Presentazione Trittico Lombardo, 23 settembre 2025, Coppa Agostoni

Calendario sempre più fitto, chi ne fa le spese?

25.09.2025
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Il 23 settembre scorso, alle ore 11,30, sono state presentate le tre gare che andranno a comporre il prossimo Trittico Lombardo. Corse che hanno fatto la storia del nostro calendario, del ciclismo nazionale e non solo. L’appuntamento è per domenica 5 ottobre con la 78ª Coppa Agostoni, corsa che darà il via a questa serie di tre eventi. Il giorno successivo, il 6 ottobre, toccherà alla 104ª Coppa Bernocchi, mentre il 7 ottobre chiuderà il tutto la 106ª edizione della Tre Valli Varesine

Una tre giorni di ciclismo tutta da vivere e che porterà in Lombardia tutte le migliori squadre e i migliori atleti al mondo. Il tutto culminerà poi con il Giro di Lombardia, previsto per il sabato successivo: l’11 di ottobre.

Attilio Fontana, presidente Regione Lombardia, Oldani e Rolandi
Alla presentazione del Trittico Lombardo, tenutasi a Palazzo Lombardia a Milano, è intervenuto anche il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana
Attilio Fontana, presidente Regione Lombardia, Oldani e Rolandi
Alla presentazione del Trittico Lombardo, tenutasi a Palazzo Lombardia a Milano, è intervenuto anche il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana

Sovrapposizioni

Un trampolino di lancio perfetto per un finale di stagione tutto italiano, il problema è che lo stesso giorno in cui si correrà la Coppa Agostoni gli atleti europei di maggior spessore saranno impegnati in Francia per la prova in linea del campionato continentale. Già nell’elencare i nomi dei team e degli atleti che saranno presenti al via delle corse del Trittico Lombardo si intuisce che la disparità è ampia. Alla partenza della Coppa Bernocchi e della Tre Valli Varesine ci saranno 17 squadre WolrdTour, l’unica assente sarà l’Arkea B&B Hotels, mentre per la Coppa Agostoni i numeri si dimezzano. Infatti le formazioni WorldTour presenti a Lissone saranno 8, alle quali si aggiungono due devo team (Red Bull Rookies e Lidl Trek Future Racing).

Il tema dei calendari è delicato e coinvolge gli organizzatori, le federazioni nazionali e l’UCI. Le corse etichettate di categoria WorldTour, alle quali le squadre appartenenti al massimo circuito sono costrette a partecipare salvo rari casi, sono 36. Un numero elevato e che costringe i team ad avere rose sempre più ampie, cosa che spesso non basta comunque. 

Alessandro Rolandi, Presidente SC Mobili Lissone, Coppa Agostoni
Alessandro Rolandi, presidente della SC Mobili Lissone, società organizzatrice della Coppa Agostoni
Alessandro Rolandi, Presidente SC Mobili Lissone, Coppa Agostoni
Alessandro Rolandi, presidente della SC Mobili Lissone, società organizzatrice della Coppa Agostoni

Traffico e calendario

Gli organizzatori della Coppa Agostoni hanno lavorato sodo per far spostare la gara da un giorno lavorativo a uno festivo. Una richiesta data da necessità legate alla gestione del traffico, che in Brianza diventa difficile da bloccare durante la settimana. L’UCI ha concesso questa variazione per poi inserire nella stessa data il campionato europeo. Questa scelta ha danneggiato anche il Piccolo Lombardia, gara di riferimento del calendario under 23, che si correrà il 4 ottobre. Nello stesso giorno i migliori corridori della categoria saranno impegnati nella prova in linea del campionato europeo. 

In passato la Coppa Agostoni era una gara capace di raccogliere i grandi nomi del ciclismo mondiale, nell’albo d’oro spunta il nome di Eddy Merckx, Roger De Vlaeminck, Franco Bitossi, Felice Gimondi, Francesco Moser e anche Gianni Bugno. Campioni che sulle strade della Brianza hanno saputo esaltarsi e regalare spettacolo. Proprio a Gianni Bugno, che ha vinto l’Agostoni in due occasioni: nel 1988 e 1995, abbiamo chiesto un parere sul tema dei calendari. Bugno è stato anche presidente del CPA (Associazione mondiale dei Corridori) dal 2010 al 2022.

Gianni Bugno, 1995, Maurizio Fondriest
Gianni Bugno vinse la sua seconda Coppa Agostoni in maglia tricolore nel 1995
Gianni Bugno, 1995, Maurizio Fondriest
Gianni Bugno vinse la sua seconda Coppa Agostoni in maglia tricolore nel 1995
E’ una sovrapposizione scomoda quella tra l’Agostoni e il campionato europeo…

Le cose sono due: o non siamo stati abbastanza forti a livello di federazione per intervenire ed evitare il problema, o quella data non doveva essere fruibile. L’UCI avrebbe dovuto vietare all’Agostoni di posizionarsi in quel fine settimana perché si sarebbe corso il campionato europeo. Capisco il senso di voler correre la domenica per questioni di traffico, ma sarebbe stato meglio gareggiare il lunedì piuttosto che avere questa problematica.

Agostoni che è già stata costretta in passato a cambiare data…

Quando correvo era ad agosto, prima del campionato del mondo. Molti atleti la utilizzavano come gara di rifinitura all’appuntamento iridato. Poi, sempre per motivi di calendario, è stata spostata a fine settembre e ora a inizio ottobre. L’idea di avere un trittico di gare che anticipa il Lombardia non è male. Anzi, questo permette agli atleti di avere una serie di corse in preparazione all’appuntamento principale. 

Pogacar lo scorso anno ha corso alla Tre Valli Varesine in maglia iridata, lo sloveno dovrebbe tornare anche nel 2025
Pogacar lo scorso anno ha corso alla Tre Valli Varesine in maglia iridata, lo sloveno dovrebbe tornare anche nel 2025
E’ evidente che il ciclismo si è globalizzato e si è arrivati ad altri ragionamenti?

Ora le gare che anticipano il mondiale sono quelle canadesi, che sono di categoria WorldTour e di conseguenza l’UCI ha un maggiore interesse nel tutelarle. A mio avviso la Coppa Agostoni ha una storia superiore al GP Montreal o al Quebéc. E’ anche vero che il campionato europeo esiste da pochi anni e da qualche parte va inserito.

Si ha l’impressione che da qualsiasi parte ci si giri il rischio è di schiacciare i piedi a qualcuno.

La soluzione sarebbe quella di allungare il calendario di una settimana. Spostare in avanti di una settimana il Giro di Lombardia per avere più spazio, ma è un lavoro che dovrebbe fare la Federazione se davvero ci tiene a difendere le proprie gare (alla presentazione del Trittico ha partecipato Stefano Pedrinazzi, Presidente FCI Lombardia, ndr). 

Remco Evenepeol, Rwanda, Kigali 2025, mondiali, Belgio
La prova in linea dei mondiali si correrà domenica 28 settembre, una settimana dopo in Francia ci saranno gli europei
Remco Evenepeol, Rwanda, Kigali 2025, mondiali, Belgio
La prova in linea dei mondiali si correrà domenica 28 settembre, una settimana dopo in Francia ci saranno gli europei
Europeo che si correrà esattamente una settimana dopo il mondiale in Rwanda…

E’ tutto troppo ravvicinato e trovare una soluzione non sarebbe stato facile. Anticipare il mondiale di una settimana avrebbe creato un danno alla Vuelta perché non ci sarebbe stato il tempo di gestire le trasferte. Il ciclismo è sempre più globalizzato e le corse aumentano, da qualche parte bisogna trovare lo spazio o scendere a compromessi. Il rischio ultimo è che facciano le spese le corse minori.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Federica Venturelli, Monica Trinca COlonel sfinite dopo il team mixed relay

Azzurri, il podio sfugge, ma Venturelli se ne va con il sorriso

25.09.2025
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KIGALI (Rwanda) – Il mondiale di Federica Venturelli è finito ieri sera con il quarto posto nel mixed relay vinto nuovamente dall’Australia con 5” sulla Francia e 10” sulla Svizzera. Gli azzurri si sono piazzati subito dietro, ma con un passivo ben più pesante di 1’24”. Dalla parte della lombarda resta il podio nella cronometro under 23 centrato lunedì a 2’11” dalla vincitrice Zoe Backstedt e 21″ dall’argento. Considerato che il percorso era tutto fuorché adatto a lei, quel bronzo vale anche qualcosa di più. Ma siccome con Federica ci piace scherzare e ci piace la sua dedizione allo studio, le tendiamo un tranello banale. Che forse lo è un po’ meno dato lo sforzo appena sostenuto: «Da quali elementi si ottiene il bronzo?».

Guarda e strabuzza gli occhi, perché non se l’aspettava. Ride e intanto pensa. «Il rame – risponde – e lo stagno?». Non è sicura, ma la risposta è esatta. «Davvero? Allora questo lo scrivi». Ecco qua, tutto scritto: promessa mantenuta.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Federica Venturelli
Il bronzo nella crono delle U23 è un premio che vale, vista la difficoltà del percorso
Campionati del mondo 2025, Kigali, Federica Venturelli
Il bronzo nella crono delle U23 è un premio che vale, vista la difficoltà del percorso
Possiamo dire che questo non era il percorso per te?

Assolutamente, non era proprio il mio percorso ideale. Tanto dislivello. La prima salita è un po’ più pedalabile, però comunque abbastanza lunga e impegnativa: 2,5 chilometri che si sono fatti sentire. Ma soprattutto lo strappo finale era devastante. Il pavé sembrava non finire mai. Però alla fine, quando si arriva a quel punto, si cerca di dare tutto fino alla fine. Non si guarda neanche più quanti metri mancano e si pensa solo ad andare più forte possibile per finire prima la sofferenza (ride come per esorcizzare il mal di gambe, ndr).

Provando a fare un confronto, senti di essere andata meglio nella crono individuale o nel mixed relay?

E’ difficile comparare una crono individuale con il mixed relay, però in realtà penso di essere andata più forte oggi. Probabilmente perché ho avuto un paio di giorni in più per abituarmi alle condizioni del clima e un po’ all’altura. E anche per vedere meglio il percorso e imparare a gestirlo meglio. Però sono soddisfatta comunque di tutte e due le prove.

Diamo un peso a quel bronzo?

E’ sicuramente un bronzo importante, perché arriva dopo una stagione molto complicata. E poi, come dicevamo, su un percorso che non era per me. Sicuramente sapevamo tutti che Zoe Backstedt sarebbe stata su un altro pianeta, però dal secondo posto in poi eravamo tutti lì a giocarci il podio per poche decine di secondi. E’ stato difficile salire su quel podio. Ho dovuto soffrire fino alla fine, però ne è valsa la pena.

Che il percorso fosse così duro l’hai scoperto qua o un sentore ce l’avevi già da casa?

Sapevo che sarebbe stato mosso, perché ho avuto occasione di vedere planimetria e altimetria. Però sicuramente non immaginavo che gli ultimi due o tre chilometri fossero così duri. Alla fine si possono vedere le pendenze delle strade, ma il tratto finale in pavé, che sembrava spianare dopo lo strappo, era quasi più duro dello strappo in sé. Era infinito e si faceva fatica a rilanciare la velocità, quindi forse quello è il pezzo che non mi aspettavo così duro. E l’ho scoperto solo una volta che abbiamo visionato il percorso.

Cambiamo discorso. Marta Cavalli, la tua illustre compaesana, ha smesso dopo i tanti infortuni. Anche tu non ti sei fatta mancare qualche contrattempo. Quanto è duro tornare ogni volta?

Sinceramente fino all’anno scorso mi è andata abbastanza bene. Invece dalla seconda parte della stagione è stato difficile. Un infortunio dopo l’altro, un problema fisico dopo l’altro. All’inizio mi sono detta: «Beh, sono cose che capitano a tutte, ero solo stata fortunata a non averne fino ad adesso». Però quando sono capitati il secondo e il terzo infortunio di fila, è iniziato a essere sicuramente più pesante.

Si può essere colpiti da sconforto quando va così?

Ho avuto un momento duro, quest’anno verso maggio. Venivo da quattro mesi a non correre e poi una volta rientrata alle gare, mentalmente è stato ancora più difficile. Non avevo la forma che mi aspettavo e sentivo di non riuscire a esprimermi come l’anno precedente prima della serie di infortuni. Però grazie al supporto di tante persone, sono riuscita a non mollare e riprendermi. E ora sono qui e forse significa che alla fine sono riuscita a superare tutte le difficoltà e spero di riuscire a farlo sempre.

Venturelli, Trinca Colonel, Paladin: le tre azzurre che hanno chiuso il mixed relay con il 4° posto
Venturelli, Trinca Colonel, Paladin: le tre azzurre che hanno chiuso il mixed relay con il 4° posto
C’è mai stata la sensazione di essere rientrata e che gli altri nel frattempo fossero cresciuti in modo inatteso?

Sì, l’ho sperimentato quest’anno per la prima volta. Forse perché fino alle categorie giovanili, anche se si stava fermi un mese, due mesi, era più facile rientrare perché il livello non era tanto più alto. Invece rientrare subito full gas nelle gare professionistiche, è sicuramente diverso e più difficile. Però penso che siano tantissimi gli atleti che hanno dimostrato che questo si può fare e che si può sempre ritornare al livello più alto anche dopo tanto tempo di stop.

Hai portato i libri per preparare qualche esame?

No, in realtà. Mi sono preso una piccola pausa, perché ho sostenuto chimica organica la settimana prima di venire qui. Probabilmente sull’aereo per ritornare a casa ricomincerò a studiare per il prossimo che sarà a dicembre.

Facciamo un test allora: il bronzo da quale lega deriva?

Ma questo ve l’abbiamo già raccontato, volevamo vedere se foste attenti. La lasciamo raggiungere il resto del sestetto azzurro e poi insieme torneranno in hotel. La serata di Kigali si è ripopolata di moto e traffico. A parte l’allegria del caos, la città appare ordinata. Le auto si fermano sulle strisce per far attraversare i pedoni. E’ pieno di biciclette dalle forme e dai carichi più insoliti. E’ l’Africa, viene voglia di restare e scoprirla. Da domani (oggi) si corre su strada. Tocca subito a Eleonora Ciabocco, unica azzurra nel gruppo delle U23. Il mondiale del Rwanda entra nel vivo.

Campionati del mondo Kigali 2025, Giulio Ciccone in hotel dell'Italia

Ciccone in Rwanda, primi colpi di pedale: ci siamo

24.09.2025
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KIGALI (Rwanda) – L’atterraggio sul suolo africano accanto a Giulio Ciccone ci ha strappato più di un sorriso. L’abruzzese non riesce a fare pace con gli aerei e se vi raccontassimo quello che fa prima di ogni viaggio, probabilmente sorridereste anche voi. Sta di fatto comunque che alle dieci del mattino di oggi, 24 settembre, Giulio è arrivato in Rwanda e domenica sarà il capitano della squadra azzurra ai mondiali.

Ha trascorso gli ultimi giorni in Abruzzo. Dopo la Vuelta ha salutato sua nonna Lucia, malata da tempo. Ha fatto qualche allenamento giusto, ma soprattutto ha pensato a recuperare dopo una Vuelta a due velocità. Quella supersonica fino al giorno dell’Estacion de Esqui de Valdezcaray e quella degli antibiotici per riprendersi dall’infiammazione al soprasella e il malanno che ha afflitto quasi tutti i corridori in terra di Spagna.

«Quando scendo dall’aereo – ha detto poco prima di imbarcarsi sull’ultima tratta da Addis Abeba a Kigali – vado a letto e dormo fino all’ora di pranzo, stanotte non ho chiuso occhio. Poi faccio tre orette in bici nel pomeriggio e sono a posto. Sarei dovuto partire domani, ma ho sentito di colleghi che hanno avuto problemi ad adattarsi al caldo e con l’altura, che a quanto pare si fa sentire. E così ho anticipato di un giorno».

Campionati del mondo 2025, Kigali, Giulio Ciccone, aereo
Addis Abeba, Ciccone si imbarca sul secondo volo che lo porterà a Kigali
Campionati del mondo 2025, Kigali, Giulio Ciccone, aereo
Addis Abeba, Ciccone si imbarca sul secondo volo che lo porterà a Kigali
Eri capitano anche l’anno scorso a Zurigo, ma quest’anno sembra tutto diverso…

Sto meglio. L’anno scorso non avevo corso tutta la Vuelta, ne avevo fatto solo una parte, poi ero stato male. E soprattutto avevo fatto il Tour, quindi era tutta un’altra preparazione. Invece quest’anno ho fatto l’altura, poi ho fatto tutte le classiche, San Sebastian, Burgos, la Vuelta, quindi comunque la condizione era proprio più alta. Poi c’è stato l’intoppo degli antibiotici. Li ho presi per una settimana, però durante la Vuelta, quindi c’è stato il tempo per recuperare. Negli ultimi giorni a casa le sensazioni erano molto buone, i numeri convincenti.

Allenarsi in Abruzzo ha un altro sapore?

Mi piace sempre molto, sono abruzzese e fiero di esserlo. Però mi tocca dire che d’estate mi alleno molto bene anche a Monaco, ci sono più salite e climi diversi. Però è bello anche fare le strade su cui sono cresciuto.

Dicevi che dopo la Vuelta non c’è da allenarsi tanto.

Esatto, c’è stato più da recuperare e poi fare qualche allenamento giusto, però i primi giorni sono stati tutti concentrati sul recupero. Diciamo che la cosa più difficile è che di solito dopo un Grande Giro si è abituati a staccare soprattutto mentalmente, invece con il mondiale così vicino non stacchi niente. Quindi diciamo che forse è più lo stress mentale di quello fisico.

Nona tappa della Vuelta, si arriva a Estacion de Esquí de Valdezcaray. Questo fuori giri, apre il momento difficile di Ciccone
Nona tappa della Vuelta, si arriva a Estacion de Esquí de Valdezcaray. Questo fuori giri, apre il momento difficile di Ciccone
Villa ci ha detto che dopo i mondiali non farai gli europei, perché il calendario prevede Giro dell’Emilia e Lombardia.

Il calendario è quello, però vediamo: voglio pensare a domenica, voglio svuotare tutto domenica e dopo vediamo quello che resta. Stavo ragionando anche sull’Emilia. Se davvero vanno tutti all’europeo, finisce che se lo vinci, ti dicono che non c’erano avversari. Non sarebbe tanto bello.

Come ti sei trovato finora con il cittì Villa?

Molto bene. Devo dire la verità: c’è stata subito intesa. Mi è piaciuto il suo modo di lavorare, soprattutto il lato umano. La parte per me più importante è stato il fatto di voler creare un gruppo. Un gruppo unito, forte, fatto di persone che si conoscono, che sono amici. Secondo me questa è la chiave più importante. E’ un dato di fatto che non abbiamo in squadra un Pogacar, però quello che può fare la differenza nel nostro caso è creare un gruppo come si faceva nelle nazionali di una volta. Secondo me questo mancava e Marco ha fatto un lavoro ottimo.

La prima nazionale di Villa sarebbe stata incentrata su Ciccone e Pellizzari, almeno finché un virus non ha appiedato il Giulio più giovane
La prima nazionale di Villa sarebbe stata incentrata su Ciccone e Pellizzari, almeno finché un virus non ha appiedato il Giulio più giovane
E’ vero che vi siete parlati e avete inquadrato insieme gli uomini?

Mi hanno raccontato che anche Ballerini si muovesse così. Mi ha detto di voler puntare su di me e che avrebbe portato Pellizzari (purtroppo l’altro Giulio è stato appiedato da un virus intestinale e al suo posto domani arriverà Garofoli, ndr). Poi ha tirato fuori l’elenco degli uomini che si era appuntato e ne abbiamo ragionato insieme. Per me è un peso, ma mi motiva molto.

La convocazione di Masnada fa pensare alla tua voglia di avere un vero amico al tuo fianco.

Parlando di uomini di fiducia, sono venuti fuori diversi nomi. E chi ha visto bene Fausto, come me che sono stato spesso accanto a lui, ha visto che ha un buon livello. Si vedeva che pedalasse bene, che era tornato ai suoi livelli. E siccome lo conosco molto bene, so che è un uomo squadra e tutti conoscono bene, l’abbiamo voluto con noi perché può essere una pedina fondamentale in gara.

Campionati del mondo 2025, Fausto Masnada, prova il percorso della gara su strada
Masnada, che stamattina ha provato il percorso, ha parlato di una grande durezza
Campionati del mondo 2025, Fausto Masnada, prova il percorso della gara su strada
Masnada, che stamattina ha provato il percorso, ha parlato di una grande durezza
Aver vinto San Sebastian quanta fiducia ti ha dato?

Tanta, soprattutto per le gare di un giorno. Comunque nelle gare a tappe di tre settimane è un dato di fatto che per questioni fisiche non riesco a concludere. Non è un fatto di condizione o di crederci, anche se Michele (Bartoli, il suo allenatore, ndr) ci crede. Dopo 8-9 giorni il mio corpo cede, è sempre successo. Quindi penso che devo sfruttare meglio le mie caratteristiche. E oggi, dati alla mano, mi trovo meglio nelle gare più brevi e nelle classiche. Uso quella motivazione per iniziare a fare bene.

Pensi che Pogacar vorrà vendicare il sorpasso di Evenepoel?

Remco avrà tanta fiducia, ma a volte la fiducia può ritorcersi contro. E quando ho visto quella scena, mi sono quasi venuti i nervi e ho immaginato quello che possa aver provato Tadej. Sento che la gara si accenderà presto e noi dovremo essere presenti con il nostro gruppo.

La prima prova del percorso è prevista per domani. Oggi gli ultimi arrivati hanno pedalato per due ore, seguiti con l’ammiraglia da Marino Amadori. Il programma è stato rispettato. Intanto Masnada, che è arrivato già da due giorni, conferma che il circuito sia davvero durissimo. E che soprattutto il tratto in pavé alla fine farà dei veri sfracelli.

Il momento è arrivato, Bioracer punta forte sull’Italia

24.09.2025
4 min
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MISANO ADRIATICO – Bioracer è una delle aziende storiche del panorama ciclistisco, una delle primissime a far collimare la tecnologia del tessuto, la ricerca aerodinamica applicata ai capi tecnici, ad investire importanti risorse nell’evoluzione dei capi stessi. L’azienda belga ora sbarca ufficialmente in Italia, vogliamo capire perché solo ora.

Abbiamo intervistato Marco Pancari, operation manager della filiale italiana dell’azienda che nasce nel 1986 in Belgio a Tessenderlo, nel cuore dell’attuale Bike Valley (dove ha sede anche Ridley e la sua galleria del vento). Bioracer ha sempre confermato la sua forza in diverse zone dell’Europa, ma la presenza in Italia si è palesata a spot. Eppure il know-how che mette sul piatto è di quelli importanti. Collaborazioni con team nazionali ed atleti (Ganna ad esempio, coinvolto nello sviluppo del body che lo ha portato al record dell’Ora, all’epoca Bioracer era partner del Team Ineos-Grenadiers) che hanno fatto incetta di risultati in ogni angolo del globo. Ampia offerta di capi tecnici custom mutuati direttamente dalle linee sviluppate per i professionisti. Entriamo nel dettaglio dell’intervista.

Marco Pancari durante l’IBF di Misano
Marco Pancari durante l’IBF di Misano
Finalmente Bioracer sbarca ufficialmente anche in Italia. Perché solo ora?

Bioracer ha sempre avuto una forte presenza in Europa, ma abbiamo voluto aspettare il momento giusto per entrare nel mercato italiano con una struttura solida e una strategia chiara. L’Italia è un paese chiave per il ciclismo e ora siamo pronti a offrire un’esperienza diretta, personalizzata e all’altezza delle aspettative dei ciclisti, ma anche dei dealer italiani.

Tutto nasce da qui, dalla valutazione biomeccanica, la passione di Raymond Vanstraelen (foto Bioracer)
Tutto nasce da qui, dalla valutazione biomeccanica, la passione di Raymond Vanstraelen (foto Bioracer)
La filiale italiana avrà una sua autonomia, oppure dipenderà dal Belgio?

La filiale italiana opererà con un alto grado di autonomia, pur mantenendo un forte legame strategico con la sede centrale in Belgio. Questo ci permette di adattarci alle specificità del mercato italiano, mantenendo al contempo la coerenza, la qualità e l’innovazione che contraddistinguono il brand Bioracer.

Vi siete posti degli obiettivi e avete tracciato un percorso di crescita?

Assolutamente sì. Il nostro obiettivo è diventare il punto di riferimento per l’abbigliamento tecnico da ciclismo in Italia, sia per i team che per gli appassionati. Abbiamo un piano di crescita che include lo sviluppo della rete commerciale, l’apertura di showroom locali su tutto il territorio italiano e il rafforzamento delle collaborazioni con atleti e squadre locali.

La galleria del vento che ha sede nella Bike Valley (foto Bioracer)
La galleria del vento che ha sede nella Bike Valley (foto Bioracer)
Cosa rappresenta Bioracer per la categoria dei capi tecnici dedicati al ciclismo? Customizzato incluso?

Bioracer è sinonimo di performance, innovazione e personalizzazione da oltre 40 anni. I nostri capi tecnici sono progettati per ottimizzare l’aerodinamica, il comfort e la resa dell’atleta. Il servizio custom è uno dei nostri punti di forza. Offriamo soluzioni su misura che uniscono tecnologia e identità visiva, ideali per team e brand che vogliono distinguersi.

PROTOLab, orgoglio dell’azienda per ricerca e sviluppo (foto Bioracer)
PROTOLab, orgoglio dell’azienda per ricerca e sviluppo (foto Bioracer)
Tecnologia e capi d’abbigliamento, aerodinamica. Bioracer può essere e restare un riferimento?

Sì e lo dimostriamo ogni giorno investendo in ricerca e sviluppo. Collaboriamo con ingegneri, biomeccanici e atleti per creare capi che migliorano le prestazioni. Il nostro PROTOLab in Belgio è tra i più avanzati in Europa. Continueremo a innovare per mantenere la leadership nel settore. Possiamo contare sull’accesso diretto all’Areo Performance Lab, l’innovativa galleria del vento presente nella Bike Valley.

Ganna, Bioracer e lo storico record dell’Ora
Ganna, Bioracer e lo storico record dell’Ora
L’azienda è da sempre legata ad alcuni team nazionali, è sbarcata nel WorldTour al fianco di Ineos, qual è la situazione attuale e quale sarà la strategia futura?

Le collaborazioni con i team evolvono in base a strategie e obiettivi condivisi. Attualmente Bioracer è fornitore del team francese Total Energies Pro Cycling. La partnership con Ineos Grenadiers è stata un capitolo importante che ha rafforzato la nostra visibilità a livello globale. Insieme a Belgian Cycling, abbiamo portato queste esperienze in nuove collaborazioni con altri team professionistici e nazionali quali il German Cycling, che si allineano perfettamente con la nostra visione futura.

Vi ricordate Prodhomme? Dopo il Giro non smette di vincere…

24.09.2025
6 min
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Molti l’hanno scoperto a Champoluc, quando ha messo in fila anche i grandi protagonisti del Giro d’Italia Del Toro e Carapaz (l’ammazzasette Yates era ancora di là da venire…) ma Nicolas Prodhomme è molto di più. Vincitore per ben sei volte quest’anno ha dato un corposo numero di punti alla Decathlon AG2R, al punto che molti addetti ai lavori transalpini si sono sorpresi della sua mancata convocazione per i mondiali. Percorso ruandese a lui poco incline, ma la maglia transalpina per gli europei del 5 ottobre è già stata recapitata a casa…

Il corridore di L’Aigle è alla Decathlon AG2R dal 2021 ed è già confermato per il prossimo anno
Il corridore di L’Aigle è alla Decathlon AG2R dal 2021 ed è già confermato per il prossimo anno

E’ il caso di andare più a fondo nella conoscenza di una delle rivelazioni di quest’anno del movimentato ciclismo francese, ancora alla ricerca del fenomeno ma popolato di molti corridori vincenti e in fin dei conti anche quelli fanno la differenza come abbiamo imparato bene negli ultimi anni. Reduce dal Giro del Lussemburgo senza particolari squilli ma comunque con un’altra Top 10 portata a casa, il ventottenne di L’Aigle si è presta volentieri a una chiacchierata tra presente e futuro.

Quest’anno hai vinto 6 volte: che cosa è cambiato rispetto al passato?

Beh, il cambiamento ha riguardato molto la fiducia in se stessi. Vincere la prima gara, la tappa finale del Tour of the Alps con Seixas ad accompagnarmi nella fuga ha significato molto. Poi chiaramente c’è stato il tappone del Giro con 5.000 metri di dislivello. Una frazione di vera montagna, vincendo lì ho capito di aver raggiunto un’altra dimensione.

Prodhomme insieme a Seixas, autori della fuga vincente nella tappa finale del Tour of the Alps
Prodhomme insieme a Seixas, autori della fuga vincente nella tappa finale del Tour of the Alps
Pensi che sia stata la vittoria più importante della tua carriera?

Senza alcun dubbio. E’ l’unica del World Tour, l’unica in un grande giro, ma soprattutto è quella in cui ho trascorso più tempo da solo in testa. E’ stata la più dura e per questo la più bella, intrisa di emozioni lungo tutta quella interminabile giornata.

Sei arrivato a questi risultati a 28 anni: in questo ciclismo che premia i giovanissimi, i team danno ancora il tempo di maturare ai corridori?

Sì, io ne sono la dimostrazione. E devo dire grazie al team, alla sua gestione. E’ vero che molti giovani hanno molte più opportunità di chi ha più esperienza, non è come quando ho iniziato. Ma io ho colto la mia occasione ogni volta e non me la sono lasciata sfuggire, quindi è questo che mi permette di cambiare il mio status. E’ vero che spesso sono i giovani a raggiungere questo status più facilmente, ma alla fine quel che contano sono i risultati, più vinci e più cresci nella considerazione generale. Ci ho messo un po’, ma posso dire di avercela fatta…

Il giorno più bello nella sua carriera: la lunga fuga al Giro d’Italia culminata con il trionfo di Champoluc
Il giorno più bello nella sua carriera: la lunga fuga al Giro d’Italia culminata con il trionfo di Champoluc
Hai portato tantissimi punti alla Decathlon: qual è l’atmosfera in squadra, siete soddisfatti di come sta andando quest’anno o si poteva fare di più?

E’ vero che l’anno scorso abbiamo fatto una stagione con 30 vittorie, ora siamo a 24, ma siamo in tanti ad aver contribuito. Dopo la stagione scorsa, molti pensavano che non saremmo riusciti a ripeterci. Invece stiamo ottenendo quasi lo stesso numero di vittorie del 2024, che è stato eccezionale. Quindi l’atmosfera è ottima e lo slancio è ancora buono, perché non ci sentiamo appagati, tutt’altro.

La vostra squadra vuole proteggere i nuovi nomi come Bisiaux e Seixas per farli crescere con calma: com’è il tuo rapporto con loro e dove pensi che potranno arrivare?

Abbiamo una grande differenza d’età con questi ragazzi – riconosce Prodhomme – ma Léo e Paul sono già molto maturi e professionali nel loro approccio al nostro mondo. Alla fine il rapporto con loro è stato naturale e buono, e quindi non sentiamo particolarmente questa differenza d’età. Questo è fantastico, aiuta noi e loro, ci permette di essere in sintonia fuori dalle gare e conseguentemente anche in corsa.

Il ventottenne, pur lavorando molto per il team, ha colto ben 6 vittorie quest’anno, ultima alla Polynormande
Il ventottenne, pur lavorando molto per il team, ha colto ben 6 vittorie quest’anno, ultima alla Polynormande
Ma rispetto alla tua esperienza, quanto pensi che possano vincere in futuro?

Difficile dirlo, certamente anche loro hanno bisogno di crescere. Quando sono alla partenza delle gare con loro, cerco di guidarli al meglio delle mie possibilità. Ad esempio al Tour of the Alps dove c’era Paul insieme a me, eravamo entrambi in fuga: tendeva a essere troppo generoso, non dovevamo dimostrare di essere i più forti. Credo sia positivo avere un ragazzo esperto in squadra che possa dirlo direttamente e non avere il diesse che arriva in ritardo con la TV o altro. Penso che l’esperienza diretta, il colloquio sia sempre preferibile, anche se hai le cuffie e tutto il resto. In bici, è positivo avere sempre qualcuno che faccia da capitano.

Che tipo di corridore pensi di essere?

Beh, sono più uno scalatore, non uno scalatore puro. Non mi reputo un leader, ma uno a cui piace ancora fare delle fughe. Magari mi spremo all’inverosimile per una Top 20, ma sto anche aiutando i ragazzi quando necessario e questo l’abbiamo già visto diverse volte in gara. Non mi tiro indietro quando devo aiutare a lanciare sprint in piccoli gruppi o in altre situazioni. Io dico sempre che mi piace giocare per vincere, che sia io, la squadra o un amico.

Quest’anno Prodhomme ha colto 6 vittorie e 10 Top 10, emergendo anche nelle corse a tappe (15° al Giro)
Quest’anno Prodhomme ha colto 6 vittorie e 10 Top 10, emergendo anche nelle corse a tappe (15° al Giro)
L’anno prossimo, avrete Félix Gall e il nuovo arrivato Matthew Riccitello nella vostra squadra. Cambia con questo la fisionomia della squadra, si punterà maggiormente alla classifica dei grandi giri?

Per ora è difficile dirlo, il ciclomercato è ancora in corso e vedo che a fronte dell’arrivo dell’americano ci sono scalatori che lasciano il team. Bisognerà capire se avremo più scalatori che tuttofare rispetto a quest’anno, ma ogni corridore si sta concentrando un po’ di più sul proprio ambito. Per me, è sempre una squadra orientata anche allo sprint, che punterà a far bene nelle corse a tappe ma senza costruire un roster che si dedica solo a quelle.

L’ultima domanda: dopo i tuoi progressi, c’è una gara in particolare che sogni di vincere?

Mai fare questa domanda a un francese, la risposta è sempre la stessa: il Tour de France, ovviamente…

L’europeo dell’altro Mads, cronoman convertito al gravel

24.09.2025
4 min
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AVEZZANO – Dei campionati europei gravel e della vittoria di Erica Magnaldi abbiamo detto già domenica e ieri ne abbiamo riparlato con il cittì Pontoni. Qualche parola di approfondimento merita però anche Mads Wurz Schmidt, l’atleta che ha conquistato il titolo elite, nella gara che ha visto a lungo Gaffuri fra i protagonisti e poi finire al quinto posto.

Non c’è solo Pedersen: il nome Mads evidentemente ben si sposa ai ciclisti che vanno forte. Il danese, che è stato professionista dal 2017 al 2024, vivendo il passaggio della licenza e degli uomini dalla Katusha alla Israel-Premiertech, ha un palmares di tutto rispetto. Una tappa alla Tirreno-Adriatico e prima il doppio mondiale a crono: da junior nel 2011 a Copenhagen e poi da U23 nel 2015 a Richmond. Un metro e 76 per 70 chili, quando non ha più trovato posto su strada, si è convertito al gravel. E la sua azione di Avezzano, con due giri da solo, ha messo in risalto le doti che fecero di lui un grande talento contro il tempo. Quest’anno ha già vinto quattro tappe della UCI World Series cui ha aggiunto anche The Traka 200, gara spagnola di immenso fascino.

Lo abbiamo incontrato dopo l’arrivo degli europei. Dopo aver sollevato la bici al cielo, se ne stava fermo sul lato dell’arrivo guardando un punto fisso all’infinito. Aspettando forse qualche compagno di squadra o semplicemente mettendo in ordine i pensieri.

Si può dire che sia stata come una lunga cronometro?

Sì, volevo aspettare un po’, ma Gaffuri stava tenendo un ritmo sostenuto. Per un po’ l’ho seguito e poi in un tratto di discesa ho attaccato. Su questo percorso si faceva più velocità andando da soli. E’ dura, ma se hai le gambe vai meglio da solo. Così ho deciso di provarci e  per fortuna sono stato abbastanza forte da tenere il ritmo alto.

Hai trovato un percorso che ti si addiceva?

Era un percorso perfetto per me. La salita era dura, ma ho avuto abbastanza potenza per fare ugualmente velocità. Mi si addiceva molto. Le discese erano tecniche e io non sono il corridore con la tecnica migliore, ma non sono nemmeno il peggiore. Quindi si trattava di sopravvivere e continuare a spingere per tutto il giorno. Sapevo dalle gare precedenti che quando attacco da solo, posso tenere il passo e resistere fino alla fine. Quindi sono partito, ho dovuto credere in me stesso e sono felice che abbia funzionato.

Hai vinto gare importanti su strada quando eri più giovane. Cosa significa questa vittoria oggi?

E’ importante. Sono super orgoglioso di me stesso, vincere questo campionato europeo significa molto ed essere stato campione europeo sarà qualcosa che varrà la pena ricordare. Come vincere The Traka e fare bene nella Unbound, è difficile da descrivere a parole. Sono davvero orgoglioso del percorso che sto seguendo da inizio luglio.

Il mondiale di ottobre è uno dei prossimi obiettivi.

Certamente. Ho lavorato duramente per essere al top della forma in questo momento, con il supporto della mia squadra, della mia famiglia e del mio allenatore. E’ stato un percorso molto bello e sono felice di poter ripagare loro e me stesso con un buon risultato.

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La UAE e le 86 vittorie. Con Gianetti nei retroscena del record

24.09.2025
6 min
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Era il 21 settembre, per molti un giorno non troppo felice in quanto segna la fine dell’estate, ma non era così per la UAE Emirates. Al Tour de Luxembourg Brandon McNulty faceva la storia. Vinceva la classifica generale e regalava alla sua squadra l’ottantaseiesima vittoria stagionale: un record assoluto. E lo faceva mentre tutti i componenti della UAE erano davanti al televisore, con il telefono in mano pronti a far partire il messaggio di gioia tanto atteso.

A raccontarci questo record delle 86 vittorie è il patron della UAE Emirates, Mauro Gianetti, team manager e CEO della formazione emiratina. La sua squadra ha superato il limite delle 85 vittorie stagionali che siglò la Team Columbia-HTC nel 2009. In quell’anno il solo Mark Cavendish ne portò 25, altre 20 André Greipel e 14 Edvald Boasson Hagen. Con tre corridori 59 successi. In casa UAE il discorso è ben diverso, come vedremo, e parte da quella “fame” tanto ammirata anche da Moreno Moser pochi giorni fa.

Mauro, prima di tutto complimenti, 86 vittorie! Sono davvero tante. Ve lo aspettavate?

Essendoci andati vicino lo scorso anno, quando ci fermammo a 81 successi, l’acquolina in bocca ci era venuta. Sapevamo che sarebbe stato complicato e che quel numero di vittorie sarebbe stato difficile da raggiungere perché spesso è legato alle squadre dei velocisti, degli sprinter, coloro che raccolgono più successi. Prendiamo la Soudal Quick-Step che con Merlier ne ha raccolte oltre 10 da solo e lo stesso la Visma-Lease a Bike con Kooij e Brennan. Noi di sprinter puro abbiamo solo Molano, e non sempre è schierato.

Avendo ben altro tipo di corridori, si fa più fatica a trovare spazio per lo sprint e tanto più a creare un treno dedicato.

La cosa bella è che, pur sapendo che era un numero gigantesco di vittorie da raggiungere, alla fine è stato un percorso condiviso da tutti. I corridori hanno sentito loro questo obiettivo e man mano che il traguardo si avvicinava erano sempre più partecipi. C’era la voglia. Ci siamo stimolati a vicenda. Il countdown è partito da lontano: «Dai ragazzi, ne mancano 15, 14…».

Insomma c’era consapevolezza…

Sì, il buon inizio di stagione ci ha messo subito sulla buona strada. Penso alle vittorie di Morgado, Del Toro, Ayuso, Narváez… Abbiamo iniziato a crederci davvero già nelle prime fasi dell’estate e devo ammettere poi che le sette tappe vinte alla Vuelta ci hanno fatto fare un bel salto. Vi dico che domenica scorsa, nella tappa finale dello Skoda Tour of Luxembourg, eravamo tutti davanti alla tv in attesa del successo di McNulty. Tutti ad aspettare questa vittoria numero 86, col telefono in mano per scrivere nella chat interna. E quando dico tutti intendo non solo i corridori, ma anche meccanici, allenatori, massaggiatori. Questo per me è stato, ed è, straordinario.

Gianetti con Pogacar. Tadej è il plurivittorioso stagionale con (sin qui) 16 successi. Seguono Del Toro con 13 e Almeida con 10
Gianetti con Pogacar. Tadej è il plurivittorioso stagionale con (sin qui) 16 successi. Seguono Del Toro con 13 e Almeida con 10
Chiaro che il Tour de France di Pogacar è la “ciliegiona” sulla torta, ma c’è una vittoria meno importante che ti ha colpito particolarmente?

Ogni vittoria ha la sua emozione e un suo valore. Come avete detto, il Tour ovviamente è stato importante e qualcosa di intenso. Però mi è piaciuta tantissimo la vittoria di Filippo Baroncini in Belgio, la vittoria di un ragazzo fortissimo che si è sempre messo a disposizione. Per di più è stata anche la sua prima vittoria in una corsa a tappe. Ero sinceramente felice per lui. Oppure mi viene in mente la tappa di Wellens al Tour o quella di Soler conquistata coi denti alla Vuelta. E quasi dimenticavo quelle di Del Toro al Giro d’Italia. Sono tutte vittorie durissime da raggiungere ma che rappresentano realisticamente la nostra squadra: un gruppo in cui tutti lavorano e hanno un obiettivo.

Cosa vuoi dire?

Da noi hanno alzato le braccia 20 corridori. E questo è un aspetto importante. Non solo, ma di questi atleti quasi tutti sono giovani, ragazzi che abbiamo cresciuto in casa o presi da giovanissimi. Togliamo Adam Yates, Politt e Wellens che sono arrivati da noi già ben formati, ma gli altri come Christen, Ayuso, McNulty… sono cresciuti con ambizioni di vittoria e di gruppo. Mi piace che abbiano preso questa identità. Vanno alle gare con serenità, con la voglia di poter vincere e non con l’ansia di dover vincere.

Gianetti ha espresso grande emozione per la vittoria di Baroncini al Baloise Belgium Tour
Gianetti ha espresso grande emozione per la vittoria di Baroncini al Baloise Belgium Tour
Mauro, nella UAE ci sono corridori fortissimi. Pogacar, giustamente, quando è in gara calamita l’attenzione e il lavoro. Ma magari, da parte dei tuoi ragazzi, c’è anche l’ambizione di mettersi in mostra quando hanno quelle poche possibilità personali? Pensiamo a Covi, per esempio, che come ha avuto l’occasione ha vinto o ci è andato vicino…

Covi è un ragazzo d’oro a cui sono affezionato e gli auguro il meglio anche ora che andrà via. Ha fatto altre scelte, ma sarò felice di vederlo vincere comunque. Io però farei il discorso contrario. Nel nostro gruppo la mentalità è che il collettivo è forte e il corridore stesso vuole sentirsi forte, vuole essere rassicurato dal suo gruppo e al tempo stesso essere consapevole che può vincere perché fa parte della UAE Emirates. Da noi chi vince ha un aiuto di altissimo livello, e lui stesso diventa di altissimo livello quando dà il proprio supporto. E credetemi quando dico che i nostri ragazzi sono amici. Ci tengo molto a questo spirito, perché secondo me fa la differenza.

Invece c’è una vittoria sfumata che ti è mancata?

Quando vai vicino a corse importanti ci ripensi un po’, ma è difficile vincere sempre. Penso alla Milano-Sanremo o alla Parigi-Roubaix di Pogacar, però parlare di dispiacere vero e proprio forse è troppo. Serve anche il rispetto verso chi quel giorno è stato più forte. Se poi riavvolgo il nastro della stagione non posso non citare il Giro d’Italia perso alla fine in due minuti. Perché è stato un momento: un blackout generale di 120 secondi. Due minuti in cui Simon Yates ne ha guadagnato uno.

Non solo gioie, in questo percorso c’è stata anche qualche sconfitta che ha bruciato, come quella del Giro, svanito in pochi attimi sul Finestre
Non solo gioie, in questo percorso c’è stata anche qualche sconfitta che ha bruciato, come quella del Giro, svanito in pochi attimi sul Finestre
Chiaro…

Mi è dispiaciuto per il ragazzo che aveva dimostrato di essere il più forte, di aver staccato sempre tutti in salita. Quel blackout ci è costato il Giro. Abbiamo analizzato, capito, fatto valutazioni. Avevamo dato un po’ troppo per scontato Yates che fino a lì si era sempre staccato, pensando solo a Carapaz, e in un attimo è finito tutto. Ma anche in questo caso bisogna dare atto alla Visma-Lease a Bike per come ha giocato le proprie carte. Sono stati bravissimi. Hanno studiato bene la situazione tattica. Noi invece dobbiamo imparare la lezione e andare avanti.

Un’ultima domanda, Mauro: è impossibile arrivare a 100 vittorie? Ci pensate sotto, sotto?

No, non esageriamo! Non è un traguardo che sia mai stato nominato né preso in considerazione. Per di più alla fine della stagione mancano poche gare. Quello però che possiamo fare è aggiungere qualche altra vittoria per rendere la vita più difficile a chi, prima o poi, batterà questo record. Ormai si va verso squadre sempre più specializzate e qualche formazione di sprinter potrà superarci. Noi cercheremo di rendergli la vita più complicata!

Nicolò Buratti, Team Bahrain Victorious, Vuelta 2025

Buratti e il primo Grande Giro: una Vuelta movimentata

23.09.2025
5 min
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Nicolò Buratti si è messo alle spalle il suo primo Grande Giro: La Vuelta, tre settimane di corsa intense che sono partite in Italia per arrivare fino alle porte di Madrid. Le manifestazioni ProPal hanno costretto l’organizzazione a cancellare la tappa conclusiva e a rimodellare altre due frazioni, quella di Bilbao e quella di Mos. Castro de Herville

Una Vuelta movimentata anche per quello che ha detto la strada, visto che la Bahrain Victorious ha visto il ritiro di Damiano Caruso avvenuto ancora prima della partenza da Torino. Mentre qualche giorno dopo è stato il capitano Antonio Tiberi ad alzare bandiera bianca uscendo di classifica. Ma non ci sono state solo note negative. Infatti Torstein Traen ha tenuto la maglia rossa per tre giorni, ceduta poi a Jonas Vingegaard. Il norvegese è riuscito a conquistare poi un top 10 finale.

«Per essere il mio primo Grande Giro – racconta Buratti – sono felice, sia per me che per l’ambiente in squadra. L’avventura non era iniziata nel migliore dei modi vista la caduta di Caruso che lo ha costretto a non partire. Quando Tiberi è andato in difficoltà non è stato semplice, per fortuna c’è stata la buona notizia di Traen che ha portato la maglia rossa. In questo ciclismo, se non corri nel UAE Team Emirates o alla Visma, non capita spesso di avere il capitano in maglia di leader».

Tante emozioni in tre settimane…

E’ stato un primo Grande Giro intenso ma che mi è piaciuto molto, è stato parecchio lungo e me ne sono accorto nei giorni in cui stavamo per arrivare a Madrid. A un certo punto mi sono fermato a pensare alla tappa di Torino e mi sembrava lontanissima nel tempo. Allo stesso modo sono settimane frenetiche che passano rapidamente, e questo anche grazie all’atmosfera positiva all’interno del team. 

Nonostante le difficoltà riscontrate con il ritiro di Caruso e le difficoltà di Tiberi?

Sì. Mi è dispiaciuto molto non avere Caruso al nostro fianco. Sarebbe stata una figura di riferimento per tutti, anche per me. E’ un corridore esperto che ha sempre la parola giusta per ogni momento. Inoltre eravamo partiti a lavorare insieme dal Pordoi. So la fatica che ha fatto, è un peccato quando tanti mesi di lavoro svaniscono così. Con Tiberi ho condiviso la stanza, l’ho visto tranquillo e concentrato. Era svanita la classifica ma è stato bravo a cambiare mentalità e correre per le ultime tappe andando in fuga.

Nicolò Buratti, Bahrain Vicotorious, Vuelta 2025
Dopo tre settimane di corsa Buratti ha avvertito un po’ di stanchezza
Nicolò Buratti, Bahrain Vicotorious, Vuelta 2025
Dopo tre settimane di corsa Buratti ha avvertito un po’ di stanchezza
Come ti sei trovato in questa nuova esperienza?

Sono uscito bene dalla Vuelta, già dai primi allenamenti fatti a casa ho capito di aver assorbito bene le fatiche di quelle tre settimane di gara. Il grande dubbio che avevo era su come avrei reagito dopo il primo giorno di riposo, una volta messo alle spalle sono andato avanti giorno per giorno. 

C’è stato un momento più difficile?

La seconda settimana è stata dura, con un percorso impegnativo e sei tappe davvero molto toste. La terza e ultima settimana di gara è andata via più tranquilla, sicuramente hanno aiutato l’umore e la mentalità, eravamo stanchi ma mi è sembrata quasi semplice gestirla. Sapevamo di essere alla fine.

Nicolò Buratti, Bahrain Vicotorious, Vuelta 2025
Buratti è uscito dalla Vuelta con una buona condizione che vuole sfruttare per questo finale di stagione
Nicolò Buratti, Bahrain Vicotorious, Vuelta 2025
Buratti è uscito dalla Vuelta con una buona condizione che vuole sfruttare per questo finale di stagione
Una tappa che ti è rimasta impressa? 

Quella dell’Angliru mi è rimasta nel cuore, non solo per aver scalato una salita storica del ciclismo ma anche per il calore del pubblico. C’era un calore e un’emozione unica, poi io non l’ho fatta con intenti di classifica, magari me la sono goduta di più.

Pubblico che ha avuto anche un ruolo con le numerose proteste ProPal…

Credo che questa Vuelta entrerà nella storia anche per questo aspetto. Sinceramente mi è dispiaciuto non arrivare fino a Madrid, dopo tante fatiche sarebbe stato un motivo di orgoglio e di coronare il tutto con quell’atmosfera che ti fa dire: «Ce l’ho fatta».

Vuelta Espana 2025, gruppo protesta Gernika Palestina (foto EFE)
Vuelta Espana 2025, gruppo protesta Gernika Palestina (foto EFE)
Com’è stato viverlo dall’interno del gruppo? Ne avete parlato?

Ogni mattina non si capiva come sarebbe andata avanti la corsa, fino all’ultima tappa ogni giorno era un punto di domanda. Protestare è un diritto, chi era a bordo strada ha fatto quello che era nelle sue facoltà. L’unica cosa che mi sento di dire è che non deve andarci di mezzo la sicurezza dei corridori, in gruppo c’era la sensazione di dover restare sempre all’erta.

Ora in che modo concludi la stagione, con quali ambizioni?

Sto bene, sarò al via del Giro dell’Emilia, della Coppa Bernocchi, Tre Valli e Gran Piemonte. Sono motivato per fare bene, voglio fare del mio meglio. So che il percorso della Bernocchi e della Tre Valli di solito si sposa bene con le mie caratteristiche, vedremo. Mi farò trovare pronto.

Campionati europei gravel 2025, Avezzano, Mattia Gaffuri controlla l'inclinazione della sella

Gaffuri, l’emozione del debutto e il viaggio che continua

23.09.2025
4 min
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AVEZZANO – Un post su Instagram nella serata del 10 settembre. «Giro di Toscana – scrive Mattia Gaffuri – prima vera corsa fra i big, un’emozione pazzesca. 15esimo posto con una startlist di un livello che qualche mese fa potevo solo sognarmi o guardare in tv, in una giornata resa ancora più tosta dalla pioggia. Grazie Team Polti VisitMalta ❤️ e grazie a tutti per il tifo».

Gaffuri ha corso il campionato europeo gravel, chiudendo al quinto posto. Alla fine la sua chance di fare il professionista l’ha trovata grazie a Ivan Basso, che gli ha offerto una maglia e una bici per questo scorcio di stagione. Ha corso il GP Kranj, il Toscana e il Matteotti e ancora ne ha altre da fare. E non si è certo fatto pregare.

Le ha provate tutte, dai vari concorsi su Zwift all’acclamazione popolare, e ha diviso la platea. Da una parte i detrattori delle nuove vie di accesso al professionismo, dall’altra i possibilisti: quelli che partendo dall’esperienza di Vine e Vergallito si sono chiesti a lungo perché non potesse provare anche Gaffuri. Sembrava strano che un atleta capace di andare così forte non interessasse ad alcun team. Nel frattempo Mattia ha continuato a occuparsi di allenamento per sé e per gli altri. E alla fine, complice la grande prestazione ai campionati italiani e la necessità di punti, il Team Polti gli ha dato la chance che cercava.

Trofeo Maatteotti 2025, Mattia Gaffuri pedala in salita
Il debutto tra i professionisti glielo ha offerto il Team Polti Visit Malta. Qui Gaffuri in azione al Matteotti
Trofeo Maatteotti 2025, Mattia Gaffuri pedala in salita
Il debutto tra i professionisti glielo ha offerto il Team Polti Visit Malta. Qui Gaffuri in azione al Matteotti
Partiamo da quel post…

Sicuramente è stata un’emozione forte. Non voglio vederlo come un punto d’arrivo, più come un punto di partenza. Il mio obiettivo è cercare di fare bene anche di là. Sicuramente ci saranno un po’ di step da fare, però nelle prime gare ho visto che ho un buon livello. Quando si fa la corsa, riesco a stare davanti e questa è la cosa più importante, poi ci vorrà un po’ di esperienza.

Quanto è stata faticosa questa tua rincorsa al professionismo?

Era quasi più la gente, i miei tifosi e più in generale il pubblico del ciclismo, che pensava che avessi questo sogno, cioè l’obiettivo finale di passare professionista. In realtà per me è sempre stato cercare di migliorare e di fare il massimo possibile a tutti i livelli in cui ho corso. Alla fine è arrivata un po’ da sé, nel senso che quest’anno come Swatt Club abbiamo corso finalmente a livello UCI e quindi sono riuscito ad avere questa opportunità. Ora cercherò di mantenere la stessa traiettoria.

All’europeo gravel corso domenica ad Avezzano, il quinto posto finale è parso una beffa
Trofeo Maatteotti 2025, Mattia Gaffuri pedala in salita
All’europeo gravel corso domenica ad Avezzano, il quinto posto finale è parso una beffa
Il campionato italiano vinto da Conca e il tuo quinto posto possono aver influito?

Sì, anche mentalmente quel risultato è stato una bella svolta. Finalmente abbiamo visto che potevamo dire la nostra in un gruppo di professionisti e anche dall’esterno ci siamo guadagnati un po’ di rispetto. Nelle gare successive ci hanno accolto diversamente.

Di Gaffuri si dice che sia anche un ottimo preparatore. Come convivono le due figure?

Direi che è complicato, ma si impara tanto, sia a livello professionale da preparatore sia come atleta. Sei sempre in connessione con quello che senti. A volte è un po’ stressante, ma anche molto formativo.

Hai vinto l’italiano gravel, ma ora si apre la porta della strada. Che cosa ha rappresentato per te questa specialità?

Direi che per me è stata fondamentale. All’inizio era nata come piano B, poi però è stato fondamentale per migliorare a livello tecnico. Quindi vorrei mantenerla il più possibile e integrare le due cose. Il gravel e la strada. Chiaramente se l’anno prossimo dovessi fare un’attività da professionista, non ci sarebbe molto spazio per le gare gravel. Però è una cosa che in futuro vorrei tenere, anche perché è un mondo che ha più margini di crescita rispetto alla strada che vive nella sua bolla.

Campionati europei gravel 2025, Avezzano, Mattia Gaffuri posa con dei tifosi per una fotografia
Lo Swatt Club ha ormai grande popolarità e Gaffuri ne è la bandiera. Diversi tifosi gli hanno chiesto di fare una foto
Campionati europei gravel 2025, Avezzano, Mattia Gaffuri posa con dei tifosi per una fotografia
Lo Swatt Club ha ormai grande popolarità e Gaffuri ne è la bandiera. Diversi tifosi gli hanno chiesto di fare una foto
Prossime gare?

Per ora so che andrò alla CRO Race a tappe, poi la Tre Valli Varesine e il Gran Piemonte.

Colpisce l’attenzione dei tifosi, anche in quest’angolo d’Abruzzo. Gli chiedono di fare la foto insieme e lo incitano a darci dentro. Anche i social avranno la loro parte, ma certo vederlo arrivare davanti è la conferma che hanno fatto bene a battersi per lui. Gaffuri ringrazia, non è uno sbruffone e davanti a tanto interesse è quasi in imbarazzo. Al di là delle fazioni e dei partiti che ha smosso, è semplicemente un corridore alle prime armi che vuole farsi strada e sa che il solo modo per riuscirsi è andare forte.