Boaro: «Fancellu da noi cerca la spinta per rilanciarsi»

25.04.2025
5 min
Salva

MEZZOLOMBARDO – Tirare una riga e ripartire da zero, questo è ciò che ha fatto Alessandro Fancellu con la JCL Team UKYO. La formazione continental giapponese negli ultimi due anni è diventata un nido dal quale alcuni corridori sono stati in grado di rilanciarsi. L’edizione 2025 rappresenta la seconda partecipazione di questa formazione al Tour of the Alps, segno di un calendario di alto livello nonostante i gradi di continental. Il JCL Team UKYO ha preso parte a diverse corse a tappe importanti, con in macchina la figura di Manuele Boaro. Il ruolo da diesse si addice particolarmente al suo carattere, ride e scherza con i ragazzi ma le idee sono chiare. Così come il lavoro da fare. 

Manuele Boaro, a destra in foto, alla partenza della seconda tappa del Tour of the Alps
Manuele Boaro, a destra in foto, alla partenza della seconda tappa del Tour of the Alps

Al posto giusto

Il talento di Fancellu sembrava essere destinato a realtà differenti, con un destino scritto nelle grandi corse a tappe con una carriera tutta da scrivere. Purtroppo alcuni passaggi nel suo percorso sono mancati, dopo gli anni con la Eolo-Kometa, ora Polti VisitMalta, si era pensato che cambiare aria potesse essere utile. L’esperienza alla Q36.5, durata una sola stagione, non ha portato ai risultati sperati. Nonostante l’inizio promettente al Tour of Antalya i risultati poi non sono arrivati.

«Quando vieni da una WorldTour, una professional come nel caso di Fancellu e “cadi” giù capisci che magari è l’ultima spiaggia». Boaro parla dal piccolo piazzale che raccoglie i bus prima della partenza. «Probabilmente lui nel corso della sua carriera è stato anche sfortunato. Qui da noi sa che non c’è quella pressione. Vero che si parte per vincere ma a volte ci si dimentica che i ragazzi giovani vanno ascoltati e seguiti. Nel nostro piccolo lavoriamo bene, come una formazione WorldTour perché a livello di programmazione, nutrizione e allenamenti siamo molto validi. Non mancano nemmeno i risultati. Comunque lo scorso anno avevamo in squadra Malucelli, Carboni e Pesenti. Il primo ora è nel WolrdTour, il secondo in una professional e Pesenti nel devo team della Soudal».

Fancellu è arrivato alla JCL Team UKYO dopo tre stagioni alla Eolo-Kometa e una alla Q36.5 Pro Cycling
Fancellu è arrivato alla JCL Team UKYO dopo tre stagioni alla Eolo-Kometa e una alla Q36.5 Pro Cycling
Chi arriva sa di avere una buona chance per rilanciarsi…

Qualche corridore che pensa di venire qui e di ributtarsi nella mischia. I tre che ho citato prima sono venuti qui motivati e con voglia di fare. Lo stesso Fancellu sta dimostrando di andare bene, anche perché abbiamo costruito un programma adatto alle sue caratteristiche. 

Appena arrivato cosa avete fatto con Fancellu?

Alberto (Volpi, ndr) ci parlava da qualche mese, poi la Q36.5 non lo ha confermato e la cosa si è concretizzata. Da quel momento abbiamo cercato di capire quali fossero le sue esigenze e ambizioni. Lui è uno scalatore, quindi ci siamo concentrati sulle corse vicine alle sue caratteristiche. Come in ogni squadra, capita di chiedere un sacrificio. Ora lui era al Tour of the Alps, arrivava però dal Giro d’Abruzzo e poteva essere stanco. 

Al Giro d’Abruzzo Fancellu ha vestito la maglia di miglior giovane al termine della prima tappa
Al Giro d’Abruzzo Fancellu ha vestito la maglia di miglior giovane al termine della prima tappa
Ha bisogno di serenità dopo qualche stagione complicata?

Tutti gli atleti hanno bisogno di tranquillità. Un corridore ha bisogno anche di garanzie, tante volte vediamo fare delle prestazioni monstre a ragazzi in scadenza di contratto. Si dovrebbe cercare di non aggiungere preoccupazione al lavoro. 

Come vedi questa stagione per Fancellu?

Deve essere un passaggio. Ha i numeri e le caratteristiche per correre in una formazione professional o WorldTour. Da noi deve trovare lo slancio per tornare su. 

Nella prima corsa di stagione Fancellu ha colto un ottimo ottavo posto nella classifica generale del AlUla Tour
Nella prima corsa di stagione Fancellu ha colto un ottimo ottavo posto nella classifica generale del AlUla Tour
Qual è lo step intermedio che può dargli questa squadra?

Quando si tocca il fondo si capisce che dopo questa chance si va a lavorare. Quindi uno arriva a pensare a quello che vuole davvero. Fancellu si sta impegnando e si comporta da vero professionista. Secondo me ha capito cosa deve fare. Magari in altre squadre si era un po’ perso. Ha subito tanto la pressione del dopo Remco (Evenepoel, ndr) perché a quel mondiale juniores aveva fatto terzo. 

La pressione non è facile da gestire. 

Magari l’ha vissuta un po’ male perché anche lui ha aspettative su se stesso. E’ un ragazzo che si butta giù facilmente, la cosa da capire è che nel ciclismo un giorno stai bene e quello dopo può succedere qualcosa. Anche qui al Tour of the Alps sapevamo sarebbe stato difficile visto che arrivava dal Giro d’Abruzzo. Nessuno di noi si aspettava il risultato. 

Il calendario dello scalatore lombardo è disegnato in base alle sue caratteristiche
Il calendario dello scalatore lombardo è disegnato in base alle sue caratteristiche
Al JCL Team UKYO ha trovato un riferimento come te…

Il primo giorno ho guardato Fancellu e gli ho detto: «Io sono qui». Sono a disposizione tutti i giorni e tutte le ore. Non c’è solo l’allenamento e il lavoro, ma anche il rapporto con il ragazzo. Loro devono aprirsi e sapere che tutto si può risolvere. 

Un fattore più mentale che di prestazione?

Il ciclismo ora è così, sono controllati e seguiti al 100 per cento. Serve però avere il supporto umano, come andare in camera e fare una battuta o anche a tavola. Questo è l’obiettivo di squadra quando si va alle corse, stare lontani da casa è difficile ed è importante avere un ambiente sereno. Lo dicevano a me i miei “vecchietti” e lo dico io a loro: «La carriera passa veloce e quando si scende dalla bici cambia il mondo». Siamo fortunati a fare questo lavoro e dobbiamo farlo durare il più possibile e godercelo.

Boaro: com’è cambiato il Team JCL Ukyo per il 2025?

17.02.2025
5 min
Salva

Manuele Boaro, diesse del Team JCL Ukyo ci risponde di ritorno dal Tour of Oman. E’ il giorno dopo l’ultima tappa, quella che ha consegnato la vittoria a Simon Yates. Frazione nella quale il corridore del UAE Team Emirates-XGR ha strappato la maglia di leader a David Gaudu sull’ultima salita a disposizione. La formazione continental giapponese ha colto invece un dodicesimo posto finale con Zeray, atleta appena arrivato dal devo team della Q36.5 Pro Cycling. Il giovane africano non è l’unico nuovo innesto per la squadra guidata da Alberto Volpi, tra ottobre e dicembre la rosa si è rinnovata parecchio.

JCL Ukyo alla partenza del Tour of Oman
JCL Ukyo alla partenza del Tour of Oman

Continuità

Il JCL Team Ukyo, complice la sua struttura per metà italiana, visto il lavoro svolto da Volpi e Boaro, ha rilanciato tre atleti che per altrettanti motivi erano alla ricerca di una spinta per tornare a mettere la testa fuori dall’acqua. Prima Malucelli è approdato alla XDS Astana Team, poi Pesenti è stato prelevato dal devo team della Soudal Quick-Step. Infine, è partito anche Carboni, arrivato alla professional olandese Unibet Tietema Rocket. Ora la curiosità intorno a questa nuova realtà è alta, soprattutto perché sono arrivati tanti altri ragazzi pronti per seguire le orme di chi li ha preceduti.

«Il gruppo cresce – ci racconta Boaro mentre in macchina viaggia verso casa – per qualcuno dei ragazzi era la prima corsa della stagione. Ci sono stati dei ricambi importanti a livello di rosa e ne siamo felici, perché abbiamo perso dei validi corridori, ma ne sono arrivati altri. Insieme ad Alberto (Volpi, ndr) ci siamo impegnati nel prendere ragazzi sui quali credere».

Alessandro Fancellu, a sinistra, è una delle punte del team continental giapponese
Alessandro Fancellu, a sinistra, è una delle punte del team continental giapponese
Come sono stati scelti?

Abbiamo cercato di guardare le caratteristiche tecniche e atletiche. Ci sono arrivate tantissime richieste durante la pausa di fine stagione, anche da corridori di formazioni WorldTour. E’ una cosa che ci fa sicuramente piacere. Ci siamo affidati a corridori giovani e con voglia di fare. I nuovi arrivati hanno tutti un’età compresa tra i 22 e i 25 anni. Secondo me sono ragazzi con qualcosa da dire.

Quali?

A mio modo di vedere Alessandro Fancellu è quello con maggiori garanzie a livello atletico. Garibbo, invece, penso abbia ancora tanto da esprimere e arriva da una stagione sfortunata. Raccani e D’Amato sono giovani, ma hanno tanto margine e su di loro puntiamo tanto. Sarà difficile replicare quanto fatto nel 2024, servirà ricreare un rapporto di fiducia reciproco.

Avete cercato di sostituire i corridori italiani con un rapporto uno a uno?

Siamo andati verso atleti con le stesse caratteristiche, o comunque simili. D’Amato è il nostro uomo più veloce, che non ha paura di buttarsi nella mischia. Con il nostro calendario potrà dire la sua. Penso che Raccani e Garibbo siano state le scelte giuste per sostituire Pesenti e Carboni.

Degli altri che ci dici?

L’arrivo di Zeray è stata una buona occasione colta al momento giusto. Lui sarebbe dovuto andare nella formazione principale della Q36.5 Pro Cycling, ma l’arrivo di Pidcock gli ha tolto spazio. Le sue qualità in salita ci potranno tornare molto utili.

Nahom Zeray, atleta eritreo classe 2002 arriva dal devo team della Q36.5 Pro Cycling
Nahom Zeray, atleta eritreo classe 2002 arriva dal devo team della Q36.5 Pro Cycling
Una rosa divisa a metà visto che ci sono sei ragazzi giapponesi.

Il progetto è di farli crescere per portarli a competere in gare di alto livello con la maglia della nazionale, come Olimpiadi e mondiali. Non sarà facile coordinare il tutto anche perché vogliamo portare i corridori a fare lo stesso numero di corse e coordinare gli impegni tra il calendario italiano e quello asiatico non sarà facile. Non vogliamo che a fine anno ci siano atleti con settanta giorni di gara e altri con trenta, non è la nostra filosofia.

Le prestazioni della scorsa stagione hanno accesso i riflettori sulla vostra realtà.

Se i tuoi corridori vengono selezionati e scelti da una formazione WorldTour vuol dire che lavoriamo bene. Ci notano e questo non può fare altro che piacere. Non nascondo che noi stessi abbiamo delle ambizioni, ad esempio nel 2026 vorremmo diventare una professional. E’ una cosa che si capirà nei prossimi mesi, però i ragazzi che sono qui hanno una bella chance. Non è stato semplice chiudere la rosa a dodici corridori e dover dire tanti “no” a dicembre. Avere così tante richieste è un segnale positivo, vuol dire che stiamo lavorando bene, d’altronde Alberto Volpi arriva dal WorldTour e ha portato con sé quel modo di fare.

Il vostro è un calendario di livello…

In Europa riusciamo a ritagliarci spazio, quest’anno saremo al via del Tour of the Alps per la seconda stagione consecutiva. Faremo, come già fatto nel 2024, anche una buona parte del calendario asiatico. Non dimentichiamoci che la squadra è giapponese, e abbiamo con noi anche il campione nazionale Marino Kobayashi.

La casa in Brianza è rimasta?

Sì, sarà di appoggio per i ragazzi asiatici, così che potranno rimanere in Italia e allenarsi per le gare europee.

Bisacce piene, morale alto: Volpi rilancia la corsa all’oro

03.12.2024
7 min
Salva

Con Carboni, Malucelli e Pesenti che hanno cambiato squadra, il JCL Team Ukyo riparte per la nuova stagione forte dei risultati del 2024 e la sensazione di aver trovato la chiave per farlo ancora. Alberto Volpi racconta e attraverso le sue parole la nuova squadra prende forma. Il comunicato diffuso ieri ha reso noti i nomi dei quattro italiani selezionati per la prossima stagione. D’Amato, Fancellu, Garibbo e Raccani saranno la spina dorsale italiana della continental giapponese, che nel 2024 ha conquistato 16 corse.

Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
La squadra ha fatto la sua parte, anche abbondantemente…

Sì, anche io sono contento, con tutta onestà. Quando ti aspetti delle cose belle che poi non arrivano, dici di essere moderatamente insoddisfatto. Mentre io devo dire il contrario. Avevo previsto di fare bene, ma siamo andati meglio delle previsioni. E’ la legge della compensazione, a volte i corridori ti stupiscono. Però quello che è stato è stato, adesso dobbiamo guardare avanti e cercare di fare ancora bene. E’ la nostra condanna (sorride, ndr).

Ti aspettavi che l’anima europea e quella giapponese si integrassero così bene?

Lo staff e i corridori sono veramente di buona qualità umana. Quando hai questo ingrediente, è solo questione di tempo, aspettare che si conoscano e si mettano insieme. Poi è chiaro che avevo anche tre italiani – due su tre molto esperti – che ci hanno messo del loro. Hanno trovato terreno molto fertile nei ragazzi giapponesi, quindi non è stato difficile che si integrassero. In realtà non mi ero neanche posto il problema dell’integrazione, è venuto tutto naturale.

Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Avevi tre italiani, hanno ottenuto i migliori risultati, ma sono andati via…

Abbiamo cominciato una trattativa dall’inizio di luglio. Avevano delle richieste importanti da altre squadre che io non potevo soddisfare in termini economici. Come in tutte le aziende, ho dovuto fare i conti con il budget e mi è molto dispiaciuto non poterli riconfermare. Credo sia stato giusto che abbiano colto le occasioni. Sono venuti da noi con la voglia di rivalutarsi e rilanciarsi e ci sono riusciti in pieno. Hanno dato tanto, noi gli siamo stati vicini ed era giusto che proseguissero la loro strada. Quando inizialmente in Giappone ho detto che sarebbero andati via, anche Malucelli che aveva vinto tanto, è certamente dispiaciuto, ma hanno riconosciuto che avessimo fatto delle scelte giuste. Anche questo è un motivo di orgoglio. Perdere delle persone di valore non è così sempre negativo, vuol dire che hai dato loro qualcosa di importante.

Che cosa ha rappresentato per la squadra giapponese aver vinto il Giro del Giappone con Carboni?

E’ stato un ottimo risultato. Subito prima, abbiamo vinto con Atsushi il Tour de Kumanu, la gara di preparazione. Vincere con un ragazzo giapponese a me fa super piacere, perché la matrice della squadra è chiara. Per cui i ragazzi europei servono per dare più qualità e questo l’hanno fatto. La mission sarebbe quella di portare fuori l’Arashiro del futuro. C’è da lavorare, però quando vince un corridore giapponese puoi essere davvero soddisfatto.

Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Come si rimpiazzano gli europei che sono partiti?

Adesso è complicato. Vivo in questo ambiente da tantissimi anni. Le cose sono cambiate per via delle varie categorie e degli sviluppi che ci sono stati nelle squadre WorldTour, che hanno integrato nella loro galassia anche i team di sviluppo. Noi siamo una continental un po’ anomala, ci vedono quasi come una professional perché riusciamo a partecipare a gare di livello. Per questo ci dicono che abbiamo un buon appeal, ma nonostante ciò è sempre più difficile trovare corridori giovani di un certo livello, perché se li accaparrano tutti i devo team, a partire da Redbull e Visma.

Quindi come si fa?

E’ un lavoro lungo, hai le amicizie, qualche valutazione fatta con dei test che permettono di individuare se il motore ha una certa portata, ma non sono tutto. Basarsi solo sui numeri non è la ricetta gusta. Possono pure avere un buon motore, ma se li porti su strada e non sanno stare in gruppo e far fruttare le loro doti oppure usare la testa, non vanno lontano. I numeri devono coincidere con la vera identità del corridore, altrimenti rischi che ti aspetti tanto e non ti danno niente.

Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Su cosa avete puntato per fare le vostre scelte?

Abbiamo deciso di avere fiducia nei giovani, sapendo che hanno bisogno del loro tempo. Aleotti, per fare l’esempio di un corridore che cresce in uno squadrone, sta venendo fuori gradualmente e con sostanza: non sono tutti come Evenepoel. Ne abbiamo cercati alcuni che per caratteristiche e voglia di dimostrare, possono fare il salto di qualità. Devi lavorare solo su quello, perché il giovane fenomeno ha addosso gli occhi dei procuratori. I ragazzi che sono andati via avevano le loro motivazioni forti e quelle fanno la differenza. Pesenti ad esempio…

Cosa avete visto in lui?

Thomas veniva dalla Beltrami, me ne avevano parlato bene, però non aveva ancora fatto corse di alto livello tecnico. Qui si è integrato bene anche nelle gare più toste e si è guadagnato un posto nel devo team della Soudal. Malucelli ha sempre vinto, era il più affidabile sotto il profilo del rendimento e sapevamo che in certi contesti poteva fare egregiamente la sua parte. Carboni veniva da un periodo difficile, ma si vedeva che avesse dentro qualcosa. Bisognava avere un po’ più di pazienza e fortuna e sperare che tirasse nuovamente fuori le sue qualità, cosa che ha puntualmente fatto. Si è sempre fatto trovare pronto nelle gare in cui era leader e ha lavorato molto bene con il gruppo giapponese.

La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
Ci sono quattro nuovi italiani. 

Simone Raccani viene dalla Zalf. Due anni fa era stato preso dalla Quick Step come stagista a Burgos, ma è caduto e si è rotto un gomito. E’ andato alla Eolo-Kometa, invece l’anno scorso è tornato dilettante. Non tutti sono pronti per il salto a vent’anni, ma resta che ha fatto dei buoni risultati in salita. D’Amato viene dalla Biesse-Carrera, è un buon corridore, anche molto veloce. Non quanto Malucelli: si avvicina di più alle qualità di un Colbrelli, fatte tutte le distinzioni possibili. Poi abbiamo Garibbo, che arriva dalla Technipes, la squadra di Cassani, e quanto ai punteggi è stato uno dei più bravi dilettanti del 2024. Infine Fancellu, che arriva dalla Q36.5.

Una scommessa come quella su Carboni?

La squadra non lo ha confermato, ma resta un ragazzo che da junior si piazzò terzo al mondiale vinto da Evenepoel, è stato quinto a un Tour de l’Avenir, per cui un po’ di qualità le ha, vediamo se riusciamo noi a regolare la centralina. Ne ho parlato con Zanatta per un mese e mezzo, dato che ho cominciato a pensare a lui ad agosto. Ci sentiamo spesso e Stefano ci ha lavorato tanto. Mi ha detto che gli darebbe ancora una chance, per cui alla fine abbiamo deciso di crederci.

Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Questo è il quadro?

Ci sono altri nomi in arrivo, ma li sveleremo nei prossimi giorni. Il ciclismo è cambiato anche in questo, non è come prima che si diceva tutto subito, anche la comunicazione ha i suoi tempi. Per il resto i materiali restano gli stessi, le bici Factor, le ruote Shimano e le gomme Vittoria. Iniziamo fiduciosi, perché abbiamo visto che il nostro metodo di lavoro funziona. Gli anni non sono mai tutti uguali, lavoreremo perché anche questa sia un’ottima stagione.

Fancellu: «Il talento di Evenepoel non è mai stato un segreto»

01.08.2024
5 min
Salva

Il recente exploit di Remco Evenepoel, che ha conquistato il terzo posto al Tour de France e l’oro olimpico a cronometro pochi giorni dopo, merita di essere celebrato ancor più di quanto è stato fatto. Il campione belga ci ha abituato bene, ma queste prestazioni vanno oltre quanto fatto vedere fino ad ora e lo consacrano tra i grandi. Il nome di Evenepoel gira da tempo nel ciclismo ed è salito alla ribalta quando era uno junior. Di fatto è stato lui l’atleta che ha aperto la caccia ai giovani, una ricerca forsennata che ne ha portati alla luce molti, ma ne ha offuscati altrettanti. E Alessandro Fancellu lo sa bene.

I due hanno avuto un percorso simile fino alla fine del 2018, ultimo anno da juniores (in apertura la foto del podio al mondiale di Innsbruck di quell’anno). Poi da lì in poi le strade si sono divise. Ora Fancellu ha ritrovato continuità grazie al Q36.5 Pro Cycling Team dopo anni difficili pieni di stop e problemi fisici. Il giovane lombardo si prepara ad un finale di stagione ricco di impegni per ritagliarsi lo spazio che vuole e può meritarsi

La corsa all’oro

Fancellu, da junior, si è scontrato spesso con il belga e nel 2018 i confronti sono stati ripetuti e tirati, dal Giro della Lunigiana in cui Evenepoel vinse tutte le tappe tranne una e poi agli europei e ai mondiali. Che cosa ricorda di Evenepoel lo scalatore di Como?

«Quello che sta facendo ora Evenepoel – dice Fancellu, il quale ora è in ritiro a Sestriere per preparare il finale di stagione – non è una sorpresa. Già da juniores, quando veniva alle gare, si vedeva che faceva un altro sport rispetto a noi. Ricordo che al campionato europeo era scattato dopo pochi chilometri ed era arrivato da solo al traguardo. Il ritardo del secondo? Quasi dieci minuti. (9’44” sullo svizzero Balmer, ndr). E’ partito da solo e lo hanno rivisto solamente all’arrivo, un numero incredibile. L’azione più bella che gli ho visto fare dal vivo è stato quello del mondiale di Innsbruck. Era caduto e aveva due minuti di svantaggio, ci ha ripresi e ce ne ha dati altri due».

Sguardo affamato

Il volto di Evenepoel, magro e sempre più delineato, nasconde negli occhi una fame di vittoria incredibile e impareggiabile. Ha dentro di sé un fuoco che lo spinge sempre a fare un passo in avanti, a cercare la vittoria e lo spettacolo. Non importa quanto lontano sia il traguardo. 

«Questo tratto distintivo – spiega Fancellu – lo ha sempre avuto. Ricordo che al Giro della Lunigiana del 2018 aveva perso la cronoscalata nella seconda semitappa. Aveva pagato un secondo a Karel Vacek. Il giorno dopo si è presentato al via della tappa con gli occhi in fiamme. A 50 chilometri dall’arrivo è partito e non lo abbiamo visto più, eppure dietro spingevamo parecchio per chiudere. Le stesse azioni che ha riproposto alla Liegi, in entrambe le vittorie ottenute e alla Clasica San Sebastian. Non gli interessa quanto manca, lui attacca e si toglie tutti di ruota. Alla Liegi dello scorso anno Pidcock era rimasto con lui inizialmente, ma poi aveva pagato dazio. Seguirlo è impossibile. E’ capace di fare 50, 60 o 70 chilometri da solo a velocità impossibili, una caratteristica che lo porta ad essere un cronoman eccezionale».

Alcuni gesti hanno portato il pubblico ad assegnargli il titolo di “spaccone”
Alcuni gesti hanno portato il pubblico ad assegnargli il titolo di “spaccone”

Gesti estremi

Evenepoel lo abbiamo conosciuto da acerbo forse, quando ogni vittoria era seguita da una celebrazione evidente. Quasi fastidiosa per chi al ciclismo associa una maggiore timidezza e umiltà.

«A volte passa da arrogante, anche in passato è stato così – continua Fancellu – ma questa idea non corrisponde alla realtà. Non gli piace perdere e questo lo abbiamo capito fin da subito. Al Tour sarà stato felice del podio, ma non crediate che si accontenti. Il suo passare da arrogante in corsa non è mai andato di pari passo con la persona. Ci ho parlato e non mi ha dato questa impressione. Io userei il termine esuberante, d’altronde quando hai uno strapotere così evidente ti viene da fare tutto». 

In vista del Tour Evenpoel ha limato molto il peso, avvicinandosi a quello degli scalatori puri
In vista del Tour Evenpoel ha limato molto il peso, avvicinandosi a quello degli scalatori puri

Cambiamenti fisici

Fisicamente l’ex campione del mondo di Wollongong sembra non essere mai cambiato. La sua più grande trasformazione è arrivata con la partecipazione al recente Tour de France, prima del quale ha limato molto il peso

«Quando era junior – ricorda ancora Fancellu – aveva un fisico molto più formato. Arrivava dal calcio e muscolarmente era impostato diversamente, le forme erano ben pronunciate. Con il passare degli anni il suo fisico ha subito delle modifiche che lo hanno portato ad essere quello che è ora. Al Lunigiana lo guardavo e vedevo due gambe grosse, enormi. Infatti era forte, ma negli strappi brevi era ancora giocabile. Nel falsopiano invece, con un po’ di vento contro, non lo prendevi mai. E per fortuna che all’epoca (nel 2018, ndr) gli juniores avevano ancora il blocco dei rapporti. Altrimenti avrebbe dominato ancora di più le gare. In pianura a 50 all’ora era costretto a fermarsi, più forte di così non poteva andare. Con i rapporti liberi avrebbe messo il 54×11 e lo avremmo rivisto solamente una volta tagliato il traguardo. Evenepoel le stigmate del campione le ha sempre avute, così come la mentalità».

Fancellu al Delfinato: la sua prima corsa a tappe WorldTour

10.06.2024
4 min
Salva

Il Giro del Delfinato concluso ieri è stata la prima corsa a tappe di categoria WorldTour per Alessandro Fancellu. Il corridore della Q36.5 Pro Cycling ha vissuto questa sua prima esperienza come un modo per crescere, imparare e per confrontarsi con i migliori corridori al mondo. Nella breve corsa a tappe francese, infatti, erano presenti molti dei protagonisti del prossimo Tour de France. A partire dal vincitore Primoz Roglic.

«E’ andata come da previsioni – dice da casa il comasco – è la corsa di più alto livello dopo il Tour de France. Lo ha dimostrato giorno dopo giorno, far risultato o semplicemente mettersi in mostra è impegnativo. Ma se riesci a fare qualcosa è perché te lo sei meritato e lo hai conquistato lottando

Eccolo a colloquio con Fortunato: il corridore dell’Astana, uscito dal Giro d’Italia, ha provato a tenere duro
Eccolo a colloquio con Fortunato: il corridore dell’Astana, uscito dal Giro d’Italia, ha provato a tenere duro
Da cosa si era capito che sarebbe stato complicato?

Direi fin da subito, dal primo arrivo in salita nella seconda tappa. Sono rimasto con i migliori e forse c’è un po’ di rammarico per non essere riuscito a fare la volata. Ma all’ultimo chilometro ero davvero senza gambe.

Ritmo elevato?

La salita l’abbiamo affrontata a ritmi folli (per percorrere i dieci chilometri finali del Col de la Loge il gruppo ha impiegato 18 minuti, velocità media 36 chilometri orari, ndr). La solidità dei corridori la si capisce dal fatto che in quella tappa con un arrivo in salita, anche se non estremamente impegnativo, siamo arrivati in 50

Fancellu nella sesta tappa ha visto muoversi corridori di primo piano e si è unito alla fuga
Fancellu nella sesta tappa ha visto muoversi corridori di primo piano e si è unito alla fuga
Non si staccava nessuno…

Peggio! Rimanevano attaccati anche i velocisti, quella tappa l’ha vinta Magnus Cort e Pedersen è rimasto con noi fino all’ultimo. 

Una bella misura per capire il tuo livello rispetto ai più forti al mondo.

L’idea era quella di capire quanto realmente vanno forte, è importante confrontarsi con i corridori di massimo livello. Il Delfinato e il Giro di Svizzera per la nostra squadra sono le corse più importanti in calendario. Partecipare è una bella esperienza e un onore, bisogna cercare di mettersi in mostra. Per far capire che l’invito è meritato.

Tu ci hai provato.

Entrare in una fuga è difficilissimo, ci va solamente gente con tante gambe e una super condizione. Io nelle prime quattro tappe non ci ho provato, sapevo che il terreno giusto sarebbe arrivato alla fine della corsa. Così dopo la frazione della maxi caduta ho provato ad andare in fuga. 

Ancora la sesta tappa, dopo essere stato ripreso ha provato a tenere duro ma ha pagato 13 minuti
Ancora la sesta tappa, dopo essere stato ripreso ha provato a tenere duro ma ha pagato 13 minuti
A proposito, vista da dentro com’è stata quella caduta?

Abbastanza terribile, fortunatamente sono riuscito a evitarla. Ne ho viste un po’ di cadute così: velocità alta, in discesa e appena tocchi i freni voli. Io non ho frenato e sono rimasto in piedi, facendo un po’ di slalom tra corridori a terra e bici. 

Difficile arrivare al traguardo contro corridori così?

La fuga non è mai arrivata alla fine. Segno di quanto si andasse forte e di come fossero pronti e preparati i migliori. 

In salita hai anche provato a tenere.

In tutte le tappe, era una prova per me stesso, per capire il livello. Il giorno in cui sono andato in fuga stavo bene e una volta ripreso ho provato a restare con i primi. La tappa dopo la condizione era ancora buona e sono rimasto con con i migliori staccandomi quando eravamo rimasti in 20. Non era tanto per un’ambizione di classifica ma proprio per capirmi, conoscermi. Sono rimasto soddisfatto, i primi 7-8 sono ingiocabili ma gli altri sono lì.

Nel 2024 il comasco ha corso anche per la prima volta al Nord, un’esperienza unica
Nel 2024 il comasco ha corso anche per la prima volta al Nord, un’esperienza unica
Questa è una stagione che ti sta dando anche tanta continuità…

Sì e ne sono molto felice. Sto facendo tante corse e alcune importanti, come le Classiche delle Ardenne. E’ stato il mio esordio in quel mondo e mi è piaciuto molto. Ho avuto un bel blocco di gare in primavera e questo mi ha permesso di essere più costante rispetto al passato. 

Appuntamenti così di alto livello ti servono per poter essere competitivo in altri appuntamenti?

Sicuramente. Ora farò un po’ di riposo e andrò direttamente al campionato italiano. Sono lista per il Giro di Slovacchia e a luglio correrò al Sazka Tour.

Missaglia e il piano per Fancellu: «Al top in sei mesi»

17.02.2024
4 min
Salva

La prima gara del 2024 di Alessandro Fancellu, con indosso i nuovi colori del team Q36.5 Pro Cycling, ha lasciato intravedere un lieve raggio di sole. Al Tour of Antalya, che ha parlato tanto italiano, c’è stato spazio anche per il comasco. Un terzo posto di tappa, nell’ultima frazione, e il decimo posto finale sono una base buona dalla quale ripartire dopo anni difficili. Il suo diesse nella professional svizzera, Gabriele Missaglia, lo sa bene. A lui, lombardo come Fancellu, è stato riservato il compito di far tornare il ragazzo suoi suoi livelli

«Fancellu – racconta dalla Vuelta a Andalucia – è stata l’ultima firma per il team del 2024. Lui era nei nostri pensieri durante gli ultimi sei mesi del 2023, poi con un susseguirsi di cose si sono liberati dei posti ed è arrivato da noi. E’ una scommessa, dobbiamo e vogliamo riportare Fancellu sui suoi livelli, ci crediamo. Soprattutto noi della parte italiana del team».

La volata dell’ultima tappa all’Antalya e il terzo posto alle spalle di De Vries e van Den Bossche
La volata dell’ultima tappa all’Antalya e il terzo posto alle spalle di De Vries e van Den Bossche
Il suo 2024 è iniziato bene, almeno in gara…

Sì, per essere il risultato della sua prima gara con noi siamo soddisfatti. Ha avuto degli intoppi durante l’inverno, qualche influenza che lo ha fermato un po’. Considerando gli stop subiti nella fase di preparazione alle corse questa top 10 ci soddisfa. Era da tanto che non vedeva dei risultati del genere in una tappa e nella classifica generale. 

Gli ultimi risultati paragonabili a questi sono arrivati al Tour de l’Avenir del 2022.

Un corridore che fa dei risultati del genere all’Avenir (quattro piazzamenti in nove tappe e il sesto posto nella generale, ndr) non può fermarsi così. Purtroppo, concedetemi di dire che le nuove generazioni sono un po’ deboli di testa. Molti ragazzi si fanno influenzare tanto dai dati, ma alla base deve esserci l’attitudine al mestiere del ciclista. La grande differenza tra chi ce la fa e chi no arriva in corsa, quando bisogna superare il famoso momento critico. Se si passa quel livello allora si è tra i primi, altrimenti no.

Sulle rampe di Tahtali Fancellu ha pagato 1’06” dal vincitore Piganzoli
Sulle rampe di Tahtali Fancellu ha pagato 1’06” dal vincitore Piganzoli
Che idea ti sei fatto su Fancellu?

E’ sulla buona strada, lo vedo con il giusto atteggiamento, si pone in modo positivo. Sta lavorando con Luca Quinti come preparatore, sono contento e fiducioso. Alessandro è un ragazzo che mi piace: è intelligente e ha trovato un ambiente e dei compagni giusti. Di lui ho parlato anche con Basso, prima di prenderlo.

Cosa vi siete detti?

Ivan ha creduto tanto in lui quando Fancellu era alla Eolo. Si augura che da noi possa tornare il corridore che era e raggiungere il suo massimo. 

Avete un percorso in testa?

Sono due anni che non riesce a esprimersi, per un motivo o per l’altro. Mi aspetto che ci possa far vedere il suo meglio in sei mesi. Non gli abbiamo messo un calendario troppo impegnativo, alla Valenciana e alla Vuelta a Andalucia non è stato portato. Il Tour of Antalya era una corsa sulla carta più semplice, poi ho guardato i dati e sono notevoli, quasi da WorldTour. 

Vi siete sentiti dopo la corsa in Turchia?

Ci sentiremo più seriamente nei prossimi giorni, ma ho avuto modo di fargli i complimenti via messaggio. Mi è piaciuta tanto la sua risposta: mi ha detto che ha provato a fare il colpaccio (il riferimento è all’attacco nell’ultima tappa, ndr). Sono dell’idea che se un corridore dà il 110 per cento in gara, va a letto soddisfatto, altrimenti la notte fatica a prendere sonno. Lo vedo concentrato.

Da cosa lo capisci?

Dalle sue parole e dall’atteggiamento. Per esempio, dopo il ritiro a Calpe, Fancellu è rimasto in Spagna, a Sierra Nevada, per preparare le gare. Da lì è andato direttamente in Turchia, quindi ci sta che fosse un po’ “imballato”. Vedrete che dai prossimi impegni andrà ancora meglio. Non vedo l’ora di seguirlo dall’ammiraglia.

Brambilla lancia la seconda (ambiziosa) stagione della Q36.5

20.01.2024
5 min
Salva

La Q36.5 Pro Cycling Team si affaccia al suo secondo anno di vita. Il team svizzero, nato dalle ceneri della Qhubeka ha messo alle spalle la sua prima stagione da professional. Un anno zero, condito da qualche successo e da una crescita continua. In questa squadra c’è una buona rappresentanza italiana, guidata da Gianluca Brambilla (in apertura foto SprintCycling).

Il corridore vicentino inizierà, a 36 anni, la sua quindicesima stagione da professionista. La sua figura nella Q36.5 Pro Cycling Team è fondamentale e di grande rilievo, un mentore e un consulente, sempre pronto a dare supporto. Senza rinunciare, tuttavia a qualche ambizione personale. 

Brambilla e la Q36.5 stanno preparando l’esordio stagionale allenandosi sulle strade di Calpe (foto Luis Eder)
Brambilla sta preparando l’esordio stagionale pedalando sulle strade di Calpe (foto Luis Eder)

Dalla Spagna al deserto

Brambilla, insieme ai suoi compagni, si trova a Calpe a preparare i primi appuntamenti del 2024. La scorsa stagione ha visto il brutto infortunio alla clavicola, rientrato per tempo e prontamente messo alle spalle.

«Sto bene – ci racconta Brambilla – ho passato un buon inverno. Quest’anno la stagione inizierà dall’AlUla Tour (ex Saudi Tour), mi sento a buon punto. L’inverno per me è un periodo fondamentale, soprattutto a 36 anni. Per il momento non ho avuto intoppi, a differenza dello scorso anno e questo mi fa stare sereno».

Brambilla nel 2023 è passato alla Q36.5 dopo cinque anni alla Trek
Brambilla nel 2023 è passato alla Q36.5 dopo cinque anni alla Trek
La squadra come sta?

Rispetto al 2023 sento che siamo tutti più avanti, test e dati dicono questo. La passata stagione abbiamo iniziato in ritardo e ci siamo trovati a rincorrere. Il primo ritiro lo avevamo fatto a gennaio e come bici e materiale eravamo un po’ in svantaggio. E’ normale sia così, quando nasce una squadra da zero c’è da fare tutto e non è facile. Anche i tecnici si sono trovati a mettere insieme 20 corridori nuovi. 

Che bilancio trai dal 2023?

E’ stato un anno zero, ma che ci ha fatto fare tanta esperienza. I tecnici hanno imparato a conoscerci e anche tra corridori siamo diventati sempre più gruppo. Ora i diesse sanno che tipologia di corridori hanno a disposizione ed è stato importante per costruire bene questo inverno. 

E Brambilla che cosa ha imparato?

A dare più aiuto e un maggior supporto. Mi sono accorto che la mia esperienza può essere fondamentale. Nel 2023 non ero il più vecchio, mentre quest’anno lo sono. Ho cercato di essere di supporto a tecnici e compagni. La cosa che mi ha fatto maggiormente piacere è aver visto come la mia opinione venga presa in considerazione. Scelte, idee, confronto e tanto aiuto ai giovani, soprattutto agli italiani. 

La Q36.5 nel 2024 conterà 27 corridori di 14 nazionalità differenti
La Q36.5 nel 2024 conterà 27 corridori di 14 nazionalità differenti
Che cosa ti pare dei giovani?

Questa squadra mi piace perché i ragazzi ascoltano maggiormente rispetto ad altri team dove sono stato in passato. L’organico è ampio, ci sono 27 corridori. Sembrano tanti, ma con doppia e a volte tripla attività, ci si trova contati.

La tua è stata una stagione senza grandi Giri come è andata?

Non ho sentito una grande differenza, ho corso tanto e con un calendario di buona qualità. Anche per il 2024 non abbiamo ancora la certezza di fare grandi Giri, ma questo non mi spaventa. Notizia di questi giorni, saremo al Giro del Delfinato e al Giro di Svizzera. Nel mese di giugno avremo tre attività: due WorldTour (Delfinato e Svizzera, ndr) e Giro di Slovenia. E poi c’è da dire una cosa.

Quale?

Che nel 2023 siamo stati al via delle cinque Classiche Monumento, cosa importantissima. E nel 2024 dovremmo aggiungere al programma le corse nelle Ardenne, alle quali dovrei partecipare. Non ci manca un grande Giro per fare una bella figura. 

Siete stati una delle migliori professional del 2023, ed era solo il vostro primo anno di vita…

Eravamo quinti nel ranking, dietro a Lotto Dstny, Israel, Uno-X e Total Energies. Siamo nel pieno della lotta per essere tra le migliori professional e per conquistare la licenza WorldTour. 

Che ci dici dei giovani italiani?

Spero che per Calzoni possa essere l’anno della prima vittoria. So quanto è importante e mi auguro che arrivi subito, sarebbe un bel modo per far scattare la molla e sentirsi più sicuro. Ha imparato dagli errori, come al Tour of Norway dove ha attaccato controvento e si è piantato. Io lì ero a casa ma gliel’ho detto: «Ma dove vai?». Se si fosse fermato a respirare un attimo avrebbe vinto. 

E dei nuovi?

Ho avuto come compagno di stanza Fancellu. Lui deve ritrovarsi, ho visto che una stagione (il 2021, ndr) è stata difficile. Una nuova squadra può dargli una nuova motivazione e chissà che ritrovi la brillantezza dei giorni migliori.

Per Brambilla che 2024 vedi?

L’obiettivo è essere nella mischia e fare da supporto ai compagni di squadra. Non avrò paura di tirare per loro, ma sono sicuro che troverò le mie occasioni. Si parte dall’AlUla Tour, l’ambizione è arrivare alla primavera più pronto rispetto al 2023.

Fancellu azzera tutto e riparte dalla Q36.5

22.11.2023
4 min
Salva

Dopo alcune settimane di dubbi e di domande, Alessandro Fancellu ha trovato finalmente una nuova casa: la Q36.5. Si è chiusa la parentesi della Eolo-Kometa, che tra team under 23 e pro’ lo ha accompagnato dal 2019 al 2023. Cinque anni, dove il talento del giovane comasco non è riuscito a sbocciare come ci si sarebbe aspettati. Intanto sulle sponde del lago di Como il freddo aspetta ad arrivare e le giornate sono ancora gradevoli. 

«Ho ripreso ad allenarmi da una decina di giorni – racconta Fancellu – mi alterno tra bici e palestra. Quando non ho lavori specifici da fare vado in mountain bike, mi piace e si prende anche un po’ di freddo in meno. Ne approfitto anche perché per ora la bici da corsa me la presta un amico che ha un negozio. La Eolo ha voluto subito indietro la Aurum, mentre da Q36.5 non è ancora arrivata la Scott, probabilmente mi verrà data al primo ritiro a dicembre».

Per Fancellu il miglior piazzamento è stato un undicesimo posto nella terza tappa del Giro di Slovenia
Per Fancellu il miglior piazzamento è stato un undicesimo posto nella terza tappa del Giro di Slovenia
Com’è nata l’occasione Q36.5?

Il mio procuratore, Carera, mi ha detto che c’era l’occasione di firmare con loro e mi sono detto: «Facciamolo subito!». Stavamo parlando con altre squadre, ma non c’era nulla di concreto. Da lato Q36.5 la proposta non è arrivata subito, hanno prima voluto fare degli accertamenti. Hanno controllato i file di Training Peaks e mi sono sottoposto ad alcune visite per certificare il mio stato di salute. Direi che è andato tutto bene, visto che ho firmato. 

Si è chiuso un rapporto lungo e importante, quello con la Eolo…

Era giusto cambiare aria, qualcosa in questi anni non ha funzionato. Di preciso non saprei dire cosa. Quando nel 2022 non mi sono ammalato ed ho avuto più continuità, sono andato benino. Soprattutto nella seconda parte di stagione, al Tour de l’Avenir. 

Pensi a cosa non è andato?

Difficile dirlo, sono tutte ipotesi: forse ho corso poco, forse dovevo allenarmi in modo diverso. Non ho in mente nemmeno io come mai non sia andato tutto come sperato, ma ormai non ha più senso farsi troppe domande.

Nei cinque anni passati alla Eolo, di cui tre da pro’, Fancellu non ha mai trovato la miglior versione di sé
Nei cinque anni passati alla Eolo, di cui tre da pro’, Fancellu non ha mai trovato la miglior versione di sé
Meglio resettare e ripartire?

Ho deciso, parlando anche con la squadra, che sarebbe stato meglio ripartire da zero: nuovi stimoli, nuovi compagni, nuovo staff. Insomma tutto nuovo, con l’obiettivo di concentrarsi sul 2024 (anche perché Fancellu ha firmato per un solo anno, ndr). 

Hai parlato di obiettivi con la Q36.5?

Non ancora nello specifico, non so bene che calendario faremo e farò. Tanto dipenderà dagli inviti che ci arriveranno. Già dalla prima “call” ho capito che credono in me, i risultati in questi anni non sono stati all’altezza, ma mi hanno detto che posso fare qualcosa di buono. 

Il 2023 sarebbe dovuto e potuto essere un anno diverso?

Una volta finito bene il 2022, mi sarei aspettato di trovare più continuità nelle mie prestazioni. Sicuramente questa non è stata la stagione che mi aspettavo di fare.

Una delle migliori prestazioni di Fancellu è arrivata all’Avenir 2022, che sia mancato il passaggio intermedio nella sua crescita? (foto Tour de l’Ain)
Una delle migliori prestazioni è arrivata all’Avenir 2022, che sia mancato il passaggio intermedio nella crescita? (foto Tour de l’Ain)
Ne hai parlato con Basso?

Anche lui mi ha detto che qualcosa in questi anni non ha funzionato e che sarebbe stato meglio cambiare aria. Non siamo andati come ci si sarebbe aspettati alla fine di questo triennio. 

Quali erano i tuoi obiettivi? 

Mi sarebbe piaciuto arrivare al 2023 con qualche risultato, invece non è stato così. A firma avvenuta con la Q36.5 ho parlato anche con Fortunato e Albanese e anche loro mi hanno detto che cambiare era la scelta migliore. Loro due hanno avuto un inizio di carriera come il mio, con qualche difficoltà, poi il cambio di squadra gli ha permesso di emergere.

Che obiettivo avrai nel 2024?

Ne ho parlato anche con il mio preparatore, lui mi ha detto che basta allenarsi nella maniera corretta. Voglio essere davanti nelle corse dure, fin da inizio stagione. Partire bene per guadagnarmi un posto in squadra nelle corse importanti. Ora dall’11 al 22 dicembre saremo ad Altea al primo ritiro dell’anno e stileremo un programma. Non vedo l’ora.

Zanatta e i giovani: «Chi gli insegna a vincere?»

07.06.2023
4 min
Salva

Il tema dei ragazzi giovani che passano professionisti è uno di quelli destinati a non consumarsi mai. Negli ultimi anni si vedono sempre più atleti tra i 18 ed i 20 anni passare nel ciclismo dei grandi. La loro permanenza tra gli under 23 è minima, o addirittura assente, ma questi ragazzi non possono prescindere dagli step di crescita necessari. Il focus però si è spostato dalle formazioni under 23 alle squadre dei professionisti. 

Amadori, cittì della nazionale under 23 ci aveva parlato così a riguardo dell’Orlen Nations Grand Prix: «Sono convinto che corse del genere, per ragazzi così giovani che già sono professionisti, servano tanto. Insegnano loro a vincere e mettersi in gioco. Ne parlavo proprio con Rossato e Zanatta, diesse di Green-Project e Eolo-Kometa».

Il secondo posto di Piganzoli in Polonia ha fatto capire che le qualità ci sono, serve tempo per affinarle (foto PT photos)
Il secondo posto di Piganzoli in Polonia ha fatto capire che le qualità ci sono, serve tempo per affinarle (foto PT photos)

Il passaggio intermedio

Colta la palla al balzo, abbiamo cercato di capire capire come sia cambiato il ruolo del direttore sportivo. Tutto avviene con maggiore anticipo e le squadre si trovano sulle spalle maggiori responsabilità. Zanatta e la Eolo-Kometa hanno la loro ricetta. 

«Con gli ultimi tre o quattro fenomeni passati da junior a professionisti – inizia – tutti i ragazzi sembrano pronti a 18 anni. Ma non può essere così, una cosa secondo me è da guardare: chi ha fatto i giusti passaggi da giovane poi ha avuto una carriera più lunga. Con questa smania di cercare i giovani forti abbiamo perso tanti corridori e tanti ne perderemo. Albanese e Rota sono l’esempio di due corridori che si stavano smarrendo e che il nostro movimento ha dovuto recuperare. Anticipare la maturazione ti fa perdere determinati gradini, come quello di imparare a vincere, cioè essere competitivo».

Fancellu e Piganzoli nel 2022 hanno corso con la maglia della nazionale il Tour de l’Avenir (foto Zoè Soullard)
Fancellu e Piganzoli nel 2022 hanno corso con la maglia della nazionale il Tour de l’Avenir (foto Zoè Soullard)

L’esempio di Piganzoli 

Uno dei giovani professionisti che Amadori ha portato in Polonia è Piganzoli, secondo in classifica generale. Lui è un prospetto interessante, che da under 23 si è fatto vedere ed ora muove i primi passi tra i grandi. 

«Piganzoli – dice Zanatta – ha lottato spesso per vincere tra gli under 23, si è costruito la giusta mentalità grazie al fatto di correre sempre tra i primi. Non è un vincente perché non ha determinate caratteristiche, ma è un corridore abbastanza completo. Negli anni scorsi andava alle gare contento di provare a vincere, di mettersi in gioco. Un ruolo importante lo ha avuto la nazionale di Amadori, che gli ha permesso di correre in determinate vetrine come l’Avenir o il mese scorso in Polonia. Corse nelle quali si può confrontare con i migliori corridori della sua età. Non si deve cadere nell’errore di pensare che un giovane, anche se professionista, non possa fare gare con la nazionale under 23».

Albanese è uno dei corridori che rischiava di smettere, è stato recuperato dal progetto Eolo-Kometa
Albanese è uno dei corridori che rischiava di smettere, è stato recuperato dal progetto Eolo-Kometa

Errare è umano

«Molti ragazzi – aggiunge – passano perché lo vogliono i procuratori o i genitori, ma anticipano i tempi. E se lo si fa quando non si è pronti si vedono delle lacune: non sono abituati a vincere, nemmeno a provarci. Peccano nella lettura della gara, nei movimenti e nell’allenarsi. Pensate a Trentin ed Ulissi, corridori che a più di trent’anni sono in grado di capire la gara e di muoversi di conseguenza. Questo perché hanno avuto una giusta militanza tra i dilettanti e hanno avuto modo di imparare i fondamentali del ciclismo.

«Ora – conclude Zanatta – sono le squadre dei professionisti che hanno in mano la maturazione dei corridori, e bisogna fare le cose per bene. Quindi dare un programma a lungo termine, portarli alle corse giuste e permettergli di sbagliare. Da un errore imparano tantissime cose, vi faccio un esempio: venerdì scorso al Giro dell’Appennino Piganzoli, Tercero e Fancellu sono rimasti fuori dai primi. Ci siamo resi conto che migliorano, crescono e questo è importante. Ogni ragazzo matura ad un’età diversa e dobbiamo dare loro modo di farlo, bisogna lasciare i giusti margini».