Ieri era giusto un anno da quando De Marchi conquistò la maglia rosa a Sestola. Fu l’inizio di una storia durata (troppo) poco, che in ogni caso portò il Rosso di Buja nei cuori del Giro e di quelli che magari, vedendolo così schivo, non erano mai riusciti ad avvicinarsi. E facendo scoprire a lui, friulano sino alla punta dei capelli, il calore di un’Italia che in alcuni momenti, come per magia, è capace di stringersi attorno ai suoi simboli.
«Presente! Si, ci sono. E sono felice – ha scritto su Instagram a Budapest – di dire che mi trovo esattamente dove desidero essere: al Giro d’Italia. Niente è più importante! Esperienza, gambe , coraggio e passione».
Contento di esserci
La carovana si è lasciata alle spalle i primi giorni ungheresi e quelli in Sicilia, con voci, colori e un senso di entusiasmo provvidenziale e leggero. E adesso che inizia la risalita lungo lo stivale, la dichiarazione d’amore di Alessandro merita un approfondimento. Lo avevamo sentito alla vigilia delle Ardenne, aveva il morale sotto terra. Non era affatto certo di partire per il Giro, anche se la squadra è sempre stata pronta a scommetterci. Alla Liegi c’era stato un timido risveglio di buone sensazioni. Che cosa è successo poi?
«Sono al Giro d’Italia – dice nel baccano del foglio firma – quindi questa è la cosa più importante. Al netto di tutte le cose che sono successe durante la primavera, sono comunque contento di essere qui e questa è la cosa più importante. Bisogna essere realisti e consapevoli della situazione in cui ti trovi. E’ inutile continuare a pensare che le gambe non sono al 100 per cento e tutto il resto. Sono al Giro d’Italia, ho ancora quindici tappe per divertirmi, godere di questo spettacolo e trovare il momento, la situazione. Il mio Giro sarà fatto così. E devo dire che è un approccio che mi sta dando modo davvero di vivere la corsa in un modo consapevole e sereno».
Il marchio rosa
Quel giorno continua a seguirlo. Sarebbe curioso un domani chiedere a Nibali, ad esempio, se ricordi ogni chilometro pedalato con la maglia rosa sulle spalle. De Marchi ricorda tutto. Nonostante fosse in crisi nera nel giorno di San Giacomo, riuscì a riconoscere le tracce sempre presenti del terremoto in piena discesa e in un giorno di pioggia. Quei due giorni in maglia rosa hanno cambiato la sua percezione del Giro, dopo anni di Tour a tutti i costi e nonostante il successivo incidente di Bagno di Romagna abbia interrotto anzitempo il suo viaggio dopo 12 tappe.
«Quel ricordo è qualcosa di speciale – ammette – questo anno trascorso ha fatto sì che il Giro stesso sia qualcosa di speciale, di più rispetto a prima. La maglia rosa è ben presente nella mia vita. A casa mia è messa in un quadro che viene spostato di stanza in stanza quando mi gira, quando voglio averla a portata di mano. E’ una cosa che… è davvero come avere un marchio sulla pelle!».
Gazprom, un disastro
E mentre la campana avvisa i corridori dell’imminente partenza, pur sapendo di portare il discorso su un binario più malinconico, ci agganciamo con il “Dema” a un’attualità meno gioiosa. Con lui che non ha paura di metterci la faccia, che sorride amaramente per il titolo di avvocato delle cause perse, dal caso Regeni alla sicurezza sulle strade.
Il TAS di Losanna ha respinto il ricorso d’urgenza della Gazprom, che chiedeva la riammissione del team. L’UCI ha rigettato la possibilità di aumentare gli organici delle squadre, come proposto dai team e atleti, per consentire di sistemare i corridori rimasti a piedi. La motivazione è anche plausibile e rende ancora più irritante il rifiuto di far correre la squadra con maglia neutra, come s’era già deciso di fare al Trofeo Laigueglia. Dicono che nell’anno in cui i team si giocheranno il WorldTour a suon di punti (ci saranno salite e retrocessioni), riaprire gli organici a stagione in corso esporrebbe ogni cambiamento a ricorso.
«Per me – dice De Marchi – la situazione Gazprom è un disastro. E’ un disastro perché secondo me è inaccettabile che l’UCI, che dovrebbe essere la nostra madre, quella che davvero difende i corridori, sia stata la prima, senza pensarci, a mandare a casa tutte quelle persone. E la cosa sta andando avanti in quella direzione ed è una roba inaccettabile.
«Noi come gruppo – riflette amaramente – ancora una volta non stiamo mostrando una grande unità. E forse anche i nostri sindacati avrebbero dovuto avere un approccio molto più duro, perché è necessario. Non credo che togliere la sponsorizzazione e cancellare la squadra, abbia danneggiato Gazprom. Non credo che fermare quei corridori abbia indebolito Putin. Avevano proposto delle soluzioni che sono state scartate…».
Destinazione Potenza
La tappa parte, un altro giorno da onorare fra Palmi e Scalea. Salita in partenza, poi un continuo su e giù. Nel Giro che ieri ha accolto il saluto di Vincenzo Nibali, che ha visto sparire (sia pure in modo diverso) alcuni sfidanti come Lopez e Dumoulin, si guarda con crescente interesse alla tappa di domani. Vero che il Block Haus di domenica fa già tremare i polsi, ma le strade lucane che portano a Potenza saranno il sicuro teatro di qualche imboscata.