Da Grado a Gorizia, una tappa per velocisti? E’ vero che in questo Giro, di tradizionale e scontato non c’è nulla, ma è anche vero che alcune frazioni potrebbero cambiare gli scenari per alcuni corridori. Elia Viviani (Cofidis) ci pensa da tempo: «Ho provato il percorso ed è sicuramente una tappa giusta e sulla quale il nostro team deve puntare. Non è detto che si finisca allo sprint compatto, ma proprio per questo bisogna rimanere sul chi vive e magari entrare nella fuga giusta, anche chi come me verrebbe dato per abbonato alla volata».
Questi giorni per Viviani sono speciali, un Giro nato con qualche delusione di troppo, ma nel corso del quale è arrivata la notizia della nomina a portabandiera per la prossima spedizione olimpica, un onore mai capitato a un ciclista italiano. Un premio per i suoi successi, soprattutto quello di Rio e Viviani è un corridore che sa dare il giusto significato alla vittoria: «Lo senti dal mattino, certe volte, che è il giorno giusto, senti le gambe pronte, ti sale dentro la determinazione a completare l’opera».
Che cosa si prova nel tagliare il traguardo prima di tutti?
E’ difficile da spiegare, tutto avviene in pochi attimi, passi il traguardo e realizzi quello che hai fatto, hai quella sensazione incredibile con l’adrenalina a mille. E’ uno sfogo incredibile, ma il bello della vittoria non si esaurisce lì.
Perché?
A me piacciono le sensazioni successive, salire sul podio, il viaggio in pullman ripensando a quel che è successo, la festa in hotel. Quell’ebbrezza dopo l’arrivo è fantastica ma effimera, dopo è più bello perché dura di più.
E’ diversa la vittoria su strada e su pista?
Da questo punto di vista no, almeno per la mia esperienza di sprinter, credo però che per chi va in fuga e arriva da solo è un insieme di emozioni diverso, nel quale pian piano la paura di essere ripreso fa posto alla consapevolezza di essere irraggiungibile.
La vittoria è qualcosa di personale?
Mai. Non si vince senza squadra, anche la fuga dello scalatore è il risultato di un lavoro corale. Anche nelle volate più caotiche, anche dove il treno si sfalda e si riforma, è sempre un lavoro d’equipe che porta al risultato.