Tour de Pologne 2025, Antonio Tiberi, quarto a Wieliczka

Liegi, meno altura e Tour: per Tiberi è iniziata la fase 2

18.12.2025
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Il 2026 di Antonio Tiberi ha il nuovo orizzonte del Tour. Dopo il quinto posto e la maglia bianca nel Giro 2024 del debutto, quest’anno una caduta e il morale a pezzi hanno portato al piazzamento fuori dai 15 che non rende giustizia. Il problema è che in questo ciclismo superveloce, non sono solo i bambini a crescere precocemente, bruciano come paglia anche le attese dei tifosi. Per cui Tiberi, che ha ancora 24 anni, da parte di molti è stato messo ingiustamente nel cestino.

In questi giorni di allenamento sulle strade di Altea, Antonio ha iniziato a costruire la prossima stagione. Le vacanze sono finite e quest’anno, per la prima volta, sono state vacanze vere, prima di ritrovarsi in famiglia e coltivare i rapporti che la vita nomade inevitabilmente allenta. Quando nel pomeriggio gli chiediamo di raccontarci i suoi programmi, il tono è rilassato e consapevole.

«Ci stiamo allenando bene – dice a bordo piscina – le sensazioni sono buone, quindi tutto procede bene. La temperatura anche verso l’interno non è male, magari qualche pioggerella ogni tanto. Finora non abbiamo visto giornate di sole pieno, però riusciamo a fare quello che abbiamo nel programma».

L'Hotel Cap Negret di Altea è nuovamente la base di partenza per la nuova stagione della Bahrain Victorious
L’Hotel Cap Negret di Altea è nuovamente la base di partenza per la nuova stagione della Bahrain Victorious
L'Hotel Cap Negret di Altea è nuovamente la base di partenza per la nuova stagione della Bahrain Victorious
L’Hotel Cap Negret di Altea è nuovamente la base di partenza per la nuova stagione della Bahrain Victorious
Sembra proprio che l’anno prossimo andrai al Tour…

Dobbiamo ancora fare il meeting per definire i particolari, però è così. Inizierò alla Valenciana, poi Tirreno, Liegi, Romandia, Delfinato e poi debutterò al Tour de France. L’obiettivo? Arrivare a Parigi. Ci sono stato per la prima volta quest’anno in vacanza e mi è piaciuta tantissimo. Per cui punto a tornarci per festeggiare la fine del Tour de France sui Campi Elisi.

Una scelta per evitare le troppe attese del Giro?

Sono curioso e anche contento di debuttare in Francia. Tanti, anche compagni di squadra, mi dicono che per la loro esperienza il Tour mi si addice più del Giro, quindi sono curioso di vedere se è vero. Mi piace sempre fare il Giro d’Italia, perché è la gara di casa. Però parlando con la squadra, abbiamo visto che è anche il momento giusto per andare in Francia. Da parte mia ho detto subito che sarei stato super contento e così abbiamo scelto.

Se pensi al Giro sono più i bei ricordi o quelli amari?

Sono passato dal 2024 in cui è andato tutto benissimo, al 2025 in cui è andato tutto stortissimo. Perciò tengo davanti i bei ricordi piuttosto che quelli del 2025. Anche se fino alla maledetta caduta di Nova Gorica, stava andando tutto come ci eravamo prefissati. Ero terzo in classifica, ed è vero che ancora non erano arrivate le vere tappe di montagna, però da quel momento i problemi fisici e muscolari hanno rimodellato le mie ambizioni. La condizione ha iniziato a scendere col passare delle tappe, ma fa tutto parte del nostro sport e quindi va accettato. Sono esperienze che in futuro torneranno utili.

Giro 2025: all’indomani della caduta di Nova Gorica, Tiberi ha avuto una bella reazione verso Asiago, poi sono cominciati i problemi
Giro 2025: all’indomani della caduta di Nova Gorica, Tiberi ha avuto una bella reazione verso Asiago, poi sono cominciati i problemi
Fra le esperienze c’è anche un 2025 pieno di troppi ritiri in altura e il senso che tu arrivassi alle corse già sfinito…

E’ sicuramente uno dei primi punti che abbiamo trattato nel mettere giù la bozza del prossimo anno, sia come preparazione sia come gare. La sensazione dell’anno scorso è stata quella di aver fatto troppa altura e aver spremuto troppo il fisico al di fuori delle gare. Spremi fuori gara, poi spremi in gara, spremi fuori dalla gara, poi spremi in gara e a un certo punto diventa troppo. Per questo nel programma l’altura è stata prevista in modo più specifico e mirato rispetto ai veri obiettivi.

Prima Bennati, poi Villa e probabilmente anche Amadio dicono che per fare bene nei prossimi mondiali, Tiberi deve fare più esperienza nelle corse in linea.

L’ho richiesto personalmente alla squadra, quando mi hanno chiesto qualche preferenza per il prossimo anno. Ho chiesto di correre più gare di un giorno, magari delle classiche. Per questo farò la Liegi, ma a inizio stagione anche il Trofeo Laigueglia, che è una classica, si corre in Italia e mi fa molto piacere. Poi, giustamente, avendo il Tour nel programma, le gare a tappe sono la parte principale.

Tour e basta oppure Tour e Vuelta?

Per adesso, direi Tour e basta. Poi magari si può pensare a qualche gara a tappe più breve o gare di un giorno. Dobbiamo ancora parlare di quello che accadrà dopo luglio, magari a gennaio saremo più precisi e comunque dipenderà dall’andamento della stagione.

Giro d'Italia 2025, giorno d i riposo, Cittadella, Franco Pellizotti, Damiano Caruso, Antonio Tiberi
Pellizotti in ammiraglia, Caruso e Tiberi sulla strada. La coppia si ritroverà anche al Tour?
Giro d'Italia 2025, giorno d i riposo, Cittadella, Franco Pellizotti, Damiano Caruso, Antonio Tiberi
Pellizotti in ammiraglia, Caruso e Tiberi sulla strada. La coppia si ritroverà anche al Tour?
Sei stato per due volte al Giro con Caruso: lo avrai accanto anche al Tour?

La certezza di Damiano è che, essendo il suo ultimo anno, vorrà fare molto bene al Giro. Detto questo, io mi auguro che non smetta, perché va ancora molto forte. Dopo il Giro, vedremo cosa dirà la squadra, perché non mi pare che lui abbia chiuso completamente la porta sul Tour.

Se parliamo del Tour, che cosa ti viene in mente?

Vincenzo Nibali, lo guardavo in televisione quando l’ha vinto. E poi mi ricordo di Voeckler e delle sue smorfie con la linguaccia. Il Tour l’ho sempre guardato in tivù e anche questo mi fa provare tanta grinta e gioia al pensiero di debuttare.

Curiosità: avete scelto il Tour dopo aver visto il percorso?

No, in realtà avevamo deciso prima, quando abbiamo fatto la chiamata con i capi per confrontare le idee che avevamo. Quando è uscito fuori il percorso c’è stata la conferma finale.

Che cosa ti piace del percorso?

Il fatto che la prima tappa sia una cronosquadre, una specialità che mi piace e che faccio sempre molto volentieri (in apertura Tiberi in azione al Tour de Pologne 2025, nella crono in cui ha conquistato il quarto posto, ndr). La modalità scelta è diversa dal solito: il tempo si prende sul primo e i distacchi di ciascuno diventano effettivi. Poi, come dicevo, l’arrivo in salita del terzo giorno rende la prima settimana più interessante. E poi le classiche salite del Tour e la doppia Alpe d’Huez alla fine.

Chiudiamo con la novità tecnica della nuova bici: cosa ti sembra?

Sono rimasto sorpreso in modo molto positivo. Ho provata la Bianchi per la prima volta qui in ritiro, ma l’avevo vista dal vivo quando abbiamo fatto il bike fit, dopo il Lombardia più o meno. E’ molto leggera, reattiva, scattante: un’ottima bici.

Hai provato anche quella da crono?

Certamente e pur essendo una bici completamente diversa dalla Merida, mi sono trovato perfettamente in posizione sin dalle prime pedalate. E’ bastato riportare la posizione della vecchia bici e non abbiamo dovuto cambiare nulla. Pur essendo una bici da crono, è molto leggera e reattiva. Si sente che scorre bene.

Anche sulla bici da strada è bastato riportare le misure?

Dopo il Lombardia abbiamo fatto il bike fit sulla Merida e con quella mi sono allenato. Quando sono arrivato qui in Spagna, abbiamo riportato le misure sulla Bianchi e non ho dovuto aggiustare nulla. La cosa che ha reso più facile il lavoro del meccanico è il fatto che sella e il gruppo siamo gli stessi e questo ha tolto di mezzo altre complicazioni. Mi sono trovato molto bene anche con il manubrio, che è particolare e diverso rispetto a quello che usavamo. Però devo dire che è veramente comodo e permette una guida molto pronta e un ottimo feeling. Insomma, mi pare ci sia tutto per cominciare.

Le 46 ore in bici di Masnada in Spagna: il ritiro di gennaio

25.01.2025
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Continua il nostro viaggio all’interno di quelli che sono gli allenamenti dei professionisti prima che inizi la stagione. Il protagonista questa volta è Fausto Masnada, rientrato da poco dal secondo training camp con la XDS Astana Team. Ora il bergamasco si trova sul Teide insieme a Lorenzo Fortunato, i due staranno insieme fino ai primi giorni di febbraio. Una volta terminato questo secondo blocco di lavoro il “folletto dello Zoncolan” tornerà a casa per iniziare la stagione, mentre Masnada resterà sull’isola a lavorare con il gruppo delle Classiche

Fortunato e Masnada dopo il ritiro di Altea sono partiti insieme per il Teide (foto XDS Astana Team)
Fortunato e Masnada dopo il ritiro di Altea sono partiti insieme per il Teide (foto XDS Astana Team)

Dal mare al vulcano

La curiosità intorno al neo acquisto della XDS Astana è tanta, dopo cinque stagioni vissute tra alti e bassi in maglia Soudal Quick-Step è il momento di ritrovare la serenità e le sensazioni che lo avevano spinto tra i nomi da cerchiare in rosso per il futuro del ciclismo italiano. Messo da parte il secondo ritiro con la sua nuova squadra ficchiamo il naso nei lavori fatti in quei giorni spagnoli.

«Siamo stati ad Altea – ci racconta dall’alto del vulcano Teide – dal 6 al 17 gennaio. Considerando il primo e l’ultimo come dei giorni di viaggio abbiamo suddiviso gli allenamenti in tre blocchi: due triplette e una doppietta. Il tutto intervallato con due giorni di riposo».

Il secondo ritiro della XDS Astana Team è durato una decina di giorni, per un totale di 46 ore di allnemamento (foto XDS Astana Team)
Il secondo ritiro della XDS Astana Team è durato una decina di giorni, per un totale di 46 ore di allnemamento (foto XDS Astana Team)

Primo blocco

I giorni di lavoro sono stati in tutto dieci, considerando anche le due sessioni di recupero, che però sono state gestite in maniera totalmente differente. 

«Il 7, 8 e 9 gennaio – spiega Masnada – abbiamo pedalato tanto, così come nel resto del training camp. Il primo giorno, essendo vicino al viaggio, non si è caricato troppo. Abbiamo pedalato per un totale di quattro ore e mezza inserendo dei lavori di breve durata. Questi consistevano in brevi sprint dove variava la durata e la lunghezza del rapporto. Il tutto su un percorso non troppo impegnativo. Si è trattato di un risveglio muscolare. Il resto del tempo siamo stati in Z2, quella di general endurance. Eravamo divisi in gruppi da otto o dieci atleti e quando passavi in testa facevi tirate da una ventina di minuti tra la Z2 e la Z3».

«Il giorno successo – prosegue – l’8, abbiamo fatto dei test per misurare i valori e avere un piano di allenamento per il ritiro e i programmi successivi. Il 9, invece, siamo tornati a fare endurance con dei lavori in salita di media e lunga durata. In totale siamo stati in bici per sei ore e mezza, sulle salite il ritmo era quello di fat max. Abbiamo messo insieme tanto dislivello, intorno ai 3.500 metri e anche a ruota si spingeva».

I corridori del team kazako hanno lavorato molto sull’endurance (foto XDS Astana Team)
I corridori del team kazako hanno lavorato molto sull’endurance (foto XDS Astana Team)

Secondo blocco

Chiusa la tripletta iniziale i corridori della XDS Astana hanno fatto un giorno di riposo totale, la bici l’hanno presa solo per fare qualche contenuto video e riprese per il marketing. Senza stress. 

«La ripresa con gli allenamenti – dice Masnada – è stata l’11 gennaio con un’altra tripletta. In totale le ore di allenamento nei dieci giorni sono state quarantasei, la maggior parte svolte a ritmi di endurance. Anche se non sono mancati i lavori specifici. Nell’arco complessivo delle ore in Spagna un buon 20 per cento è stato dedicato a lavori. Non è stato il classico ritiro con tanto fondo e basta, ma nemmeno un ritiro da “molti lap” ovvero con solo esercizi». 

«Nelle uscite dell’11, 12 e 13 – prosegue a raccontare – ci siamo dedicati a esercizi diversi, come under e over e sul VO2Max. Nel primo caso si tratta di ripetute a due diverse intensità: in Z3 e in Z5. Per concludere anche gli ultimi due giorni, il 15 e il 16, abbiamo tenuto lo stesso piano di allenamento».

Nella seconda parte del ritiro sono stati introdotti alcuni lavori in salita (foto XDS Astana Team)
Nella seconda parte del ritiro sono stati introdotti alcuni lavori in salita (foto XDS Astana Team)

In velodromo

Durante i giorni di Altea i corridori del team XDS Astana hanno trovato anche il tempo di andare in velodromo a fare degli studi sulla posizione da cronometro. 

«Il secondo giorno di riposo – conclude Fausto Masnada – non è stato totalmente defaticante. Abbiamo approfittato della vicinanza con il velodromo di Valencia e siamo andati in pista a girare con le biciclette da cronometro. Ci siamo concentrati sullo studio del coefficiente aerodinamico insieme agli ingegneri. Per ogni posizione facevamo una media di 50 chilometri orari per sedici giri. Io ho provato quattro o cinque posizioni diverse, quindi alla fine ho fatto un’ora e mezza a buona velocità. Non è come fare un allenamento intero, perché con la bici da crono si sta in giro di più, ma non siamo stati fermi. Alla fine ho recuperato una volta tornato a casa, nei quattro giorni prima di ripartire alla volta del Teide».

Ellingworth, ritorno al Bahrain con il progetto del Tour

27.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Rod Ellingworth arrivò per la prima volta al Team Bahrain nel 2020 assieme a McLaren, che lo aveva strappato al Team Sky intaccandone per la prima volta la struttura gerarchica. Rod era nato con British Cycling, il suo lavoro aveva portato, fra le altre, alle medaglie olimpiche di Cavendish, Wiggins e Thomas. L’impostazione del team tecnico costruito attorno a lui da David Brailsford aveva reso allo squadrone le vittorie al Tour di Wiggins, Froome, dello stesso Thomas e di Bernal. Oltre a qualche Vuelta e al Giro di Froome. Che sia un caso oppure no, da quando Rod ha lasciato la squadra, il Tour de France ha smesso di fregiarne le maglie. Il Team Bahrain Victorious lo sa (foto Charly Lopez in apertura) e per questo l’ha voluto nuovamente.

Lo abbiamo incontrato durante il ritiro del team di Erzen e Miholjevic, cui ha appena fatto ritorno dopo un altro triennio alla Ineos. Durante tutto l’incontro abbiamo percepito da un lato l’imbarazzo nel parlare di se stesso, dall’altro la volontà, almeno per il momento, di stare alla larga dalle vicende della sua ex squadra nei giorni del passaggio di Pidcock alla Q36.5, ma ne cogliamo la resistenza e parliamo d’altro.

Rod Ellingworth, classe 1972, è stato con Sky dal 2010 al 2019, per poi tornarvi dal 2021 al 2024. Era stato al Bahrain nel 2020
Rod Ellingworth, classe 1972, è stato con Sky dal 2010 al 2019, per poi tornarvi dal 2021 al 2024
Dopo quattro anni, sei di nuovo in questa squadra. La prima volta durò un solo anno: perché te ne sei andato?

Venire qui e anche andare via fu un’opportunità di vita. Sembra passato molto tempo, accadde tutto con la pandemia nel mezzo. La prima volta che arrivai qui, lavoravo per la McLaren, non per la Bahrain. All’epoca dissi che andavo via principalmente per una ragione personale, più legata alla salute e alla sicurezza. Era il periodo successivo a quello strano periodo che abbiamo avuto con il COVID ed essere assunto nuovamente alla Ineos era qualcosa che, in quel momento della mia vita, era abbastanza importante per me. Non c’entrava nulla con il team o altro. Per questo sono riuscito a tornare, perché abbiamo sempre avuto un buon rapporto e nessun problema.

I membri della squadra ricordano che nel 2020 portasti un’organizzazione che prima non c’era: hai ritrovato qualcosa di quel lavoro?

Sì, decisamente c’è ancora qualcosa. Alcune delle procedure che abbiamo messo in atto all’epoca sono continuate e questo è davvero bello da vedere. Per tutto il tempo in cui sono stato via, sono sempre stato in contatto con Vladimir Miholjevic, Milan Erzen e i ragazzi. Abbiamo sempre continuato a parlare, per questo tornare non è stato così strano.

Questa squadra ha più potenziale della precedente?

Ogni anno le squadre trovano il prossimo obiettivo che vogliono raggiungere. La rosa dei corridori è completamente cambiata. Pochi di quella squadra sono ancora qui e questo fa sì che sia tutto piuttosto diverso. Penso però che l’arrivo di Lenny (Martinez, ndr) sia davvero eccitante. C’è un gruppo davvero giovane, con lui, Tiberi e Santiago (Buitrago, ndr), che c’era anche allora. Era appena arrivato, era un ragazzo giovane e sapevamo che c’era molto lavoro da fare. E si può vedere che è progredito molto bene all’interno di questo gruppo. Gli altri due sono nuovi per me. Averli tutti e tre insieme è davvero entusiasmante.

Il Team Bahrain Victorious ha svolto il primo ridito ad Altea fino al 20 dicembre e tornerà a gennaio (foto Charly Lopez)
Il Team Bahrain Victorious ha svolto il primo ridito ad Altea fino al 20 dicembre e tornerà a gennaio (foto Charly Lopez)
La tua storia inizia in Gran Bretagna. Con il Team Sky avete scritto la storia del ciclismo contemporaneo, da lì è nato un altro modo di fare questo sport.

La gente mi dice che abbiamo stabilito dei punti di riferimento, una nuova visione. In realtà abbiamo introdotto nel mondo del ciclismo professionistico molte cose semplici che arrivavano dalla nostra esperienza con British Cycling e dal programma olimpico. Molte di queste cose erano legate al fatto di mettere l’atleta al centro, fare dell’atleta la persona più importante, come noi crediamo che debba essere. Per fare in modo che si faccia tutto per lui, come avevo già sperimentato in passato. Molte squadre professionistiche forse pensavano che si trattasse più di comunicazione o marketing. Noi abbiamo cercato di essere più performanti nel nostro approccio e questo ha funzionato abbastanza bene.

Pensi che cambierà qualcosa nella squadra col tuo ritorno?

Credo che la mia presenza qui sia legata a determinati progetti su cui io potrò concentrarmi. Sono davvero entusiasta di lavorare con Lenny Martinez sul Tour de France e su ciò che ne consegue. Il Tour è una corsa bellissima, a cui partecipano tutte le squadre. C’è sempre una certa attesa per arrivarci ed è bello lavorare a questo progetto per questa squadra.

Hai parlato di Martinez, che idea ti sei fatto di Tiberi?

Non sto lavorando specificamente con lui, come con Lenny e gli altri. Sono stato coinvolto nel progetto francese, tuttavia penso che parallelamente a questo, gli altri aspetti seguiranno il loro corso. Alla fine le cose funzioneranno tutte allo stesso modo, quindi penso che indirettamente ci sarà un cambiamento. L’intero team cambierà, ne sono abbastanza sicuro. E credo che già quest’anno, in questo campo, le persone possano percepire una certa differenza. Non sto dicendo che sarò io. Ci sono altre persone nuove che sono arrivate in questa squadra e che credo stiano facendo la differenza.

Jonathan Milan, Roberto Bressan, Rod Ellingworth, Giro d'Italia 2020, Udinea
Udine, Giro d’Italia del 2020: è proprio Ellingworth a definire con Milan e Bressan il passaggio di Jonathan tra i pro’
Jonathan Milan, Roberto Bressan, Rod Ellingworth, Giro d'Italia 2020, Udinea
Udine, Giro d’Italia del 2020: è proprio Ellingworth a definire con Milan e Bressan il passaggio di Jonathan tra i pro’
Perché lasciare nuovamente Ineos?

Avevo lasciato Ineos prima di decidere di venire qui. È stata una scelta di vita, anche qui non sono a tempo pieno. Ho un certo numero di giorni in cui sarò molto concentrato sul progetto che devo realizzare e questa per me è la situazione perfetta. Funziona molto bene e per la mia vita è il tipo di progetto che aspettavo e di cui avevo bisogno.

Seguirai anche le corse e l’organizzazione della squadra?

Sì, ci sarò. Anche se il piano è che non sia coinvolto così tanto in profondità da dimenticarmi delle cose che si devono fare e gli sviluppi che dobbiamo garantire alla squadra. Il mio ruolo è quello di avere una visione d’insieme, di consulenza anche dal punto di vista gestionale, per aiutare Miholjevic e Milan Erzen. Quindi mi vedrete sicuramente in gara, ma a dire il vero preferisco seguire gli allenamenti.

Sempre dietro le quinte?

Penso solo che negli allenamenti si possa passare più tempo con i corridori e lo staff.

De Pretto: prima di ripartire, un pensiero per la Zalf

26.12.2024
5 min
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Alla cena in cui si è chiusa la lunga storia della Zalf Fior, Davide De Pretto si è ritrovato in mezzo a volti invecchiati che non conosceva e nomi di cui invece aveva certamente sentito parlare. Fu proprio Luciano Rui, nel raccontarci quella serata, ad accorgersi della differenza generazionale fra il vicentino di 22 anni e i suoi ragazzi del 1970 e anche prima. Eppure erano tutti lì, ciascuno con il suo pezzetto da ricordare e che ha ricomposto per l’ultima volta i 43 anni di una storia fuori dal comune.

«La Zalf ha aiutato molto la mia crescita – ci ha raccontato Davide nel ritiro di Altea, in Spagna – quando sono arrivato dalla Beltrami, che ero un po’ deluso dalla stagione. Invece sono entrato nella nuova squadra, ho visto un gruppo molto unito e sono subito riuscito ad emergere. Mi dispiace che abbia chiuso perché penso sia stata importante per ogni corridore che ha indossato la sua maglia. Però nel ciclismo di adesso, tutto corre veloce. Le devo team estere sono le squadre più importanti, quindi quelle italiane fanno anche fatica a recuperare i corridori forti per fare risultato. E’ stata una scelta forse inevitabile, dovuta».

De Pretto è stato per 3 anni alla Zalf FIor. Qui secondo al Belvedere 2023 dietro Staune-Mittet (photors.it)
De Pretto è stato per 3 anni alla Zalf FIor. Qui secondo al Belvedere 2023 dietro Staune-Mittet (photors.it)
Si dice che le squadre under 23 italiane non preparino effettivamente i corridori, tu sei arrivato qui senza le basi oppure te la sei cavata?

Diciamo che sono stato fortunato in una squadra come questa, perché avevo fatto dei risultati importanti come al Belvedere e alla Liegi. Però diciamo che mi mancavano le corse a tappe e non ero pronto come i corridori delle devo, che fanno già corse di un certo livello. Forse questo è stato anche il miglioramento che ho avuto quest’anno, facendo delle corse a tappe dove sono migliorato molto. E’ sempre un terno al lotto. Può essere che magari sei tanto preparato, quindi passi e non lo dimostri, oppure sei poco preparato, passi e fai valere le tue qualità.

Ti sei stupito della tua velocità di adattamento e dei risultati di quest’anno?

Sì, sono stupito perché dalla prima gara in Spagna e anche nel ritiro di gennaio ero andato bene, mentre ricordavo l’esperienza che avevo fatto con la Beltrami da under 23, in cui il professionismo mi sembrava un mondo irraggiungibile. Essere arrivato davanti in una gara, sia pure di seconda fascia, mi ha dato qualcosa in più anche per tutta la stagione.

Aver vinto al Tour of Austria ha fatto scattare qualcosa?

Era tanto che la inseguivo. Ho iniziato la stagione subito bene, sempre con qualche podio e qualche piazzamento nei cinque. Mi è mancata alla Coppi e Bartali, ma ero sempre piazzato. Fatalità, è arrivata al Tour of Austria che proprio non me l’aspettavo. Era uno sprint di gruppo, mi sono trovato davanti, ho fatto lo sprint e sono riuscito a vincere. Da lì mi sono sbloccato nei professionisti e mi ha dato la motivazione per continuare la stagione e adesso per affrontarne anche un’altra altrettanto positiva.

Prima vittoria al primo anno sul traguardo di Bad Tatzmannsdorf al Giro d’Austria (foto Tour of Austria)
Prima vittoria al primo anno sul traguardo di Bad Tatzmannsdorf al Giro d’Austria (foto Tour of Austria)
Quanto è impegnativo essere corridore e riuscire a mantenere tutti gli impegni cui siete chiamati?

È difficile, perché adesso il ciclismo è composto da tanti elementi collegati fra loro. Quindi se non segui tutto quello che ti dicono, non riesci a rendere come dovresti. Non riesci a raggiungere il 100 per cento nei periodi in cui è necessario esserlo. Ed è così impegnativo per ogni mese.

L’appetito vien mangiando per cui si punta in alto?

Certamente. Mi aspetto di migliorare ancora di più rispetto a quest’anno, perché penso di essere cresciuto man mano che passava la stagione. Ho chiuso il 2024 con buoni risultati e in buona forma, quindi sono riuscito a riposare bene e sono ripartito con più voglia di prima. Mi aspetto di fare una stagione importante.

Hai qualcosa da migliorare prima che inizino davvero le corse?

Ne parlavo con Pinotti, il mio preparatore. Quest’anno ho fatto tanti piazzamenti, ma mi è mancato sempre qualcosa allo sprint per riuscire a vincere le volate ristrette. Per cui adesso stiamo lavorando inserendo un po’ più di palestra per migliorare l’esplosività e trasformare i piazzamenti in vittorie.

Davide De Pretto è nato il 19 aprile 2022 a Thiene. E’ passato pro’ nel 2024
Davide De Pretto è nato il 19 aprile 2022 a Thiene. E’ passato pro’ nel 2024
Rileggendo la tua storia recente col senno di poi, mollare il ciclocross era una necessità inevitabile?

Per come è adesso, sì. Ero arrivato a un bivio. Potevo trasferirmi in Belgio e proseguire in una squadra belga, facendo tutto lassù dalla A alla Z. Oppure potevo scegliere la strada, che secondo me è quella che ti dà più da mangiare, a meno che non sei uno fra i primi dieci al mondo nel cross. Per cui penso sia stata la scelta migliore.

Il 2025 del giovane De Pretto comincerà il 15 gennaio con il secondo training camp del Team Jayco-AlUla. Da lì, passate le due settimane in cui gli allenamenti diventeranno importanti, il veneto punterà sulle prime corse proprio in Spagna. E così, dopo le vacanze in Kenya di novembre a suo dire troppo brevi fra safari e spiaggia, il primo training camp e il Natale alle spalle, con il nuovo anno si inizierà a fa salire i giri del motore. E a inseguire nuovamente la vittoria, che darà il senso di tanto tenere duro.

Buratti punta in alto: ora l’obiettivo è vincere

26.12.2024
4 min
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ALTEA (Spagna) – Quando incontriamo Nicolò Buratti, il sole picchia forte, in uno dei pochi giorni davvero caldi di dicembre sulla Costa del Sol. Il friulano è uno dei sei italiani del Team Bahrain Victorious 2025, arrivato nel WorldTour dal Cycling Team Friuli dopo gli ottimi risultati del 2022. La promozione a metà dell’anno successivo, con il contratto già firmato per il 2024, venne quasi casualmente, per il ritiro inatteso di Haussler. Da allora Buratti ha fatto i suoi passi per gradi e nella scorsa stagione, la prima completa nel WorldTour, sono arrivate la prima top 5 al Giro di Croazia e una serie di ottimi piazzamenti intorno alla top 10.

«La mia motivazione per quest’anno? Migliorarmi a fare sempre meglio – risponde – ma sicuramente vorrei tirar fuori un risultato che mi soddisfi, una vittoria. Credo che questa sia la migliore motivazione che ho. Uscire dalla dimensione degli under 23 è stato già un grande passo, ma qua è veramente un’altra cosa. Bisogna essere sempre al 100 per cento, perché il gruppo è folto. C’è tanta gente che pedala forte, quindi devi essere sul pezzo in ogni gara che fai».

Dopo il Tour Down Under, il 2024 di Buratti è sbarcato in Europa con la Vuelta Valenciana
Dopo il Tour Down Under, il 2024 di Buratti è sbarcato in Europa con la Vuelta Valenciana
Tu hai la percezione di essere cresciuto fisicamente, vedi dei cambiamenti?

Diciamo di sì. Sicuramente mi sento cresciuto a livello di motore. I chilometri crescono, si fanno più gare a tappe e quindi aumenta anche la resistenza sulle lunghe distanze. Quello che noto è che rispetto allo scorso anno, sono arrivato qui in ritiro più allenato, come se fossi partito da una base superiore. Per cui credo che aver fatto una stagione completa nel WorldTour mi abbia cambiato, sia a livello fisico, sia mentale. Sai che puoi rifare le cose che hai già fatto.

Quali sono stati i passaggi importanti del 2024?

Ho partecipato a grandi corse. Classiche come la Milano-Sanremo e anche l’Amstel mi hanno dato esperienza da parecchi punti di vista. In più sono gare che a me piacciono, soprattutto quelle delle Ardenne. Perciò diciamo che a livello di risultati non è stata una stagione di spessore, però ho preso consapevolezza nei miei mezzi. Magari non sono arrivato fra i primi cinque, ma ero spesso a ridosso dei primi dieci. Per cui ora c’è ancora uno scalino da salire, che però è alla mia portata.

Il 2022 è stato l’anno d’oro di Buratti fra gli under 23, con la vittoria di Capodarco fra le più belle
Il 2022 è stato l’anno d’oro di Buratti fra gli under 23, con la vittoria di Capodarco fra le più belle
Più di testa o più di gambe?

Si migliora in tutti gli aspetti. Io sono migliorato dal punto di vista fisico, ma credo anche a livello mentale. Ho acquisito consapevolezza, ho imparato come funzionano certe dinamiche di gara, che magari all’inizio non sono tanto chiare e che sono diverse da una categoria all’altra. Diciamo che bisogna essere anche motivati di testa, bisogna sempre andare avanti e porsi obiettivi concreti.

Chi è il tuo preparatore?

Andrea Fusaz. Mi segue da quando era al CTF, quindi abbiamo un buon legame. Mi conosce veramente bene, ho piena fiducia in lui.

Nel frattempo dal CTF è arrivato anche Skerl. La squadra diventa devo team del Bahrain, che cosa ti sembra?

La considero una cosa positiva. Quest’anno sono tornato a rivedere tanti compagni che avevo nel 2022, che è stata la mia stagione migliore negli under 23. Abbiamo ricreato quel clima, quella famiglia e spero che questo faccia bene a tutti. Sono contento per le persone che hanno sempre lavorato nel Cycling Team Friuli, per il progetto che portano avanti. E sarà un vantaggio anche per i ragazzi che arriveranno in prima squadra, perché avranno più riferimenti e si sentiranno certo meno spaesati.

Nicolò Buratti, classe 2001 (qui al Japan Cup Criterium) è pro’ da metà 2023
Nicolò Buratti, classe 2001 (qui al Japan Cup Criterium) è pro’ da metà 2023
Insomma, tutto bene?

Tutto bene. Siamo fortunati a fare quello che facciamo, è una bella vita: questo è poco ma sicuro. E’ così anche durante l’anno, ma farlo in questi posti è ancora meglio. A casa adesso fa freddo, anche se gli inverni non sono più così rigidi. Diciamo che si viene volentieri ad allenarsi al caldo. Quello che serve per arrivare pronti al debutto. L’anno scorso fu il Tour Down Under, questa volta l’AlUla Tour alla fine di gennaio.

La fatica di allenarsi (da solo) a Roma: Marcellusi se ne va?

25.12.2024
4 min
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ALTEA (Spagna) – Ultimi appunti della trasferta spagnola e qui si racconta dell’incontro con Martin Marcellusi, corridore romano del VF Group-Bardiani-Faizanè che nel 2025 affronterà la quarta stagione da professionista. L’anno alle spalle è stato di luci e ombre. Qualche bel piazzamento al Giro d’Austria, con il secondo posto dietro Rivera nella tappa di Steyr, da mangiarsi le mani. Il Giro d’Italia prendendo le misure ai grandi e poi la frattura della clavicola al Trofeo Matteotti che ha chiuso anzitempo la sua stagione.

Quello che soprattutto ha fatto parlare è stata la scelta concordata con il suo preparatore di allenarsi per periodi più lunghi puntando a essere più performante al rientro in gara. Uno schema che negli ultimi due anni è stato messo in atto dagli squadroni WorldTour, capaci di grandi ritiri e prestazioni subito vincenti in gara. Una soluzione che forse non funziona con tutti i tipi di atleti e che nel caso di Marcellusi ha convinto a metà.

Dopo il primo ritiro, la squadra dei Reverberi tornerà in Spagna anche a gennaio (foto Gabriele Reverberi)
Dopo il primo ritiro, la squadra dei Reverberi tornerà in Spagna anche a gennaio (foto Gabriele Reverberi)
Che cosa resta del 2024?

Ci portiamo via sicuramente qualche bel piazzamento e una clavicola in meno. Finalmente si riparte. In realtà ho già ripreso da un po’ per recuperare dall’infortunio. Il primo novembre ho riacceso i motori, dopo essere rimasto fermo per un mese e mezzo. Ne ho approfittato per fare qualche giorno di vacanza in più. Riparto con più motivazione, volendo riscattare un 2024 comunque non al 100 per cento. Spero che aver cominciato presto mi permetta di arrivare pimpante alle prime corse.

Allenarsi di più, correre meno ma con maggiore qualità: lo schema resta lo stesso?

Il preparatore è rimasto lo stesso, quindi penso che più o meno il 2025 sarà improntato sulla stessa mentalità. Però io ho parlato con la squadra e ho detto che preferirei fare qualche gara in più, anche per avere maggiori possibilità di fare risultato. L’anno scorso ho corso veramente poco (51 giorni di corsa, ndr) vedremo cosa decideranno.

Martin Marcellusi, romano di 24 anni, si affaccia sulla quarta stagione da pro’ (foto Gabriele Reverberi)
Martin Marcellusi, romano di 24 anni, si affaccia sulla quarta stagione da pro’ (foto Gabriele Reverberi)
La corsa può darti qualcosa di più?

Sicuramente un po’ di morale, che aiuta anche a lavorare meglio. Se vai avanti per un mese ad allenamenti, mentre vedi i compagni che corrono, diventa tutto più faticoso. Quindi anche fare qualche gara senza per forza cercare il risultato potrebbe aiutarmi a capire a che livello sono arrivato, dato che in allenamento non riesco a capirlo davvero bene.

Ti affacci sul quarto anno da professionista, come procede la crescita?

Mi sento sicuramente a buon punto. Ci sono delle cose da affinare e ci stiamo lavorando, però mi rendo conto di essere uno dei più esperti, anche perché l’età media in questa squadra è veramente bassa. Io faccio la mia parte, si sa che il ciclismo sta cambiando e anno dopo anno è sempre diverso. Per cui, pur avendo 24 anni che non sono poi molti, bisogna lavorare per adattarsi.

Ti rivedi in questi ragazzi oppure quattro anni bastano perché il Marcellusi neoprofessionista sembri davvero un’altra cosa?

Io ero completamente un altro corridore. Adesso a 18 anni già fanno la vita da professionisti, io facevo tutt’altro. Però sono contento del mio percorso, sto venendo fuori piano piano e speriamo di continuare a migliorare. Dovrò avere sicuramente più costanza, ma allenandomi quasi sempre da solo, ogni tanto sento il bisogno di avere compagnia. A Roma è impossibile, quindi stavo anche valutando di prendere un appartamento vicino a qualche compagno di squadra, in modo da allenarmi meglio. Farlo da solo è dura. Quando fai 4-5 ore al giorno da solo, fatichi il doppio e ti annoi il triplo.

Il Giro d’Italia è uno degli obiettivi stagionali di Marcellusi: il finale a Roma ha il suo fascino
Il Giro d’Italia è uno degli obiettivi stagionali di Marcellusi: il finale a Roma ha il suo fascino
Da dove riparti?

In teoria dalle classiche spagnole, fra Valencia e Mallorca. Però aspettiamo ancora l’invito della prima gara che ci sarà il 20 gennaio e in base a quello, ci regoleremo di conseguenza.

Il Giro d’Italia resta al centro dei pensieri?

Sì, finché ci sarà l’arrivo a Roma, sarà una motivazione in più. Quindi cercherò sempre di fare il massimo per partecipare, per meritarmi la convocazione. Finora ci sono riuscito, vediamo il prossimo anno.

Ultimo anno di contratto, Pinarello cerca lo squadrone

20.12.2024
4 min
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ALTEA (Spagna) – Per un singolare scherzo del destino, ma anche per l’abitudine di frequentare tutti gli stessi hotel, al Cap Negret di Altea si sono ritrovati sotto lo stesso tetto Alessandro Pinarello in maglia VF Group-Bardiani e Lenny Martinez, che dal 2025 vestirà quella della Bahrain Victorious. Il francese ha divieto di parlare prima del nuovo anno, ma basta vederlo risalire dal garage assieme a Roman Kreuziger per ricordarsi di quando lo incontrammo la prima volta. Era il Giro della Lunigiana del 2021, quando la Francia si impose sugli italiani, fra cui appunto correva l’atleta veneto.

Da allora Martinez fece un anno nel devo team della Groupama-FDJ, poi salì nel WorldTour cominciando a crescere e vincere. Pinarello invece scelse un percorso super accelerato per gli standard italiani. Salì subito nel neonato gruppo giovani della Bardiani, dovendo prendere altra residenza, e ha vissuto gli ultimi tre anni facendo esperienza avanti e indietro tra i pro’ e gli under 23. Ha vinto il Palio del Recioto ed è arrivato nono al Giro Next Gen. Dal 2025 però correrà soltanto fra i professionisti. E la sensazione, che lui conferma con parole chiare, è quella che voglia spiccare il volo. Con 21 anni compiuti a luglio, anche il suo cammino di crescita potrebbe rivelarsi molto interessante (in apertura, foto di Gabriele Reverberi).

Per Alessandro PInarello, 21 anni, inizia il 4° anno con i Reverberi: il primo tutto fra i pro’
Per Alessandro PInarello, 21 anni, inizia il 4° anno con i Reverberi: il primo tutto fra i pro’
Come va?

Tutto bene, siamo qua in Spagna, un po’ distanti dal freddo da casa. Siamo ripartiti con questo ritiro di due settimane. L’ambiente è ottimo. Nell’albergo si sta bene. Lo staff della squadra è al completo. Torniamo a casa con un bel blocco di lavoro un bel blocco di lavoro in vista delle vacanze di Natale e poi l’inizio di stagione.

Che cosa ti sei portato via dal 2024?

Di sicuro più esperienza, crescita personale anche a livello fisico. Quindi nelle corse più lunghe, con i chilometraggi superiori e percorsi più impegnativi. Una maggiore resistenza alla fatica. Quindi penso di iniziare questa stagione con più motivazione e anche più consapevolezza di me stesso.

Hai vissuto finora una crescita per step molto graduali, sta andando come pensavi?

Sono contento, perché vedo che pian piano, sia durante la stagione sia comunque in questi anni, essere a cavallo fra gli under 23 e i professionisti mi ha aiutato soprattutto mentalmente. Il 2025 è il mio ultimo anno di contratto, per cui c’è voglia di dimostrare. Quella magari c’è sempre, ma quest’anno ancora di più per trovare anche una nuova casacca, diciamo così.

In quale ambito pensi di dover crescere per sentirti pronto al grande salto?

Penso che probabilmente le corse a tappe siano un terreno dove si può crescere, però dove davvero vorrei migliorare sono le corse di un giorno. Credo che lì possa fare bene anche adesso. Lavorare sulla resistenza e l’esplosività. E con la squadra stiamo valutando la preparazione giusta, che però sarà più intensa da gennaio. Quindi per il momento sono abbastanza tranquillo. La stagione è lunga e c’è sempre tempo per lavorare.

Il Palio del Recioto è stato la sua unica vittoria 2024, battendo Pescador (photors.it)
Il Palio del Recioto è stato la sua unica vittoria 2024, battendo Pescador (photors.it)
Cosa intendevi per “cambiare casacca”?

E’ la volontà di chiunque passi professionista. L’obiettivo è sempre quello di andare in una squadra più forte, una squadra più importante. Quindi questo è quello che cercherò più che altro in questa stagione.

Aver fatto avanti e indietro fra professionisti e under 23 ti è servito per crescere?

L’anno scorso è servito molto, sicuramente. Quest’anno però correrò solo con professionisti, quindi diciamo il passaggio al livello più alto sarà completo. Correre fra gli under 23 è un’altra cosa. Si nota proprio… l’ignoranza di un modo di fare meno ordinato, al contrario del professionismo in cui è tutto molto più preciso.

E il fatto di correre per tutto l’anno con i grandi è uno stimolo oppure c’è qualche timore?

No, sono molto tranquillo, non ho timore di niente. Ovvio non sarà facile, ma se abbiamo fatto questa scelta è perché abbiamo valutato che sia pronto.

Feste a casa?

Meglio non fare le feste (ride, ndr), sennò si mangia. Però sì, le passerò a casa. E poi a gennaio torneremo qui per altre due settimane. Per ora stiamo facendo tante ore, un bel lavoro di fondo, ma senza strafare. Poi cominceremo a metterci anche la qualità e la sera saremo certamente più stanchi.

La Sanremo, Sagan, il dente del giudizio: il ciclismo di Bling

18.12.2024
6 min
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ALTEA (Spagna) – Guardi Matthews, lo ascolti. E mentre parla, ti rendi conto che se “Bling” non avesse trovato sulla sua strada Sagan (poi Van Aert, Van der Poel e Pogacar), a quest’ora avrebbe un palmares spaziale. E’ quello che ci diciamo fra colleghi ogni volta che si parla di lui. Eppure Michael tiene duro e ogni anno si presenta in corsa con la stessa solidità di sempre. “Bling” risale ai suoi anni a Canberra, quando era frizzante e vivace e quel nomignolo che significa “sgargiante” parve il più azzeccato.

«A Monaco – sorride – ho passato un paio di pomeriggi con Peter. Un giorno stavamo parlando delle nostre carriere, in lotta l’uno contro l’altro, e gli ho chiesto se avesse seguito la Sanremo. E lui ha risposto che gli fa male pensare che sia la sola gara che manca dal suo palmares. E così abbiamo iniziato questa conversazione. E’ stato molto bello scoprire che almeno su questo punto siamo uguali. Non siamo mai andati troppo d’accordo, perché siamo stati sempre rivali. Sagan ha avuto una carriera straordinaria. Sono davvero felice per quello che ha ottenuto. Ed è stato davvero bello sedersi e fare quattro chiacchiere sui vecchi tempi».

Michael Matthews, classe 1990 come Sagan, è professionista dal 2011. Nel 2010 vinse il mondiale U23
Michael Matthews, classe 1990 come Sagan, è professionista dal 2011. Nel 2010 vinse il mondiale U23
La differenza è che tu puoi ancora vincere la Sanremo, no? Non sei qui per questo?

Sono qui anche per questo. La Spagna è come una seconda casa, ma mi piace come la prima volta. Venire qui e incontrare tutti i nuovi corridori, essere di nuovo con la squadra. Penso che sia sempre bello quando hai nuovi sponsor, nuovi obiettivi, ma prima di partire ti guardi indietro, riflettendo sulla stagione che abbiamo appena avuto. Quest’anno avremo nove nuovi corridori, quindi un grande cambiamento che sarà interessante.

Ci sono nuovi corridori, ma se ne è andato Simon Yates, che effetto fa?

Simon ha giocato un ruolo importante nella storia del Team Jayco-AlUla. E’ stato qui fin dall’inizio, quindi penso che abbia vissuto un viaggio fantastico che ora è giunto al capolinea. Sarà interessante vedere cosa sarà in grado di ottenere in un’altra squadra. Sarà interessante vedere se la Visma-Lease a Bike potrà aiutarlo a realizzare i suoi sogni.

Al suo posto è arrivato Ben O’Connor.

Io e Ben abbiamo vinto il mondiale del Team Mixed Relay. Abbiamo fatto le Olimpiadi insieme, quindi abbiamo avuto modo di conoscerci abbastanza bene. Quello che ha ottenuto quest’anno è stato davvero fantastico e penso che portare quella fiducia nella nostra squadra sia una motivazione enorme. Dopo aver perso Simon, sarà un booster per tutti noi. In più è un volto fresco ed è australiano. Penso che sarà fantastico.

L’Australia a Zurigo ha conquistato il Team Mixed Relay. Fra gli uomini, Vine, Matthews e O’Connor
L’Australia a Zurigo ha conquistato il Team Mixed Relay. Fra gli uomini, Vine, Matthews e O’Connor
Cosa puoi dire del 2024?

Penso che sia andato davvero bene. Sono arrivato a un paio di centimetri dalla vittoria della Sanremo, sarebbe stata la prima Monumento della mia carriera, è stato difficile da digerire. Stessa storia al Fiandre. Mi hanno squalificato, ma non vale più la pena soffermarsi su questo episodio. Penso però che la mia prestazione complessivamente sia stata davvero buona e ne sono contento. Poi abbiamo avuto un po’ di montagne russe, ma verso la fine dell’anno siamo stati in grado di riprenderci. La vittoria in Quebec è stata un bel modo per mettere il giusto clima verso il finale della stagione.

Peccato per il ritiro dal mondiale…

E’ andato come è andato. Penso che avrei dovuto farmi togliere prima il dente del giudizio. Ci combattevo da prima del Tour de France, dal ritiro di Livigno. Ne parlammo con i medici e ora penso che non togliendolo abbiamo preso la decisione sbagliata. Penso che mi abbia influenzato per il resto dell’anno. Un momento volavo, quello dopo dopo non riuscivo a pedalare. Una volta che l’ho tolto a fine della stagione, mi sono sentito un uomo nuovo.

Problema risolto.

Se lo avessi tolto subito, sarei andato al Tour soffrendo nei primi tre giorni e poi mi sarei ripreso verso la fine. Ma ormai non posso cambiare le cose. So imparare dai miei errori, per cui se avrò di nuovo un problema come questo, lo risolverò subito, piuttosto che perdere tempo. Non vedo l’ora che arrivi il nuovo anno per recuperare.

Volata di Sanremo, Matthews lascia aperta la porta, Philipsen si infila e lo beffa
Volata di Sanremo, Matthews lascia aperta la porta, Philipsen si infila e lo beffa
E’ stato davvero così difficile digerire il secondo posto della Sanremo?

La Sanremo per me non è solo una gara ciclistica, è praticamente la mia gara di casa. Sono già salito due volte sul podio, sono stato vicino a vincerla. Probabilmente è la Monumento che mi si addice di più. Stava andando tutto molto bene fino agli ultimi 25 metri, quando i miei occhiali sono volati via. Sono finiti nella ruota anteriore e stavamo per volare tutti in aria. Non avevo mai visto una cosa del genere. C’è voluto molto tempo, penso che sia andata avanti fino al mattino del Fiandre. Nelle gare subito dopo, non riuscivo a concentrarmi. Non volevo neanche correre.

Pensi di aver commesso un errore facendo passare Philipsen?

Ero davanti e ho sentito un piccolo contatto sull’anca, forse questo un po’ mi ha disturbato. Non sono il tipo di corridore che spingerebbe un avversario alla transenna, per vincere una gara. Penso se lo avessi fatto, lui avrebbe protestato e io sarei stato squalificato. Tornando indietro, non farei nulla di diverso. Forse non un errore, ma resta un po’ di rimpianto.

Non è troppo prendersela così per una gara?

E’ una questione personale, un boccone che ha richiesto più tempo del normale per essere ingoiato. Passa il tempo e saranno sempre meno le opportunità di vincerla.

Abu Dhabi Tour, ottobre 2015: Sagan ha da poco vinto il mondiale di Richmond, battendo proprio Matthews
Abu Dhabi Tour, ottobre 2015: Sagan ha da poco vinto il mondiale di Richmond, battendo proprio Matthews
Andare in bicicletta ti piace più di 15 anni fa?

Credo di sì. Quindici anni fa, ero un ragazzino. Per me era tutto nuovo, mentre ora capisco molto di più il ciclismo, perché sono passato professionista dopo soli quattro anni che andavo in bici. Lo facevo per divertimento, ero molto più rilassato. Ora invece investo molto più tempo in questo mestiere e continuare a lottare contro questi ragazzi mi rende orgoglioso e lo trovo anche divertente.

Quali sono a livello personale le principali differenze tra oggi e 15 anni fa?

Il modo di correre in bicicletta è più aggressivo. Quando sono passato professionista, il copione era sempre lo stesso. Si partiva piano, ci avvicinavamo lentamente al finale e poi si giocava la vittoria. Oggi a ogni corsa battiamo tutti i record. Proprio nella Sanremo non c’è stato neanche il tempo per fermarsi a fare la pipì. La UAE Emirates stava già facendo un ritmo duro, penso fosse quello che si adattasse meglio a Pogacar. Ma noi che siamo abituati al vecchio stile della Sanremo, dobbiamo adattarci o siamo fuori. Con Sagan ho parlato anche di questo e dell’allenamento.

E lui?

MI ha chiesto come faccia a continuare. E io gli ho risposto che se avessi i suoi risultati, forse continuare sarebbe più difficile. Ma io sto ancora lottando per i miei sogni e non vedo l’ora di realizzarli: non ho intenzione di ritirarmi finché non li avrò esauditi. Questo è ciò che mi motiva ad andare avanti. Amo lo sport, stare con i miei compagni e lottare per le vittorie che mi fanno sognare.

Le renne, i salmoni, l’aurora boreale e i piani di Zana

17.12.2024
4 min
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ALTEA (Spagna) – Dopo i primi cinque minuti a chiacchierare con Filippo Zana, veniamo a sapere che il vicentino e la sua compagna sono stati in vacanza in Finlandia. La curiosità è tanta. Perciò, mettiamo da parte per un attimo il ciclismo e diventiamo turisti da tastiera. Lui sorride e tutto sommato gli farà anche piacere non parlare di sella, pedali e tabelle.

«Ci piaceva l’idea di fare una cosa un po’ diversa – racconta – e soprattutto volevamo vedere l’aurora boreale. E’ stato bellissimo. Ogni giorno facevamo piccole camminate, in un giro che è partito da Rovaniemi ed è arrivato quasi a Capo Nord. I primi giorni era… freschino, intorno ai 10 sotto zero, poi è cambiato ed è risalito a 6-7 gradi sopra lo zero. E’ stato molto strano, lo diceva anche la gente di lì. Non potrei viverci, perché non c’è niente. A me piace la natura, è stato bello, ma fa buio dal primo pomeriggio, non ce la farei».

Filippo Zana, classe 1999, è professionista dal 2020. Nel 2022 è stato campione italiano
Filippo Zana, classe 1999, è professionista dal 2020. Nel 2022 è stato campione italiano

Alcol test di mattina

L’aurora l’hanno vista più di una volta e l’esperienza è stata completata da vari assaggi di tipicità, dal salmone alla renna, passando per varie preparazioni.

«Ho assaggiato tutto tranne l’orso – ammette Zana – mentre la renna la fanno in tutti i modi possibili. Ce ne sono branchi a perdita d’occhio. La fanno a spezzatino, ma anche il filetto. E i filetti sono anche quelli di salmone, che fanno anche in una zuppa alle erbe che è molto buona. E poi bevono molto, direi troppo. Basti pensare che ci hanno fermato alle 11 del mattino e mi hanno fatto un alcol test…».

Leader per caso

Fin qui le vacanze, durate per tre settimane, ma il clima del ritiro ci richiama all’ordine. Ci sono i massaggi che premono, una stagione da riassumere e una da ricordare. La ripresa degli allenamenti è passata per una prima settimana a dir poco blanda e per un aumento progressivo delle ore e della concentrazione.

«Il 2024 è stato un anno di esperienza – ricorda – mi sono ritrovato a fare il capitano al Giro d’Italia dopo la caduta di Dunbar. Inatteso, certo, ma mi ha insegnato tanto. Ho capito che se un Grande Giro non lo prepari, si soffre. Mi ha fatto crescere? Forse sì, ma è stato davvero duro, fisicamente e mentalmente. Ero partito per puntare a qualche traguardo parziale, ma se devi fare classifica, sei meno libero di muoverti. Per cui se dovessi fare nuovamente il Giro puntando alla classifica, quantomeno vorrei arrivarci diversamente. Abbiamo vissuto un giorno per volta, mentre per fare classifica serve un’altra programmazione».

Il Giro di Zana è stato un continuo tenere duro per salvare una buona classifica
Il Giro di Zana è stato un continuo tenere duro per salvare una buona classifica

Manca la vittoria

La sintesi è che in questo ciclismo che va a mille all’ora, prima si capisce di che pasta si è fatti e prima si trova il proprio posto. A stare nel mezzo del guado, si rischia di perdere la rotta.

«C’è stata un’accelerazione molto brusca da dopo il Covid – riflette Zana – e l’aumento di tutto è diventato esponenziale. Forse l’evoluzione maggiore l’ha avuta l’alimentazione. Ora tutti hanno il nutrizionista, mentre a sentire i racconti appena poco prima non c’era nulla di tutto questo. Unitamente alle preparazioni e ai nuovi materiali, questo ha fatto crescere le velocità e i ritmi. Basta guardare la media del Giro d’Italia, la più alta da anni.

«Per questo, per il corridore che sono e il modo in cui ho vissuto il Giro, avrei preferito andare a caccia di tappe. Mi è mancata la vittoria, ho fatto dei piazzamenti alla Vuelta, ma vincere è un’altra cosa. A volte serve anche fortuna, stargli dietro, essere più pronti. E ho capito che ormai non si va più alle corse per prepararsi. Quando attacchi il numero devi essere competitivo e arrivarci con la preparazione giusta, perché ogni volta trovi qualcuno che a quella corsa ci punta».