Bici, sella, abbigliamento e casco: la nuova vita di Elia Viviani

18.03.2025
6 min
Salva

Una piacevole chiacchierata con Elia Viviani. L’argomento principale è stato entrare nel dettaglio dei nuovi materiali che ha iniziato ad usare al Team Lotto. L’abbiamo ascoltato al rientro da un allenamento di oltre 4 ore, super disponibile come sempre e preparatissimo sulle dotazioni tecniche.

Dalle bici Orbea con la doppia scelta, tra versione Aero della Orca, passando per la versione sviluppata per gli scalatori. Dai caschi (ben tre versioni stradali a disposizione) ed occhiali, ai capi tecnici, fino ad arrivare alle DMT con i cavi (senza rotori Boa), una novità per Viviani.

Il debutto in Belgio al GP Criquielion con la nuova maglia (foto Team Lotto)
Il debutto in Belgio al GP Criquielion con la nuova maglia (foto Team Lotto)
Allenamento lungo oggi?

Quattro ore, poco più, sono rimasto asciutto, non ho preso pioggia, quindi una bella giornata produttiva e con un clima tutto sommato buono.

Sei ancora in fase di adattamento con i nuovi materiali, oppure sei a regime al 100 per cento?

Devo affinare ancora qualche dettaglio, ma sono a buon punto. Non è stato un passaggio normale il mio, accelerato e veloce. Non ho avuto i ritiri invernali classici dove si prende confidenza con i materiali un po’ alla volta, quasi obbligato a velocizzare l’assestamento generale.

Orbea Orca Aero la prima scelta di Viviani (foto Team Lotto)
Orbea Orca Aero la prima scelta di Viviani (foto Team Lotto)
Il Viviani che non lascia nulla al caso che approccio ha utilizzato?

Due giorni dopo l’ufficialità dell’ingaggio al Team Lotto sono partito per il Belgio e ho fatto una full immersion al service course della squadra. A tutta con i meccanici per scegliere e analizzare le caratteristiche dei materiali, non solo la bici. Buona parte delle ore passate sono state investite per fare le misure.

Hai avuto difficoltà, o hai delle difficoltà di adattamento?

Nessuna difficoltà, ma onestamente mi ritengo anche fortunato. Bici a parte avevo usato in passato caschi e occhiali Ekoi in Cofidis, vestiario Vermarc alla Quick-Step. Una prima volta sulle bici Orbea, ma in Cofidis avevo usato Selle Italia, quindi partivo con un piccolo vantaggio nella scelta della sella e poi tutto l’impianto Shimano usato sulle Pinarello in Ineos.

In maglia Ineos e con bici bici Pinarello
In maglia Ineos e con bici bici Pinarello
Sei riuscito a sfruttare delle sovrapposizioni in fatto di misure?

Sì, perché Orbea e Pinarello pur essendo bici molto differenti, nella taglia a me più congeniale hanno il medesimo orizzontale. I punti di contatto principali combaciavano con la bici precedente, piccoli aggiustamenti, normali in una situazione del genere.

Hai sfruttato qualche giornata di training intenso per forzare l’adattamento?

Quattro giorni di super allenamenti dove mi sono posto degli obiettivi per settare la bici al meglio. Rispetto all’anno passato ho variato di mezzo centimetro l’arretramento della sella (da Prologo a Selle Italia SLR Boost-NDR) e l’inclinazione delle leve del manubrio (da Pinarello Most, all’integrato Vision Metron 5D Evo-NDR). Tutto gestibile.

Si torna ad usare anche la componentistica FSA/Vision (foto Photonews-Team Lotto))
Si torna ad usare anche la componentistica FSA/Vision (foto Photonews-Team Lotto))
Per la bici hai avuto delle opzioni di scelta?

Torno ad avere la doppia bici, una aero e una bici super leggera da scalatore. Taglia 53 Orbea per la Aero, 51 per la leggera. La versione normale della Orca devo ancora usarla e con tutta probabilità la terrò come terza bici da pedalare quasi ed esclusivamente per le frazioni di montagna, durante le corse a tappe. Diciamo pure che un corridore con le mie caratteristiche sente maggiormente sua una bici aerodinamica.

Il valore alla bilancia passa in secondo piano?

Non avendo l’obbligo di puntare agli arrivi in salita, ma cercando di fare bene negli sprint, l’obiettivo è avere una bici veloce, rapida e grintosa. Bici aero e ruote alte, il peso maggiorato di 400 grammi circa, poco più, poco meno, anche in base al setting, non è il primo fattore da considerare. L’Elia Viviani velocista preferisce la bici aerodinamica.

Con i nuovi materiali segui anche tu il trend delle pedivelle corte?

Preferisco mantenere le 172,5 come d’abitudine, 170 in pista. Ho cambiato i rapporti, perché avendo la guarnitura/power meter FSA ho l’opportunità di montare la combinazione 55-40. Sempre 11-34 posteriore perché non mi piace cambiare i pignoni e quando la strada sale riesco a sfruttare una maggiore agilità, rispetto ad una cassetta 11-30.

Per quanto le ruote?

Una parte della fase di adattamento che è in corso, come accennavo in precedenza. Il passaggio da Continental a Vittoria è importante, perché le differenze tra pneumatici ci sono, ovviamente le ruote, da Shimano ad Oquo. Ho fatto le prime corse con la sezione da 30, a casa mi alleno con le 28. La mia fase di studio e presa confidenza è in corso d’opera.

Ekoi per caschi ed occhiali, usati in epoca Cofidis (foto Team Lotto)
Ekoi per caschi ed occhiali, usati in epoca Cofidis (foto Team Lotto)
Rispetto agli standard hai apportato delle modifiche alle pressioni?

Con i tubeless in generale preferisco aumentare leggermente, rispetto alle indicazioni di base. Mi piace sentire di più la bici, la strada ed una immediatezza maggiore del binomio tubeless/ruote.

Torni su Vermarc ed Ekoi dopo qualche anno. Trovi differenze importanti?

L’abbigliamento è sempre una conferma ed una garanzia. Non è il marchio che azzarda delle soluzioni tecniche estreme, ma il comfort e l’ergonomia di ogni singolo capo fanno la differenza, soprattutto per noi che indossiamo i capi per tante ore ogni giorno. Credo che il 90% delle performance di un capo arrivano da qualità di confezionamento e cuciture ben fatte. Ekoi, rispetto al periodo Cofidis è cambiata molto nel settore caschi aero.

Le DMT con i cavi per Viviani (foto Team Lotto)
Le DMT con i cavi per Viviani (foto Team Lotto)
Sotto quale aspetto?

Soprattuto il nuovo modello Aerodinamica mi ha sorpreso in positivo. E’ leggero, non soffre i flussi d’aria ed è funzionale per le tappe miste. Credo che lo indosserò molto spesso perché mi piace anche il suo impatto estetico, al pari degli occhiali Magnetic, molto interessanti con la clip magnetica tra montatura e lente.

Elia Viviani con le DMT senza Boa?

Per ora, in modo da non gravare ulteriormente sulla fase di adattamento alla bici. Stavo usando da tempo le DMT con i cavi, l’ultima versione che non ha più le stringhe. Continuerò ad usarle visto che sono già abituato, ma una volta presa la giusta confidenza con tutto il resto, non escludo di tornare alla scarpa con i Boa.

Non cambierà nulla per i materiali della pista
Non cambierà nulla per i materiali della pista
Perché non usavi le stringhe?

Durante un allenamento e una gara regolo più volte la calzata della scarpa. La versione precedente con le stringhe non mi permetteva questo passaggio, i rotori Boa ovviamente sì, l’ultima versione della Pogi’s ha la calzata customizzabile anche quando si pedala.

Cambierai qualcosa anche in pista?

I materiali da usare in pista non cambieranno. In quel contesto tutto è legato agli sponsor della Federazione.

Il Giro in Toscana ed Emilia: la ricognizione di Caruso e Tiberi

18.03.2025
6 min
Salva

Le fatiche della Tirreno-Adriatico sono da poco alle spalle per gli atleti della Bahrain Victorious è stato un altro passo di avvicinamento al Giro d’Italia. Lo scontro tra Juan Ayuso e Antonio Tiberi ha dato un piccolo anticipo di quello che potremmo vedere sulle strade della Corsa Rosa. Lo scalatore laziale ha dato prova di solidità nella cronometro iniziale, mentre ha pagato dazio (se pur in maniera leggera) sull’unico arrivo in salita della Corsa dei Due Mari.

Ma i passi che lanciano la ricorsa alla lotta per la maglia rosa sono ancora lunghi e danno modo di pensare che Ayuso e Tiberi possano crescere ulteriormente. Una caratteristica che non può mancare nel preparare il Giro d’Italia è la cura dei dettagli. In questo Antonio Tiberi ha un’arma in più a suo vantaggio: l’esperienza di Damiano Caruso. I due hanno approfittato di questi ultimi giorni per visionare tre tappe: la nona, la decima e l’undicesima.

Antonio Tiberi e Damiano Caruso sulle strade senesi per visionare gli sterrati
Antonio Tiberi e Damiano Caruso sulle strade senesi per visionare gli sterrati

Le insidie senesi

Per la frazione numero nove, quella degli sterrati senesi, l’attenzione è andata verso i quasi trenta chilometri di strade bianche.

«Siamo stati a visionare due settori – racconta Caruso mentre in sottofondo la musica accompagna il trasferimento dopo l’arrivo di Pergola – quello che alla Strade Bianche è il numero sei (Pieve a Salti, ndr). Forse il più tecnico dei cinque che attraverseremo, con una salitella e due tornanti insidiosi in discesa. A mio avviso sarà un remake di ciò che abbiamo visto alla Strade Bianche, ci saranno grandi distacchi. Gli sterrati impegnativi, che sono in totale tre, arrivano tutti nella parte centrale della tappa. Le cadute saranno all’ordine del giorno».

Sarà importante trovare la giusta pressione delle gomme per pedalare sulle strade bianche e in maniera efficiente nei lunghi tratti asfaltati
Sarà importante trovare la giusta pressione delle gomme per pedalare sulle strade bianche e in maniera efficiente nei lunghi tratti asfaltati

Attenzione ai dettagli

I consigli riguardo a come affrontare gli sterrati senesi arrivano anche da chi la Strade Bianche l’ha corsa. Piccoli dettagli che possono fare la differenza in una gara che potrebbe decidersi sugli episodi.

«Pello Bilbao – continua Caruso – ci ha dato qualche informazione importante, ma lui è uno che la bici sa guidarla davvero bene. Quello su cui ci siamo concentrati Tiberi e io è trovare l’equilibrio sui dettagli tecnici. Penso adotteremo copertoni da 30 millimetri con pressioni non troppo basse, alla fine ci sarà tanto asfalto e serve trovare il compromesso ideale. La condizione degli sterrati sarà simile a quella che abbiamo trovato noi: secchi, polverosi e con poco grip. Vedrete sicuramente un bellissimo spettacolo, forse un pochino al limite per essere in una grande corsa a tappe. E’ giusto mettere le strade bianche, come al Tour si inserisce il pavé ma non si deve esagerare».

Tiberi e Caruso in Piazza dei Miracoli a Pisa, la cronometro Lucca-Pisa sarà la prima tappa dopo il giorno di riposo
Tiberi e Caruso in Piazza dei Miracoli a Pisa, la cronometro Lucca-Pisa sarà la prima tappa dopo il giorno di riposo

Riposo attivo

Al termine della nona tappa i corridori entreranno nel secondo giorno di riposo, dopo quello che arriva una volta rientrati dall’Albania.

«Avere una cronometro dopo il riposo – spiega Caruso – non è facile da gestire. Chi farà classifica dovrà gestire in maniera attiva la giornata di pausa. La partenza dal centro di Lucca è spettacolare ma insidiosa, con l’attraversamento di un tratto in basolato e tante curve. Successivamente la strada si apre e per una quindicina di chilometri ci sarà spazio per gli specialisti, lì chi ha gamba può tenere una media sui 55 o anche 58 chilometri orari. Appena si arriva nei pressi di Pisa torna una parte delicata con un altro passaggio dal centro storico fino all’arrivo in Piazza dei Miracoli. Sarà importante fare un giorno di riposo che permetta agli uomini di classifica di arrivare con il motore acceso».

L’arrivo della frazione che porterà i corridori da Gubbio a Siena sarà in Piazza del Campo
L’arrivo della frazione che porterà i corridori da Gubbio a Siena sarà in Piazza del Campo

Attenti alle imboscate

La terza e ultima frazione visionata da Tiberi e Caruso è stata quella che da Viareggio porta a Castelnovo ne’ Monti. 185 chilometri a due facce, una tranquilla e sorniona, l’altra agguerrita.

«Ci siamo concentrati sugli ultimi 120 chilometri – dice ancora Caruso – da quando inizia la salita di Alpe San Pellegrino. E’ una tappa che si presta al classico scenario da “corsa nella corsa”. La fuga avrà il terreno giusto per muoversi e anche gli uomini di classifica potranno muoversi. Se nei primi 60 chilometri la fuga avrà già preso forma avremo una scalata regolare, altrimenti i ritmi potrebbero alzarsi parecchio. La salita di Alpe San Pellegrino è impegnativa, ma lo è altrettanto la discesa e farsi cogliere impreparati vuol dire inseguire tutto il giorno. E’ una di quelle classiche tappe trabocchetto, se nella fuga entra un corridore non troppo distante dai primi potrebbe rientrare in classifica. Non è facile gestire queste situazioni, perché chiudere sui fuggitivi vuol dire spremere i compagni e su tre settimane di gara ogni goccia di energia conta».

Finale insidioso

Superata la principale asperità di giornata il gruppo punterà deciso verso la provincia di Reggio-Emilia, attraversando l’appennino tosco-emiliano.

«Una volta finita la discesa di Alpe San Pellegrino la strada torna subito a salire – conclude Caruso – con il GPM di Toano e Pietra di Bismantova. Salite di seconda categoria, brevi e ripide con pendenze a doppia cifra. Se dovesse arrivare anche il brutto tempo diventa una giornata in cui qualcuno si può fare male in termini di classifica. Negli ultimi cinque chilometri ci sono due strappetti tosti che era bene visionare. L’asfalto non è in condizioni ottimali, speriamo venga rifatto prima del Giro. In generale saranno tre giorni in cui tenere gli occhi aperti».

Obiettivo maglia rosa: la Tirreno rafforza le ambizioni di Ayuso

18.03.2025
6 min
Salva

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il tempo di ribadire che nella giornata di svago ad Ancona non avrebbe fatto null’altro che starsene a letto e semmai fare una breve passeggiata, poi Juan Ayuso ha lasciato la Tirreno-Adriatico con il sorriso appagato. Dopo il successo di Frontignano ha spiegato quanto sia difficile essere un corridore di vertice, dopo la vittoria finale (in apertura stringe il trofeo ricevuto da Stefano Allocchio) ha tracciato invece un primo bilancio con lo sguardo verso il Giro d’Italia.

Juan ha vinto, nessuno è parso in grado di mettere in discussione la sua vittoria, ma non ha schiacciato i rivali. La classifica corta ha reso necessario lottare su ogni traguardo senza dare mai nulla per scontato e grazie a questo la corsa è parsa molto interessante. Al punto da concedere una chance al miglior Ganna, che fino all’ultimo è rimasto in lotta per la maglia di ledaer.

Il duello Ayuso-Ganna si è risolto in montagna e solo in extremis. I due vengono entrambi dal Team Colpack
Il duello Ayuso-Ganna si è risolto in montagna e solo in extremis. I due vengono entrambi dal Team Colpack
Prima della Tirreno avevi detto che ci sarebbe stato spazio per crescere, credi di averlo fatto in questa settimana?

Molto, anche mentalmente, soprattutto con queste tappe di freddo e pioggia. Non mi era capitato tanto spesso di correre in condizioni simili. Una volta l’anno scorso, sempre qui alla Tirreno (la tappa di Gualdo Tadino, vinta da Bauhaus, ndr). Poi ricordo un giorno al Catalunya, con un meteo davvero difficile. Qui invece le condizioni sono state impegnative ogni giorno e sono certo che mi aiuteranno a migliorare, soprattutto in vista del Giro. Perché probabilmente a maggio ci saranno giornate come queste, cui devo abituarmi.

La tua tattica è stata piuttosto semplice: una grande crono e poi il tutto per tutto in salita. Hai temuto che potesse non riuscire?

Sì, certo. Ci sono stati momenti difficili, soprattutto per il freddo. Dopo la tappa di Colfiorito e i suoi 239 chilometri, ho pensato che non potesse andare peggio di così. Invece il giorno dopo, in discesa, faceva ancora più freddo. Per fortuna vedere che anche gli altri soffrivano mi ha aiutato a superare il momento di difficoltà. Come ho detto, anche questo è un percorso di apprendimento e quelli sono stati momenti delicati che sapevo di dover superare. Invece, parlando di gambe, mi sono sentito abbastanza bene per tutta la settimana. Sapevo che dovevo rimanere concentrato e aspettare la tappa di montagna.

Quanto è stato importante essere l’unico leader della squadra ed esserlo anche al Giro d’Italia?

Per me è sempre una questione di prestazioni e di essere il miglior corridore possibile. In questa squadra, ogni occasione che si presenta deve essere sfruttata al meglio, perché abbiamo tanti corridori che possono provare a vincere. L’anno scorso sono andato al Tour, ma è stato diverso. Nella sfida più grande della stagione, si doveva lavorare per un compagno di squadra e non sono abituato a farlo. Poi mi sono ritirato per il Covid ed è finita lì. Quando c’è Tadej, il migliore del mondo, dobbiamo correre per lui. Quest’anno però avrò anche io un grande obiettivo e mi piace molto sentire questo tipo di pressione.

Partenza del Tour 2024 da Firenze. Ayuso dovrà correre per Pogacar: un ruolo in cui non si troverà a suo agio
Partenza del Tour 2024 da Firenze. Ayuso dovrà correre per Pogacar: un ruolo in cui non si troverà a suo agio
In questi giorni è parso evidente l’ottimo rapporto che hai con Isaac Del Toro, sembra che siate anche buoni amici. Questo aiuta quando si è in corsa?

Issac mi aveva già aiutato molto in questa corsa l’anno scorso, poi non ci siamo più visti molto. Quest’anno, tranne Laigueglia, ho corso sempre con lui ed è stato di grande aiuto. Gli sono grato. Saremo insieme anche al Giro e credo che ci sosterremo a vicenda. Spero di ritrovarlo anche nella seconda parte di stagione, così anche io potrò aiutarlo a vincere.

Al Giro ci saranno altri rivali, il primo nome che salta agli occhi è Roglic. Preparando la corsa studierai i tuoi rivali oppure rimarrai concentrato unicamente su te stesso?

Da un lato, credo che ci si debba concentrare solo su se stessi, perché non si può controllare quello che fanno gli altri. Però devi anche conoscere i loro punti di forza e di debolezza per poterti adattare e cercare di batterli. Ho corso contro Roglic in tutte le condizioni atmosferiche, alla Vuelta e anche al Tour e mi ha sempre battuto (ride, ndr). Quindi, da questo punto di vista, la sfida non sarà a mio favore, ma spero di poterlo affrontare.

Un giornale spagnolo ha titolato: Ayuso, il Pogacar spagnolo. Ti piacciono certi accostamenti?

Da un lato è bello, perché dice che io sarei simile al miglior corridore della storia. D’altra parte però, non mi piace. Non perché soffra il confronto, perché hanno già parlato di me come del nuovo Indurain e del nuovo Contador. Semplicemente preferisco non essere paragonato a nessuno, perché tutti questi corridori sono stati migliori di me. Vorrei essere semplicemente me stesso, vincere le gare che devo vincere e perdere le gare che devo perdere. Sempre come Juan Ayuso. 

Le tappe di Colfiorito e Trasacco hanno messo a dura prova la sopportazione del freddo di Ayuso
Le tappe di Colfiorito e Trasacco hanno messo a dura prova la sopportazione del freddo di Ayuso
E’ vero, come ha detto il tuo diesse Guidi, che lo scorso inverno hai ragionato con la lungimiranza del vero leader?

Mi sono concentrato di più sul quadro generale, sul grande obiettivo: il Giro. Sto correndo poco. Ora andrò al Catalunya e poi basta. Forse si potrebbe pensare che abbia le gambe per andare ai Paesi Baschi e vincere, ma il Giro comanda su tutto. Per cui ora devo recuperare, dare tempo al mio corpo di assimilare gli sforzi e poi dedicarmi a un altro ritiro in altura per sistemare i dettagli. E’ stato l’inverno in cui ho lavorato di più, al punto che a gennaio ero già al peso forma, che ho sempre raggiunto un paio di mesi più avanti.

Hai già provato qualche tappa del Giro?

La tappa di Siena, quella delle strade bianche, che per noi corridori di classifica sarà cruciale e anche pericolosa. Poi ho visto la cronometro di Pisa, che è molto lunga e sicuramente farà delle grandi differenze. Penso che non ne vedrò altre, anche perché le montagne al momento sono ancora piene di neve.

Dopo Frontignano hai parlato della grande attenzione all’alimentazione: è davvero così estrema?

Si deve controllare tutto, vietato prendere cibo da asporto, ad esempio, perché non possiamo sapere come sia preparato. Credo che quando finirò il Giro, me ne starò per un po’ di tempo senza stress, mangiando cose normali. Ma per il resto non è così difficile, ci sono abituato. Non si tratta solo di riso bianco e uova. Gli chef del team fanno ricette molto buone e rendono tutto molto meno pesante.

Il giovane Del Toro è stato decisivo nella tappa di montagna e sarà con Ayuso anche al Giro
Il giovane Del Toro è stato decisivo nella tappa di montagna e sarà con Ayuso anche al Giro
Ti senti parte del gruppo importante, di quelli che vengono guardati con più rispetto?

Quando hai più gambe, tutto viene più facilmente. In gruppo facciamo tutti lo stesso lavoro, siamo su una bici e cerchiamo di ottenere i migliori risultati possibili. Anche se sanno che sei un corridore molto forte, nessuno ti regala niente e per questo devi lavorare sodo. Quindi per un verso non cambia molto, ma se alla fine della salita ho un po’ più di potenza per fare la differenza, allora le cose sono davvero differenti.

Casasola, la sosta può attendere. Sanremo, poi rotta sulle Ardenne

17.03.2025
5 min
Salva

Per chi arriva dal ciclocross, la stagione su strada è una normale prosecuzione di quella invernale. Una volta terminate le scorribande nel fango, Sara Casasola è passata al… gravel della Strade Bianche Women per il suo esordio con la Fenix-Deceuninck. E ieri è stata protagonista in fuga per più di sessanta chilometri al Trofeo Binda vinto da Balsamo.

«Ieri è andata bene – analizza Casasola con la tipica calma del mattino successivo – il mio compito era quello di andare in fuga e sono riuscita a farlo sulla prima salita del primo passaggio del circuito di Cittiglio. Significa che stavo bene di gambe. Siamo state fuori per metà gara poi ci hanno ripreso a due giri dal termine. A quel punto sono un po’ crollata perché ancora mi manca il finale di gara. Attualmente fino alle tre, tre ore e mezza di corsa sono ancora reattiva, poi mi si spegne la luce. Complessivamente sono molto soddisfatta della mia prestazione perché le mie compagne d’avventura erano tutte molto forti e il ritmo è sempre stato alto».

Nel mezzo, tra Siena e Cittiglio, la 25enne friulana aveva disputato anche il Trofeo Oro in Euro chiudendo davanti, sintomo di una condizione buona e comunque finora ben gestita. Adesso però c’è una primavera che la attende ed è proprio Casasola che ci racconta quali sono i suoi programmi prima di tirare il fiato con calma ed impostare la seconda parte.

Sara com’era andato l’avvicinamento alla Strade Bianche dopo una bella ed intensa stagione nel cross?

Il 16 febbraio ho fatto la mia ultima gara in Belgio (chiusa con la vittoria, ndr) e di comune accordo con la squadra ho fatto quattro giorni totalmente senza bici. Mi sono serviti fisicamente, ma anche tanto mentalmente per ricaricarmi. Dopodiché ho iniziato a fare tante ore di fondo, sapendo tuttavia che la mia autonomia in gara sarebbe stata ancora limitata. Infatti a Siena per due ore e mezza sono andata bene, svolgendo soprattutto i lavori per Kastelijn e Pieterse (rispettivamente sesta e settima al traguardo, ndr). Sia i miei diesse che io sapevamo che nel finale sarei calata. Una gara del genere non la puoi improvvisare, però l’ho comunque preparata e corsa con tanta motivazione.

Viste le tue doti nel fuoristrada, aver esordito alla Strade Bianche è stato più semplice del previsto?

Posso dire sicuramente che saper guidare la bici e sapere come muovermi in certe condizioni mi ha aiutato tanto ad evitare cadute nei tratti sterrati, nei quali riuscivo a recuperare posizioni. Poi certo, quando ti trovi a fare Le Tolfe a blocco, quella è un’altra cosa (sorride, ndr). Nel secondo passaggio sentivo che mancava un po’ di potenza. Tutto sommato sono contenta perché il giorno dopo a Montignoso, seppure il percorso fosse meno esigente ma con un buon livello di partenti, sono andata bene. Insomma, ho tutto il tempo per entrare in forma.

Dopo una bella stagione nel cross, Casasola ha esordito con la Fenix-Deceuninck sugli sterrati della Strade Bianche
Dopo una bella stagione nel cross, Casasola ha esordito con la Fenix-Deceuninck sugli sterrati della Strade Bianche
Il tuo calendario cosa prevede nelle prossime settimane?

Correrò la Milano-Sanremo Women poi andrò in ritiro con la squadra a Benicasim per quasi un mese a preparare le Ardenne. Dovrei rientrare il 18 aprile con la Freccia del Brabante e sulla carta dovrei correre anche Amstel, Freccia Vallone e Liegi. Il programma indicativamente è questo, ma vedremo solo più avanti.

Dopo le Ardenne per Sara Casasola ci sarà la tanto sospirata sosta per recuperare?

Sì, certo. Abbiamo previsto 10-15 giorni di pausa totale senza bici. L’idea è questa, perché abbiamo il tempo necessario per riprendere i lavori in vista del Giro d’Italia Women. In quella occasione, essendo il mio primo anno in un team WorldTour come la Fenix-Deceuninck, spero di essere di aiuto alle compagne che punteranno alla generale. Per quello che mi riguarda invece, mi piacerebbe provare a giocare le mie carte in alcune tappe.

Nell’ultima annata ti abbiamo vista più asciugata fisicamente e sei entrata in una nuova dimensione anche su strada. Pensavi di aver perso il treno giusto?

Per come va il ciclismo in generale, un corridore della mia età può essere considerato… non più giovane, per non dire vecchio (sorride, ndr). Anche nel ciclismo femminile c’è questa tendenza, però è anche vero che ci sono più occasioni per entrare in un team di alto livello. A me è capitata questa possibilità e tutto sta andando di conseguenza.

Cosa intendi?

Le motivazioni aumentano in base ai risultati o alle prestazioni e viceversa. Ora posso fare la vita da pro’ e mi sento sicuramente più serena. Probabilmente sono calata di peso proprio per questo motivo, senza dover fare diete drastiche. Lavorare con la mente più libera da certi pensieri ti aiuta a performare meglio. Bisogna avere pazienza e fiducia perché poi le cose arrivano.

Ferrand-Prevot e quella consapevolezza che dà ancora più forza

17.03.2025
4 min
Salva

La vittoria di Elisa Balsamo al Trofeo Binda ci lancia definitivamente verso la settimana della Milano-Sanremo Women. Una classica che, pur essendo alla sua prima edizione, fa gola a molte campionesse, tra cui Pauline Ferrand-Prevot. La grande ex biker è tornata alla strada dopo tanti anni ed è già a un ottimo livello.

La francese della Visma-Lease a Bike è tornata alla strada per puntare a essere ancora una grandissima. Pauline è una ragazza che ama le sfide… e se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo dire che qualche speranza ce l’ha eccome.

Ferrand-Prevot (classe 1992) è tornata su strada dopo aver disputato l’ultima stagione intera nel 2018
Pauline Ferrand-Prevot (classe 1992) è tornata su strada dopo aver disputato l’ultima stagione intera nel 2018

Che ritorno

Alla Strade Bianche è arrivata terza. Era il quinto giorno di corsa, dopo l’ultima apparizione internazionale, che risaliva al 2018 (mondiale di Zurigo escluso). Aveva preso parte a qualche campionato nazionale, ma così… “tanto per”, come si suol dire.

In Piazza del Campo, dopo la gara, il suo sorriso anticipava le sue parole. «Mi sento davvero bene – ha detto Pauline – e sono contenta. Ho visto che Anna Van der Breggen e Demi Vollering erano troppo lontane e così mi sono concentrata sul podio. Sono anche caduta, ma è stato un errore tutto mio. Non penso di essere ancora al 100 per cento, e per questo sono felice, so che posso alzare il livello delle mie performance».

Ferrand-Prevot è dunque tornata in gara da poco. Ha trovato un ciclismo ben diverso da quello che aveva lasciato, un ciclismo pre-Covid, che si è radicalmente modificato, soprattutto in campo femminile. Lei stessa ha ribadito più volte il tema della concentrazione durante la gara e l’importanza di essere sempre attiva. Cosa che non è così facile dopo tanti anni di inattività su strada, considerando che le gare di MTB durano meno di un’ora e mezza. Così come aveva sottolineato il problema di “ricordarsi” di mangiare, cosa che nelle sue gare di MTB non faceva, ovviamente.

«Quando sono arrivata al ritiro di dicembre, l’allenatore mi ha detto: “Sembri sorpresa”. Non pensavo che il livello fosse così alto – ha detto Pauline – Anche l’alimentazione è cambiata molto e gioca un ruolo essenziale nelle prestazioni. Le tattiche di squadra sono diventate fondamentali. Il ciclismo è diventato davvero uno sport di squadra».

Al UAE Tour Women un po’ di fatica, specie nella salita lunga, ma era previsto. A Siena è stata già terza
Al UAE Tour Women un po’ di fatica, specie nella salita lunga, ma era previsto. A Siena è stata già terza

Questione di testa

Ferrand-Prevot sta riprendendo ad allenarsi in un certo modo, e si può dire che sia ancora in una fase di adattamento.
«I momenti più difficili? Penso che sia solo una questione di fiducia. Non ho corso a questo livello da molto tempo, quindi devo trovare la fiducia e credere in me stessa. Alla Strade Bianche, forse nel momento dell’attacco mi sono mancati 5 o 10 metri, ma la cosa importante è che mentalmente so di poter essere la migliore. Sì, devo credere in me stessa. Ma ora che so di poter competere con le migliori atlete, affronterò le prossime gare con buone sensazioni».

La meticolosità di Pauline è quella di sempre. Anche se sapeva che sarebbe tornata alla strada, per esempio, ha fatto le cose al massimo nella MTB fino alla fine. E guarda caso, ha vinto il titolo olimpico. Prima della Strade Bianche, era venuta alcune settimane prima a fare la ricognizione per avere tutto sotto controllo, perché di fatto per lei era qualcosa di nuovo. E lo stesso farà per la Sanremo.
«Alla Sanremo andremo con una squadra forte. Davvero vogliamo vincere questa prima edizione».

E’ il 23 aprile 2014 quando Pauline vince la Freccia Vallone. In quell’anno conquisterà anche il mondiale (foto Eurosport)
E’ il 23 aprile 2014 quando Pauline vince la Freccia Vallone. In quell’anno conquisterà anche il mondiale (foto Eurosport)

Obiettivo Tour

La Visma-Lease a Bike vuole essere tra le grandi anche tra le donne, per questo ha ingaggiato Ferrand-Prévot. I sogni della francese sono in sintonia con quelli del team: vincere il Tour de France Femmes.
«Per ora c’è stato un buon inizio di stagione – ha detto Pauline – ma so che c’è ancora tanto lavoro da fare».

E a proposito di Tour, un’atleta con le sue caratteristiche non poteva esimersi dal correre le classiche del Nord, a prescindere dall’obiettivo del Tour. Tuttavia, nonostante le doti da biker, non correrà le classiche delle pietre, ma si concentrerà sulle Ardenne, dove tra l’altro ha già fatto bene. Nel 2014 vinse la Freccia Vallone, tra l’altro – ed è una curiosità – l’ultima prima del dominio di sette anni di Van der Breggen, anche lei tornata quest’anno.
«L’idea è di vincere il Tour da qui a tre anni. Ci pensavo da un po’. Lo scorso anno mi ero concentrata del tutto sulle Olimpiadi, ma ora eccomi qui».

EDITORIALE / Il miope stillicidio delle wild card

17.03.2025
5 min
Salva

Il 26 marzo, mercoledì dopo la Sanremo, l’UCI farà sapere se per i Grandi Giri sarà possibile aumentare fino a tre la quota delle wild card. Ad ora, il sistema prevede che gli inviti siano due: il Giro d’Italia è già in vantaggio su Tour e Vuelta perché la Lotto ha comunicato nuovamente che non sarà della partita, liberando il terzo invito. Se arrivasse anche la terza wild card, il Giro potrebbe fare 4 inviti, portando le due squadre italiane aventi diritto per punteggio (Team Polti-VisitMalta e VF Group-Bardiani), più Tudor Pro Cycling e Q36.5 Cycling Team. Il Tour invece potrebbe allargare la rosa con la squadra di Julian Alaphilippe che al momento sarebbe fuori. Non vorremmo passare per i soliti malpensanti, ma ci chiediamo se la faccenda andrebbe così per le lunghe se l’istanza venisse soltanto dal Giro d’Italia.

Le due italiane meritano esserci per diritto. Oltre alla necessità di tutelare il movimento nazionale, alla Tirreno hanno dimostrato di avere dedizione e sostanza (in apertura Tarozzi, che ha conquistato la maglia verde), anche se l’attuale gestione di RCS Sport ha dimostrato che il tricolore e i conti da far quadrare non sempre sono sovrapponibili. Tudor ha investito sul Giro con una campagna piuttosto incisiva. Q36.5 porterebbe al via Pidcock, un bel nome che farebbe anche da ottimo richiamo per il mondo anglosassone. Qualunque delle quattro squadre venisse lasciata fuori, porterebbe con sé delle spiacevoli conseguenze.

Gruppo (quasi) in pezzi

In questi giorni alla Tirreno-Adriatico, girando fra i pullman e facendo semplici domande, abbiamo registrato un campionario di risposte difformi e controverse. Qualcuno dice che le squadre siano tutte favorevoli, con l’eccezione di una professional belga. Altri sostengono che l’opposizione arrivi da alcune squadre WorldTour. Ci sarebbe poi il partito dei team francesi, che si oppone a tutte le decisioni contrarie alle regole scritte. Infine c’è chi tira in ballo Adam Hansen e il CPA (l’associazione internazionale dei corridori), che avrebbe opposto motivazioni di sicurezza.

Per le prime tre ipotesi, le domande poste si sono infrante sulla riservatezza. Per quanto invece riferito al CPA, Adam Hansen – cui la questione è stata posta da Cristian Salvato – avrebbe risposto con una fragorosa risata, avendo sostenuto come categoria la possibilità di portare a tre il numero delle wild card.

Adam Hansen, presidente del CPA, qui con Salvato nel giorno della neve di Livigno al Giro del 2024
Adam Hansen, presidente del CPA, qui con Salvato nel giorno della neve di Livigno al Giro del 2024

Sicurezza o inadeguatezza?

Il tema è delicato. Il numero dei 176 atleti al via, stabilito con la riforma tecnica del 2018, si raggiunge con 22 squadre da 8 corridori ciascuna. E’ una quota di prudenza legata alla sicurezza e alla possibilità per gli organizzatori di assicurarla. Nel 2017, al Giro d’Italia parteciparono 22 squadre da 9 corridori ciascuna, con 198 partenti. Autorizzare la terza wild card porterebbe i partenti a 184, comunque meno della quota 2017.

Si sta pensando a una variazione del regolamento oppure alla riscrittura della norma per andare incontro alle esigenze attuali del ciclismo? Sarebbe il modo per aggirare le regole di partecipazione legate ai punteggi o di renderne le maglie meno stringenti? E soprattutto quali sono i ragionamenti in seno all’UCI, che si ritrova in mezzo alle istanze dei grandi organizzatori e la necessità di tenere il punto sulla sicurezza in gara?

Qualunque sia la ragione del cambiamento, se esso avverrà, ciò che è tecnicamente insostenibile e va palesemente contro le esigenze degli atleti nel ciclismo della pianificazione estrema è che tutto questo sarà annunciato cinque settimane prima del Giro d’Italia, che venendo per prima sconta come sempre le indecisioni dell’UCI. Gli altri, i francesi che organizzano il Tour e anche la Vuelta, possono infatti permettersi di stare a guardare e fare buon viso a qualunque tipo di gioco.

Maestri e il Team Polti-VisitMalta alla Tirreno sono stati fra gli animatori di ogni tappa
Maestri e il Team Polti-VisitMalta alla Tirreno sono stati fra gli animatori di ogni tappa

Wild card biennali

Le wild card sono un ottimo strumento per invitare le piccole al tavolo dei grandi, ma sono così estemporanee e occasionali da non consentire investimenti lungimiranti. Come fai a proporre a uno sponsor di investire su di te, se a cinque settimane dal Giro d’Italia non sai ancora se vi prenderai parte? Le wild card dovrebbe essere quantomeno biennali e non strumento di regalìa da parte degli organizzatori ai manager del momento. Forse in questo modo anche chi parte da risorse più limitate può progettare un percorso solido di crescita.

E’ evidente la spaccatura fra il livello dei team che si ingegnano e spendono per raggiungere l’eccellenza e quello di chi li governa a tutti i livelli. Sembra poca cosa, al confronto, che ancora non si conoscano il percorso e le squadre che parteciperanno al Giro Next Gen. Se uno squadrone come la Tudor Pro Cycling non sa ancora se parteciperà al Giro d’Italia, cosa volete che si lamenti una qualsiasi continental per il vuoto totale di informazioni sulla corsa che la riguarda?

Con Tiralongo c’è Giordani. Colpo d’occhio di un ex pro’

17.03.2025
5 min
Salva

Il grido d’allarme di Paolo Tiralongo fa rumore, segnalando il malessere diffuso che vive il ciclismo giovanile italiano soprattutto a livello di reclutamento. Qui non si parla di vittorie nei Grandi Giri o di protagonisti nel WorldTour, qui è in ballo la stessa sussistenza del ciclismo, che si è spesso intersecato con la storia stessa del nostro Paese. Per questo abbiamo voluto tirare in ballo anche chi con l’ex pro’ ragusano collabora dallo scorso anno: l’ex campione del mondo under 23 Leonardo Giordani.

Leonardo Giordani, 47 anni, è stato iridato U23 nel 1999 e professionista per 13 stagioni
Leonardo Giordani, 47 anni, è stato iridato U23 nel 1999 e professionista per 13 stagioni

Il laziale è il diesse del team che in Toscana gestisce i corridori siciliani, ma non è una maniera semplice per farlo: «I corridori sono qui, nella zona di Prato, quando corrono o fanno ritiri prestagionali, altrimenti sono a casa. Questo significa che li vivo poco, solo nelle occasioni prestabilite e sinceramente è troppo poco, perché l’allenamento è affidato alla loro abnegazione e non sempre lo affrontano nella maniera giusta».

Che impressione ti sei fatto delle nuove generazioni, quanto sono cambiate rispetto ai tuoi tempi?

Non si può neanche paragonare, oggi i ragazzi con un clic pensano di conoscere tutto e diventare campioni. E’ come se i Pogacar della situazione siano diventati tali solo per grazia ricevuta… Hanno l’idea che vincere sia facile, che siano tutti fenomeni, non si rendono conto di quanto sudore c’è dietro. Manca la voglia di soffrire, di tener duro.

La situazione riguarda non solo la Sicilia ma tutto il Centro-Sud e vanno lodati i sodalizi che tengono duro facendo attività
La situazione riguarda non solo la Sicilia ma tutto il Centro-Sud e vanno lodati i sodalizi che tengono duro facendo attività
Eppure il fatto che in questo momento i ciclisti italiani siano in second’ordine dovrebbe farli pensare…

Sì, ma trovano sempre risposte pronte, pensano che vengono da realtà diverse e che non sono come loro. Poi, quando sono in gara, tanti (e non parlo specificamente dei miei ragazzi) si trovano spaesati, vedono che le velocità sono ben diverse soprattutto se cominci a salire di livello. E non mi riferisco a gare internazionali… Il problema, tornando alla realtà a me più vicina, è che quando non hai un contatto continuo con i ragazzi è difficile. Faccio un esempio: molti mi dicono che si allenano da soli, che seguono il programma, ma l’allenamento è fatto anche di competizione, di sfide contro l’amico di turno.

Secondo te è un problema di competitività?

Diciamo che manca la voglia di mettersi davvero alla prova. Se corri con gente che va più piano vincerai pure, ma non serve. Se corri con chi va più forte impari, cresci, migliori. Io penso sempre che la scelta di una regione come la Sicilia sia stata positiva, nel portare i ragazzi a gareggiare qui, ma anche altre regioni lo hanno fatto consociandosi, anche nel mio Lazio e bisogna dire grazie a questi sodalizi che si sforzano per pura passione, perché se vengono a mancare crolla tutta l’impalcatura ciclistica.

L’attività juniores rappresenta una forte scrematura, ma il problema reale sono gli scarsi numeri giovanili
L’attività juniores rappresenta una forte scrematura, ma il problema reale sono gli scarsi numeri giovanili
Si parla spesso della realtà siciliana, ma nelle altre regioni del Centro-Sud la situazione com’è?

Pressoché la stessa. Pochi ad esempio si accorgono che fra gli esordienti su strada i numeri sono bassissimi – è l’allarme di Giordani – significa che sta venendo a mancare la base anche perché i genitori non vedono di buon occhio l’attività su strada e magari preferiscono l’offroad, che poi per certi versi è anche più pericoloso. Ma almeno non pedali nel traffico… Chi corre lo fa davvero per passione, perché poi cominciano anche a entrare nella quotidianità altre priorità.

Non hanno il sogno del professionismo? Considerando anche che, rispetto ai tuoi tempi, parliamo di realtà economiche ben diverse…

Il professionismo non è il maggiore obiettivo, in questo le cose non sono cambiate rispetto ai miei tempi. Io sono cresciuto facendo risultati che erano, quelli sì, il mio target, il passaggio è diventato una logica conseguenza. Il posto che ti garantisce un futuro economico è riservato a pochi, se entri nel WT o in qualche professional, per il resto gli stipendi sono più che normali. Senza contare che se corri all’estero non hai neanche i contributi… Ripeto, è questione di passione anche perché a quell’età devi, e sottolineo devi, abbinare il ciclismo allo studio, a costruirti quel che ci sarà dopo.

Il team siciliano svolge molta attività nel continente, facendo fare ai ragazzi esperienza al più alto livello
Il team siciliano svolge molta attività nel continente, facendo fare ai ragazzi esperienza al più alto livello
Ma la passione c’è davvero?

Io dico che è quella la vera discriminante – risponde Giordani – vedi ragazzi che si tengono informati, che vogliono imparare, che ci tengono e altri che a un certo punto ti chiedi perché lo fanno: non si allenano e quando sono alle gare dopo 5 chilometri già si staccano. Ne vale la pena? Ma fanno numero e questo per certi versi penalizza perché non ci si rende realmente conto della situazione drammatica quantitativamente e, di conseguenza, dal punto di vista della qualità. Aggiungiamo a questo che ci sono sempre meno gare perché chi organizzava prima invecchia e non ci sono ricambi neanche da quel punto di vista. D’altronde allestire gare è difficile, rischioso, costoso, in Toscana spesso devi pagare anche l’Anas…

Tiberi, lavori in corso e primi assaggi di Giro contro Ayuso

17.03.2025
4 min
Salva

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Al chilometro 103,4 dell’ultima tappa alla Tirreno-Adriatico si è verificato quello che Antonio Tiberi aveva intuito da tempo. Il solo modo per cui Ganna avrebbe potuto guadagnare il secondo che lo divideva dal secondo posto nella generale dopo l’arrivo di Frontignano era quello sprint. Il lavoro della Ineos Grenadiers lasciava presagire il piano. Sono cose che di solito non si fanno: l’ultima tappa si è sempre considerata inspiegabilmente una passerella. In nome di questo a Mikel Landa al Tour del 2017 fu impedito di attaccare il terzo posto di Bardet, da cui lo divideva appena un secondo. Il suo capitano Froome, che quel Tour lo stava vincendo, si espresse a favore del bel gesto. Invece Ganna non si è rassegnato, ha lottato ed è andato a prendersi il piazzamento.

Tiberi ha provato a difendersi. Ha chiesto a Pasqualon di impegnarsi nella volata e poi l’ha fatta a sua volta, piazzandosi al terzo posto dietro Ganna e Milan, subito prima del compagno che gli ha lasciato strada. Sul podio finale della Corsa dei Due Mari, dietro Ayuso si sono ritrovati così Ganna a 35 secondi e Tiberi a 36. «Diciamo che è quasi impossibile – dice dopo l’arrivo dell’ultima tappa – riuscire a difendere un secondo da un uomo come Ganna su degli sprint così. Anzi sono contento di essere riuscito a guadagnare un secondo, quindi alla fine sono contento».

Nella crono di Lido di Camaiore, Tiberi ha colto il 4° posto a 27″ da Ganna, solo 6″ peggio di Ayuso
Nella crono di Lido di Camaiore, Tiberi ha colto il 4° posto a 27″ da Ganna, solo 6″ peggio di Ayuso

La Tirreno del 2024

Il punto di partenza era il risultato dello scorso anno, il piazzamento a più di 8 minuti da Vingegaard. E’ innegabile che il 2025 abbia mostrato finora un Tiberi più solido, capace di assorbire meglio i carichi di lavoro e di prendere l’iniziativa.

«Avevo buone sensazioni e ambizioni per questa Tirreno-Adriatico – spiega – volevo fare bene. Non solo per la gara in sé, ma anche per le prossime. La gara ha seguito uno schema simile a quello dell’anno scorso, a partire dalla cronometro di apertura. L’anno scorso ho faticato più di quanto mi aspettassi, perché la Tirreno fu di fatto la prima gara della stagione dopo la cancellazione della Ruta del Sol. Questa volta, ho avuto un inizio migliore in Portogallo, sentendomi sempre meglio con il passare delle tappe».

Arrivo in salita di Frontignano, Tiberi arriva al 5° posto 20″ dopo Ayuso
Arrivo in salita di Frontignano, Tiberi arriva al 5° posto 20″ dopo Ayuso

Prestazioni in crescendo

Quarto dopo la crono di Lido di Camaiore, 28″ alle spalle di Ganna, appena 6″ alle spalle di Ayuso. Quinto a Frontignano, 20″ alle spalle di Ayuso. I due si ritroveranno al Giro d’Italia, in cui saranno entrambi leader delle rispettive squadre. Che cosa ha detto la Tirreno-Adriatico al corridore del Team Bahrain Victorious?

«Sicuramente il bilancio di questa Tirreno è positivo – spiega – soprattutto rispetto a come è andata lo scorso anno. Sono molto contento di come è iniziato il 2025, lo valuto in modo positivo in vista del Giro. La crono era lunga solo 10 chilometri, quindi è stata uno sforzo diverso rispetto a quello cui sono abituato. Ieri ho cercato di fare la salita col mio passo, per come è il mio stile. Rispondere agli scatti non è da me, perciò ho cercato di salire regolare e fare la mia progressione negli ultimi due chilometri per cercare di recuperare il più possibile e chiudere il gap che avevo con Gee. Mi sono sentito molto bene, ho sentito di avere un ritmo migliore nella fase finale, piuttosto che in avvio».

Il programma ora prevede un ritiro in altura e poi il Tour of the Alps sulla strada del Giro d’Italia. Si riparte dal quinto posto finale del 2024 e dalla maglia bianca dei giovani. Anche nell’ultima tappa della Tirreno, Tiberi ha indossato quel primato, ricevuto in prestito da Ayuso. I due si ritroveranno a duellare proprio nella corsa italiana di maggio. Ayuso è un avversario alla sua portata, non ci sarà l’alibi di un Pogacar imbattibile. L’occasione non va assolutamente sprecata.

Da un’Elisa all’altra: il riscatto della Longo, la freddezza di Balsamo

16.03.2025
6 min
Salva

CITTIGLIO – Ci si aspettava uno spettacolo in grado di dirci cosa ci potremo aspettare settimana prossima alla Sanremo Women e così è stato. Le nuvole grigie che ieri hanno cancellato la presentazione delle squadre a Luino oggi sono state spettatrici minacciose di una corsa bella ed entusiasmante. Sul traguardo del Trofeo Binda fa freddo, con un’aria gelida che scende dalle montagne appena spolverate di neve. La giornata è partita con tanto entusiasmo, il pubblico accorso numeroso alla partenza per abbracciare le atlete ha lasciato loro la consapevolezza che oggi sarebbe servito un grande spettacolo. L’organizzazione, guidata da Mario Minervino, ci ha messo del suo per mettere ancora più pepe. Nonostante tutto, il verdetto finale non cambia rispetto allo scorso anno, il Binda lo vince Elisa Balsamo in volata

Arriviamo in sala stampa, accanto alla stazione di Cittiglio, con le ombre lunghe e il cielo ancora luminoso negli sprazzi liberi da nuvole. Il pensiero che ci rimane in testa è di aver vissuto l’anticipazione di quello che sarà il copione alla Sanremo Women, l’augurio è che possa essere così. Lo stupore però ce lo ha lasciato lo sprint con cui Elisa Balsamo ha messo in fila il terzo successo negli ultimi quattro anni al Binda. Una volata su un rettilineo in leggera salita fatta in controllo e senza far intravedere una smorfia. Le altre pretendenti alla Sanremo sono state avvisate. 

«Sicuramente oggi è stata una conferma del lavoro fatto e della nostra condizione – racconta Balsamo mentre ci guarda dall’alto sul palchetto della conferenza stampa – questo sicuramente mi rende molto felice. Penso però che la Sanremo sarà una gara diversa perché il dislivello è concentrato tutto nel finale».

Tutta la concentrazione della velocista della Lidl-Trek prima del via
Tutta la concentrazione della velocista della Lidl-Trek prima del via

A occhi chiusi

Per la prima volta nella sua storia il Trofeo Binda superava i 150 chilometri, del temibile circuito finale era previsto un giro in più e questo ha cambiato le carte in tavola. Le velociste hanno dovuto resistere a una serie di attacchi e stringere i denti per non perdere terreno da chi ha provato a fare la differenza in salita. 

«Devo dire che abbiamo usato la migliore tattica possibile – continua la campionessa iridata di Leuven 2021 – Lizzie (Deignan, ndr) era nella fuga quindi non abbiamo mai dovuto tirare. Sono sempre stata coperta, le mie compagne mi hanno sempre fatto prendere i punti strategici in una buona posizione per cercare di salvare le energie. Negli ultimi due giri sono semplicemente andata a tutta. Non potevo fare altro».

Antipasto di Sanremo

La bagarre degli ultimi trenta chilometri ha aperto le porte alle idee e al dibattito su quello che sarà lo svolgimento della Sanremo. La salita di Orino, con i suoi 2,5 chilometri al 5 per cento di pendenza media era un bell’assaggio degli scenari che si apriranno sulla Cipressa e sul Poggio. Elisa Longo Borghini e Demi Vollering hanno cercato di fare il vuoto più volte. Mentre in discesa è stata Van Der Breggen ad allungare per un momento. 

«Oggi è stato un ottimo passaggio prima della Sanremo – spiega la velocista della Lidl-Trek – per avere le conferme che cercavo. Il percorso sarà diverso da quello di oggi, però ho capito che la condizione è buona, questo mi incoraggia. Dopo l’esordio al UAE Tour e alla Valenciana (nella quale ha colto due vittorie di tappa, ndr) ho lavorato tanto a casa. Ho concluso un periodo di tre settimane di grandi allenamenti e tutto quello che ho fatto, soffrendo, mi ha ripagata».

«Sapevo di non poter seguire gli attacchi di Vollering e Longo Borghini – dice ancora Balsamo – ma potevo tenere il mio passo e rimanere il più vicina possibile. Poi quando una velocista vede l’arrivo resuscita sempre e su quei 200 metri ho dato tutto».

«Sabato prossimo – conclude Balsamo – ci saranno degli attacchi sulla sua parte del Poggio, sono sicura. Oggi sono state le prove generali però alla Sanremo le salite decisive saranno due, quindi non credo ci sarà tanto attendismo».

Dopo l’arrivo la campionessa italiana si è detta contenta dell’atteggiamento avuto oggi in corsa
Dopo l’arrivo la campionessa italiana si è detta contenta dell’atteggiamento avuto oggi in corsa

L’analisi della Longo

La grande condizione di Elisa Balsamo le ha permesso di rimanere insieme alle migliori, tuttavia il pensiero che sia mancato l’attacco nel momento giusto ci rimane dentro e ci accompagna ancora mentre scriviamo. Vollering e Longo Borghini hanno dato fuoco alle polveri presto e forse è mancata la gamba per fare lo scatto giusto nel giro finale. Elisa Longo Borghini sembrava avere un diavolo per capello, la campionessa italiana non riusciva a stare seduta, sembrava avere la sella che scottasse. A un certo punto abbiamo smesso di contare gli attacchi, ma siamo sicuri che non sarebbero bastate le dita di una mano. 

«Volevamo fare una gara d’attacco – conferma la Longo una volta scesa dal bus – e avevo anche un po’ voglia di riscatto dopo la Strade Bianche. Sapevo di essere in condizione e volevo dimostrarlo. Oggi è stato un ultimo test prima della Sanremo e sono molto soddisfatta. Penso che anche l’atteggiamento in corsa sia stato quello giusto, verrà fuori una corsa dura. Anche se a mio avviso uscirà una gara molto difficile, già oggi nonostante le più forti abbiano provato a fare la differenza siamo comunque arrivate con una volata ristretta. Sarà bella da vedere e molto emozionante».