MEZZOLOMBARDO – Tirare una riga e ripartire da zero, questo è ciò che ha fatto Alessandro Fancellu con la JCL Team UKYO. La formazione continental giapponese negli ultimi due anni è diventata un nido dal quale alcuni corridori sono stati in grado di rilanciarsi. L’edizione 2025 rappresenta la seconda partecipazione di questa formazione al Tour of the Alps, segno di un calendario di alto livello nonostante i gradi di continental. Il JCL Team UKYO ha preso parte a diverse corse a tappe importanti, con in macchina la figura di Manuele Boaro. Il ruolo da diesse si addice particolarmente al suo carattere, ride e scherza con i ragazzi ma le idee sono chiare. Così come il lavoro da fare.
Al posto giusto
Il talento di Fancellu sembrava essere destinato a realtà differenti, con un destino scritto nelle grandi corse a tappe con una carriera tutta da scrivere. Purtroppo alcuni passaggi nel suo percorso sono mancati, dopo gli anni con la Eolo-Kometa, ora Polti VisitMalta, si era pensato che cambiare aria potesse essere utile. L’esperienza alla Q36.5, durata una sola stagione, non ha portato ai risultati sperati. Nonostante l’inizio promettente al Tour of Antalya i risultati poi non sono arrivati.
«Quando vieni da una WorldTour, una professional come nel caso di Fancellu e “cadi” giù capisci che magari è l’ultima spiaggia». Boaro parla dal piccolo piazzale che raccoglie i bus prima della partenza. «Probabilmente lui nel corso della sua carriera è stato anche sfortunato. Qui da noi sa che non c’è quella pressione. Vero che si parte per vincere ma a volte ci si dimentica che i ragazzi giovani vanno ascoltati e seguiti. Nel nostro piccolo lavoriamo bene, come una formazione WorldTour perché a livello di programmazione, nutrizione e allenamenti siamo molto validi. Non mancano nemmeno i risultati. Comunque lo scorso anno avevamo in squadra Malucelli, Carboni e Pesenti. Il primo ora è nel WolrdTour, il secondo in una professional e Pesenti nel devo team della Soudal».
Chi arriva sa di avere una buona chance per rilanciarsi…
Qualche corridore che pensa di venire qui e di ributtarsi nella mischia. I tre che ho citato prima sono venuti qui motivati e con voglia di fare. Lo stesso Fancellu sta dimostrando di andare bene, anche perché abbiamo costruito un programma adatto alle sue caratteristiche.
Appena arrivato cosa avete fatto con Fancellu?
Alberto (Volpi, ndr) ci parlava da qualche mese, poi la Q36.5 non lo ha confermato e la cosa si è concretizzata. Da quel momento abbiamo cercato di capire quali fossero le sue esigenze e ambizioni. Lui è uno scalatore, quindi ci siamo concentrati sulle corse vicine alle sue caratteristiche. Come in ogni squadra, capita di chiedere un sacrificio. Ora lui era al Tour of the Alps, arrivava però dal Giro d’Abruzzo e poteva essere stanco.
Ha bisogno di serenità dopo qualche stagione complicata?
Tutti gli atleti hanno bisogno di tranquillità. Un corridore ha bisogno anche di garanzie, tante volte vediamo fare delle prestazioni monstre a ragazzi in scadenza di contratto. Si dovrebbe cercare di non aggiungere preoccupazione al lavoro.
Come vedi questa stagione per Fancellu?
Deve essere un passaggio. Ha i numeri e le caratteristiche per correre in una formazione professional o WorldTour. Da noi deve trovare lo slancio per tornare su.
Qual è lo step intermedio che può dargli questa squadra?
Quando si tocca il fondo si capisce che dopo questa chance si va a lavorare. Quindi uno arriva a pensare a quello che vuole davvero. Fancellu si sta impegnando e si comporta da vero professionista. Secondo me ha capito cosa deve fare. Magari in altre squadre si era un po’ perso. Ha subito tanto la pressione del dopo Remco (Evenepoel, ndr) perché a quel mondiale juniores aveva fatto terzo.
La pressione non è facile da gestire.
Magari l’ha vissuta un po’ male perché anche lui ha aspettative su se stesso. E’ un ragazzo che si butta giù facilmente, la cosa da capire è che nel ciclismo un giorno stai bene e quello dopo può succedere qualcosa. Anche qui al Tour of the Alps sapevamo sarebbe stato difficile visto che arrivava dal Giro d’Abruzzo. Nessuno di noi si aspettava il risultato.
Al JCL Team UKYO ha trovato un riferimento come te…
Il primo giorno ho guardato Fancellu e gli ho detto: «Io sono qui». Sono a disposizione tutti i giorni e tutte le ore. Non c’è solo l’allenamento e il lavoro, ma anche il rapporto con il ragazzo. Loro devono aprirsi e sapere che tutto si può risolvere.
Un fattore più mentale che di prestazione?
Il ciclismo ora è così, sono controllati e seguiti al 100 per cento. Serve però avere il supporto umano, come andare in camera e fare una battuta o anche a tavola. Questo è l’obiettivo di squadra quando si va alle corse, stare lontani da casa è difficile ed è importante avere un ambiente sereno. Lo dicevano a me i miei “vecchietti” e lo dico io a loro: «La carriera passa veloce e quando si scende dalla bici cambia il mondo». Siamo fortunati a fare questo lavoro e dobbiamo farlo durare il più possibile e godercelo.