segafredo
Avete seguito Vacek durante i mesi senza correre?

Innanzitutto, visto il momento particolare, abbiamo cercato di capire quale potesse essere il suo calendario con la nazionale, dopodiché gli abbiamo dato bicicletta, scarpe, casco. Poi gli abbiamo offerto supporto per l’allenamento, confermandogli le nostre intenzioni. Per farlo sentire parte del gruppo, sebbene non potesse correre.

Nella conferenza stampa è parso esaltato dall’idea di passare nella squadra WorldTour…

Vacek ha sempre dimostrato talento, quest’anno sicuramente era partito col piede giusto, poi è successo quello che è successo. Ha dovuto fermarsi. E’ stato a lungo senza correre e poi ha avuto solo un calendario di dilettanti. Adesso invece passa nel WorldTour. E’ ovvio che per un ragazzo giovane sia un cambio di vita abbastanza sostanziale.

A Wollongong Vacek ha collaborato con Fedorov, per poi perdere nella volata a due
A Wollongong Vacek ha collaborato con Fedorov, per poi perdere nella volata a due
Che tipo di attività gli proporrete?

Quando passano il primo anno in World Tour, ponderiamo bene. Valutiamo in primis il numero totale di corse e quali. E poi semmai dove potranno provare a fare risultato, normalmente sempre nella seconda parte di stagione. Per cui è chiaro che si fa tutto con tranquillità. Ovvio che nel caso di Mathias, che ha già vinto una tappa al UAE Tour, si possa pensare ad un calendario leggermente più consistente rispetto a un neopro’.

E qui veniamo ai mondiali U23. Mandereste un vostro U23 a farlo?

Se c’è un’esigenza assoluta, sicuramente lo valutiamo. Però come filosofia del team, eviterei ad atleti che già sono nel WorldTour di andare al campionato mondiale under 23. Se uno corre a un determinato livello, non ha senso poi confrontarsi con i dilettanti under 23 o quelli delle continental. Però dipende sempre dal Paese che te lo chiede.

Cioè?

Se è un Paese che ha difficoltà a mettere insieme il numero minimo di corridori, se ne ragiona. Ma se parliamo di Italia o Francia, ad esempio, per me non ha senso. Perché allora in realtà il mondiale U23 lo avrebbe vinto Remco e secondo avrebbe fatto Skjelmose, quindi è un po’ un guazzabuglio di situazioni.

Vacek ha 19 anni, viene dalla Repubblica Ceka e ha vinto l’ultima tappa del UAE Tour
Vacek ha 19 anni, viene dalla Repubblica Ceka e ha vinto l’ultima tappa del UAE Tour
Amadori dice di aver sondato Tiberi e di aver percepito freddezza. Non credi che per lui, che non fa un mondiale dal 2019, sarebbe stato comunque il modo per imparare a gestire certe situazioni?

A mio parere no, perché corri tutto l’anno con atleti più forti di te, cercando comunque di fare risultato: Antonio ad esempio in Ungheria è riuscito a vincere. Ti ritrovi a un mondiale dove partono in 20-30 di quel livello e tutto il resto magari arriva da continental e squadre dilettantistiche vere e proprie. Alla fine secondo me ha un valore relativo, lo vedo sinceramente come qualcosa di non necessario.

Perché?

Secondo me è una questione di meritocrazia. Se il sistema valuta che sei già in grado di essere competitivo a livello superiore, non vedo perché devi andare a competere a livello inferiore. Sembra anche brutto dire così. Secondo me invece il mondiale under 23 deve dare la possibilità di progredire ai ragazzi che sono ancora in fase di crescita e non hanno ancora dimostrato il loro potenziale.

Nel calcio la nazionale U21 va alle Olimpiadi.

Se è solo per premiare i più giovani, allora che partecipino al livello elite e poi si premia il primo di loro. Fra le donne, la Guazzini ha vinto la crono e la Fisher Black la strada. Il calcio manda gli under 21 alle Olimpiadi, ma sappiamo che, per quanto importanti a livello calcistico, i Giochi vengono vissuti come una competizione minore.

L’ultimo foglio firma di un mondiale firmato da Tiberi è quello di Harrogate nel 2019, da junior
L’ultimo foglio firma di un mondiale firmato da Tiberi è quello di Harrogate nel 2019, da junior
Difficile gestire la gara nella gara…

Lo so, ma chi è il miglior under 23 al mondo? E’ Fedorov o Evenepoel, visto che hanno la stessa età? Secondo me è una scelta che andrebbe regolamentata. Io credo che a livello dilettantistico si debba ricominciare a pensare veramente ai punteggi, come si faceva ai nostri tempi. Insomma, quando avevi accumulato un determinato punteggio, non potevi più correre con la categoria inferiore e portare via le corse a chi studiava o aveva bisogno di crescere più gradualmente. Mentre se io faccio il corridore di mestiere e ho già accumulato 50 punti internazionali al 31 di gennaio, ha poco senso che poi vada ancora a correre le gare provinciali con quelli che studiano. Il sistema di punteggio era più meritocratico e secondo me tutelava la categoria.

Però resta il dubbio che a Tiberi avrebbe fatto bene essere là…

Senza dubbio, io dico solo che deve esserci una regola. Decidiamo, ad esempio, che nessun under 23 può partire con gli elite nel mondiale strada e quindi partono tutti per età. Ma nel momento in cui decidi che c’è una categoria under 23 e la gestisci come si fa oggi, allora non ha più minimamente senso. Perché, rispondendo alla domanda precedente, il miglior under 23 che c’è al mondo oggi è Evenepoel e non Fedorov.

Zambanini alla Vuelta e l’emozione della prima volta

15.09.2022
5 min
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Con la Vuelta ormai alle spalle il sole inizia a tramontare anche su questa stagione agonistica. Non prima, però, di illuminare gli ultimi impegni, tra cui mondiale e Giro di Lombardia, ultima classica monumento del calendario. In terra iberica è stato definitivamente consacrato il talento cristallino di Evenepoel. Il giovane belga ha indossato la maglia rossa alla sesta tappa e l’ha portata fino a Madrid. Tra i giovani in corsa si è messo in luce anche Edoardo Zambanini, migliore italiano in classifica generale: 36° a un’ora e mezza da Evenepoel. 

Il trentino di Riva del Garda era alla sua prima esperienza in un grande Giro. Si è messo a disposizione della squadra, portando a casa una bella prestazione ed un terzo posto alla nona tappa, che regala tanta motivazione e la voglia di tornare alla Vuelta e riprovarci. 

Edoardo Zambanini si è messo in luce dando una mano alla squadra e andando a caccia di fortuna in altre tappe
Zambanini si è messo in luce dando una mano alla squadra e andando a caccia di fortuna in altre tappe
Cosa fa un corridore quando torna dalla Vuelta?

Dopo tre settimane di corsa ininterrotta mi sono goduto la famiglia. Stare lontano da casa per così tanto tempo è strano, perché quando corri tutto scorre veloce, ma appena ti fermi realizzi che sei stato via un mese. Quindi, in questi giorni poca bici e tanto tempo con amici e parenti, mancavano. 

Qual è la cosa che ti ha colpito maggiormente?

Direi tante, ma quella che mi ha lasciato senza parole è il livello che si trova in corsa. Andavamo fortissimo tutti i giorni, praticamente sono state 21 corse di un giorno raggruppate tutte insieme.

Prima di partire che hai pensato?

Inizialmente ero abbastanza agitato, quando è arrivata la chiamata dalla squadra ero davvero nervoso. I miei diesse: Pellizotti e Florencio, mi hanno tranquillizzato dicendomi di pensare giorno dopo giorno. Così ho fatto, anche se, devo ammettere, che certi giorni pensavo «abbiamo ancora tante tappe davanti e tutte dure» poi mi ricomponevo e cercavo di non pensarci.

Zambanini Battistella 2022
Zambanini sulla ruota di Battistella, i due si sono messi in mostra alla Vuelta entrando in molte fughe
Zambanini Battistella 2022
Zambanini sulla ruota di Battistella, i due si sono messi in mostra alla Vuelta entrando in molte fughe
Quando hai scoperto che saresti andato alla Vuelta?

Pochi giorni prima dell’inizio, da un certo punto di vista è stato un bene, anche perché non ho avuto tanto tempo per tempestarmi di domande e agitarmi ancora di più (dice ridendo, ndr). Uscivo dal Giro di Polonia dove ho lavorato bene con il mio preparatore: Paolo Artuso. Abbiamo trovato un bel modo di fare e grazie a lui sono riuscito ad essere costante per tutta la stagione.

I giorni prima della partenza come li hai vissuti?

Ho realizzato di partire per la Vuelta solamente quando mi sono trovato la valigia vuota davanti. Lì, in quel preciso momento la tensione è schizzata ai massimi livelli. 

Immaginiamo allora in aereo, seduto davanti al finestrino…

Il viaggio l’ho fatto da Venezia, insieme a Franco (Pellizotti, ndr) e Roman Kreuziger, e direi per fortuna. Li ho tartassati di domande e dubbi, loro mi hanno tranquillizzato, mi hanno davvero aiutato molto. 

Qual è stata l’emozione più grande, la prima tappa o l’ultima?

Sono state due emozioni differenti: quella di Utrecht era un mix di agitazione e tensione, la partenza di un grande Giro. Prima lo avevo solamente sognato. Quella di Madrid è stata da pelle d’oca, c’era un mare di gente ad aspettarci nel circuito finale, in quel momento ho realizzato che avevo portato a termine una bellissima esperienza ed una grande corsa. 

Ti sei anche goduto la passerella finale di Nibali e Valverde.

Sì, che roba. Indescrivibile. Nel corso della tappa finale ho avuto anche modo di parlare con Vincenzo. Abbiamo avuto modo di confrontarci: sulle tappe, l’emozione di quel saluto calorosissimo… E’ un momento che ricorderò per sempre. E’ un corridore che ho sempre ammirato, ho il ricordo di me da bambino che lo guardavo vincere queste corse in televisione. Essere presente alla sua ultima è stato davvero particolare.

Con chi eri in stanza?

Con Luis Leon (Sanchez, ndr). Mi ha aiutato molto, soprattutto nella fase iniziale. Anche lui aveva capito che i primi giorni ero agitato, mi ha rassicurato dicendomi che sarebbe stata dura ma che facendo tutto per bene ce l’avrei fatta. 

Zambini in mezzo ai suoi due mentori di questa Vuelta: a sinistra Landa, a destra Luis Leon Sanchez
Zambini con al suo fianco Landa: un esempio da seguire, in corsa e fuori
Correre con Landa come capitano che sensazione ti ha lasciato?

Avevamo già corso insieme, al Tour of the Alps. Lui dietro lo schermo sembra sempre serio ma in squadra è molto gentile e simpatico. E’ un corridore che mi piace davvero molto, un esempio per tutti, soprattutto per me, anche come tipologia di atleta. E’ serio quando deve, insegna sempre qualcosa, e sa cogliere i momenti giusti per una battuta o uno scherzo.

Tappa preferita?

Mi è piaciuta molto quella di Sierra Nevada. Eravamo ben coperti in fuga con Gino Mader. Prima della salita finale ne dovevamo affrontare un’altra di 8-9 chilometri dove il gruppo si è frazionato. Sono riuscito a rimanere insieme ai primi, stare con loro mi ha dato una grande carica. Sulla salita finale sono rimasto fino a quando ho potuto con Landa, poi ho continuato con il mio passo. Avevo anche il tifo da casa, sono venuti a trovarmi i miei genitori e mia sorella, è stata una sorpresa, non ne sapevo nulla. Averli così vicini mi ha dato una carica in più. 

Durante l’ultima tappa Zambanini ha assistito alla passerella finale per Nibali e Valverde: una grande emozione
A Madrid Zambanini ha assistito da vicino alla passerella finale per Nibali e Valverde
Il giorno più difficile?

La 19ª tappa. Mi sono venuti i crampi in cima all’ultima salita, mi sono idratato poco e l’ho pagata. Ero riuscito a rimanere nel gruppo principale e in discesa ero pronto a lavorare per Landa. Ma appena passato lo striscione del Gpm ho sentito le gambe bloccate, ad un certo punto mi sono dovuto fermare a bordo strada dal dolore. E’ la tappa che mi è rimasta più indigesta, avevo praticamente terminato, mancavano solo la discesa e l’arrivo, invece i crampi mi hanno fermato. 

Insieme a Tiberi eri uno dei più giovani in gruppo. 

Era strano, soprattutto i primi giorni. Essere accanto a persone con così tanta esperienza, che sanno gestire queste corse mi ha messo un po’ in difficoltà mentalmente. Tiberi ed io siamo molto amici, negli anni abbiamo condiviso tante esperienze, anche in nazionale. Ci siamo sostenuti a vicenda, dicendoci che in futuro ci riproveremo, anzi magari ci daremo battaglia proprio noi due su queste strade (dice con voce allegra Zambanini, ndr). 

Mosca: «Cerco buone sensazioni. E Tiberi vi farà divertire»

07.08.2022
5 min
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Troviamo Jacopo Mosca mentre torna al bus prima della cronometro del Tour de Pologne, la strada è leggermente in discesa, noi lo chiamiamo e lui gentilmente si ferma. Jacopo ha le mani basse sul manubrio e mentre schiviamo ammiraglie e altri corridori lui parla e noi ascoltiamo.

«Sono alle prese con un virus intestinale – racconta – ora mi è passato, il peggio l’ho avuto tra la terza e la quarta tappa ma sto malissimo. Tuttora sono ko, spero di arrivare nel tempo massimo per questa crono, questo per fare capire come sto (Jacopo ha concluso la crono in 95ª posizione, con un buon margine sul tempo limite, ndr).

«Non riesco a fare nulla per la squadra, quel poco che riesco lo faccio sempre, però è brutto. Anche perché rientravo in corsa direttamente dal Giro, visto che proprio dopo averlo finito ho scoperto di aver avuto la mononucleosi. Sono partito per il Mont Ventoux e Occitanie ma solo perché serviva per la squadra, infatti la prima non l’ho finita e nell’altra mi sono ritirato alla seconda tappa».

Tra Giro e Tour de Pologne, Jacopo ha corso solamente due gare a causa di una mononucleosi scoperta solo dopo la Corsa Rosa
Tra Giro e Tour de Pologne, Jacopo ha corso solamente due gare a causa di una mononucleosi scoperta solo dopo la Corsa Rosa
Prima cosa hai fatto?

Sono stato in altura a lavorare, sono stato 25 giorni al Sestriere e ho fatto tutto particolarmente bene. Anzi, una settimana prima di venire qui ero molto contento per come mi sentivo, dopo un periodo difficile iniziavo ad avere sensazioni positive.

Eri da solo o in compagnia?

Ho fatto 10-12 giorni da solo e gli altri con Elisa (Longo Borghini, sua compagna, ndr). Poi lei è partita per il Tour Femmes. Abbiamo approfittato di quei giorni per allenarci e stare un po’ insieme.

Che programma hai da qui a fine stagione?

Archiviato il Polonia andrò al Tour di Danimarca. Farò le gare in America: Maryland, Quebec e Montreal. Poi qualche altra gara in Belgio e Croazia ed infine il calendario in Italia. Ho un bel programma, non mi posso lamentare, sono proprio contento.

Mosca è in cerca di una buona condizione, il calendario da qui a fine anno è ricco di gare utili per ritrovare la gamba
Mosca è in cerca di una buona condizione, il calendario da qui a fine anno è ricco di gare utili per ritrovare la gamba
Arriva la Vuelta, debutto in un grande Giro per il vostro giovane Antonio Tiberi che qui abbiamo visto spesso vicino a te. Cosa gli hai detto?

Eravamo in ritiro a Sierra Nevada, prima del Giro e c’era anche lui. Era importante anche per conoscere il finale della tappa che arrivava proprio lassù. Poi in realtà ho visto che lo hanno cambiato quell’arrivo. Però in quei giorni abbiamo fatto qualche salita che poi andrà a fare alla Vuelta e l’unica cosa che mi sono sentito di dirgli è stata: «In bocca al lupo!».

Pensi possa fare bene?

Antonio sicuramente va forte, è in condizione e lo dimostrerà, andrà lì a fare esperienza. Nelle tappe con la partenza in salita non mi sorprenderei di vederlo in fuga e vederlo battagliare fino alla fine.

Gli hai detto qualcos’altro?

Bene o male c’è. Bisogna svegliarlo un pochettino perché dorme – dice ridendo – perché è giovane! Però a parte le battute ci ha già fatto vedere belle cose dalla passata stagione. Poi Antonio qui alla Trek-Segafredo è seguito benissimo. La nostra è una squadra che ti permette di crescere e di maturare con i tempi giusti. Siamo seguiti al cento per cento e non lasciamo nulla al caso.

Mosca, in primo piano e Tiberi, sono stati parecchio in contatto in questi due anni, Jacopo ha visto crescere e maturare il giovane laziale
Mosca, in primo piano e Tiberi, sono stati parecchio in contatto in questi due anni, Jacopo ha visto crescere e maturare il giovane laziale
E’ maturato tanto da quando lo conosci?

Sì, devo ammettere di sì. Lui è stato under nell’anno del Covid e ha corso poco, non direi che è stato penalizzato ma comunque ha un grande motore e per quello che ha fatto vedere anche voglia di imparare.

Ha vinto anche la prima gara da professionista in Ungheria…

Ha vinto una tappa e questo è stato un bel passo e una grande iniezione di fiducia. Avrebbe potuto anche fare classifica ma la prima tappa è rimasto attardato nei ventagli. E’ per questo che gli dico “svegliarsi”! Perché uno come lui non deve rimanere attardato da queste situazioni. Ma ha tempo, è giovane, ha solamente 21 anni… Beato lui!

Ti ricordi delle prime gare fatte con voi?

Mi ricordo alla Coppi e Bartali dell’anno scorso, era la sua prima gara a tappe, aveva pochissimi giorni di corsa alle spalle e si vedeva già lì che aveva gamba.

Mosca non si pone obiettivi e guarda al futuro, vuole trovare fiducia e morale per ripartire bene già dall’inverno
Mosca non si pone obiettivi e guarda al futuro, vuole trovare fiducia e morale per ripartire bene già dall’inverno
E tu, invece, hai qualche obiettivo da qui a fine stagione?

Vi dirò, per come è andata la stagione non ho ambizioni di risultati, mi interessa tornare in forma e sentirmi bene. Prendere fiducia e gamba per iniziare al meglio la preparazione per il prossimo anno.

Hai detto qualcosa a Elisa per l’errore di percorso al Tour?

C’è da dire che ha fatto un’inversione talmente bella – dice con un sorriso – che non me la sono sentita di dirle niente. Si vede che è forte ad andare in bici e che da giovane ha fatto la gimkana!

Tiberi è pronto: «Ultimi dettagli e poi si parte per la Vuelta»

06.08.2022
5 min
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Antonio Tiberi plana verso la Vuelta Espana, sua prima grande corsa a tappe, una bella prima esperienza per un ragazzo giovane ma che si è meritato la convocazione sul campo. Appena 21 anni, con alle spalle già una stagione tra i professionisti in casa Trek Segafredo.

Si è costruito questi buoni risultati grazie alla costanza del lavoro fatto lo scorso anno. Tanti piccoli gradini che lo hanno portato vicino al bordo, pronto per spiccare il volo e planare sulla Vuelta. 

Tiberi si è guadagnato la convocazione alla Vuelta grazie alla costante crescita, il passo decisivo la vittoria al Tour de Hongrie
Tiberi ha vissuto una crescita costante, il passo decisivo è stato la vittoria al Tour de Hongrie

In cerca del ritmo

Antonio lo incontriamo al Tour de Pologne e approfittiamo della sua gentilezza e disponibilità per parlarci quasi ogni giorno. D’altronde il bello delle corse è poter guardare i corridori negli occhi, cogliendo ogni smorfia del loro volto.

«E’ stata la prima gara dopo un periodo di assenza dalle corse – dice – l’ultima corsa era stata il campionato italiano. Nel mezzo c’è stato il classico periodo di altura dove si è lavorato per richiamare la condizione.

«In Polonia mi sono riabituato ai ritmi di gara. Agli sforzi massimali che in allenamento ovviamente non riesci a fare. Sfrutto questa gara per avvicinarmi al meglio alla Vuelta».

Al Polonia il corridore laziale (classe 2001) ha rifinito la condizione per la Vuelta
Al Polonia il corridore laziale (classe 2001) ha rifinito la condizione per la Vuelta

Gli ultimi passi

Prima di partire alla volta di Utrecht (quest’anno le prime tre tappe della Vuelta si correranno in Olanda) Tiberi ha mosso gli ultimi passi per arrivare pronto e carico. 

«Ad essere sincero – dice Antonio – ho fatto anche un po’ di stacco, per recuperare le energie, fisiche e mentali, tre settimane di corsa non le ho mai fatte, è un bel banco di prova. Il fatto di aver intensificato gli allenamenti, soprattutto quelli lunghi e di aver fatto un bel po’ di corse a tappe mi ha aiutato. E’ la prima esperienza, si impara anche facendo. Poi sono andato in altura dove ho fatto lavori di qualità, con qualche salita ma anche tanta cronometro (il laziale ha vinto il mondiale di specialità nello Yorkshire, nel 2019, categoria juniores, ndr).

«Qui in Polonia ho fatto un po’ di lavori di rifinitura. E poi… Si parte! Non sono ancora in preda all’emozione. Ci penserò sicuramente da oggi, cioè nelle tre settimane tra la fine del Tour de Pologne e l’inizio della Vuelta».

Antonio ha curato molto anche la cronometro, una disciplina che gli piace molto e con la quale si è tolto grandi soddisfazioni
Antonio ha curato molto anche la cronometro, una disciplina che gli piace molto

Obiettivi e ambizioni

Parlare di ambizioni e di obiettivi può sembrare paradossale, ma un corridore professionista, in quanto tale, si pone dei traguardi da raggiungere, proporzionali all’età e alle capacità.

«Non abbiamo ancora parlato nello specifico di quel che farò – spiega Tiberi – la squadra mi ha già accennato che dovrò andare lì con la massima tranquillità. Questo è anche uno degli aspetti positivi del team, mi lasciano lo spazio per crescere e fare esperienza, senza pressioni.

«Il fatto di aver lavorato abbastanza sulla crono in altura è dovuto un po’ al fatto che ce ne saranno due belle lunghe in Spagna (54 chilometri complessivi, ndr). Poi è una disciplina che mi piace molto, di conseguenza cerco sempre di curarla un po’. E infatti speravo di fare bene nella cronoscalata».

Purtroppo, proprio nella cronometro, Tiberi è stato vittima di una caduta che ne ha compromesso la prestazione finale.

«Oltre ad avermi lasciato dei bei segni sul corpo – dice Tiberi – ho dei segni sulle gambe, un bell’ematoma sulla schiena ed uno anche sul fianco. Speriamo non comprometta il mio avvicinamento alla Vuelta, ma c’è tempo per rimettersi in sesto»

Il ritorno in gara di Antonio prosegue spedito, qui dopo l’arrivo della terza tappa vinta da Higuita
Il ritorno in gara di Antonio prosegue spedito, qui dopo l’arrivo della terza tappa vinta da Higuita

Pendenze toste

Nell’arrivo della terza tappa del Tour de Pologne, Sergio Higuita ci aveva raccontato come le pendenze incontrate sullo strappo finale (1,5 chilometri con punte al 13 per cento) siano molto simili a quelle che si troveranno alla Vuelta. Motivo per cui molti corridori che correranno la corsa a tappe iberica, passano dalla Polonia per affinare la gamba. Come si è trovato Tiberi su queste pendenze?

«Allora diciamo che mi trovo anche abbastanza bene – ride per un attimo e poi risponde – ma su salite un po’ più lunghe. Con strappi così brevi e sforzi massimali un po’ li soffro perché sono strappi adatti a gente esplosiva.

«La Polonia è stata un bel banco di prova, ci sono tanti corridori competitivi e forti. Vi faccio un esempio: nella tappa che dice Higuita (la terza, ndr) l’anno scorso ho fatto 21° a 25 secondi dal primo. Ieri sulla stessa salita sono arrivato 34° sempre a 25 secondi. Però va bene anche così, sono venuto qui per fare un po’ di fuori giri e di fatica. Nei giorni che mi separeranno tra la fine del Tour de Pologne e la Vuelta non farò molto a livello di preparazione, oramai il più è fatto».