Liegi si prepara ad andare a dormire aspettando la sua amata corsa. La più antica tra le classiche per questo Doyenne, decana (prima edizione nel 1892) si terrà anche stavolta nonostante il Covid.
Era già stato un miracolo che si fosse riusciti a salvare l’edizione 2020, quando la seconda ondata stava tornando in modo gigante, ma qui ci tengono troppo a questo evento. In qualsiasi luogo siamo andati: supermercato, benzinaio, fast food… parlando o vedendoci con il pass al collo sapevano esattamente della corsa.
Parla Van Avermaet
In questa giornata di vigilia tutto sembra più calmo da una parte, più frenetico da altre. Se i super big hanno parlato ieri, oggi è toccato ad un corridore che poi non è affatto piccolo (in ogni senso), Greg Van Avermaet. E le sue parole sono state importanti, perché di base incarnano il discorso che circola tra i team e gli esperti. «Chi aspetta la Roche aux Faucons ha perso», queste in estrema sintesi le parole del campione olimpico in carica.
Che poi rispecchia quel che ci ha raccontato Bartoli parlando della Freccia Vallone. Se si arriva tutti insieme sotto al Muro di Huy ci sono due o tre persone che possono vincere. Tutti gli altri no.
«Ci sono due corridori – ha detto Van Avermaet – Alaphilippe e Roglic, che stanno dimostrando di essere i più forti. Se aspettiamo la Roche aux Faucons abbiamo perso, perché Roglic attaccherà e solo due o tre corridori potranno seguirlo: Alaphilippe di sicuro e forse Valverde o Schachmann. La nostra unica opzione è “aprire” la gara, attaccare da lontano. Se un corridore arriva con 30” ai piedi della La Roche-aux-Faucons, allora può anche sperare, ma non sarà facile».
Disamina perfetta. Ma si riuscirà poi a far saltare il banco da lontano? Deceuninck-Quick Step e Jumbo Visma, le squadre dei due favoriti, hanno dei leader ben designati e uomini molto forti. Per assurdo potrebbero anche allearsi per buona parte della gara e in quel caso non ce ne sarebbe per nessuno.
Vigilia sigillata
Mentre i ragionamenti tattici vanno avanti, come detto ci si prepara. E se per i corridori è una giornata tranquilla, per tutti gli altri no. Bisogna cambiare gli adesivi sulle macchine, togliere quelli della Freccia e mettere quelli della Liegi. C’è la riunione dei direttori sportivi, i meccanici sistemano le ultime cose sulle fuoriserie dei campioni e anche Shimano tira a lucido le trenta bici del servizio corsa che mette a disposizione.
I corridori hanno fatto una semplice sgambata e restano chiusi nelle loro stanze di hotel, tanto più con il Covid. In alcuni alberghi, gli spazi delle squadre sono stati addirittura transennati.
Anche la presentazione dei team è stata programmata per domattina, come visto già al Giro delle Fiandre. E’ stata persino diramata la scaletta con la quale le 25 squadre si dovranno presentare al foglio firma: dovranno arrivare con intervalli di due, tre fino a cinque minuti a seconda dei loro leader.
E la Liegi delle donne?
In tutto ciò non va dimenticata la Liegi delle donne. E ci si chiede se il discorso fatto da Van Avermaet possa valere anche per loro. La gara femminile partirà presto (alle 8,40) da Bastogne. E si annuncia molto dura. Se si dovesse arrivare sotto alla Roche aux Faucons, la Van der Breggen avrebbe messo una gigantesca ipoteca sulla vittoria finale.
Ne parliamo con Davide Arzeni, della Valcar, quando esce dalla riunione dei diesse dal Palazzo dei Vescovi di Liegi. Stavolta il “Capo” è anche super partes, visto che domani la sua squadra non parte per favorita.
«Siamo qui – dice Arzeni – per fare esperienza. C’è Alice Arzuffi che ritorna dal cross e deve trovare il ritmo su strada, e ci sono delle giovani che spero possano imparare molto. Le mie atlete stanno lavorando tanto sulla pista, visto che in quattro possono aspirare ai Giochi di Tokyo, pertanto non è certo quello della Liegi il nostro percorso, ma venderemo cara la pelle».
Arzeni replica a Van Avermaet
«Credo che quello che ha detto Van Avermaet possa valere anche per le donne – riprende Arzeni – ma credo anche ci sarà più selezione. L’anno scorso la Vos attaccò da lontano, poi vinse la Deignan e venne fuori una corsa dura. Abbiamo fatto la ricognizione l’altro giorno e per me quest’anno sarà ancora più dura. La cote du Rosier è una salita vera, di 5 chilometri, che va oltre i 500 metri. Quindi non so quanto arriveranno unite sotto all’ultima salita. Anche perché poi ci sono atlete che non hanno un grande spunto veloce e cercheranno di attaccare prima. Io spero si arrivi in tante all’ultima cote, magari c’è anche qualcuna delle mie, e proveremo a dare fastidio!
«Piuttosto – conclude il diesse – è stata interessante la tattica di corsa della Trek-Segafredo alla Freccia Vallone. Secondo me ha corso benissimo per cercare di mettere in difficoltà la Van der Breggen e c’era riuscita. Se non fosse caduta la Winder non so come sarebbe finita. Ha fatto un bel podio con la Longo Borghini. Magari sotto alla Roche attacca proprio Elisa! Io tifo per le italiane».