Zalf a cinque punte, a Capodarco vince Raccani

17.08.2021
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Era come se il tempo si fosse fermato. Simone Raccani era uscito dal 2019 con 6 vittorie al secondo anno da junior ed era piombato in un primo anno da under 23 in maglia Zalf Desirée Fior fatto di strade vuote e poche corse, reso arido dal Covid e dalle poche occasioni per fare esperienza. Così quando ieri è passato per primo sul traguardo del Gp Capodarco, un po’ avrà avuto la sensazione della vita che riprende e un po’ (glielo diciamo noi) ha vinto una delle corse più belle senza la spinta del suo pubblico, che sul muro finale la rende simile a una Liegi con vista sul mare. Se ci fosse stato la solita gente, Piccolo forse avrebbe fatto la differenza o in alternativa per Raccani sarebbe stato ancora più semplice tenergli testa. Quella spinta lascia il segno!

Sul podio di Capodarco, Raccani fra Piccolo e il compagno Tolio (foto Scanferla)
Sul podio di Capodarco, Raccani fra Piccolo e il compagno Tolio (foto Scanferla)

Muro chiuso

La corsa è tornata dopo la cancellazione del 2020. Sembrava si volesse impedire di farla passare sul muro, ma alla fine si è trovata la soluzione di chiudere quel tratto ai tifosi, scongiurando il mucchio selvaggio in stile Redoute, in cui i corridori di solito sfilavano fra due ali di appassionati accaldati e urlanti. I preparativi sono stati come di consueto di grande coinvolgimento, con il nome di ciascun iscritto dipinto sull’asfalto della salita che per ogni altro giorno dell’anno celebra la grandezza di Capodarco. Si è corso come tradizione vuole nel ricordo di Fabio Casartelli e Michele Scarponi. Soprattutto si è corso.

Le premiazioni sono andate avanti a lungo, per cui quando riusciamo a parlargli è quasi buio. Il caldo che ha attanagliato la riviera adriatica per tutto il giorno è ormai scemato.

Raccani in azione al Gp Sportivi di Poggiana, vinto invece da Ciuccarelli (foto Scanferla)
Raccani in azione al Gp Sportivi di Poggiana, vinto invece da Ciuccarelli (foto Scanferla)

Piccolo in mezzo

Il finale era tutt’altro che scritto, con Andrea Piccolo là davanti a scandire il passo con disinvoltura da professionista, pur non avendo fatto una sola corsa con la maglia dell’Astana. Ne conserva la Wilier e il colpo di pedale, che però non gli sono bastati per fare la differenza. Raccani e Tolio gli correvano a ruota, aspettando che calasse il passo per scattare e metterlo in difficoltà. Ma il corridore della Viris ha fatto tutto da sé. E quando sul muro ha piazzato l’ultimo affondo, Tolio si è staccato, Raccani gli è rimasto sul groppone come lo scorpione sul guscio della tartaruga. E nella volata gestita malissimo dal rivale, il corridore della Zalf ha avuto vita persino facile nel… metterlo a sedere.

«Era un’incognita – racconta Raccani – perché era la prima corsa in cui lo incontravamo, per cui ci siamo amministrati. A rendere la giornata pesante si sono messi il caldo, il percorso e anche parecchio vento. Capodarco per me era una novità, dato che sono di secondo anno e nel 2020 non si è fatta. Quello scorso è stato davvero un anno buttato. Comunque mi avevano parlato della corsa e avevamo visto che non c’erano troppe squadre a poter chiudere su una grande fuga. E così con Benedetti, Tolio e altri compagni d’avventura siamo partiti presto e siamo rimasti all’attacco per 150 chilometri».

Calendario killer

Nel tremendo comporre calendari da parte dell’Uci, Capodarco è una delle corse più bistrattate. La data è fissa, il 16 agosto, e fino a una decina d’anni fa era frequente vedere al via la crema del movimento under 23, che di lì a una settimana sarebbe partita per il Tour de l’Avenir. Poi la… balena francese ha iniziato a indietreggiare nel calendario, così prima sono spariti gli stranieri e alla fine se ne sono andati anche gli azzurri. Troppo ravvicinati i due eventi, con il recente colpo di grazia dell’Avenir partito prima di Ferragosto. Ciò non significa che il campo partenti sia necessariamente meno potente, ma la considerazione di Faresin sul livello delle squadre ha fotografato perfettamente la situazione.

«La selezione c’è stata da dietro – continua Raccani – mentre davanti eravamo sempre meno e ce la siamo giocata. Io avevo buone sensazioni e quando Piccolo si è messo a spingere forte, un po’ ce l’abbiamo costretto noi. Se avesse calato, sarebbero cominciati gli scatti. Così sul muro ho stretto i denti, le gambe dopo tanta strada erano giuste per tutti, e nel finale l’ho saltato facilmente. Ogni vittoria fa storia a sé. Quest’anno avevo già vinto a Biella, ma la prima internazionale ha sempre un gusto particolare».

Nel 2019, Raccani campione regionale al Trofeo Città di San Martino (foto Scanferla)
NEl 2019, Raccani campione regionale al Trofeo Città di San Martino (foto Scanferla)

Zalf cinque punte

Avere in ammiraglia un tecnico come Faresin ha fatto la differenza. Il vicentino ha gestito benissimo la presenza di tre uomini nella fuga, con il tricolore Benedetti, fresco di contratto con l’Androni, che si è messo a disposizione dei compagni tirando con più generosità. Poi, avendo soppesato le forze in campo, ha consigliato provvidenzialmente di restare a ruota del misterioso corridore della Viris che avrebbe potuto tirare fuori il coniglio dal cilindro o spegnersi, come è stato, sul rapporto troppo lungo che si è ostinato a tirare per tutto il tempo.

«Abbiamo dimostrato una volta di più – dice Faresin – che la nostra forza è lo spirito di squadra. I ragazzi hanno corso in maniera attenta sin dai primissimi chilometri e questo ci ha premiato. Sapevamo di poter contare su di un quintetto a cinque punte: ognuno dei ragazzi che avevamo in gara poteva ambire al successo finale e invece tutti hanno corso per il bene della squadra. Ha vinto Raccani ma è come se a vincere fossero stati anche Tolio, Benedetti, Zambanini e Guzzo».

Per la squadra di Castelfranco Veneto il 2021 ha il sapore di un ritorno ai vertici, alternativa credibile alla Colpack con un gruppo giovanissimo. La stagione ha ancora tanto da dire.

C’è un Piccolo più grande che sogna di passare pro’

11.07.2021
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Simone Piccolo, atleta della Viris Vigevano classe 1997, corre nella categoria elite, il suo cognome è legato indissolubilmente al ciclismo. Il papà Renato ha corso tanti anni in mountain bike, mentre suo fratello minore, Andrea, è alla sua prima stagione da pro’ nell’Astana.

Come ti sei avvicinato alla bici, tuo padre ha influito nella tua scelta?

No, sicuramente vederlo correre ha acceso in me la passione, tuttavia non mi ha mai imposto o spronato nell’avvicinarmi a questo sport. La prima esperienza infatti è iniziata con il ciclismo su strada, mi ha sempre affascinato più della mountain bike. Poi crescendo mi sono fatto tanti amici nella mia prima squadra. Amici con i quali ho un ottimo rapporto anche adesso.

Ricordi la prima corsa?

Il primo numero l’ho attaccato nella categoria G3, con il Velo Sport Abbiategrasso, la squadra di casa mia. Con loro sono rimasto fino al secondo anno allievi, poi sono andato nella Gb Union Castano.

Fra i suoi 7 podi, c’è anche il 3° posto alla Medicea dietro Rocchetta e Coati. Numeri per passare pro’? (foto Scanferla)
Fra i suoi 7 podi, c’è anche il 3° posto alla Medicea dietro Rocchetta e Coati. Numeri per passare pro’? (foto Scanferla)
Com’è il rapporto con tuo padre e tuo fratello, vi scambiate spesso consigli?

Mio padre mi ha saputo indirizzare bene, la mia fortuna è stata averlo accanto nell’età della crescita. Mi ha fatto capire come sia più importante un processo di maturazione costante piuttosto che ottenere risultati immediati. Mio fratello Andrea ha iniziato da piccolo anche lui, ci siamo sempre sostenuti a vicenda e confrontati, capita spesso di allenarci insieme. Questo è stato motivo di sprono, soprattutto quando nel 2020 eravamo fermi, allenandoci insieme a casa il lockdown è sembrato meno duro. Lui avendo me davanti come esempio ha avuto la fortuna di non commettere i miei stessi errori, non ci paragono, abbiamo i nostri tempi di crescita e maturazione.

Questa stagione stai andando davvero bene, come ti trovi alla Viris Vigevano?

Il mio alla Viris è un ritorno, sono passato under 23 con loro nel 2016, poi a causa di un anno negativo a causa di infortuni e situazioni personali ho cambiato squadra. La mia è una storia travagliata, da quando sono passato under ogni anno ho cambiato casacca, i primi due per le stesse motivazioni. Gli anni successivi perché le squadre non continuavano la categoria. Questo ritorno mi ha ridato certezze.

Che obiettivi hai per la restante parte del 2021?

In questo inizio di anno ho corso tanto, il mio apice è stato maggio dove praticamente non sono mai sceso dal podio in ogni gara che ho fatto. Ora sono un attimo in scarico, ma non smetto di correre. Nell’immediato futuro correrò il 10 luglio a Biella, il 13 al Città di Brescia e domenica 18 ancora a Biella, poi non so bene quali corse disputerò.

Pensi che quest’anno possa essere quello giusto per il salto di categoria?

Penso e spero di sì, sto andando bene e diventare pro’ è il vero obiettivo di stagione. Nel bene e nel male ogni anno ho sentito sempre dei miglioramenti. Questo mi ha permesso di credere sempre in me stesso e di continuare il processo di crescita, se non avessi avuto queste sensazioni difficilmente sarei andato avanti a correre in bici.

Ha vinto in Vadarno (in apertura) e a Fubine, qui sopra la Viris al lavoro per lui (foto Instagram)
Ha vinto in Vadarno (in apertura) e a Fubine, qui sopra la Viris al lavoro per lui (foto Instagram)
E se non dovessi passare?

Se non arriveranno offerte dai pro’ chiuderò la mia carriera, ma ho la sensazione che sia l’anno in cui riceverò delle risposte, buone o brutte, staremo a vedere.

Quali sono le tue doti da corridore?

Ho un buono spunto veloce, non vinco nelle volate di gruppo ma amo le corse dure, quelle dove alla fine riesco a tirare la zampata per aggiudicarmi la vittoria. Mi definirei un corridore di resistenza, tenace.

Al di fuori della bici che persona sei? Coltivi qualche hobby particolare?

Sono tranquillo ma deciso, non sono un tipo sedentario, anzi, amo stare in movimento. Abbiamo una barca in Sardegna, vado a pescare o nuotare, mi piace praticare attività legate al mare. La pesca mi calma e mi rende tranquillo.

Alex Carera, Giulio Ciccone, 2020

Facciamo il punto con Carera su Piccolo e Tiberi

03.01.2021
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Dice Alex Carera che quando ha letto l’articolo sul Team Colpack e le parole di Antonio Bevilacqua circa le ingerenze dei procuratori nella vita della sua squadra, gli è andato di traverso il primo dell’anno. Il procuratore di Tiberi, Piccolo e Trainini, ma anche di Nibali, Pogacar e Ciccone (i due sono insieme in apertura), ha la sua versione della storia ed è interessante ascoltarla.

«La storia del passaggio di Tiberi e Piccolo dopo il primo anno da under 23 – dice Carera – era arcinota da prima che scegliessimo il Team Colpack. Avevano entrambi l’accordo, con la Trek-Segafredo e l’Astana, per provare dal 2021. Se poi lo staff tecnico delle due squadre avesse ritenuto per vari motivi di rinviare il passaggio, sarebbero rimasti per un anno ancora. Questo non è successo e le squadre li hanno voluti da subito. Per cui dire che la colpa è dei procuratori e che siamo il male del ciclismo, non mi pare proprio giusto».

Andrea Tiberi, 2020 (foto Instagram)
Antonio Tiberi passa alla Trek-Segafredo dopo il 2020 al Team Colpack (foto Instagram)
Antonio Tiberi, 2020 (foto Instagram)
Tiberi alla Trek dopo il 2020 alla Colpack (foto Instagram)

Il discorso di Carera non fa una grinza e semmai si inceppa su un 2020 che probabilmente non ha dato ai ragazzi il necessario spazio per mettersi alla prova. E mentre Tiberi dà la sensazione di essere più avanti, gli altri due restano un bel punto di domanda. Su Piccolo, le considerazioni di Mazzoleni (preparatore dell’Astana) sono state abbastanza chiare sin da subito, su Trainini ha parlato Reverberi, ma certo anche per lui il 2020 più che un anno di passaggio è stato un anno di (quasi) sosta forzata.

Secondo te sono scelte ragionate, quindi?

Ci mancherebbe altro che non lo fossero, per questo ci tenevo a dire la mia e non passare per quello che non fa il bene dei corridori. Se poi la cosa andrà bene, lo scopriremo in futuro.

Andrea Piccolo, Gp FWR Baron, San Martino di Lupari, 2020
Andrea Piccolo, anche lui corridore di Carera, qui al Gp FWR Baron a San Martino di Lupari, passa all’Astana (foto Scanferla)
Andrea Piccolo, Gp FWR Baron, San Martino di Lupari, 2020
Piccolo, qui a San Martino di Lupari, va all’Astana
E’ difficile contraddire Bevilacqua sul fatto che, con Tiberi, la squadra avrebbe potuto correre un bel Giro d’Italia e anche a lui avrebbe fatto bene…

Per amor di Dio, non si discute che se Antonio fosse rimasto, la Colpack avrebbe avuto un giovamento, ma la scelta non è stata del procuratore e non poteva essere di Bevilacqua.

E’ stata, in questo caso, di Guercilena, giusto?

Faccio l’esempio di Cunego, che è storia vera. Da accordi precedenti, Damiano sarebbe dovuto passare nel 2001. Però parlando con la famiglia, con la Zalf e con Martinelli ci rendemmo conto che gli avrebbe fatto bene un altro anno fra gli under 23 e spostammo il debutto nel 2002, nonostante ci fossero stati altri accordi. Era un ciclismo diverso. I risultati del 2020 dicono altre cose e l’età in cui passare professionisti si è comunque abbassata.

Tomas Trainini, Giro del Friuli 2019, Fontanafredda
Tomas Trainini, qui a Fontanafredda al Friuli 2019, va alla Bardiani senza risultati 2020
Tomas Trainini, Giro del Friuli 2019, Fontanafredda
Trainini, qui al Giro del Friuli 2019, va alla Bardiani
Quindi Bevilacqua sbaglia a dire che si mette in pericolo la carriera dei ragazzi?

Le squadre scelte hanno entrambe grandi tecnici. Josu Larrazabal alla Trek-Segafedo e Maurizio Mazzoleni all’Astana, che fra l’altro segue Piccolo già da due anni. E’ fondamentale che fra tecnico e atleta si costruisca un rapporto di fiducia. L’esempio più evidente è la collaborazione fra Nibali e Slongo, che non si limita alla lettura dei numeri, ma si spinge anche sul piano psicologico.

Mentre Trainini?

Vedremo se anche il suo caso sarà stato ben gestito, il nostro lavoro è sempre sottoposto al giudizio del tempo e delle corse. Il rapporto con la Colpack è buono, è una squadra di Bergamo come siamo noi, abbiamo dentro altri atleti e altri ne porteremo.

Sarà il tempo a dire come andrà la storia e facciamo ovviamente tutti il tifo perché vada bene. L’alternativa purtroppo avrebbe i tratti di una sconfitta per tutto il sistema.

Matteo Sobrero 2020

Mazzoleni e tre diamanti da tagliare

11.12.2020
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Maurizio Mazzoleni ha in mano il futuro (italiano) dell’Astana. La scelta del team di puntare sui giovani ha amplificato un orientamento già tipico della gestione di Giuseppe Martinelli che, proprio assieme al preparatore bergamasco, negli ultimi anni ha valorizzato i talenti di Aru, Landa e Lopez. Oggi il futuro porta i nomi di Battistella, Sobrero (nella foto di paertura) e Piccolo, che si aggiungono ad altri ragazzi di valore come il sudafricano De Bod.

Intercettiamo Mazzoleni a Bilbao, nei Paesi Baschi, dove è volato per fare il test di inizio stagione a Pello Bilbao. E non è un gioco di parole.

«Per il prossimo anno – conferma Mazzoleni – abbiamo ricevuto questo imprinting che amplificherà una nostra qualità di sempre. Servono metodo, allenamenti di qualità, la giusta dose di altura e il tempo di crescere. In pratica continueremo a fare quel che abbiamo sempre fatto. I tre ragazzi di cui parliamo li avevamo da tempo sott’occhio. Sono molto curioso di scoprire Battistella, che a parte il mondiale U23 e il Tour de l’Avenir del 2019 in cui rimase in classifica fino all’ultima tappa, ha già fatto vedere belle cose. Sobrero lo seguivo ai tempi in cui correva alla Colpack. Mentre Piccolo lo abbiamo avvicinato sin da junior, ma lui è il più giovane e deve crescere davvero tanto. E comunque ha centrato il podio ai tricolori crono e ha fatto un bell’Emilia, che è già tanto…».

Samuele Battistella, 2020
Samuele Battistella, all’Astana dalla Ntt Pro Cycling
Samuele Battistella, 2020
Battistella ha debuttato con la Ntt Pro Cycling
Quali obiettivi avete per loro?

Farli crescere nel migliore dei modi, rispolverando concetti come sacrificio, determinazione e professionalità. Alla fine la maturazione passa per il lavoro. Se tutto funziona, prima o poi arriva anche il risultato. Anche chi vince subito, penso a un Evenepoel, continua il suo processo di crescita. Come diceva sempre Nibali, al primo Giro arrivò 19°, al secondo 11°, poi è salito sul primo podio e non ne è mai sceso, vincendone due. Il percorso di crescita è individuale e ha velocità diverse.

Crescere gradualmente senza perdere di vista la capacità di vincere?

La filosofia di fare programmi per i giovani più promettenti è proprio quella di proporgli corse a tappe magari di seconda fascia in cui possano essere competitivi, per coltivare la mentalità vincente. Anche perché negli ultimi anni passano professionisti soltanto quelli che hanno vinto tanto e quando non riescono a mantenere certi risultati rischiano di perdersi. Anche perché non tutti sono in grado di fare lo switch da vincente a gregario.

Andrea Piccolo
Andrea Piccolo ha corso alla Colpack e fa il grande salto nel WorldTour
Andrea Piccolo
Piccolo pronto per il WorldTour
L’avvento delle continental fa arrivare più qualità?

La qualità magari resta la stessa, quella che aumenta è l’esperienza internazionale, che alza lo standard. Il movimento U23 italiano è assolutamente di alto livello.

Quanto tempo serve secondo Mazzoleni per dire di conoscere bene un corridore?

Qualche mese, perché i dati dei test non bastano, anche se li abbiamo completi. Quel che conta è starci insieme, per questo non fare il ritiro di dicembre sarà un danno soprattutto sul piano della conoscenza. Certe camminate fatte individualmente prima di colazione con Lopez, ad esempio, mi hanno fatto capire di lui più di tante misurazioni. Serve empatia, che negli anni e in questi tempi soprattutto si sta perdendo. Stare vicini nei ritiri è il solo modo di capire. In questo, Slongo con Nibali è stato maestro.

Quanto vale Battistella?

Ha tanto talento, ma bisogna capire su quale terreno si possa applicare al meglio. Potenzialmente ancora ha tutte le porte aperte.

Sobrero?

Ha fatto delle belle crono anche da professionista, che può replicare. Il cronoman può esportare certe prestazioni anche in montagna e le azioni che hanno fatto Ganna a Camigliatello Silano e Rohan Dennis sullo Stelvio ne sono la dimostrazione. Sobrero è un ragazzo metodico e abituato al lavoro.

Mentre Piccolo?

Lo è di nome e di fatto, è un passo indietro rispetto agli altri due. E’ un grande talento del nostro ciclismo, ma servirà davvero tanta pazienza nel corso degli anni per farlo uscire come merita. Quando lavori con corridori già formati, il margine è minore e la bravura del tecnico sta proprio nell’incidere in quello spazio così ridotto. Con un giovane invece è come avere davanti una pagina bianca, il terreno ideale per un tecnico. Ed è questa la sfida che ci attende.

Andrea Piccolo

Piccolo, la bici dello zio e… Martinelli

02.12.2020
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Se un volpone come Giuseppe Martinelli vuole che uno junior si unisca al ritiro con lui, significa che quel ragazzo può davvero fare qualcosa di buono. La storia di Andrea Piccolo nel WorldTour si può dire inizi così. Il 19enne lombardo, ennesimo prodotto di quella fucina di corridori che è la Colpack, sta per iniziare la sua prima stagione all’Astana, in veste ufficiale. Certo non è sconosciuto. Tra gli juniores a crono ha vinto sia l’italiano che l’europeo.

Stelvio e WorldTour

«Arrivare nel WorldTour – racconta con orgoglio – è un sogno che si avvera, ma sono consapevole che adesso si azzera tutto. Inizia una pagina nuova di un libro importante.

«“Martino” mi chiamò da secondo anno juniores. Mi disse se volevo unirmi al ritiro dell’Astana a Calpe. Io ero entusiasta di questa proposta e chiaramente andai. Fu l’occasione per conoscere il team, vedere come lavoravano. Da un po’ già mi seguiva Maurizio Mazzoleni nella preparazione, quindi sapevano com’era la mia condizione. E comunque non si aspettavano da me grandi prestazioni.

Andrea Piccolo
Da sinistra: Lorenzo Carera, Nibali, Piccolo e Jony Carera
Andrea Piccolo
Andrea Piccolo con il suo idolo, Vincenzo Nibali

«Ion Izagirre e Omar Fraile sono stati coloro che più mi hanno aiutato. Ho parlato molto con loro, mi hanno coinvolto di più. Ma devo dire che tutta la squadra mi ha riservato una grande accoglienza. Dopo un giorno sembrava che fossi con il team da tanto tempo. Senza contare che mi sono ritrovato con tutti quei campioni, a partire da Fuglsang e Lutsenko. Poi li ho rivisti questa estate nel ritiro di Livigno. Un giorno abbiamo fatto 6 ore e mezza: 205 chilometri e ben oltre 4.000 metri di dislivello con Forcola, Bernina, Stelvio (da Prato) e Foscagno. Loro dovevano provare la tappa del Giro. Un bel giorno, in cui ho cercato di osservare il più possibile».

La bici dello zio

Non solo cronoman. Piccolo si definisce un passista scalatore, dotato di un discreto spunto. Ma proprio perché non è super veloce, anche nelle categorie giovanili per vincere spesso doveva arrivare da solo.

«Fin da piccolo sono stato abituato a soffrire parecchio. Per vincere dovevo andare in fuga e da lì l’attitudine a fare da solo. Così quando ho preso la bici da crono è stato amore a prima vista. Ho avuto subito un bel feeling con la posizione, mi sono trovato bene con le misure. La prima bici da crono era una Trek. Me la prestò mio zio Enzo. Lui ha un negozio di bici, Cicli Battistella, e mi diede questa belva. Ero allievo di secondo anno, saltai su e feci un giro di 50 chilometri».

Sembra passato un secolo, in realtà è storia di tre anni fa. Durante l’ultima estate solo uno strepitoso Jonathan Milan gli ha tolto il sogno d’indossare il tricolore contro il tempo tra gli U23.

Andrea Piccolo
Piccolo a colloquio con Davide Cassani prima del Trittico
Andrea Piccolo
Piccolo a colloquio con Davide Cassani prima del Trittico

Obiettivo esperienza

L’essere completi è un’attitudine sempre più apprezzata nel ciclismo moderno. E non si può più prescindere dall’andare forte a crono, specie nel ciclismo del WorldTour. Chi va forte in questa disciplina ha più chance di cavarsela anche in linea.

«Il mio obiettivo di quest’anno, non è tanto vincere ma fare esperienza, di lavorare per la squadra. Con Martinelli parlo spesso e la mia idea, e anche quella di Mazzoleni, è quella di riuscire a fare qualche corsa a tappe di una settimana. Non un grande Giro, alla mia età e da primo anno, sarebbe un impegno troppo grande, stravolgerebbe un po’ tutta la preparazione e non darebbe risultati. Dovrei lavorarci troppo e faticherei moltissimo nella terza settimana, tanto vale, ripeto, fare corse a tappe di una settimana e accumulare più chilometri di gara possibile. Poi certo se mi dicessero: vai al Giro… ci andrei!».

Andrea Piccolo
Andrea nel ritiro di Livigno questa estate con l’Astana
Andrea Piccolo
Andrea nel ritiro di Livigno questa estate con l’Astana

Forza Simone

Ma Piccolo non è il solo corridore di casa. Suo papà Renato pedalava e lo fa anche suo fratello Simone (classe 1997), al quale Andrea è legatissimo.

«Simone non è stato fortunato, ogni anno gliene è capitata una: una volta la clavicola, una volta la mononucleosi, una volta un incidente nel quale ha perso 11 denti, e quest’anno c’è stato il covid. Adesso farà ancora un anno alla Viris e darà il tutto per tutto. Ci alleniamo sempre insieme, anche a casa siamo sempre noi. Quando rientriamo confrontiamo i dati, poi però cerchiamo di svagarci. Io per esempio ho la passione per le moto da cross e quando posso ci vado. Però so che devo stare attento. Prendo la moto di papà, una vecchia Yamaha Xt 550 e vado a fare delle passeggiate».